GPII 1990 Insegnamenti - Lettera al card. Marco Cè - Città del Vaticano (Roma)

Lettera al card. Marco Cè - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per il Convegno ecclesiale delle diocesi del Triveneto

Al venerato fratello il signor card. Marco Cè, patriarca di Venezia Con grande fiducia in Cristo Gesù, Maestro e Pastore delle anime, le diocesi del Triveneto si sono riunite a Convegno nella vetusta cattedrale di Aquileia, per discernere e riconoscere che cosa lo Spirito richieda alle Chiese di codesto territorio nella missione che è loro affidata per il tempo presente.

Il mio cordiale saluto va pertanto a lei, signor cardinale patriarca, a tutti i vescovi e sacerdoti delle regioni, alle persone consacrate e ai laici, convocati per una così singolare assemblea sinodale, agli osservatori della Comunità israelitica e delle Chiese sorelle non cattoliche. A tutti esprimo il mio compiacimento per codesto incontro preparato con intensa preghiera in tutte le diocesi, con accurati momenti di studio per l'analisi dei problemi.

La Chiesa che è nel Triveneto riconosce di aver ricevuto dalla sua storia un grande patrimonio di cultura cattolica. Esso è stato generato dalla fede, che la presenza opportunamente disposta di diocesi e parrocchie ha saputo alimentare specie con la catechesi e la formazione giovanile; è stato sostenuto dall'opera di valorosi Istituti maschili e femminili, sorti in circostanze singolari; è tuttora ravvivato senza soste da numerosi centri di spiritualità, case di esercizi, monasteri, santuari.

Fiduciosi per tale eredità, i pastori d'anime guardano ora al futuro, consapevoli che l'avvicinarsi del terzo millennio, con le sue trasformazioni economiche e sociali impone una rinnovata evangelizzazione e domanda risposte tempestive ed efficaci, come si esige per i veri discepoli di Cristo, nella grandezza e nella difficoltà dei nostri tempi.

Consapevoli che l'avvenire dell'Europa non dovrà ridursi a un evento solo economico e politico, le Chiese delle regioni nord-orientali d'Italia vogliono rinvigorire la loro vocazione singolare alla mediazione tra diverse etnie, nazioni e lingue, operando un cristiano impegno di solidarietà e fraterna carità; riconoscono l'ambivalenza dei mutamenti sociali avvenuti anche in seguito ad eventi difficili e dolorosi; sentono i problemi suscitati dal moderno, insistente secolarismo; ma sono altrettanto fiduciose che il fermento cristiano, ben radicato nella mentalità delle popolazioni, potrà ancora corrispondere all'appello di Cristo.

La presenza della Chiesa riveste oggi, più che mai, un importante significato nella società del Triveneto, per immettere "fede e carità portate ad efficacia di vita", operando come segno e strumento di intima unione dell'uomo con Dio e di unità tra diversi popoli. Occorrerà prodigarsi con urgenza nel momento presente, a partire dalle radici cristiane sempre vive e sentite costi, poiché il Triveneto è una società che ha bisogno di rinsaldare la sua tradizione etica e spirituale, nel contesto di un'identità e di un servizio pastorale di grande valore.

Auspico, pertanto, che nel territorio si confermi il ruolo insostituibile delle parrocchie, affinché siano sempre più ricche di iniziative di carattere sociale, ma soprattutto dell'insostituibile ministero della parola, che si deve esplicare così nell'attenta catechesi ai fanciulli e ai giovani come nel rispondere agli interrogativi religiosi ed esistenziali, via via emergenti nell'intera comunità. Confido che le famiglie continuino ad essere anche oggi centro irradiante di fede, all'interno di se stesse e nel servizio ecclesiale dei numerosi gruppi familiari.

Soprattutto chiedo all'Azione Cattolica e ai Movimenti, alle scuole, ai religiosi, ai laici impegnati, di corrispondere generosamente e unitariamente alle proposte, che nasceranno da codesta fraterna riunione pastorale.

Su tutti invoco la protezione della Vergine, venerata nelle innumerevoli chiese delle Regioni, dei martiri e santi patroni delle diocesi, mentre imparto di cuore una speciale benedizione apostolica.

Dal Vaticano, il 25 aprile, festa di san Marco Evangelista, dell'anno 1990, undicesimo di Pontificato.

Data: 1990-04-25

Mercoledi 25 Aprile 1990





Al Pontificio Consiglio per il dialogo inter-religioso - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dialogo un'idea da studiare ma soprattutto da vivere insieme

Vostre Eminenze, Cari fratelli vescovi, Cari fratelli e sorelle in Cristo.


1. Porgo un caloroso benvenuto ai partecipanti all'Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per il dialogo inter-religioso. Quest'anno state tenendo i vostri dibattiti in un momento particolarmente significativo nella storia di questo Consiglio. State celebrando un doppio anniversario: il venticinquesimo anniversario della pubblicazione della dichiarazione del Concilio Vaticano II "Nostra Aetate" e anche la creazione di quello che allora era conosciuto come il Segretariato per i non cristiani. Mi rallegro con voi e prego lo Spirito Santo che ha guidato la Chiesa nell'impegno sempre più profondo per il dialogo e la cooperazione con tutti coloro che adorano Dio. Allo stesso tempo, questa non è soltanto un'occasione per ricordare la vostra storia e per riflettere su tutto quello che ha avuto luogo nel mondo negli ultimi venticinque anni, ma in modo ancora più importante, per guardare nuovamente al futuro. Perché questa è la vostra prima Assemblea plenaria dalla pubblicazione della "Pastor Bonus", attraverso cui il vostro Consiglio non solo ha ricevuto un nome nuovo, ma anche un mandato rinnovato.

Permettetemi di richiamare la vostra attenzione su un passo rilevante di quel documento (art. 160): "Il Consiglio si adopera affinché si svolga in modo adeguato il dialogo con i seguaci di altre religioni, e favorisce diverse forme di rapporto con loro; promuove opportuni studi e convegni perché ne risultino la reciproca conoscenza e stima e perché, mediante un lavoro comune, siano promossi la dignità dell'uomo e i suoi valori spirituali e morali; provvedere alla formazione di coloro che si dedicano a questo tipo di dialogo".


2. Uno sguardo al mondo intorno a noi mostra che il vostro compito non ha perso nulla della sua importanza con il passare degli anni, ma che esso è ancora più importante di prima. Oggi, in ogni parte del mondo sorgono questioni che coinvolgono le relazioni tra credenti di religioni differenti. Nella nostra epoca le persone sono molto più mobili che non prima. Lasciano i villaggi e le città natie e viaggiano verso nuovi luoghi, per motivi d'educazione o di lavoro o, in molti casi, per cercare la liberazione dalla paura, dalla fame o dalla repressione. Popoli che precedentemente non hanno mai incontrato o conosciuto un altro popolo devono scoprire ora come costruire una vita pacifica e armoniosa in quelle società che, per razza, etnia, lingua e religione, sono pluralistiche nella loro composizione. La sfida che non soltanto i cristiani ma i popoli di tutte le religioni devono fronteggiare è come imparare a conoscere le altre fedi e le altre pratiche religiose, come risolvere pacificamente i conflitti, come costruire stima e rispetto tra coloro i cui modi e valori sono differenti.

La diffusione dei mezzi di comunicazione è un altro fattore che sollecita a una maggiore attenzione al dialogo. Un conflitto in una parte del mondo ha immediate ripercussioni ovunque. Cristiani e altri sono chiamati a contribuire al raggiungimento di soluzioni giuste e pacifiche. perciò, la necessità di accurate informazioni e di più approfonditi studi sulle altre religioni forma una parte dell'impegno dei cristiani nel mondo odierno. Inoltre, quando riflettiamo sulla missione della Chiesa nel far si che il nome di Dio e il suo volere siano conosciuti, amati e vissuti in ogni parte del mondo, un mondo in cui Dio è troppo spesso negato, ignorato, o reso estraneo, noi cristiani ci accorgiamo che non siamo soli di fronte a questo compito. Vi sono altre professioni religiose che, a loro modo e secondo le loro convinzioni, credono in Dio e lo pregano, si rivolgono a lui per la guida e il conforto, provano a vivere secondo la sua volontà, e costruiscono società secondo i valori che egli insegna.

Così, noi reputiamo grande ciò che ci spinge ad avvicinarci ai credenti di altre religioni come compagni nel dibattito e nella collaborazione.


3. Riflettendo sul mandato dato al vostro Consiglio venticinque anni fa e rinnovato recentemente nella "Pastor Bonus", possiamo proclamare la priorità enunciata in quel documento, ossia: "promuovere studi e convegni". L'opera centrale della vostra Assemblea plenaria corrente è lo studio delle relazioni tra il dialogo con le persone di altre religioni e l'incarico affidato da Cristo stesso di proclamare la buona novella delle azioni salvifiche del Padre. Tramite la pubblicazione di tali studi, in collaborazione con altri dipartimenti della Santa Sede e con le Conferenze episcopali in ogni parte del mondo, e arricchiti anche del contributo di molti teologi ed esperti, voi offrite un valido servizio all'intera Chiesa.

Maggiori indagini devono essere ancora fatte riguardo il rapporto tra la Chiesa e le altre religioni. Il problema di come Dio compie la salvezza di tutti coloro che lo invocano attraverso l'unica mediazione di Cristo è quello che richiede la continua attenzione della Chiesa: così l'opera dello spirito di Cristo nei membri delle altre religioni. Vi sono anche questioni teologiche e pastorali che riguardano la preghiera e l'adorazione tra i seguaci di altre religioni. Vi incoraggio nella vostra riflessione su questi temi e nei vostri sforzi per favorire studi più approfonditi su di essi negli istituti di formazione teologica.


4. Il Consiglio, comunque, non riguarda soltanto la ricerca teologica. Esso deve essere il braccio della Chiesa, e come tale, di Cristo, che si estende personalmente e amorevolmente a tutti i credenti. Il dialogo non è tanto un'idea che deve essere studiata come modo di vita in un positivo rapporto con gli altri.

Quindi è importante che voi veniate a conoscere e a capire, attraverso il contatto e l'esperienza personale, le convinzioni religiose degli altri. Questi mutui incontri possono infatti arricchire tutti coloro che vi partecipano. "La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è "via, verità e vita" (Jn 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose (cfr. 2Co 5,18-19)" (NAE 2).

Vi incoraggio a proseguire questi incontri con altri credenti nei quali discutete ed esplorate insieme questioni che richiedono l'attenzione di tutti. La trasmissione dei valori umani e spirituali alle nuove generazioni; le responsabilità e i diritti umani; le vie per sostenere la lotta dei poveri, degli affamati, degli ammalati e dei senzatetto per una vita dignitosa; la difesa della Creazione di Dio, suo primo dono all'umanità; la ricerca della pace; il richiamo alla giustizia: questi sono solo alcuni dei problemi che devono essere risolti attraverso l'incontro e la cooperazione con gli altri. In ultimo, non posso mancare di menzionare la dimensione ecumenica dell'opera del vostro Consiglio. E' vero che le relazioni con persone di altre religioni possono aiutare i cristiani a unirsi. Sono informato della vostra collaborazione con la Sotto-Unità per il dialogo del Consiglio mondiale delle Chiese e sono felice di salutare i suoi rappresentanti per vostro tramite.


5. Chiedo a Dio che vi accordi una pazienza costante nei vostri sforzi. In questo periodo pasquale, ricordiamo le lezioni della risurrezione dalla morte di Cristo: lavoriamo nella fede, viviamo nella speranza, rimanendo nel suo amore. I risultati possono non essere immediati. Non siate soddisfatti di facili soluzioni. I vostri sforzi pazienti ma saldi devono riflettere i ritmi del Giardiniere divino, che fa che il sole risplenda, dà pioggia nella stagione, e quando viene il tempo produce i frutti del suo lavoro. Che Dio benedica tutti voi!

Data: 1990-04-26

Giovedi 26 Aprile 1990

A un Congresso di Otorinolaringoiatri - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa intende contribuire a una corretta educazione sanitaria

Illustri Signori.


1. Mi è particolarmente gradito accogliervi in occasione del Congresso che la "Societas Oto-Rhino-Laryngologica Latina" ha promosso in Roma, per consentirvi di scambiare le reciproche esperienze e di approfondire lo studio delle nuove acquisizioni nella terapia delle molteplici forme patologiche, che colpiscono gli organi dell'orecchio, del naso e della gola.

Nel rivolgervi il mio saluto cordiale, non posso non ricordare il prestigioso contributo di scienza e di prassi offerto, sin dalla sua fondazione, da questa benemerita istituzione internazionale. L'importanza e la nobiltà degli organi umani, che sono oggetto del vostro studio e della vostra cura, e i progressi fatti nella conoscenza delle cause remote e prossime dei loro disturbi, che tanta influenza hanno sulle condizioni generali, fisiche e psicologiche del soggetto, sono altrettanti motivi per sostenere e incoraggiare il vostro impegno di ricerca, grazie al quale è stato possibile mettere a punto metodiche molto lusinghiere di intervento terapeutico. Né si possono dimenticare, per alcuni settori della vostra branca specifica, le applicazioni nel campo della chirurgia estetica, dalle quali viene sottolineato il prestigio della sede degli organi di cui vi occupate, il capo appunto, che è centro in cui si raccoglie la sintesi dell'individualità personale.


2. Le malattie dell'apparato uditivo, nasale e vocale assumono, oggi più che ieri, dimensioni di particolare gravità, in considerazione delle straordinarie forme di comunicazione che il progresso tecnico ha reso disponibili: di queste, infatti, non ci si può convenientemente avvalere se i corrispondenti organi umani non sono in buono stato.

Consapevole di quale decisivo impulso riceva il progresso della scienza e delle sue applicazioni terapeutiche dall'interscambio delle scoperte, dalla partecipazione delle conoscenze, dall'unione degli sforzi e delle iniziative, soprattutto a livello internazionale, mentre sono lieto di esprimere apprezzamento per questo vostro Convegno, vi esorto a proseguire sulla strada del confronto quanto più largo e aperto.

Non poche forme patologiche, relative agli organi in oggetto, sono infatti conseguenza di altre infermità, come dimostrano, ad esempio, le relazioni tra le ghiandole endocrine, il sistema neurovegetativo e l'apparato bronchiale.

Analoghe interferenze si riscontrano nella patogenesi delle manifestazioni dette allergiche, oggi tanto diffuse anche per l'influsso negativo del degrado ambientale. Non poche fra queste, per il loro ripetersi, danno origine a invalidità e provocano in chi ne soffre senso di solitudine, di isolamento e persino di emarginazione sociale. Una valutazione simile deve farsi delle conseguenze dei disturbi che attengono l'udito e il senso dell'olfatto.


3. Occorre che i grandi progressi compiuti dalla ricerca trovino forme di applicazione sempre più estese. Oggi le migliori condizioni di vita, l'apporto della medicina preventiva, curativa e riabilitativa hanno elevato, in vaste parti del mondo, l'aspettativa di vita. Accade così che un numero sempre più consistente di anziani non soltanto goda di una più lunga esistenza, ma possa anche assolvere a precisi compiti all'interno della comunità.

E' noto tuttavia che, proprio nell'età avanzata, i disturbi relativi all'apparato uditivo, nasale e vocale sono più frequenti. Ora questi disturbi possono non soltanto essere opportunamente prevenuti, ma in molti casi anche efficacemente curati. E' necessario che i responsabili della cosa pubblica, gli scienziati e gli operatori sanitari contribuiscano, ciascuno nel proprio campo, a promuovere una nuova sensibilità sociale, affinché tante persone, che soffrono di solitudine, di invalidità e di gravi limitazioni per la diminuita efficienza degli organi dell'udito, dell'olfatto e della laringe, trovino, grazie a cure adeguate, nuove possibilità di valorizzazione personale.


4. Un altro aspetto di grande interesse è il contributo che istituzioni come la vostra possono offrire per una corretta e capillare informazione circa i gravissimi danni che, sulle giovani generazioni e persino sui nascituri, provoca l'inquinamento dell'ambiente, non escluso quello acustico. Esso rischia di anticipare sensibilmente nel tempo il naturale declino delle funzioni degli organi dell'orecchio, del naso e della gola. Una errata considerazione dei progressi compiuti in questo campo dalla scienza e una visione riduttiva e strumentalizzata della medicina tendono a delegare alle terapie di intervento ciò che, in realtà, appartiene alla medicina preventiva e alla idonea educazione sanitaria. Molti gravissimi danni, infatti, potrebbero essere evitati, se più chiara, esauriente ed estesa fosse l'informazione sanitaria.

In questo campo la Chiesa intende dare il proprio concreto apporto, nella consapevolezza che, mediante il corretto uso di tutte le sue funzioni, l'essere umano, creatura privilegiata di Dio, è chiamato a realizzare pienamente se stesso secondo il misterioso e amorevole disegno del suo Creatore e Redentore.

Come non restare ammirati dinanzi alle sublimi possibilità che si dischiudono alla persona grazie a questi organi fondamentali? La Bibbia e tutta la letteratura mondiale li esaltano, poiché mediante la voce l'uomo può cantare la gloria di Dio, manifestare i più nobili sentimenti del cuore, pregare e consolare; grazie all'udito, la partecipazione si trasforma in comunione, in possibilità di raccogliere la parola dei fratelli e i suoni del creato; mentre al profumo riconducono i sentimenti e i pensieri più nobili e delicati. I limiti all'esercizio di queste facoltà manifestano, per contrasto, il loro straordinario pregio e stimolano la scienza, che ne studia natura e funzioni, a scoprire tutti gli strumenti capaci di assicurarne il pieno godimento ad ogni essere umano.

Con l'augurio che nuovi passi in tal senso possano essere fatti grazie anche a questo Congresso, invoco su tutti noi, sui vostri colleghi e collaboratori, che operano in ogni parte del mondo, l'assistenza divina, in pegno della quale vi imparto di cuore la mia benedizione.

Data: 1990-04-26

Giovedi 26 Aprile 1990

Ai nuovi diaconi del Collegio Americano del Nord - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate testimoni convincenti del potere della grazia di Dio

Cari fratelli e sorelle in Cristo.

Sono lieto di salutare i diaconi recentemente ordinati del Pontificio Collegio Americano del Nord, insieme al rettore e alla facoltà del Collegio, e i numerosi familiari e amici che sono venuti a Roma per celebrare la felice occasione dell'Ordinazione di ieri. Cari giovani: nel vostro servizio alla Chiesa, possiate trovare sempre gioia nel seguire l'esempio del Maestro, che è venuto "non per essere servito ma per servire" (Mt 20,28), e che liberamente scelse, nell'obbedienza amorevole alla volontà del Padre, di dare la sua vita per la salvezza del mondo. Assicurandovi delle mie sentite preghiere per la fecondità del ministero che vi è stato affidato, raccomando tutti voi, con le parole dell'apostolo Paolo, "a Dio e alla parola della sua grazia che ha il potere di edificare e di concedere l'eredità con tutti i santificati" (Ac 20,32).

Negli anni che avete dedicato a percepire la vostra vocazione, ognuno di voi è venuto a conoscere qualcosa dell'immensa potenza della parola di Dio nel portare saggezza, forza e pace ai cuori umani. Nelle vostre predicazioni e nel vostro servizio pastorale al popolo di Dio, vi prego di essere sempre testimoni convincenti del potere della sua grazia che reca sollievo e pace. Cosa di meglio potete rendere al Signore, per tutto ciò che egli vi ha dato, se non dividere generosamente con altri ciò che voi stessi avete ricevuto (cfr. 1P 4,10). Inoltre desidero esprimere in modo particolare ai genitori e ai familiari dei nuovi diaconi la gratitudine della Chiesa per la testimonianza della loro fede, che ha contribuito non poco alla gioia di questi giorni. Possa Dio ricompensare tutti voi per i sacrifici che avete fatto in favore dei vostri figli e dei vostri fratelli, e per l'incoraggiamento e il sostegno che gli darete nel loro sforzo di essere ministri fedeli della Chiesa e predicatori della parola di vita. Affidando ognuno di voi alle preghiere e all'amorevole protezione della benedetta Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, cordialmente imparto la mia benedizione apostolica, che volentieri estendo a tutti i membri delle vostre famiglie che sono a casa.

Data: 1990-04-27

Venerdi 27 Aprile 1990

Al presidente del Portogallo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il rischio della neutralità

Signor presidente.


1. Nel darle il benvenuto, desidero salutare con cordialità tutto il caro popolo portoghese nella persona di sua eccellenza, della signora sua consorte e del distinto seguito che la accompagna in questa visita ufficiale al successore di Pietro. E' ben noto che la casa del vescovo di Roma è sempre aperta ai rappresentanti di tutti i Popoli. Ma gesti come questo si rivestono sempre di importanza. Questa visita ha un valore particolare perché si tratta del più alto rappresentante di una Nazione a maggioranza cattolica, e perché si tratta di un Paese dell'Europa proprio in un momento di profondi cambiamenti sia a livello nazionale che nel contesto del Continente. Nel corso dei secoli, la Chiesa in Portogallo svolgendo la sua missione ha saputo conservare l'integrità della fede cristiana, condividendo le vicissitudini di questo nobile popolo, come prudente custode, promotrice e garante di quei valori morali e culturali che, in un certo modo, hanno plasmato l'identità della Nazione.


2. I cordiali rapporti che esistono oggi tra la Santa Sede e il Portogallo durano da secoli, come ho sottolineato in altre occasioni. Il mio cuore, nel quale vive una profonda gratitudine, non mi permette di lasciar passare sotto silenzio quel particolare momento in cui essi si sono ben espressi: la mia visita pastorale alla nobile Nazione portoghese nel 1982. Questi buoni rapporti si fondano, inoltre, sugli accordi concordatari vigenti, il cui cinquantenario si celebra quest'anno.

Nel Portogallo, come negli altri Paesi, attraverso i rapporti ufficiali viene facilitata la missione di servizio della Chiesa che è anche servizio a ogni uomo nella sua interezza. Il diritto e il dovere di tutti i cittadini di partecipare al bene comune presuppongono e devono manifestare una coscienza retta e illuminata, quanto alla diversità e alla complementarità di forme, livelli e funzioni, con la quale ognuno deve dimostrarsi veramente responsabile di tutti. La Chiesa, con la sua dottrina sociale, vuole, precisamente aiutare a formare le coscienze, rinsaldando le basi morali e spirituali della società; vuole indicare vie, perché tutta l'attività umana rifletta la dignità e la nobiltà dell'uomo e progredisca in sintonia con le esigenze e le direttive di un'etica umana e cristiana.


3. Mi è gradito, signor presidente, inquadrare questa storica visita nel contesto delle commemorazioni per i centenari delle scoperte portoghesi: quello che voi avete già chiamato "l'incontro dei mondi", ora commemorato per ricordare il passato, celebrare il presente e proiettare il futuro. Tutto ciò può avere grande importanza in un periodo di cambiamenti iniziato quindici anni fa con avvenimenti ben noti. Non ultimo tra questi fu quello chiamato generalmente "decolonizzazione" di vasti territori finora vincolati alla Nazione portoghese. La Sede apostolica ha seguito con vivo interesse il processo di rinnovamento e l'acquisizione di una nuova posizione del Portogallo nell'Europa, che si stende dall'oceano Atlantico fino agli Urali. La muove sempre il desiderio sincero di favorire le iniziative che possono proteggere e armonizzare i diritti e i doveri delle persone e dei popoli e consolidare la pace. Sottolineo, ancora, con soddisfazione, la disponibilità dello Stato portoghese, soprattutto negli ultimi tempi, nei confronti della missione della Chiesa come annuncio, sacramento e punto di riferimento della salvezza di Dio offerta agli uomini.


4. Possa durare questa buona intesa, perché continui a realizzarsi la concreta affermazione della Chiesa nella vita della comunità nazionale; perché ci siano spazi di libertà effettivi, che permettano ai fedeli cattolici di contribuire, come possono e devono, alla creazione e trasmissione della cultura, così come la concepisce il Concilio Vaticano II (cfr. GS 53). Questo costituisce, soprattutto nei nostri giorni, uno dei compiti maggiori della convivenza umana e del progresso sociale. La cultura - che è testimonianza sempre in divenire e che si arricchisce delle nuove esperienze del percorso fatto da questo popolo nel suo cammino storico - è bene comune di ogni popolo, e allo stesso tempo espressione della sua dignità, libertà e creatività. Di fronte al fenomeno della "cultura scientifica e tecnologica", incapace in se stessa di dare una risposta alla pressante ricerca della verità e del bene che rende inquieto il cuore umano; di fronte al tentativo di prevalere di una cultura che sembra separata dalla trascendenza, relegando la religione al dominio delle sovrastrutture, la Chiesa ha la chiara e piena coscienza di dover inserire la sua proposta in questo vasto ambito, rendendo presente la forza del Vangelo (cfr. EN 18-20). Sapendo di essere collaboratrice spirituale, presente e attiva nelle diverse aree della società, la Chiesa non chiede privilegi, e non ignora che il suo messaggio è "trasportato" nei luoghi di creazione e trasmissione della cultura in "vasi di argilla". Tuttavia anche nel Portogallo la Chiesa vorrebbe servire di più l'uomo, affinché egli trovi un accesso meno arduo e ostacolato a questi "luoghi", soprattutto nel mondo dell'istruzione a tutti i livelli, dei mezzi di comunicazione sociale e della famiglia, cellula fondamentale della società. La Chiesa vorrebbe contribuire alla solidità della gerarchia dei valori nelle menti e nei cuori delle persone così come nell'opinione pubblica.


5. In effetti, a forza di sentir diffondere il valore di una certa libertà si può perdere il senso dell'uomo nella sua totalità: dell'uomo essere sociale; della persona umana con la sua naturale e strutturale apertura alla trascendenza, e con la sua sublime vocazione a vivere in comunione con Dio e con gli altri. Per quanto riguarda l'irrinunciabile rapporto con Dio, Creatore e Padre comune - rapporto che interpella tutti - si rischia una specie di neutralità, con la scusa di vivere "l'espressione massima della libertà", il diritto di essere "laico". Per tutto ciò giustamente si cercano in Portogallo le vie per lanciare e suscitare un rinnovato impegno nell'educare alla pratica responsabile della libertà e nel favorirla per la partecipazione a uno sviluppo che a tutti offra un livello di vita veramente umano, dal punto di vista materiale, sociale, culturale e spirituale; vie per promuovere la civiltà del lavoro, perché il lavoro è sempre la chiave di tutta la questione sociale (cfr. LE 3); vie, infine, per incrementare quell'esigenza diretta della fraternità umana che è la solidarietà: a tutti i livelli, tra le persone e le istituzioni, compreso lo Stato.


6. C'è pero un'altra dimensione più ampia della solidarietà - come ho spiegato nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" (SRS 39) - che si basa sull'uguaglianza fondamentale di tutti i popoli e sul necessario rispetto delle legittime differenze. Questo deve portare a "vedere "l'altro" - persona, popolo o Nazione - non come uno strumento qualsiasi..., ma come un nostro "simile", un "aiuto" (cfr. Gn 2,18-20), da rendere partecipe, al pari di noi, del banchetto della vita, a cui tutti gli uomini sono egualmente invitati da Dio". Nel caso del Portogallo, la decolonizzazione lo ha messo di fronte a nuove prospettive: come "soggetto" di solidarietà, nell'ambito della Comunità Europea; e come fautore di solidarietà soprattutto nei confronti dei popoli indipendenti, che continuano a parlare la lingua portoghese e si trovano in un momento impegnativo e delicato, nello sforzo di affermarsi come vere nazioni.

La genuina solidarietà, come si sa, esige dal Portogallo che le buone relazioni con questi Paesi si rendano concrete nella collaborazione; che vadano oltre la vaga compassione per i mali sofferti da tante persone; e che si traducano in una collaborazione proficua e perseverante nel contribuire al suo bene maggiore, tenendo sempre presente che tutti noi siamo veramente responsabili di tutti. Si, siamo veramente responsabili per questi popoli, che desiderano la pace, la libertà civile e religiosa; popoli che hanno bisogno di essere aiutati nel loro sviluppo umano, sociale e culturale. Signor presidente, so che il suo nobile Paese già cerca di mettere in pratica questo, come Nazione solidale e membro della Comunità Europea. Mi auguro che possa incrementare e far fruttificare questa collaborazione. Come ho già detto, da quasi dieci anni, in circostanza analoga, sussiste da parte del Portogallo un impegno di continuità storica con le sue origini, che si deve dimostrare nella corresponsabilità per il bene comune dei popoli di quei territori di recente indipendenza e nei confronti di tutta la famiglia umana.

In questo momento, nel riaffermare la stima verso la sua nobile Nazione da parte della Sede apostolica e il suo interesse per il bene maggiore di tutti i portoghesi in un progresso sicuro e in una crescente prosperità, faccio i migliori auguri anche a sua eccellenza. E imploro l'assistenza dell'Altissimo, perché il Portogallo continui a essere edificato come spazio umano, fraterno e cristiano, in cui tutti i cittadini si sentano felici e si lascino illuminare dagli autentici valori del suo patrimonio culturale vivendo con pienezza la storia personale, solidali tra loro e con tutti gli uomini, con la benedizione di Dio onnipotente.

Data: 1990-04-27

Venerdi 27 Aprile 1990

Al Simposio nel centenario della morte del card. Newman - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il mistero della Chiesa, il grande amore del John Henry Newman

Eminenze, Eccellenze, Fratelli e sorelle in Cristo,


1. Sono molto felice che questo incontro mi consenta in un certo senso di partecipare al Simposio Accademico che la Comunità Internazionale "The Work" (Il Lavoro) e il "Centre of Newman Friends" (Centro degli amici di Newman) hanno organizzato per commemorare il centenario della morte dell'illustre Cardinale John Henry Newman. Porgo il benvenuto a tutti voi e vi ringrazio perché attraverso la vostra celebrazione richiamate l'attenzione sul posto speciale che il grande Cardinale inglese ha occupato nella storia della Chiesa. I cento anni trascorsi dalla sua morte non hanno diminuito affatto l'importanza di questa figura straordinaria, le cui idee hanno un valore particolare ai nostri giorni. Il tema del vostro Simposio "John Henry Newman - Amante della Verità", sottolinea la ragione principale per cui la vita e gli scritti di Newman continuano ad attirare.

La sua è stata una continua ricerca di quella verità, che sola può rendere l'uomo libero (cfr. Jn 8,32).


2. In questo breve incontro posso accennare soltanto ad alcune delle molte lezioni che Newman dà alla Chiesa e al mondo della cultura. Vorrei sottolineare l'ispirazione che gli studiosi e gli attenti lettori di Newman continuano a trarre oggi dal suo pellegrinaggio verso la verità. Il vostro Simposio ed altre simili celebrazioni durante l'anno del centenario, offrono l'occasione per un più approfondito apprezzamento del carisma di Newman. Non ultimo tra i suoi meriti, egli ci ricorda la necessità di una disponibilità interiore all'amorevole obbedienza a Dio, se la società contemporanea vuole avere successo nel perseguimento della piena verità che ci rende liberi, di cui ha urgente necessità, e di cui sa di aver bisogno.

Sin dal momento della sua prima "grazia di conversione", all'età di quindici anni, Newman non ha mai perso il suo senso della presenza di Dio, il suo rispetto per la verità rivelata e la sua sete di santità di vita. Nel periodo in cui è vissuto, l'esempio della sua singolare pietà ed integrità era tenuto in grande considerazione in tutta l'Inghilterra, sia dai cattolici che dagli anglicani. La sua reputazione di uomo di profonda spiritualità, come pure di studioso, è stata uno dei principali motivi che hanno ispirato i laici inglesi a sottoporre una petizione a Papa Leone XIII affinché elevasse al Collegio cardinalizio il fondatore dell'Oratorio Inglese (cfr. Letters and Diaries of John Henry Newman, XXIX, Oxford 1961ss, p. 85).


3. Il pellegrinaggio intellettuale e spirituale di Newman è stata la risposta più ardente ad una luce interiore di cui egli sembrava sempre consapevole, la luce che la coscienza proietta su tutti gli impulsi e gli sforzi della vita. Per Newman, la coscienza era "un messaggero di Lui, che, in natura e in grazia, ci parla dietro un velo" (Difficulties of Anglicans, Westminster, Md., II p. 248). Ciò lo portava inevitabilmente all'obbedienza all'autorità della Chiesa, prima nella comunione anglicana, e successivamente come cattolico. Le sue prediche e i suoi scritti riflettono la sua esperienza vissuta. così egli può insegnare ai suoi ascoltatori: "Esaminate i vostri pensieri e le vostre azioni; cercate quel che sapete essere la volontà di Dio, e sicuramente sarete condotti alla pienezza della verità: riconoscerete la forza, il significato e la tremenda bellezza del Credo del Vangelo..." (Parochial and Plain Sermons, VIII, p. 120).

Newman non cercava il successo del mondo per amore di sé, né lasciava che i malintesi che spesso accompagnavano i suoi sforzi lo distraessero dalla ricerca della vera santità, che era sempre il suo obbiettivo cosciente. Egli ebbe grande influenza e autorità per tutta la sua vita, ma non per gli incarichi che ricopriva, bensi per la personalità umana e spirituale che rifletteva.


4. Il dramma interiore che segno la sua lunga vita ruoto intorno alla questione della santità e unione con Cristo. Il suo desiderio più ardente era di conoscere e fare volontà di Dio. Per questo, in un tempo di intenso travaglio spirituale, prima di ritirarsi a pregare sulla sua decisione di entrare nella Chiesa cattolica, egli chiese ai suoi parrocchiani di Littlemore: "Ricordatevi di lui nei giorni che verranno, anche se non ne sentirete parlare, e pregate per lui, perché egli sappia discernere in ogni cosa la volontà di Dio, e in ogni momento egli sia pronto a compierla" (Sermons bearing on Subjects of the Day, Westminster, Md. 1968, p. 409).

Questo ideale lo sostenne nell'ora difficile in cui tanto soffri nel lasciare l'amata e familiare Chiesa d'Inghilterra per entrare nella Chiesa cattolica. La sua fedeltà motivata alla via su cui la Provvidenza di Dio l'aveva condotto, rese questa esperienza - quelli che egli chiamo gli "anni nascosti" della sua vita - una fonte di incoraggiamento e di ispirazione per molti che stavano cercando un "porto dopo aver attraversato il mare in tempesta" (Apologia pro Vita Sua, Londra 1888, p. 238). Con lettere di orientamento spirituale e consigli, egli ha aiutato innumerevoli altre persone lungo il cammino della verità che egli stesso aveva trovato e che lo aveva riempito di tanta gioia. L'influenza di Newman in questo senso è aumentata nel corso degli ultimi cent'anni e non è più circoscritta alla sola Inghilterra. In tutto il mondo vi sono persone che affermano che questo maestro dello spirito con le sue parole, con il suo esempio, con la sua intercessione, è stato uno strumento della divina Provvidenza nelle loro vite.


5. Nel clima culturale contemporaneo, con particolare riferimento all'Europa, c'è una parte del pensiero di Newman che merita una attenzione particolare. Mi riferisco all'unità che egli sosteneva tra la teologia e la scienza, tra il mondo della fede e il mondo della ragione. Egli proponeva che lo studio non mancasse di unità, ma si fondasse su una visione totale. perciò egli concludeva i suoi discorsi dinanzi all'Università di Dublino con queste straordinarie parole: "Vorrei che l'intelletto si espandesse con la massima libertà, e che la religione godesse di un'eguale libertà, ma ciò che io ritengo è che essi dovrebbero collocarsi nel medesimo posto ed esemplificarsi nelle stesse persone" (Sermons Preached on Various Occasions, Londra 1904, p. 13).

In questo momento di cambiamento della cultura europea, non indica forse Newman l'essenziale contributo cristiano alla costruzione di una nuova era fondata su una verità più profonda e valori più alti? Egli scrisse: "Vorrei distruggere quella diversità di centri, che fa tutto confondere perché crea antagonismi di influenze. Vorrei che gli stessi posti e le stesse persone siano allo stesso tempo oracoli di filosofia e santuari di devozione..." (ibidem). In questo quadro, il cammino che la Chiesa deve seguire è succintamente espresso dal Cardinale inglese nel modo seguente: "La Chiesa non ha paura della conoscenza, ma essa purifica tutto; essa non soffoca alcun elemento della nostra natura, ma coltiva il tutto" (The Idea of a University, Westminster, Md., p. 234).


6. Un altro aspetto del cammino spirituale di Newman risulta particolarmente importante alla luce del Concilio Vaticano Secondo. E' proprio a causa del Concilio che sentiamo in Newman un nostro autentico contemporaneo spirituale. Il mistero della Chiesa è sempre stato il grande amore della vita di John Henry Newman. E qui troviamo un'altra profonda lezione per il presente. Gli scritti di Newman delineano un quadro estremamente chiaro del suo incrollabile amore per la Chiesa quale incessante effusione dell'amore di Dio per l'uomo in ogni fase della storia. La sua era un'autentica visione spirituale, in grado di accorgersi di tutte le debolezze presenti nel tessuto umano della Chiesa, ma ugualmente certa della sua percezione del mistero nascosto oltre il nostro sguardo materiale. Che la sua memoria ci ispiri a far nostra l'espressiva preghiera che sgorgava così naturale dal suo cuore: "Fa che io non dimentichi mai che Tu hai stabilito in terra un regno che è Tuo, che la Chiesa è opera Tua, da Te stabilita, il Tuo strumento; che noi siamo soggetti alle Tue regole, alle Tue leggi, al Tuo sguardo - che quando la Chiesa parla, sei Tu che parli. Fa che la conoscenza di questa meravigliosa verità non mi renda insensibile nei suoi confronti - fa che la debolezza dei Tuoi umani rappresentanti non mi faccia dimenticare che sei Tu che parli e agisci attraverso di loro" (Meditations and Devotions, Westminster, Md., pp. 378-379).


7. Che questi stessi sentimenti riempiano tutti i nostri cuori mentre commemoriamo questo eminente uomo di Chiesa. In tutta l'esperienza di Newman sentiamo l'eco delle parole di Gesù a Nicodemo: "Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio" (Jn 3,21). Spero che il vostro Simposio ispiri ulteriori studi che mettano ancor più in evidenza l'importanza e il rilievo di questo "Amante della Verità" nei nostri tempi.

Su di voi e sugli studiosi e gli amici di Newman, invoco la luce dello Spirito Santo affinché, attraverso i vostri sforzi, gli insegnamenti di questo grande Cardinale inglese vengano meglio conosciuti e apprezzati. Vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1990-04-27

Venerdi 27 Aprile 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Lettera al card. Marco Cè - Città del Vaticano (Roma)