GPII 1991 Insegnamenti - Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Difendere la vita contro l'aborto, l'eutanasia, il razzismo e la guerra

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Si celebra oggi in Italia la "Giornata per la Vita", tradizionale occasione per riflettere e pregare, invito concreto ad impegnarsi per difendere e promuovere la vita dell'uomo dal suo inizio al suo termine naturale. Sento il bisogno di unire la mia voce a quella dei Vescovi italiani per ripetere, ancora una volta, con chiarezza e coraggio che "la legge divina "Non uccidere" riguarda ogni uomo ed obbliga ogni uomo, indipendentemente dalle sue convinzioni religiose, perché è legge inscritta dal Creatore nella sua coscienza come legge naturale". Per questo, i politici, gli amministratori e i responsabili dei servizi sociali e della salute debbono riconoscere nell'amore alla vita "il presupposto e il contenuto fondamentale della promozione del bene comune e non lasciare nulla di intentato perché siano assicurate le condizioni economiche sociali e culturali di una libertà effettiva di fronte alla vita".


2. "Amore per la vita, scelta di libertà". Ecco il tema di questa Giornata, che ci spinge a considerare il binomio inscindibile di vita e libertà. Come può esserci libertà dove la vita, ogni vita umana, non è accolta ed amata? Come può esserci vero progresso sociale, quando si giustificano e si legalizzano gli attacchi e le minacce alla vita dell'uomo, dono gratuito dell'amore provvidente di Dio? Se non c'è rispetto per la vita, si è già nel regno della morte: morte dei sentimenti spenti dall'edonismo sfrenato ed alienante; morte del senso morale, sopraffatto dall'egoismo sterile e devastante, mentre la coscienza rischia di chiudersi alla verità e stenta a riconoscere quel bene che solo rende felice l'uomo. La vita va sempre difesa, accolta con amore ed accompagnata con costante rispetto. Come esseri umani e come credenti, non dobbiamo cessare mai di promuovere la cultura della vita di fronte alla cultura della morte. Dobbiamo proclamare l'intangibilità del diritto a vivere - e a vivere con dignità - contro l'aborto, crimine aberrante che ha in sé i caratteri del sistema totalitario nei confronti del più indifeso degli esseri umani. Dobbiamo proclamare tale diritto contro ogni manipolazione genetica, che insidia lo sviluppo della persona; contro l'eutanasia ed il rifiuto pratico dei più deboli; contro il razzismo e la violenza omicida di qualsiasi genere. Dobbiamo proclamare tale diritto contro la guerra, - contro questa guerra, che si continua a combattere nella regione del Golfo Persico con crescente minaccia per tutta l'umanità.


3. Maria, Madre degli uomini, accogli la nostra preghiera che fa eco al grido angoscioso delle vittime dell'aborto, dell'odio, della guerra e dei tanti attentati alla vita. Sii sostegno per i deboli e conforto per chi ingiustamente patisce. Tocca il cuore di chi rifiuta la luce della verità e, uccidendo, mortifica la sua stessa umanità.

Ricorriamo a Te fiduciosi, Madre di misericordia, Madre della vita.

Data: 1991-02-03
Domenica 3 Febbraio 1991

Il saluto del Pro-Segretario di Stato ai Vescovi ucraini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Da questo sinodo il Papa attende indicazioni per la riorganizzazione gerarchica della vostra Chiesa"

Sia lodato Gesù. Eminenza, cari fratelli nell'Episcopato, a nome del Santo Padre vi do un cordiale benvenuto. Vi siete riuniti qui, in Vaticano, per celebrare - su esplicito desiderio del Vicario di Cristo - un Sinodo che segna la fine di un'epoca tormentata della storia della vostra Chiesa e l'inizio di una nuova epoca sulla quale, purtroppo, pesa la minaccia di nuove imprevedibili difficoltà. Questa assemblea sinodale è la continuazione dell'incontro fraterno celebrato in questa stessa sede il 25 e 26 giugno scorso. In quella circostanza, il Santo Padre ascolto le vostre relazioni sulla situazione della vostra Chiesa in Ucraina e sul nuovo impegno pastorale che essa richiede, dopo i lunghi anni di persecuzione. Già allora si fece sentire l'esigenza di un Sinodo che offrisse al Pastore della Chiesa universale opportune indicazioni per la riorganizzazione gerarchica della Chiesa di rito bizantino-ucraino in patria e fuori di essa. Il Sinodo che oggi si apre è chiamato a rispondere a questa esigenza. Il Santo Padre vi accompagna con la Sua preghiera in questi giorni di riflessione in cui sarete chiamati a fare le vostre proposte tenendo presente esclusivamente il bene dei fedeli affidati alle vostre cure pastorali. Al termine dei lavori, Egli vi incontrerà per rivolgervi la Sua parola di Padre e di Pastore Supremo, anche della vostra Chiesa particolare. Sua Santità auspica vivamente che il lavoro del Sinodo si svolga secondo le precise disposizioni che ha impartito all'Em. mo Cardinale Myroslav Ivan Lubachivsky, Arcivescovo Maggiore di Lviv, e che di tutto venga poi accuratamente informato per poter prendere le decisioni più opportune per il futuro della vostra Chiesa. Da parte mia, associandomi ai sentimenti del Santo Padre, vi assicuro la mia fraterna preghiera ed affido la vostra Assemblea sinodale alla protezione di Maria, Madre della Chiesa. Che Dio benedica il vostro lavoro per il bene della Chiesa e del popolo.

Data: 1991-02-04
Lunedi 4 Febbraio 1991

Al Presidente della Repubblica Polacca - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una giornata storica

Egregio signor Presidente,


1. Porgo un cordiale benvenuto nella casa pontificia al Presidente della terza Repubblica Polacca, al mio compatriota, saluto la sua consorte, il signor Ministro degli Esteri e tutte le persone del seguito. Non c'è modo per esprimere qui, anche in un lunghissimo discorso, quello che sento e ciò che vorrei dire in questo momento a lei e per suo tramite a tutta la mia nazione. E' dunque mio ardente desiderio che da sfondo, per questo discorso, serva tutto ciò che durante i dodici anni di pontificato dissi alla Polonia e della Polonia, e anche quello che, come sacerdote e vescovo, dissi e scrissi prima di essere stato chiamato alla sede romana di San Pietro, Desidero che lo sfondo per questo discorso sia tutto ciò che, durante i secoli, disse e fece la Sede Apostolica, quello che disse e fece la Chiesa in Polonia, E non si tratta infatti di retorica, ma dell'esistenza della nazione, che ebbe periodi di splendore, ma anche periodi di condanna a morte dai paesi suoi vicini, a volte non senza propria colpa; si tratta dell'esistenza di una nazione, che grazie alla fede in Cristo e il senso della propria dignità ed identità non solo è sopravvissuta, ma si è inscritta durevolmente nell'opera della formazione della cultura e della civiltà del mondo d'oggi.


2. Signor Presidente, il momento è storico, è storica la visita, così come lo è stata la sua visita in Vaticano nel gennaio del 1981, quando le davo il benvenuto come Presidente dell'Indipendente ed Autonomo Sindacato "Solidarnosc", allora a capo degli uomini di lavoro e di tutti coloro che tenevano cara la propria dignità, la dignità dell'uomo e della nazione, ed anche la libertà e la sovranità della patria. Quel coraggio, quella determinazione, quell'auspicio e, diciamolo chiaramente, quella preghiera, hanno prodotto frutti.

Oggi lei è in visita in Vaticano come Presidente della nuova Repubblica Polacca.

Qui è opportuno chiamare gli spiriti di tutti coloro che lottarono per questa causa, che hanno sofferto e per essa hanno dato la vita, ovunque e in qualunque circostanza. Che Cristo li accolga e i contemporanei non dimentichino il loro sangue e i loro sacrifici.


3. Come rappresentante di trentotto milioni di connazionali, eletto per la prima volta - dopo un lungo periodo di tempo - con elezioni libere e democratiche, lei ha voluto dirigere i suoi primi passi "all'estero" alla tomba di San Pietro e verso il suo successore. Questo dunque in un certo senso è il pellegrinaggio del Presidente di una nazione cristiana agli inizi della sua storia.

Aggiungero ancora che la visita di oggi, all'inizio della missione affidatale dalla nazione, è anche la prima visita di un Presidente della Polonia dai tempi del recupero da parte della Polonia della sua indipendenza nel 1918.

Ci troviamo dunque sulle orme dei più profondi processi che hanno formato la nostra nazione e si sono trovati alle basi della sua storia. La storica giornata di oggi corrisponde a tutta la logica della storia della Polonia dagli albori delle sue origini fino ai nostri giorni. I fatti sono conosciuti e registrati in tanti documenti e libri. Prima di tutto pero vivono e producono frutti nell'uomo d'oggi e nella società contemporanea. La nostra generazione non è soltanto testimone, ma prima di tutto è soggetto della propria storia.


4. La Polonia sin dai suoi inizi si lego strettamente alla Sede di San Pietro. Il Principe Mieszko I, decidendosi nel 966 al Battesimo della nazione, inseri la nostra storia nella corrente della storia della salvezza e uni il paese dei Polani con la cultura cristiana occidentale, rendendolo allo stesso tempo un membro della grande comunità della Chiesa cattolica. Dopo oltre dieci anni, quel sovrano mise il popolo suo suddito e le terre del principato, insieme alla capitale a Gniezno e luoghi circostanti, sotto la protezione di San Pietro. Ci parla di questo il misterioso documento "Dagome iudex". E il sovrano di allora della Polonia lo fece in considerazione dei valori cristiani nei quali scorgeva una garanzia per la nascita dello Stato e le successive sorti della nostra patria. Il legame con la Sede Apostolica, che divenne fautore della corona regale dei Piast, è stato un insostituibile sostegno morale per la nostra nazione in mezzo alle alterne vicissitudini. Significa infatti che la Polonia si lascerà guidare dai principi di ordine spirituale e morale, che impregneranno la nostra storia e saranno garanti di unità e di fedeltà lungo il suo corso.

La Polonia, che agli albori della sua storia cerca la luce del Vangelo a Roma, diventerà presto soggetto dell'evangelizzazione e difensore del cristianesimo, dell'Europa e della sua cultura contro l'invasione dei popoli stranieri, il che le acquisterà l'onorevole nome di "antemurale del cristianesimo", "antemurale christianitatis".

Su questo sfondo non fa meraviglia il profetico gesto del re Giovanni Casimiro, espresso nei suoi voti, quando affido la nostra nazione e il paese alla protezione della Madre di Dio, proclamandola Regina della Polonia. Il suo esempio e l'intuizione della fede portarono particolari frutti nei nostri tempi.

I nostri padri più volte abusarono del senso di libertà che degenerava in sollazzo e portava la schiavitù. In questo modo si è giunti alle spartizioni della Polonia. Ma anche allora le reliquie di san Stanislao nella cattedrale di Wawel parlavano dell'unità e della Polonia. Sono state esse a far si che non abbiamo dimenticato il passato, che non abbiamo cessato di pensare a un degno futuro.

Non dimentichiamo anche che la Polonia riacquisto l'indipendenza nel novembre del 1918, e già nel mese di marzo il Papa invio in Polonia il suo rappresentante. In questo contesto vale forse la pena menzionare che il permanente rappresentante della Sede Apostolica si trovo in Polonia già nel 1555 e la nunziatura in Polonia appartiene alle più antiche d'Europa.

Ricordero ancora le sofferenze e la tragedia della seconda guerra mondiale e le sue conseguenze.

Il nostro paese è stato devastato e si è tentato di distruggere la nazione, privarla dello spirito, della fede e dell'identità, di ridurla in schiavitù. Questa tragedia ha dimostrato pero quanta, senza precedenti, era la determinazione di milioni dei cittadini della Repubblica nella lotta per la propria dignità e libertà, per la famosa "libertà vostra e nostra".

Nel messaggio alla Conferenza Episcopale Polacca in occasione del 50° anniversario dell'inizio della seconda guerra mondiale, scrissi: "Questa volontà di difendere l'indipendenza dello Stato accompagno i figli e le figlie della nostra nazione non solo nel paese occupato, ma anche su tutti i fronti del mondo, dove i Polacchi si batterono per la libertà propria e altrui... Nel corso di quella guerra, che apparve subito come una difesa irrinunciabile dell'Europa e della civiltà dinanzi alla prepotenza totalitaria, il popolo polacco adempi pienamente - si può dire, anzi, in modo sovrabbondante - i suoi impegni di alleato pagando il più alto prezzo" (n. 2).

La Polonia non ha mai tradito l'Europa! Si sentiva responsabile della comunità europea delle nazioni. Attendeva l'aiuto da essa, ma sapeva anche morire per essa.


5. Ed ecco, dopo quella terribile tragedia, ne venne un'altra - e ciò doveva essere il fondamento dell'ordine dell'Europa postbellica - la decisione della conferenza di Jalta, che poteva essere giustamente classificata come "l'annientamento della vittoria". La Polonia e altri paesi hanno risentito in modo molto doloroso le decisioni di quella conferenza e la nazione non si riconcilio mai con essa e non soccombette all'ideologia e al totalitarismo impostole.

Il Papa Pio XII ha così espresso il suo dolore a causa di questo nel suo famoso discorso alla radio: "La inevitabile conseguenza di un tale stato di cose è la scissione dell'umanità in due potenti e contrastanti gruppi la cui legge suprema di vita e di azione è una fondamentale e invincibile diffidenza che è al tempo stesso il tragico paradosso e la maledizione del nostro tempo..." "Ed ecco che, per il fatto stesso, una gigantesca muraglia si leva a rendere vano ogni sforzo per ridonare alla sconvolta famiglia umana i benefici di una vera pace". (Discorso nella Vigilia del Natale 1947).

In queste circostanze la nostra nazione difendeva la propria dignità e i propri diritti con enorme fatica e a prezzo di grandi sacrifici che sullo sfondo dei sacrifici della guerra acquistavano dimensioni ancora più paurose. Ricordiamo qui i sacrifici e lagrime dei Polacchi e delle Polacche, di coloro che lottavano per la Polonia libera: operai, uomini di cultura, sacerdoti, religiosi e religiose, coloro che nutrono e che difendono, tutti. Il sindacato "Solidarnosc" polacca, Don Jerzy e le Croci di Danzica, ed anche lei, signor Presidente, rimarranno per sempre il loro simbolo.

Non dimentichi il mondo che sono stati proprio gli operai a svolgere il ruolo principale nel rovesciamento del sistema che doveva difenderli ed identificarli con i loro interessi.

E tutto si è realizzato nello spirito del Vangelo, senza violenza e prepotenza, senza guerra e rivoluzione, nel reciproco dialogo e con senso di responsabilità.

Il volto della nuova Europa, comune casa europea, inizio a formarsi in Polonia, grazie a "Solidarnosc", e nessun evento può offuscare questo fatto.

Attualmente, nella patria si sta formando un nuovo ordine. Si forma non senza difficoltà e tensioni, pre giudizi e differenze di opinione. Davanti a tutti i connazionali sta il difficile compito della ricostruzione di tutto quello che è stato distrutto e della costruzione sopra ciò che vi è rimasto di nobile e di prezioso.

Tutti i Polacchi si dovrebbero ora unire in un comune slancio intorno a questo "giorno fatto per loro dal Signore" (cfr. Ps 117(118),24) e dimenticare ciò che può dividere, cercando ciò che unisce. La patria ha bisogno oggi, come in tanti momenti drammatici, di una particolare unità e collaborazione, di senso di responsabilità e di un dialogo creativo.

Ecco le parole del poeta: "Che ciascuno doni alla patria il proprio talento, come un dono in un grande salvadanaio, segretamente, senza dire quanto ha deposto. Verrà il tempo, che il salvadanaio sarà colmo, e il Signore Dio annota quanto ognuno ha offerto" (A. Mickiewicz, Il libro della nazione e dei pellegrini polacchi).

Oggi la Polonia ha bisogno anche della comprensione e dell'efficace cooperazione dei paesi ricchi. Anche il problema del suo indebitamento dovrebbe essere trattato nello spirito della solidarietà internazionale e alla luce della dottrina sociale della Chiesa, tanto più che non le è stato dato di beneficiare di quegli aiuti di cui hanno beneficiato in maggioranza le società occidentali.


6. Egregio signor Presidente, La via della Chiesa è sempre l'uomo, "L'uomo nella piena verità della sua esistenza, del suo essere personale ed insieme del suo essere comunitario e sociale... quest'uomo è la prima strada che la Chiesa deve percorrere nel compimento della sua missione: egli è la prima e fondamentale via della Chiesa" (RH 14).

Per questo la Chiesa ha tanto a cuore che i diritti dell'uomo siano rispettati in ogni paese e in ogni società, insieme al diritto alla vita dal momento del concepimento fino alla morte naturale e allo sviluppo corrispondente alla dignità umana. Nell'uomo si incontrano insieme la Chiesa e lo Stato per aiutarlo, in una concorde collaborazione, a raggiungere il suo fine temporale e trascendente. Questa collaborazione può avere carattere di contatti spontanei, ma può anche essere regolata soltanto mediante atti giuridici concordati da ambedue le parti.

Durante questi ultimi anni e mesi la Chiesa in Polonia ha già dato numerose prove che per essa i problemi della nazione sono oggetto della più importante sollecitudine. La Chiesa ha sofferto con la nazione ed è stata custode di supremi valori morali. Annunziava il Vangelo, difendeva gli uomini, conservava la tradizione della nazione. Portava nella vita quotidiana l'ottimismo della fede; era sollecita per l'uomo e per il suo futuro. Questa disponibilità della Chiesa rimane sempre la stessa. La Chiesa continua a desiderare, con le forze comuni, ad eliminare le conseguenze negative del sistema superato, desidera appoggiare e aumentare tutto ciò che è vero, buono e bello nella società polacca, consolidare la solidarietà umana e impregnare col Vangelo la vita quotidiana. In lotta contro le difficoltà e contro ciò che è rimasto dei tempi passati la Chiesa desidera collaborare con tutti gli uomini di buona volontà.


7. Signor Presidente! Lei si trova davanti ad un enorme e difficile compito: quello di guidare la nazione in questi tempi non facili. Insieme al Parlamento, al Governo, alle sue istituzioni e a tutti gli abitanti della Polonia. Nel suo discorso di Capodanno lei disse che erano bastati appena pochi giorni dall'assunzione della presidenza per sentire il peso dei compiti, pero lei aggiunse: "abbiamo abbastanza forza, abbastanza fede e possibilità, per trasformare la Polonia. Costruiremo insieme un nuovo ordine economico... siamo capaci di molto... che Dio benedica le nostre lotte". Le è toccata la fatica di ricostruzione, insieme alla nazione della Polonia - e ciò sotto tanti aspetti, perché la crisi ha colpito la morale, l'economia e la politica, semplicemente - ha colpito l'uomo. Oggi vediamo chiaramente che ogni generazione deve risolvere, con coraggio e sapientemente i problemi del proprio tempo, che non può gravare di questi le generazioni future.

I problemi della Polonia mi stanno tanto a cuore in questi tempi di svolta, e specialmente mentre si avvicina il mio quarto pellegrinaggio apostolico in Polonia, nella nuova e democratica Polonia. Lo esprimo in ogni occasione e in modo particolare durante le udienze del mercoledi, quando mi rivolgo a tutti i connazionali, pregando con loro e per loro, e richiamando i principi evangelici, dai quali tutti dovrebbero essere guidati, per assicurare la prosperità alla loro patria.

Anche in questo spirito, porgo, nelle mani del signor Presidente gli auguri a tutte le Polacche e i Polacchi; prescindendo dalla loro confessione e concezione del mondo. Auguro che la fedeltà a Dio e alle migliori tradizioni, l'amore per la patria - siano luce e indicatori di strada nel prendere ogni decisione. E che la sollecitudine per il bene della patria sprigioni sagge iniziative, che la necessaria unità cresca nobilmente nel pluralismo. Sappiamo che questo appartiene alle buone tradizioni del passato. Continuano ad essere valide le parole del re Sigismondo Augusto: "Non sono il padrone delle vostre coscienze", ed anche il contenuto delle parole scritte in una delle aule dell'Università Jagellonica: "Plus ratio quaero vis". Sarebbe un grande delitto se qualcuno, o qualche gruppo, volesse cercare i propri interessi, specialmente ora, che l'organismo della Repubblica è così indebolito.

Che nell'agire dunque, a tutti i Polacchi serva da luce la sollecitudine per il bene comune, che tutti dovrebbero perseguire con spirito di sacrificio e di sincerità, di apertura e con coraggio morale e politico, a vantaggio della patria e dell'intera famiglia umana. Lei, come Presidente, chiamato a questo incarico dalla nazione, personifica in modo particolare tutti questi problemi. Certamente lei farà di tutto per essere il Presidente di tutti i Polacchi. Occorre anche che la Polonia faccia quanto possibile per dimostrarsi una patria per quei figli e figlie che da tanto tempo fa o negli ultimi anni si sono trovati fuori dei suoi confini.

Dio aiuti! Signor Presidente.

Dio aiuti lei e tutti i connazionali.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-02-05
Martedi 5 Febbraio 1991

Cordoglio per la morte di padre Pedro Arrupe

Nell'apprendere la dolorosa notizia della pia morte di Padre Pedro Arrupe Preposito Generale Emerito della Compagnia di Gesù partecipo con memore pensiero al cordoglio di tutta codesta Famiglia religiosa che lo ricorda come esempio nella profonda pietà, nel servizio missionario, nella vigorosa testimonianza di fede e di zelo per la Chiesa, nella generosa e paziente accoglienza della volontà divina in ogni sofferenza, e mentre elevo particolari suffragi invocando il premio eterno promesso da Cristo ai suoi discepoli invio a Lei ed a tutti i Religiosi Gesuiti la confortatrice Benedizione Apostolica che volentieri estendo ai congiunti del Defunto ed a quanti parteciperanno alla liturgia delle esequie.

Data: 1991-02-05
Martedi 5 Febbraio 1991



Al Sindaco e ai componenti della giunta del Comune di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Valorizzare in termini nuovi le disponibilità di un volontariato capace di animare i servizi di accoglienza dei giovani

Onorevole Signor Sindaco, Illustri Signori!


1. E' per me sempre gradito questo tradizionale incontro con Lei e con l'Amministrazione del Comune di Roma per uno scambio di auguri all'inizio del nuovo anno. Il mio cordiale saluto a Lei ed ai suoi Collaboratori, rappresentanti della popolazione e responsabili della gestione di questa grande Città. Ringrazio vivamente per le espressioni gentili che mi sono state rivolte, a nome di tutti i presenti e dell'intera cittadinanza romana. In particolare, condivido la preoccupazione per la pace, che Ella ha voluto sottolineare, seriamente compromessa dalla guerra in corso e rinnovo l'auspicio che quanto prima cessi questo inquietante conflitto. E' nell'ambito di questa metropoli che si svolge il mio ministero di Vescovo, quale Successore di Pietro, che fece di Roma l'ultima tappa della sua missione apostolica e qui testimonio col martirio la sua fede in Gesù di Nazaret. E' anzitutto da Roma che la Chiesa rende visibile la sua presenza nel mondo attraverso il ministero petrino, in quanto segno di unità per tutti i credenti in Cristo. Su ciò si fondano la mia sollecitudine pastorale ed il mio desiderio di servizio per questa Città e per i problemi che riguardano la sua popolazione. Per questa sua posizione singolare Roma è chiamata ad essere come modello al mondo nel testimoniare il rispetto dei valori umani e cristiani, così da presentarsi come società capace di riconoscere e di trasmettere i segni e l'esperienza inscritti nella sua storia. Desidero attestarLe, Signor Sindaco, che la Chiesa che sta in Roma, con i singoli suoi membri e con tutta intera la sua Comunità, desidera prodigarsi per rendere più umana la vita della Città e per contribuire ad un progresso autentico della popolazione. Anche a questo mira il Sinodo pastorale diocesano che si sta celebrando nelle Assemblee di Prefettura.


2. Tra i tanti problemi che in maniera pressante toccano la comunità romana, quello che colpisce maggiormente è la situazione del mondo giovanile. Un mondo complesso, simile, peraltro, a quello di tante altre metropoli, ma che a Roma sembra aver caratteristiche proprie per una serie di ragioni tipiche di questa Città. Essa infatti è la capitale d'Italia, centro di studi e meta di immigrazione e di vasto movimento turistico; ma, sotto molti aspetti non sempre è in grado di offrire adeguati spazi di accoglienza, soprattutto ai giovani che abbiano prospettive di inserimento stabile nel tessuto sociale e lavorativo. Tale contesto in qualche modo "pesa" anche sul cammino culturale e formativo della gioventù romana e prospetta soluzioni difficili per il futuro dei giovani qui inseriti.

Colpisce soprattutto la "cronaca" pressoché quotidiana di violenza e criminalità, che vede i minori come protagonisti di una diffusa prevaricazione. Con grande tristezza occorre riconoscere che spesso si assiste impotenti alla crescita dei tossicodipendenti e dei suicidi. A ciò si aggiunge, in dimensioni più vaste, la facile evasione dall'obbligo scolastico, specialmente in alcune aree del territorio, tipiche per l'intensificarsi dei grandi agglomerati e dell'emarginazione minorile. Il verificarsi di tali fenomeni interpella in profondità sia le pubbliche istituzioni, sia la stessa Comunità cristiana, ciascuno nel proprio ordine ed in spirito di reciproca collaborazione. Se urge contrapporsi all'opera nefasta della criminalità organizzata per impedire il danno che essa attualmente esercita sui minori, bisogna contemporaneamente insistere con grande impegno sui mezzi positivi di formazione. Occorre partire dal rinnovamento dei messaggi insiti in tanti mezzi della comunicazione sociale, dalla riorganizzazione delle strutture educative, e specialmente dalla scuola e dai contenuti umani e culturali che essa si prefigge di trasmettere. E' necessario pensare ad opportune occasioni di socializzazione, all'offerta di momenti ricreativi e soprattutto formativi per l'avviamento al lavoro. Sembra qui assai opportuno valorizzare in termini nuovi le disponibilità di un volontariato capace di animare i servizi di accoglienza dei giovani. In particolare, quelle forme di servizio ai giovani ed alla loro crescita, che da tempo sono offerte dagli oratori e dai centri ricreativi di tante comunità ecclesiali, costituiscono già ora uno dei più validi contributi alla prevenzione e al superamento delle molteplici minacce che pesano sulla nostra gioventù. Una lungimirante e fattiva collaborazione tra la diocesi e l'Amministrazione cittadina può favorire la presenza di tali centri in ogni quartiere della Città, anche attraverso la disponibilità degli spazi indispensabili.


3. Ma soprattutto, per il problema dei giovani, come per ogni altra questione che tocca le condizioni di vita della nostra Città, occorre ripartire dalla famiglia.

La società moderna sembra aver creato presupposti gravi alla sua crisi, alla sua assenza, alla sua incapacità di esercitare i diritti che ad essa spettano. La famiglia pero resta sempre la "scuola di umanità più completa e più ricca", la sua presenza non può essere quindi disattesa o ignorata. Essa è l'unico reale sostegno, perennemente e concretamente disponibile, per un programma che accompagni la crescita equilibrata dei giovani. E' noto che il disagio dei fanciulli e degli adolescenti è per lo più da attribuirsi alla mancanza di un idoneo e caldo clima familiare. Altrettanto si può dire per i problemi degli anziani e per tutte le forme di sofferenza, materiale e morale, che trovano nella famiglia il primo e decisivo luogo di comprensione e di conforto. Di fronte ai rischi sempre più reali di isolamento, solitudine, emarginazione ed abbandono, la famiglia deve dunque essere aiutata a ritrovare il suo ruolo, per un progressivo rafforzamento delle sue funzioni e della sua missione. Occorrerà pertanto far di tutto perché la famiglia non sia la prima ad essere penalizzata sul piano economico e su quello dei servizi, non sia progressivamente esclusa dalla partecipazione che le spetta nelle istituzioni pubbliche, e in particolare nella scuola. Noi tutti ci auguriamo che, con l'aiuto di Dio, l'immagine della comunità coniugale e familiare, fondata dal Creatore e da lui ordinata con leggi sapienti, ritrovi la sua vera identità e possa mettere al servizio del bene comune i propri grandi valori: l'amore, la fecondità generosa, l'unità e la fedeltà degli sposi e l'affettuosa collaborazione di tutti i suoi membri.


4. Nel manifestare questi pensieri e questi voti sono certo di trovare in Lei, signor Sindaco, ed in tutta codesta Amministrazione, favorevole considerazione. Si tratta infatti di argomenti che profondamente incidono sull'immagine e sulla realtà della Capitale d'Italia e della Diocesi a me affidata. Invoco, pertanto, sul Suo lavoro e su quello dei Suoi collaboratori la luce ed il conforto di Dio.

Imploro l'intercessione di Maria Santissima, invocata come "Salus Populi Romani", mentre a tutti imparto la mia Benedizione.

Data: 1991-02-07
Giovedi 7 Febbraio 1991

Alla "Graduate School" dell'Istituto Ecumenico di Bossey

Titolo: Lo Spirito Santo è l'agente primario dell'unità dei cristiani

Cari fratelli e sorelle, Sono veramente lieto di accogliere i partecipanti all'Istituto Ecumenico di Bossey, in occasione della vostra visita a Roma. "Grazia a voi e pace da parte di Dio, nostro Padre, e del Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

Alla Graduate School durante gli ultimi mesi, avete riflettuto sul tema: "Vieni Spirito Santo - Rinnova tutta la Creazione", che è anche il tema della VII Assemblea del Consiglio Mondiale delle Chiese che si tiene ora a Canberra. Lo Spirito Santo, "il Signore che dà la vita", come professiamo nel Credo Niceno-Costantinopolitano, è infatti l'Uno che vivifica, anima e rinnova tutta la creazione. Il salmista descrive questo con timore e speranza quando esclama: "Copri il tuo volto ed essi vengono meno; togli il loro spirito ed essi muoiono, ritornando alla loro polvere. Mandi il tuo spirito ed essi sono creati, e rinnovi così la faccia della terra" (Ps 104,29-30).

Lo Spirito è anche la sorgente di tutto ciò che il Padre comunica attraverso il Figlio per la salvezza del mondo. In particolar modo la sua opera è diretta a confermare il popolo di Dio nella verità. Leggiamo nel Vangelo di Giovanni: "Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà in tutta la verità" (Jn 16,13).

Per questo, lo Spirito Santo è l'agente primario dell'unità dei cristiani. Egli ispira ogni autentico sforzo per accrescere la comprensione, la cooperazione e l'unità tra i discepoli di Cristo. In modo particolare, egli apre il sentiero verso la riconciliazione, non solo tra i popoli ma in ogni luogo della creazione. Per questo è possibile pregare: "Vieni Spirito Santo - Rinnova tutta la creazione".

Nella recente enciclica che ho dedicato al tema dell'attività missionaria della Chiesa, ho ricordato che "gli stessi sforzi verso l'unità (dei cristiani) costituiscono di per sé un segno dell'opera di riconciliazione che Dio conduce in mezzo a noi" (RMi 50).

Dobbiamo essere convinti che il compito più urgente ed impellente del disegno divino di riconciliare tutte le cose in Cristo riguarda, in modo preminente, l'unità di tutti coloro che sono stati sepolti con lui nel Battesimo (cfr. Col 2,12).

I vostri studi e la vostra riflessione religiosa a Bossey certamente vi ispireranno di ringraziare Dio per tutto ciò che avete ricevuto da lui per mezzo dello Spirito Santo. La vostra visita alle tombe degli apostoli Pietro e Paolo qui a Roma forse ha ridestato in voi il modo meraviglioso in cui lo Spirito opero attraverso il loro ministero nelle prime comunità dei credenti, come descritto negli Atti degli Apostoli. Mentre ritornate alle vostre comunità "Il Dio della speranza vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per virtù dello Spirito Santo" (Rm 15,13).

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-02-07
Giovedi 7 Febbraio 1991

Ai membri della Giunta e del Consiglio della Regione Lazio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La società ritroverà la pace tanto auspicata solo se elimina le cause del disagio e dell'ingiustizia

Signor Presidente, Signori Amministratori della Regione Lazio!


GPII 1991 Insegnamenti - Angelus Domini - Città del Vaticano (Roma)