GPII 1990 Insegnamenti - Ai giovani nello stadio "Amahoro" - Kigali (Rwanda)

Ai giovani nello stadio "Amahoro" - Kigali (Rwanda)

Titolo: Posate sugli esseri e sul mondo lo stesso sguardo di Dio




1. Cari giovani. Un cordiale buongiorno! Grazie dell'accoglienza che mi riservate secondo la bella tradizione del vostro caro Paese! Grazie a Monsignor Thaddée Nsengiyumva per le sue parole di benvenuto! Grazie, in particolare, ai vostri portavoce che mi hanno espresso ciò che vi sta più a cuore.

Gesù sia lodato!


2. Voi sapete quanto io desideri prendere contatto con i giovani dei Paesi che visito. Nel Rwanda voi rappresentate più della metà della popolazione! La Chiesa tiene a comunicarvi quello che ha ricevuto da Cristo e che dà un senso alla vita.

Voi tutti che mi ascoltate oggi, siete il Rwanda di domani: Giovani, voi siete il Rwanda di domani.

A giudicare dalle numerose domande che mi avete posto, vedo che vi siete preparati a questo incontro con serietà. Mi felicito con voi. Constato che avete sete della verità, come ha appena detto uno di voi.

Evidentemente, non sarà possibile rispondere a tutte le vostre domande.

Scoprirete progressivamente le risposte che cercate, con l'aiuto dei vostri amici, dei fratelli maggiori e dei vostri sacerdoti: essi hanno il compito di accompagnarvi nella vostra crescita spirituale.


3. Conosco le vostre difficoltà: la povertà, la mancanza di terra, la disoccupazione, il razzismo e il regionalismo, il libertinaggio sessuale, le seduzioni dei falsi messia... Voi mi chiedete un messaggio che vi aiuti a guardare intorno a voi, in voi e in Gesù Cristo. Ciò che io vorrei soprattutto, durante questo colloquio, è di comunicarvi il gusto di scegliere quello che permette veramente di essere felici.

Per riprendere il vostro linguaggio, un "Saggio" c'insegna che, allo scopo di cambiare il mondo e di renderlo migliore, bisogna cominciare a cambiare se stessi. Questo "Saggio" è Gesù Cristo. E' in suo nome che io vi parlo. Cristo è vostro amico: vi ama. Sforzatevi di conoscere di più Lui e il suo Vangelo. Una delle parole più importanti di Gesù che amo ripetere ai giovani è questa: "lo sono la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6). San Pietro aveva ben compreso che Gesù era il solo Maestro di sapienza degno di essere ascoltato e seguito senza riserva: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,69).

Si, il Cristo traccia un cammino che conduce alla verità di cui voi avete sete. Ma per avanzare sulla strada, bisogna avere gli occhi aperti, occorre la luce. In fondo, sul cammino della vita, siamo un po' tutti come il cieco di cui ci ha parlato il Vangelo. Come lui, finché non si vede, si è infelici, si grida, si mette a soqquadro tutto. Per questo, quando Gesù chiede al cieco Bartimèo: "Che cosa vuoi che io ti faccia?", la risposta è immediata: "Rabbuni, che io riabbia la vista!". E il Vangelo aggiunge: "E subito riacquisto la vista e prese a seguirlo per la strada" (Mc 10,46-52).


4. Per intraprendere il cammino della vita, bisogna dunque vedere; e la luce che Gesù ci dona per vedere e per seguirlo, è la fede. Voi avete posto questa domanda: "Che cosa è la fede?". La fede ci permette di posare sugli esseri e sul mondo lo stesso sguardo di Dio. Essa approfondisce, essa allarga la nostra visione e ci orienta nella vita.

La fede, cari amici, è un dono di Dio; voi l'avete ricevuta col battesimo. E' un tesoro; bisogna farlo fruttare. Bisogna vivere il messaggio di Cristo. Meditatelo, soli e in gruppi, nei vostri movimenti. Sull'esempio di Maria, tenete presente nel vostro cuore la Parola di Dio che avete ascoltato.

Condividetela con altri e pregate insieme per essere forti, generosi e perseveranti. Usate i vostri talenti di giovani nelle assemblee eucaristiche delle vostre parrocchie.


5. Gli operai del Vangelo formano un immenso popolo in cammino, il Popolo di Dio, che si chiama la Chiesa. Cristo ha affidato la Chiesa nascente alle cure di un gruppo di dodici persone: gli Apostoli. A loro capo egli ha posto uno di essi: Pietro. Gesù ha affidato a Pietro una-missione particolare di fondazione: "Tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia Chiesa" (Mt 16,18). I cristiani sono le altre pietre viventi di questo edificio spirituale. Gesù ha promesso a Pietro la sua preghiera perché la sua fede non venga meno.

Oggi gli Apostoli hanno per successori i vescovi. Il ruolo del Papa, Vescovo di Roma, corrisponde precisamente al ruolo di Pietro nel collegio degli Apostoli: egli consolida i suoi fratelli nella fede. Io sono venuto in Rwanda per confermarvi nella fede. Gesù sia lodato! Alcuni di voi si dichiarano turbati nella loro fede a causa delle sette.

Che cosa è che spinge le persone verso le sette? A volte, è la ricerca di una comunità in cui ci si sente ben circondati e ben sostenuti. A volte è la ricerca di ministri che rispondano in modo molto personale a quello di cui si ha bisogno.

A volte ancora, è la ricerca di un insegnamento impartito con autorità. Ma è precisamente nella Chiesa caffolica che si trovano le risposte a queste attese. E' lei che ha ricevuto da Cristo il messaggio della salvezza. Spetta a noi, cari amici, sfruttare bene le ricchezze che ci sono state affidate! Attenzione a rispettare la libertà di ciascuno perché la libertà è necessaria all'atto di fede, il vero dialogo non è possibile che con coloro che diffondono il loro messaggio nel rispetto della libertà di coscienza di ciascuno.


6. Ciò che Cristo propone a coloro che vogliono camminare al suo seguito, lo trovate riassunto al centro del Vangelo, nella pagina delle beatitudini (cfr. Mt 5,1-12). Le beatitudini sono delle vie che conducono alla felicità. Ve n'è una che vorrei sottolineare, perché mi sembra che i Rwandesi e le Rwandesi abbiano bisogno di ascoltarla oggi. E' questa: "Beati gli operatori di pace". Con ciò Gesù vuol dire che una delle strade della felicità è di lavorare per unire gli uomini e per edificare la pace tra essi.

Beati gli operatori di pace! A questo proposito avete chiesto: "Santo Padre, lo sa che il razzismo e il regionalismo imperversano in Rwanda e anche in seno alla Chiesa? Quale ruolo assegna alla sua Chiesa perché si converta e denunci le ingiustizie?".

Per rispondere a questa domanda, occorre basarsi sugli elementi essenziali della nostra fede. Tutti gli esseri umani sono figli del Padre e creati a sua immagine. La paternità di Dio è universale e la fraternità tra gli uomini è perciò ugualmente universale. Nutrire dei sentimenti razzisti, è contrario al messaggio di Cristo, perché il prossimo che Gesù ci chiede di amare non è soltanto l'uomo del mio gruppo sociale, della mia religione o della mia Nazione: il prossimo è ogni uomo che incontro sulla mia strada.

I miei Fratelli vescovi rwandesi hanno affrontato questo problema nella loro Lettera pastorale: "Cristo, nostra unità". Con essi, io vi dico: "Vivete nella carità, rispettatevi gli uni gli altri, nessuno disprezzi suo fratello con il pretesto che egli si crede più favorito o migliore, al contrario accogliamoci gli uni gli altri rendendo grazie al Signore, che ci ha creati differenti affinché formiamo un medesimo corpo come membra complementari. Dio ci doni la grazia di rinnovarci, rifiutando ciò che divide i suoi figli! Cerchiamo ovunque l'unità: nelle nostre case, nelle scuole, nelle diverse famiglie con le quali ci riuniamo, nelle associazioni, al lavoro e nella pastorale. Preghiamo spesso per l'unità dei Rwandesi; i cristiani, come figli di Dio, diano l'esempio della collaborazione e del reciproco aiuto; Gesù Cristo ci insegni a cercare l'unità nella fede, nel lavoro e in tutta la nostra vita" (Cristo, nostra unità prima parte, conclusione, pag. 27)!


7. Passo ora a un altro soggetto: quello dell'amore. L'amore è un dinamismo interiore, o meglio: una virtù, che spinge a donare se stessi e trasporta verso la comunione degli esseri. E' la più grande delle virtù teologali, divine ed umane, la più grande di tutte le virtù in generale. E' in questo modo che Dio ama nella sua vita trinitaria: ogni Persona divina è interamente rivolta verso l'altra e riceve tutto dall'altra in una perfetta unità.

E' in questo modo che anche il Figlio di Dio ci ha amati, al punto da farsi uomo e da dare la sua vita per noi. "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

Molte persone hanno amato alla maniera di Gesù, offrendo la vita per i loro amici. Alcuni lo fanno scegliendo il ministero sacerdotale o la vita consacrata. Questi stati di vita implicano la rinuncia al matrimonio, ma sono motivati prima di tutto dall'amore.


8. Per la maggior parte di voi, l'amore culminerà nella fondazione di una famiglia. Seguendo il progetto di Dio, il matrimonio è uno stato di vita stabile in cui l'uomo e la donna si aiutano a vicenda attraverso un dono reciproco e nell'unità. Il sacramento dà l'energia necessaria per costruire un focolare solido, dove anche i figli troveranno l'amore al quale hanno diritto per svilupparsi armoniosamente. Il matrimonio è, ad immagine dell'amore che Dio ha per la Chiesa, un'alleanza che impegna per tutta la vita, nello stesso modo con cui Dio ci ama senza ritorno. Tale è il matrimonio cristiano. Io vi incoraggio, cari giovani, a stimarlo, a prepararvi alle vostre responsabilità di sposi e di genitori. Occorre una regola di sana condotta morale per edificare solidamente un focolare cristiano. E' esigente. Vi invito a comprendere bene queste esigenze e a non aver paura d'impegnarvi. Ne va della vostra felicità. Ne va dell'avvenire del vostro Paese.


9. Posso aggiungere che ne va della vostra salute? Il Rwanda, come ahimè troppi Paesi africani, deve far fronte al flagello dell'Aids. Vi esorto a testimoniare tutta la vostra simpatia, il vostro aiuto e la vostra solidarietà ai vostri fratelli e sorelle colpiti dall'Aids, ed ai sieropositivi che conoscono l'angoscia. Vi invito con insistenza a pregare con me per coloro che sono colpiti da questa terribile malattia. Incoraggio di tutto cuore, esprimendo loro la mia stima, le persone che curano i malati e li sostengono moralmente. Spero veramente che le ricerche in biologia e in medicina giungano presto alla scoperta di un rimedio efficace contro questo male.

L'attuale epidemia, voi lo sapete, è anche l'occasione per ciascuno di interrogarsi sui suoi comportamenti sessuali. Si tratta, in effetti, di condotte che snaturano il senso stesso della sessualità e moltiplicano i rischi dell'epidemia. A tutti, vorrei ripetere che l'amore umano si vive nel matrimonio.

La fedeltà e la castità, che caratterizzano il matrimonio cristiano, contribuiscono a rafforzare la padronanza di sé. Esse sono contrarie al libertinaggio sessuale, il quale aumenta il pericolo del contagio dell'Aids. I vostri sforzi per vivere l'amore umano secondo il piano di Dio, da persone responsabili, contribuiscono in maniera più giusta e più nobile a lottare contro la propagazione dell'epidemia. Dio vuole che l'uomo sia sano. Non lo ha creato per dare la morte ma per trasmettere la vita. E' necessario che siamo risoluti nel preparare delle generazioni sane. E' un vostro dovere rinforzare la vostra volontà.

10. Non posso lasciarvi senza parlare anche delle vostre inquietudini d'ordine economico.

Le giovani generazioni si chiedono con angoscia se esse troveranno del lavoro. Il vostro Paese è molto popolato. Alcuni pensano: la società ha bisogno di me? Potro avere anch'io un impiego adatto che mi permetta di vivere? Lasciate che vi dica una parola di conforto e di incoraggiamento. Con l'aiuto dei vostri pastori e dei vostri educatori, organizzate delle micro-realizzazioni, come fanno i giovani di altri Paesi; del vostro Paese dalle mille colline e dai mille problemi, fate un Paese dai mille progetti.

Raggruppatevi e create delle piccole industrie, delle cooperative a misura d'uomo; imparate a produrre meglio pur rispettando la terra; amate il lavoro manuale, sull'esempio di Cristo che era conosciuto come il figlio del carpentiere; impiegate attivamente i talenti che avete ricevuto; cercate anche altri orizzonti; siate aperti ai Paesi amici che sarebbero pronti ad accogliervi e ad offrirvi un impiego. Soprattutto, non perdetevi di coraggio. Siate forti! 11. Permettetemi di concludere contemplando con voi la giovinezza di Gesù.

L'evangelista Luca ci dice: "Quanto a Gesù, egli cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (2,52).

A voi tutti, cari amici, auguro una vera crescita. Possiate integrare tutto quello che è vero, buono e bello! Possiate crescere in sapienza attraverso le amicizie che si stabiliscono in questa tappa della vostra vita! Nostra Signora, la Madre di tutti noi, vi aiuti nella vostra crescita e nel vostro cammino sulle strade della vita! Di gran cuore, in nome di Dio, vi offro la mia Benedizione apostolica.

(Il Santo Padre ha poi aggiunto:) Per concludere benediro questa assemblea ma voglio aggiungere ancora qualche parola perché non minaccia più di piovere. Devo dire di amare sempre di più il suono del tamburo. Questo significa che sto diventando sempre più rwandese.

Bisogna aggiungere che anche i burundesi amano il tamburo. Sono prima diventato burundese, e adesso divento rwandese.

C'è ancora una cosa che voglio dirvi. E' una cosa molto più importante, amici miei. Un ragazzo e una ragazza mi hanno più volte definito saggio. E' questa una parola che suscita riflessione. Questa riflessione si esprime con le parole di San Paolo che dice che la nostra salvezza è la Croce di Cristo. Non oso ripetere le parole di questo grande Apostolo anche se devo riconoscere che non esiste alcuna fonte di saggezza eccetto Cristo, crocifisso e risorto. E' la Parola di Dio, non solo una parola parlata, ma una parola esistenziale, una realtà. Dio artefice di tutto il Creato è penetrato in esso ed è venuto tra noi per comunicarci questo: la croce di Cristo e la risurrezione di Cristo. E se c'è una cosa che desidero augurarvi alla fine di questo incontro è quella di avanzare nella luce di questa saggezza. So che la vita non sarà facile. Potranno esserci dei problemi e delle sofferenze, ma questa saggezza è la forza. Vi auguro questa forza che si trova in Cristo, crocifisso e risorto. Grazie.

(Dopo la premiazione della squadra vincitrice del Torneo di Calcio il Papa ha detto:) Cosa devo dirvi per riassumere tutte queste esperienze? Penso che le parole più adatte siano le parole in latino, una lingua così antica: "mens sana in corpore sano". Chiedete quindi ai vostri insegnanti, ai vostri genitori, di spiegarvi il loro significato. In ogni caso vi ringrazio di tutto cuore per questa serata, densa di contenuti ed emozioni. Grazie per i vostri doni così significativi. Grazie soprattutto per il regalo della vostra presenza, del vostro entusiasmo, della vostra fede e della vostra speranza. Devo farvi una promessa: portero nel mio cuore la gioventù, la ricordero nella mia preghiera, affinché io possa camminare con la giovane generazione del vostro Paese. I giovani e le giovani rwandesi marciano verso un avvenire migliore. Che Dio vi benedica.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-08

Sabato 8 Settembre 1990

Ad esponenti delle comunità non cattoliche - Kigali (Rwanda)

Titolo: Preghiamo Dio affinché ci dia la forza per camminare insieme

Cari fratelli,


1. In occasione della mia visita pastorale in questo Paese, sono felice di potervi incontrare e vi ringrazio per le vostre parole di benvenuto. Vi saluto chiamandovi amici, perché l'amicizia è certamente la realtà che dà significato al nostro incontro. L'amicizia si esprime con il rispetto e la fiducia nell'altro, con il desiderio di dare e di ricevere e di essere autenticamente se stessi di fronte agli altri. Attraverso voi, incontro tutti i credenti del Rwanda che, nella vita quotidiana, instaurano legami di amicizia.


2. Mi rivolgo anzitutto a voi, amici cristiani. Sapete come l'evangelista, San Giovanni, ci fa conoscere il nuovo rapporto che Gesù ha instaurato tra Lui e gli Apostoli che aveva scelti: "Non vi chiamo più servi, ma vi chiamo amici" (Jn 15,15). Noi che abbiamo ricevuto l'eredità trasmessa dagli Apostoli, siamo amici di Cristo perché egli ci ha fatto conoscere tutto quello che ha udito dal Padre (cfr. Ibidem Jn 15,15). L'amicizia che nostro Signore ha per ciascuno di noi è stata suggellata in modo definitivo nel giorno del nostro battesimo quando siamo stati incorporati a Lui. Esiste così tra noi una comunione, certamente ancora incompleta, ma reale e profonda, grazie al legame sacramentale del battesimo. La nostra amicizia è dunque molto più di un'espressione di buona volontà, essa è l'effetto dell'amore stesso di Dio "che è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (cfr. Rm 5,5).

E' nella luce di questa straordinaria realtà che le nostre relazioni devono svilupparsi, affinché possiamo essere sempre più fedeli alla volontà del Cristo sulla sua Chiesa e alla nostra missione nel mondo. E' dunque evidente che siamo chiamati a crescere nella reciproca fiducia e ad essere pieni di rispetto gli uni verso gli altri, sia tra le persone che tra le comunità, perché abbiamo ricevuto la stessa Parola di Dio che dobbiamo lasciare penetrare nelle nostre vite e che dobbiamo rendere accessibile ai nostri fratelli. E' fonte di gioia il fatto che abbiate potuto, insieme, offrire agli abitanti del Rwanda una tradizione comune del nuovo testamento. Auspico che, con la grazia di Dio, con i vostri fratelli cattolici, possiate testimoniare sempre di più insieme il Vangelo di Cristo e servire disinteressatamente la vostra cara Nazione del Rwanda.

Tramite una iniziativa presa in comune, voi contribuite in maniera attiva e generosa ai servizi sanitari del vostro Paese. Saluto volentieri questo insieme di realizzazioni del "Bufmar" che rispondono a bisogni reali dei vostri compatrioti, in uno spirito di carità inventiva ed efficace. Incoraggio i credenti a a continuare queste collaborazioni che ci avvicinano alla fedeltà delle esigenze evangeliche.


3. Rivolgo i miei saluti in questa felice occasione anche a voi, degni rappresentanti delle altre religioni. La vostra presenza qui è un segno del rispetto reciproco e della volontà di comprensione e di collaborazione che devono caratterizzare ogni società ben ordinata. Già alcuni anni fa, in occasione della Giornata Mondiale di Preghiera per la Pace, ad Assisi, l'assemblea dei cristiani e dei rappresentanti di altre religioni sembrava "un'anticipazione di ciò che Dio vorrebbe che fosse lo sviluppo storico dell'umanità: un viaggio fraterno nel quale ci accompagnamo gli uni gli altri verso la mèta trascendente che egli stabilisce per noi" (26 ottobre 1986). Qui, in questo Paese delle Mille Colline, dove le montagne ci invitano ad innalzare il nostro sguardo verso l'Altissimo, il Maestro di tutto, preghiamolo affinché ci dia la forza di camminare insieme su questa strada! (Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-09

Domenica 9 Settembre 1990

Alla Messa nella spianata di Nyandungu - Kigali (Rwanda)

Titolo: Genitori cristiani, spetta a voi illuminare i vostri figli




1. "Tu sei benedetto, Dio dell'universo" (Offertorio della Messa).

Ecco che avanzano fino all'altare del Signore le famiglie rwandesi.

Riunite su questa spianata dai loro pastori, esse desiderano, con il Vescovo di Roma, successore di Pietro, presentare la loro offerta su questo altare.

Questa offerta è il pane e il vino. L'Eucaristia, istituita dal nostro Salvatore, è il sacrificio "secondo il sacerdozio di Melchisedech". Sotto le specie sacrificali del pane e del vino, questa offerta è tutta la vita delle vostre famiglie; l'unità è l'indissolubilità del matrimonio; l'amore degli sposi e la loro fedeltà, fino alla morte, all'alleanza conclusa con il sacramento; l'educazione dei figli e tutto quello che sostiene la loro crescita in seno alla comunità familiare.

Prima di compiere la presentazione dei doni nella liturgia, mediteremo insieme la Parola di Dio, di cui la Chiesa ci nutre in questo giorno.

Ringrazio Monsignor Vincent Nsengiyumva, Arcivescovo di Kigali, per le sue parole di benvenuto a nome di tutto il popolo cristiano del Rwanda.

Rivolgo i miei deferenti saluti al Signor Presidente della Repubblica e alle Autorità civili che hanno voluto prendere parte a questa celebrazione eucaristica.

Saluto cordialmente i Vescovi presenti, nonché i loro collaboratori: i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e tutti i catechisti.

Infine, è di gran cuore che vi saluto, fedeli laici e famiglie rwandesi, particolarmente voi che rinnoverete le promesse da voi già fatte al momento in cui avete deciso di fondare una famiglia cristiana. Che Dio vi protegga!


2. In seno alla famiglia si tesse tutto un insieme di relazioni interpersonali; si creano rapporti particolari tra i congiunti, tra i genitori e i figli, tra i figli stessi.

Nella prima lettura, abbiamo ascoltato un saggio d'Israele che commenta il quarto comandamento sui rapporti tra figli e genitori: "Onora tuo padre a fatti e a parole, perché scenda su di te la sua benedizione" (Si 3,8). "Chi riverisce la madre è come chi accumula tesori" (Si 3,4). Il saggio sviluppa la Legge del decalogo che è Parola di Dio: "Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà" (Dt 5,16).

Senza i nostri genitori, senza i nostri avi, non saremmo nulla. E' al loro amore, alla loro dedizione e al loro lavoro che noi dobbiamo il primo dei doni: la vita. E' per questo che Dio ci chiede di onorare nostro padre e nostra madre, ossia di offrire ad essi, nel nostro cuore, l'affetto e il rispetto ai quali hanno diritto.

Certo, crescendo, i giovani acquisiscono una certa autonomia, ma la pietà filiale verso i loro genitori si approfondisce e, dialogando con essi, conquistano la loro libertà: essi imparano a diventare responsabili, in particolare a fare chiaramente e in coscienza le scelte che li impegneranno sulle vere strade della felicità.

A questo proposito, vorrei dire che gli studenti rwandesi mi hanno fatto conoscere le loro riflessioni. Li ringrazio di tutto cuore di avermi scritto con gentilezza per augurarmi il benvenuto e anche per affidarmi le loro preoccupazioni. Ho gradito molto le loro lettere: esse testimoniano il loro desiderio di conoscere Gesù, di crescere nella fede e di praticare l'amore fraterno, come Cristo ci chiede nel Vangelo di oggi: "Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati" (Jn 15,12).

Gli studenti rwandesi mostrano che hanno sete di imparare; alcuni anzi soffrono per non poter soddisfare questa sete, a motivo delle difficoltà economiche. Ve ne sono altri che si dichiarano disorientati per la proliferazione delle confessioni religiose nel Paese. Genitori cristiani, spetta a voi, in primo luogo, illuminare i vostri figli. Voi siete i primi catechisti dei vostri figli.

Voi risponderete tanto meglio alle attese dei vostri figli e delle vostre figlie, se saprete stare vicini ad essi, compiendo fedelmente la vostra missione di educatori. Per dare ai vostri figli il sostegno e l'affetto di cui hanno bisogno, è necessaria la vostra presenza costante, quella del padre come quella della madre. Create intorno a voi l'atmosfera di amore che favorisce lo sviluppo armonioso della loro vita affettiva e della loro personalità. Con la testimonianza della vostra vita, aiutateli a incontrare Cristo, ad amarlo e ad ascoltare la sua chiamata.


3. All'avvicinarsi del suo sacrificio sulla Croce, Cristo ha rivolto agli Apostoli queste magnifiche parole, che ora dobbiamo meditare: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati" (Jn 15,12).

Sono parole ricche di significato. Esse sono state dette agli Apostoli, ma la liturgia di questo giorno le applica agli sposi e alle famiglie. San Giovanni - che ci ha rivelato il nome segreto di Dio: "Dio è Amore" - ci pone, con alcune frasi, al centro del cristianesimo e ci offre la chiave dell'esistenza cristiana: "Amatevi gli uni gli altri".

"Rimanete nel mio amore" (Jn 15,9). Rimanere nell'amore di qualcuno è il sogno di ogni essere umano. In un mondo di sconvolgimenti e d'insicurezza, molti si sentono sradicati e cercano di radicarsi nell'amore di un essere amato. Ma Gesù c'insegna che l'amore infinito di Dio, solido come la roccia, è la sorgente di ogni amore. Cristo lo rende vicino a noi. Ancor più, egli che è totalmente abitato dall'amore del Padre, c'invita a lasciarci cogliere dal suo amore, a condividerlo e a viverlo tra noi: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi.

Rimanete nel mio amore" (Jn 15,9).

Gesù, che rimane nell'amore del Padre, è anche il suo Inviato. E perché noi rimaniamo nell'amore di Cristo, a nostra volta siamo i suoi inviati. Inviati per che cosa? Per essere segni dell'amore di Dio, per amare a nostra volta, alla maniera di Cristo. "Non c'è amore più grande di quello di dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13). Offrendo la vita per i suoi amici, Gesù manifesta l'amore assoluto che è Dio. La logica dell'amore cristiano è di dare più valore alla vita dell'altro che alla propria vita.


4. L'amore degli sposi si esprime in maniera simile. Uniti da un'alleanza spirituale voluta, l'uomo e la donna creano la famiglia. La donna ne è il cuore, umutima, e il marito ne è il custode, umwugaliro. Che la famiglia cristiana sia un luogo di dono di sé, di rispetto e di fedeltà! Che sia per i giovani un luogo di sicurezza e di equilibrio, in cui essi si risveglino alla fede e si formino alla preghiera! Piccola cellula di Chiesa, la famiglia è un luogo in cui Cristo è presente. Come Cristo si è dato per amore alla Sua Chiesa, gli sposi si donano l'uno all'altra in un'alleanza perpetua e indissolubile. Lo sposo e la sposa non si amano soltanto allo stesso modo con cui si amano Cristo e la Chiesa, ma con lo stesso amore. Lo Spirito Santo, lo Spirito d'amore che Cristo dona alla sua Chiesa, è presente, tramite la grazia del sacramento del matrimonio, nel legame che unisce lo sposo e la sposa. Mediante Cristo e la Chiesa, la coppia umana rimane nell'amore delle tre Persone divine.


5. Le coppie assumono la paternità e la maternità in maniera sempre più responsabile, in una ricerca cosciente e volontaria della padronanza di se stessi, nel rispetto della fecondità che fa parte dei doni di Dio inscritti nella loro natura profonda! La Chiesa sente il dovere, con la sua dottrina in materia familiare, d'illuminare gli sposi, perché pongano deliberatamente la loro vita coniugale e il loro ruolo di genitori, in accordo con il piano di Dio, perché essi abbiano il coraggio di non dare più importanza alle soddisfazioni immediate che a una fedeltà esigente nel vero senso della loro unione.

Famiglie sane ed equilibrate offrono ai giovani un reale appoggio perché si formino alla padronanza della loro sessualità e non si lascino andare ad un libertinaggio che non è degno dell'uomo.


6. Attualmente, la responsabilità comune delle famiglie è impegnata di fronte a una prova che tocca la società nel vostro Paese, come in altre regioni del mondo.

Penso alla diffusione della grave malattia dell'Aids. Diversi comportamenti umani contribuiscono a diffondere questa malattia; e, molto spesso, si tratta di comportamenti contrari a una sana morale. Senza alcun dubbio bisogna aiutare i malati, circondarli di cure e di affetto. Molti di voi se ne occupano con generosità. Continuate a testimoniare loro tutta la vostra compassione, sull'esempio di Cristo che ci ha mostrato come superare la barriera della malattia o anche della colpa morale, per incontrare la persona ferita ed essere presenti alla sua sofferenza: "Rivestite il vostro cuore di tenerezza e di bontà", ci ha ricordato San Paolo nella seconda lettura di questa Messa (Col 3,12).

Spero che la solidarietà concreta non manchi a coloro che soffrono, né ai figli che restano orfani. Ma bisogna anche riflettere più profondamente, perché se mancano ancora i mezzi per curare e guarire questa malattia, le generazioni presenti hanno una reale responsabilità di evitare che essa continui a diffondersi. E' un dovere non solo lottare contro l'epidemia sul piano sanitario, ma anche di regolare la propria condotta in modo tale da non correre il rischio di contrarre o di trasmettere un male che diminuisce l'uomo, che ferisce un popolo.

Bisogna che le famiglie di oggi abbiano la preoccupazione di trasmettere la salute con la vita alle generazioni successive.

Su tutti questi piani, la riuscita di famiglie felici costituisce un elemento importante per la riuscita di tutta la società; e questo vale per quanto concerne la morale coniugale come per gli altri aspetti della vita sociale.


7. Nella sua Lettera ai Colossesi, San Paolo scrive: "La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,16)! Quando è che la parola di Cristo dimora in noi? Quando è che ci arricchisce spiritualmente? Certamente, quando l'ascoltiamo, quando la leggiamo con la stima che le è dovuta. Ma, in maniera ancor più vera, la Parola di Dio porta frutto in noi quando preghiamo.

La preghiera ci cambia e, con ciò, essa cambia il mondo. La preghiera pubblica e comune del Popolo di Dio è una funzione essenziale della Chiesa e si impara in famiglia. "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, dice Gesù, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Quando i membri di una stessa famiglia pregano insieme, Gesù con la sua presenza, rafforza la loro unione. E il Vangelo di oggi ci conferma nella speranza che ci apre la fedeltà alla preghiera: "Tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo concederà" (Jn 15,16).


8. Care famiglie rwandesi, abbiamo meditato insieme la Parola di Dio nella liturgia di questo giorno. Ora, vi invito al banchetto eucaristico. Vi invito con queste parole: "Tu sei benedetto Dio dell'universo". Si, benedetto sei tu, Signore. Dio delle nostre famiglie! Dio del nostro lavoro quotidiano. Dio delle nostre gioie e delle nostre pene! Noi ti preghiamo per tutti quelli che soffrono, per quelli che non hanno denaro, quelli ai quali manca l'educazione, quelli che sentono la mancanza di tenerezza: rendici attenti alle loro necessità ed insegnaci a condividere.

Noi ti preghiamo per i disoccupati e per i giovani che cercano lavoro: aiutaci a preparare loro un posto nella nostra società.

Noi ti preghiamo per i malati, per coloro che hanno perso ogni speranza di guarire, per coloro che si avvicinano alla morte: sostienili, confortali, consolali, dona loro pazienza e serenità.

Noi ti preghiamo per coloro che hanno fame in questo Paese, per gli esiliati, i rifugiati. Signore, Padrone dell'impossibile, metti fine alle nostre lacerazioni, allarga i nostri cuori e riuniscici nell'unità.

Infine, noi ti preghiamo e ti benediciamo per tutti i nostri fratelli del mondo, nei quali ritroviamo il tuo volto! Noi ti preghiamo e ti benediciamo per le famiglie rwandesi, in particolare per quelle che ti presentano l'offerta della vita del loro focolare! Fratelli e sorelle uniti nel sacramento del matrimonio, la Chiesa ha benedetto la vostra unione indissolubile di sposi e di spose. Ora rinnoverete gli impegni del vostro matrimonio, il vostro dono reciproco per tutti i giorni della vostra vita.

Oggi, la Chiesa vuole rinnovare su di voi la Benedizione di Dio affinché riceviate tutto il sostegno della grazia di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, nella vita familiare alla quale egli vi ha chiamati.

Amen.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-09

Domenica 9 Settembre 1990

Meditazione alla recita dell'"Angelus Domini" - Kigali (Rwanda)

Titolo: Affidiamo a Maria due intenzioni: i sacerdoti e le famiglie

Al termine di questa celebrazione eucaristica, eccoci al momento dell'Angelus. Questa preghiera che recito tutte le domeniche a Roma con i pellegrini radunati in Piazza San Pietro, ci offre l'occasione di approfondire il nostro legame spirituale con la Vergine Maria che "precede" tutto il Popolo di Dio nel pellegrinaggio della fede.

Oggi, vi invito ad affidare a lei due grandi intenzioni che ci sono care e che hanno costituito l'oggetto della nostra preghiera durante le Messe di ieri e di stamattina: i sacerdoti e le famiglie cristiane. La vocazione è una chiamata che viene da Dio e che si apre una via nel cuore umano. Questa chiamata deve penetrare nel pensiero e nella volontà del giovane cui è rivolta fino ad influenzarne il comportamento e ad orientarne tutta la vita. Per questo il giovane ha bisogno di un ambiente adatto, e anzitutto dell'ambiente familiare, per prendere coscienza della sua vocazione e cominciare a rispondervi. Gesù Bambino, attraverso l'educazione ricevuta da Maria e da Giuseppe a Nazareth, si è preparato alla missione che, secondo la rivelazione dell'Angelo all'Annunciazione, avrebbe dovuto compiere. Qui si dimostra chiaramente il ruolo della famiglia cristiana nel seguire le vocazioni sacerdotali. Siano benedette tutte le famiglie che, sull'esempio di tante famiglie rwandesi, si mostrano disponibili e generose donando i loro figli alla Chiesa! Cari fratelli e sorelle, preghiamo insieme per tutte le famiglie del mondo e chiediamo a Maria, Madre di Dio e Madre nostra, di assistere le famiglie cristiane. Siano vere comunità d'amore e di solidarietà, dove genitori e figli si aiutino a vicenda, accogliendo il messaggio evangelico, lavorando per il bene della società.

Infine, raccomandiamo a Maria il Sinodo dei Vescovi, che si aprirà a Roma il mese prossimo, precisamente sull'importante tema della formazione degli aspiranti al sacerdozio. Possano i lavori di queste assise aiutare i sacerdoti a servire meglio il mondo contemporaneo.

(Traduzione dal francese)

Data: 1990-09-09

Domenica 9 Settembre 1990

Alla Conferenza episcopale, in Nunziatura - Kigali (Rwanda)

Titolo: L'autorità di un padre che cerca di comprendere e di amare

Cari fratelli nell'episcopato,


GPII 1990 Insegnamenti - Ai giovani nello stadio "Amahoro" - Kigali (Rwanda)