GPII 1990 Insegnamenti - Alla parrocchia di San Crisogono - Trastevere (Roma)

Alla parrocchia di San Crisogono - Trastevere (Roma)

Titolo: La conversione condizione per ottenere la riconciliazione

(All'arrivo:) Saluto cordialmente tutti i presenti. Grazie per questa accoglienza calorosa, per queste parole. Voi sapete che oggi comincia il periodo quaresimale.

La Quaresima ci prepara alla Pasqua, alla memoria della morte e della risurrezione di Gesù, e durante quaranta giorni, questo vuol dire "Quaresima", noi ci prepariamo.

Vorrei invitare tutti i presenti a riflettere su come partecipare a questa preparazione quaresimale, come camminare insieme con Cristo, perché sappiamo che Cristo ha digiunato durante quaranta giorni. Era nel deserto, era tentato dallo spirito maligno, lo ha vinto e questo ci dà l'ispirazione su come noi dobbiamo vivere questi quaranta giorni. Ciascuno di voi, ragazzi e ragazze della scuola elementare, dell'asilo e anche i giovani più grandi, dovete riflettere su come ciascuno di noi deve vivere questo periodo, questi quaranta giorni insieme con Cristo.

La Chiesa cerca, come comunità in ogni parte del mondo, in ogni diocesi, in ogni parrocchia, di camminare insieme con Cristo durante questi quaranta giorni. Nella Chiesa, anche noi dobbiamo trovare il nostro ruolo. Dico a tutti i bambini che adesso devono cercare consiglio presso i loro genitori, presso i loro maestri e maestre, i catechisti e le catechiste, le sorelle religiose, i parroci, devono cercare un consiglio su come un piccolo di nome Andrea, o un piccolo di nome Giulio, o una piccola di nome Margherita devono vivere questi quaranta giorni, questa Quaresima, per essere insieme con Cristo e per prepararsi insieme con lui a vivere la sua festa pasquale. E' questa una proposta, una consegna che lascio a voi, a tutta la comunità dei bambini, alla parrocchia più giovane e anche ai vostri educatori qui presenti.

(All'omelia:) "Perdonaci, Signore: abbiamo peccato" (salmo responsoriale).


1. Carissimi fratelli e sorelle, in questa prima domenica di Quaresima, agli inizi cioè del cammino di conversione che ci condurrà, rinnovati nello spirito, a celebrare il mistero pasquale, la liturgia mette sulle nostre labbra le parole del "Miserere". Esse sono simultaneamente una constatazione e una preghiera.

Una constatazione, anzitutto: abbiamo peccato! I credenti sono condotti a riconoscere con umiltà la loro condizione di figli di Dio che, pur richiamati a vivere in comunione col Padre e con i fratelli, dicono spesso "no" a questo progetto di amore.

Ci introduce in questa meditazione la parola di Dio, che abbiamo ascoltato. Nella prima lettura, con uno stile fatto di immagini che rivelano un linguaggio e una cultura assai diversi dal nostro modo di esprimerci, l'autore sacro affronta alcuni problemi che hanno sempre travagliato l'umanità: Qual è il disegno di Dio sull'uomo? Come si spiega la presenza del male nell'uomo e nel mondo? La risposta chiama in causa la fede: Dio ha creato l'uomo a sua immagine; gli ha comunicato il suo soffio, cioè la sua vita; lo ha chiamato a vivere in comunione con lui e con gli altri; lo ha costituito signore del creato, egli stesso gli ha fissato la regola del comportamento morale con una legge scritta nel cuore, per consentirgli di scegliere il vero bene e di fuggire il male. La felicità dell'uomo e la convivenza fraterna nella comunità degli uomini sono legate alla fedeltà e all'obbedienza a questo progetto.


2. L'uomo, tuttavia, ha conosciuto fin dagli inizi e continua a sentire sempre la tentazione a emanciparsi da questo piano divino, a sostituirsi a Dio per diventare unico arbitro della sua vita e della storia, determinando per propria decisione ciò che è bene e ciò che è male.

Assecondare questa spinta vuol dire escludere Dio dal proprio orizzonte, troncando deliberatamente la comunione con lui e, di conseguenza, con coloro che Dio ha posto accanto all'uomo come fratelli. La pretesa illusoria di "essere come Dio" porta con sé le tristi conseguenze dello smarrimento, della divisione e quindi della morte che non solo investono il cuore e la vita dell'uomo, ma incrinano i rapporti fraterni e quelli col cosmo, travolto esso stesso dalla ribellione dell'uomo.

E' "il mistero dell'iniquità" (2Th 2,7) di cui parla san Paolo, ma di cui tutti gli uomini sono testimoni e fanno esperienza. Per i credenti quindi il male non è soltanto il risultato di processi psicologici inconsci o di anonime strutture oppressive. La prima radice del male risiede nella persona libera e cosciente che disobbedisce a Dio, lo esclude dalla sua vita, nega la sua signoria nella storia. così il male - che la rivelazione chiama "peccato" - è entrato nel mondo fin dalle origini e ancora vi regna. L'esperienza di Adamo è quella di ogni uomo.


3. Che cosa fare davanti a questo quadro drammatico? Abbandonarsi allo scoramento? La parola di Dio, mentre denuncia e spiega la presenza del peccato nel mondo, ci invita nello stesso tempo ad aprire il cuore alla speranza. Il peccato - essa ricorda - è stato sconfitto da Gesù Cristo. Egli è il nuovo Adamo, il Figlio-Servo che con la sua obbedienza "fino alla morte" ha riconciliato gli uomini con Dio, e con la sua risurrezione ha riversato su quanti credono in lui il dono dello Spirito e l'abbondanza della grazia.

E' quanto Gesù manifesta già al principio della sua missione. Solidale con l'uomo, egli si sottopone alla prova nei quaranta giorni vissuti nel deserto e supera le tentazioni, di cui invece era rimasto vittima Israele nei quaranta anni del suo esodo e alle quali soccombono gli uomini nel cammino della loro vita. Egli riporta vittoria riaffermando, con l'obbedienza al comandamento del Padre ("sta scritto"), il primato di Dio. Primogenito tra molti fratelli, fonda così la certezza della vittoria per quanti si comportano come lui.


4. Una tale vittoria, tuttavia, pur restando sempre un "dono", non può essere conseguita senza un'attiva collaborazione dell'uomo. Nasce così l'istanza della conversione, itinerario spirituale che il peccatore è chiamato a percorrere guidato dallo Spirito, rimettendo costantemente in discussione, alla luce della parola di Dio, il suo modo di pensare e di agire.

La conversione è presupposto e condizione indispensabile per ottenere la riconciliazione e vivere nella comunione. Ad essa ci sollecita con particolare insistenza questo tempo quaresimale, "tempo propizio" per tornare a Dio e rinnovare l'alleanza con lui.

Dalla constatazione del peccato nasce, dunque, l'invocazione: Perdonaci, Signore! L'impegno a cambiare modo di pensare e di vivere per essere riconciliati con Dio e tra noi non raggiungerà il suo traguardo, se non verrà alimentato e sostenuto dalla consapevolezza che è Dio stesso a farcene dono e a rendercene capaci.


5. Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di San Crisogono, questo è dunque il "tempo favorevole" per intraprendere con rinnovato vigore l'itinerario della conversione e lasciarsi così riconciliare con Dio. L'appello dell'apostolo Paolo, risuonato nelle nostre assemblee fin dal primo giorno di Quaresima, deve essere accolto con generosa disponibilità dall'intera Chiesa di Roma, in questa promettente stagione spirituale in cui si sta preparando il Sinodo pastorale diocesano.

Questo, infatti, altro non vuol essere se non un cammino personale e comunitario di conversione, nel quale i cristiani si esaminano sulla loro fedeltà al Signore per viverla più autenticamente e rendersi così sempre più idonei a testimoniare la comunione davanti ai fratelli. Lo scopo finale è di far si che i credenti, riconciliati col Padre e tra di loro, realizzino nella Città il regno di verità, di giustizia, di amore e di pace, inaugurato nella pasqua di Cristo.

Un tale impegno deve intensificarsi in questi 40 giorni nei quali l'appello alla conversione si fa più insistente, più frequenti sono le occasioni per ascoltare la parola di Dio e pregare insieme, più forti le spinte a vivere il vangelo della carità e a tradurlo in opere concrete di solidarietà e di servizio verso i fratelli in difficoltà.


6. Le diverse indagini promosse nella prima fase del cammino sinodale vi hanno consentito di conoscere meglio la situazione della Città e del vostro quartiere.

Dai numerosi e significativi dati emersi viene la conferma di quanto profondamente la realtà umana e sociale sia segnata dal peccato. Sono numerose le lacerazioni che si manifestano nei rapporti tra persone e gruppi, frutto di ingiustizie e del misconoscimento dei diritti fondamentali della persona umana. Alla radice di tali lacerazioni sta la ferita che il peccato ha aperto nell'intimo dell'uomo.

Al tempo stesso, è forte, non solo nei credenti ma anche negli uomini di buona volontà, il desiderio di ricomporre le fratture, di rimarginare le ferite, di instaurare a tutti i livelli una più profonda comunione. La Chiesa deve farsi attenta e disponibile di fronte a queste istanze. E lo fa annunciando a tutti che in Cristo Gesù la riconciliazione è possibile, anzi è già realizzata. A condizione pero che gli uomini si volgano a lui e, con lui, si facciano obbedienti al progetto di Dio. In una parola: si convertano. E' questo il contenuto della "nuova evangelizzazione", a cui la Chiesa deve dedicarsi con rinnovato impegno.


7. Il cammino sinodale, specialmente in questi 40 giorni, domanda simultaneamente alla comunità ecclesiale anche altri impegni. Anzitutto quello di una più intensa preghiera. Occorre tener desta nella coscienza di tutti la convinzione che "se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 127,1). Il che significa che non sarà possibile costruire comunione, dare risposta alle attese di riconciliazione, di giustizia e di pace, se il Signore non ci previene e non ci accompagna con la sua grazia. Si faccia perciò più insistente la preghiera, perché il Sinodo raggiunga questi obiettivi! A coloro che la comunione l'hanno ricevuta in dono e si sforzano di viverla e farla crescere in sé e negli altri, il Sinodo chiede inoltre partecipazione e corresponsabilità. In questa fase delicata e decisiva parrocchie, Istituti religiosi, gruppi, associazioni e movimenti hanno ricevuto dalle Commissioni preparatorie gli "strumenti di lavoro" per approfondire le tematiche sinodali e far giungere le prime osservazioni e proposte, che serviranno ad elaborare gli schemi da sottoporre all'esame e all'approvazione delle assemblee sinodali vere e proprie. Si tratta di costruire insieme le decisioni per un rinnovamento spirituale e pastorale.

La Quaresima, periodo privilegiato di più frequenti convocazioni ecclesiali, deve essere saggiamente utilizzata anche per questo. Sarà un modo concreto per crescere insieme in atteggiamento di ricerca, di conversione, di dialogo.


8. Sono certo che anche la vostra Comunità parrocchiale, carissimi fratelli e sorelle di San Crisogono, non mancherà di trarre dalla Quaresima incitamento e stimolo nell'adempimento di questi impegni. Sono lieto di vedervi, stamane, qui raccolti intorno a me per questa celebrazione eucaristica. Saluto il cardinale vicario e mons. Filippo Giannini, vescovo ausiliare per questo settore. Saluto il vostro parroco, padre Luigi Cianfriglia, insieme col vicario parrocchiale e con i benemeriti sacerdoti che prestano il loro servizio presso le varie chiese e cappelle comprese nel territorio parrocchiale. Saluto le comunità religiose maschili e femminili, che nell'adesione fedele ai rispettivi carismi mantengono viva tra voi la testimonianza dei consigli evangelici.

Un particolare pensiero desidero rivolgere ai laici impegnati nelle diverse forme di apostolato parrocchiale, sia come singoli che come membri di gruppi, associazioni, movimenti. Il vostro quartiere, ben noto in Roma e anche oltre i confini della Città, è meta di numerosi visitatori, che qui si riversano attratti non solo dal richiamo turistico, ma anche dalle antiche e insigni memorie cristiane, conservate in storici e spesso splendidi luoghi di culto. Siate fieri di questo prezioso patrimonio, che parla ancor oggi al cuore dei pellegrini con gli esempi di santi quali Crisogono, Agata, Cecilia, Gallicano, Francesca Romana, della cui morte ricorre quest'anno il 550° anniversario, la Beata Anna Maria Taigi, le cui venerate spoglie riposano qui accanto. Fate in modo, carissimi, che quanti vengono tra voi siano favorevolmente colpiti dal fervore della vostra pratica religiosa e dalla coerenza delle vostra condotta in ogni circostanza della vita.


9. Ciascuno di voi faccia propria la preghiera del Salmo, che è stato recitato poco fa: "Crea in me, o Dio, un cuore nuovo, rinnova in me uno spirito saldo". Si, occorre un cuore docile per costruire una comunità cristiana esemplare. E' necessario uno spirito saldo nella fede per annunciare l'amore di Dio, che vince il peccato e salva in Cristo morto e risorto.

Crei in noi il Signore questo cuore docile e saldo nella fede, affinché questa Quaresima e il cammino sinodale che in essa si svolge, diventino per tutti "tempo favorevole", per "crescere nella conoscenza del mistero di Cristo" e per "testimoniarlo con una degna condotta di vita". Amen! (Al Consiglio pastorale:) Questo Consiglio Pastorale, come tutti i Consigli pastorali che esistono in ogni parrocchia della diocesi di Roma, è un'espressione della responsabilità che fa comunione, dello spirito di unione che fa comunione, una comunione più profonda. La finalità di questa struttura è ben chiara: esprimere la comunione che esiste tra tutti i parrocchiani e tutte le persone che compongono la comunità parrocchiale. Deve promuovere questa comunione che vuol dire anche promuovere la responsabilità, una responsabilità maggiore in tutti. così cresce ogni comunità umana, così cresce ad esempio la famiglia, così cresce la nazione, con la maggiore responsabilità di tutti i cittadini e così cresce anche la Chiesa, così cresce la Chiesa di Roma, a questo serve il cammino sinodale, e così cresce anche la Chiesa nella vostra parrocchia con questo bellissimo titolo di San Crisogono martire. Vi auguro questa crescita che corrisponde anche alla finalità quaresimale di questo periodo. Perché è una crescita verso la Pasqua. La Chiesa cresce sempre verso il mistero pasquale, verso il suo definitivo e ultimo compimento. Vi auguro questa crescita. Ringrazio tutti per la vostra partecipazione e per i vostri contributi.

A tutti auguro una buona Quaresima e anche una buona Pasqua.

(Agli operatori sanitari e confraternite:) Auguro a tutti, religiose, infermiere e personale dell'ospedale, di contribuire fruttuosamente alla salute dei fratelli e delle sorelle. A tutti gli ammalati auguro la guarigione. Vi ringrazio per la vostra presenza qui oggi, ma anche per la vostra presenza permanente, continua in questa parrocchia. Voi rappresentate tradizioni plurisecolari che certamente hanno passato una prova di vita, perché ancora oggi sono attuali ed eloquenti. Vi auguro di continuare in questa iniziativa provata dai secoli come la Madonna del Carmine, come il Terzo Ordine trinitario e la Confraternita di san Giovanni Battista de' Genovesi.

(Alle suore:) Offro a tutte le sorelle consacrate della parrocchia una benedizione e, attraverso di voi, alle altre vostre consorelle che vivono in questa parrocchia in Roma e che vivono anche altrove nel mondo. Le Congregazioni religiose hanno la caratteristica dell'universalità. Si diffondono dappertutto. Dove soffia lo Spirito Santo vanno loro. Vi auguro una continua testimonianza evangelica davanti alla comunità di questa parrocchia, davanti ai tanti stranieri e turisti che vengono qui. Vi auguro anche le vocazioni, perché la messe è grande. Il mondo di oggi costituisce una messe grande e non può non essere secolarizzato. E' creato dal Signore, redento dal Signore e non può sbarazzarsi di questa realtà. E' una messe e per questo ci vogliono operai. Voi siete operai evangelici, che creano testimonianza della presenza del Signore, della sua creazione, del suo amore e della sua eternità. Il mondo non ci dà l'eternità, non ci dà la felicità.

(Ai giovani:) Voglio ringraziarvi prima di tutto per il vostro canto, per il vostro canto in chiesa e poi per il vostro canto qui. Voglio ringraziarvi per le parole del vostro amico che ha parlato con poche ma sostanziose parole, molto essenziali.

Ha detto quello che tocca a voi e insieme tocca a noi, perché c'è uno speciale legame, una comunione tra il Papa e i giovani. Non lo dicono ma si meravigliano di come questo vecchio Papa cammina ancora con i giovani in diversi posti del mondo.

Ma è un fatto che i giovani vogliono incontrare il Papa, lo vogliono incontrare in diversi Paesi del mondo, anzi qualche volta in punti di riferimento internazionali, come a Santiago di Compostela. Ma lo vogliono anche incontrare in parrocchia. Vi ringrazio per la vostra presenza, per questa presenza con cui date al Papa un certo coraggio, una certa conferma, quasi si dicesse a lui: "Tu sei ancora giovane. Puoi camminare con noi". Questo è molto importante perché ci troviamo qui in una parrocchia antica, che conserva attraverso i secoli la memoria di san Crisogono, uno dei primi martiri romani che ha un nome piuttosto greco. Un martire che, come si sa, ha dato la sua vita per Cristo e la Chiesa primitiva di Roma, la Chiesa dei tempi dei martiri, ha posto il suo nome nella Preghiera eucaristica. Nel canone romano infatti si cita il nome di Crisogono. Questo ci fa pensare. Giovedi scorso ho avuto un incontro con i sacerdoti di Roma. Fra i molti interventi ce ne era uno molto interessante che parlava della vecchia Roma. Questa vecchia Roma non può diventare solo un monumento, un archivio del passato, perché se non ci fosse questo passato non ci saremmo neanche noi. Noi viviamo con questo passato, noi viviamo con questa ricchezza, che è già un po' distrutta, non tutta, ma il tempo fa il suo lavoro, il tempo distrugge. Ma è ancora presente e dà da pensare. Quanta gente viene qui, in questo ambiente per cercare le sue radici? Questa è la risposta alle parole del nostro sacerdote che rappresentava il Centro ma è anche la risposta a noi tutti. Noi viviamo di questo tesoro.

Cosa dire a voi giovani per rispondere alle parole che ho sentito dalla bocca del vostro amico? Cercate, voi giovani, di essere responsabili di questo tesoro che qui ha una sua espressione specifica, permanente, una cosa che non passa. Molte cose che crea l'uomo odierno passeranno, sono transitorie. L'uomo, molto spesso, non ha la consapevolezza di fare qualcosa per il futuro, una cosa permanente, una cosa che deve camminare attraverso i secoli. Ma qui ci sono molte cose che non passano, che rimangono, che devono rimanere, perché ci spiegano le nostre radici. Ripeto a voi giovani che voglio inculcare, insinuare, imporre una speciale responsabilità per queste radici. Queste radici ci fanno tutti giovani, ci fanno tutti dinamici, perché sappiamo bene che il dinamismo dell'albero viene dalle radici, poi dal sole. Vi auguro allora di vivere al sole. Questo sole è Cristo, è lo Spirito Santo che Cristo ci porta. Vi auguro di vivere di queste radici, di avere responsabilità per questo tesoro e di vivere sempre al sole che è Cristo. E' questa la mia consegna e il mio augurio ai giovani della parrocchia di San Crisogono.

(Ai Religiosi trinitari:) Trinitari e affiliati dei trinitari come Terzo Ordine come anche l'istituto secolare, voi portate nella vostra storia e anche nella vostra contemporaneità, nella vostra presenza, una grande testimonianza della fede. Voi siete in qualche modo testimoni del mistero della vita divina. La santissima Trinità ci spiega come Dio è uno e come, essendo uno, è Amore. Senza la Trinità ciò non si capisce. Non basta proclamare l'unicità di Dio, il monoteismo; bisogna andare oltre questo mistero e questo mistero Dio ci ha detto che arriverà. La vera rivelazione di Dio è questa. Ha parlato su se stesso per noi.

Qui tocchiamo un altro aspetto del trinitarismo: il dono. Dio è dono, Dio è come dono di se stesso. Il Padre si dona al Figlio, il Figlio si dà al Padre. Tutti e due si danno e si ricevono nello Spirito Santo. Questo è un mistero imperscrutabile, insondabile, ma d'altra parte così fondamentale. Voi portate nella vostra tradizione trinitaria anche questa testimonianza di dono. Siete stati creati, istituiti, dai vostri fondatori, per essere dono per gli altri, anzi per dare voi stessi per gli schiavi. Oggi questa schiavitù musulmana, almeno per ora, sembra non esistere, ma ci sono altre schiavitù in cui si trova l'uomo. Questa schiavitù chiama l'uomo che si dona. Non c'è altra soluzione. Chiama per uno che si dona. Chiama Cristo, perché lui è il primo che si dona, si dona e ci dona lo Spirito Santo nella sua donazione, grazie alla sua donazione. Ma con Cristo ci devono essere altri pronti a darsi, a donarsi, e questa è la vostra vocazione. Non è spogliata; è contemporanea, forse ancora di più che nei tempi dei vostri fondatori quando si doveva dare se stessi per salvare gli schiavi dalla prigionia musulmana. Oggi ci vuole forse ancora una maggiore donazione di se stessi per liberare i nostri contemporanei, i nostri fratelli e le nostre sorelle dalle diverse schiavitù.

Data: 1990-03-04

Domenica 4 Marzo 1990

Dopo gli esercizi spirituali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Esegesi, ma anche i nostri problemi più dolorosi e scottanti

Voglio esprimere la gratitudine mia e dei presenti al padre spirituale e predicatore di questi Esercizi, padre Georges Cottier, per averci introdotto durante questi giorni alla meditazione della Parola di Dio, nella luce delle pagine del Vangelo di Giovanni. Il nostro predicatore ha messo sempre al primo posto la parola rivelata, il testo giovanneo: ci ha guidati leggendo con noi i brani più significativi di questo Vangelo; ha posto se stesso quasi all'ombra di questo libro: non era lui a predicare gli Esercizi, ma era la Parola di Dio, era il discepolo prediletto, e il padre Cottier ha tracciato per noi solo un'esegesi contemplativa.

Ci sono stati momenti in cui, partendo da questa esegesi contemplativa, il nostro predicatore ha toccato i problemi più scottanti, più dolorosi, umanamente più profondi della nostra civiltà, dell'umanità contemporanea; problemi che noi tutti sentiamo, dai quali siamo circondati in questo mondo in cui viviamo.

Tali problemi sono stati osservati con grande acutezza di analisi e profondità di pensiero e, nello stesso tempo, alla luce della Parola di Dio, dei suoi momenti più acuti e più forti. così la Parola di Dio ha sostenuto e orientato la nostra comunità quaresimale durante questa settimana.

Vogliamo ringraziare di nuovo il Signore per averci dato la speciale grazia degli Esercizi spirituali in questa prima settimana quaresimale. Fra le tante comunità oranti di questo tempo santo, fra le tante comunità in ascolto della Parola di Dio, era assolutamente necessario che anche questa nostra comunità si riunisse attorno al vescovo di Roma, a colui che esercita oggi il ministero di Pietro.

Ringrazio tutti per aver partecipato a questa comunità di ascolto e di preghiera, comunità orante. Vorrei così concludere la nostra settimana quaresimale degli Esercizi spirituali, ritornando con il cuore ancora una volta alla santissima Trinità, fonte prima e ultima di tutti i beni spirituali di cui siamo stati partecipi in questa circostanza.

Data: 1990-03-10

Sabato 10 Marzo 1990

All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il sacerdote è l'uomo della preghiera

Carissimi.


1. La Quaresima è un tempo di preghiera. E' vero che la preghiera deve avere sempre il suo posto nella nostra vita, in tutte le epoche dell'anno, ma i quaranta giorni che precedono il mistero pasquale ci invita a una preghiera più intensa e più assidua.

Quando Gesù passo quaranta giorni nel deserto, si dedico alla preghiera.

Nella solitudine si raccolse totalmente alla presenza del Padre; lo contemplo, dialogando con lui; gli affido la sua missione. I quaranta giorni di preghiera, che precedettero la sua attività di predicazione, sono una lezione per tutti, ma in particolare per il sacerdote. Egli non è soltanto l'uomo d'azione che si dedica al bene di coloro che gli sono affidati; è prima di tutto l'uomo della preghiera.

In un precedente incontro lo abbiamo già qualificato come uomo di Dio: essere uomo di Dio significa essere uomo di preghiera.


2. Il prossimo Sinodo, riflettendo sulle esigenze della formazione sacerdotale, non potrà omettere questo aspetto essenziale del sacerdozio ministeriale. Coloro che vi si preparano devono essere formati a una vita di preghiera.

Per il sacerdote, la preghiera è un'esigenza che scaturisce tanto dalla sua vita personale quanto dal ministero apostolico. Il sacerdote ha bisogno della preghiera perché la sua possa essere, come deve, una vita essenzialmente donata a Cristo. Non è possibile appartenere a Cristo con tutta la propria esistenza, senza intrattenere con lui profonde relazioni personali che si esprimano nel dialogo della preghiera, senza volgere costantemente lo sguardo verso di lui, per vivere in comunione con lui.

Il ministero apostolico esige, a sua volta, un'assidua preghiera, perché tutta l'azione sacerdotale deve essere ispirata da Cristo e attendere i frutti solo dalla sua grazia. Il sacerdote è chiamato a pregare per coloro ai quali è inviato: deve ad essi il servizio della preghiera, mediante la quale può ottenere loro numerose grazie.

La Lettera agli Ebrei descrive il Cristo sacerdote come colui che intercede incessantemente per noi: "può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore" (He 7,25). A immagine del Cristo, il sacerdote deve svolgere una continua missione d'intercessione.


3. E' dunque molto importante che i candidati al sacerdozio siano formati alla preghiera. Anzitutto essi devono acquisire la convinzione che la preghiera è necessaria alla loro vita sacerdotale e al loro ministero. Poi, devono imparare a pregare, a pregare bene, a utilizzare nel modo migliore, secondo il metodo che loro conviene, i momenti di preghiera. Infine, essi devono sviluppare il gusto della preghiera, il desiderio e, nello stesso tempo, la volontà di pregare.

Chiediamo a Maria, la Vergine orante, di vegliare sulla formazione dei sacerdoti alla preghiera, e di orientare il Sinodo nelle sue riflessioni e decisioni su questo aspetto del sacerdozio, così essenziale alla vita della Chiesa.

Data: 1990-03-11

Domenica 11 Marzo 1990

Alla parrocchia di San Policarpo all'Acquedotto Claudio (Roma)

Titolo: Catechesi permanente per formare un cristiano maturo

(Alla popolazione del quartiere:) Con queste parole, in nome di Cristo, saluto tutti i presenti, tutti gli appartenenti alla parrocchia di San Policarpo. Saluto voi e tutti gli abitanti di queste case, di questi appartamenti, tutta la cittadinanza del quartiere. Saluto tutti i parrocchiani della parrocchia che conta trenta anni, durante i quali è molto cresciuta. Ringraziamo il Signore per questa bella giornata che ci ha offerto oggi un bel pomeriggio per incontrarci liberamente anche fuori dalla chiesa per pregare insieme, per partecipare insieme alla santissima Eucaristia.

Vi saluto nel nome di Gesù e anche nel nome di questo suo testimone intrepido che è il patrono della vostra parrocchia. San Policarpo è una grande figura che emerge dai tempi post-apostolici, nel II secolo. Quando ricorre il giorno della sua memoria, leggendo nel breviario la descrizione del suo martirio, non si può non rimanere senza una profonda commozione per come ha dato testimonianza a Dio, vivo e vero, a Gesù Cristo, questo vescovo e martire dell'Asia Minore. Il vostro patrono è un testimone e la sua testimonianza chiede anche a noi di essere testimoni. Un testimone eroico chiede a noi, interpella noi, alla fine del XX secolo, di essere testimoni nella misura dei nostri tempi, delle nostre circostanze, di questa epoca, molto moderna, molto differente dalla sua epoca. Quasi 18 sono i secoli che ci separano dalla sua vita e dalla sua morte. Ma nonostante questa distanza Gesù Cristo rimane lo stesso, ieri, oggi e per sempre.

Questo ci unisce con la sua epoca, con l'epoca degli apostoli, con tutte le generazioni umane che hanno vissuto sulla terra, perché Gesù è salvatore del mondo, Gesù è redentore di tutti gli uomini, anche di quelli che non lo sanno e che non lo sapranno. Ma nella dimensione del mistero divino, lui è il nostro redentore e di tutta l'umanità. Lui è l'unico mediatore tra Dio e l'umanità. Lui ci porta con la sua croce e con la sua risurrezione verso il Padre. Essere testimone di Cristo vuol dire accettare, accogliere in fede il suo mistero e seguire questo mistero come una luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo.

Vorrei concludere, carissimi presenti, con una benedizione insieme al cardinale e al vescovo del vostro settore, una benedizione a tutti i presenti e a tutti i parrocchiani di San Policarpo.

(Ai bambini:) Volevo dirvi che è una grande gioia per me essere qui, essere oggi tra voi, perché sento che qui Gesù Cristo è conosciuto, annunciato, catechizzato, ricevuto sacramentalmente e vissuto. E' questo che ci unisce e ci fa Chiesa. Voi, la parrocchia di San Policarpo, una parrocchia e la Chiesa di Roma, Chiesa apostolica. Ci unisce, ci fa conoscere, amare e vivere Gesù Cristo. Vivere il suo Vangelo, vivere il suo ministero imperscrutabile. Questo è per noi una grande gioia e vorrei dire a questo lontano San Policarpo, dopo 18 secoli, vorrei dirgli che la sua testimonianza, il suo martirio per la fede porta frutto in questa parte della Chiesa di Roma, nella vostra parrocchia che porta il suo nome.

Vorrei nello stesso tempo ringraziare tutti quanti contribuiscono alla conoscenza di Gesù Cristo, alla conoscenza della fede, alla vita sacramentale, al Battesimo, alla prima Comunione, alla Confessione, alla Penitenza, alla Cresima.

Sono certamente i vostri sacerdoti, a cominciare dal vostro parroco, e sono queste suore, sorelle religiose, che lavorano nella catechesi. Ma accanto ai sacerdoti e alle suore ci sono tanti catechisti, catechiste, laici, i vostri genitori, i vostri vicini della parrocchia, gli anziani, adulti, giovani. Tutti loro sono profondamente uniti in un comune impegno: quello di far conoscere, di far vivere Gesù Cristo agli altri, specialmente ai giovani, ai bambini, cominciando dai più piccoli. Far conoscere, far vivere Gesù Cristo, perché lui è la Via, lui è la Verità, lui è la Vita. Questo è il motivo della gioia che condivido con voi, essendo tra voi nella parrocchia di San Policarpo. Come segno di riconoscimento, come segno di comunione, vorrei offrire a tutti, insieme al cardinale vicario e al vescovo della vostra zona, una benedizione.

(All'omelia:) "Questi è il Figlio mio prediletto nel quale mi sono compiaciuto.

Ascoltatelo" (Mt 17,5).


1. Carissimi fratelli e sorelle, siamo alla seconda tappa dell'itinerario quaresimale che ci condurrà, rinnovati nello spirito, a celebrare la pasqua di Cristo e nostra.

Domenica scorsa la liturgia ci ha presentato Gesù tentato, ma vittorioso sulla tentazione. Alla luce di questo evento abbiamo preso rinnovata coscienza della situazione di peccato nella quale è immerso l'uomo, ma abbiamo anche ricevuto l'annuncio della vittoria sul male offerta a coloro che intraprendono il cammino di conversione e, come Gesù, si rendono disponibili alla volontà del Padre e si fanno obbedienti alla sua parola.

In questa seconda tappa la Chiesa ci indica la meta dell'itinerario: la partecipazione alla gloria di Cristo, quale risplende sul suo volto di Servo obbediente, sofferente e glorificato. La trasfigurazione, infatti, è preludio del mistero pasquale che, realizzatosi in Cristo, deve compiersi in tutti coloro che camminano con lui, come discepoli, sulla via della croce verso la pienezza di vita e l'immortalità.


2. Con Pietro, Giacomo e Giovanni saliamo anche noi sul monte della trasfigurazione e sostiamo in contemplazione dell'evento, al fine di raccoglierne il messaggio e tradurlo nella nostra vita.

La trasfigurazione si colloca al culmine del ministero pubblico di Gesù.

Egli è in viaggio verso Gerusalemme dove si compiranno le profezie del "Servo di Dio" e si consumerà il suo sacrificio redentore. Le folle, di fronte alla prospettiva di un Messia che contraddice le loro aspettative terrene e nazionalistiche, lo hanno abbandonato. Gli apostoli pure non comprendono il senso delle parole con cui egli annuncia l'esito della sua missione nella passione gloriosa. Gesù rivela allora qualcosa del suo "mistero", per confermare i suoi nella fede e incoraggiarli a seguirlo nel cammino verso Gerusalemme. Si trasfigura davanti a loro: il Padre conferma la dichiarazione di amore che gli aveva fatto all'inizio della sua missione, nel battesimo al Giordano, proclamandolo Figlio-Servo, inviato nel mondo per realizzare attraverso la croce il progetto della salvezza; lo Spirito, nel segno della nube, lo adombra e lo avvolge, affinché egli possa dire l'ultimo e definitivo "si" della sua obbedienza sacrificale.

Gesù appare così come l'icona perfetta del Padre, l'irradiazione della sua gloria; centro e cardine di tutta la storia salvifica e compimento ultimo della rivelazione, iniziata con Mosè e proseguita attraverso i profeti, dei quali Elia è il modello.


3. Sul monte della trasfigurazione i testimoni dell'avvenimento non ricevono soltanto la rivelazione della vera identità del Messia; sono anche destinatari di un pressante invito divino: "Ascoltatelo". Parola densa di contenuto che, mentre sollecita al "riconoscimento" di Cristo come Salvatore e Signore, impegna anche alla sua sequela.

Ascoltare Cristo, infatti, comporta l'accettazione della logica del suo mistero pasquale. Occorre cioè mettersi in cammino con lui per fare della propria esistenza un "dono" di amore agli altri, in docile obbedienza alla parola e alla volontà di Dio, con un atteggiamento di distacco da tutto e da tutti e di interiore libertà. Occorre, in altre parole, essere pronti a "perdere la propria vita", perché si realizzi il piano divino della comunione universale.

E' questo il cammino della fede, di cui Abramo è iniziatore ed esempio.

Un cammino al quale è legata la "benedizione" - dono dello Spirito - e quindi la fecondità. Chi cammina nella fede diventa non solo gradito a Dio, ma seme di una nuova umanità.

A questo cammino di fede e di vita nuova i credenti sono sollecitati particolarmente nei quaranta giorni della quaresima, per assimilarsi sempre più a Cristo. Servo obbediente e sofferente, e giungere così, trasfigurati in lui e con lui, a rinnovare l'alleanza con Dio nel mistero della Pasqua. L'itinerario quaresimale diventa così paradigma di tutta la vita cristiana, e non solo del singolo cristiano ma dell'intero popolo di Dio, pellegrino nel tempo verso la pasqua eterna.


4. La comunità dei battezzati, salvati dall'amore di Dio e "chiamati con una vocazione santa", deve sentirsi fortemente interpellata dall'invito divino ad ascoltare Cristo e a seguirlo nel cammino di conversione che, attraverso la passione, conduce alla gloria della risurrezione. Dovete sentirvi provocati particolarmente voi, carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di San Policarpo. E con voi tutta la Chiesa di Roma, impegnata nel cammino di preparazione del Sinodo pastorale diocesano.

Che cosa comporta in concreto tutto questo? La Chiesa ha sempre considerato l'esperienza della vita cristiana come un cammino di fede. Fin dai primi secoli, ad esempio, si è preoccupata di accogliere con amore e con sapiente discernimento coloro che volevano diventare discepoli del Signore ed entrare a far parte del suo popolo, accompagnandoli e sostenendoli in un impegnativo itinerario di conversione. Da questa istanza è nato il catecumenato, lungo e progressivo inserimento nel mistero di Cristo e nella vita e missione della Chiesa, realizzato attraverso l'ascolto e l'approfondimento della parola di Dio, la preghiera e la celebrazione dei sacramenti, l'esercizio di una rigorosa vita morale e di una operosa carità.

Proprio nel tempo quaresimale tale cammino aveva il suo momento più forte, in quanto preparazione immediata alla celebrazione dei sacramenti pasquali di quanti - adulti soprattutto - dopo un lungo tirocinio ascetico erano finalmente ritenuti degni di diventare cristiani.

Questa struttura pastorale, che aveva dato preziosi frutti, ando man mano scomparendo quando la società divenne nel suo insieme cristiana. In questi ultimi tempi, pero, sotto la spinta dei complessi fenomeni legati all'avanzare della secolarizzazione, il volto delle comunità cristiane è diventato molto diverso. Molti affermano di credere in Dio, chiedono ancora i sacramenti, ma non compiono un cammino autentico di fede e di conversione, disgiungono la fede che affermano di possedere dagli impegni ad essa conseguenti.

Nasce così l'istanza di una "nuova evangelizzazione", che per i battezzati assume le caratteristiche di una catechesi permanente, capaci di condurli alla progressiva riscoperta della fede e della vita cristiana come sequela di Cristo, nella Chiesa e con la Chiesa. Non si tratta di rievocare metodi di altri tempi, bensi di suscitare uno spirito e una mentalità che si traducano in applicazioni rispondenti alle diverse situazioni, diventando criterio ispiratore di tutta la pastorale. Senza trascurare bambini e fanciulli, tale azione deve rivolgersi con particolare attenzione agli adulti, che sono i destinatari privilegiati del messaggio evangelico e i primi testimoni e educatori nella fede dei piccoli.


5. Obiettivo fondamentale della catechesi permanente è quello di formare il cristiano maturo, cioè il vero discepolo di Cristo. Ora, nell'esperienza del discepolo, è necessario che si fondano insieme, in un organico processo pedagogico ed ecclesiale, diversi elementi e fattori. Anzitutto, l'accoglienza, nella fede, della "buona notizia" di Cristo morto e risorto, principio e fondamento della salvezza. In secondo luogo, l'approfondimento in forma organica e sistematica del messaggio evangelico, per coglierne tutte le implicazioni vitali specialmente sul piano del comportamento morale. La comunione poi con Cristo Signore, realizzata attraverso la preghiera e la celebrazione dei sacramenti. E, finalmente, l'impegno a farsi carico della missione ecclesiale per costruire il regno di Dio nella storia, promuovendo i valori della carità, della giustizia e della pace.

Tale azione pastorale dovrà trovare il suo centro propulsore e unificante nella Chiesa locale, e particolarmente nella parrocchia, luogo privilegiato di catechesi permanente. Qui l'evangelizzazione può diventare insegnamento, educazione ed esperienza di vita, con la collaborazione attiva di tutti: sacerdoti, diaconi, religiosi e laici, ognuno dei quali saprà mettere a disposizione di tutti il proprio carisma per la comune edificazione, camminando insieme con gli altri verso il compimento del regno di Dio.


6. So che la vostra comunità, carissimi fedeli della parrocchia di San Policarpo, si sta impegnando seriamente per favorire la maturazione nella fede di tutti i suoi membri. La vastità del quartiere e la sua composizione alquanto eterogenea rendono il compito particolarmente difficile. Il Papa è qui tra voi per incoraggiarvi a perseverare.

Saluto il cardinale vicario e mons. Giuseppe Mani, vescovo ausiliare per questo settore; saluto il parroco, don Guerino Di Tora, con i viceparroci e gli altri sacerdoti che compongono il presbiterio e assicurano una preziosa collaborazione nelle varie attività pastorali. Saluto le religiose operanti nel territorio parrocchiale in fedeltà al proprio carisma istituzionale e in sintonia col pastore a cui è affidata la responsabilità di questo gregge. Una particolare espressione di saluto e di incoraggiamento rivolgo ai laici impegnati nelle varie attività di servizio comunitario: dalla catechesi alla liturgia, alla testimonianza di carità verso le molteplici forme di povertà, presenti in parrocchia e altrove.

Tutti invito a ravvivare il proprio impegno, per fare della parrocchia una comunità viva e aperta, dinamicamente protesa verso quanti non hanno ancora accolto l'annuncio salvifico del Vangelo di Cristo.


7. Carissimi fratelli e sorelle della parrocchia di San Policarpo, l'antifona d'inizio della celebrazione eucaristica odierna mette sulle nostre labbra la supplica del Salmo 26: "Il tuo volto io cerco, Signore. Non nascondermi il tuo volto". Questa preghiera è stata già esaudita: nel volto trasfigurato di Cristo, il Padre ci ha manifestato il suo amore, indicandoci il traguardo non solo del cammino quaresimale ma di tutta la vita cristiana: "Questi è il Figlio mio prediletto... Ascoltatelo!".

Ascoltiamo, dunque, la voce divina che ci chiama a seguire Cristo, a diventare sempre più suoi discepoli, a fare di tutta la nostra esistenza un cammino di fede, di conversione e di vita nuova. Ascoltiamolo, per essere definitivamente trasfigurati in lui, quando egli verrà nella gloria e ci sarà dato di contemplare senza veli il volto di Dio. Amen.

(Al Consiglio pastorale:) Grazie per questa relazione. Mi ha toccato soprattutto la parola "anima", perché il Consiglio pastorale è l'anima della parrocchia. E' una parola ambiziosa perché essere anima è più che essere consiglio. Il consiglio è un pensiero, una cosa intellettuale, uno scambio di vedute, un dialogo. Tutto questo è molto importante per l'animazione, deve essere animazione. Questa distinzione a me sembra molto opportuna. Il Consiglio deve animare, deve costituire nella parrocchia quella che è l'anima del corpo. Si diceva una volta, forse ai tempi di san Policarpo, o forse un po' più tardi, che ciò che anima il corpo sono i cristiani. Certamente, la parrocchia è anche un mondo, un mondo neanche tanto piccolo, 40.000 abitanti in questo quartiere di Roma, case, palazzi, delle realtà umane o delle realtà mondane.

Io penso che i cristiani devono essere l'anima della parrocchia e che la parrocchia costituisce in una misura abbastanza significativa l'anima di questa comunità umana. Passando dalla parrocchia al Consiglio parrocchiale, io auguro a questo Consiglio di essere anima di questa animazione dei cristiani nel mondo, in questo mondo che si chiama parrocchia di San Policarpo. Vedendo tante persone impegnate nella problematica amministrativa, posso dire che anche loro fanno parte di questa animazione, ma, come ha ben detto uno dei membri, a loro spetta di regolare bene i conti. Vi auguro anche questo perché per una buona animazione bisogna anche saper regolare bene i conti. A tutti auguro la benedizione del Signore, a voi e alle persone che vi sono care e per cui portate la responsabilità.

(Ai gruppi parrocchiali:) Vi ringrazio per questa presentazione e vi ringrazio per questa presenza. Mi è venuto in mente che da parecchi anni, concretamente dagli anni del Concilio Vaticano II, si sono trovate nuove categorie e nuove parole con cui noi cristiani, ecclesiastici, laici tutti, cerchiamo di definire la nostra fede e la nostra appartenenza alla Chiesa. Io mi ricordo ancora, essendo allora sacerdote e vescovo giovane, che si parlava soprattutto di due categorie: una sono i credenti e praticanti e gli altri i credenti non praticanti. Questa divisione sembrava raccogliere tutta la realtà della parrocchia e della Chiesa diocesana. Oggi, naturalmente, queste due categorie non perdono la loro importanza e la loro identità. La fede rimane punto di partenza, la base dell'essere cristiani, dell'essere nella Chiesa. Ultimamente sono state pero introdotte altre categorie, altre parole che corrispondono a una nuova consapevolezza. Si parla naturalmente dei praticanti, ma si parla molto di più dell'impegno, anzi dei ministeri, dei servizi. Devo dire che questo linguaggio corrisponde più perfettamente al linguaggio biblico, della Chiesa primitiva, della Chiesa apostolica e post-apostolica, che il linguaggio un po' statistico e statico dei credenti non praticanti e dei credenti praticanti.

Nella Chiesa, secondo la visione paolina e degli altri documenti apostolici della Sacra Scrittura, vi sono i diversi impegni, i diversi ministeri, i diversi carismi. Oggi si parla molto di carismi, carismi dei credenti, dei battezzati, non solamente dei religiosi e delle religiose, ma anche, e direi soprattutto, dei laici. Ecco la nostra visione della Chiesa. Il modo in cui noi parliamo della Chiesa, di noi stessi, della nostra comunità e della nostra personalità cristiana è diventato più originale, più vicino al linguaggio della Sacra Scrittura, degli apostoli, della tradizione cristiana. Questo esprime ovviamente una nuova consapevolezza e esprime un nuovo dinamismo della Chiesa.

Coloro che sono credenti praticanti sono capaci di vedersi, di autodefinirsi come apostoli, partecipi dell'apostolato. La Chiesa è tutta apostolica. Ciò vuol dire che è tutta inviata come Cristo, primo inviato del Padre, messaggero del Padre.

Gli apostoli sono inviati di Cristo, come tutti noi, come tutta la Chiesa, composta da quelli che si sentono apostoli, inviati, che hanno da trasmettere un messaggio, che hanno da compiere un compito specificamente cristiano in se stessi, nel loro ambiente più vicino, nella famiglia, nella loro parrocchia, nel mondo.

E' un'osservazione che forse potrebbe servire per ulteriori sviluppi dei vostri impegni, dei vostri gruppi, gruppi di studio, gruppi di preghiera, gruppi di apostolato, caritativi, catechistici, liturgici. Vi auguro un ulteriore approfondimento dell'ecclesiologia del Vaticano II, non solamente nei libri, nei testi, ma in voi stessi. Mi congratulo con la vostra parrocchia, e anche con tutte le altre parrocchie, con la Chiesa di Roma, vedendo come cresce questa consapevolezza cristiana, post-conciliare, ma, nello stesso tempo, originaria, vicina alla Chiesa primitiva, degli inizi.

(Ai giovani:) Grazie per questi doni ma soprattutto per il dono della vostra presenza qui. Secondo le parole che riguardavano la comunità giovanile della parrocchia di San Policarpo ci sono molte ricchezze dalle quali sono nati questi doni: voi giovani, suore e novizie ospedaliere della Misericordia. Si poteva pensare alla parrocchia con tante vocazioni di religiose ma poi si vede che vengono soprattutto dalle Filippine. Anche altre hanno scelto questa parrocchia e fanno tesoro di questa parrocchia. Da quanto ho sentito mi viene in mente una parola di Gesù.

Questa parola è "seguimi". Penso che sia una parola chiave del Vangelo, ma anche di questa interpretazione che la vostra comunità giovanile vuol dare alla gente.

Cristo lo dice ai giovani, ma non solamente, lo dice anche ai pescatori che poi diventano apostoli. "Seguimi": questa parola implica che la vostra fede, il vostro essere cristiani è un cammino. Oggi si parla molto, si ripete molto spesso la parola "cammino". La Chiesa è un cammino, Cristo è un cammino. "Io sono la Via": Cristo è un cammino, è un grande camminatore. Ha percorso diverse strade della sua Patria, la Galilea, ha traversato anche la Samaria e la Palestina. Ma questo suo camminare durante i pochi anni della sua missione messianica è solamente una parte visibile. Rimane poi l'altra parte, immensa, incommensurabile, invisibile. Noi percorriamo - ha detto il vostro collega Paolo - un cammino dopo la Cresima e un cammino prima della Cresima. Noi diciamo così ed è vero. E' un cammino vostro. Ma questo cammino, della prima Comunione, dopo la Comunione, della Cresima, dopo la Cresima, del Matrimonio, dopo il Matrimonio nella vita della famiglia, della vocazione religiosa, della vita sacerdotale, questo cammino è sempre una risposta al "seguimi" di Cristo. E' anche il suo cammino nel mio o il mio cammino nel suo.

Il suo cammino, il cammino di Cristo attraverso le generazioni, attraverso la storia, delle anime e anche delle comunità, delle parrocchie, delle diocesi, dei popoli, questo cammino è continuo. Sempre si ripete la parola "seguimi" e comincia un cammino che è mio, è tuo, è suo. Vi auguro di guardare sempre verso questo primo camminatore, verso colui che si mette in cammino. Gesù lo ha fatto personalmente durante la sua vita in Palestina, nella sua missione messianica.

Oggi lo fa personalmente con la sua persona divina. La sua persona vive nella comunione trinitaria e oggi il "seguimi" di Gesù passa sempre attraverso lo Spirito Santo. Anche attraverso altre persone, attraverso i nostri genitori, attraverso i nostri educatori, attraverso i nostri pastori, ma per essere incisiva, efficace, questa parola di Gesù, "seguimi", deve essere portata sempre dallo Spirito Santo.

Ecco una piccola riflessione complementare a quella che hanno fatto i vostri due oratori per esprimere lo stile di vita della comunità giovanile della parrocchia di San Policarpo. Vi auguro di continuare questo impegno, questo lavoro, perché è un lavoro, un lavoro spirituale, un lavoro apostolico. E' un lavoro potente con la vita intensa, con la volontà, il cuore. Con tutto questo Dio interroga ciascuno di noi. Vi auguro di continuare, di continuare nel segno della parola "seguimi" che viene da Cristo, perciò nella vostra ricerca. Come cristiani siamo chiamati. Già il nostro Battesimo è il primo "seguimi" di Cristo nella vita di ciascuno di noi. Poi sulla base di questa prima chiamata battesimale, vengono altre chiamate attraverso i sacramenti ma anche attraverso i carismi, o attraverso gli indirizzi, le vocazioni, chiamate diverse (ci sono un sacerdote e un diacono nella vostra parrocchia, ci sono poi queste suore) ma anche attraverso chiamate alla vita cristiana che è caratterizzata da tanti diversi compiti soprattutto familiari o professionali. Si deve trovare in tutto questo un impegno cristiano, una risposta alla parola di Cristo.

Per concludere, auguro a voi tutti, giovani di questa parrocchia, auguro a voi tutti e a ciascuno di voi di cercare di capire la vostra vita personale e cristiana nella chiave di questa unica parola di Cristo, "seguimi". Certamente anche san Policarpo ha accettato questa parola, ha compiuto la sua missione in modo esemplare. La memoria del suo martirio, della sua testimonianza, del suo sacrificio per Cristo è rimasta nella Chiesa universale, per le genti, anche a Roma e in questa parrocchia. Carissimi, vi ringrazio per questo incontro, grazie per i vostri canti, canti passati, presenti e futuri. A voi tutti voglio offrire una benedizione.

Data: 1990-03-11

Domenica 11 Marzo 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Alla parrocchia di San Crisogono - Trastevere (Roma)