GPII 1990 Insegnamenti - Ai membri della "Riunione delle opere per l'aiuto alle Chiese orientali" - Città del Vaticano (Roma)

Data estesa:Giovedi 21 Giugno 1990

A pellegrini di Stinatz (RFT) - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Mantenete la fede dei vostri padri

Caro signor vescovo, caro signor parroco, cari bambini e giovani, cari fratelli e sorelle della parrocchia di Stinatz! Quest'anno festeggiate, con questo giubileo, il 22° anniversario della fondazione della vostra parrocchia. Il vostro pellegrinaggio a Roma, alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo, protettori della vostra parrocchia, rappresenta il culmine spirituale dei festeggiamenti. Durante questo soggiorno nella Città eterna siete venuti anche dal successore di Pietro, come il vostro carissimo vescovo ha già più volte ricordato, per rafforzarvi nella fede e manifestare la vostra fedeltà al Papa. Vi ringrazio e vi esprimo di cuore il mio benvenuto. Quando viene posta ai cristiani la domanda che cosa sia la Chiesa, molti pensano prima di tutto a una concreta comunità, vale a dire, alla loro parrocchia. Accanto alla famiglia la parrocchia è il luogo dove l'uomo entra per la prima volta in contatto con la fede, con Cristo e la Chiesa. La parrocchia rappresenta in un certo qual modo la Chiesa in quel luogo. Per questo essa occupa un posto importante nella vita dei fedeli. Proprio il Concilio Vaticano II con la sua immagine di Chiesa ha dato un nuovo e alto valore alla parrocchia. Anch'io ho espresso questo valore nel mio scritto apostolico "Christifideles Laici" nel capitolo "Il significato della parrocchia nella vita del fedele cristiano". La parrocchia non è solo una struttura, un territorio o un edificio, ma è una famiglia di Dio, come comunità di fratelli legati da uno stesso spirito (LG 28). Essa non è solo una struttura di diritto, ma è comunità eucaristica, poiché è fondata su una unità teologica. Questo è anche il legame, l'unione vitale, la "communio" con l'intera Chiesa.

A riguardo posso ancora una volta richiamare unicamente alla memoria le parole che il Papa Paolo VI (24 giugno 1963) ha detto sulla parrocchia: "Siamo semplicemente convinti che la parrocchia, tradizionale e preziosa struttura, svolga un compito irrinunciabile e molto attuale, ad essa spetta infatti formare la prima comunità del popolo cristiano, essa riunisce il popolo e lo avvicina alla festa liturgica, protegge e fa vivere la fede negli uomini del nostro tempo, insegna la dottrina benefica di Cristo e realizza nel comportamento e nell'azione l'instancabile amore per le opere buone e fraterne". Se guardate alla storia della vostra parrocchia potete constatare tutto ciò che anche in voi è accaduto per mezzo della parrocchia e nella parrocchia. Come minoranza di croati in territorio a maggioranza tedesca, avete potuto, proprio per mezzo della parrocchia, seppur tra problemi e difficoltà, mantenervi fedeli all'eredità trasmessa dai vostri padri, vale a dire alla fede, alla lingua e al popolo. Dovete sempre tenere presente tutto questo davanti agli occhi, anche in considerazione del vostro futuro cammino come parrocchia e contemporaneamente guardare a questo come obbligo spirituale. In questo contesto desidero ancora una volta rendere certe nel vostro cuore le parole che ho espresso in occasione della mia ultima visita pastorale in Austria nella grande festa, nota oltre frontiera, di Trausdorf: "Cari fratelli della Croazia, la vostra fede cristiana è sempre stata la vostra cultura croata.

Che sia così anche in futuro. Le prime preghiere che avete sentito e ripetuto erano in lingua croata, nella lingua dei vostri padri, anche i primi inni spirituali erano intonati nella stessa lingua. Mantenete la fede come i vostri padri. Non vergognatevi della vostra fede. Mantenetela e sviluppatela nel ringraziamento dei vostri padri. Essa è un dono per la vostra terra e per la Chiesa nella vostra terra". A tutti quelli che si sono adoperati in particolare nel passato e si prestano ancora oggi per questo compito, sia preti che maestri o anche altri responsabili, a ognuno di voi, che sente e si assume la responsabilità di questo compito, esprimo il mio ringraziamento.

Come Cristo, ognuno secondo la propria vocazione ha il dovere e il compito di portare, dove vive, la parola di Dio nei diversi ambiti della vita umana. Che possiate percepire questo compito nella vita quotidiana della vostra parrocchia, sempre insieme al vostro vescovo e al vostro parroco. Siate fedeli testimoni di Cristo in questo mondo, siate, come comunità cristiana, "un unico cuore e un'unica anima" e in essa ognuno di voi, secondo il suo compito, collabori alla costruzione del regno di Dio. Per questo possano sempre esservi di esempio e di intercessione i vostri Patroni, gli apostoli Pietro e Paolo.

Raccomando tutti voi, qui presenti, i nostri cari a casa, soprattutto i bambini, i vecchi e gli ammalati, nonché il futuro della nostra parrocchia alla protezione della Vergine Maria, a cui spesso e volentieri vi rivolgete e onorate come Regina dei croati e vi imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1990-06-21

Data estesa:Giovedi 21 Giugno 1990

Lettera ai vescovi dell'Asia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per la quinta Plenaria della Federazione conferenze episcopali

Ai miei fratelli Vescovi, Delegati alla Quinta Assemblea Plenaria della Federazione delle Conferenze Episcopali Asiatiche


1. E' con grande gioia che mi rivolgo a voi che vi siete riuniti a Bandung, Indonesia, per la Quinta Assemblea Plenaria della FABC. Tramite voi saluto cordialmente tutti i Vescovi, il clero, i religiosi e i laici della Chiesa in Asia. Con le parole della Prima Lettera di Pietro, prego: "Grazia e pace a voi in abbondanza" (1P 1,2).

Come pastori chiamati ad interpretare i "segni dei tempi", intendete durante il vostro incontro discutere dell'argomento "Le Sfide Emergenti della Chiesa in Asia negli anni 90: una Chiamata a cui Rispondere". Dopo uno studio preliminare condotto con sensibilità pastorale, desiderate ora dare una risposta comune ai problemi che condividete. Come Pastore Universale della Chiesa, anch'io desidero aprire il mio cuore in uno spirito di affetto e partecipazione collegiale per riflettere con voi sul pellegrinaggio terreno della Chiesa in Asia. Vi offro il mio sostegno ed il mio incoraggiamento fraterno fiducioso nella speranza che la vostra Assemblea offrirà una guida chiara e concreta da cui le Chiese locali sapranno trarre ispirazione e forza per il futuro.


2. Quali sono le sfide che il popolo di Dio deve affrontare nel tentativo di seguire Cristo nel mondo d'oggi? Una delle sfide principali è rappresentata dalla secolarizzazione e dal materialismo, due fenomeni distinti ma collegati che permeano sempre più il pensiero delle persone comuni nella loro ricerca di una vita migliore, e i programmi introdotti dai governi o dalle istituzioni culturali.

Condivido la vostra preoccupazione che un numero sempre maggiore di giovani asiatici, soprattutto nei paesi più sviluppati, tenda a misurare la felicità ed il successo con il possesso materiale. Date le ricche e antiche tradizioni spirituali dell'Asia, sarebbe veramente tragico se ai giorni nostri gli abitanti del continente non riuscissero a raggiungere la loro piena ed autentica realizzazione come persone a causa della crescente noncuranza per la dimensione trascendente e religiosa della vita.

Un'altra seria sfida è posta dal fatto che molti paesi dell'Asia sono ancora sotto l'oppressione del Comunismo, con la conseguente perdita di libertà umana. In terre tradizionalmente conosciute come luoghi di armonia, il Comunismo ha introdotto una scioccante disarmonia. Ostacola il pieno sviluppo umano imponendo, spesso con la violenza, una rottura con le tradizioni e sottomette gran parte della popolazione a grandi sofferenze, fra cui la fame, attraverso piani economici non realistici e attraverso priorità assurde, come i costosi armamenti.

Un'ulteriore causa di grave preoccupazione è la violazione dei diritti umani in certe parti dell'Asia. All'interno di questo contesto troviamo la tendenza da parte di alcuni a respingere come aliene alle culture locali le aspirazioni di coloro che cercano il riconoscimento dei diritti inalienabili della persona.

La questione dei diritti umani ci porta a notare i segni di intolleranza religiosa manifestatisi in alcuni paesi asiatici. Sotto la pressione di gruppi particolari, ad esempio, alcuni governi di nazioni a faorte maggioranza islamica hanno assunto posizioni che non sembrano in sintonia con quella tolleranza che è parte della venerabile tradizione mussulmana. A volte, si portano avanti dei tentativi di cambiare legislazione introducendo politiche che effettivamente negano i diritti delle minoranze religiose. Gli atteggiamenti intransigenti di alcuni, che non lasciano spazio per le altre religioni, riconoscono come autenticamente asiatico solo ciò che può essere espresso all'interno delle loro categorie religiose. Questo spiacevole fenomeno d'intolleranza, tuttavia, non è limitato ad una sola tradizione religiosa.

Infine, un problema particolarmente allarmante che la Chiesa non può ignorare è la diffusa povertà. Mentre alcuni Asiatici godono dei benefici dello sviluppo tecnologico, altri sono costretti in moderne forme di schiavitù. Penso allo sfruttamento dei lavoratori, l'esclusione di molte persone dai vantaggi di una società sviluppata, la mancanza di assistenza sociale, l'analfabetismo, l'uso di droghe e di altri "paradisi artificiali", il diffondersi del gioco d'azzardo e della violenza, la corruzione che si trova nelle grandi città e le inumane condizioni di vita che milioni di persone devono sopportare nelle brulicanti periferie dei grandi centri urbani. A questi numerosi mali sociali, dobbiamo aggiungere lo sfruttamento incontrollato delle risorse naturali e l'inquinamento dell'ambiente a favore di influenti interessi economici e a svantaggio di coloro che sono tecnologicamente meno avanzati.


3. Cari fratelli, la vostra profonda preoccupazione pastorale per le difficili condizioni economiche e sociali in cui gran parte della vostra gente deve vivere - condizioni che rifiutano facili soluzioni e che sono spesso rafforzate da mali e ingiustizie che in alcuni casi sono diventati "strutture" permanenti della società - è già uno stimolo per rinnovare il vostro impegno nel compito dell'evangelizzazione. Come Vescovi sapete che il vostro compito principale non è solo di denunciare il male, ma anche di proclamare un messaggio di conversione e speranza.

Come uomini di fede, voi fermamente credete che il potere del Vangelo di superare il male sia radicato in una persona viva che è il Salvatore del mondo.

Secondo le parole del Concilio Vaticano II: "solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (GS 22). Cristo è "l'uomo perfetto" () che in un certo senso uni se stesso ad ogni persona umana e restauro in ogni figlio di Adamo - senza badare a nazionalità o cultura - quella somiglianza con Dio che era stata sfigurata dal peccato. Di conseguenza, è la luce di Cristo che vi permette di proclamare coraggiosamente la dignità ed i diritti fondamentali di ogni persona di fronte alle grandi ingiustizie. E' l'amore di Dio rivelatosi in Cristo che vi conduce con forza ad applicare l'insegnamento sociale della Chiesa alle situazioni reali del popolo asiatico, ed a promuovere il progresso sociale, ed un più ampio sviluppo materiale e culturale. E' il servizio di Cristo che sostiene le vostre istituzioni educative e di carità, e che chiama un sempre maggior numero di vostri fedeli a seguire l'esempio di Madre Teresa di Calcutta nell'occuparsi dei bisognosi e degli oppressi.

Allo stesso tempo sapete che la ricerca di un significato e del benessere deve essere anche una ricerca della salvezza. La salvezza che vi riguarda in quanto Vescovi è la salvezza realizzata ed offerta da Cristo: la salvezza dell'intera persona, una salvezza completa ed universale, unica ed assoluta, piena ed onnicomprensiva. L'apostolo cristiano non è solo un operatore sociale; né la fede cristiana è semplicemente un'ideologia od un programma umanistico. La Chiesa deve sempre ed in ogni luogo cercare di condurre le persone alla realizzazione della loro eterna vocazione in Cristo, una chiamata ad una comunione personale con il Dio Vivente. Anche quando impegnati nell'opera di sviluppo umano, i cristiani dovrebbero sempre tenere a mente le parole di San Paolo: "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Co 9,16).


4. Alla vigilia del Terzo Millennio Cristiano, un ancor più grande impegno nell'evangelizzazione è imperativo per tutte le Chiese locali dell'Asia che, sebbene piccole, hanno dimostrato di essere dinamiche e forti nella loro testimonianza del Vangelo. La loro sfida particolare è di proclamare il Lieto Annunzio dove si incontrano diverse culture e religioni, all'incrocio di forze sociali, politiche ed economiche del mondo d'oggi. Alla luce di questo dovere fondamentale, il vostro incontro è un'opportunità per cercare nuovi modi di rafforzare la coscienza nelle Chiese locali del bisogno di una prima evangelizzazione.

Sebbene la Chiesa riconosca con piacere ciò che c'è di vero e santo nelle tradizioni religiose del Buddismo, dell'Induismo e dell'Islamismo, come riflesso di quella verità che illumina tutti gli uomini, questo non limita il suo compito di proclamare incessantemente Gesù Cristo che è "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6 cfr. NAE 2). Non dovremmo dimenticare l'insegnamento di Papa Paolo VI su questo argomento: "né il rispetto e la stima verso queste religioni, né la complessità dei problemi sollevati sono per la Chiesa un invito a tacere l'annunzio di Cristo di fronte ai non cristiani" (Pauli VI Evangeli Nuntiandi, 53). Il fatto che seguaci di altre religioni possano ricevere la grazia di Dio e possano essere salvati da Cristo al di là dei mezzi che esso ha stabilito, non annulla la chiamata alla fede e al battesimo che Dio vuole per tutte le persone (cfr. AGD 7). E' contraddire il Vangelo e la natura stessa della Chiesa asserire, come fanno alcuni, che la Chiesa è solo una via di salvezza fra molte, e che la sua missione nei confronti dei seguaci di altre religioni non dovrebbe essere null'altro che un aiuto affinché essi possano essere seguaci migliori di quelle religioni.


5. La missione del popolo di Dio, cari Fratelli, è duplice: portare testimonianza a Cristo e alle "cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio" (Col 3,1), ed essere fermento d'amore e bontà negli affari di questo mondo fino a quando Cristo non ritornerà nella gloria. Oggi, i laici cristiani, in sempre maggior numero, desiderano condividere questa missione con sempre crescente impegno. Diamo il benvenuto a questo segno dei tempi e riconosciamo il ruolo indispensabile dei laici nel diffondere il Lieto Annunzio.

Come pastori e guide dei fedeli asiatici, troverete necessario rispondere ai desideri dei laici, espandendo la loro partecipazione in sintonia con quella distinzione dei ruoli che ha il suo fondamento in una decisione presa al tempo degli Apostoli quando, sotto l'azione dello Spirito Santo, gli Apostoli dissero che: "Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense... Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola" (Ac 6,4). In questo modo il clero, liberato da molti compiti amministrativi intrapresi per andar incontro a bisogni supplementari, può essere modello di una profonda spiritualità, testimone dei valori trascendenti espressi nella preghiera e nella contemplazione, e sempre attento alla presenza di Dio nelle vite di coloro che servono.

In conformità con il loro specifico ministero, i sacerdoti dovrebbero essere particolarmente attivi nella formazione cristiana dei laici, la cui insostituibile vocazione è la santificazione del mondo in tutte le sue realtà temporali. I laici sono chiamati ad essere coraggiosi nell'esprimere in pubblico le loro convinzioni cristiane per il bene comune. Tuttavia, i Cristiani spesso soffrono per la dicotomia di essere esperti nel loro campo professionale, ma di avere un'inadeguata formazione religiosa. Ciò nonostante, la storia dell'evangelizzazione, in Corea ed in Vietnam ad esempio, come nella stessa antica Roma, testimonia l'eccellente lavoro di evangelizzazione condotto dai laici. La Chiesa in Asia oggi riceve sempre più il prezioso dono della profonda fede e del contagioso entusiasmo di laici provenienti da ogni estrazione sociale, che servono la missione della Chiesa con successo e convinzione, anche se spesso in modo discreto e riservato.

Il rapporto fra clero e laici è soprattutto un rapporto di complementarità. La Chiesa in Asia deve un immenso debito di gratitudine a quei missionari coraggiosi ed ispirati, sia uomini che donne, che hanno piantato e sostenuto la Chiesa nel vostro continente per amore di Cristo e del suo Vangelo.

Con il diminuire del numero di sacerdoti, nasce la tentazione di pensare alla crescente partecipazione dei laici come ad un sostituto del ministero sacerdotale, soprattutto dove le vocazioni sono poche. Questo modo di pensare, pero, ostacola il lavoro di evangelizzazione e impoverisce la Chiesa dall'interno. I sacerdoti sono assolutamente essenziali per la continuità e la fertilità della sua vita e della sua missione. Vi prego, perciò, affinché facciate ogni sforzo per continuare a promuovere le vocazioni al sacerdozio fra le vostre genti, con la fiducia che Dio stenderà la sua benedizione su di un compito così importante. Come dimostrato dall'esperienza di alcune vostre Chiese locali, la partecipazione di un laicato attivo e dinamico, lungi dal diminuire le vocazioni sacerdotali, serve piuttosto a farle aumentare.


6. Cari fratelli, condivido profondamente la vostra convinzione che questo sia un momento significativa per la Chiesa in Asia. Le vostre speranze e le vostre aspirazioni per la crescita delle vostre Chiese locali sono le mie, ed io le presento quotidianamente al Signore del Raccolto pregando costantemente per tutti voi. Possa il vostro incontro a Bandung assomigliare alla scena descritta negli Atti degli Apostoli, quando gli Apostoli erano riuniti prima del giorno della Pentecoste, "assidui e concordi nella preghiera... con Maria, la madre di Gesù" (Ac 1,14). Possa colei che è Madre della Chiesa ottenere un'ulteriore effusione dei doni dello Spirito Santo su voi tutti.

Accettate questa espressione della mia unione spirituale con voi, ed il mio incoraggiamento per le vostre responsabilità pastorali con la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano in occasione della Festa dell'Immacolato Cuore di Maria, 23 giugno 1990.

Ioannes Paulus PP. II (Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-06-23

Sabato 23 Giugno 1990

A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sulla formazione delle nuove generazioni si gioca il futuro della Chiesa e della società in Brasile

Amati fratelli nell'episcopato,


1. E' con il cuore pieno di sollecitudine pastorale che, dopo il gradito incontro personale con ciascuno di Voi, vi do il mio benvenuto alla sede di San Pietro, come Vescovi dal "Regional Oeste 1 e 2" del Brasile, per la visita "ad limina Apostolorum", preparata con tanto impegno perché possa portare ad ogni Chiesa particolare, a tutta la Regione, al Brasile e, di conseguenza, a tutta la Chiesa, i frutti più ricchi ed abbondanti, che non possiamo non desiderare e ricercare nel compimento del particolare dovere che il nostro mandato pastorale ci impone.

Nel ricevervi, accolgo col pensiero tutti gli amati fratelli e figli che voi rappresentate e a cui dedicate tutto il vostro impegno di Pastori completamente dediti al proprio gregge e, nella solidarietà, a tutto il popolo di Dio. Vi chiedo inoltre che al vostro ritorno non dimentichiate di portar loro la mia speciale benedizione, garanzia del mio ricordo dinanzi al Signore, e di dir loro che il Papa li conserva tutti amorevolmente nel proprio cuore.


2. La visita "ad Limina" dei successivi e numerosi gruppi di Pastori che costituiscono l'Episcopato del Brasile sta seguendo un tracciato e sta realizzando una forte esperienza di comunione, affettiva e reale, grazie a tali e tanti dialoghi fruttuosi, con cui condividiamo una viva sollecitudine verso i maggiori problemi e sfide nella vita della Chiesa del vostro Paese.

Una di queste sfide, sulla quale vorrei oggi richiamare la vostra attenzione, è quella dell'importanza della formazione cristiana dei giovani.

So che questo è stato il tema trattato recentemente nella 28a Assemblea Generale della Cnbb, sotto la prospettiva della "Formazione: Esigenze cristiane", considerata come "una urgenza" che merita di essere assunta e tenuta in considerazione a tutti i livelli, sia ecclesiali che nazionali.

Come potrebbe essere altrimenti in un grande Paese come il vostro, con una larga maggioranza di giovani, proiettati con singolare dinamismo verso il futuro, quali protagonisti delle trasformazioni della società a tutti i livelli in questa fine di secolo? Non invano tutta la Chiesa dell'America Latina ha assunto nella III Conferenza Generale dell'Episcopato (Puebla, 1979) una "opzione preferenziale per i giovani" - sia pur non esclusiva né escludente - nella sua azione evangelizzatrice e nel suo impegno di catechesi. E' impressionante, infatti, constatare che il 70% della popolazione latinoamericana ha meno di 25 anni, e che il 45% di essa ha meno di 15 anni. Faccio sempre un'esperienza molto concreta dello spessore e dell'urgenza di questa "opzione" quando effettuo i miei viaggi apostolici nel "Continente della Speranza" ed incontro così - come successe a Belo Horizonte nel viaggio del 1° luglio 1985 - moltitudini di giovani, molti dei quali confidano nelle vostre cure di Pastori.

Ma ciò che emerge nella quantità, pone ancora più in evidenza l'ordine qualitativo. Se l'uomo è la "via" della Chiesa, se la Chiesa percorre il cammino nella vita degli uomini, Essa non può non andare incontro e non tener conto di questo bene, di questa ricchezza dell'uomo, che è la sua giovinezza. La "opzione preferenziale" si illumina, perciò, nella precisa puntualizzazione che la gioventù costituisce una fase estremamente importante nella vita della persona, poiché si tratta di scoprire e, allo stesso tempo, di programmare, scegliere, prevedere e assumersi, come qualcosa di proprio, le prime decisioni. E' propria di essa questa "unica e irripetibile potenzialità di una concreta umanità, nella quale è come inscritto l'intero progetto della vita futura" (cfr. Lettera Apostolica di Giovanni Paolo II: "Ai giovani e alle giovani del mondo", n. 3). In questo cammino di affermazione della autocoscienza della propria personalità, di discernimento e di risposta riguardo alla vocazione della sua vita, alla sua integrazione nella vita professionale, alla costituzione della propria famiglia, al suo inserimento nella vita sociale..., in tutta questa densità di esperienze, il giovane tende a porsi, più o meno coscientemente, alcuni interrogativi esistenziali i "perché" più inquietanti e decisivi sulla vita individuale e sociale. Da come risolve ed affronta queste domande essenziali, dipende, in gran parte, il suo futuro. E se non ci riferiamo soltanto ad un giovane, ma a tutta una generazione, pensiamo, come è logico, che tutto il futuro della Chiesa e della Nazione poggi su di loro.


3. Quale ricchezza e quale sfida essere giovani oggi in Brasile! La gioventù brasiliana ci appare come un torrente impetuoso, pieno di vita che irrompe con forza nonostante gli ostacoli che incontra, a tutti i livelli decisionali, esigendo soluzioni concrete che non ammettono dilazioni. Essa sa di far parte di un vastissimo Paese con enormi possibilità e sfide per la sua costruzione. Ma allo stesso tempo, sperimenta gravi difficoltà a trovare la sua strada a causa delle enormi contraddizioni e squilibri di una realtà tanto opprimente quanto inquietante. Se pensiamo all'elevato tasso di analfabetismo nel vostro Paese, alle difficoltà della struttura scolastica, al degrado del sistema scolastico pubblico, alla svalutazione degli insegnanti, all'influenza massificante dei mezzi di comunicazione sociale, abbiamo messo in rilievo soltanto alcuni dei problemi che richiedono una soluzione a breve termine. Ma non ci sfugge neanche l'importanza dei genitori come autentici maestri-educatori, punto di riferimento nei grandi ideali della vita, strumento di consolazione per quella personalità ancora fragile in via di formazione, e che, tuttavia, stanno attraversando, insieme a tutta l'istituzione della Famiglia, una crisi profonda, soprattutto dopo l'introduzione del divorzio nel 1977. Non c'è nessuno che non si renda conto di tutta la vasta gamma di conseguenze che da questo derivano: bambini abbandonati che vagano in giro per le strade; giovani dipendenti dalle droghe; la violenza ecc..., insieme al permissivismo divulgato dalla Stampa e soprattutto dalla televisione, tutto ciò è causa dell' impoverimento umano della gioventù, che si trova senza dubbio in un vuoto che porta alla disperazione.

Ed è proprio per questo che oggi, davanti a Voi, ma col desiderio che vi facciate eco di queste mie parole, vorrei che diceste a questi giovani, come ho già detto anni fa: "Non abbiate paura", "non abbiate paura della vostra gioventù".

Il che significa: non abdicate alla vostra responsabilità, non lasciate soffocare le vostre domande e le vostre speranze, affermate la vostra libertà cominciando dalla Verità. "Non abbiate paura di essere santi (...)".


4. La nostra prima vocazione pastorale, cari Fratelli nell' Episcopato, è quella di stare accanto ai giovani, che hanno un bisogno speciale di compagnia e di amicizia. Senza limitarsi ad aspettarli, ma andando loro incontro, trasformandoli in nostro prossimo, accogliendo tutta la loro umanità, senza censure né preconcetti. Soltanto l'apertura, la benevolenza e la disponibilità nel condividere le loro concrete esigenze di vita, li spingono a confidare i loro interrogativi vitali a chi è come loro - parente, amico o chiunque altro - ed anche a Dio. E tutto questo per un motivo molto semplice: perché li amate! Non a caso l'esempio del nostro atteggiamento pastorale è quello dell'incontro di Cristo con il "giovane ricco", narrato dai Vangeli. Ed il gesto centrale di questo incontro si manifesta in quella annotazione breve ma decisiva: "guardandolo negli occhi, lo amo". Questa è la fonte e il segno di tutta la sollecitudine pastorale.

E' questo quello che sperano e quello di cui hanno bisogno, adesso più che mai, i giovani di oggi.

Ma non si tratta soltanto di saper accogliere, di manifestare disponibilità, di sapere ascoltare. Il giovane cerca una risposta. Se trova soltanto risposte vaghe che non corrispondono alle sue profonde aspirazioni di vita e di bene; se in coloro che dovrebbero rappresentare un appoggio saldo e deciso vedono solo dubbi e incertezze, non possiamo sorprenderci se nella loro vita seguono il sentiero del disordine, o addirittura quello della disperazione.

Pertanto, la risposta cristiana - che è l'unica che può soddisfare pienamente il cuore dell'uomo - non è un raziocinio, un insieme di norme, un'ideologia politica. E' invece la testimonianza di Cristo, qui e adesso nella stessa realtà e novità di quasi duemila anni fa. Un Cristo che vuole stabilire con lui un rapporto personale di alleanza, di Verità e di Vita, con il quale gli propone di seguirlo e di sperimentare la Sua compagnia, che dà significato e unità alla sua vita, rivelandogli la sua vocazione e, cosa più importante, insegnandogli il cammino che porta al Dio unico e vero.


5. A tale proposito si inseriscono a questo punto alcune importanti considerazioni che ora vorrei sottolineare in modo conciso. La prima ci dice che non è possibile rimandare, né ridurre, l'annuncio di Cristo ai giovani. La trasmissione del contenuto della Verità deve essere chiara e vigorosa, e allo stesso tempo testimoniata dal personale modo di vivere e realmente applicabile agli ambienti concreti, così da rispondere a tutte le necessità dei giovani. Non servono qui le strategie e i discorsi complicati che ritardano l'annuncio essenziale della Rivelazione cristiana, di cui la Chiesa Cattolica è depositaria.

In secondo luogo, bisogna rendersi conto che l'incontro del giovane con Cristo si può ottenere nella misura in cui gli sia permesso un incontro personale con il Signore, sia nella percezione concreta del contenuto di quella Verità, che nella comprensione della "logica" delle beatitudini, che altro non sono se non un cammino di conversione, un cammino di santità di vita, e, perché no, una partecipazione esigente alla comunione e alla missione di tutta la Chiesa. Per questo, è necessario che teniate conto soprattutto dell'importanza della vita sacramentale, con la pratica frequente della Confessione sacramentale e della Comunione Eucaristica. E', insieme a questa, la pratica della preghiera liturgica e personale, fonte e segno fecondo di questa unione.

Tutti questi mezzi pero non potrebbero raggiungere il loro obbiettivo, se non ci fosse una viva sollecitudine verso la formazione morale della coscienza, in modo che si conosca il valore di questa Legge che portiamo inscritta nel cuore: la Legge naturale e la Legge Divino-positiva. E' questo un argomento tanto necessario quanto decisivo per la crescita umana e cristiana del giovane, in una pedagogia di unità di vita e di comportamento responsabili. In questo terzo aspetto, non sarà mai eccessivo evidenziare il ruolo degli educatori, a tutti i livelli, sia nelle Comunità ecclesiali che nelle stesse istituzioni di insegnamento. Oggi, ora più che mai, è necessario conoscere questa Verità che ci libera, e sapere come trasmetterla in forma accessibile e pratica.

In quarto luogo, capisco quanto sia delicato proporre in modo adeguato la relazione tra questa formazione cristiana della vita dei giovani e le esigenze della sua solidarietà e dei suoi impegni sociali. E' ovvio che conosciamo bene l'urgenza e la drammaticità degli imperativi di giustizia del Brasile. Sarebbe grave che l'educazione e l'azione dei cristiani non trovassero un riferimento esigente e fecondo nella dottrina sociale della Chiesa. Ma sarebbe anche molto grave che il cristianesimo si riducesse per i giovani ad un coinvolgimento nella lotta sociale e politica e in un moralismo basato su denunce o contestazioni. Se il giovane cristiano è chiamato ad allargare i suoi orizzonti di solidarietà, conoscendo e partecipando alle soluzioni dei problemi che affliggono la Nazione, ciò avviene perché avrà saputo stabilire il nesso tra il suo comportamento come cittadino libero e responsabile, nello spirito evangelico, e la presenza di Cristo nella sua stessa vita. In tal modo, si potrà dire che la testimonianza della sua gioventù, nel partecipare attivamente alla vita della società, anche con gli errori e le deficienze proprie della sua inesperienza, sarà "luce che illumina in mezzo alle tenebre". Conosco bene la testimonianza di molti giovani nel loro lavoro apostolico all' interno dei non pochi movimenti ecclesiali, o anche individualmente, perché si sentono responsabili della propria vocazione, sgorgata dalle acque del Battesimo, di trasmettere la Verità evangelica. E' sempre di vitale importanza che i giovani siano testimoni di Cristo, apostoli per la missione, così come è stato sottolineato dalla VIII Assemblea del Sinodo mondiale dei Vescovi e dalla Esortazione Apostolica "Christifideles laici". Possiamo aggiungere qui che nel prossimo Sinodo verranno messe in rilievo le esigenze di una autentica paternità dei Pastori, rappresentanti di Cristo dinanzi alla Comunità, educatori nella fede e amministratori dei Sacri Misteri, grazie ai quali tutti i fedeli, e i giovani cristiani in particolare, crescono nella coscienza, dignità e responsabilità del loro sacerdozio comune. In questo compito di formazione cristiana dei giovani è opportuno sottolineare - e come non farlo - una rinnovata attenzione pastorale alla famiglia e un più consapevole impegno degli sposi e dei genitori in vista della funzione educatrice che è loro propria.


6. Fin dall'inizio del mio Pontificato, ho fatto mia questa "opzione preferenziale per i giovani". Gli incontri con i giovani a Roma e in tanti Paesi del mondo sono stati molteplici e motivo di arricchimento. Ho tenuto, e continuo a tenere spalancate le porte del mio cuore ai giovani per invitarli a spalancare i loro cuori a Cristo. Ho voluto istituire la Giornata annuale della Gioventù nella Chiesa e non posso non ricordare con emozione i grandi incontri mondiali a Roma, Buenos Aires, Santiago de Compostela mentre invito tutti i giovani e li aspetto a Czestochowa il 14 e 15 agosto 1991. Sono sicuro che la Pastorale della Gioventù della Chiesa in Brasile si realizzi in sintonia e con l'arricchimento di queste iniziative. perciò affidiamo al cuore della Vergine Santissima - Nostra Signora dell'Apparizione - tutti i giovani brasiliani, con la riconoscente certezza che non mancherà loro la sua intercessione dinanzi al Suo Figlio, perché tutti i suoi figli di questo grande Paese crescano come Lui "in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (cfr. Lc 2,52).

Concludo, pieno di speranza, pregando affinché l'unione delle Chiese particolari del Centro-Ovest, continui a risplendere nell'unità della Chiesa universale, che qui oggi celebriamo. Sono queste le intenzioni che insistentemente vi offro. Approfitto per salutare anche, tramite voi, i vostri presbiteri e tutti i ministri della Chiesa, le comunità di consacrati, le parrocchie, le associazioni cristiane, le famiglie, gli anziani e tutti coloro che soffrono ogni tipo di dolori, fisici o morali, rivolgo, come è logico, un saluto speciale ai giovani ed ai bambini - oggetto delle mie grandi speranze! - e, infine, a tutti gli amati diocesani del Mato Grosso e del Mato Grosso del Sud. Portate a tutti la certezza del mio affetto e del mio incoraggiamento a vivere la loro vocazione cristiana in unione a Dio Nostro Signore, e al Successore di Pietro con la grande Benedizione Apostolica che vi imparto di tutto cuore.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-06-23

Sabato 23 Giugno 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Ai membri della "Riunione delle opere per l'aiuto alle Chiese orientali" - Città del Vaticano (Roma)