GPII 1990 Insegnamenti - Agli imprenditori nella Pontificia Facoltà Teologica - Napoli

Agli imprenditori nella Pontificia Facoltà Teologica - Napoli

Titolo: La forza più autentica dello sviluppo è l'amore che si traduce in una solidarietà operante

Illustri signori!


1. Sono lieto di trovarmi fra voi, che costituite una qualificata rappresentanza dei diversi settori dell'attività produttiva napoletana; rivolgo a ognuno il mio cordiale saluto. Non poteva certo mancare, nella cornice di questa mia visita pastorale alla diocesi di Napoli, un particolare incontro con voi, imprenditori economici, che svolgete un ruolo importante nello sviluppo della città. Le iniziative da voi promosse hanno, infatti, effetti determinanti per l'intera comunità, per cui grande è la speranza in voi riposta dalla cittadinanza.

Rivolgo un cordiale saluto alle autorità presenti e ringrazio il prof.

Ventriglia per le parole che mi ha indirizzato a nome di tutti.


2. Questo nostro incontro, pur rapido, mi offre l'occasione di riflettere insieme su taluni aspetti dell'odierna situazione sociale della vostra città.

Non posso non ricordare, innanzitutto, che la mia visita si compie a dieci anni dal grave terremoto del 1980 e che da allora numerose famiglie vivono ancora in alloggi precari con il rischio di doverli lasciare senza altre prospettive soddisfacenti. La Chiesa non resta insensibile dinanzi a tale situazione e offre la sua collaborazione affinché, evitando ogni forma di violenza, si compia il possibile per venire incontro a così vitali esigenze di un gruppo considerevole di cittadini. Accanto alla carenza di abitazioni ci sono, poi, altri problemi relativi alla complessa situazione economica e sociale di Napoli e della sua area metropolitana.

Napoli, pur essendo uno dei maggiori poli industriali italiani, è tra quelli più profondamente in crisi. L'area metropolitana rappresenta una realtà complessivamente fragile, frammentaria e tendenzialmente regressiva; il suo processo di trasformazione è ostacolato da squilibri urbanistici, carenze nel sistema dei trasporti e nella fornitura di altri servizi pubblici essenziali. La disoccupazione tende a concentrarsi sulla parte di popolazione meno protetta, i giovani e le donne. L'andamento del mercato del lavoro è appesantito dal fenomeno degli addetti formalmente occupati, ma in realtà parcheggiati nell'area della cassa integrazione. In alcuni casi, si fa ricorso al lavoro a domicilio e al cosiddetto lavoro "nero" o "sommerso". Non ignoro il peso rilevante del lavoro minorile dovuto, tra l'altro, al preoccupante fenomeno dell'evasione dell'obbligo scolastico. A tutti questi mali si aggiunge il diffondersi della droga e la recrudescenza della violenza organizzata.

Illustri signori, mi sento personalmente partecipe delle vostre preoccupazioni. So anche che queste molteplici problematiche sociali, incluso l'aumento preoccupante della criminalità organizzata, non favoriscono certamente il potenziamento dell'imprenditoria privata. Siate coraggiosi! E' vostro preciso dovere non fermarvi dinanzi alle difficoltà, ma osare, essere creativi, per il vostro legittimo guadagno e per il bene di tutta la società. Farsi carico di cambiare l'attuale situazione è dovere, in primo luogo, dei responsabili politici e degli amministratori, i quali hanno l'obbligo di assicurare la sicurezza della vita quotidiana, la certezza del diritto e la stabilità delle regole della convivenza sociale. Occorre pero che ognuno sia disponibile a dare il proprio contributo. Vi invito, pertanto, a mobilitare a tal fine le vostre migliori risorse. A voi, infatti, competono grandi responsabilità, le quali sono tanto più delicate, quanto più si guarda alle caratteristiche dello sviluppo economico del Mezzogiorno e di Napoli. Non vi può essere sviluppo senza l'impegno e la volontà dei soggetti locali. Lo sviluppo del Mezzogiorno vi sarà quando si sprigioneranno le energie locali. Voi imprenditori dovete essere in prima fila in questo sforzo.

Chiedo a voi, che avete antichissime tradizioni industriali, grande intelligenza e doti professionali, come dimostrano i tanti vostri concittadini impegnati in altre parti d'Italia e del mondo, a non assumere atteggiamenti di rassegnazione e di sconforto, ma ad avere il coraggio di rischiare un tratto di strada supplementare per il bene della comunità. Per questo faccio appello soprattutto a quanti si professano credenti. Nessuno può proclamarsi cristiano e rimanere indifferente di fronte al fratello che è in difficoltà, di fronte alla disoccupazione crescente, alla mancanza di alloggi, all'insicurezza e all'ingiustizia. Lo esige la giustizia, lo chiede la carità. Avverte san Giovanni: "Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1Jn 4,20).


3. Lo sviluppo sociale, per essere autentico e integrale, deve tener conto, innanzitutto, del rispetto della dignità della persona umana. Mai ad esso deve essere sacrificato l'uomo. Mai lo sviluppo può essere concepito e realizzato contro l'uomo. La soluzione adeguata ai complessi problemi della società viene innanzitutto dall'attento esame delle loro cause strutturali e funzionali. Viene, inoltre, non semplicemente da proposte di carattere tecnico ed economico, ma anche e soprattutto da vigorose risposte etiche e spirituali. Ciò comporta da parte di ciascuno disponibilità al confronto e al cambiamento, onesta ricerca della verità, seria qualificazione professionale e costante attenzione agli interessi dell'intera comunità. Ciò implica, in definitiva, un diverso stile di vita, improntato al servizio e alla solidarietà. Le carenze che si lamentano nel sistema sociale di questa vostra città, come altrove del resto, non sono fortuite.

Occorre allora prendere coscienza che la situazione di Napoli, e del Mezzogiorno, è frutto di precise causalità, che richiedono il coinvolgimento di tutto il Paese per una scelta di sviluppo coerente e solidale.

Nel recente documento "Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno", l'episcopato italiano, affermando l'esigenza di una trasparenza etica sia da parte dei governanti che dei cittadini, ha chiamato tutti a un'autentica mobilitazione delle coscienze contro i diversi inquinamenti della vita sociale, che rappresentano un rifiuto pratico della dignità dell'uomo.

Fare cenno alla "questione morale" nel problema del Mezzogiorno rappresenta un invito a riflettere sui problemi del lavoro e dell'impresa e sull'interazione tra dimensione economica e dimensione etica, alla luce dei valori morali e spirituali fondamentali, che la Chiesa non si stanca di riproporre.


4. La concezione cristiana del lavoro affonda le sue radici nelle pagine bibliche della creazione, nel comando originario di Dio: "Riempite la terra e soggiogatela" (Gn 1,28).

Il fatto che chi lavora sia una persona, conferisce a tale attività un preciso valore etico, che è indipendente dal genere di lavoro che si compie e dalle modalità con cui esso si realizza.

Come sottolinea il Concilio Vaticano II, "l'uomo, offrendo a Dio il proprio lavoro, si associa all'opera stessa redentiva di Cristo, il quale ha conferito al lavoro un'altissima dignità, lavorando con le proprie mani a Nazaret" (GS 67). Se tale è la dignità del lavoro, si può meglio intuire quali negative conseguenze derivino dalla disoccupazione, dagli altri problemi ad essa connessi e, più in generale, dalla crisi economica che si sta attraversando.

Diversi mali sociali, come la delinquenza, il consumo e il traffico di sostanze stupefacenti, la corruzione e la violenza organizzata, possono prosperare più facilmente proprio a causa di simili situazioni. Mai eccessiva sarà, pertanto, l'attenzione che ad esse è riservata.


5. Tra i molti modi in cui la Chiesa sente il bisogno di servire l'uomo, vi è anche il suo sforzo di illuminarlo a riflettere sull'autentico concetto di sviluppo. L'attuale sviluppo tecnologico ha certamente un ruolo positivo nella progressiva vicenda della storia umana. Ma lo sviluppo non può limitarsi al solo lato economico, senza badare all'intrinseca connessione tra sviluppo autentico e rispetto dei valori dell'uomo.

Nell'enciclica "Sollicitudo Rei Socialis" (SRS 38-40) ho posto in risalto che l'autentico sviluppo si attua solo attraverso il valore della solidarietà cioè la "determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune". Il principio di solidarietà va pertanto applicato anche nel mondo dell'impresa. Esistono criteri morali, non soltanto economici, alla base delle scelte operative nell'attività produttiva. Tra questi, primario è certamente il criterio del bene comune. Perseguire il profitto di per sé non è ingiusto, se il profitto è ottenuto in modo lecito e attraverso una corretta gestione dell'impresa. La ricerca di un ragionevole profitto è, tra l'altro, in connessione con il diritto di "iniziativa economica", che ho difeso nell'enciclica sopra citata. Ma il profitto non va eretto a criterio assoluto: è solo una regola di efficienza, che va sottoposta ai vincoli derivanti dal principio di solidarietà.


6. Si assiste oggi al progressivo divaricarsi tra la dimensione economica e quella etica, che dovrebbero essere invece in costante interazione. Sempre più spesso siamo posti di fronte a fatti e fenomeni sociali dove l'economia afferma la sua razionalità senza alcun riferimento all'etica.

La Chiesa, che insegna la "verità sull'uomo", conosce la sua grandezza di persona e la sua limitatezza di creatura. Conosce la sua sete di benessere e le difficoltà che lo conducono a rinchiudersi nel proprio interesse. Sa che l'impegno economico non può pero soddisfare le sue più profonde esigenze. Come pure è ben consapevole che nessun sistema creato dall'uomo, pur tendendo verso un continuo miglioramento, potrà mai attingere sulla terra la pienezza della giustizia; in ogni sistema sarà sempre necessario correggere gli aspetti in contrasto con la dignità umana e con la partecipazione di tutti al bene comune.


7. Cari amici, vorrei concludere queste riflessioni con il riferimento a un aspetto essenziale della vocazione cristiana, l'aspetto del "servizio", che dà senso e valore a ogni vero impegno umano. L'indicazione della strada da seguire ci viene direttamente da Cristo Signore, che, pur essendo Dio, si è fatto uomo tra gli uomini "non per essere servito, ma per servire" (Mt 20,28 Mc 10,45). La dottrina sociale della Chiesa, che ha recepito questo supremo esempio, insegna che la persona può ritrovare pienamente se stessa solo attraverso il dono generoso di sé (cfr. GS 24). La Chiesa sente il dovere di dire a voi tutti che la forza più autentica di sviluppo è l'amore che si traduce in solidarietà operante. E' in questa prospettiva che vi invito a vivere e a sviluppare la vostra attività.

Dio tutti vi benedica! (Prima della benedizione della lapide posta nell'Aula Magna a ricordo della visita di Giovanni Paolo II e della lezione che il 23 aprile del 1974 l'allora card.

Wojtyla tenne su san Tommaso d'Aquino:) Vorrei aggiungere un'osservazione che scaturisce dal contenuto di questa lapide, dove è detto espressamente che cosa ha fatto il card. Karol Wojtyla in quest'Aula nel 1974 e di cosa ha parlato: ha parlato di san Tommaso, di una tematica filosofica se non proprio teologica. Invece, non è scritto che cosa ha detto questa volta, di che cosa ha parlato... Io sono molto grato alla Facoltà Teologica che ci ha ospitato per trattare di una tematica economica, ha ospitato il gruppo di imprenditori di Napoli insieme con il Papa e con l'arcivescovo cardinale di Napoli. Ma vorrei in un certo senso "giustificare" la presenza della tematica di oggi nell'Aula di una Facoltà Teologica. Io penso che anche la teologia si occupi dell'economia, soprattutto dell'economia divina. E' il punto centrale della teologia: "oikonomia", una parola greca, nella quale si tratta dei beni divini che finalmente si riducono tutti al "summum bonum" che è Dio stesso e che di se stesso fa dono. Questa forse è la differenza più importante tra l'economia divina e quella umana. Nell'economia divina la cosa principale, l'"alfa" e l'"omega", è il dono. Nell'economia umana, deve esserci sempre uno scambio dei valori, una giustizia: tutto questo crea problemi certamente costruttivi nella vita economica, nel progresso economico, ma crea anche difficoltà.

Dopo questa breve introduzione, cosa posso augurare, alla fine, agli economisti, agli imprenditori napoletani? Io auguro a tutti voi, nonostante quello che ho detto nella mia prolusione, che anche la vostra vita economica, terrena, imprenditoriale, si possa trovare pienamente dentro questa economia divina, perché questa economia divina abbraccia tutti noi, è aperta a tutti noi, aperta in un modo ineffabile. Le parole sono insufficienti, ma auguro a tutti voi, alle vostre famiglie, ai vostri collaboratori, ai vostri operai, una partecipazione possibilmente più piena a questa divina economia che è l'economia del dono, della grazia.

Data: 1990-11-11

Domenica 11 Novembre 1990

Alla popolazione - Torre del Greco (Napoli)

Titolo: Difendete coraggiosamente la vita liberando ogni uomo dalla schiavitù della violenza e dei poteri illegali

Carissimi sacerdoti e fedeli di Torre del Greco!


1. Ringrazio voi e il vostro arcivescovo, il signor card. Michele Giordano, e ringrazio il signor sindaco per il saluto rivoltomi. Un pensiero riconoscente a voi tutti presenti, per la festosa e calorosa accoglienza, tipica delle popolazioni di questa terra felice, le cui straordinarie bellezze naturali sembrano sottolineare la comune gioia di questo incontro.


2. Il più illustre figlio di Torre del Greco è senza dubbio il beato Vincenzo Romano. Egli vi ha lasciato un'eredità spirituale preziosa con l'esempio di una santa vita, del fervore sacerdotale e della totale dedizione che caratterizzarono gli oltre trent'anni del suo ministero pastorale. Erano, quelli, tempi difficili e calamitosi per le vicende storiche e per la disastrosa attività del vicino Vesuvio, che nel 1794 devasto la vostra città, seminando terrori e lutti.

Con un ritmo di attività quasi incredibile, egli fu maestro di evangelica carità ai sacerdoti e provvido padre ai fedeli, dei quali condivise sofferenze e preoccupazioni. Fu anche un precursore della carità sociale, così importante per la Chiesa di oggi, con l'assistenza spirituale e la tutela dei diritti dei pescatori di corallo, per i quali era celebre Torre del Greco. Durante i lunghi periodi di assenza degli uomini su mari lontani, il beato riservava particolari cure alle loro famiglie.


3. Ma Vincenzo Romano lavoro intensamente e soprattutto per la formazione delle coscienze e per l'evangelizzazione. Alla radice dei problemi personali e sociali di solito si riscontrano cause legate all'infermità delle coscienze o all'aridità dei cuori. Vincenzo Romano lo sapeva, ed era perciò convinto che il primo impegno di ogni buon pastore dev'essere la formazione dottrinale e morale dei propri fedeli. Egli pertanto si dedico con sollecitudine e costanza alla catechesi parrocchiale e al ministero delle confessioni, vedendo in ciò un'occasione privilegiata di formazione delle coscienze. Alla gente del popolo propose il Vangelo nella sua semplicità e autenticità, divenendo egli stesso testimone credibile e araldo della parola di Cristo con una vita povera, umile e, soprattutto, integralmente dedita al ministero.

L'impegno dell'evangelizzazione fu nella sua vita la sola vera passione, e per questo, come l'apostolo Paolo, egli si comporto in modo da essere amorevole in mezzo a voi come una madre che nutre con cura le proprie creature. Dimostro anzi di essere disposto a dare ai Torresi non solo il Vangelo, ma la sua stessa vita, come a figli diventati a lui singolarmente cari (cfr. 1Th 2,7-8). Con tale animo egli vi annunzio il Vangelo di Dio, sforzandosi di essere catecheta in tutti i modi e in ogni circostanza.

Come ben sapete, egli uso il metodo della "sciabica"; catechizzava i fedeli dovunque si trovassero, visitandoli nelle case o accompagnandoli lungo le strade. Con intuizione che anticipava i tempi, il vostro patrono si preoccupo così del valore della Messa festiva e insegno ai fedeli come si assiste ad essa, non da estranei o muti spettatori, ma comprendendo bene e partecipando consapevolmente all'azione sacra, grazie alla luce ricevuta nell'ascolto della parola di Dio (cfr. SC 47).


4. La voce dello Spirito, che guido il santo parroco torrese nel suo ministero, è la stessa voce che oggi fa appello a questa Chiesa particolare per chiedere a tutti voi di prodigarvi per la nuova evangelizzazione, attendendo alla riforma delle coscienze nella luce della parola di Dio e concorrendo a rinnovare i costumi morali sia nella vita privata che in quella pubblica.

Lo Spirito vi invita ad attuare la carità, che si espande a partire dalla fede, ad aprire senza timore gli occhi su quei bisogni umani per i quali spesso mancano la comprensione e il soccorso della collettività. Vi invita a un impegno solidale per il bene dell'uomo, di ogni uomo e di tutto l'uomo, al fine di raggiungere la sperata promozione sociale, nel contesto di un autentico progresso umano. Lo Spirito richiede a voi una carità che sappia difendere coraggiosamente la vita, liberando ogni uomo dalla schiavitù della violenza e delle intimidazioni provenienti da poteri illegali. Lo Spirito vi invita a operare tutti in unità d'intenti con generosa dedizione, fidando nella forza della verità e della giustizia.


5. La comunità di Torre del Greco non lascerà cadere l'esempio e la memoria del suo umile e santo parroco di un tempo. Vi invito tutti a riprendere ancora oggi il suo programma pastorale, per inserirlo nelle moderne tensioni sociali con il suo stesso fervore e con la sua medesima passione.

Questo è il ricordo che voglio lasciare a voi, sacerdoti, religiosi e laici impegnati nella catechesi e nel servizio ecclesiale, mentre imparto a tutti la mia benedizione, con uno speciale pensiero per i giovani, le famiglie, i sofferenti.

Data: 1990-11-11

Domenica 11 Novembre 1990

All'Accademia Aeronautica - Pozzuoli (Napoli)

Titolo: Servizio alla coesistenza pacifica, difesa del patrimonio ideale




1. Sono vivamente grato a lei, signor capo di Stato Maggiore dell'Aeronautica Militare, generale Stelio Nardini, per le nobili parole che ha voluto rivolgermi in questa circostanza, illustrando le alte finalità che l'Accademia Aeronautica persegue. Ringrazio mons. Giovanni Marra, ordinario militare, per il suo cordiale benvenuto. Porgo il mio deferente saluto al generale Franco Scano, comandante di questa Accademia Militare, agli ufficiali, ai docenti e collaboratori civili, ai sottufficiali, agli avieri e allievi e alle rispettive famiglie.

Colgo volentieri l'occasione per esprimere altresi vivo apprezzamento per lo spirito di sacrificio e di dedizione dei molti piloti, formati a questa Scuola, che ho avuto occasione di incontrare durante i miei viaggi apostolici in Italia. Ho potuto in molti modi apprezzarne l'elevata professionalità, unita sempre a cortese disponibilità, e vorrei profittare di questo momento per ringraziarli di vero cuore per ogni segno di attenzione costantemente riservato alla mia persona.


2. Ho ascoltato con vivo interesse quanto è stato detto circa gli intendimenti a cui si ispira l'opera educativa che l'Accademia svolge e noto con piacere il grande rilievo che viene dato ai valori morali, posti a fondamento dell'intero edificio formativo.

Confido che anche voi, carissimi allievi e avieri, siate pienamente convinti dell'opportunità di una simile impostazione e ne assecondiate con generoso slancio la concreta attuazione. Il vostro servizio, carissimi giovani, è quanto mai delicato e importante. E' un servizio alla coesistenza pacifica, alla difesa del patrimonio ideale e morale della Patria. E', inoltre, un servizio che mira a costruire un'umanità in dialogo, capace di tutelare e promuovere i diritti di ogni persona. a vostra vocazione a collaborare all'edificazione di un mondo pacifico e solidale è qui efficacemente sottolineata dalla presenza di Allievi di diverse nazioni.

Voi sapete che la vostra azione dovrà essere finalizzata al miglior raggiungimento del bene comune, in ogni circostanza. Il vostro intervento viene oggi richiesto per attività di soccorso in casi di pubblica calamità. Quest'aiuto premuroso e tempestivo esige preparazione tecnica e richiede pronta disponibilità al rischio e al sacrificio. Soccorrere significa saper offrire l'aiuto giusto al momento giusto, con spirito di fraternità e di carità.

Ciò suppone una preparazione seria e approfondita, sostenuta da una forte educazione al rispetto e alla collaborazione. Occorre, a tal fine, nutrirsi di altruismo e di profondo senso di disciplina, oltre che di interiore integrità morale. Sono valori che voi, allievi, siete chiamati a maturare durante il vostro soggiorno qui in Accademia, profittando di tutti i mezzi posti a vostra disposizione. Tali valori, infatti, dovranno poi accompagnarvi durante tutto l'arco della vostra esistenza.


3. L'odierna società è caratterizzata dall'incontro dei popoli e dalla loro reciproca interazione. Soltanto se sarete interiormente convinti della vostra vocazione alla pace; soltanto se sarete disposti a operare perché si affermino il dialogo e la comprensione tra gli individui e tra i popoli, bandendo la violenza e, per quanto possibile, il ricorso alla forza, potrete contribuire alla costruzione di un'umanità veramente solidale e rispettosa dei diritti di ogni persona.

Nelle radici culturali dei popoli, specialmente di quelli di antica tradizione cristiana, sono vivi i valori della carità e del servizio all'uomo, che si fondano nell'eterno messaggio evangelico, secondo il quale ogni uomo è fratello, perché figlio dell'unico Padre. Proprio questa convinzione di fede può oggi ridare a ciascuno la consapevolezza di appartenere a un'unica famiglia di nazioni destinate ad essere corresponsabili del futuro destino della terra e perciò chiamate a trasformare le lance in falci (cfr. Is 2,4).


4. Dico questo a voi, avieri e allievi dell'Accademia, perché nessuno più del pilota moderno ha coscienza della superabilità dei confini e delle aree geografiche, dell'interdipendenza tra diverse nazioni e territori, dell'esigenza di solidarietà a tutti i livelli per un'ordinata e proficua convivenza nell'unico pianeta.

Invoco su tutti la protezione della Madonna di Loreto, che voi venerate come celeste patrona. So che, in suo onore, la cappella di questo Istituto è stata recentemente restaurata: mi compiaccio per questo gesto di devozione. Che la Vergine vi assista in tutti i vostri voli, illumini i vostri cuori e i vostri progetti! A tutti voi, qui presenti, alle vostre famiglie e alle persone care la mia benedizione.

Data: 1990-11-12

Lunedi 12 Novembre 1990

Saluto alla cittadinanza - Pozzuoli (Napoli)

Titolo: Reagire con coraggio, senza abbandonarsi alla rassegnazione

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono particolarmente lieto di trovarmi fra voi e di poter far visita alla vostra città, ricca di storia e, oggi, dinamico centro di sviluppo industriale.

Grazie per il vostro affetto, grazie per la vostra accoglienza! Ringrazio in particolare il signor sindaco per le parole di benvenuto, che mi ha rivolto a nome di tutta la popolazione. Saluto il pastore della vostra diocesi, il venerato fratello mons. Salvatore Sorrentino. Rivolgo il mio deferente pensiero anche alle autorità civili e militari presenti, e a quanti, in vario modo, hanno contribuito al buon esito di questa mia visita pastorale. Un cordiale saluto agli ufficiali e al personale della comunità militare americana, che ha la sua base a Pozzuoli, e alle loro famiglie. Tutti abbraccio con affetto, tutti saluto con sincera cordialità.


2. La vostra città conserva interessanti e significative tracce di storia, di cultura e di civiltà. Esse ricordano secoli di grande sviluppo culturale e commerciale che hanno contribuito a segnare in profondità l'animo del vostro popolo, industrioso e aperto all'ospitalità, avvezzo alle difficoltà, e perciò capace sempre di nuove risorse spirituali e operative. Ne fanno testimonianza monumenti ben noti, soprattutto dell'epoca cristiana, che mostrano come il Vangelo, accolto dai vostri antenati, abbia loro permesso di fondere in armoniosa sintesi i valori delle precedenti culture con la novità del cristianesimo, dando così origine alla ricca storia della vostra comunità.


3. Pozzuoli richiama in tutti noi il ricordo del passaggio di san Paolo che, come si legge negli Atti degli apostoli (28,14), approdo qui intorno al 61 dopo Cristo e si fermo per una settimana prima di ripartire per Roma. Sembra di riascoltare la sua voce, sembra di rivivere quei momenti di intensa vitalità spirituale e apostolica.

Oggi vorrei anch'io ripercorrere, almeno spiritualmente, come pellegrino di pace, l'itinerario dell'apostolo delle Genti e ripetere a tutti voi le sue parole di saluto e di incoraggiamento.

Pozzuoli, non dimenticare mai le tue profonde radici cristiane! Sia sempre vivo nella tua memoria storica il calore di quella prima comunità cristiana, che si riallaccia direttamente alla predicazione degli apostoli. Apri le braccia e il cuore al Vangelo; accogli Cristo nelle tue famiglie, nelle tue istituzioni, nella vita di ogni giorno! Solo in lui splendono in pienezza la luce della verità e la fiamma dell'Amore! Il mio pensiero va soprattutto, ai lavoratori, ai giovani, agli ammalati, agli anziani, a ogni uomo e ogni donna che vive nella vostra città, a quanti operano nel settore della pesca, ai marittimi, agli operai delle diverse aziende, ai coltivatori diretti della rigogliosa campagna flegrea, ai professionisti e agli artigiani, agli imprenditori e ai commercianti. A tutti auguro di operare insieme, con sentimenti fraterni e solidali, per il progresso e il superamento delle difficoltà nelle quali si dibatte la vostra città.


4. Essa, infatti, come tutta la regione attigua alla grande metropoli partenopea, risente degli squilibri sociali causati dal rapido aumento della popolazione, che si concentra in un territorio relativamente ristretto. Pozzuoli è certamente un centro che è andato, specialmente in questi ultimi anni, notevolmente modernizzandosi, ma questo sforzo non è bastato comunque a risolvere i numerosi problemi che ne caratterizzano l'attuale situazione. La carenza dei servizi e delle strutture sociali, indispensabili per far fronte al fenomeno della costante urbanizzazione, il calo dell'occupazione e la crisi dell'attività produttiva rendono sempre più difficile la convivenza all'interno della città, dove il tessuto comunitario è minacciato dal dilagare della violenza, della droga e della delinquenza.

Giustamente voi vi preoccupate, in particolare, di salvaguardare la vostra identità culturale e sociale, insidiata sia dai fermenti negativi che agiscono all'interno, sia dalla grande espansione della vicina Metropoli. A ciò si aggiungono le calamità naturali, come il sisma che, nel corso degli ultimi vent'anni, ha creato a tutti voi notevoli difficoltà e il fenomeno del bradisismo, che rappresenta una costante minaccia per la sussistenza stessa della vostra città.

Carissimi, cercate di reagire con coraggio, senza abbandonarvi alla passiva rassegnazione, che spegne ogni possibile risorsa interiore. Non date per scontato che la situazione non possa essere cambiata. Pensate, soprattutto, ai giovani e al loro avvenire; esigete in tutti i modi legittimi che le autorità responsabili non vi abbandonino. E siate coscienti che solo con il contributo generoso di ognuno si può costruire una città a dimensione d'uomo.


5. Auspico pertanto che tutti collaborino per garantire il bene comune. Auspico che quanto prima siano attuate le opere necessarie per assicurare una vita migliore a tutti e specialmente ai meno abbienti, ai più deboli e agli emarginati.

Da questa collaborazione, fatta di mutuo sostegno e frutto di buona volontà, dipende il successo delle vostre iniziative.

Invoco l'aiuto e la protezione di Dio sulla vostra città e su ciascuno di voi. Pozzuoli, con la forza della tua fede, potrai ritrovare le profonde ragioni della tua identità. Operando nel rispetto di tutti i valori umani, sociali e spirituali, che costituiscono la tua preziosa eredità, potrai costruire con dignità il tuo avvenire.

Con questi sentimenti, carissimi fratelli e sorelle, tutti vi benedico.

Data: 1990-11-12

Lunedi 12 Novembre 1990

Omelia alla celebrazione - Pozzuoli (Napoli)

Titolo: Eredi di un prezioso patrimonio di dottrina e di vita testimoniate la potenza universale di un amore che non muore




1. Ci troviamo sul luogo di un'importante tappa dell'itinerario di san Paolo. Non molto tempo fa ho potuto visitare l'isola di Malta, dove è sempre vivo il ricordo dell'apostolo. Come è noto, dopo il naufragio, Malta divenne per Paolo e i suoi compagni di viaggio l'isola della salvezza. Gli "Atti degli apostoli" descrivono la continuazione di questo viaggio lungo il litorale dell'Italia. Sono nominate le città di Siracusa, Reggio e Pozzuoli, la vostra città.

Cari fratelli e sorelle, certamente con grande commozione voi rileggete questo testo degli "Atti degli apostoli". Esso rappresenta una particolare testimonianza storica sulla vostra città, sui vostri antenati e, in modo speciale, sulle origini della vostra Chiesa.

Leggiamo: "...arrivammo a Pozzuoli. Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana" (Ac 28,13-14). Da queste parole risulta che già prima dell'arrivo di san Paolo c'era qui una comunità cristiana, la "Chiesa locale" di Pozzuoli. San Paolo, grazie alla sua sosta di sette giorni, impresse il sigillo apostolico su questa vostra Chiesa pozzuolese.


2. Oggi ringraziamo la santissima Trinità per questi inizi apostolici della vostra comunità cristiana. Desideriamo anche guardare - sia pur brevemente - al suo passato quasi bimillenario.

Nella vostra Chiesa vi sono stati singolari esempi di convinta adesione al messaggio annunziato da Paolo e di zelante ministero per la diffusione e la purezza della fede.

Ricordiamo, anzitutto, i martiri dei primi secoli, che voi venerate come primizie del cristianesimo nella regione campana: il vescovo di Benevento, san Gennaro, che fu decapitato sulla pietra che, irrorata dal suo sangue, tuttora è conservata quale vivo segno del suo martirio; i diaconi Sosio, Festo e Procolo; il lettore Desiderio; i laici cristiani Eutiche e Acuzio; tutti modelli di fedeltà a Cristo e al Vangelo, che hanno predicato con la parola e con il sangue.

Appartiene, altresi, alla storia della fede di Pozzuoli la predicazione del vescovo Giuliano, al quale il Papa san Leone Magno affido la lettera per il patriarca di Costantinopoli Flaviano. Tale documento, com'è noto, contribui alla conoscenza più approfondita del Cristo, vero Dio e vero Uomo. Tale formulazione di fede, ricevuta nella Chiesa come autentica e normativa, sarà tramandata nei secoli come espressione indubitabile della verità su Cristo.


3. Nobili tradizioni stanno, dunque, alle vostre spalle. Voi siete eredi di un patrimonio prezioso di dottrina e di vita, che è venuto arricchendosi nel corso dei secoli grazie all'apporto delle generazioni cristiane, che qui hanno testimoniato la loro adesione a Cristo.

Oggi, dopo il Concilio Vaticano II, noi professiamo le stesse certezze su Cristo, vivendo una simile esperienza di Chiesa. Professiamo la nostra adesione alla verità su Cristo insieme con l'adesione a tutte le altre verità rivelate; in particolare con la verità su Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo. La Chiesa, infatti, come insegna il Concilio, "si presenta come un popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo" (GS 4).

Questa è l'unità che vive la Chiesa nella sua dimensione universale.

Questa è pure l'unità di ogni Chiesa particolare, nella quale il mistero universale della Chiesa e della sua struttura trova una propria incarnazione.


4. E' quindi, nello Spirito di questa universale comunione di fede e di carità che sono venuto tra voi per incontrarvi e conoscervi.

Saluto con gioia il vostro vescovo, mons. Salvatore Sorrentino, con tutto il presbiterio, i religiosi e le religiose, i laici impegnati nei diversi ministeri, specialmente quelli che collaborano nella catechesi e nelle attività caritative. Saluto anche le autorità cittadine e tutti coloro che hanno voluto partecipare a questa celebrazione.

Nel testo degli "Atti degli apostoli" abbiamo letto: "I fedeli di là - cioè i fedeli di Roma - ci vennero incontro... Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio" (Ac 28,15). Ecco, sono venuto per confortarvi e darvi coraggio. Merita, infatti, attenzione ed encomio il vostro impegno ecclesiale e il vostro sforzo per la diffusione del Vangelo. Sono qui per esortarvi a perseverare nel cammino intrapreso.

Il vostro vescovo mi ha presentato alcune difficoltà che la diocesi oggi sta affrontando: il recente terremoto e il caratteristico bradisismo della zona flegrea hanno diviso la comunità, disperdendo parte delle famiglie e delle parrocchie; importanti luoghi di culto sono stati resi inagibili, a cominciare dalla cattedrale sorta sull'antica acropoli. Più acuta è poi la preoccupazione pastorale, connessa con l'espansione edilizia e con gli insediamenti a carattere precario di nuove famiglie sul territorio diocesano. Ciò comporta, com'è ovvio, un insieme di problemi: dal primo approccio pastorale con i nuovi arrivati, all'edificazione di adeguati luoghi di culto. Come costruire o come ricomporre la comunità cristiana senza una elementare struttura per raccogliersi e per celebrare l'Eucaristia domenicale? Forse in molti di voi, sacerdoti e laici, comincia ad affacciarsi lo scoraggiamento o la tentazione di resa di fronte a queste difficoltà. Sono venuto tra voi per condividere anche questa vostra ansia e per recarvi una speciale parola di incoraggiamento e di speranza.


5. "Paolo rese grazie a Dio e prese coraggio". Carissimi fratelli e sorelle, non temete, non lasciate cadere le braccia, non diffidate della grazia della parola divina che predicate. Al Signore non mancano modi per soccorrervi. Rendete anche voi grazie nella fatica quotidiana, sicuri che le promesse di Cristo si avvereranno e che le meraviglie della sua grazia sono riservate anche a voi, perché "la fedeltà del Signore dura in eterno" (Ps 116,2).

Desidero esortare soprattutto i presbiteri ad accogliere i propri impegni con animo generoso. La missione a voi affidata, cari fratelli, non sarà mai impoverita dalle difficoltà, se nel nome di Cristo andrete incontro alla gente con fiducia; se, come pastori premurosi, ravviverete la fede, nutrirete i fedeli con la parola e i sacramenti, e li conforterete con l'affetto di padri delle anime.


6. L'odierno brano del Vangelo ci presenta il colloquio di Cristo risorto con Simon Pietro, chiamato ad essere il fondamento della Chiesa e il continuatore dell'opera di Gesù, buon pastore.

Nel momento del colloquio con Simon Pietro, Cristo ha già confermato pienamente di essere il pastore che "offre la vita per le pecore" (cfr. Jn 10,11).

Dopo la risurrezione, ormai vicino alla partenza da questo mondo e al ritorno al Padre, egli porta sul suo corpo i segni del sacrificio in croce.

Ma anche Pietro porta in sé - nel profondo dell'animo - il ricordo della delusione data al suo Maestro nella notte del tradimento. Egli ha deluso anche se stesso, e dolorosamente. Ora che Cristo gli chiede: "Mi vuoi bene?", Pietro non si richiama, in primo luogo, a se stesso, ma al suo Maestro: "Signore tu sai tutto"; e soltanto dopo conferma: "Tu sai che ti voglio bene". Dopo una tale risposta, ripetuta tre volte, Cristo conferma la missione pastorale di Pietro nella sua Chiesa. Gli dice: "Pasci le mie pecorelle" (Jn 21,15-17).


7. Anche a voi, oggi, Gesù rivolge con insistenza la domanda: "Mi ami tu?... Mi ami più di costoro?". Egli lo fa proprio perché conosce la situazione "delicata e difficile" - come ha detto il vostro vescovo - in cui vi trovate. Egli, il Signore, vi chiede di risolvere i vostri problemi tenendo anzitutto gli occhi della fede fissi su di lui, "pastore e guardiano delle vostre anime" (1P 2,25).

Rispondete, dunque, anche voi come Pietro: "Signore, tu sai tutto, tu sai che ti amo". Dite al Signore: Tu solo conosci le nostre fatiche e le nostre difficoltà; ma tu sai che nessuna di esse potrà mai separarci dal tuo amore (cfr. Rm 8,35), né potrà mai spegnere in noi il desiderio di servirti.

E il Signore, di rimando, vi ripeterà: "Seguimi!", nonostante le difficoltà. Seguimi nella predicazione del Vangelo. Seguimi nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo. Seguimi nel parlare di me a coloro con i quali vivi, giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell'amicizia. Seguimi nella catechesi ai piccoli, poiché a nessuno di essi deve mancare la parola che apra i loro occhi alla conoscenza del volto amabile del Figlio di Dio, fatto uomo.


8. Grande è la potenza di questo dialogo. Quando Paolo soggiorno nella vostra città, accingendosi a partire verso Roma, Pietro vi era già arrivato. Da quel momento i due apostoli si sarebbero trovati insieme. La Chiesa, che è a Roma, è stata edificata su questo duplice fondamento apostolico: Pietro e Paolo. Ciascuno di essi aveva camminato per una via diversa, ma sempre e solo seguendo Cristo.

La Chiesa, da allora, come "popolo adunato nell'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito", ha sempre ricevuto questa missione dagli apostoli: sia la Chiesa apostolica e universale, sia ogni Chiesa "locale".

Così è stato ed è anche per la vostra Chiesa a Pozzuoli, per la città attraverso la quale è passato san Paolo: per la vostra Chiesa, nella quale, così come in ogni altra, non cessano di risuonare le parole di Pietro: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene".

Appunto in questo amore sta la potenza universale. Nella potenza di questo amore lodano il Signore tutti i popoli, gli danno gloria tutte le nazioni.

L'amore è la potenza universale che non muore, perché trascende l'uomo. Sono morti, martiri, gli apostoli Pietro e Paolo. Ma l'amore, il loro amore, non morirà mai, perché è da Dio. In esso si manifesta "la fedeltà del Signore", quella fedeltà che "dura in eterno" (cfr. Ps 116,1-2). Amen!

Data: 1990-11-12

Lunedi 12 Novembre 1990


GPII 1990 Insegnamenti - Agli imprenditori nella Pontificia Facoltà Teologica - Napoli