GPII 1990 Insegnamenti - All'equipaggio del sottomarino australiano "Oxley" - Rispetto e stima per tutti i popoli

All'equipaggio del sottomarino australiano "Oxley" - Rispetto e stima per tutti i popoli


Cari amici.

Sono felice di accogliere gli ufficiali e gli uomini del HMAS Oxley in occasione della vostra visita nel Mediterraneo per il 75° anniversario dello sbarco delle Forze australiane e neozelandesi a Gallipoli. In questo evento mi unisco a voi nel raccomandare all'Altissimo i coraggiosi uomini che persero la loro vita in azioni militari sulle coste della Turchia. Rendendo onore alla loro memoria richiamo alla mente la tragedia della prima guerra mondiale, e la morte e la distruzione massicce che essa ha portato a gran parte del mondo.

Sfortunatamente gli eventi di quegli anni erano soltanto l'inizio di un secolo che vide ancor più sofferenza e spargimento di sangue come risultato della guerra dell'oppressione e della persecuzione. Mentre si avvicina la fine di questo secolo, so che voi e i vostri connazionali, insieme a tutte le persone di buona volontà, vi unite a me nell'opera e nella preghiera per la pace. Questo è il più grande tributo che può essere pagato a coloro che morirono settantacinque anni fa nella convinzione di difendere il loro Paese e i propri cari. Oggi invito ognuno di voi a rendere un contributo personale alla pace del mondo facendovi promotori del rispetto e della stima per tutti i popoli, soprattutto quelli poveri e oppressi, e sostenendo la cooperazione e il dialogo allo scopo di evitare conflitti. In questo modo porterete la testimonianza delle migliori tradizioni e valori australiani per i quali gli uomini diedero la loro vita a Gallipoli. Le mie preghiere vi accompagnino nel vostro lungo viaggio verso la patria.

Che Dio benedica voi e i vostri cari con doni di gioia e di pace.

Data: 1990-05-05

Sabato 5 Maggio 1990


Ai vescovi delle Antille in visita "ad limina" - La vera formazione assicura e rafforza la fede della Chiesa


Cari fratelli vescovi.

E' con grande gioia e con l'affetto nel Signore che accolgo i membri della Conferenza episcopale delle Antille in occasione della vostra visita "ad limina". Tramite voi estendo i miei saluti di cuore a tutto il clero, ai religiosi e ai laici delle Antille. Dal nostro ultimo incontro ho avuto il piacere di aggiungere Trinidad e Tobago nel 1985, e Santa Lucia nel 1986 ai paesi che ho visitato nella vostra regione. Ora attendo con impazienza l'occasione di essere a Curaçao, e il giorno in cui potro fare visite ancor più lontane in risposta ai gentili inviti che ho ricevuto. Il mio speciale benvenuto va al vescovo Rivas della nuova diocesi di Kingstown, che solo recentemente ha preso posto tra le Chiese locali rappresentate nella vostra Conferenza. Il Concilio Vaticano II ci dice che la Chiesa nata nella Pentecoste "in tutte le lingue si esprime e tutte le lingue nell'amore intende e abbraccia, vincendo così la dispersione babelica" (AGD 4). Ciò si riflette in maniera sorprendente nella cooperazione e nell'armonia della vostra Conferenza episcopale che raccoglie molti territori con diversità di razza, lingua e cultura. E' conveniente che voi diate questo esempio di solidarietà ecclesiale, che può servire come incoraggiamento per i popoli delle Antille a lavorare insieme anche su altri livelli - sia politici che sociali o economici - per il bene di tutti. La vostra visita attuale coincide felicemente con il 15° anniversario dell'approvazione definitiva degli Statuti della vostra Conferenza, concessa alcuni anni dopo la sua costituzione come una delle prime Conferenze internazionali di questo tipo. Confido che continuerete ad essere un efficace strumento per il piano e l'azione pastorale degli anni a venire.


2. Cari fratelli, nel Vangelo troviamo parabole che paragonano l'azione di Dio al processo della natura. Il suo regno è come un seme piantato nella terra (cfr. Mt 13). Se è ben nutrito e curato, produce un abbondante raccolto; se trascurato o calpestato, esso non porta frutto. Questa legge di vita e di crescita si applica a tutto il Corpo di Cristo e a ognuno dei suoi membri. L'opera dello Spirito Santo fra noi è potente, ma essa si rivela con la cooperazione degli esseri umani che, come Maria nell'annunciazione, acconsentono ad essere servitori dell'azione salvifica di Dio. Assistiti dallo Spirito, i cristiani si impegnano in una lotta costante per cacciare il peccato e credere nel Vangelo, per crescere nella santità attraverso il dono sempre più perfetto di sé, per vivere nella fede, nella speranza e nell'amore come segni della salvezza per gli altri. Il seme buono si riconosce dai frutti, che sono pazientemente coltivati e raccolti nella durata della vita.

Come Sposa di Cristo, la Chiesa conferisce un'origine spirituale al popolo di Dio attraverso la potenza dello Spirito Santo. Nutre i suoi figli e le sue figlie con i sacramenti e predica la parola di Verità così che questi possano essere veramente liberi (cfr. Jn 8,31). Essa cerca sempre di approfondire e rafforzare il dono della fede di coloro che l'hanno ricevuto, così che possano trasformare il mondo attraverso il vivere cristiano. Potete essere giustamente fieri del modo in cui "il buon seme" del Vangelo sta portando frutto nelle Antille, grazie alla carità pastorale del clero, alla testimonianza apostolica dei religiosi e delle religiose, e all'impegno dei laici. Voi state cercando modi per assicurare che questa fede cresca più profondamente e si rafforzi nella vita e nella missione della Chiesa.

Sono felice di prendere nota dell'Assemblea regionale sulla missione del laicato che si terrà questa estate e del piano pastorale di evangelizzazione adottato dall'arcidiocesi di Castries per gli anni Novanta. Sono certo che questo sforzo, così come i sinodi che si sono tenuti nelle diocesi di Belize City-Belmopan, di Saint John's Basseterre, e di Basse-Terre et Pointe-à-Pitre, costituirà un valido aiuto nel far emergere un rinnovamento della fede e della missione all'interno delle vostre Chiese locali. Né posso esimermi dal menzionare a questo riguardo le varie assemblee diocesane che si sono tenute ovunque nelle Antille.


3. In che modo il popolo di Dio viene preparato a vivere una vita cristiana e ad evangelizzare? Nell'assumere i loro doveri cristiani nel mondo, le persone hanno bisogno di afferrare i contenuti della fede. Secondo le parole di san Pietro, esse devono "essere sempre pronte a rispondere a chiunque domandi ragione della speranza che è in loro" (cfr. 1P 3,15). Ciò è essenziale in un momento in cui varie sette, talvolta usando mezzi indegni, disturbano i cattolici nelle loro convinzioni, specialmente quando la loro istruzione nella fede è limitata. Una solida formazione, impartita con fiducia nella grazia divina e con fedeltà a Cristo e al Vangelo, assicura che la fede della Chiesa venga salvaguardata, rafforzata ed estesa.

Alcuni aspetti di questa formazione meritano un particolare accenno. Per esempio grande importanza deve essere attribuita al mistero della comunione ecclesiale in e attraverso i vescovi diocesani e con il vescovo di Roma, il successore di Pietro. E' soltanto nella prospettiva della "communio" che gli sforzi autentici per l'ecumenismo cristiano e per il dialogo con le persone di altre religioni possono essere correttamente intesi e ricercati con onestà e serietà, evitando quegli atti che trascurano di rivolgersi alle reali diversità.

Né possiamo dimenticare il ruolo dell'insegnamento sociale della Chiesa nel processo di formazione. Come le popolazioni delle Antille ricercano una società più giusta e pacifica, i cattolici possono diventare un corpo di insegnamento che offra una visione stimolante e ispiratrice dell'autentico progresso umano, del valore del lavoro, e della dignità e dei diritti di ogni persona.

La formazione nella fede deve essere radicata nella preghiera personale e nei sacramenti, soprattutto nell'Eucaristia, "fonte e apice di tutta la vita cristiana" (LG 11). Senza questa giusta fonte la crescita spirituale è stentata e manca di fiorire nella santità come dovrebbe. Perché l'Eucaristia sia ricevuta degnamente, occorre dare importanza al sacramento della Penitenza. La catechesi sull'intima relazione di questi due sacramenti è data quando nell'infanzia la prima Confessione precede propriamente la prima Comunione. La riluttanza che le persone talvolta sentono a confessare i propri peccati pone oggi una sfida particolare per il rinnovamento di questo sacramento, ma è una sfida che la Chiesa non può ignorare se desidera che i suoi membri siano riconciliati con Dio nella maniera che Cristo ha stabilito come dono grande e verità sacra: "Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,22).

Anche il matrimonio e la vita familiare sono una vostra preoccupazione di cui io sono partecipe, soprattutto riguardo alle unioni non-sacramentali tra alcuni dei vostri fedeli. Se manca la grazia del sacramento, allora la "Chiesa domestica" della famiglia non si stabilisce come dovrebbe essere. L'unione tra marito e moglie "nel Signore" fonda una casa in cui i principi del vivere cristiano possono essere pienamente vissuti e condivisi. E' all'interno di questa "culla" della vita e dell'amore umani che le persone imparano il vero significato della libertà e della responsabilità, e sono così pronte ad ascoltare e abbracciare la chiamata di Cristo a servire gli altri attraverso una vocazione particolare. Vi incoraggio nel proseguire la sfida al vostro popolo a vivere in accordo con l'insegnamento cristiano su questi che sono i fondamentali rapporti umani. Vi offro anche ogni incoraggiamento per l'istituzione di programmi volti a rafforzare il matrimonio e la famiglia nelle vostre Diocesi.

Come i pastori di ogni parte del mondo, anche voi siete preoccupati del bene spirituale delle giovani generazioni. Anch'esse devono essere risvegliate e preparate per la missione evangelizzatrice nella Chiesa e nel mondo. Nelle Antille c'è una lunga tradizione dell'educazione cattolica, è largamente rispettata e stimata. Possa questa tradizione continuare, così che le nuove generazioni di cattolici ricevano solide basi su cui costruire la loro vita in accordo con il Vangelo. E che quelli che sono al di fuori delle scuole e delle università cattoliche possano, allo stesso modo, trovare un'istruzione e un'assistenza ecclesiali per una vita di fede e virtù cristiane.


4. La conoscenza della fede, la vita sacramentale, il senso della missione: questi sono gli aspetti fondamentali della formazione dei laici. Ma perché si realizzino questi scopi l'attenzione deve essere rivolta al numero e alla qualità dei sacerdoti che "sotto l'autorità del vescovo, santificano e governano la porzione di gregge del Signore loro affidata" (LG 28), e ai religiosi e alle religiose che, attraverso la loro speciale consacrazione, "tendono alla perfezione della carità nel servizio del Regno di Dio" (CIC 573). I sacerdoti e i religiosi non solo ricordano ai laici la loro missione, ma li assistono anche nella loro formazione e li incoraggiano nel loro ruolo all'interno della Chiesa e del mondo.

La Chiesa nelle Antille è molto benedetta per aver avuto una lunga schiera di zelanti sacerdoti e religiosi che sono venuti come missionari da altri Paesi.

Oggi, mentre le radici della Chiesa attecchiscono sempre più profondamente, c'è un numero crescente di vocazioni tra i figli e le figlie delle popolazioni locali, e per questo dobbiamo essere immensamente grati a Dio. Preghiamo anche che egli ci conceda una crescita ancora maggiore, soprattutto delle vocazioni alla vita monastica. In questo periodo di transizione, sia i missionari che il clero e i religiosi che qui sono nati sono importanti per la vitalità di molte delle vostre diocesi. Tutti i gruppi contribuiscono alla costruzione di quella Chiesa che "tutte le lingue nell'amore intende e abbraccia" (AGD 4), senza distinzione di nazione, razza o cultura.

Perché la crescita delle vocazioni al sacerdozio sia veramente fruttuosa per la Chiesa, il seme della chiamata divina deve essere nutrito con grande amore e cura. Ai nostri giorni la formazione sacerdotale è così cruciale da essere scelta come argomento del Sinodo dei vescovi che si terrà il prossimo ottobre. La formazione è innanzitutto opera dello Spirito Santo, ma essa ha luogo all'interno di un contesto umano a cui deve essere provveduto con tutta la saggezza e la prudenza. Vi chiedo di continuare i vostri sforzi unitari per potenziare il programma di formazione al Seminario maggiore regionale a Trinidad. La nomina di uno di voi, il vescovo Mendes, come nuovo rettore è un segno commovente del vostro impegno per questo urgente problema, e a lui desidero offrire ogni incoraggiamento nel suo lavoro. Ho già parlato dell'importanza della comunione ecclesiale.

I futuri sacerdoti, in particolare, hanno bisogno di approfondire il loro senso della "communio", intesa in tutte le sue dimensioni, al tempo stesso dottrinale e disciplinare, grazie a una vita spirituale di qualità e a seri studi.

Questo è assolutamente essenziale per rinsaldare gli altri nella comunione e vivere essi stessi, con gioia e fedeltà, con "l'obbedienza e il rispetto" promessi al vescovo il giorno dell'ordinazione; per predicare la fede della Chiesa, senza compromessi né deviazioni, ai cattolici come ai non cattolici; per celebrare i santi misteri secondo le norme liturgiche.

La sollecitudine della Chiesa nei confronti della vita e del ministero dei preti diocesani si estende anche ai religiosi e alle religiose, che hanno offerto la propria vita al Signore per servire la Chiesa con i voti di castità, povertà e obbedienza. La fecondità spirituale della loro testimonianza dipende dalla fedeltà con cui osservano gli obblighi della loro condizione, sia nella loro vita interiore sia nell'indispensabile espressione esterna della loro consacrazione e identità. Perché i religiosi delle vostre diocesi diano il meglio di sé nel servizio ecclesiale, sarà vostra preoccupazione incoraggiarli e aiutarli a vivere in perfetta armonia con la loro particolare vocazione e con il carisma proprio di ogni comunità. Sono certo che aumenteranno i rapporti già ottimi che intrattenete con i diversi Istituti religiosi che apportano un importantissimo contributo alla vita delle vostre Chiese particolari.


5. Cari fratelli, come ci insegna il Signore stesso, "il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo" (Mt 13,24). Nonostante le spine, la terra piena di pietre e il sole infuocato, la Chiesa nutre il seme del regno perché esso, per la potenza dello Spirito Santo, produca frutto in ragione di trenta, sessanta e cento ciascuno. Il vescovo di Roma si sente vicino a ognuno di voi nello svolgimento della vostra missione, in comunione con i sacerdoti, i religiosi e i fedeli laici, per la salvezza del mondo.

Che il Signore delle messi sia con voi! Che egli guidi i vostri passi e vi doni la gioia e la pace! Su voi tutti imparto di gran cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1990-05-05

Sabato 5 Maggio 1990

Recita del santo Rosario - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In comunione con i fedeli riuniti a Guadalupe, in Messico

Amatissimi fratelli e sorelle.

Apprestiamoci a recitare il santo Rosario in questo primo sabato del mese di maggio, dedicato in modo particolare alla santissima Vergine. Con la Radio Vaticana è collegata oggi la Basilica di Nostra Signora di Guadalupe in Messico dove numerosi fedeli potranno unirsi alla nostra preghiera mariana proprio alla vigilia della mia seconda visita pastorale in questa amata Nazione. Mancano poche ore prima che possa di nuovo mettere piede in questa nobile terra meta del mio primo viaggio apostolico, e che mi permetterà di inginocchiarmi ancora una volta ai piedi della Vergine di Guadalupe. Questa sera mi accompagna un folto gruppo di messicani, tra i quali gli alunni del Pontificio Collegio Messicano e i Legionari di Cristo. Invito tutti a pregare per il popolo messicano in particolare per quelli che soffrono, e per i più bisognosi, allo stesso tempo invio da qui il mio affettuoso saluto e abbraccio nel Signore. Preghiamo Nostra Signora di Guadalupe affinché guidi sempre i passi di questo Papa pellegrino per le strade del mondo, e affinché tutte le comunità ecclesiastiche del Messico vivano questo nuovo incontro con il successore di Pietro, aperti alla chiamata della nuova evangelizzazione.

Data: 1990-05-05

Sabato 5 Maggio 1990

Al benvenuto all'aeroporto - Città del Messico (Messico)

Titolo: Costruire una società più giusta, fraterna e accogliente

Signor Presidente degli Stati Uniti del Messico, Diletti fratelli nell'Episcopato, Autorità civili e militari, Fratelli e sorelle amatissimi,


1. Nel mettere nuovamente piede su questa terra benedetta del Messico, dove la Vergine di Guadalupe pose il suo trono come Regina delle Americhe, ritorna inevitabilmente alla mia memoria il ricordo della mia prima visita in questa amata Nazione.

Il Signore, padrone della storia e dei nostri destini, ha stabilito che il mio pontificato fosse quello di un Papa pellegrino dell'evangelizzazione, per percorrere le vie del mondo portando in ogni luogo il messaggio di salvezza. E il Signore ha voluto che il mio pellegrinaggio, svoltosi durante tutti questi anni, iniziasse proprio con il mio viaggio apostolico in Messico, dopo una breve sosta nella città di Santo Domingo, per seguire così la via dei primi evangelizzatori che giunsero nelle terre d'America, quasi 500 anni fa.

Posso dire che quella prima visita pastorale in Messico, con le sue tappe in questa Città capitale e poi, a Puebla, Guadalajara, Oaxaca e Monterrey, segno realmente il mio pontificato facendomi sentire la vocazione del Papa pellegrino, missionario.


2. Saluto anzitutto-il Signor Presidente della Repubblica, che mi ha appena ricevuto, in nome anche del Governo e del popolo di questa cara Nazione. Sento per questo il dovere di manifestare la mia più viva gratitudine per le amabili parole che ha voluto rivolgermi, così come per l'invito a visitare questo nobile Paese e per essere venuto in questo aeroporto a darmi il benvenuto.

Allo stesso modo saluto con rispetto le altre Autorità civili e militari qui presenti.

E saluto con un abbraccio fraterno i miei Fratelli nell'Episcopato qui presenti; in particolare, il Signor Cardinale Ernesto Corripio Ahumada, Arcivescovo di questa città, Mons. Adolfo Suarez Rivera, Arcivescovo di Monterrey e Presidente della Conferenza Episcopale Messicana e tutti i Vescovi del Messico, insieme ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose e ai fedeli cristiani ai quali mi dono nel Signore come Pastore della Chiesa Universale.

Desidero che il saluto affettuoso del Papa possa arrivare ugualmente a quanti ci seguono per radio e per televisione: dallo Yucatan fino alla California meridionale.

Mi riempie di gioia trovarmi nuovamente in questa terra generosa, che si distingue per la sua nobiltà di spirito, per la sua cultura e che ha dato tante prove di solida fede e di amore verso Dio, di venerazione filiale alla Santissima Vergine e di fedeltà alla Chiesa.

Il nome del Messico evoca una gloriosa civiltà che forma una parte imprescindibile della vostra identità storica. Stiamo vivendo momenti cruciali per il futuro del vostro caro Paese ed anche di questo continente. perciò è necessario che il cristiano, il cattolico, prenda maggior coscienza delle proprie responsabilità, e di fronte a Dio e ai suoi doveri civili, si impegni con rinnovato entusiasmo nel costruire una società più giusta, fraterna e accogliente.

Cercando di superare vecchie opposizioni, bisogna promuovere una crescente solidarietà tra tutti i messicani, che li porti ad affrontare con larghezza di vedute un deciso impegno a favore del bene comune.

Ed è qui che si situa l'importante compito che svolgono i valori spirituali che, dal profondo, trasformano la persona e la spingono a farsi promotrice di una maggiore giustizia sociale, di un maggior rispetto per la dignità dell'essere umano e dei suoi diritti, di relazioni più fraterne nelle quali regni il dialogo e la comprensione invece della tentazione della rottura e del conflitto.

La Chiesa, compiendo la missione che le è propria e con il dovuto rispetto per il pluralismo, riafferma la sua vocazione di servizio alle grandi cause dell'uomo, come cittadino e come figlio di Dio. Gli stessi principi cristiani che hanno ispirato la vita della Nazione messicana devono infondere una solida speranza ed un nuovo dinamismo, che portino questo Paese ad occupare il posto che gli spetta nell'insieme delle Nazioni.


3. Desidero proclamare, innanzitutto, che vengo come araldo della fede e della pace, "pellegrino di amore e di speranza", con il desiderio di incoraggiare le energie delle comunità ecclesiali, affinché diano abbondanti frutti di amore a Cristo e di servizio ai fratelli.

A distanza di più di undici anni, posso ripetere ora ciò che dissi a Roma, quando stavo per iniziare il mio primo viaggio apostolico in Messico: "Il Papa viene a prostrarsi davanti alla prodigiosa immagine della Vergine di Guadalupe per invocare il suo aiuto materno e la sua protezione sul proprio ministero pontificio; per ripeterle con una forza accresciuta dai nuovi immensi obblighi: "totus tuus sum ego": sono tutto tuo; per mettere nelle sue mani il futuro dell'evangelizzazione in America Latina" (25 gennaio 1979). Proprio nella prospettiva dei 500 anni della prima evangelizzazione, che l'America intera si prepara a celebrare, ho indirizzato a tutte le Chiese che si trovano in questo "continente della speranza" un appello per intraprendere una Nuova Evangelizzazione.

Al tema della Nuova Evangelizzazione sarà dedicata la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, che spero di inaugurare in Santo Domingo, come inaugurai nel 1979 la III a Puebla de los Angeles.


4. Nel 1492 comincio l'opera di evangelizzazione nel Nuovo Mondo e circa trent'anni più tardi la fede giungeva in Messico.

La fede produsse molto presto i primi frutti di santità e questa sera stessa, durante la Messa che celebrero nella Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, avro la gioia di beatificare i fanciulli di Tlaxcala: Cristobal, Antonio e Juan, il Padre José Maria de Yermo y Parres e Juan Diego, l'indio a cui fece le proprie confidenze la dolce Signora del Tepeyac, diventando così la prima evangelizzatrice dell'America Latina.

Attraverso Veracruz entrarono nel Messico i missionari che provenivano dalla Spagna. Per questo, verso questa città - che porta il nome della Croce di Nostro Signore -, si dirigeranno i miei primi passi, per visitare poi altre località della vasta geografia di questo Paese. E come hanno detto i vostri Vescovi, "anche se personalmente non può andare in tutte le diocesi e regioni della nostra patria, la visita sarà per tutto il popolo messicano, che ha bisogno di essere confermato nella fede, rafforzato nella speranza, e animato nell'amore evangelicamente solidale" (Esortazione pastorale dei Vescovi messicani, 25 gennaio 1990).

Benedico già da ora tutti ed ognuno, ma in modo particolare i poveri, i malati, gli emarginati, quanti soffrono nel corpo o nello spirito. Sappiano che la Chiesa ed il Papa sono vicini a loro, che li amano e li accompagnano nelle loro pene e difficoltà.

Con questo spirito evangelico di amicizia e di fraternità desidero iniziare la mia visita.

Sia lodato Gesù Cristo! (Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-06

Domenica 6 Maggio 1990



La beatificazione di tre martiri - Città del Messico (Messico)

Titolo: Questi figli della Chiesa sono scritti in modo indelebile nella grande epopea dell'evangelizzazione del Messico

"Cristo... porto i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce... dalle sue piaghe siete stati guariti" (1P 2,21 1P 2,24 1P 2,25).


1. Carissimi figli e figlie del Messico, Sono venuto di nuovo nella vostra terra per professare di fronte a voi e con tutti voi, la fede comune in Cristo, l'unico Redentore del mondo. Desidero proclamarlo in tutti i luoghi del mio pellegrinaggio nella vostra terra; ma voglio farlo soprattutto qui, in questo luogo particolarmente sacro per voi: il Tepeyac.

Cristo, Redentore del mondo, è presente nella storia, generazione dopo generazione per mezzo della Sua Santissima Madre, la stessa che lo diede alla luce in Betlemme, la stessa che era presso la Croce sul Golgota.

Cristo, quindi, per mezzo della Vergine Maria, è entrato nelle vicissitudini proprie di tutte le generazioni umane, nella storia del Messico e dell'America tutta. Il luogo nel quale ci troviamo, la venerata Basilica di Guadalupe, conferisce a questo fatto salvifico una testimonianza di insuperabile eloquenza.

Mi sento particolarmente felice di poter cominciare la mia seconda visita pastorale in Messico da questo luogo sacro, verso il quale rivolgono il loro sguardo ed i loro cuori tutti i figli della patria messicana, ovunque si trovino. Per questo, da questo Santuario, dove pulsa il cuore materno che dà vita e speranza a tutto il Messico, voglio rivolgere il mio saluto più affettuoso a tutti gli abitanti di questa grande Nazione, da Tijuana a Rio Bravo fino alla penisola dello Yucatàn. Desidero che il saluto affettuoso del Papa giunga in tutti i luoghi, al cuore di tutti i messicani per dar loro affetto, gioia, coraggio per superare le difficoltà e per continuare a costruire una società nuova dove regnino la giustizia, la verità e la fraternità, che faccia di questo amato popolo una grande famiglia.

Ringrazio vivamente il Cardinale Ernesto Corripio Ahumada, Arcivescovo di Mexico, per le affettuose parole di benvenuto che mi ha rivolto, a nome anche dei nostri fratelli nell'Episcopato e di tutta la Chiesa messicana.


2. La mia gioia è ancor più grande perché nel cominciare ora la mia seconda visita pastorale nella vostra terra, quale Successore dell'Apostolo San Pietro e Pastore della Chiesa Universale, il Signore mi concede la grazia di beatificare, cioè di elevare alla gloria degli altari, alcuni figli prediletti della vostra Nazione.

Ho fatto questo nel nome e con l'autorità ricevuta da Gesù Cristo, il Signore, Colui che ci ha redenti con il sangue delle sue santissime piaghe e per questo è divenuto il Pastore delle nostre anime.

Juan Diego, il confidente della dolce Signora del Tepeyac. I tre fanciulli martiri di Tlaxcala, Cristobal, Antonio e Juan. Il sacerdote e fondatore José Maria de Yermo y Parres. I loro nomi, già scritti in cielo, sono da oggi scritti nel libro delle beatitudini e nella storia della fede della Chiesa di Cristo, che vive ed è pellegrina in Messico.

Questi cinque beati sono scritti in modo indelebile nella grande epopea dell'evangelizzazione del Messico. I primi quattro fra le primizie della semina della Parola in queste terre; il quinto nella storia della sua fedeltà a Cristo, fra gli avvenimenti del secolo scorso. Tutti hanno vissuto e testimoniato questa fede, sotto la protezione della Vergine Maria. Lei, effettivamente, è stata e continua ad essere la "Stella dell'Evangelizzazione" colei che con la sua presenza e protezione continua ad alimentare la fede e a rafforzare la comunione ecclesiale.


3. La beatificazione di Juan Diego e dei fanciulli martiri di Tlaxcala, ci rammenta le primizie della predicazione della fede in queste terre, nel momento in cui ci stiamo preparando a celebrare il V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America.

Il Vangelo di Gesù Cristo penetro in Messico con l'ardore apostolico dei primi evangelizzatori. Essi hanno annunciato Gesù Cristo crocifisso e risorto, Signore e Messia, ed hanno portato la fede alle moltitudini, con la forza dello Spirito Santo che infiammava la loro parola di missionari e il cuore degli evangelizzati.

Quella ardente azione evangelizzatrice rispondeva al mandato missionario di Gesù ai suoi apostoli ed alla effusione dello Spirito Santo nella Pentecoste.

Abbiamo ascoltato questo nella prima lettura di questa celebrazione eucaristica, quando Pietro, in nome degli altri apostoli, ha proclamato il "Kerigma" di Cristo Crocifisso e Risorto.

Quelle parole giunsero al cuore di quelli che ascoltavano, i quali domandarono subito a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?" (Ac 2,37). La risposta del Principe degli Apostoli spiega chiaramente il dinamismo di ogni autentico processo di conversione e di aggregazione alla Chiesa. Alla proclamazione del Vangelo segue l'accettazione della fede da parte dei catecumeni in virtù della Parola che anima i cuori. Alla confessione della fede segue la conversione ed il battesimo in nome di Gesù, per la remissione dei peccati e per ricevere l'effusione dello Spirito Santo. Per mezzo del battesimo i credenti vengono uniti alla comunità della Chiesa per vivere in una comunione di fede, di speranza e d'amore.

Di fatto "quelli che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone" (Ac 2,41). Tali furono le origini della predicazione evangelica e della diffusione della Chiesa nel mondo intero.

Non si possono proclamare queste parole senza pensare spontaneamente alla continuità di questa evangelizzazione ed effusione dello Spirito Santo qui, in Messico. In effetti, di essa, furono beneficiari e collaboratori i nostri Beati, primizie dell'evangelizzazione e illustri testimoni della fede delle origini. Qui si è compiuta la parola profetica di San Pietro il giorno di Pentecoste: "Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro" (Ac 2,39).


4. Queste terre e gli uomini e le donne che le popolavano erano lontane nel tempo e nello spazio; ma in virtù del mandato apostolico giunse finalmente qui un gruppo di dodici missionari che la tradizione ha chiamato, con evidente riferimento alle origini della predicazione apostolica, i "dodici apostoli".

Con la croce in mano annunciarono Cristo Redentore e Signore; predicarono la conversione, e le moltitudini ricevettero le acque rigeneratrici del Santo Battesimo e l'effusione dello Spirito Santo.

Così questi popoli si incorporarono nella Chiesa, come nel giorno di Pentecoste, e la Chiesa si arricchi dei valori della loro cultura.

Gli stessi missionari trovarono negli indigeni i migliori collaboratori per la missione, come mediatori nella catechesi, come interpreti ed amici per avvicinarsi ai nativi e facilitare una miglior comprensione del messaggio di Gesù.

Come esempio di essi abbiamo Juan Diego di cui si dice che si dedicasse alla catechesi a Tlaltelolco. Anche i fanciulli martiri di Tlaxcala, che nella loro tenera età seguirono con entusiasmo i missionari francescani e domenicani, disposti a collaborare con essi nella predicazione della Buona Novella del Vangelo.


5. Agli albori dell'evangelizzazione del Messico occupa un posto importante ed originale il Beato Juan Diego, il cui nome indigeno, secondo la tradizione, era Cuauhtlatohuac, "Aquila che parla".

La sua amata figura è inscindibile dall'avvenimento di Guadalupe, l'apparizione miracolosa e materna della Vergine, Madre di Dio, tanto nelle opere iconografiche e letterarie come nella secolare devozione che la Chiesa del Messico ha manifestato per questo indio prediletto da Maria.

Come agli antichi personaggi biblici, che erano una rappresentazione collettiva di tutto il popolo, potremmo dire che Juan Diego rappresenta tutti gli indigeni che accolsero il Vangelo di Gesù, grazie all'aiuto materno di Maria, sempre inseparabile dalla manifestazione di suo Figlio e dalla fondazione della Chiesa, come fu la sua presenza fra gli Apostoli il giorno di Pentecoste.

Le notizie che ci sono giunte su di lui elogiano le sue virtù cristiane: la sua fede semplice, alimentata nella catechesi e che accoglieva i misteri; la sua speranza e fiducia in Dio e nella Vergine; la sua carità, la sua coerenza morale, il suo distacco e la sua povertà evangelica.

Conducendo la vita dell'eremita qui, vicino al Tepeyac, è stato esempio di umiltà. La Vergine lo scelse fra i più umili per quella manifestazione di approvazione e d'amore qual è l'apparizione di Guadalupe. Un permanente ricordo di ciò è il suo volto materno e la sua immagine benedetta, che ci ha lasciato come inestimabile dono. In tal modo ha voluto rimanere fra voi, come segno di comunione e di unità di tutti coloro che dovevano vivere e convivere in questa terra.

Il riconoscimento del culto che, già da secoli, è stato dato al laico Juan Diego, riveste un'importanza particolare. E' un importante appello a tutti i fedeli laici di questa Nazione affinché assumano tutte le loro responsabilità nel trasmettere il messaggio evangelico e nel testimoniare una fede viva ed operante nell'ambito della società messicana. Da questo luogo privilegiato di Guadalupe, cuore del Messico sempre fedele, desidero esortare tutti i laici messicani ad impegnarsi più attivamente nella nuova evangelizzazione della società.

I fedeli laici partecipano alla funzione profetica, sacerdotale e regale di Cristo (cfr. LG 31), ma realizzano tale vocazione nelle condizioni ordinarie della vita quotidiana. Il loro campo naturale ed immediato di azione si estende a tutti gli ambienti della convivenza umana e a tutto ciò che fa parte della cultura nel suo significato più ampio e completo. Come ho scritto nell'Esortazione Apostolica Christifideles Laici: "Per animare cristianamente l'ordine temporale, nel senso detto di servire la persona e la società, i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla "politica", ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune" (CL 42).

Cattolici del Messico, uomini e donne, la vostra vocazione cristiana è, per sua stessa natura, vocazione all'apostolato (cfr. AA 3). Non potete, pertanto, rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza dei vostri fratelli: di fronte alla povertà, alla corruzione, agli oltraggi alla verità ed ai diritti umani. Dovete essere il sale della terra e la luce del mondo (cfr. Mt 5,13-14). Per questo il Signore vi ripete oggi: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).

Da questo momento risplenda anche di fronte a voi Juan Diego, elevato dalla Chiesa all'onore degli altari e che possiamo invocare come protettore e difensore degli indigeni.


6. Con immensa gioia ho proclamato Beati anche i tre fanciulli martiri di Tlaxcala: Cristobal, Antonio e Juan. In tenera età furono attratti dalla parola e dalla testimonianza dei missionari e divennero loro collaboratori, quali catechisti di altri indigeni. Sono un esempio sublime e istruttivo di come l'evangelizzazione sia un compito di tutto il popolo di Dio, da cui nessuno rimane escluso, neppure i bambini.

Insieme alla Chiesa di Tlaxcala e del Messico sono felice di poter offrire a tutta l'America Latina ed alla Chiesa universale questo esempio di pietà infantile, di generosità apostolica e missionaria, coronata dalla grazia del martirio.

Nell'Esortazione Apostolica Christifideles Laici ho voluto porre in particolare risalto l'innocenza dei bambini che "ci ricordano che la fecondità missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio" (CL 47). Possa l'esempio di questi bambini beatificati suscitare un'immensa moltitudine di piccoli apostoli di Cristo fra i ragazzi e le ragazze dell'America Latina e del mondo intero, che arricchiscono spiritualmente la nostra società così bisognosa di amore.


7. La grazia dello Spirito Santo risplende ancora oggi in un'altra figura che porta i tratti del Buon Pastore: il sacerdote José Maria de Yermo y Parres. In lui sono delineati con chiarezza i tratti del vero sacerdote di Cristo, perché il sacerdozio è stato il fulcro della sua vita e la santità sacerdotale la sua meta.

La sua intensa dedizione alla preghiera ed al servizio pastorale delle anime, così come la sua dedizione particolare all'apostalato fra i sacerdoti con ritiri spirituali, fanno aumentare l'interesse per la sua figura, specialmente in questo momento poiché il prossimo Sinodo dei Vescovi si occuperà anche della formazione dei sacerdoti di domani.

Apostolo della carità, come lo hanno chiamato i suoi contemporanei, Padre José Maria ha unito l'amore verso Dio all'amore per il prossimo, sintesi della perfezione evangelica, con grande devozione al Cuore di Gesù e con un amore particolare per i poveri. Il suo zelo ardente per la gloria di Dio lo portava anche a desiderare che tutti fossero missionari autentici. Tutti missionari. Tutti apostoli del cuore di Cristo. Specialmente le sue figlie, la Congregazione che egli ha fondato, le Serve del Sacro Cuore di Gesù e dei Poveri, alle quali ha lasciato come eredità carismatica due passioni: per Cristo e per i poveri. Queste due passioni erano la fiamma del suo cuore e dovevano costituire sempre la gloria più pura delle sue figlie.


8. Cari fratelli e sorelle, in questa quarta domenica di Pasqua, tutta la Chiesa celebra Cristo, il Buon Pastore che, soffrendo per i nostri peccati, ha dato la vita per noi, le sue pecore, e ci ha lasciato allo stesso tempo un esempio affinché seguiamo le sue orme (cfr. 1P 2,21). Il Buon Pastore conosce le sue pecore e le sue pecore conoscono Lui (cfr. Jn 10,14).

Juan Diego, i fanciulli martiri di Tlaxcala, Cristobal, Antonio e Juan, José Maria de Yermo y Parres, hanno seguito con perseveranza le orme di Cristo, Buon Pastore. La loro beatificazione in questa domenica in cui la Chiesa celebra anche la Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, è un appello urgente per tutti, affinché con la nostra vocazione andiamo a lavorare nella vigna del Signore.

Nei cinque nuovi Beati si riflette la pluralità delle vocazioni ed in essi abbiamo un esempio di come tutta la Chiesa debba mettersi in cammino per evangelizzare e portare la testimonianza di Cristo. I fedeli laici, tanto i bambini e i giovani, quanto gli adulti, i sacerdoti, i religiosi e le religiose.

Tutti devono ascoltare e seguire il richiamo del Signore Gesù: "Andate anche voi nella mia vigna" (Mt 20,4).


9. Nella nostra celebrazione eucaristica di oggi Cristo ci ripete ancora: "Io sono la porta delle pecore" (Jn 10,7). La porta ci apre l'entrata alla casa. La porta, che è Cristo, ci introduce "nella casa del Padre dove ci sono molti posti" (cfr. Jn 14,2).

Il Buon Pastore, con parole severe e categoriche, avverte anche che bisogna guardarsi da tutti quelli che non sono "la porta delle pecore". Egli li chiama ladroni e briganti. Sono quelli che non cercano il bene delle pecore bensi il proprio profitto mediante la falsità e l'inganno. perciò, il Signore ci indica qual è la prova definitiva del disinteresse e del servizio: essere disposti a dare la vita per il prossimo (cfr. Jn 10,11).

Questa è anche la grande lezione di questi figli della terra del Messico che oggi abbiamo elevato all'onore dell'altare: hanno seguito Cristo e, come lui, hanno fatto delle proprie vite una testimonianza di amore. La morte non li ha sconfitti. Ha spalancato loro le porte dell'altra vita, la vita eterna.

Da questo Santuario della Vergine Maria di Guadalupe, vogliamo rendere grazie a Lei, la Madre di Dio, la Patrona del Messico e di tutta l'America Latina, perché in questi cinque nuovi Beati si sono compiute le parole del Buon Pastore: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-06

Domenica 6 Maggio 1990


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