GPII 1991 Insegnamenti - Messaggio audiovisivo per il centenario della "Rerum Novarum"

Messaggio audiovisivo per il centenario della "Rerum Novarum"

Titolo: Essa ci insegna a rinnovare il nostro sguardo

Fratelli e sorelle, Eccovi riuniti per celebrare il centenario dell'enciclica "Rerum Novarum" del mio predecessore Papa Leone XIII. Questo messaggio, che vi rivolgo direttamente, vuol esprimere la mia gioia e l'importanza che annetto alla vostra opera.

Opera di cristiani desiderosi di conoscere meglio quell'inestimabile patrimonio che è l'insegnamento sociale della Chiesa di cui la "Rerum Novarum" ha segnato una nuova partenza per i tempi moderni.

Opera di uomini e donne attenti a cogliere nel modo migliore gli appelli pressanti che sorgono da un mondo assetato di giustizia e di pace, di libertà e di solidarietà.

L'enciclica "Rerum Novarum" dev'essere riletta con gli occhi di oggi per scorgere in essa la sua permanente e viva attualità. Essa ci insegna anche a rinnovare il nostro sguardo, a individuare tutte le "cose nuove" che nascono, sovente nel buio e nel disordine, per dar loro senso ed armonia.

All'occhio umano, le sfide della nostra società sono così notevoli e complesse che saremmo portati a scoraggiarci e a disperare per l'uomo. Ma Dio è con noi, Dio resta il signore della storia. Il Vangelo è sempre nuovo: esso pone nelle nostre mani semi che non smettono di fecondare la terra per renderla più abitabile.

Dai grandi cambiamenti che sconvolgono la nostra epoca, dobbiamo trarre una lezione: Dio è la vera misura dell'uomo.

Egli soltanto rivela pienamente l'uomo a se stesso. Dinanzi alla crisi delle ideologie e delle strategie, non abbiate paura di porre la vostra conoscenza dell'uomo al servizio della sua vita sociale, culturale, politica ed economica.

Che la verità e la dignità dell'uomo siano sempre salvaguardate sui nuovi cammini della storia in cui si avvia! L'insegnamento sociale della Chiesa è tanto una vita quanto una dottrina: è un'esortazione costante a testimoniare l'efficacia dei principi di azione di cui è portatore, nella vita personale e collettiva e, innanzitutto, in seno alle stesse comunità cristiane.

Per rispondere alle concrete esigenze del Vangelo, non vi sarà sufficiente una puntuale commemorazione della "Rerum Novarum", neanche tutto quest'anno che ho dedicato allo studio del pensiero sociale della Chiesa: siate certi che si tratta di un cantiere sempre aperto, di un cantiere cui tutti sono chiamati affinché l'umanità, nella precarietà della sua condizione, risponda sempre meglio alla sua vocazione divina.

Nella speranza che le vostre riflessioni portino molto frutto, invoco su voi la Benedizione di Dio.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-02-26
Martedi 26 Febbraio 1991




Al Consiglio direttivo del "Serra International" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'iniziativa di ogni vocazione dipende da Dio

Caro Arcivescovo Mahony, Cari fratelli e sorelle in Cristo, Sono molto lieto di accogliervi in occasione della tavola rotonda del Serra International. Un saluto particolare al vostro Consigliere Episcopale e al vostro Presidente Internazionale. Prego che Dio mandi abbondanti benedizioni sulle vostre deliberazioni durante questi giorni, così che il Serra International possa favorire la crescita spirituale dei suoi membri e perseverare nel suo importante scopo di incoraggiare le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa.

La promozione di queste vocazioni particolari è infatti essenziale per la vita e la missione della Chiesa.

Sebbene sia vero che tutti i battezzati hanno un ruolo da ricoprire nella salvezza del mondo, è il sacerdote consacrato che rende possibile la comunione sacramentale della Chiesa attorno all'Eucarestia, "fonte e apice della vita cristiana" (LG 11). Nello stesso tempo la vita di consacrazione secondo i consigli evangelici è segno radicale all'interno della Chiesa che le domande del Vangelo devono essere soddisfatte nel dono totale di sé a Dio e al suo Regno come mostratoci nella vita di Cristo.

L'incremento delle vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa è necessario oggi per rafforzare l'intera Chiesa e ognuno dei suoi membri per la missione universale che le è stata affi

Data: che tutti possano credere ed essere salvati. Questa è opera di Dio, non nostra; noi siamo suoi servi, gli strumenti del suo piano d'amore. Obbedienti al comando di Cristo preghiamo "il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2) perché riconosciamo che l'iniziativa di ogni vocazione dipende da Dio e non da noi. Di qui l'importanza della preghiera, così ardentemente promossa dal Serra International, affinché Dio benedica la sua Chiesa con ancor più santi e devoti sacerdoti e religiosi.

Allo stesso tempo anche noi riconosciamo che occorre creare un ambiente nel quale la chiamata di Dio possa essere sentita, compresa e accettata. Serbando gli ideali e la necessità di una vita sacerdotale e religiosa di fronte alla diffusa trascuratezza o indifferenza, la vostra organizzazione si prende cura del semenzaio della piantagione di Dio, della sua discreta chiamata a rispondere a queste speciali vocazioni all'interno del contesto della famiglia, della comunità locale, della parrocchia e della diocesi.

Cari fratelli e sorelle, a nome di tutta la Chiesa ringrazio voi e tutti i membri del Serra International per gli sforzi intrapresi volti ad incrementare le vocazioni attraverso le vostre preghiere e attività. Dobbiamo essere fiduciosi che per quanto grandi le necessità della Chiesa, il "Signore delle messi" non mancherà di prestare attenzione alle nostre preghiere o di far fruttificare i nostri sforzi, a suo tempo e nel modo che lui vuole. Invoco su di voi l'intercessione del vostro patrono il Beato Junipero Serra, e cordialmente imparto la mia Benedizione Apostolica a voi e alle vostre famiglie.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-02-28
Giovedi 28 Febbraio 1991



Alla plenaria del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il diritto della verità

Cari confratelli nell'Episcopato, Cari fratelli e sorelle in Cristo,


1. Sono Lieto di incontrare ancora una volta i membri e il personale del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, in occasione della vostra Assemblea Plenaria annuale. In passato, in occasione di questi incontri, ho spesso ricordato la natura provvidenziale dell'attenzione che il Concilio Vaticano II ha dedicato ai mezzi della comunicazione sociale. La loro importanza nell'"estendere e consolidare il regno di Dio", come pure per "il progresso di tutta l'umanità"; conferisce ad essi un ruolo speciale nella missione e nell'impegno missionario della Chiesa (cfr. IM 2).


2. Nella mia ultima enciclica "Redemptoris Missio" ho paragonato il mondo delle comunicazioni al primo "Areopago del tempo moderno", prendendo l'Aeropago dove San Paolo predicava ad Atene (cfr. Ac 1,22-31) come simbolo dei nuovi settori in cui si deve proclamare il Vangelo (cfr. RMi 37). Il fatto che i mezzi di comunicazione sociale siano diventati le sorgenti primarie di informazione e educazione, di guida e ispirazione, a livello di comportamento individuale, famigliare e sociale, invita i membri della Chiesa a riconoscere chiaramente la loro importanza. Non solo la presenza della Chiesa si rende necessaria nei media al fine di dare maggior vigore alla predicazione del Vangelo, ma soprattutto per garantire che il messaggio evangelico venga integrato nella "nuova cultura" creata dalla comunicazione moderna. Tale compito è tanto più urgente in quanto il mondo dei mezzi di comunicazione spesso rappresenta un esempio della frattura tra Vangelo e cultura, che Papa Paolo VI aveva definito "il dramma della nostra epoca" (EN 20).

Ricordo queste riflessioni al fine di sottolineare l'importanza e il significato delle vostre responsabilità in seno al Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, e il ruolo del Consiglio nel compito evangelizzatore e missionario della Chiesa. Desidero incoraggiarvi a continuare a dare il meglio del vostro impegno e dei vostri talenti per affrontare le sfide che la Chiesa incontra in questo campo.


3. La vostra attuale Assemblea Plenaria celebra il Ventesimo Anniversario dell'Istruzione Pastorale "Communio et Progressio", pubblicata per rispondere ad un'esplicita richiesta dei Padri del Concilio Vaticano II (cfr. IM 23). Avete terminato l'opera di aggiornamento di questo documento, un "aggiornamento" che ha il fine di rispondere a nuove situazioni e nuove tecnologie. Allo stesso tempo avete potuto constatare che i principi fondamentali della "Communio et Progressio" rimangono validi e vitali oggi come lo erano due decenni fa.

I cambiamenti della tecnologia e nella stessa società a cui vi rivolgete, contemplano anche il fatto che adesso i media consentono alle persone sparse in tutto il mondo di essere testimoni degli avvenimenti nel momento in cui accadono. Tuttavia, il modo in cui gli eventi vengono percepiti dipende spesso dai punti di vista di quanti controllano il flusso di informazioni e possiedono i mezzi tecnici per divulgarle. In questo settore la "Communio et Progressio" ha dato delle direttive che sono assai valide per la società nell'uso dei mezzi di comunicazione.

Ricordando che "l'uomo del nostro tempo non può fare a meno dell'informazione, che deve rispondere ai criteri di rettitudine, di accuratezza, di esattezza e di fedeltà" (n. 34), l'Istruzione Pastorale afferma che "la società, in tutte le sue strutture, ha bisogno dell'informazione per esplicare le sue attività...; (L'informazione) è "essenziale per il bene comune" (n. 35).

Giustamente, in considerazione dei principi morali coinvolti, l'Istruzione Pastorale prosegue: "Il diritto di informazione ha dei limiti ben segnati e non può entrare in conflitto con altre forme di diritto, quali sono il diritto della verità che tutela la fama dell'individuo e della società; il diritto alla salvaguardia della vita privata, che difende la sfera intima delle famiglie e degli individui; il diritto del segreto, quando è richiesto dalla necessità, dal dovere professionale o dal bene comune. Quando è in gioco il bene comune, occorre grande prudenza e discrezione nella diffusione delle notizie" (n. 42).


4. Tutto ciò assume una particolare importanza alla luce della grave situazione del Medio Oriente. Si può ben dire che l'attuale conflitto sia stato ingaggiato non solo con le armi da guerra, ma anche, in certa misura, attraverso i media.

Mentre i mezzi di comunicazione sociale si sono prodigati per tenere il mondo informato sugli avvenimenti, abbiamo anche visto che dove manca il rispetto della verità può esistere una potente spinta verso l'ingiustizia.

Riguardo a tutte le situazioni di violenza, è opportuno ricordare, vent'anni dopo che sono state scritte, alcune parole di preoccupazione espresse dalla "Communio et Progressio" sul ruolo difficile e responsabile degli uomini e delle donne che lavorano nei media. "Poiché gli uomini hanno diritto ad essere informati su gli avvenimenti e sul loro contesto", afferma l'Istruzione Pastorale, "soprattutto di quei paesi che, con grande preoccupazione di tutta l'umanità, sono teatro di dolorosi eventi bellici, deve essere perciò salvaguardata nella misura più efficace la salute e l'incolumità fisica di tali informatori.

Pertanto la Chiesa non può che deprecare e riprovare l'uso della violenza verso queste persone e verso quanti operano nel campo delle comunicazioni; essi cercando le notizie e trasmettendole fedelmente rivendicano e promuovono il diritto fondamentale de gli uomini all'informazione" (n. 36).

Le informazioni sulla guerra, e le scene drammatiche di umana sofferenza e di distruzione materiale che le accompagnano, dovrebbero spronarci a pregare incessantemente per l'avvento di una giusta pace e una duratura riconciliazione tra tutte le parti coinvolte nella crisi del Medio Oriente. L'instabilità che la guerra necessariamente lascia nella sua scia dovrebbe spingere tutti i credenti a implorare più intensamente da Dio Onnipotente il dono di quella pace che il mondo non può dare (cfr. Jn 14,27).


5. Cari fratelli e sorelle, nel concludere non posso fare a meno di esprimere il mio apprezzamento per il lavoro del Pontificio Consiglio nel coordinare le trasmissioni mondiali via satellite delle cerimonie religiose che hanno luogo qui, nella città degli Apostoli Pietro e Paolo. Queste trasmissioni televisive hanno permesso a persone di molte nazioni di essere unite nella preghiera. Hanno contribuito a intensificare la consapevolezza della natura universale della Chiesa, rendendo i suoi membri presenti gli uni agli altri e trasmettendo in tutto il globo la conoscenza del magistero del successore di Pietro. Il vostro operato in questo campo è senza dubbio un autentico apostolato ed una splendida forma di servizio al Regno di Dio.

Mentre prego affinché i vostri sforzi per promuovere un miglior impiego dei mezzi di comunicazione sociale nella Chiesa e nella società continuino a portare frutti di pace, di giustizia e di unità, vi affido all'amorevole protezione di Maria, Madre della Chiesa, e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-03-01
Venerdi 1 Marzo 1991

Ai vescovi dell'Emilia Romagna in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' urgente un'azione pastorale che conduca a recuperare il valore religioso e sociale della vita

Venerati fratelli nell'Episcopato della Regione Emilia-Romagna!


1. Sono lieto di concludere con questo incontro collegiale le vostre visite "ad Limina", nel corso delle quali mi avete recato la rinnovata testimonianza della comunione con la Sede di Pietro delle Chiese a voi affidate. Sono grato all'Arcivescovo di Bologna, il caro Cardinale Giacomo Biffi, per l'elevato indirizzo rivoltomi a nome di tutti: nelle sue parole ho sentito vibrare le preoccupazioni e le speranze, che ciascuno di voi porta nel suo cuore di Pastore, incaricato dell'annuncio evangelico e della promozione della vita cristiana tra gli uomini e le donne del nostro tempo. Durante le mie visite in Emilia-Romagna ho parlato spesso della necessità di una nuova evangelizzazione, ed ho indicato nella nuova inculturazione della fede il compito primario della generazione cristiana che s'affaccia sul terzo millennio. Il dialogo di questi giorni con ciascuno di voi mi ha ulteriormente convinto dell'urgenza di questo impegno, perché il processo di secolarizzazione, cioè di estromissione della motivazione e della finalità religiosa da ogni atto della vita umana, prosegue rapidamente. Le prospettive di non poche persone sono rinchiuse entro l'angusto orizzonte della ricerca del proprio benessere; e poiché, questa, alla fine tradisce, non vi è da stupirsi se il tasso di rifiuto della vita - suicidi, aborto, eutanasia, droga - è in Emilia-Romagna altissimo. Si ha a volte l'impressione che il vostro sia un popolo che crede di amare la vita, ma non sa quale vita amare.


2. Questa situazione assegna al compito della nuova inculturazione della fede un contenuto primario: annunciare il valore religioso della vita umana, la quale solo in una prospettiva aperta al "mondo invisibile" può essere veramente vissuta nelle sue intrinseche e connaturali dimensioni personali, familiari e sociali. La vostra terra ha bisogno di verità: tanto più ne ha bisogno, perché non sembra più essere interessata a cercarla. Imprescindibile compito di voi Pastori - insieme con tutto il popolo cristiano, e particolarmente con le parrocchie, associazioni, movimenti, gruppi organizzati - è di annunciare in ogni circostanza e in ogni ambiente la verità della vita. Cristo è principio originale e radicale della vita: "Tutto è stato fatto per mezzo di Lui, e senza di Lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste". Anzi è Egli stesso la vita: "Ego sum vita". La fede nel Signore, Dio della vita - Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, non dio dei filosofi - ci pone in una prospettiva di rasserenante certezza: la vita umana non è un dato puramente biologico. Infatti, "chi crede in me, anche se muore, vivrà". perciò ammonisce il Signore, "non di solo pane vive l'uomo": non di solo benessere, di desiderio di possesso, di ambizione, di potere, di edonismo, di erotismo, di illusorie felicità. La dimensione interiore dell'esistenza, questo sguardo umile e sincero dentro di sé, che scopre con stupore riconoscente "il dono di Dio", è troppo spesso assente dall'orizzonte di interesse dell'uomo del nostro tempo, sazio e secolarizzato. A tale sguardo, Venerati fratelli, non dovete mai stancarvi di richiamare i vostri fedeli: Maria, che "serbava nel suo cuore meditando" le "grandi cose" fatte in Lei dall'Onnipotente, è di ciò archetipo e modello sicuro.

Quando la dimensione religiosa della vita è accolta, allora - e solo allora - la vita umana acquista pienezza di significato in relazione alla persona, alla famiglia, alla società. Nella presente economia, Dio non ha due progetti sull'uomo, uno naturale e uno soprannaturale: ne ha uno solo, ed è la nostra misteriosa ma reale partecipazione in Cristo alla vita di conoscenza, di amore, di gioia, che è propria della Trinità. Non vi è perciò vita umana che possa realizzare in pienezza la sua originaria vocazione sociale, se non all'interno di una prospettiva religiosa. E' solo in questa che il rapporto con gli altri si fa dono gratuito di sé, partecipa dell'Amore del Padre, si purifica e si sublima unendosi misteriosamente alla croce di Cristo.


3. A prima vista, il corpo sociale della vostra Regione appare forte e vigoroso: in esso è diffusa un'accentuata prosperità economica e si gode una certa tranquillità civica, favorita dalla tolleranza e dal rispetto reciproco tra cittadini. L'Emilia-Romagna è ricca di prestigiose istituzioni culturali e di luoghi di attiva partecipazione. La Chiesa è amata dai fedeli e stimata da chi ritiene di esserne estraneo. Ma, accanto a questi segni di vigore, emergono stigmate di malattia e di morte. La denatalità, arrivata a livelli allarmanti, cui conseguono l'invecchiamento della popolazione e la frattura tra generazioni; il frequente ricorrere di divorzi e di separazioni coniugali; l'assuefazione alla piaga dell'aborto, che atrofizza il senso morale e mina la capacità di accogliere e di proteggere la vita in ogni sua fase; l'alto numero di suicidi; la spaventosa diffusione della droga; il preoccupante fenomeno delle inutili morti del sabato notte sulle strade; l'emergenza di nuove e subdole forme di povertà; il diffondersi di malattie che trovano terreno fertile in stili di vita che negano la verità della persona. In questo quadro la solidarietà rischia di essere più dichiarata che vissuta; la tolleranza può trasformarsi in disinteresse e disimpegno; il rispetto reciproco può degradare in chiusura egoistica e in relativismo morale. La cultura e la scienza, poi, non sempre si orientano alla ricerca della verità, ma tendono a darsi un fondamento autonomo, fino a ritenere moralmente lecito tutto ciò che è tecnicamente possibile: il pensiero va, in particolare, alla sperimentazione sugli embrioni umani ed alla manipolazione genetica. Nell'ambito, infine, delle strutture pubbliche non pochi sembrano confondere una corretta laicità con l'agnosticismo in materia di valori, riducendo la funzione della norma alla semplice registrazione e regolamentazione del costume. E', dunque, urgente un'azione pastorale che investa le radici più profonde delle scelte personali e sociali, e conduca a recuperare il valore religioso e sociale della vita.


4. Qui sta infatti la chiave di tutto: nel senso e nel valore che si attribuisce alla vita. Se la vita è dono, l'uomo e la donna non ne sono i padroni. Ne sono i fruitori, gli amministratori: sono chiamati a trasmetterla tenendo conto non solo della sua dimensione naturale, ma anche della sua contemporanea e concomitante potenzialità soprannaturale, che Dio riserva a sé di riempire e di svolgere. In questo consiste la fecondità della famiglia, cellula essenziale della Chiesa e della società. La denatalità, l'ingiustificato rifiuto di trasmettere generosamente ad altri il dono ricevuto, significano in realtà la ricusazione del dono e del progetto divino. Altrettanto dobbiamo dire per l'aborto, in cui il peccato cresce sul peccato, la menzogna sul delitto. Presentato come diritto, sostenuto dai pubblici poteri, offerto senza remore morali nei servizi pubblici, l'aborto costituisce oggi una drammatica manifestazione di involuzione e di regresso nella percezione del senso vero e pieno della vita. Con ferma franchezza nutrita di misericordia e di benevolenza, non dovete stancarvi di proclamare la verità del progetto divino sulla vita e sulla trasmissione della vita. Su questo tema, ancora una volta, la Chiesa è chiamata ad essere il sale che dà sapore e che preserva dalla corruzione. La nuova evangelizzazione, che non mi stanco di invocare e di proporre, deve insistere su questo lieto annuncio: Dio, Autore della vita, ha per ognuno un progetto specialissimo di felicità e di eternità. Chiede solo di aderire a questo progetto, di affidarsi al suo amore, di orientare a Lui tutta la vita personale e sociale, accettando di conoscerLo, amarLo e servirLo.

Tutta la Chiesa dell'Emilia-Romagna deve ripetere instancabilmente il grido di Paolo: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio".


5. Occorre che la Chiesa dell'Emilia Romagna entri in stato di missione. Se il pastore della parabola non si dà pace perché ha smarrito l'uno per cento del suo gregge, le Comunità cristiane non possono restare in pace vedendo lo smarrimento doloroso e mortale di tanti fratelli, la loro vita sempre meno ricca di senso.

L'annuncio incontra ostacoli: è una lotta contro il mondo, quel mondo che non ha riconosciuto Cristo e che mette in opera tutte le sue forze per rifiutarlo. Cristo ha vinto il mondo: e "questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede". La preghiera e soprattutto l'Eucaristia, fonte, culmine, alimento della vita cristiana, siano la vostra forza: soprattutto l'Eucaristia, celebrata dalla comunità cristiana la domenica, da ricuperare anche essa al suo originario significato religioso di "giorno del Signore" ed alla sua rilevanza sociale di giorno del riposo e dell'incontro personale.

L'annuncio si esprima in tutta l'esistenza del cristiano, in tutte le situazioni. Si annunci con la parola, senza la quale il valore apostolico delle buone azioni diminuisce o sfugge. Si annunci con le opere di carità, testimonianza viva della fede, non dimenticando le opere di misericordia spirituale accanto a quelle materiali. Non ci siano riserve nell'associare la parola di Cristo alle attività caritative, per un malinteso senso di rispetto delle altrui convinzioni.

Non è carità sufficiente lasciare i fratelli all'oscuro della verità; non è carità nutrire i poveri o visitare i malati portando loro risorse umane e tacendo loro la Parola che salva. "Tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di Lui grazie a Dio Padre".


6. Ma anche il seme sparso più generosamente può essere soffocato da un ambiente sociale deficiente o maldisposto, da una cultura ostile. Agite dunque per l'inculturazione della fede, stimolando e guidando sapientemente ogni iniziativa opportuna. In un ambiente in cui non raramente la libertà di parola è usata come arma per svigorire la libertà di pensiero, non manchi la franca presenza pubblica del pensiero cattolico.

Presenza culturale significa anche presenza civile e politica. Nella vostra società altamente complessa le decisioni politiche permeano ogni settore della vita, e concorrono spesso a indirizzare verso stili di vita sempre più lontani dal senso cristiano. La doverosa distinzione di ambiti tra Chiesa e poteri pubblici non deve far dimenticare che l'una e gli altri si rivolgono all'uomo; e la Chiesa, "maestra di umanità", non può rinunciare ad ispirare le attività che si dirigono al bene comune. La Chiesa non intende usurpare compiti e prerogative del potere politico; ma sa di dover offrire anche alla politica uno specifico apporto di ispirazione e di orientamento. Una fede socialmente irrilevante non sarebbe più la fede esaltata dagli Atti degli Apostoli e dagli scritti di Paolo e di Giovanni.


7. Questo nostro incontro si svolge nel benedetto tempo della Quaresima, che ci prepara nella meditazione, nella preghiera e nella penitenza all'erompere della luce pasquale. Risuoni nelle Comunità della vostra regione, in piena sintonia col tempo liturgico, l'invito dell'apostolo Giovanni. "Tu dici: Sono ricco, mi sono arricchito; non ho bisogno di nulla, ma non sai di essere un infelice, un miserabile, un povero, cieco e nudo. Ti consiglio di comperare da me oro purificato dal fuoco per diventare ricco, vesti bianche per coprirti e nascondere la vergognosa tua nudità e collirio per ungerti gli occhi e recuperare la vista".

Ai fratelli che, incerti sul senso della vita, rischiano di smarrirsi nelle tenebre del mondo, offrite dunque la luce di Cristo. Ogni battezzato sia una lucerna, non nascosta sotto il moggio, ma elevata alta sul lucerniere, a rendere presente Colui che è venuto nel mondo per esserne la luce.

Con questo augurio, mentre invoco su di voi e sui fedeli affidati alle vostre cure la materna protezione della Vergine Santissima, di cuore imparto a tutti l'Apostolica Benedizione.

Data: 1991-03-01
Venerdi 1 Marzo 1991

Ai partecipanti al Convegno Nazionale Cooperatori organizzato dalla CEI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Partecipazione, corresponsabilità, democrazia non si risolvano in astratte affermazioni"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di porgere il mio affettuoso saluto a tutti voi, che avete tenuto in questi giorni il Convegno nazionale dal tema: "A cento anni dalla "Rerum Novarum".

La cooperazione: una risposta di solidarietà alle sfide del futuro".

Quest'incontro, cui hanno preso parte numerosi e qualificati rappresentanti delle strutture solidaristiche cattoliche, vi ha permesso di approfondire le ragioni spirituali e culturali del vostro impegno solidale. Esprimo la mia gratitudine a Monsignor Santo Quadri, Presidente della Commissione Episcopale per i problemi sociali e del lavoro, ed a quanti, insieme con lui, si preoccupano di attuare il programma di iniziative predisposto dalla CEI per il centenario dell'Enciclica del mio predecessore, Leone XIII, giustamente definita la "Magna Charta" dell'operosità sociale cristiana di inizio secolo e che continua ad essere un riferimento di rilevante importanza per l'azione dei cristiani. Saluto i Presuli presenti, saluto ognuno di voi e vorrei far pervenire, attraverso di voi, il mio riconoscente pensiero alle molteplici realtà sociali delle quali siete viva espressione.


2. La "Rerum Novarum", documento coraggioso e lungimirante, invita a mettere al centro dell'attenzione i valori a cui l'uomo aspira: la pace, la giustizia, la solidarietà. Tale sentita esigenza è ancor più forte ai nostri giorni, mentre si sperimenta con preoccupazione quanto sia difficile costruire una comunità che rifiuti la violenza e l'egoismo. Si avverte il bisogno di superare l'alienazione e l'emarginazione, ridurre le povertà vecchie e nuove, lottare contro la disoccupazione e la sperequazione economica, vanificare il ricorso a strumenti di morte e alla logica della guerra. Progetti, questi, di progresso e di pace che vanno coltivati specialmente a livello locale, là dove appaiono più evidenti le problematiche concrete. In tale prospettiva si collocano anche gli interventi delle cooperative da voi create, che propongono un'economia sociale finalizzata alla difesa e alla promozione della persona. Come affermavo alcuni anni fa, incontrandomi a Faenza con il mondo della cooperazione, "si può dire che la novità dell'esperienza cooperativa risiede nel suo tentativo di sintesi fra la dimensione individuale e quella comunitaria. In questo senso è un'espressione concreta della complementarità, che la dottrina sociale della Chiesa ha sempre tentato di promuovere, fra le persone e la società; è la sintesi fra la tutela dei diritti del singolo e la promozione del bene comune".


3. La Chiesa guarda attentamente e con simpatia al vostro lavoro, specialmente in considerazione dell'evoluzione sociale ed economica che l'Europa e l'umanità intera stanno attraversando. Bisognerà, pero, che i principii ai quali vi ispirate, e cioè la partecipazione, la corresponsabilità, la democrazia, non si risolvano in astratte affermazioni, ma siano tradotti praticamente nelle molteplici vostre attività. E queste, se intendono restare fedeli al Magistero della Chiesa, non possono avere come fine solo l'accrescimento del "capitale" o del profitto individuale, ma debbono ricercare, al di sopra di tutto, il bene comune. così, in proposito, scrivevo nella "Laborem Exercens": "Si deve prima di tutto ricordare un principio sempre insegnato dalla Chiesa. Questo è il principio della priorità del lavoro nei confronti del capitale. Questo principio riguarda direttamente il processo stesso di produzione, in rapporto al quale il lavoro è sempre causa efficiente primaria, mentre il capitale, essendo l'insieme di mezzi di produzione, rimane solo uno strumento o la causa strumentale". Riaffermare il primato dell'uomo e quindi del lavoro sul capitale conferisce al fatto cooperativo e all'impresa di cooperazione un significato ricco di nuove e creative possibilità.


4. Desidero, pertanto, incoraggiarvi a proseguire nel cammino che avete iniziato: tendete sempre a costruire, attraverso ogni iniziativa, un tessuto economico e sociale aperto alla solidarietà. Le attività si arricchiranno, allora, di un fruttuoso dinamismo che si allargherà al territorio nel quale operate e tornerà a vantaggio specialmente di quanti soffrono e si trovano in condizioni precarie.

Sarete, così, in grado di offrire un sostegno fattivo a coloro che ne hanno bisogno ed aiuterete la società a crescere nella fiducia e nella responsabile cooperazione.

La Madre del Signore e San Giuseppe, silenzioso custode del Redentore, vi aiutino in questa quotidiana missione al servizio della giustizia e della carità. Dio vi protegga sempre e in suo nome io vi benedico.

Data: 1991-03-02
Sabato 2 Marzo 1991

Al pellegrinaggio dell'Arcidiocesi di Ferrara-Comacchioe della Città di Argenta

Titolo: L'unità operativa nella pastorale rende più esaltante l'impegno per la nuova evangelizzazione

Venerati fratelli nell'Episcopato, signori Sindaci ed autorità civili di Ferrara, cari Sacerdoti, Religiosi e Laici dell'Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio!


1. Sono vivamente grato a tutti voi per questo significativo incontro con il quale intendete restituirmi la visita che ho avuto la gioia di compiere alla vostra Città, a Pomposa, a Comacchio, ad Argenta, nello scorso mese di settembre. Saluto l'Arcivescovo Monsignor Luigi Maverna, e lo ringrazio per l'accurata preparazione spirituale con cui ha disposto la comunità ferrarese a quegli incontri che porto ancora nel cuore. Saluto l'Arcivescovo di Ravenna, Monsignor Luigi Amaducci, al quale va il mio augurio per il suo ministero, da poco iniziato, come Pastore dell'illustre Chiesa ravennate, nel cui territorio sta la parrocchia di Argenta, nota per il sacrificio di Don Minzoni. Mi è caro rivolgere un pensiero all'Arcivescovo emerito di Ravenna, Monsignor Ersilio Tonini, al quale mi lega una spirituale gratitudine per gli esercizi spirituali che egli ha predicato in Vaticano all'inizio di questa Quaresima. Saluto tutti voi, Signori che rappresentate l'Autorità civile del territorio ferrarese e ravennate, e desidero esprimervi ancora una volta il mio "grazie" per le iniziative da voi intraprese in occasione della mia visita. Grazie a tutta la popolazione di Ferrara, di Pomposa, di Comacchio e di Argenta, che mi hanno accolto così generosamente e calorosamente. Ricordo con profondo sentimento di affetto le vostre Chiese, comunità di testimonianza, comunità d'avanguardia, che predicano il Cristo in una società tutta protesa e coinvolta nel fervido dinamismo sociale odierno, profondamente impegnate a cercare risposte valide e credibili agli interrogativi religiosi fondamentali dell'uomo.


2. Voi tutti conoscete quanto sia difficile far ritornare l'uomo al pensiero di Dio. E' difficile quando si vive immersi in culture che per motivazioni ideologiche o pratiche producono una società troppo irretita nella realtà terrena.

Di qui una certa reazione contro la religione e la fede. Di qui quella conoscenza scarsa del messaggio del Vangelo e della Chiesa, che nasconde, piuttosto che esaltare, il vero volto di Dio. In questo contesto di distanza e separazione da Cristo deriva uno stile di vita che non facilita la piena libertà di pensare e di decidere, e limita la vera libertà interiore. Queste sono le circostanze che rendono difficile e faticoso il ministero delle vostre Chiese e non di rado generano un certo scoraggiamento tra i vostri pastori o tra i fedeli impegnati nella diffusione della parola di Dio.


3. La Chiesa conosce queste circostanze, segue le vostre esperienze. Essa non cessa, tuttavia, di annunciare che l'uomo ha ricevuto da Dio le doti di intelligenza e di libertà che lo costituiscono padrone dei suoi atti. Essa ricorda sempre che ogni persona è chiamata a comunicare con Dio stesso nella qualità di figlio e a partecipare alla sua stessa felicità. La Chiesa sa, perché è esperta dell'animo umano, che se manca la base religiosa e la speranza della vita eterna, la dignità umana viene lesa in maniera grave, mentre ricorda a tutti che gli enigmi della vita e della morte, della colpa e del dolore rimangono senza soluzione se non si riconosce la voce di Dio.


4. Di fronte a problemi connessi con un vasto abbandono della fede da parte di molti, occorre una risposta unitaria della pastorale. Non si devono disperdere energie, non ci si può avventurare in esperienze pastorali prive di sufficienti garanzie. Ogni Chiesa particolare in sé e nel suo presbiterio, nel suo laicato ed in tutte le forze disponibili che provengono da Famiglie religiose e da gruppi di Apostolato, deve conoscere le esigenze dei tempi, deve valutare ciò che è specifico del proprio ambiente sociale, ma deve farlo in concordanza di intenti ed in unità d'azione. Occorrerà partire insieme da ciò che risulta più urgente e necessario. Tenete conto che se la vostra società appare religiosamente indifferente e secolarizzata, essa è tuttavia ricca di fermenti carichi di promesse e di doni, che fioriscono specialmente in tanti giovani. Voi potete riscontrare, e lo fate con gioiosa speranza, che specialmente le giovani generazioni si aprono ad una sincera ricerca della verità su Dio e su tutto ciò che costituisce il nocciolo essenziale della fede in Cristo. Essi, i giovani, sono alla ricerca del senso dell'esistenza, desiderano fondare il loro progetto di vita su proposte ideali, ispirate al Vangelo e fortemente coerenti con la parola di Cristo. Sappiate rispondere adeguatamente a questa istanza, nella prospettiva esaltante della nuova evangelizzazione. Ripeto ancora a tutti voi quanto ho detto nella vostra Cattedrale: "La nuova evangelizzazione che il mondo attende consiste proprio nel ripresentare con autenticità la fonte viva della parola divina... la parola della fede approfondita nella meditazione e nello studio, assimilata nella preghiera, incarnata in una vita santa, che s'ispira al modello di Cristo". Questo può attuarsi mediante la catechesi e la predicazione: ma l'incremento pieno del ministero della parola troverà l'efficacia della grazia se ci sarà comunione di ministero tra presbiteri, religiosi e laici, se ci sarà sintonia con il Vescovo e con le linee maestre della Chiesa universale. L'unità operativa nella pastorale sia quindi la regola che dà forza a tutti, al Presbiterio, alle Comunità religiose, all'Azione Cattolica, alle Famiglie.


5. Affido il vostro lavoro e la vita della vostra Chiesa alla protezione della Vergine Maria. Voi La invocate costantemente e con affetto nella Cattedrale della città di Ferrara sotto il titolo della Madonna delle Grazie, ed in Comacchio con il nome di "Madonna del Popolo". Sia la Madre del Redentore Colei che vi accompagna e vi conforta nel cammino impegnativo della vostra Chiesa. Con questi pensieri rinnovo a tutti voi la mia Benedizione Apostolica, che volentieri estendo alle vostre Parrocchie, alle Associazioni di Azione Cattolica, alle Famiglie, con particolare pensiero verso i malati ed i sofferenti e verso tutti i giovani delle care Arcidiocesi di Ferrara-Comacchio e di Ravenna.

Data: 1991-03-02
Sabato 2 Marzo 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Messaggio audiovisivo per il centenario della "Rerum Novarum"