GPII 1990 Insegnamenti - Ad altre chiese cristiane - Città del Messico (Messico)

Ad altre chiese cristiane - Città del Messico (Messico)

Titolo: La Chiesa è sempre fedele alle indicazioni del Concilio

Desidero ringraziare per questo incontro tutti i presenti: voglio ringraziarvi in modo particolare per questa presentazione. E' molto importante il fatto che durante la mia visita pastorale in Messico, abbiamo anche quest'opportunità di stare insieme, con tutti i cristiani presenti e impegnati in questo Paese, nell'ambito della grande Nazione messicana. Come ho dichiarato molte volte, la Chiesa cattolica, la Chiesa di Roma, il vescovo di Roma sono sempre fedeli alle posizioni del Concilio Vaticano II, specialmente a quelle che si riferiscono all'ecumenismo dell'"Unitatis Redintegratio". Tanto più visito il mondo, con diversi incontri, anche quei Paesi del mondo in cui vi sono proporzioni diverse fra cattolici e altre confessioni cristiane - come per esempio, l'anno scorso in Scandinavia - tanto più vedo l'urgenza di questa "Unitatis Redintegratio" e che si possano realizzare le parole della preghiera di Cristo in punto di morte: "ut unum sint", "che siano uno".

San Paolo ha detto una volta che evangelizzare è un dovere: "Guai a me se non evangelizzassi". Il dovere di evangelizzare si vive nell'urgenza dell'unità, urgenza ecumenica, urgenza evangelizzatrice, urgenza evangelica, in tutti i Paesi, indipendentemente dalla loro grandezza, presso tutti i popoli, in tutte le comunità. Vi ringrazio ancora una volta per la vostra presenza e per questa opportunità che abbiamo avuto di stare tutti insieme; una piccola espressione di questa unità che già esiste e nella quale speriamo. Molte grazie, arrivederci.

(Ai rappresentanti della comunità ebraica messicana:) Signore e signori, vi sono molto grato per la vostra presenza, in questo momento della mia seconda visita in Messico. Viviamo in un mondo molto diviso e che soffre per le sue molteplici fratture. Al tempo stesso, viviamo in un mondo contraddistinto dalla ricerca dell'unità, dell'unificazione e della riconciliazione. Il Concilio Vaticano II, con il documento "Nostra Aetate" ha affrontato uno dei temi centrali di questa riconciliazione. Possiamo e dobbiamo dire che il popolo ebraico è "il nostro fratello maggiore", come ho detto anche nel visitare la Sinagoga di Roma. Nella ricerca dell'unità del mondo, l'umanità passa attraverso diversi campi: ecumenici, internazionali; passa attraverso i rapporti fra le Nazioni, fra le potenze di questo mondo. Essa passa attraverso il campo ideologico e religioso, in particolare attraverso il rapporto tra i figli della religione mosaica, di Mosè, discendenti di Abramo, il nostro padre comune nella fede, e anche dei musulmani, di tutti i musulmani. Desidero, quindi, ringraziare tutti voi per la vostra presenza, per aver espresso il desiderio di stare, nonostante tutte le difficoltà, su questo cammino di riconciliazione e di unità. Desidero anche offrire ai qui presenti e a tutta la comunità ebraica del Messico, nella vostra Nazione, nella loro patria e nei diversi Paesi del mondo, voti di bene, la benedizione del Signore e voti di saluto. Molte grazie.

(Alla comunità polacca:) L'ultima volta ci siamo visti quasi undici anni fa. Da allora la comunità polacca non è aumentata di molto; è piccola ma compatta. Voglio augurare che mentre si radica sempre di più nella società messicana questa comunità rimanga se stessa. Tanto più che l'impresa non deve essere difficile, visto che questi due Paesi, queste due Nazioni vengono chiamate "semper fidelis". Il vostro presidente ha voluto sottolinearlo su questa targa. Pregate per la Patria. Molte cose sono state fatte in Polonia, tante sono ancora da fare. Con l'aiuto di Dio tutto si può ottenere. così dice il card. Tomasek arcivescovo di Praga. così dice anche il primo ministro Mazowiecki in Polonia. Confidiamo che con l'aiuto di Dio molto si potrà ottenere. Voglio benedirvi per gli anni successivi della vostra vita in terra messicana e per la costruzione di questa società che ci è vicina anche se lontana. Geograficamente lontana, affettivamente e spiritualmente vicina. Vi do la mia benedizione in latino perché sono presenti molti messicani.

Data: 1990-05-09

Mercoledi 9 Maggio 1990

Ai detenuti nel penitenziario - Durango (Messico)

Titolo: Ognuno è parte viva della patria messicana e cristiana

Amatissimi fratelli e sorelle,


1. Nella mia visita pastorale in Messico non poteva mancare un incontro interamente dedicato a voi, a dimostrazione della sollecitudine della Chiesa e del Papa per tutti i detenuti. La mia venuta oggi in questo centro di rieducazione sociale della città di Durango si inserisce felicemente nel mio pensiero e nel mio desiderio di raccogliere nel medesimo abbraccio tutti i fratelli e le sorelle detenuti del Paese, sia nel continente che nelle Isole Marias. A questi ultimi e ai loro familiari desidero rivolgere il mio profondo ringraziamento per l'invito fattomi, che porta più di 2.000 firme. Proprio mentre mi state ascoltando, desidero dirvi che le vostre lettere mi hanno veramente commosso. Grazie per l'affetto che avete dimostrato alla mia persona quale Successore di Pietro e grazie anche per le vostre preghiere al Signore e alla Sua Santissima Madre!

2. Quanto mi avrebbe fatto piacere poter incontrare singolarmente ciascuno di voi! Ma, di fronte all'impossibilità di farlo fisicamente, desidero assicurarvi che siete sempre nella mia mente e nel mio cuore e che sento profondamente dentro di me l'eco fedele dei vostri desideri e delle vostre speranze, nel momento stesso in cui condivido nel profondo del mio animo le vostre tristezze e le vostre delusioni.

So che vi trovate in una situazione che si va facendo difficile e dolorosa. Proprio per questo, poiché il dolore e la sofferenza umana, - posso dirvelo per esperienza diretta - acquistano il loro significato, la loro forza salvifica e di purificazione quando sono percepiti alla luce di Cristo, vi ripeto ora le parole che lo stesso Signore ci ha detto nel suo Vangelo: "Venite a me voi tutti che siete affaticati e oppressi e io vi ristorero. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero" (Mt 11,28-30).

Si! Cristo e nessun altro è "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6) che dà significato e contenuto alla nostra esistenza. Lontano da Lui, cari fratelli e sorelle, non c'è la vera pace, né la serenità, né l'autentica e definitiva liberazione perché soltanto la Grazia del Signore può liberarci da questa schiavitù radicale che è il peccato; la sua parola, la sua verità ci rende liberi (cfr. Jn 8,32). Vi annuncio dunque con gioia questa speranza di libertà che dovete desiderare sopra ogni altra cosa: quella che San Paolo chiama "la libertà della gloria dei Figli di Dio" (Rm 8,21).


3. "La peggiore delle prigioni - ho detto ai detenuti durante la mia visita pastorale in Belgio - sarebbe un cuore chiuso e duro. E' il peggiore dei mali, la disperazione. Desidero per voi la speranza. La chiedo e continuero a chiederla al Signore per tutti voi: la speranza di occupare nella società un posto normale, di ritrovare la vita, e di vivere, fin d'ora, degnamente... perché il Signore non perde mai la speranza nelle sue creature" (16 maggio 1985). Anche per voi, fratelli e sorelle del Messico, chiedo e continuero a chiedere al Signore che vi conceda una sentenza giusta, umana e rapida: che siano sempre rispettati i vostri legittimi diritti all'istruzione, alla salute, alla professione della vostra fede religiosa, a un giusto salario, per coloro che sono impegnati in un lavoro pagato.

Mi risulta che la legislazione penale messicana preveda molti di questi diritti. Naturalmente, ciò presuppone che tali diritti si armonizzino convenientemente con i rispettivi doveri che ciascuno di voi deve adempiere in modo cosciente, in giusta proporzione.

Nella mia preoccupazione per voi, come Figli della Chiesa, desidero che voi abbiate uno spirito forte e nobile che vi spinga e vi aiuti, per mezzo della grazia divina, a perdonare di cuore coloro che vi hanno fatto del male, così come voi, di fronte a Dio Padre, potete sperare nel perdono di coloro ai quali avete causato del male. E' autenticamente cristiano il saper chiedere perdono ed essere disponibili a riparare, per quanto possibile, il male fatto.


4. Non può mancare in questo incontro una parola di incoraggiamento e di gratitudine per tutti coloro che, sacerdoti e laici, con rinnovata generosità e abnegazione, collaborano alla pastorale nelle carceri. Sono più di 4.000 i laici e più di 100 i sacerdoti impegnati in quest'opera: sono inoltre molti anche i religiosi e le religiose, oltre ad un buon numero di seminaristi. Tutti costoro, insieme con gli altri operatori pastorali, rendono presente nei penitenziari la materna preoccupazione della Chiesa per i suoi figli detenuti.

Amatissimi nel Signore: voi date vita a quelle parole che leggiamo nel Vangelo: "Ero carcerato e siete venuti a trovarmi" (Mt 25,40). Incoraggio tutti voi a continuare con rinnovato impegno nella vostra incomparabile missione di portare la Parola di Dio, i sacramenti, aiuto e conforto ai vostri fratelli che sono in carcere, consapevoli del fatto che il Signore non smette mai di ripetere a coloro che compiono questo servizio: "Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli l'avete fatto a me" (Mt 25,40).

In questa occasione desidero anche salutare il personale dei centri di rieducazione sociale: i vostri "custodi" come voi stessi li chiamate. Chiedo a Dio che sappiano fare della loro professione un servizio all'uomo che soffre.

Ringrazio anche le autorità, civili delle carceri della Federazione, degli Stati e delle Isole Marias perché permettono con facilità che gli operatori pastorali possano compiere il loro servizio. Che il Signore li illumini nel momento di applicare le leggi con giustizia ed equità, per giungere ad un migliore inserimento sociale di tutte le persone poste sotto la loro sorveglianza.


5. Cari fratelli e sorelle: Dio vuole che la mia visita pastorale in Messico vi faccia comprendere ancora più profondamente di essere parte integrante della vostra grande patria messicana e cristiana. Che questo tempo di privazione della libertà non allenti i legami che vi uniscono alle vostre famiglie e ai vostri concittadini, ma rafforzi in voi il desiderio di contribuire con maggiore efficacia alla costruzione di un Paese più operoso, giusto e fraterno.

La prima visita che ho reso, giunto nella vostra terra, è stata a "Nuestra Morenita", la Santissima Vergine di Guadalupe. Che Lei, che mai ci abbandona nel dolore e nella solitudine, sia per tutti voi, oggi e sempre, vita, dolcezza e speranza.

Benedico voi tutti di cuore nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-09

Mercoledi 9 Maggio 1990

Agli imprenditori nel teatro "R. Castro" - Durango (Messico)

Titolo: Apertura leale alle giuste esigenze del bene comune

Cari imprenditori messicani,


1. Nei miei viaggi apostolici ho sempre avuto un grande interesse ad incontrarmi con gli uomini e le donne del mondo imprenditoriale. Questi incontri rappresentano per me l'occasione per una comunicazione più diretta e aperta dello spirito che anima il Magistero pontificio in materia sociale e, per voi, un'opportunità di manifestare la comprensione e l'accoglienza che riservate alla Dottrina Sociale della Chiesa.

In verità, voi occupate una posizione di importanza capitale nella struttura della società. Le vostre decisioni hanno un effetto moltiplicatore e particolari ripercussioni sul tessuto sociale ed economico. Per questo è grande la speranza che ripongo in voi.

Da questa amata città di Durango, ci sentiamo uniti anche agli imprenditori messicani che non hanno potuto partecipare a questo incontro, come avrebbero desiderato. Più ancora, lo sguardo si estende a tutti i responsabili delle attività economiche in America Latina. Le attuali circostanze, dopo i recenti avvenimenti verificatisi alla fine dello scorso anno, esigono un ampliamento del quadro di queste riflessioni, fino a comprendere, benché con sfumature diverse, tutti i Paesi dell'America Latina.


2. Il filo conduttore della nostra riflessione sarà la figura dell'imprenditore e il ruolo che è chiamato a svolgere nella situazione attuale del vostro continente.

Al di là di una considerazione tecnica del tema, dobbiamo osservare l'attività umana alla luce della collaborazione con Dio, che ogni uomo è chiamato a offrire (cfr. LE 25). Anche il nostro mondo di oggi, anche il Messico, come tutta l'America Latina, deve farsi eco di questo disegno divino e collaborare con il Creatore alla trasformazione del mondo secondo il piano di Dio.

Cristo chiama a trasformare il mondo in ogni epoca. Cristo chiama attraverso le necessità di ogni epoca. Egli chiama attraverso gli affamati e gli assetati; attraverso quanti sono senza una casa da abitare, senza abiti per vestirsi; attraverso i malati e quanti sono privati della loro legittima libertà (cfr. Mt 25,31-46). Lui è li; in tutti loro si può scorgere la voce e il volto di Cristo.

Facendosi interprete di quella voce del Signore, la Chiesa non cessa di risvegliare la coscienza dei suoi figli, di tutti gli uomini di buona volontà. E' proprio da questa prospettiva che desidero condividere con voi alcune riflessioni sulla figura e il ruolo dell'imprenditore latinoamericano. La voce del Signore deve farsi sentire con forza in America Latina, poiché le profonde differenze sociali ivi esistenti sono sotto gli occhi di tutti e costituiscono una gigantesca sfida per quanti hanno un'importante responsabilità in campo socio-economico.


3. Gli avvenimenti della storia recente cui alludevo prima sono stati interpretati, a volte in modo superficiale, come il trionfo o il fallimento di un sistema nei confronti di un altro; in altre parole, come il trionfo del sistema capitalistico liberale. Alcuni interessi vorrebbero condurre l'analisi fino al punto di presentare il sistema che ritengono vincitore come l'unica via per il nostro mondo, basandosi sull'esperienza delle sconfitte che ha sofferto il socialismo reale, ed evitando il giudizio critico necessario sugli effetti che il capitalismo liberale ha prodotto, almeno finora, nei Paesi chiamati del Terzo Mondo.

Non è giusto affermare - come pretendono alcuni - che la dottrina sociale della Chiesa condanni senz'altro una teoria economica. La verità è che essa, rispettando la giusta autonomia della scienza, dà un giudizio sugli effetti della sua applicazione storica quando in qualche modo viene violata o messa in pericolo la dignità della persona. Nell'esercizio della sua missione profetica, la Chiesa vuole incoraggiare la riflessione critica sui processi sociali, avendo sempre come scopo il superamento di situazioni non pienamente conformi alle mète tracciate dal Signore della Creazione. Male farebbe la Chiesa se restasse al solo livello di una semplice critica sociale. Spetta dunque ai suoi membri, esperti nei diversi campi del sapere, di continuare nella ricerca di soluzioni valide e durature che orientino i processi umani verso gli ideali proposti dalla Parola rivelata.


4. Nel caso concreto del Messico, bisogna riconoscere che, nonostante gli ingenti mezzi di cui il Creatore ha dotato questo Paese, si è ancora molto lontani dall'ideale di giustizia. Accanto a grandi ricchezze e a stili di vita simili - e a volte superiori - a quelli dei Paesi più prosperi, esistono larghe maggioranze sprovviste dei mezzi più elementari. Gli ultimi anni hanno visto il crescente deterioramento del potere d'acquisto del denaro e fenomeni tipici dell'organizzazione dell'economia, come l'inflazione, hanno prodotto dolorosi effetti a tutti i livelli. Occorre ripeterlo ancora una volta: sono sempre i più deboli quelli che subiscono le peggiori conseguenze, perché si vedono rinchiusi in una spirale di povertà crescente; e come non dire, con la Bibbia, che la miseria dei più deboli grida all'Altissimo? (cfr. Ex 22,22ss).

Non si può negare che l'indebitamento con l'estero ha aggravato ulteriormente la situazione, ma sarebbe ingiusto cercare in esso la sua unica causa, attribuendo tutta la colpa a fattori esterni al Paese. L'attuale situazione è il risultato di sistemi e decisioni che vengono da molto lontano; che sono caratterizzati da un'estrema complessità e che richiedono, pertanto, un'accurata analisi per cercare di trovare le cause, comprendere i complicati meccanismi e, in modo creativo, proporre nuove strategie in grado non solo di garantire il pane su tutte le tavole, ma anche, e soprattutto, di porre in modo stabile le condizioni necessarie per lo sviluppo di tutti e di ciascuno dei cittadini.


5. La ricerca di soluzioni reali implica sacrifici da parte di tutti, ma non dobbiamo dimenticare che spesso sono i poveri quelli che sono costretti a sacrificarsi, mentre i possessori di grandi ricchezze non si mostrano disponibili a rinunciare ai loro privilegi per il bene degli altri. La scienza economica ha constatato che i beni materiali sono limitati e, pertanto, devono essere amministrati in modo razionale. Il Creatore, da parte sua, ha destinato l'insieme delle ricchezze del creato al bene di tutti gli uomini, come giustamente ci insegnano la Rivelazione e la tradizione cristiana. Da ciò deriva che l'accaparramento eccessivo delle ricchezze da parte di alcuni le preclude alla maggioranza e in tal modo si accumula una ricchezza generatrice di povertà. E' questo un principio ugualmente applicabile alla comunità internazionale.

La Chiesa, nel suo magistero sociale, ha offerto all'umanità principi sufficienti che dovrebbero essere messi in pratica da un'economia giusta. Il magistero ha compiuto la sua missione e tocca adesso a voi, esperti ed anche membri della Chiesa, uno sforzo serio per trovare soluzioni reali, coraggiose, pratiche. Nuove e complesse situazioni all'interno e al di fuori della Chiesa, a livello sociale, economico, politico e culturale, esigono oggi con rinnovata forza l'impegno dei fedeli laici (cfr. CL 3). Il Paese, signore e signori, ha bisogno della collaborazione di tutti e di ciascuno di voi. Ognuno, secondo la sua specializzazione, è chiamato a raccogliere, con umiltà e generosità, la sfida lanciata dall'attuale situazione di ingiustizia, per dedicare il meglio della sua esperienza e della sua capacità professionale al servizio di una patria grande, giusta e fraterna, al di sopra di qualsiasi egoismo di partito o di classe.


6. Il lavoro e l'attività economica costituiscono uno dei problemi più importanti e scottanti dell'America Latina. E' a voi spetta porvi in modo serio e approfondito questa questione. Ma non occupandovi esclusivamente dell'aspetto puramente tecnico, bensi avendo presente un orizzonte molto più vasto qual è quello delle persone. L'America Latina deve andare avanti con il lavoro dei suoi uomini e delle sue donne, grazie ad una corrente di solidarietà reale ed efficiente.

Molti sono stati gli sforzi compiuti in questo continente per renderlo libero e degno dell'uomo. Non permettete che vada perduta la generosità del passato; la miseria genera schiavitù; essa stessa è mancanza di libertà. Il progressivo impoverimento compromette la dignità e la stabilità dell'uomo. Per questo, il futuro di libertà e dignità dell'America Latina richiede che si affronti fin d'ora una singolare battaglia: non con le armi, ma attraverso l'ingegno e il lavoro delle sue genti e in quest'impresa voi avete un posto preminente.

Prendendo in considerazione queste esigenze, si delinea quasi un nuovo profilo caratteristico degli imprenditori, uomini e donne. Mi riferisco soprattutto all'atteggiamento di servizio verso il bene comune che deve caratterizzare il vostro operato. Si tratta di qualcosa che va ben oltre il semplice umanitarismo, cioè la disponibilità ad aiutare nei momenti di occasionali urgenze. E', piuttosto, una disponibilità costante, un modo di concepire la propria funzione di imprenditore, uno stile che caratterizza il suo modo di agire.

Si tratta, in altre parole, di accogliere con tutte le conseguenze le responsabilità dei vostri atti. Una responsabilità che ruota attorno a tre coordinate fondamentali: le persone, che fanno parte delle aziende, la società e l'ambiente.


7. Infatti, avete una grave responsabilità nei confronti delle persone che lavorano nelle vostre imprese.

Fortunatamente, è cresciuta la coscienza che il lavoro umano non può essere considerato dalla semplice prospettiva commerciale, come una "mercanzia" che si acquista o si vende (cfr. LE 7). Vi è qualcosa di inseparabile dal lavoro, e che riveste la massima importanza: la dignità della persona (cfr. Ibidem, LE 9). D'altra parte, non dimenticate che l'unico titolo legittimo per la proprietà dei mezzi di produzione è che essi servano al lavoro (cfr. Ibidem, LE 14). Per questo, una delle vostre maggiori responsabilità deve essere la creazione di posti di lavoro.

Strettamente legata a quanto detto precedentemente, è la questione del giusto salario. Come ho scritto nell'Enciclica Laborem Exercens: "Non c'è nel contesto attuale un altro modo più importante per realizzare la giustizia nei rapporti lavoratore-datore di lavoro, di quello costituito appunto dalla remunerazione del lavoro" (LE 19).

Un secondo aspetto dell'atteggiamento di servizio dell'imprenditore si manifesta nella sua responsabilità di fronte alla società.

E' opportuno ricordare che il progresso nella società deve essere orientato verso il bene comune di tutti i cittadini, cioè, evitando la tentazione di trasforrnare la comunità nazionale in una realtà al servizio degli interessi particolari dell'impresa. Infatti, non è raro vedere che certe campagne contro la natalità o che promuovono la cultura dei consumi, traggono la loro origine da interessi economici del mondo imprenditoriale o finanziario. Gli esempi in questo senso, purtroppo, potrebbero moltiplicarsi. Al contrario, ciò che deve caratterizzare l'imprenditore è l'apertura leale alle giuste esigenze del bene comune. Ciò risponde alla volontà di rendere l'impresa un fattore di autentica crescita nella società.

All'interno di queste stesse considerazioni occorre sottolineare anche la solidarietà economica tanto necessaria in America Latina. Esistono problemi innegabili comuni a tutto il continente, che possono essere affrontati congiuntamente (cfr. SRS 45). L'isolamento delle rispettive economie non favorisce nessuno dei Paesi interessati. Si dovrebbe, pertanto, superare la prospettiva nazionale nella proiezione economica e dare vita ad un progetto economico continentale, in grado di dimostrarsi valido interlocutore sulla scena internazionale e mondiale. La vostra ampiezza di vedute comprende questa esigenza e non sono mancati, né mancano, tentativi in questo senso. Possano il fermo impegno e il senso di responsabilità riuscire a coronare questi sforzi.


8. Benché menzionata per ultima, non per questo la responsabilità verso l'ambiente è meno importante. Si tratta di un problema che tocca l'umanità nel suo insieme e che si è imposto ultimamente all'attenzione di tutti. Infatti il deterioramento ecologico dell'ambiente è aumentato velocemente. D'altra parte, il modo di sfruttare i beni deve cambiare quanto prima è qui che si osservano inerzie che oggi sono pericolose e che producono un comprensibile allarme.

La tutela di condizioni ambientali che favoriscano un migliore sviluppo ed una migliore convivenza umana, è un dovere morale, una nuova sfida alla creatività e alla responsabilità di ogni imprenditore.

Prima di concludere vorrei fare una breve riflessione sulla responsabilità verso voi stessi e verso le vostre famiglie.

E' certo che molti di voi sono spinti, nel proprio lavoro, da un sincero desiderio di servire. Ma è altrettanto certo che potete essere insidiati da un grave pericolo: la sottomissione ai beni terreni, l'affanno del guadagno esclusivo - unito di solito alla sete di potere - "ad ogni prezzo" (cfr. Ibidem, SRS 37). Quando si cede a questa tentazione, compare un materialismo crasso e, allo stesso tempo, la radicale insoddisfazione che l'uomo prova quando cerca di spegnere la sua sete di Bene Infinito attraverso creature materiali (cfr. Ibidem, SRS 27).

D'altra parte, non di rado, questa ambizione disordinata si traduce anche in una certa trascuratezza della vita familiare e dell'educazione dei figli.

Se ciò non viene avvertito o risolto, si può giungere ad autentiche crisi nel matrimonio e nella vita dei figli. Ecco qui dunque un nuovo appello di Cristo: la famiglia esige qualcosa di più del tenore elevato di vita che potete offrirle; richiede la vostra presenza, il vostro affetto, il vostro sincero interesse di marito e di padre, o di moglie e di madre.

Desidero concludere il nostro incontro con le parole del Signore: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33). La coscienza di essere artefici di una società più giusta, pacifica e fraterna, ripagherà abbondantemente il vostro lavoro e il vostro zelo verso i più bisognosi.

Su di voi, sulle vostre famiglie e i vostri collaboratori, invoco la protezione di Nostra Signora di Guadalupe, affinché questa grande Nazione proceda verso una nuova tappa di solidarietà e di giustizia, di onestà e di benessere per tutti.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-09

Mercoledi 9 Maggio 1990

Ai fedeli nella cattedrale - Durango (Messico)

Titolo: I laici diventino artefici di riconciliazione e di pace

Caro Arcivescovo di Durango, Mons. Antonio Lopez Avina, Cari sacerdoti e diaconi, cari religiosi, religiose, Amatissimi fedeli membri della Chiesa di Dio a Durango.


1. "Grazia e pace a voi in abbondanza" (1P 1,2).

Questo è l'augurio che San Pietro espresse nella sua prima Lettera, e quello con cui il suo Successore si rivolge anche a voi adesso: Grazia e pace abbondanti! Queste parole nascevano da un'alta considerazione. Pietro contemplava quei fedeli alla luce del mistero della Trinità. Per questo li descrive come "eletti secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue" (Ibidem, 1P 1,2).

Da questa stessa prospettiva si rivolge a voi il suo Successore. Ed anche io vi considero eletti con un'azione santificatrice; una elezione che si propone un fine ben preciso. Aggiunge l'Apostolo Pietro: "ma ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta; poiché sta scritto: Voi sarete santi, perché io sono santo" (1P 1,15-16). Si, ognuno di voi, fedeli che mi ascoltate, in Durango e in tutto il Messico, è stato chiamato personalmente da Dio; è stato eletto da Lui per essere santo. Questa affermazione è particolarmente attuale e deve avere una nuova risonanza oggi tra i fedeli laici (cfr. CL 17). La santità, miei diletti fratelli, la raggiunge il cristiano che si apre alla grazia di Dio, vivendo in unione intima e profonda con l'azione salvifica del Signore.

Nel Vangelo si trova il programma di vita che appartiene ad un Figlio di Dio, membro della Chiesa cattolica. Nell'Eucaristia trova la forza per poter dare testimonianza dell'amore che ogni cristiano deve diffondere intorno a sé: nella famiglia, nel lavoro e nel riposo, nella vita privata e in quella pubblica.


2. Da questa bella chiesa cattedrale di Durango desidero rivolgermi ai fedeli laici di questa arcidiocesi e di tutta la Repubblica. Voi, amatissimi fratelli e sorelle, fate parte di un popolo che si è distinto per la sua fede profonda, soprattutto mariana, per la sua fedeltà alla Chiesa e per uno speciale vincolo spirituale con la persona del Successore di San Pietro. Questa singolare fedeltà è stata messa più volte alla prova; ma, con la grazia di Dio e con l'aiuto di Maria, avete convertito queste occasioni in momenti di ulteriore fecondità per la vita ecclesiale. La storia del Popolo di Dio in Messico è ricca di testimonianze esemplari di laici che fecero delle loro vite una manifestazione eloquente dell'amore di Dio e che, per questo stesso amore, non ebbero dubbi nel dare il meglio di sé quando le circostanze lo richiesero. Il popolo messicano non deve mai dimenticare il suo passato, poiché è da li che deve proiettarsi verso il futuro.

Nell'Esortazione Apostolica Christifideles Laici, rivolta a tutta la Chiesa dopo il Sinodo dei Vescovi del 1987, ho voluto mettere in rilievo il fatto che "situazioni nuove, sia ecclesiali sia sociali, economiche, politiche e culturali, reclamano oggi, con una forza del tutto particolare, l'azione dei fedeli laici. Se il disimpegno è sempre stato inaccettabile, il tempo presente lo rende ancora più colpevole. Non è lecito a nessuno rimanere in ozio" (CL 3).


3. In questo documento segnalavo tre fattori che possono aiutarci a focalizzare meglio le sfide di questa "ora magnifica e drammatica della storia" (Ibidem CL 3). In primo luogo il secolarismo e l'indifferenza religiosa che colpisce non soltanto singoli individui, ma comunità intere. Questo fenomeno sta incidendo seriamente sui popoli cristiani e reclama con urgenza una nuova evangelizzazione. Ecco la prima grande sfida per i laici: impegnarsi seriamente per rendere presente il messaggio del Vangelo nella società del nostro tempo.

In secondo luogo menzionavo i soprusi dei quali è oggetto la persona umana, manifestati dalle frequenti violazioni di diritti che oggi subisce, dal momento della nascita fino a coloro che vivono oppressi ed emarginati. Da questo scaturisce l'enorme responsabilità dei fedeli laici nell'affermare con sempre maggior forza la centralità della persona umana redenta da Cristo. In ultimo gli antagonismi e i conflitti che caratterizzano buona parte delle relazioni nel mondo esigono che i laici diventino artefici di riconciliazione e di pace.


4. Una pace che dovete ottenere per voi stessi come frutto della grazia e dell'amicizia con Dio. E' la pace di Cristo; quella che solo Lui può dare, perché è "sua" (Jn 14,27); e che non la dà "come la dà il mondo" (Jn 14,27), perché è un dono divino.

Seminate, quindi, e diffondete la pace di Cristo intorno a voi. così vi sarà dato, come dice il Vangelo, il nome nobilissimo di "figli di Dio" (Mt 5,9).

Sforzatevi di strappare le radici del risentimento, dei conflitti, delle inimicizie. Promuovete, invece, la giustizia, nel grande come nel piccolo, all'interno delle istituzioni, nel mondo del lavoro, nelle famiglie, nella difesa della dignità di ogni persona. La giustizia è una virtù fondamentale, chè dà ad ognuno il suo: onore, buona fama, beni temporali. Tutti ed ognuno di noi dobbiamo sentirci responsabili di questo dovere, cercando sempre di essere imparziali, ponderati, coscienti davanti a Dio della trascendenza di questa responsabilità.

Abbondanza di grazia; abbondanza di pace. Questo è ciò che invoca il Papa per voi nel benedirvi nel nome del Padre, che vi ha scelto; del Figlio, che vi ha redento; e dello Spirito Santo, che vi santifica e vi ricolma con i suoi doni. "A lui la potenza nei secoli" (1P 5,11). Amen.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-09

Mercoledi 9 Maggio 1990

Ordinazioni sacerdotali in Piazza Soriana - Durango (Messico)

Titolo: La vita sacerdotale è un'esigente vocazione di servizio, di donazione, di dedizione piena all'opera di evangelizzazione

"Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).


1. Queste parole che Cristo nell'ultima cena, rivolse ai suoi Apostoli appena scelti per rinnovare tra gli uomini il sacrificio eucaristico, mi fanno sentire molto unito a voi, amatissimi ordinandi. Il nostro orizzonte di fede e i nostri cuori mossi da quell'amore desiderano fare proprie queste parole che il Signore, nostro Maestro, pronuncio quando istitui l'eucarestia e il sacerdozio ministeriale, alla vigilia del suo sacrificio sulla croce.

In questa celebrazione per l'ordinazione di sacerdoti, alla quale partecipiamo, si avverte l'emozione di tutti i presenti. Confluiscono su ognuno di voi carissimi candidati al presbiterato divino - quale insondabile torrente di grazie - la preghiera e il lavoro di tanti padri e madri, di tanti educatori, di tante persone consacrate, di tanti malati, di tanta gente semplice, di tanti benefattori. Come non posso non ricordare il merito - il più delle volte nascosto - di tanti sacerdoti che ci precedettero i quali, con la loro vita santa e a volte con il loro martirio, hanno reso possibile oggi questa ordinazione così numerosa.

Mi è gradito salutare con affetto sincero Mons. Antonio Lopez Avina, pastore di questa Arcidiocesi di Durango, e gli altri Vescovi di questa Regione Pastorale e della vicina diocesi di Torreon. Un cordiale saluto anche alle Autorità civili e militari che partecipano a questo nostro incontro.

Siate i benvenuti, amatissimi fratelli e sorelle, a questa celebrazione eucaristica che riempie di gioia la Chiesa tutta perché un gruppo così numeroso di figli del Messico saranno ordinati sacerdoti per servire il Popolo di Dio. Con le parole del Salmista invito tutti ad esprimere la gratitudine al Signore, ma in modo speciale coloro che riceveranno il sacramento dell'Ordine. "Cantero senza fine le grazie del Signore" (Ps 88,2 cfr. Is 63,7).


2. Amatissimi nel Signore, la vocazione sacerdotale è un dono incomparabile per tutta la Chiesa, e voi siete stati eletti per essere nella comunità ecclesiale, segno personale e sacramento della presenza, dell'azione salvifica e dell'amore del Buon Pastore, "per edificare il Corpo di Cristo" (Ep 4,12).

Con parole di San Paolo, anche io "vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto" (Ep 4,1). Questa elezione è per sempre.

E' una scelta di amore, fonte della vostra allegria e della vostra identità. Mi unisco, quindi, alla vostra gioia, che è anche la gioia di tutto il Popolo di Dio, perché siete amati ed eletti per sempre.


3. Il dono del sacerdozio è una scelta per l'amore: "Come il Padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Jn 15,9), dice il Signore. L'amore di Cristo deriva dall'amore eterno tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per questo si manifesta con la massima espressione: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

Gesù Cristo è il Figlio amato dal Padre inviato nel mondo, "nella pienezza dei tempi nato da donna" (Ga 4,4), per amare e servire il mondo. Il sacerdozio messianico di Cristo nasce da questo amore e da questa volontà salvifica di Dio. Cristo è il sacerdote eterno e del suo sacerdozio partecipiamo tutti. Si offri nell'unico sacerdozio, quello della croce, che si perpetua tra noi per mezzo dell'Eucaristia. Di questo sacerdozio e sacrificio, come donazione totale, parla Gesù agli Apostoli nel Cenacolo: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

Ci siamo qui riuniti per contemplare con gli occhi della fede questo amore così grande. Nonostante la nostra debolezza umana ci uniamo al sacrificio di Cristo, Sacerdote eterno. E ci uniamo a Lui con umiltà e fiducia, poiché siamo stati chiamati a partecipare in modo speciale a questo sacerdozio e ad offrire questo sacrificio della nuova Alleanza - sotto le specie del pane e del vino, a somiglianza del sacrificio di Melchisedech (cfr. Ps 110,4 He 5,5-6) - che Cristo lascio come testamento di amore alla sua Chiesa.


4. Per ognuno di voi, carissimi figli e fratelli, è arrivato il momento nel quale diventerete "sacerdoti del Signore", poiché, come presbiteri, "sarete chiamati ministri del nostro Dio" (Is 61,6).

Le parole che Gesù pronuncio nell'Ultima Cena si realizzano anche ora tra noi. Perché è lo stesso Gesù che ci dice con amore: "Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando" (Jn 15,14).

"Voi siete i miei amici... Ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l'ho fatto conoscere a voi" (Jn 15,14-15). Accogliete, pertanto, carissimi figli e fratelli, questa chiamata, che è una dichiarazione di amicizia profonda ed eterna. Siamo suoi amici, suoi confidenti, resi partecipi del suo ministero, con il fine di prolungare il suo nome, "in persona Christi", la sua stessa missione. perciò ognuno di voi può essere chiamato, in un certo senso "alter Christus". Non dimenticate mai l'origine di questo amore, da dove procede la chiamata e la stessa esistenza sacerdotale, che è vocazione per servire sull'esempio di Cristo.


5. Il dono del sacerdozio è iniziativa del Signore. "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi" (Jn 15,16). Effettivamente Gesù "chiamo a sé quelli che egli volle" (Mc 3,13); egli conosce chi e perché li ha scelti (cfr. Jn 13,18). Se la vocazione, la consacrazione e la missione sacerdotale, in tutti i gradi, sono un suo dono ciò significa che bisogna chiedere e ricevere il dono così come è. Come è il dono che il Signore ci offre? Dal Vangelo sappiamo che Cristo chiamo i suoi Apostoli "perché stessero con lui e anche per mandarli a predicare" (Mc 3,14). Il dono del sacerdozio ci rende partecipi dello stesso essere e della stessa consacrazione, della stessa missione e della stessa vita di Cristo Sacerdote e Buon Pastore.

Quando Gesù si presento nella sinagoga di Nazareth lesse e applico a se stesso il testo di Isaia, che abbiamo ascoltato oggi: "Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio" (Lc 4,18 cfr. Is 61,1). Gesù è, inoltre, il consacrato e l'inviato. Di questa consacrazione e missione rende partecipi i suoi Apostoli e quanti nel corso della storia della Chiesa riceveranno, come voi, l'imposizione delle mani (cfr. 2Tm 1,6).

Di per sé, il dono che si riceve è esigente, come è esigente l'amore con il quale Cristo lo concede. Nella donazione sacerdotale non vi possono essere patteggiamenti né risparmio di energie. Siete chiamati alla santità e all'apostolato con l'ardore e la dedizione degli stessi Apostoli.

La grazia e il carattere che si ricevono con il sacramento dell'ordine non soltanto richiedono santità e donazione, ma le rendono possibili. Se si partecipa all'essere e alla stessa missione di Cristo è per partecipare anche al suo stile di vita. Il dono del sacerdozio si riceve per vivere in sintonia con Cristo, compiendo come Lui il mandato salvifico del Padre (cfr. Jn 15,10 Jn 10,18).


6. Il dono del sacerdozio si rinnova continuamente nella carità del Buon Pastore: "Rimanete nel mio amore" (Jn 15,9). E come è questo amore di Cristo? "Dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13). così aveva detto il Signore quando si presento come Buon Pastore: "Offro la vita per le pecore" (Jn 10,15).

perciò il sacerdote deve essere sempre "l'uomo della carità".

"Quale pastore del gregge di Cristo, egli non può dimenticare che il suo Maestro è giunto a donare la propria vita per amore. Alla luce di un simile esempio, il sacerdote sa di non essere più padrone di se stesso, ma di doversi fare tutto a tutti, accettando ogni sacrificio connesso con l'amore". (Recita dell'Angelus, 18 febbraio 1990).

Questo aspetto essenziale del sacerdote ha un valore permanente. Per il fatto di essere segno del Buon Pastore, di prolungare la sua parola, il suo sacrificio, la sua azione salvifica, è chiamato a vivere in sintonia con il sentire e l'agire di Cristo. perciò, la spiritualità specifica del sacerdote è "l'ascetica propria del pastore delle anime" (PO 13). Soltanto così sarà "strumento vivo di Cristo eterno" (Ibidem PO 12).

Tutta la vita del sacerdote deve essere una testimonianza di come amava il Buon Pastore, che visse povero per manifestare che dava se stesso; fu ubbidiente ai piani salvifici del Padre perché non si apparteneva; fu casto perché volle condividere in modo sponsale la nostra esistenza per fare di tutta l'umanità una famiglia di fratelli e una offerta a Dio.


7. Il dono del sacerdozio si vive nella perseveranza: "Vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16).

Si, carissimi fratelli, il dono del sacerdozio sarà garanzia della vostra perseveranza se saprete "ravvivarlo" continuamente (cfr. 2Tm 1,6), seguendo le indicazioni ed i mezzi concreti che ci ricorda il Concilio Vaticano II, così come i documenti postconciliari. Poiché sarete predicatori della parola di Dio, dovete approfondire continuamente questa parola nei momenti forti dell'orazione personale e dello studio. Poiché celebrerete i misteri del Signore, dovete viverli voi stessi, in maniera particolare nella celebrazione eucaristica, nella liturgia delle ore e nel sacramento della riconciliazione. Poiché dovete guidare la comunità cristiana e ogni credente per il cammino della santità, dovete voi stessi aspirarvi ardentemente.


8. Il dono del sacerdozio si vive in una intensa comunione ecclesiale: "Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri" (Jn 15,17). L'unità che Gesù vuole per tutta la Chiesa, e in modo particolare per i sacerdoti, è fondata sul mandato di amore, come riflesso dell'unità tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. perciò il Signore chiede intensamente al Padre una testimonianza chiara dell'unità nei suoi discepoli: "Perché siano come noi una cosa sola. Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,22-23).

Il sacerdote insieme al suo Vescovo e con gli altri sacerdoti del presbiterio, sarà promotore di unità nella comunità ecclesiale nella misura in cui egli stesso vive questa comunione. Come evidenzia il Concilio Vaticano II: "La fedeltà a Cristo non può essere separata dalla fedeltà alla sua Chiesa" (PO 14). In effetti, nella misura in cui il sacerdote vive la realtà della Chiesa come comunione, realizzerà veramente la missione della Chiesa e scoprirà anche la realtà della Chiesa come mistero.

Come mi piacerebbe continuare a riflettere con voi su questi aspetti meravigliosi del dono del sacerdozio che oggi riceverete! Nelle mie lettere scritte in occasione del Giovedi Santo, dall'inizio del mio Pontificato, ho esposto la dottrina sacerdotale contenuta nei documenti conciliari ed in particolare nella Scrittura e nella Tradizione della Chiesa. Il mistero di Cristo Sacerdote, che si prolunga in noi è insondabile; perciò le nostre meditazioni e riflessioni sono soltanto una scintilla di ciò che lo stesso Signore vi andrà comunicando se sarete fedeli. In effetti Cristo lo incontrerete nella misura in cui lo amerete. così ci ha detto Lui stesso: "Chi mi ama... anche io lo amero e mi manifestero a lui" (Jn 14,21).


9. Fratelli e figli carissimi: voi siete i sacerdoti dell'ultima decade del millennio! Voi siete i sacerdoti di una nuova epoca di speranza per il Messico! Siate sempre testimoni della verità, della giustizia, dell'amore, specialmente verso i più bisognosi. La vostra vita sacerdotale è una esigente vocazione di servizio, di donazione, di dedizione piena all'opera della nuova evangelizzazione del Messico.

Una società come la nostra, che da una parte tende al materialismo, e dall'altra avverte il desiderio di Dio, ha bisogno di testimoni del mistero. Una società che è divisa, e avverte nello stesso tempo il bisogno di unità e solidarietà, necessita di servitori dell'unità. Una società che dimentica spesso gli autentici valori mentre chiede autenticità e coerenza, ha bisogno di segni vivi del Vangelo.

Mi rivolgo ora a tutti i sacerdoti di questa Regione Pastorale e di tutto il Messico, che è unito a noi in questa solenne celebrazione. Il Papa, che tanto vi ama, vi invita a rinnovare oggi il vostro entusiasmo, la vostra speranza, il vostro impegno apostolico e ministeriale per il bene della Chiesa in questa grande nazione. Cristo ha promesso che mai abbandonerà la sua Chiesa. Il Signore è nostro sostegno nelle avversità, nello scoraggiamento; benedice oggi la nostra comunità con il meraviglioso frutto di nuovi sacerdoti che saranno nuovo vigore nella vita sacerdotale messicana. Accoglieteli come fratelli carissimi; accompagnateli con il vostro sapere e con la vostra esperienza, continuate a promuovere instancabilmente vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. In questo modo la forza salvifica del Vangelo sarà sempre più presente nella vita delle persone, della famiglia, della società.

10. Carissimi fratelli qui presenti! Dinanzi a questa magnifica fioritura di sacerdoti, non possiamo non cantare la misericordia di Dio, come ci suggerisce la liturgia odierna. So che voi spesso pregate per i sacerdoti. E' una diffusa tradizione messicana, molto amata dal Papa. Vi sono tra voi molte anime e molte istituzioni sacerdotali e contemplative, che conservano questo fervore che è fonte non soltanto di vocazioni sacerdotali, ma anche di vocazioni alla vita consacrata e ad una specifica vocazione laicale. Vi chiedo di continuare questa amabile tradizione ereditata da persone sante del passato.

Con voi, quindi, celebro questa liturgia eucaristica e "cantero senza fine le grazie del Signore" (Ps 88,2), perché il Signore ci ha concesso queste vocazioni sacerdotali, che saranno all'interno della comunità segno personale del Buon Pastore. Tutta la Chiesa si felicita con voi, poiché i doni ricevuti da una Chiesa particolare o locale, sono anche per il bene della Chiesa universale.

Grazie perciò alle famiglie messicane, grazie alle madri e ai padri del Messico che generosamente offrono i loro figli perché siano continuatori del sacerdozio di Cristo, come araldi della fede, dell'amore e della speranza.

Il Messico ha bisogno di sacerdoti santi! Il Messico ha bisogno di uomini di Dio che sappiano servire i loro fratelli nelle cose di Dio! Sarete voi questi uomini? Il Papa che vi ama con tutto il cuore, si augura che sia così.

Siate i sacerdoti santi di cui hanno bisogno i messicani e che la Chiesa attende! Che Nostra Signora di Guadalupe vi accompagni sempre per i cammini della nuova evangelizzazione dell'America. così sia.

(Al termine della celebrazione eucaristica, Giovanni Paolo II ha pronunciato le seguenti parole:) Cari fratelli e sorelle, Come si può esprimere questo momento che abbiamo vissuto insieme? Con una parola: Popolo sacerdotale. Si, popolo di Durango, popolo del Messico: sei un popolo sacerdotale, perché partecipi al sacerdozio unico di Cristo Gesù. Questa partecipazione al Sacerdozio unico di Cristo, Vittima, Sacerdote e Altare, costituisce la tua eredità battesimale. Da questa eredità, da questo sacerdozio battesimale, comune a tutti i fedeli, nascono i sacerdoti ministri - sacerdozio ministeriale - come oggi sono nati da te, popolo sacerdotale, i tuoi figli. E' stata una grande giornata nella vita della Chiesa a Durango, in tutto il Messico.

Una grande giornata.

E voglio ringraziare Cristo, Unico Sacerdote, per questo dono supremo che è la nostra eredità, per il nostro bene che ci unisce, nello Spirito Santo, a Lui, Unico Sacerdote. E' un dono che attraverso Lui che è il Figlio Sacerdote, ci unisce al Padre Eterno nello Spirito Santo. Amen.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1990-05-09

Mercoledi 9 Maggio 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Ad altre chiese cristiane - Città del Messico (Messico)