GPII 1991 Insegnamenti - Alla cittadinanza di San Severino Marche

Alla cittadinanza di San Severino Marche

Titolo: E' necessario disarmare i cuori

Signor sindaco, fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di iniziare la mia visita pastorale alla vostra antica e fedele Diocesi incontrandomi con voi. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per la calorosa accoglienza che avete riservato al successore di Pietro, venuto per confermarvi nella fede ed esortarvi alla speranza e all'amore. Ringrazio sentitamente il signor Sindaco, per le sue parole di benvenuto, e saluto cordialmente tutte le altre Autorità presenti, rivolgendo uno speciale pensiero all'Onorevole Arnaldo Forlani.


2. Il fatto che i vostri antenati abbiano voluto riprodurre la facciata del Duomo nello stemma della Città sta ad indicare in maniera visiva non solo una collaudata tradizione di collaborazione tra la Chiesa e le Autorità civili, ma anche un orientamento di pensiero e di costume, che deve essere alla base di ogni vivere associato. Quando al centro della vita non si pone Dio, la società, priva di fondamento, decade. Inevitabile diventa, allora, il trionfo dell'egoismo e della violenza. Per San Severino Marche non è stato così e così - ne sono certo - non sarà. Nata, infatti, attorno alle spoglie del Vescovo santo, da cui prende nome, la Città è stata sempre un centro fervente di vita religiosa e sociale. Tutta la sua urbanistica è costellata di edifici sacri come punti di riferimento nel quotidiano svolgimento della vita cittadina. Basta pensare al Duomo vecchio e al Duomo nuovo quali segni visibili di una intensa cristiana vitalità. Il Sindaco ha ricordato or ora che la storia di San Severino Marche è segnata, fin dai tempi remoti, dalla costante intesa tra la società civile e la Chiesa locale. In effetti la collaborazione che la Chiesa chiede ed offre ai governanti è in funzione del servizio da rendere all'uomo. "Principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali è e deve essere la persona umana, come quella che di sua natura ha bisogno della vita sociale". Complimentandomi con voi per tale comune impegno, rivolgo un incoraggiamento ad ognuno di voi, alle Autorità come ai singoli cittadini, perché, in linea con la tradizione della vostra Città, possiate creare condizioni di fraterna convivenza, all'insegna sempre della giustizia, della verità e dell'amore. La Città è indubbiamente migliore quando Dio è riconosciuto come primo Cittadino e gli abitanti si considerano fratelli.


3. Nessuno ignora che noi viviamo in un'epoca di grandi trasformazioni. Il mondo è appena uscito da una guerra combattuta con l'impiego delle armi più sofisticate, che hanno lasciato sul campo molte vittime e incalcolabili danni e rovine. So che durante i giorni del conflitto la vostra Comunità cristiana ha rivolto suppliche accorate alla Vergine, di cui nel vostro Duomo si venera una bellissima immagine rappresentante proprio la Madonna della Pace. Ancora una volta invoco con fiducia, assieme a voi, la Vergine Santa, perché sia possibile escludere in futuro ogni ricorso all'uso delle armi e regni sulla terra la pace nella giustizia e nella solidarietà. Perché ciò avvenga, pero, è necessario innanzitutto disarmare i cuori. Senza il disarmo morale, mai ci sarà pace. E ciò diventa possibile solo quando si accoglie e si segue fedelmente il Vangelo di Gesù, quando si ascolta il suo invito a guardare a Dio come a Padre comune e al prossimo come ad altrettanti fratelli e sorelle. La Chiesa desidera costruire la pace impegnandosi alla soluzione dei gravi problemi che preoccupano la società e contribuendo al formarsi a tutti i livelli di una autentica cultura del dialogo e della solidarietà. Essa si interessa all'uomo ed è sempre attenta alle sue esigenze; è persuasa che soltanto in una comunità liberata dall'ingiustizia e rispettosa della dignità di ogni persona si può sperare in un futuro migliore. Per questo fa sentire la sua voce ed interviene con autorità a difesa dei diritti dell'uomo, come ha fatto, ad esempio, col mondo del lavoro il Pontefice Leone XIII mediante l'Enciclica "Rerum Novarum", di cui quest'anno ricordiamo il centenario di promulgazione. E l'azione della Chiesa continua ad accompagnare il cammino della società, sostenendone le legittime aspirazioni ed illuminandone le scelte con la luce della Verità evangelica, proposta e mai imposta, quale autentico servizio al suo integrale progresso. In tale impegnativa missione ogni credente è chiamato ad offrire il proprio peculiare contributo.


4. Nessuno, infatti, può restare ai margini, ma tutti siamo coinvolti in questo sforzo che ci affratella. Ognuno ha un suo apporto da offrire per la soluzione dei tanti problemi della propria Città, della propria Regione e dell'intera umanità.

Migliorando l'ambiente nel quale si vive, ciascuno contribuisce a rinnovare il mondo. Dalla vostra terra delle Marche sono partiti nei secoli passati tanti illustri missionari a portare lontano la verità del cristianesimo. Non si arresti questo flusso di generosa dedizione al Vangelo! La Chiesa confida in voi. Anche se, come altrove, scarseggiano oggi le vocazioni sacerdotali e religiose, non vi perdete d'animo. Ascoltate, piuttosto, la voce del vostro Arcivescovo, il carissimo Monsignor Francesco Gioia, che saluto con affetto, il quale giustamente preoccupato raccomanda con insistenza di rivolgersi al Signore perché mandi "operai alla sua messe". Condivido la sua ansia pastorale e vorrei unire la mia alla sua esortazione, ricordando a tutti che, salvaguardando la sanità e la santità della famiglia, si assicura un terreno fertile per le vocazioni e per il bene dell'intera società. Non c'è, infatti, società sana se non con famiglie sane.

E voi, giovani, ragazzi e ragazze, date senso e valore alla vostra vita; non sciupatela, non perseguite vuote prospettive. Il futuro della società dipende dalle vostre scelte di oggi. Rivolgo un pensiero caloroso a voi, fratelli e sorelle colpiti dal dolore e dalla malattia. La vostra sofferenza diventi offerta a Dio per un avvenire migliore della Chiesa e dell'umanità. Con la vostra silenziosa testimonianza contribuirete a cambiare il mondo. Ancora un saluto speciale ai vostri sacerdoti, diocesani e religiosi, come anche alle vostre religiose, qui intervenute o vicine. E poi un saluto a tutti i presenti; ringraziando per questa accoglienza, per questa presenza così numerosa, voglio offrire a tutti di vero cuore una Benedizione.

Data: 1991-03-18
Lunedi 18 Marzo 1991

L'omelia alla messa per i fedeli dell'Arcidiocesi riuniti nella Cattedrale di Camerino

Titolo: San Giuseppe, silenzioso operaio della casa di Nazaret

"Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo".


1. Nella vigilia della solennità di San Giuseppe, il custode del Redentore, la Chiesa ci invita a meditare sul suo esempio singolare di obbedienza: "Servo saggio e fedele". Posto a capo della famiglia di Nazareth, egli accolse la divina chiamata ad essere attento e provvido tutore dei tesori più preziosi di Dio: il Figlio fatto uomo, la Vergine Madre del Verbo incarnato. Poté così credere alla promessa divina che riguardava il popolo eletto e che trovava adempimento proprio nella sua famiglia: la sua casa sarà "salda per sempre" perché in essa è presente il "Dio-con-noi", l'Emmanuele; in essa l'attesa d'Israele diventa realtà, si compie il Regno di Dio. Come i grandi testimoni della tradizione religiosa ebraica, Giuseppe "ebbe fede, sperando contro ogni speranza", con l'umiltà del giusto, consapevole del dono di Dio che supera ogni umana attesa e che conduce l'uomo al compimento di grandi cose.


2. Sono grato a Dio per la possibilità che mi ha dato questa sera di celebrare l'Eucaristia nel corso della mia visita pastorale a questa cara Diocesi di Camerino-San Severino Marche, in occasione della Solennità di San Giuseppe. E' una festa amata da tutti quella di San Giuseppe, perché egli è patrono della Chiesa, custode ed esempio del popolo nato dalla predicazione di Cristo e modello di sapienza per i credenti. Lo invochiamo nelle difficoltà e nei turbamenti della nostra epoca che rappresentano autentiche sfide alla missione dei cristiani. Ci ispiriamo a lui per essere, a nostra volta, fedeli custodi del Vangelo di Cristo.

La Chiesa, proponendolo come protettore dei lavoratori e degli artigiani, ha fatto di lui un punto di riferimento ed un modello per tante persone che impiegano gran parte del loro tempo in attività apparentemente profane. Lo sposo di Maria insegna che le opere dell'uomo non sono mai estranee al disegno di Dio. Dal lavoro scaturisce la santificazione, quando chi lavora opera in sintonia con il Creatore.

Come ha fatto Giuseppe, silenzioso operaio della casa di Nazareth.


3. Condividendo con Giuseppe e Maria la fatica quotidiana delle attività più comuni, Gesù ci illumina sul fatto che ogni lavoro, pur umile e nascosto, avvicina l'uomo al mistero della Croce: è azione che redime, è necessità e liberazione, è manifestazione della possibilità che ha l'uomo di sottomettere la terra.

L'attività lavorativa rende più umana l'esistenza quando contribuisce a costruire un mondo nuovo e più perfetto. Come tale, il lavoro porta connaturato in sé l'annuncio che l'umanità cammina verso i cieli nuovi e la terra nuova, preannunciati con la risurrezione di Cristo.


4. Vorrei ricordare tutto ciò ai lavoratori qui presenti, a coloro che in questa terra costantemente faticano e promuovono nuove e migliori condizioni di vita: ai lavoratori della terra e a quelli della piccola e grande industria, a quanti operano nell'artigianato e ai cultori delle arti antiche e tradizionali, a chi cerca lavoro e ai migranti, ai custodi delle tipiche tradizioni lavorative locali come agli amanti delle più moderne tecnologie. A tutti desidero ricordare che il lavoro, talvolta interpretato come condanna e servitù, è stato invece assunto da Cristo come momento di redenzione ed annuncio di liberazione. E' via alla personale santificazione e alla salvezza. E' costruttivo momento di fraterna solidarietà. Ogni professione può essere così intesa come una particolare vocazione, che conferisce all'opera dell'uomo una superiore dignità ed un valore trascendente in forza dell'unione spirituale con Cristo.


5. "Tu lo chiamerai Gesù". Da questo nome che tu, Giuseppe, quale padre, darai al Figlio di Dio, apparirà chiaramente che Egli, il Cristo, "salverà il suo popolo dai suoi peccati". Con questo atto di obbedienza alla divina volontà tu diventerai messaggero del Vangelo. Dalla tua azione "legale" di padre che dà il nome al figlio si conoscerà la missione del Redentore: Gesù, colui che è salvezza di Dio per noi, e che "salverà il suo popolo dai suoi peccati". Ecco, carissimi fratelli e sorelle, il messaggio che oggi è rivolto anche alla Diocesi di Camerino-San Severino Marche. Riguarda il futuro della vostra Chiesa particolare, che riflette sulla propria fedeltà a Cristo, sull'impegno apostolico che le è richiesto, l'impegno, cioè, di proclamare con coraggio e coerenza il nome di Gesù, affinché, attraverso una rinnovata evangelizzazione, sia data a tutti la possibilità di incontrare personalmente il Redentore. La missione ecclesiale dell'evangelizzazione è affidata da Dio alla libera e generosa collaborazione degli uomini. A ciascuno il Signore dice: "Tu sarai ministro e testimone". La mediazione umana tocca da vicino il mistero e con esso il problema di ogni vocazione all'apostolato: ne rende possibile l'attuazione, ne arricchisce e ne conforta il cammino, dal momento in cui se ne percepiscono i segni, fino a quando viene portata al suo pieno compimento. Ad ogni cristiano è affidato il compito di "dare un nome" alla fondamentale vocazione che scaturisce dal Battesimo e che si specifica nelle diverse vocazioni particolari. E ciò attraverso un percorso esistenziale differenziato, nel quale la persona intreccia la sua storia con quella di Dio, adoperandosi con radicale disponibilità all'Amore verso il Padre celeste ed al servizio ai fratelli. "Tu gli darai il nome". Ogni Chiesa particolare, ogni parrocchia, ogni famiglia è chiamata a dare un nome all'impegno del cristiano, affinché egli, fin dai primi anni della fanciullezza, approfondendo la conoscenza di Cristo, imparando ad amare ed a seguire il Salvatore, interrogandosi con animo aperto e generoso sulla volontà di Dio, scopra la propria missione e la conduca a compimento con gioia e perseveranza. Si trova qui anche la via per affrontare il problema della crisi vocazionale, che tanto preoccupa la vostra Diocesi. Sappiano i cristiani che le vocazioni nascono e si sviluppano in comunità vive, fervorose e fedeli al Vangelo; in comunità che perseverano nella preghiera, nella catechesi e nella condivisione dell'esperienza della fede; in comunità disposte a sostenere un progetto di vita concepito come impegno totale per il Cristo. La vocazione, ogni vocazione, è sempre frutto della fede e della carità generosa del popolo di Dio.


6. Saluto con gioia tutti voi che formate la Comunità cristiana che vive e proclama il Vangelo della misericordia in Camerino-San Severino Marche. Cantero con voi senza fine le grazie del Signore. Con voi voglio ricordare che la fedeltà di Dio è fondata nei cieli, e che, perciò, la vostra Chiesa, porzione eletta del popolo di Dio, è dal Signore amata e da Lui chiamata a servirlo nei secoli con filiale fedeltà. Saluto l'Arcivescovo Monsignor Francesco Gioia, da quasi un anno alla guida della vostra Diocesi. Saluto tutti i fratelli nell'Episcopato qui presenti, saluto i Sacerdoti, laboriosi e pazienti servitori delle anime, talvolta provati dalle fatiche e dalle difficoltà. A tutti dico: siate fiduciosi, sappiate che nessuna parola che esce dalla vostra bocca, se è parola del Vangelo, ritornerà a voi senza frutto. Siate fiduciosi e prodigatevi per la vostra gente con umiltà e generosità grande, testimoniando la santità di vita e la carità spirituale che il Cristo da voi attende. Tocca a voi, Sacerdoti in cura d'anime, cooperare per primi fedelmente al compimento dell'opera della salvezza. Saluto i Religiosi e le Religiose, quelli qui presenti e quelli che nei numerosi monasteri, tradizione e vanto della vostra Regione, testimoniano nel silenzio il loro amore indiviso a Cristo e con la preghiera implorano senza sosta la grazia di Dio per ogni uomo.

Saluto le Autorità civili intervenute a questo sacro Rito; esprimo loro il mio sentito ringraziamento per la cordiale accoglienza riservatami, assicurando la mia preghiera affinché il Signore accompagni la loro attività con speciali doni di sapienza nel servizio a questa comunità.


7. "Saldo è il cuore del giusto che confida nel Signore". così abbiamo cantato per disporci all'ascolto del Vangelo. Saldo è il cuore di chi riconoscerà il cammino di Dio nella sua vita, di chi saprà confidare nella promessa e farà rivivere nella propria esistenza, come Giuseppe, l'atteggiamento dei "giusti", di cui parla la Scrittura. "Confida nel Signore" colui che pone al centro della vita la parola di Dio e sa ascoltarla sempre, come Giuseppe e Maria, e seguirla docilmente. Confida nel Signore e non temerà colui che di fronte all'Altissimo non si sgomenta, né si chiude nel proprio io. Confida nel Signore colui che è fedele e giusto. Confida nel Signore e non teme di percorrere la via che Egli ha tracciato. Confida ed opera come Iddio gli ha ordinato. E questo è l'esempio che ci ha lasciato per sempre San Giuseppe, carpentiere di Nazareth, sposo della Madre di Dio su questa terra. Amen! Cfr. "Oratio collecta". Saluto ai fedeliraccolti davanti alla Cattedrale Nella piazza antistante la Cattedrale molte persone che non hanno potuto partecipare alla Messa celebrata nel tempio sostano nella speranza di ricevere un saluto da parte del Santo Padre. E la speranza non viene delusa. Affacciatosi da un balcone della Cattedrale, Giovanni Paolo II rivolge alle moltissime persone che lo attendono il seguente saluto.

Voglio salutare tutti coloro che portano il nome di Giuseppe. Ci sono uomini e donne, perché ci sono anche le "Giuseppine".

Saluto insomma tutti quelli che portano il nome di San Giuseppe, ma non voglio certamente escludere gli altri, perché lui non è solamente il patrono delle persone, ma è il patrono della Chiesa universale. Noi tutti siamo Chiesa ed egli è dunque anche il nostro patrono. Quindi è la nostra festa. Gioisco di poter celebrare questa festa insieme con voi qui a Camerino-San Severino Marche, insieme con la vostra Comunità. Ma adesso, a quest'ora, si deve tornare a casa. Si, si deve tornare a casa e io auguro a tutti una buona notte. San Giuseppe certamente curava sempre il sonno del suo bambino Gesù. Allora io vi auguro una buona notte nel nome di San Giuseppe.

Data: 1991-03-18
Lunedi 18 Marzo 1991

Ai giovani di Camerino radunati per una veglia di preghiera davanti all'Episcopio

Titolo: Dobbiamo cercare ogni giorno l'incontro spirituale con Maria e con Giuseppe

Avete cantato la Vergine Maria, che è simbolo del silenzio, silenzio profondo, silenzio contemplativo. Possiamo dire che accanto al suo silenzio vi è anche il silenzio di Giuseppe. Noi abbiamo poche parole di Maria nel Vangelo, e non conosciamo nessuna parola di Giuseppe. Anche nella rivelazione di cui si legge nel Vangelo di Matteo - lo abbiamo letto questa sera - non c'è nessuna parola di lui. Solamente ascolto. Ecco dunque un altro silenzio, profondo, contemplativo: quello di Giuseppe, uomo giusto, uomo semplice, lavoratore, carpentiere.

Certamente, una grande lezione, una grande chiamata di Dio, una difficile chiamata. C'è veramente da riflettere su chi poteva essere questo Sposo di Maria, lo Sposo umano della Madre di Dio: una chiamata straordinaria. E' bene che Giuseppe non parli nel Vangelo, ma che si lasci indovinare, che lasci contemplare la sua chiamata, la sua missione, la sua personalità di uomo giusto, che Dio ha scelto per affidargli il mistero della Redenzione: "Redemptoris Custos", e anche "Redemptionis Custos". Dico questo per introdurci meglio nella vostra veglia di preghiera che anticipa la giornata di San Giuseppe, in questa Città e in questa Chiesa.

Certamente, se è un mistero umano-divino essere sposo della Madre di Dio, c'è anche un mistero umano-divino nell'essere sposa di Giuseppe. Sposa dello Spirito Santo, si, ma, nello stesso tempo, sposa di Giuseppe. Questi sono temi per l'approfondimento nella preghiera, ma anche per la nostra contemplazione. Questi temi sono ricchi, benché risultino così poveri di parole, così semplici, così insufficienti; ma, dietro questa insufficienza dell'espressione, si scopre una profondità straordinaria. Essere così vicini al mistero dell'Incarnazione, a Dio Figlio di Dio, fattosi Uomo, vivere con Lui dalla prima notte della sua nascita a Betlemme, vivere con Lui tutti questi momenti difficili e pericolosi, e poi vivere con Lui tutto il periodo della sua vita nascosta a Nazareth, fedele mentre cresce, mentre cresce spiritualmente, e mentre si rivela sempre più... Una rivelazione speciale era questa di Gerusalemme: Gesù dodicenne, la sua risposta a Maria e a Giuseppe... Questa vita, apparentemente povera ma ricchissima spiritualmente, ci fa pensare e ci porta a cercare in noi quelle dimensioni che possano essere paragonabili alle dimensioni di una donna, di una Vergine di Nazareth, Maria, e di un uomo di Nazareth, Giuseppe. E possono essere paragonabili. Ciò che è semplice ed anche molto bello è anche molto difficile. Tra tutti i santi, forse, Maria e Giuseppe sono quelli che rimanendo sempre i più semplici, sono i più difficili da imitarsi; così la loro vita è unica nella sua semplicità, nella sua dimensione apparentemente ordinaria, senza cose straordinarie. Una vita così anonima che è quasi inimitabile, ma che è invece da ammirare, da contemplare, da approfondire.

Ma imitare è un'altra cosa: è arricchirsi con quello che c'è in queste personalità bibliche così vicine al mistero dell'Incarnazione, della Redenzione. Arricchirsi con ciò è un'altra cosa, e questo si deve fare. Vi auguro in questa serata, alla vigilia di San Giuseppe, di cercare questo "compito", di cercare questo incontro spirituale con Maria e con Giuseppe, molte volte nella vita. Io lo cerco ogni giorno.

Data: 1991-03-18
Lunedi 18 Marzo 1991

Al mondo universitario nel centenario della "Rerum Novarum" - Camerino (Marche)

Titolo: La linea della Chiesa: affermare nella luce di Dio il primato dell'uomo

Signor Ministro, Signor Magnifico Rettore, docenti e studenti dell'Università di Camerino, e voi professori e rappresentanti delle Università di Ancona,Macerata e Urbino!


1. Ringrazio il Signor Ministro e il Signor Rettore per le nobili parole che mi hanno rivolto, e ricambio con un cordiale e deferente saluto diretto a ciascuno di voi i sentimenti di ossequio, da loro espressi a nome di tutti. La mia presenza in questa sede risveglia in me i ricordi dell'esperienza vissuta in anni lontani nell'ambito dell'insegnamento superiore. Successivamente la Provvidenza mi ha affidato il compito di insegnare alle genti il Vangelo che Gesù Cristo consegno a Pietro e agli altri apostoli, ed a questo titolo soprattutto ho risposto volentieri al vostro invito. So che con saggia decisione il Senato Accademico ha qui istituito una cattedra di dottrina sociale della Chiesa, in felice coincidenza col centenario della "Rerum Novarum", la memorabile Enciclica che di quella dottrina traccio le linee fondamentali. Nel vostro gesto di omaggio non vedo solo una singolare attenzione per il Papa, ma anche un'espressione di riconoscenza verso la Chiesa per il ruolo che essa ha svolto e svolge tuttora nella promozione del sapere e della scienza. Personalmente debbo anche ringraziare perché mi si offre l'onore - come mi avete scritto - di tenere la prima lezione di questo nuovo corso di dottrina sociale, che si apre proprio nel giorno dedicato a San Giuseppe, patrono del mondo del lavoro.


2. Cento anni fa il pontefice Leone XIII con la sua Enciclica, riprendendo concetti e direttive sue e dei predecessori, avviava una riflessione approfondita che si sarebbe rivelata via via più importante nella dinamica della vita sociale: il tema del lavoro e della vita del lavoratore. Si presentavano allora nuovi ed ardui problemi. Mentre, in precedenza, il lavoro si era mantenuto nelle forme consuete dell'operosità individuale e artigianale, nel nuovo clima sociale esso era venuto iscrivendosi in un sistema economico governato da leggi che non erano sempre a servizio dell'uomo, prevalendo piuttosto i criteri della produttività e del guadagno. Per questo si erano fatte frequenti le crisi economico-sociali, dovute non già alla scarsità delle risorse o alle calamità naturali, ma a problemi di organizzazione e di distribuzione, al poco rispetto delle esigenze umane e morali, alla carenza di strumenti giuridici e legislativi. La logica del profitto era considerata l'elemento essenziale del progresso economico, il che aveva creato ristrette classi ed aree di benessere in un contesto sempre più vasto di miseria, che acuiva le tensioni tra le categorie e costituiva un grave pericolo per l'intera società.


3. Da quel tempo molti problemi sono stati risolti, e certamente più chiaro e meglio definito giuridicamente è il quadro dei rapporti tra le classi, in una visione globale dei rispettivi diritti e doveri. E' vero anche che, grazie all'insegnamento dei Romani Pontefici ed al contributo fattivo di molti spiriti nobili, sono state corrette tante storture ed elaborate positive soluzioni. Ma la situazione generale del mondo permane carica di pericoli, perché, superati certi problemi, ne sono insorti altri, più complessi e più ampi. La Chiesa non ha un suo sistema economico da proporre, né fa scelte di ordine tecnico; tuttavia, ha elaborato una compiuta "dottrina sociale", indicando chiaramente la sua posizione in ordine ai problemi che il contesto sociale pone, ed ispirandosi al messaggio, di cui è portatrice, circa il destino finale dell'uomo e l'incidenza che in esso ha la vita che si conduce quaggiù. Come ben sapete, oggi il termine lavoro, nell'accezione divenuta corrente, comprende ogni attività umana e viene a coincidere con le varie sue espressioni economiche, artigianali e industriali, di servizio e di impiego, di ricerca e di studio. Rispondendo alla parola contenuta nella prima pagina della Bibbia circa il dominio dell'uomo sul creato, il lavoro partecipa all'opera creativa di Dio, che pose l'uomo "nel giardino di Eden, affinché lo custodisse e lo coltivasse". A tale processo di trasformazione del creato, a cui l'uomo è chiamato per vocazione, si rifà il messaggio sociale della Chiesa. Senza mai dimenticare la destinazione soprannaturale dell'uomo, la Chiesa non rinuncia a richiamargli anche questa funzione terrena, e si impegna per il necessario raccordo tra il temporale e il trascendente. Essa opera non al livello tecnico-strutturale della società, ma al livello in cui si elabora la cultura umana, come insieme dei valori sui quali si fonda il significato stesso dell'esistenza. Essa si sforza di portare nell'elaborazione culturale umana la componente soprannaturale.


4. Ma quali sono oggi i problemi da risolvere, quali i nuovi e maggiori interrogativi sui quali la Chiesa desidera instaurare un dialogo specialmente con i centri della cultura? Essi nascono dagli stessi, prestigiosi traguardi raggiunti. La conquista dello spazio è il coronamento di un progresso tecnico, non mai raggiunto finora e aperto su prospettive sconfinate. L'energia nucleare, utilizzata dapprima a scopi di morte, sta avanzando, pur tra rischi tutt'altro che ipotetici, verso la meta di una produzione atta a soddisfare i crescenti bisogni.

Com'è noto, è emerso anche il problema dell'inquinamento e della distruzione delle riserve, ma l'uomo ne ha preso coscienza e saprà prendere misure di sicurezza.

Parimenti la scienza è ormai in grado di intervenire nelle dinamiche della genetica, ma gli esiti appaiono ambivalenti, positivi e negativi, a beneficio o a rischio della vita umana fin dal suo sorgere. L'informatica e l'automazione stanno potenziando l'operosità umana, riducendo drasticamente la fatica in tanti settori.

Sono, questi, alcuni punti del cammino dell'uomo alle soglie del Duemila. Al riguardo, non dobbiamo ascoltare i "profeti di sventura", pronti a vedere catastrofi dietro ogni angolo. Certamente l'uomo ha il potere di distruggere la propria vita, anzi ogni forma di vita sulla faccia della terra; pero la concezione cristiana, rafforzando le spinte più nobili della natura umana, offre motivi di immutata speranza e sostiene le ragioni dell'ottimismo, poiché crede alla presenza provvida, nel mondo, di Dio Padre e del suo Figlio salvatore. La Chiesa, che "si sente realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia", desidera recare il proprio contributo alla preparazione degli uomini che entreranno nel nuovo Millennio.


5. Creare l'uomo nuovo: non è stato forse il sogno di tante ideologie che si sono succedute nel corso dei secoli e sono tanto spesso crollate ai piedi di quest'uomo - che siamo ciascuno di noi! - nella drammatica potenza e fragilità della sua esistenza?Questo è l'uomo al quale Dio ha rivelato il significato del suo esistere e del suo vivere, facendone così una nuova creatura, un uomo nuovo. Certo, anche al di fuori della Rivelazione cristiana, sono sempre stati vivi gli interrogativi supremi, come testimoniano le religioni, le filosofie e le letterature. In dialogo con queste realtà culturali, la Chiesa propone e ripropone il suo messaggio, la sua "lettura" dell'uomo e delle realtà umane. Si pensi alla Chiesa apostolica e al suo rapporto con l'ebraismo, al Concilio di Gerusalemme, all'apertura verso i gentili, chiamati anch'essi alla salvezza. Si pensi al confronto con la cultura ellenistica ed alla meravigliosa fioritura dell'epoca patristica. La Chiesa ha sempre cercato il dialogo con le realtà storiche in cui viveva. Anche nel Medioevo, sulla scia del sapere filosofico antico, essa ha favorito nuove sintesi di valori sul piano scientifico e nuove strutture sociali per la convivenza dei popoli.


6. La cultura non rappresenta l'assoluto nel campo dei valori, ma è un cammino verso l'assoluto. Anche la Chiesa è in cammino verso il grande traguardo per la sua irrinunciabile vocazione, ed a tal fine non può ignorare le realtà che incontra lungo questo cammino. Di fatto che cos'erano le Università da essa fondate se non luoghi di confronto e di dialogo tra fede e sapere? Come dice il nome, Universitas studiorum significa il convergere delle varie prospettive del sapere in una sintesi superiore che dia senso all'uomo e al suo destino. Camerino è stata una delle sedi più antiche di simili laboratori della cultura: se già nel primo Trecento si parla della sua Universitas studii, risale al 1377 la bolla di papa Gregorio XI, diretta al Comune, in cui si concedeva ad essa lo "Studio generale" con tutti i privilegi e diritti. Come la vostra, tante altre Università sono state fin dall'inizio collegate all'attività della Chiesa, ed anche successivamente non si è mai spezzato un tale rapporto. Come dissi all'Università di Pavia, "non c'è concorrenza tra la scienza e la fede nei riguardi dell'uomo; c'è piuttosto complementarità, poiché la scienza da sola non riesce a soddisfare l'esigenza di assoluto, ch'è insopprimibile nel cuore dell'uomo". Punto fermo della dottrina sociale della Chiesa è che l'uomo deve nutrirsi non solo del "pane del lavoro delle sue mani... ma anche del pane della scienza e del progresso, della civiltà e della cultura". Si deve, perciò, procurare che siano aboliti ostacoli e discriminazioni nell'accesso alla cultura, la quale, se retta e ordinata, potrà essere anche veicolo del messaggio cristiano.


7. Gli stessi problemi e le moderne conquiste, sopra accennate, potranno favorire nuove forme di dialogo tra la cultura e la fede. Dall'ecologia alla bioetica e alle scienze informatiche emergono opportunità che non debbono essere trascurate.

La Chiesa sente di vivere una fase tra le più innovatrici della storia, in cui il concetto stesso di cultura si è dilatato. Per questo, anche la dottrina sociale della Chiesa dovrà impegnarsi con forza creativa in tentativi originali. Si pensi, ad esempio, alle grandi migrazioni, per le quali milioni e milioni di persone si spostano, portandosi un patrimonio maturato in molti secoli e decise a non dissolverlo in un processo di deculturazione e di assimilazione da parte dei Paesi di arrivo. Come non avvertire l'esigenza di conservare e valorizzare certe diversità, quando si rivelino originali e feconde contro il livellamento e le generalizzazioni? Sul piano delle strutture sociali si intravvedono forme di società multiculturali, che superano i tradizionali confini geografici e politici.


8. In un quadro così ricco di elementi, da comporre in sintesi col contributo di tutti i popoli e culture, quale sarà la linea della Chiesa?E' quella di sempre: nella luce di Dio affermare il primato dell'uomo! L'uomo singolo, come persona, è la realtà suprema del creato, per i valori di cui Dio creatore lo ha dotato e per il trascendente destino che gli ha assegnato. A questa realtà si deve adeguare la stessa cultura, rimanendo fedele all'uomo ed alla verità dell'uomo; rimanendo funzionale rispetto all'uomo non solo come persona singola, ma anche come collettività e società. La cultura, costituendo l'"habitat" dello spirito, dovrà essere "capace... di liberare l'esistenza umana, individuale e collettiva, dalle minacce che pesano su di lei". Essa dovrà far superare la paura che l'uomo ha spesso delle proprie conquiste scientifiche, quali potenziali strumenti di distruzione. Tali conquiste, invece, potranno costituire mezzi efficaci per debellare tante piaghe, quali la malattia, la fame, la violenza, il dominio dell'uomo sull'uomo, offrendo così una vita più degna alle nuove generazioni.


9. In questo processo la Chiesa domanda uno spazio alla sua azione di orientamento e di promozione, perché ha una parola importante da dire nelle nuove sintesi non più dilazionabili per l'ordinato sviluppo della vita sociale. Essa non si stancherà di "affermare l'uomo per se stesso, e non per qualche altro motivo o ragione: unicamente per se stesso!", e più ancora continuerà a ripetere che "bisogna amare l'uomo perché è uomo, bisogna rivendicare l'amore per l'uomo in ragione della dignità singolare che egli possiede". Scendendo dal piano dei principi alla pratica, essa procurerà di rinnovare le testimonianze che punteggiano la sua storia, sviluppando la sua opera di solidarietà con i poveri, gli emarginati, gli esclusi, promovendo i valori umani autentici, favorendo l'accesso alla fruizione della cultura, in modo che, avendo quel "di più" che la cultura garantisce, i soggetti umani siano più liberi e spiritualmente più ricchi.

Certo la Chiesa nella sua dottrina sociale non possiede un prontuario per la soluzione dei problemi. Anch'essa dovrà cercare, confrontarsi, verificare: ma ha con sé, come guida sicura nel suo cammino, la luce e la forza del suo fondatore Gesù Cristo. Seguendo fedelmente Cristo, nell'umile ascolto dello Spirito di Cristo, essa continuerà ad annunciare l'eterno messaggio di salvezza, che fa eco all'annuncio cantato dagli angeli a Betlemme: "Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà". Pace in preparazione della felicità eterna, ma agli uomini di buona volontà. Alle soglie del terzo Millennio della redenzione, auguro all'Università di Camerino, come alle altre Università della Regione, di riuscire a formare uomini di buona volontà! Prima di lasciare il Teatro Comunale, il Santo Padre rivolge un ultimo saluto alla comunità universitaria delle Marche.

E' una circostanza un po' inconsueta che la Solennità di San Giuseppe si festeggi in una Università. Ma direi anche che è una circostanza dovuta, perché anche nell'Università si lavora. Anzi, questo lavoro scientifico di ricerca, di studio, di insegnamento condiziona tanti altri lavori, condiziona il grande campo di lavoro che è ogni Stato, ogni Nazione, ogni società, l'umanità intera.

Certamente il progresso umano a cui si arriva attraverso il lavoro è condizionato dalla ricerca e dalla scienza, dalle Università. Allora, devo esprimere una gratitudine speciale per questa iniziativa, appunto nel giorno di San Giuseppe.

Noi non sappiamo niente della sua attività scientifica, ma sappiamo una cosa: che ha saputo ascoltare la Parola di Dio e comprenderla fino in fondo. E questa è più che una scienza, è una saggezza, una sapienza. Certamente era uno dei rappresentanti della sapienza cristiana più sublimi. Grazie per questa accoglienza.

Data: 1991-03-19
Martedi 19 Marzo 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Alla cittadinanza di San Severino Marche