GPII 1990 Insegnamenti - Ai laici raccolti nella cattedrale - Gitega (Burundi)

Ai laici raccolti nella cattedrale - Gitega (Burundi)

Titolo: I movimenti di Azione Cattolica e i movimenti spirituali hanno arricchito l'apporto del laicato alla vita ecclesiale

Cari amici,


1. La vostra accoglienza, in questa Cattedrale di Cristo Re, di Gitega, mi ha profondamente colpito. Vi ringrazio per la vostra unione nella preghiera. Sono toccato dal ricordo che mi offrite, esso sarà per me un segno che ricorderà i vostri volti e le vostre voci. Grazie anche al vostro portavoce che vi ha appena presentati, per aver illustrato con brevi parole la ricchezza della vostra esperienza così come la serietà e la profondità delle vostre attese.

Nel salutarvi di cuore qui, ho ben presente tutto ciò che voi rappresentate nella storia quasi centenaria della Chiesa nel Burundi.

L'evangelizzazione feconda di questa terra deve a voi una grandissima parte della sua notevole diffusione. Il coraggio e la generosità dei catechisti e dei consiglieri parrocchiali hanno consentito di edificare delle comunità vive, di far scoprire ad un popolo aperto per natura alla vita spirituale la bellezza del messaggio di Cristo, la ricchezza dei suoi doni, i forti legami che esso crea tra i membri del suo Corpo attraverso il battesimo e l'Eucaristia, attraverso la legge d'amore di Dio e del prossimo. I Movimenti d'azione cattolica e i Movimenti spirituali sono venuti ad arricchire, nel corso degli anni, l'apporto del laicato alla vita ecclesiale.

In un recente difficile periodo, il laicato del Burundi ha saputo dar prova di maturità e di senso di responsabilità perché le parrocchie e le comunità continuassero a vivere, ad annunciare il Vangelo, a preparare ai sacramenti ed anche a suscitare delle vocazioni sacerdotali e religiose. Di tutto questo, rendo grazie a Dio con voi.


2. La vostra esperienza illustra quanto affermava il Concilio Vaticano II: "Ogni laico..., è il testimonio e insieme lo strumento vivo della missione della chiesa stessa "secondo la misura dei doni di Cristo" (Ep 4,7)" (LG 33).

Si, testimoni del Vangelo, voi avete un ruolo diretto ed attivo nella missione della Chiesa, specialmente come animatori o membri delle comunità e dei movimenti.

Voi svolgete anche questo ruolo nella vostra famiglia e nel vostro lavoro. Laici battezzati, voi condividete la vita quotidiana dei vostri fratelli e delle vostre sorelle Barundi. Spetta a voi per primi di santificare il mondo, di pervadere dello spirito del Vangelo le vostre diverse attività. E sapete quanto sia importante, e talvolta difficile, esercitare le proprie responsabilità nella società restando fedeli a Colui che ci dona il nome di cristiani.

Fra di voi, la maggior parte hanno una funzione nella propria comunità di Chiesa o in un Movimento. Voi collaborate strettamente con i Pastori, Vescovi e sacerdoti; ugualmente con i religiosi e le religiose. Le vocazioni sono diverse, ma tutte contribuiscono all'edificazione del Corpo di Cristo. così, nell'incontrarmi con voi, è mia intenzione di incoraggiare voi responsabili, ma anche di rivolgere, attraverso di voi, i miei incoraggiamenti a tutti i fedeli laici che devono prendere coscienza della loro missione quotidiana di testimoni e di strumenti della missione della Chiesa.


3. Penso naturalmente alle famiglie, cellule di Chiesa. Le famiglie sono le prime "comunità di base", dove l'amore umano, rivolto completamente verso il bene dell'altro, riflette l'amore di Dio. Nella famiglia, la vita è donata ed accolta: donata dai genitori ed al tempo stesso ricevuta da Dio Creatore. Ed è nella loro famiglia che i figli ricevono la loro educazione iniziale.

Siete un popolo in cui la gioventù, molto numerosa, si trova ad affrontare le incertezze di uno sviluppo ancora insufficiente e con l'evoluzione di modi di vita che comporta alcuni aspetti negativi. In questa situazione, la responsabilità della famiglia è più grande che mai. L'educazione dei figli, per i cristiani, fa parte dei doveri del matrimonio, essa dev'essere in armonia con i convincimenti di fede e con i principi di condotta di ogni laico cristiano.

Indubbiamente la scuola e i movimenti giovanili hanno un ruolo essenziale da svolgere. Ma i figli hanno innanzitutto bisogno di ricevere dai loro genitori, attraverso la qualità della vita familiare, attraverso l'esempio degli adulti più vicini ad essi, una vera formazione della coscienza. Illuminati dalla fede vissuta e condivisa in seno alla famiglia, essi assimilano spontaneamente i valori indispensabili alla loro crescita: il rispetto di tutte le persone e dei beni, il senso della verità con cui non si deve transigere, l'apertura alla fratellanza, il piacere del lavoro e il desiderio di acquisire delle conoscenze, l'attitudine a partecipare in modo responsabile alla vita della comunità ecclesiale come a quella della comunità umana in genere, il desiderio di salvaguardare la terra affidata all'uomo dal Creatore.

L'istituzione scolastica e i diversi movimenti giovanili tendono anche a sviluppare queste qualità, ma i genitori non possono tralasciare la formazione iniziale dello spirito e del cuore. In particolare, la formazione di una sana padronanza dell'affettività e della vita sessuale si appoggia innanzitutto su quanto è stato trasmesso dai genitori. E' per questo che rivolgo loro un pressante appello affinché prendano coscienza dell'influenza decisiva sui giovani, della loro stessa vita di coppia, della loro fedeltà nel rispettare i valori di cui abbiamo parlato.

E vorrei ancora aggiungere una riflessione: vi sono tra voi dei bambini orfani, altri che la loro famiglia non può educare in condizioni favorevoli.

Famiglie e educatori cristiani, so che date prova nei loro confronti di una generosa solidarietà. Vi incoraggio vivamente in questo, poiché il Signore ama particolarmente questi piccoli e affida a voi il loro avvenire.


4. Ho appena ricordato l'unità del corpo ecclesiale a partire dalla diversità dei suoi membri e quella delle famiglie cristiane. Vorrei ora sottolineare la responsabilità dei laici cristiani, di tutte le condizioni e di tutte le generazioni, nel rafforzamento dell'unità della Nazione intera. Voi avete provato duramente le sofferenze provocate dal confronto fra gruppi rivali. Voi avete oggi la grande missione di consolidare la coesione di tutto il vostro popolo. Senza pretendere di possedere da soli le soluzioni, i membri della Chiesa devono, nel nome stesso di Cristo, praticare il perdono e fare tutto per la riconciliazione.

L'eguale dignità di ogni uomo e di ogni donna è un principio fondamentale rispettato dai discepoli di Cristo che ha dato la vita per radunare nell'unità tutti gli uomini che Egli ama di uno stesso amore.

Fedeli laici, avete il dovere di promuovere la giustizia animata dall'amore fraterno, in maniera attiva e responsabile. Questo significa che ciascuno, secondo le sue possibilità, è chiamato a contribuire al bene comune. Ne ho già parlato ieri a Bujumbura, lo ricordo semplicemente a voi che avete una più specifica vocazione di animatori della comunità cristiana. Agire per sviluppare l'attività economica, per migliorare l'agricoltura, per creare dei posti di lavoro, tutto questo vi riguarda. E voi, uniti, dovete stare attenti a resistere alle tentazioni di contraddire nella vita quotidiana la concezione evangelica dell'uomo legata alla fede che proclamate.

E ricordatevi che il nostro Redentore ha voluto mostrarsi a noi nelle vesti del Buon Samaritano: non poteva lasciare sul ciglio della strada un fratello ferito e sofferente (cfr. Lc 10,30-37). La grande povertà e la malattia colpiscono molti dei vostri fratelli e sorelle. Custodite le nobili tradizioni di mutuo aiuto dei vostri antenati. Siatene i continuatori e traete ispirazione dalla misericordia che è la grande ricchezza del cuore di Dio, con la generosità che Gesù dimostrava alla Cananea (cfr. Mt 15,22-23), al centurione romano (cfr. Mt 8,5-13), ai lebbrosi senza curarsi della loro origine (cfr. Lc 17,11-19)! Riprendero qui semplicemente la parola di San Paolo: "Il Signore poi vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti"! (1Th 3,12).


5. Cari fratelli e sorelle laici della Chiesa nel Burundi, ho appena ricordato alcuni orientamenti essenziali per voi. Spetta a voi porli in opera concretamente, collaborando con fiducia con i vostri Pastori e fra voi, malgrado gli ostacoli pratici e la povertà dei mezzi a vostra disposizione. Le esigenze del Vangelo sono grandi, nella vita della Chiesa e nel mondo. I cristiani devono rispondere alle pressanti domande del nostro tempo. Potrete affrontarle fedelmente solo se perseguite la vostra formazione spirituale e se progredite nella vostra conoscenza della Parola di Dio. Questo era il senso del ciclo di catechesi e di riflessioni che, da un anno, ha preparato la mia visita pastorale. Continuate in questo senso.

E nutrite la vostra fede con la preghiera e con la partecipazione attiva alla liturgia della Chiesa. In questo modo, il vostro apostolato si alimenterà alle sorgenti vive; i vostri dialoghi e i vostri gesti saranno animati dalla presenza di Gesù che è "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). Continuerete a costruire la Chiesa su questa terra, in un incontro lucido fra il meglio della vostra cultura e la Rivelazione cristiana. Parteciperete al rinnovamento dell'evangelizzazione chiesto dai vostri Vescovi.


6. Battezzati, membri del Corpo di Cristo, assumete il ruolo che spetta a voi nei compiti della Chiesa e questo ruolo è grande nel futuro, così come lo è stato nel passato. Sarete, uniti ai Pastori e ai religiosi, i protagonisti del cammino sinodale che sarà ripreso e che vi porterà al centenario dell'evangelizzazione nel Burundi, all'alba del Terzo Millennio.

Inoltre, offrirete ai vostri Vescovi i frutti della vostra esperienza e delle vostre riflessioni per preparare l'Assemblea del Sinorlo per l'Africa, in cui tutte le chiese particolari del vostro continente sono chiamate a tracciare le vie dell'evangelizzazione pienamente assunta dai figli e dalle figlie di questa terra.

In unione con i miei Fratelli nell'Episcopato, invoco su voi l'intercessione di Nostra Signora, cui la vostra Chiesa è consacrata e invoco su di voi l'abbondanza dei benefici e della Benedizione di Dio.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-06

Giovedi 6 Settembre 1990

Al clero e ai religiosi in cattedrale - Bujumbura (Burundi)

Titolo: Strumenti di riconciliazione e di pace fra tanti conflitti

Cari fratelli e sorelle,


1. Saluto di cuore voi, religiosi, religiose, novizi e voi che siete alle prime tappe della vita consacrata. Lasciate che vi esprima tutta la mia gioia di essere con voi in questa Cattedrale al Bujumbura. Infatti, nelle mie visite pastorali, l'incontro con coloro, uomini e donne, che si sono impegnati sul cammino della perfezione evangelica, costituisce sempre per me un momento privilegiato.

Saluto inoltre i membri del clero diocesano che hanno voluto partecipare a questo incontro e li ringrazio per essere venuti: il loro esempio e la loro presenza sono sicuramente di buon augurio per i rapporti armoniosi che devono esserci fra religiosi e Pastori affinché la missione della Chiesa si compia con la migliore efficacia.

Porgo i miei voti cordiali a Monsignor Laurent Rurayinga e al Signor Abate Jean Ruraseheye che celebrano il cinquantesimo anniversario della loro ordinazione sacerdotale. Auguro loro di continuare la loro vita di sacerdoti nella pace e nella gioia di coloro che si sono lungamente impegnati nei compiti esigenti dell'evangelizzazione.


2. Durante i mesi che hanno preceduto la mia venuta, avete voluto, in occasioni di appropriati ritiri, riflettere sulle chiamate di Cristo e i modi per rispondere ad esse, sulla liberazione che Egli offre, sulla Chiesa e sui sacramenti, doni di grazia che ci aiutano a progredire verso la santità. Avete inoltre adorato e pregato Maria, Madre e modello dei discepoli. Mi felicito con voi per esservi preparati spiritualmente in questo modo all'incontro di oggi.

Desiderate essere testimoni di Dio autentici, efficaci e fedeli, per diventare migliori artefici di comunione. Per questo conviene approfondire sempre più la vostra identità di persone consacrate. E' quel che vorrei fare brevemente con voi questa sera, affinché possiate riempire di ancora più amore la vostra bella missione.


3. Nel parlare dell'Alleanza conclusa fra il Signore e il suo popolo, i profeti dell'Antico Testamento avevano l'abitudine di presentare i rapporti fra Dio e l'umanità nel quadro dell'amore nuziale. Ogni uomo, ogni donna è oggetto da parte di Dio di un amore privilegiato, di un amore sponsale. Il battesimo, facendoci entrare nella famiglia di Dio, consente a questo amore del Signore di essere effuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo. La vita religiosa, che si pone come prolungamento del battesimo, manifesta nella Chiesa quest'ammirevole unione sponsale, che Dio vuole stabilire con noi e che è segno del secolo che verrà.

All'origine della consacrazione vi è la chiamata di Dio, che niente può spiegare se non un amore gratuito ed unico da parte del Signore. E' quanto esprime lo sguardo che Gesù rivolse al giovane ricco: "Allora Gesù, fissatolo, lo amo" (Mc 10,21).


4. Il vostro impegno come religiosi e come religiose, cari Fratelli e Sorelle, è il risultato di questo sguardo d'amore del Signore. La vostra vita voi la offrite come una libera risposta a questo primo amore. Voi lo fate scegliendo di camminare sulle vie evangeliche della castità, della povertà e dell'ubbidienza. Questi consigli formano l'asse portante della vita religiosa. Essi coinvolgono la persona umana a livello dei tre ambiti essenziali della sua esistenza: l'affettività, l'avere e il potere. Vissuti in maniera autentica, essi rivestono un grande significato per gli uomini poiché ciascun voto dà una risposta specifica alle grandi tentazioni umane. Attraverso essi, la Chiesa continua ad indicare al mondo le vie della sua trasfigurazione nel Regno di Dio.


5. La castità libera il cuore perché bruci d'amore per Dio e per tutti gli uomini.

Uno dei più grandi contributi che una persona consacrata possa apportare agli uomini di oggi è quello di rivelare loro, con la sua vita più che con le sue parole, la possibilità di una vera dedizione e di una completa apertura agli altri, condividendo le loro gioie e i loro dolori. Le persone consacrate sono esseri umani nei quali alberga il desiderio di amare, ma che offrono questo desiderio e tutte le sue espressioni a Dio per porle liberamente a servizio del suo popolo.


6. La povertà religiosa è un atteggiamento spirituale basilare, una rinuncia, un rimettere il proprio essere a Dio, al servizio del Regno. "Ecco la serva del Signore", disse Maria, la Vergine povera. La povertà religiosa suppone una vita di lavoro e di sobrietà. Essa incoraggia a condividere, rinunciando personalmente a tutto quanto non sia indispensabile.

Vi sono oggi delle forme di povertà su vasta scala, vissute da individui o sopportate da intere società: la fame, l'ignoranza, la malattia, la disoccupazione, la dipendenza da amministrazioni discutibili, la limitazione delle libertà fondamentali, l'emarginazione a causa dell'appartenenza ad un gruppo sociale particolare. In queste condizioni i religiosi sono spinti ad una più stretta vicinanza ai più poveri e ai più bisognosi, quegli stessi che Gesù, da sempre, ha preferito e con i quali si è identificato. Questa vicinanza li porta ad adottare uno stile di vita personale e comunitario coerente con il loro impegno ed a cercare più da vicino il Cristo povero ed umiliato. Questa "scelta preferenziale" dei religiosi implica il distacco interiore e l'austerità della loro vita comunitaria.


7. La cultura africana è nota per il valore che annette all'appartenenza ad un clan. Il clan è il canale attraverso il quale si viene al mondo, si cresce e ci si apre alla vita. L'individuo pone la riuscita della propria vita in quella del suo clan. E' per questo che ciascuno cerca di conoscere bene lo spirito del suo clan per crescere nella pace.

Entrare in una famiglia religiosa vuol dire anche sposarne il carisma e la spiritualità. E accettarla come quadro nel quale la vita offerta al Signore deve fiorire attraverso la donazione di se stessi. Questo atteggiamento fondamentale di accoglienza e di ascolto, è l'obbedienza.

L' obbedienza consente di percepire i messaggi dello Spirito di Dio che giungono attraverso le costituzioni, i superiori, i confratelli o le consorelle, attraverso gli avvenimenti.

L'obbedienza del religioso o della religiosa s'ispira a quella di Cristo, che riteneva un dovere e una gioia entrare nel disegno di suo Padre. "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera" (Jn 4,34). Lungi dallo sminuire la dignità della persona, l'obbedienza la conduce a una maggiore maturità accrescendo la libertà dei figli di Dio.


8. Per affrontare le esigenze della vita consacrata, è necessaria una formazione permanente. Nel corso della loro vita, i religiosi devono continuare con cura la loro formazione spirituale, dottrinale e pratica. Tocca allo stesso religioso di sentirsene responsabile. Infatti, alla chiamata di Dio, sempre nuova, egli è incessantemente invitato a dare una risposta nuova e personale. Interiorizzare i valori della vita religiosa in ogni tappa della vita e della missione è per ognuno un dovere di coscienza. La formazione permanente aiuta il religioso a dare prove di creatività pur restando fedele alla sua vocazione e al suo istituto. "Seguire Cristo" significa che ci si pone sempre in marcia per essere in grado di rendere testimonianza viva e vera del Regno di Dio in questo mondo.

In definitiva, cos'è la formazione permanente? E' un processo globale di rinnovamento chè si estende a tutti gli aspetti dell'attività personale.

Essa tocca la vita spirituale e include un approfondimento della fede e del senso della professione religiosa. Da qui l'importanza dei tempi di rinnovamento spirituale e dei ritiri. Essa riguarda l'attualizzazione dottrinale, lo studio delle fonti bibliche, dell'insegnamento della Chiesa, fino ai recenti documenti del magistero, approfondendo la conoscenza delle culture dei luoghi dove si vive.

Essa consente al religioso di avere una reale familiarità con la storia del suo istituto, del suo spirito e della sua missione, per vivere fedele al carisma del fondatore.

Si ha anche la cura di aggiornare i metodi e i contenuti delle attività pastorali, in collaborazione con gli altri operatori della pastorale locale.

Si guardino i religiosi dal considerare il loro istituto come un'isola fra altre comunità ecclesiali: sviluppino al contrario un vero senso della Chiesa!


9. Questo senso della Chiesa consiste nell'avere coscienza di appartenere a un popolo in cammino, a un popolo che ha origine nella comunione trinitaria e che si riconosce come il Corpo di Cristo; un popolo che ha radici in una storia, che si poggia sul fondamento degli Apostoli e sul ministero dei loro successori. Un popolo che si apre alla Parola di Dio attraverso il canale della Scrittura e della Tradizione; che aspira all'unità visibile con le altre comunità cristiane; un popolo missionario, infine, che non avrà pace finché il Vangelo non sarà annunciato dappertutto.

So che alcune famiglie religiose del Burundi sono aperte all'attività missionaria fuori dal Paese. Me ne rallegro con loro e auspico che si sviluppi ancora il senso della missione nell'ambito della Chiesa universale.

10. Vorrei anche rivolgere il mio incoraggiamento particolare alle religiose di vita contemplativa: alle Clarisse, alle Visitandine e alle Domenicane. Sappiano che hanno un posto scelto nella Chiesa! Il loro apostolato, è appunto la loro vita contemplativa, perché è il loro modo caratteristico di essere la Chiesa, di vivere nella Chiesa.

Attraverso un assiduo contatto con la Scrittura, le religiose di vita contemplativa scoprono come Dio non smette di cercare la sua creatura per stringere alleanza con essa e come, in risposta, tutta la vita dell'uomo non possa essere che una incessante ricerca di Dio. Impegnandosi esse stesse pazientemente in questa ricerca, esse testimoniano la gioia che si prova nel volgersi a Dio attraverso una conversione che continua per tutta la vita, Infine, esse incoraggiano nell'uomo di oggi il senso primordiale dell'adorazione.

11. In un mondo di conflitti, in un Paese che ha conosciuto gravi problemi etnici, i consacrati hanno a cuore l'essere strumenti di riconciliazione.

Nel pensiero di Dio la Chiesa è composta da persone riconciliate che sono state lavate nel sangue di Cristo e che hanno ricevuto lo Spirito di pace.

Questo popolo esiste per riunire e riconciliare gli uomini. Chiedendo di essere battezzato, il cristiano s'impegna a compiere la missione che riceve ciascun membro della Chiesa: essere un artefice della pace.

I sacerdoti che hanno impegnato tutto il loro essere nel sacerdozio di Cristo e i religiosi che hanno fatto professione di sviluppare al meglio le energie donate loro dal battesimo, sono più d'altri chiamati ad essere artefici della pace. Con tutta la vostra vita proclamate l'amore, la fraternità universale fondata su questa qualità di figli dello stesso Dio e Padre propria di tutti gli uomini; proclamate la dignità umana da cui derivano tutti i diritti fondamentali della persona; fate regnare la pace fra voi e continuate a costruire insieme una Nazione unita! 12. Prima di concludere, vorrei incoraggiare i sacerdoti diocesani a rinnovare l'interesse che hanno per la vita religiosa. Lungi dal considerare le persone consacrate unicamente come dei collaboratori o delle collaboratrici nell'apostolato, essi avranno a cuore la promozione della vita religiosa come tale, cioè come una scuola di santità.

Si sforzino con i Vescovi di essere per i religiosi e le religiose maestri spirituali e guide di perfezione! Siano educatori di vocazioni e diano prova di diligenza pastorale per risvegliare i religiosi e le religiose ad un senso sempre più approfondito della Chiesa! Sappiano mettere a frutto la disponibilità dei religiosi e delle religiose che per la loro consacrazione, scelgono volontariamente e liberamente di abbandonare tutto e di andare ad annunziare il Vangelo! Infine, i pastori e le persone consacrate, sotto l'impulso dello Spirito Santo, che nella sua essenza è creatore, s'impegnino in esperienze reciproche che testimonino lo spirito di riconciliazione e di pace fra i battezzati! 13. Affido i vostri sforzi in una maniera particolare alla Vergine Maria, nostra Madre comune che prega per l'unità della famiglia di Dio. Con voi, la supplico: "Vieni in soccorso del popolo che cade e che cerca di risollevarsi!".

Guarisci le ferite di coloro che hanno sofferto e soffrono ancora in questo Paese! Custodisci in uno stesso amore tutti gli abitanti del Burundi! Aiuta i religiosi e le religiose di questo Paese ad essere artefici della verità e della comunione, per il bene e la pace di tutti! Di cuore, vi imparto la mia Benedizione apostolica.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-06

Giovedi 6 Settembre 1990

Ai capi delle comunità non cattoliche - Bujumbura (Burundi)

Titolo: "Sento la particolare responsabilità di chiamare e stimolare i cristiani a crescere nell'unità"

Cari fratelli,


1. Durante questa visita che Dio mi consente di compiere nel vostro Paese, sono veramente felice di avere l'opportunità di incontrarvi. Saluto molto cordialmente e con sentimenti di buona volontà ciascuno di voi.

Vorrei rivolgermi innanzitutto a voi, fratelli cristiani che, con i cattolici del Burundi date testimonianza del nostro comune Signore, Cristo Salvatore del mondo. Ci è stata affidata la rivelazione del disegno di Dio sulla famiglia umana e dobbiamo esserne i portavoce. Noi crediamo che Dio vuole radunare l'umanità tutta in una comunione d'amore con Lui. Per pura grazia siamo beneficiari di questo straordinario dono e, per il legame sacramentale del battesimo, è instaurata fra noi una unione così forte che nulla può distruggere poiché essa è l'opera stessa di Dio.


2. Certo, vi sono ancora fra noi delle divergenze dottrinali, a volte profonde, retaggio delle incomprensioni e dei disaccordi del passato, che bisognerà superare per ubbidire alla volontà di Cristo; ma quel che ci unisce supera già ora di molto quanto ancora ci separa. Nella nostra comune eredità possiamo trovare le risorse necessarie non soltanto per una tolleranza ed un rispetto reciproci, ma anche per tendere verso l'unità sempre più profonda fra noi e per essere sin d'ora insieme, malgrado le nostre debolezze e le nostre infedeltà, un segno che inviti gli uomini e le donne del nostro tempo ad entrare in comunione con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo e in comunione gli uni con gli altri.


3. Ogni qualvolta possibile, i cristiani devono formare insieme, in nome di Cristo, una comunità di pace e di riconciliazione al servizio del loro Paese, e di tutto il mondo. Per questo, abbiamo bisogno di incontrarci per conoscerci, per rispettarci ed amarci reciprocamente. I gruppi e gli organismi ecumenici, sia a livello locale che internazionale, nonostante le difficoltà ed i limiti di ogni istituzione umana, sono spesso mezzi appropriati per accrescere la reciproca fiducia, per accogliere la Parola di verità e rafforzare la comune testimonianza.

Come Vescovo di Roma, sento una particolare responsabilità di chiamare e stimolare i discepoli di Gesù perché crescano insieme verso quest'unità sempre più perfetta per la quale il Signore ha pregato (cfr. Jn 17,21).


4. I cattolici, laici e religiosi, sacerdoti e vescovi, devono tutti avere "la cura di ristabilire l'unione" che "riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e tocca ognuno secondo la propria capacità, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici" (Concilio Vaticano II, Unitatis Redintegratio, UR 5). So che rispondendo a quest'esigenza del Concilio Vaticano II, i cattolici del Burundi hanno preso delle iniziative con voi. Mi è gradito sottolineare la collaborazione attiva che esiste in questo Paese per la traduzione e la diffusione della Sacra Scrittura, in seno alla Società Biblica.

"La parola di Dio è viva, efficace" (He 4,12); in essa tutti i cristiani trovano una sorgente e una base per la loro testimonianza comune in un mondo in cui devono brillare come sorgenti di luce portando la Parola di Vita (cfr. Ph 2,15-16).


5. Saluto anche voi, onorevoli rappresentanti della comunità islamica e della comunità dei Bahais. La vostra presenza ci esorta a riflettere per un momento sulle relazioni che devono esistere fra credenti. Saranno fra poco venticinque anni da quando il Concilio Vaticano II ha ricordato che le diverse religioni cercano di rispondere alle aspirazioni più profonde del cuore umano e che le "vie" proposte sono degne di rispetto (cfr. NAE 2). Il fondamento di questo reciproco rispetto non è forse la dignità della persona umana, creata da Dio e per Dio? Consci della nostra comune origine e del nostro comune destino, sappiamo collaborare al servizio di questa dignità, dinanzi ai gravi problemi che affliggono il nostro mondo. Credenti, siamo i primi a rispettare la vita, ad intervenire in favore dei più indifesi, dei più vulnerabili, ad operare per la giustizia! Formulero qui ancora una volta i voti che ho espresso l'anno scorso a Giacarta: "Adoperiamoci insieme per la comprensione reciproca e la pace. A nome di tutta l'umanità, facciamo causa comune nel salvaguardare e promuovere quei valori che costituiranno la salute spirituale e morale del nostro mondo. Poniamoci generosamente al servizio della volontà di Dio, come la conosciamo, in uno spirito di dialogo, di rispetto e di cooperazione" (10 ottobre 1989). Ed auguro a tutti i credenti del Burundi di progredire sulle vie dell'unità e della pace.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-06

Giovedi 6 Settembre 1990

Alla comunità polacca in Nunziatura - Bujumbura (Burundi)

Titolo: "Vegliare con Maria, il miglior augurio per tutti i polacchi"

Quest'appello viene recitato alle nove di sera. Penso che in Polonia sarà più o meno la stessa ora. Sono contento che il nostro incontro sia incentrato sull'"Appello di Jasna Gora", perché esso costituisce il miglior augurio da fare a tutti i polacchi ovunque si trovino. Questo vegliare con Maria, Regina della Polonia, è nel contempo la realizzazione di tutto ciò che l'uomo possa augurare a se stesso, alla Patria, a coloro che vivono là e costruiscono da capo la vita della patria indipendente, ed a coloro che vivono fuori della Polonia. Qui nel Burundi quest'augurio va ai vostri fratelli, figli e figlie di questa terra tra i quali lavorate, che servite in vari posti e in vari modi, come sacerdoti, come missionari, religiose, responsabili laici, ed infine rappresentanti di varie istituzioni legate a questo Paese.

Auguro a tutti la benedizione di Dio, la benedizione per la vita delle vostre famiglie: quest'esperienza africana possa essere costruttiva per i vostri figli, e non solo per i figli, ma anche per gli adulti. Con tutto il cuore benedico tutti i presenti e tutti coloro che vi stanno a cuore.

Data: 1990-09-06

Giovedi 6 Settembre 1990

All'ospedale "Principe Reggente Carlo" - Bujumbura (Burundi)

Titolo: "Vi amo come siete ora, più fragili nel portare la sofferenza"

Cari amici, Ho voluto venire un momento fra voi, perché i malati hanno un posto privilegiato nel mio cuore. Vorrei portarvi un po' di conforto. Siatene certi, per la Chiesa e per l'intera comunità umana, voi siete fratelli e sorelle molto amati.

E' vero che la malattia vi allontana dalle vostre colline e dai vostri quartieri, ma voi rimanete presenti nell'affetto dei vostri cari. Noi vi amiamo come siete in questo momento, più fragili nel portare il segreto della vostra sofferenza.

Quelli che godono di buona salute, e ciò talvolta vi rattrista, hanno difficoltà a comprendere la vostra prova e ad esprimervi tutto ciò che sentono, perché tutti si chiedono la ragione di tante sofferenze. Non la si può spiegare.

Voi stessi, lo sapete meglio di chiunque altro. Ciò che desidero dirvi è che non siete abbandonati da Dio. Io vengo qui nel nome di Gesù. Nel Vangelo, lo vediamo spesso con i malati. Ne guarisce molti, perché è venuto per combattere il male. Ed egli fa ancora di più: prende su di sé la sofferenza dei suoi fratelli, animato dall'amore infinito che lo porta a donare la propria vita per salvare gli uomini.

Fratelli e Sorelle malati e disabili, nel vostro percorso di dolore, Gesù è vostro compagno di cammino. Egli porta con voi il fardello della vostra sofferenza. Egli è risorto; è salito accanto al Padre per prepararvi un posto nel suo Regno. Egli è la vostra speranza.

Mi rivolgo ora ai medici, agli infermieri e a coloro che qui sono vicini ai malati. Tengo ad esprimere tutta la mia stima per la vostra competenza e la vostra dedizione. Cari amici, voi conducete contro il male una lotta difficile e perseverante. Vi incoraggio in questa missione così profondamente umana alla quale collaborate, Burundesi e collaboratori venuti dall'estero, per garantire ai vostri pazienti le migliori cure possibili.

La riconoscenza dei malati vi è data per i vostri trattamenti medici e anche per i vostri gesti di amicizia, la vostra comprensione, il vostro rispetto e il vostro sostegno fraterno. Questa gratitudine si estende ai sacerdoti che esercitano qui il loro ministero spirituale, così come ai volontari che visitano i più emarginati; che il Signore ricompensi la loro fedeltà e la loro generosità! Cari amici, avrei voluto prolungare la mia visita e la mia conversazione con voi. Lo faro con un messaggio che indirizzo a tutti i malati del Burundi e ai loro terapeuti. Ma non vi lascio veramente. Voi rimanete nel mio pensiero, nella mia preghiera. Celebrero fra poco la Messa per tutti i Burundesi, non vi dimentichero nell'offrire il Sacrificio di Cristo.

Nel partire, vi esprimo con emozione la mia simpatia per voi che affrontate delle dure prove. Vi ringrazio, a nome della Chiesa e della società intera, per la vostra testimonianza di coraggio, di dignità umana e di fede.

Con fervore, invoco su di voi la protezione materna di Nostra Signora, e vi benedico di tutto cuore.

(Il Santo Padre ha poi impartito la sua benedizione apostolica dicendo:) Che Dio benedica tutti gli ammalati e anche coloro che vi assistono: medici, infermieri, infermiere.

Il messaggio odierno è orientato, rivolto, a tutti gli ammalati del vostro Paese.

Che Dio benedica anche tutti gli ammalati ovunque, in ogni ospedale, in ogni posto in cui soffrono.

Questa benedizione che vi ho offerta, l'offro ugualmente a tutti.

Quindi, il Papa ha così proseguito: Mi rivolgo a tutti coloro che curano gli ammalati in questo grande ospedale, ai medici, infermieri, infermiere.

Che Dio vi benedica, che vi dia l'ispirazione non solo professionale ma anche umana per poter assistere in ogni persona e in ogni ammalato un fratello, una sorella.

Direi di più: per poter assistere in ogni persona ammalata Gesù Cristo stesso, quando in un momento decisivo ha detto: "Tutto quello che fate per uno di questi piccoli, per uno di questi ammalati, voi lo fate per me".

Che Dio vi conforti, che vi dia questo amore, amore che è una parte costitutiva della vostra vocazione in questo ospedale e in tutti gli ospedali del vostro Paese e dell'Africa. Molte grazie.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-07

Data estesa:Venerdi 7 Settembre 1990

Messaggio ad ammalati e infermieri - Bujumbura (Burundi)

Titolo: La "compassione" aiuta i malati a superare la disperazione e conservare il coraggio

Ai miei fratelli e alle mie sorelle malati in Burundi, ai medici e ai membri del personale sanitario.


GPII 1990 Insegnamenti - Ai laici raccolti nella cattedrale - Gitega (Burundi)