GPII 1991 Insegnamenti - Ai presuli della Conferenza Episcopale Svizzera - Roma

Ai presuli della Conferenza Episcopale Svizzera - Roma

Titolo: Sorretti dalla potenza di Cristo Risorto

Cari fratelli nell'Episcopato!


1. Il Concilio Vaticano II ci attesta "che i vescovi per divina istituzione sono succeduti al posto degli Apostoli, quali pastori della Chiesa, e che chi li ascolta, ascolta Cristo, chi li disprezza, disprezza Cristo e Colui che ha mandato Cristo (cfr. Lc 10,16). Nella persona, quindi, dei vescovi, ai quali assistono i sacerdoti, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo, Pontefice Sommo. Sedendo, infatti, alla destra di Dio Padre non cessa di essere presente alla comunità dei suoi pontefici, ma in primo luogo per mezzo dell'eccelso loro ministero predica la parola di Dio a tutte le genti e continuamente amministra ai credenti i sacramenti della fede; per mezzo del loro ufficio paterno (cfr. 1Co 4,15) nuove membra incorpora, con la rigenerazione soprannaturale al suo Corpo; e, infine, con la loro sapienza e prudenza, dirige e ordina il popolo del Nuovo Testamento nella sua peregrinazione verso l'eterna beatitudine. Questi pastori, eletti a pascere il gregge del Signore, sono ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio (cfr. 1Co 4,1), ai quali è stata affidata la testimonianza del Vangelo della grazia di Dio (cfr. Rm 15,16 Ac 20,24) e il glorioso ministero dello Spirito e della giustizia (cfr. 2Co 3,8-9)" (LG 20-21).


2. Con queste parole del Concilio saluto tutti voi qui riuniti. Insieme con i rappresentanti della Curia Romana che mi aiutano nel servizio a tutte le Chiese - un servizio che è la ragion d'essere del "ministerium petrinum" - do il cordiale benvenuto a voi Pastori della Chiesa che è in terra svizzera. In questo modo desidero rispondere alla lettera che ha indirizzato a me il Presidente della vostra Conferenza Episcopale, esprimendo la vostra disponibilità per questo incontro che si svolge sotto il segno della collegialità episcopale, e che trova il suo grande punto di riferimento nel Concilio Vaticano II, il quale ha dato al mondo la più autorevole sintesi organica dell'insegnamento della Chiesa in questo secolo.

Il mio invito a questa riunione è rivolto, quindi, proprio nel nome del mio ministero petrino, che mira a sostenere e confermare nella fede tutti i fratelli Vescovi del mondo; esso è pure rivolto nel nome del Vaticano II che propone quello che si deve osservare nella Chiesa universale e nella Chiesa locale per essere fedeli al disegno rivelato di Cristo per la sua Chiesa.

Questo nostro incontro costituisce, in certo modo, la continuazione degli incontri precedenti, dove ci siamo trovati riuniti insieme: - per la visita "ad limina Apostolorum" nel luglio 1982; - per la mia visita in Svizzera nel giugno 1984; - e, in modo particolare, per l'incontro simile a questo, avuto nel marzo 1987 qui a Roma.

Ogni nostro incontro verteva sulla nostra comune responsabilità di pastori. In uno spirito fraterno ci siamo più volte radunati per consolidare l'unità fra la Chiesa universale e la Chiesa in Svizzera, e per aiutare le comunità locali a corrispondere sempre meglio alla loro vocazione di vivere il mistero di Cristo, morto e risuscitato, e di portare il Vangelo ad ogni livello della società.

Come successore di Pietro sento l'obbligo di ripetere spesso alle comunità ecclesiali, sparse nel mondo, quello che ho detto durante l'Eucaristia che ho celebrato a Lugano: "...dove una comunità è riunita col suo Vescovo, nella fede e nella fedeltà al Signore Risorto, è veramente realizzata la Chiesa. Ma la realtà del Corpo mistico di Cristo non si esaurisce in essa. La Chiesa particolare non può, quindi, rimanere sola, non può vivere una fraternità soltanto a livello locale, ma deve realizzare la comunione anche con le altre Chiese. Non può esistere una Chiesa locale che non alimenti una sincera e profonda comunione con la Sede di Pietro" (Omelia del 12 giugno 1984).


3. Il programma dei nostri lavori in questi giorni 29 e 30 aprile 1991 è racchiuso in alcuni punti che presentano i temi di cui i partecipanti hanno già preso conoscenza. Tutti questi punti corrispondono a fondamentali necessità della Chiesa nelle vostre diocesi. Su ciascuno di essi si prevede una relazione da parte della Santa Sede e dell'Episcopato svizzero e, in seguito, una discussione da parte di tutti i presenti.

I risultati dei nostri lavori saranno pubblicati in modo che tutti noi ne saremo corresponsabili.

Come ho già espresso nella mia lettera al Presidente della vostra Conferenza Episcopale: "Questo incontro permetterà senza dubbio, mediante scambi fraterni, di discernere meglio gli appelli che Dio rivolge ai Pastori ai quali è affidata l'evangelizzazione della Svizzera. In unione con il Vescovo di Roma, il quale "essendo stato costituito Pastore di tutti i fedeli, per promuovere sia il bene comune della Chiesa universale, sia il bene delle singole Chiese" (Decreto CD 2), partecipa al vostro compito apostolico, voi vi sforzate di condividere sempre più con i fedeli a voi affidati le ricchezze del Cristo vivente, pane di vita di cui essi hanno fame" (Lettera del 28 febbraio 1991).

La nostra attenzione sarà concentrata sulle esigenze concrete della parola di Cristo per tutto quanto concerne l'unità della sua Chiesa e l'efficace proclamazione del suo Vangelo. Certo, saremo consci del nostro ministero apostolico di "predicare Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,24) e di essere autentici testimoni di Colui che è stato sempre, e più che mai rimane nel mondo di oggi, nel suo amore, nella sua mitezza e nella sua obbedienza perfetta alla volontà del Padre, quel profetico "segno di contraddizione, perché siano svelati i pensieri di molti cuori" (Lc 2,34-35).


4. All'inizio ho ricordato il testo conciliare che parla di una particolare presenza di Cristo Signore nelle persone dei Vescovi della Chiesa. Rendendoci conto di questa presenza, cerchiamo di rimanere in lui - in Cristo Gesù.

Lasciamolo agire in noi con la luce e con la potenza dello Spirito Santo, che egli ha effuso in noi, costituendoci così servi del Vangelo e pastori del popolo di Dio.

Cristo ci ha detto: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

La sua presenza ci consente di servire insieme la Chiesa nello spirito dell'unione collegiale alla quale il Concilio Vaticano II dedica tanta attenzione.

Come "i singoli Vescovi rappresentano la propria Chiesa", così "tutti insieme col Papa rappresentano tutta la Chiesa in un vincolo di pace, di amore e di unità" (LG 23).

Anche per questo motivo non possiamo prescindere dal punto di vista della Chiesa universale anche se l'oggetto immediato dei nostri lavori è la Chiesa in terra svizzera - tutte le Chiese locali che appartengono alla Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.

Cari confratelli, le sfide al nostro ministero apostolico e gli ostacoli al Vangelo sono molti, ma in tutto siamo fortemente sorretti dalla potenza di Cristo Risorto, che agisce in noi mediante il suo Spirito. Come gli Apostoli siamo veramente capaci, qualora rimaniamo collegialmente uniti, di rendere testimonianza con grande forza a Colui che è vivo nella sua Chiesa (cfr. Ac 4,33).

Uniti collegialmente noi ascolteremo, particolarmente tramite l'insegnamento del Concilio Vaticano II "ciò che lo Spirito dice alle Chiese" (Ap 2,7), le Chiese sia in Svizzera sia in tutto il mondo.

E', quindi, l'ora di andare avanti, insieme, con grande fiducia, per affrontare sempre più efficacemente l'immenso compito dell'evangelizzazione in Svizzera e per adempiere sempre più fedelmente tutti gli impegni del nostro ministero pastorale.

Il Cristo Risorto è in mezzo a noi, e noi siamo uniti "con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui" (Ac 1,14). Questa è la Chiesa di oggi, di domani e di sempre - la Chiesa apostolica, la Chiesa del Verbo Incarnato, la Chiesa di Dio.

Data: 1991-04-29
Lunedi 29 Aprile 1991

La concelebrazione con i Vescovi svizzeri - Roma

Titolo: "Riflessione e ascolto reciproco per mettere in luce la nostra comune responsabilità di pastori"

Carissimi fratelli nell'Episcopato! Carissimi fratelli e sorelle! Assume particolare significato l'odierna celebrazione eucaristica nel contesto dei lavori che da ieri mattina ci vedono impegnati nella riflessione e nell'ascolto reciproco allo scopo di mettere in luce, in modo sempre più vivo, la nostra comune responsabilità di Pastori. E' nostro intendimento, infatti, seguendo l'invito di Cristo, di consolidare l'unità fra la Chiesa Universale e la Chiesa che è in Svizzera aiutando, così, ogni singola comunità locale a rispondere in maniera piena alla propria vocazione missionaria. Nello svolgimento del mio ministero petrino al servizio di tutte le Chiese vi manifesto ancora una volta la gioia di incontrarvi. Saluto cordialmente ciascuno di voi ed attraverso di voi le comunità affidate alle vostre cure pastorali. Sono lieto, soprattutto, di poter celebrare con voi l'Eucaristia che sottolinea in maniera visibile come l'unità tra tutte le componenti della Chiesa sgorga dalla comune partecipazione al mistero eucaristico. E' Cristo, morto e risorto, che ci riunisce attorno all'altare per dispensarci la verità della sua parola e nutrirci del suo corpo e sangue. E' lo stesso Cristo che, poi, ci invita a proclamare la Buona Novella facendoci suoi ministri. Nasce dalla sincera accoglienza di questo dono l'autentica unità dei credenti chiamati a portare la salvezza in ogni ambito della società e a combattere unanimi per la fede del Vangelo saldi in un solo Spirito.

Predisponiamoci, pertanto, a questa sacra celebrazione con sentimenti di profonda gratitudine verso Colui che ci ha scelti e ci ha resi dispensatori della parola della verità, certi che da essa potremo attingere la forza di cui abbiamo bisogno per le decisioni e l'impegno che dovranno scaturire dalla riunione di questi giorni per il nostro servizio pastorale alla Chiesa in Svizzera. Ci aiuti Maria, Madre della Chiesa, a prendere parte degnamente ai sacri Misteri che interiormente ci rinnovano attraverso lo Spirito Santo che il Redentore ci dona.

Data: 1991-04-30
Martedi 30 Aprile 1991





Ai vescovi della Campania in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Pastori delle chiese della Campania, non tacete e non datevi pace finché non sorga la giustizia di Dio"

Venerati fratelli nell'Episcopato!


1. Dopo avervi incontrato personalmente nei giorni scorsi, sono lieto di salutarvi ora tutti insieme e ringrazio il Signore per questa ulteriore occasione che mi è offerta di venire a contatto, attraverso le vostre persone, con le Comunità cristiane della ridente ed amata Regione campana, alcune delle quali ho già avuto la gioia di visitare. Conservo in proposito sempre vivo nella memoria il ricordo del mio recente pellegrinaggio nelle diocesi di Benevento e poi di Napoli, Pozzuoli, Nocera Inferiore-Sarno ed Aversa. E' a tutte le Chiese particolari affidate alle vostre cure pastorali che rivolgo in questo momento un affettuoso e sincero saluto. Lo rivolgo in particolare ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, al laicato cristiano, ai giovani, agli ammalati e ad ogni componente del popolo di Dio che vive nella vostra Regione. Trasmettete loro, amati fratelli nell'Episcopato, i miei più cordiali sentimenti assicurando a tutti la mia spirituale solidarietà. Indirizzo adesso un ringraziamento singolare al Signor Cardinale Michele Giordano, Arcivescovo di Napoli, per la sua sempre gentile premura e per le espressioni di ossequio che anche a nome vostro poc'anzi mi ha rivolto.


2. Nel corso della precedente visita "ad Limina" ebbi a dirvi che voi "siete Vescovi in una Regione che ha vissuto in modo diretto e, talvolta, drammatico le conseguenze delle trasformazioni sociali proprie dei tempi moderni", dove "le rapide mutazioni del nostro tempo hanno prodotto dolorosi squilibri nel costume, nella vita religiosa e fin nel "quadro culturale" della popolazione campana". Ed aggiungevo che "bisogna tendere ad una ripresa dell'annuncio cristiano nella sua interezza e nella sua vitalità dinanzi ad un popolo che di esso ha bisogno... Si tratta di evangelizzare, di rievangelizzare con un impegno vasto e perseverante, tale da coinvolgere tutte le forze della Chiesa e da portare a tutti la grazia della chiamata divina ad imitazione dei primi tempi del Cristianesimo". Si, occorre una evangelizzazione rinnovata che, come sottolineavo nel novembre scorso a Napoli, organizzi la speranza. Anzi, organizzi e faccia camminare la speranza per ogni angolo della Campania, dando forma all'aspirazione, generalmente avvertita, di una società a dimensione umana dove regni la giustizia e la verità, la lealtà e la solidarietà. La Chiesa, quando è incarnata nella vita del popolo e ne condivide le gioie e le attese, le tristezze e le angosce, soprattutto dei poveri e di coloro che soffrono, diventa vivido fermento di rinnovamento spirituale; diviene essa stessa famiglia e luogo della speranza. Ecco il programma apostolico che, quali solerti e pazienti servitori del Vangelo, voi avete già fatto vostro: essere in ogni circostanza araldi e testimoni, sostenitori e profeti della speranza. Per noi cristiani, non si tratta di un mero desiderio, né di un semplice appello etico. La speranza è una virtù teologale, è la "certezza" che Dio porta a compimento le sue promesse e non abbandona mai i suoi figli. Iddio "ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva" "ed è per questo che manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso". Fidando in lui, il credente spera al di là di ogni umana prospettiva e non si lascia abbattere dalle difficoltà; gli ostacoli che incontra sul cammino non lo scoraggiano perché, pur conscio delle sue debolezze, pone salda la sua fiducia nel Signore. Forti di questa certezza, venerati fratelli nell'Episcopato, comportatevi "con molta franchezza" nella guida delle vostre Comunità. Con fermezza e coraggio proponete sempre l'integrale annuncio del Vangelo che è "come lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei nostri cuori".


3. In Campania, come voi stessi sottolineate, emergono due volti - il volto socio-economico ed il volto religioso - tra loro profondamente diversi. Quello socio-economico manifesta ancora la gravità di una situazione che lo stesso Episcopato italiano, nel documento su "Chiesa italiana e Mezzogiorno", ha definito come "sviluppo incompleto, distorto, dipendente... e frammentato". Si tratta di una condizione che preoccupa per la sua evoluzione negativa e soprattutto per il persistere inquietante di fenomeni di devianza sociale e di degradazione morale.

Su tale argomento sono ritornato a più riprese nella recente visita pastorale del novembre scorso. Ne ho parlato agli intellettuali, agli amministratori, agli imprenditori, ai lavoratori ed ai giovani. Ho cercato, così, di attirare l'attenzione di ognuno e di stimolare tutti ad una risoluta mobilitazione ideale per promuovere una coscienza sociale più rispettosa del bene comune. Parafrasando il grido di Isaia vorrei esortare voi, pastori delle Chiese particolari campane, a non tacere né a darvi pace "finché non sorga come stella la giustizia" di Dio. Si levi audace la vostra parola a difesa del povero, defraudato spesso dei diritti più elementari. Contro la cultura dell'ignavia e dell'illegalità, contro l'idolatria del consumo e dell'edonismo annunciate il Vangelo della verità, della giustizia, della pace e dell'amore. Non arrendetevi mai!


4. Anche il volto religioso presenta non poche sfide all'odierna evangelizzazione e alla vostra missione pastorale. La vostra è una religiosità popolare viva, carica di sentimento, con alcuni tratti tipici, quali il senso di abbandono in Dio, la fiducia illimitata nel Padre celeste, la confidenza filiale nella Vergine Santissima, Madre premurosa dei poveri, la devozione verso i Santi, invocati come intercessori presso il Signore perché esperti anch'essi della comune condizione umana. Tuttavia un così prezioso patrimonio di pietà e di cultura che per secoli ha ancorato saldamente le famiglie ai perenni valori del cristianesimo, da qualche tempo sembra insidiato dal dilagare dei miti del consumismo, dalla caduta della tensione morale nei comportamenti individuali e sociali e dalla tentazione di staccare la vita dalla fede e dalla morale evangelica. Il rinnovamento conciliare ha apportato alle tradizionali forme della religiosità popolare un soffio di moderna vitalità. Non ha spento, infatti, la loro creatività ma ha invitato a "prendere coscienza della permanenza del bisogno religioso nell'uomo, attraverso la diversità delle sue espressioni, per sforzarsi continuamente di purificarlo e di elevarlo nell'evangelizzazione". Si tratta, allora, di vegliare perché tali manifestazioni e tali atti di devozione popolare siano incrementati, rettificati e purificati nel caso ciò fosse necessario. La religiosità popolare - ha scritto il mio predecessore Paolo VI nell'Esortazione Apostolica "Evangelii Nuntiandi" - "manifesta una sete di Dio che solo i semplici ed i poveri possono conoscere; rende capaci di generosità e di sacrificio fino all'eroismo, quando si tratta di manifestare la fede; comporta un senso acuto degli attributi profondi di Dio: la paternità, la provvidenza, la presenza amorosa e costante; genera atteggiamenti interiori raramente osservati altrove al medesimo grado: pazienza, senso della croce nella vita quotidiana, distacco, apertura agli altri, devozione".

Recuperando il valore autentico della sana religiosità popolare, ognuno è stimolato ad approfondire il suo rapporto con Dio ed è di conseguenza più aperto alla concreta solidarietà verso i fratelli. In una società, inoltre, che sa tramandare inalterata e rinnovata la propria tradizione spirituale i giovani possono guardare con maggior fiducia verso l'avvenire e sono aiutati a reagire positivamente alle tante sfide dell'ora presente. La gioventù! quali meravigliosi ricordi ho portato con me degli incontri avuti con i giovani della vostra Regione! Quale ricchezza di prospettive rappresentano per la Chiesa! Essi sono disponibili e pronti a consacrare la propria esistenza ai grandi ideali che li affascinano; sono sensibili e capaci di straordinari gesti di altruismo e di generosità; non rifuggono dal sacrificio e sanno lottare per la verità. E' grande la loro aspirazione alla giustizia e profonda la loro ansia per una più vasta solidarietà sociale. Amano Cristo e desiderano servire il suo Vangelo. Aprite il cuore alle loro domande e ai loro problemi perché essi possano a loro volta accogliere in pienezza l'invito che il Signore loro rivolge. Vi affido la loro formazione; siate per ciascuno padri amorevoli e guide sicure.


5. Aprite il vostro cuore alla famiglia, luogo privilegiato dell'annuncio evangelico. Fortunatamente è ancora ben saldo nella vostra Regione il nucleo familiare ed alcune Diocesi hanno ad esso dedicato interesse prioritario facendone uno dei capisaldi della nuova evangelizzazione. La gioiosa accoglienza della vita è un valore che voi sentite molto vivo e che va gelosamente difeso e incoraggiato.

Non ci può essere autentico progresso quando l'uomo e la sua esistenza sono sacrificati al benessere materiale. Promuovete, pertanto, una pastorale che conduca i credenti a farsi costruttori di una "cultura della vita" capace di arginare quelle forme di violenza che talora sembrano non considerare la persona nella sua giusta prospettiva. Proseguite sul cammino che in tal senso avete già iniziato, ben consapevoli che la famiglia non si salva per forza di inerzia, ma soltanto predisponendo a sua difesa ogni opportuno presidio sociale, etico e spirituale, curando la formazione integrale di ogni suo membro e soprattutto educandola ad una matura pratica della fede. Formate le famiglie al senso di Dio.

Iniziatele alla preghiera; aiutatele a rispondere con generosità alla chiamata che Cristo loro rivolge. Evangelizzata dai tempi apostolici e rimasta sempre fedele alla sede di Pietro, la Campania conoscerà, così, grazie ad una rinnovata evangelizzazione, un incoraggiante risveglio cristiano. Sarà testimone di una insperata mobilitazione delle coscienze contro i mali dell'egoismo e della violenza. Sarà artefice di giustizia e di pace. Costruirà e farà camminare la speranza. Tutto ciò avverrà se voi, Pastori, insieme ai presbiteri, vostri più stretti collaboratori, sarete costantemente uniti a Dio nella preghiera e vi abbandonerete con fiducia alla sua volontà. Se, in pari tempo, guiderete con passione ed amore il gregge del Signore a voi affidato.


6. Non posso chiudere questo nostro incontro senza rivolgere un pensiero a Maria all'inizio del mese di maggio a lei consacrato. Penso ai numerosi santuari della vostra terra dove le comunità cristiane amano di frequente recarsi in pellegrinaggio. Penso soprattutto alla devozione mariana tipica del vostro popolo, che ha plasmato in ogni epoca santi e arditi apostoli del Vangelo. Invoco, con voi, la Regina delle vostre Chiese, Maria. A lei affido i vostri progetti e le vostre preoccupazioni: affido tutti voi! Con lei, proseguite fiduciosi nella vostra missione. Ed in segno di particolare affetto vi imparto l'Apostolica Benedizione che estendo ai sacerdoti, ai religiosi e religiose, ai laici delle vostre Diocesi.

Data: 1991-05-02
Giovedi 2 Maggio 1991

Alle "madri di famiglia del movimento apostolico di Schonstatt" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Evangelizzate il mondo a cominciare dalle famiglie

Care Madri della Famiglia di Schonstatt, Porgo il mio cordiale saluto a voi che siete giunte a Roma in rappresentanza dell'Associazione delle Madri di Schonstatt per celebrare il vostro cinquantenario di fondazione nel cuore della Chiesa e nell'incontro con il Successore di Pietro.

Siete venute qui, tutte insieme, per ringraziare Dio, dispensatore di ogni bene, della vostra vocazione in questa Famiglia spirituale, il cui scopo è quello di formare donne che si dedicano completamente, in libertà d'amore, al servizio di Dio e del prossimo. Voi volete assolvere il compito che vi è stato affidato e desiderate farlo con tutte le vostre forze, cercate quindi, come Maria, Regina e Signora di Schonstatt, di essere per la Chiesa e per il mondo, ma soprattutto in famiglia, "portatrici di Cristo, presentatrici di Cristo e serve di Cristo".

Il mondo può essere cristiano solo se noi siamo disposti a formare la società e la famiglia dall'interno. Ed un'evangelizzazione della società in cui vivete e lavorate può avvenire soltanto quando la Parola di Dio viene comunicata e vissuta anche nella piccola cerchia di parenti.

La vostra vocazione sarà visibile in modo concreto soprattutto nell'evangelizzazione delle vostre famiglie. perciò vi impegnate ogni giorno ad essere per i vostri mariti e i vostri figli come Maria, portatrici di Cristo, consapevoli di assolvere ad una particolare responsabilità per il bene degli uomini, anzi di ogni uomo, come è indicato nella Lettera Apostolica "Mulieris Dignitatem". così vi impegnate consapevolmente in favore della vita nascente, il che acquista significato soprattutto nelle vostre novene mensili per le future mamme.

Possano l'amore profondo per la Chiesa e la fedeltà costante al Magistero, che hanno caratterizzato la vita e le opere del vostro fondatore, Padre Josef Kentenich, uscire rafforzati ed approfonditi in voi da quest'incontro con il Successore di San Pietro. In tal modo la vostra Associazione potrà contribuire in modo sempre più efficace ad assolvere alla missione della Chiesa.

Con l'assicurazione della mia preghiera per il vostro contributo all'edificazione della Chiesa, imparto di cuore a voi, per il quotidiano rinnovamento della vostra vocazione, alle vostre famiglie e a tutta l'Associazione di Madri di Schonstatt, la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dal tedesco)

Data: 1991-05-02
Giovedi 2 Maggio 1991

Ai dirigenti ed ai calciatori della "Fiorentina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Fate si che l'uomo non venga mai sacrificato all'atleta!"

Carissimi giovani,


1. Sono lieto di accogliere voi, calciatori della "Fiorentina"; porgo a tutti il mio più cordiale benvenuto e ringrazio vivamente il Presidente della Società, i Dirigenti, gli Accompagnatori ed i Familiari. Vi esprimo anche il mio compiacimento per gli ideali a cui si ispira non solo la vostra formazione sportiva e competitiva, ma anche quella umana e spirituale. E' facile, specialmente nell'età giovanile, lasciarsi prendere da un certo entusiasmo, da un senso di esaltazione a motivo dei propri successi e della popolarità raggiunta; voi, invece, pur essendo giustamente fieri delle vostre affermazioni, conquistate peraltro a prezzo di lunghe fatiche e di continui sacrifici, cercate di mantenere quel giusto equilibrio, che fa di voi degli atleti ammirati e stimati.


2. Una squadra, infatti, non è solo frutto di prestazione agonistica, ma è anche il risultato di una serie di virtù spirituali ed umane, dalle quali dipende grandemente il suo successo: l'intesa, la collaborazione, la capacità di amicizia e di dialogo, la lealtà, la correttezza. Sono queste ed altre simili qualità che possono contribuire a restituire al mondo dello sport, e specialmente a quello del calcio, non di rado turbato da fenomeni di violenza e di speculazione, la sua genuina finalità. Occorre che voi sappiate dimostrare alle masse che seguono le vostre prestazioni che l'atleta, prima di essere una persona dotata di talento, di riflessi pronti e di muscoli, è un uomo capace di volere e di affermare ciò che è conforme al bello, al vero e al buono. Fate si che l'uomo non venga mai sacrificato all'atleta!E' evidente che ognuno nel suo ruolo è tenuto ad impegnarsi al fine di giocare delle partite tecnicamente valide per conseguire la vittoria.

Ma tutto deve essere compiuto con estrema correttezza competitiva, che fa vedere nei componenti dell'altra squadra non degli avversari, ma dei concorrenti, che desiderano anch'essi onorare la propria professione ed offrire giuste soddisfazioni ai loro sostenitori.


3. Mantenete sempre viva e fervorosa la vostra fede cristiana, approfondite la vostra cultura religiosa, affinché la vostra appartenenza alla Chiesa sia sempre più convinta e personalizzata; coltivate lo spirito di preghiera; sia Gesù Colui che ispira ogni vostro programma di vita. Non transigete sui vostri ideali! Non cedete alle lusinghe del compromesso! Non barattate la grandezza delle vostre speranze! Restate coerenti con voi stessi!Aiutate i fratelli meno fortunati, esercitate le opere di carità, scorgendo nei disagiati l'immagine del Cristo. Vi auguro che, mediante la fede e la carità, possiate essere sportivi sempre coscienziosi e sensibili, lieti di servire anche voi la patria e la società. Con questi voti, di gran cuore imparto a voi tutti la mia Benedizione, che volentieri estendo alle vostre famiglie.

Data: 1991-05-02
Giovedi 2 Maggio 1991

Udienza al Re e alla Regina di Svezia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Visita ufficiale delle loro maestà il re Carl XVI Gustaf e la regina Silvia di Svezia

Loro Maestà,


1. Gud valsigna Sverige! Con questo pio augurio do il benvenuto alle Loro Maestà in Vaticano e Le assicuro della gioia speciale che questa visita mi reca. E' stato con questa preghiera sulle labbra che misi piede sul suolo svedese l'8 giugno 1989. II nostro incontro qui oggi rievoca le vivide memorie di quel momento e, da parte mia, è un'occasione colma di sentimenti di stima e di amicizia per l'amato popolo svedese.

La cordiale relazione tra il Loro Paese e la Santa Sede è una sorgente di grande soddisfazione. Con gioia ricordo che le relazioni diplomatiche tra la Svezia e la Santa Sede furono ristabilite nel 1982, proprio durante il mio Pontificato, riprendendo così i tradizionali contatti di questo tipo che risalgono al VI secolo. Comunque, in senso più esteso, i legami tra la Svezia e la Santa Sede risalgono ad oltre un migliaio di anni, alla presenza dei primi missionari, guidati in particolare da Sant'Ansgar. Il fiorire della fede cristiana era intimamente legato con lo sviluppo del senso della nazionalità. La memoria di quei contatti, comunque, è connessa soprattutto con la persona e l'opera della grande donna svedese Santa Birgitta, che visse e mori in questa Città. Fu Lei che, insieme con Santa Caterina da Siena, contribui a convincere i Papi a ritornare alla loro Sede propria, vicino alla tomba di San Pietro. La sua memoria continua a vivere in questa città nelle sue sorelle spirituali, membri dell'Ordine del Santissimo Salvatore e di Santa Birgitta, nella casa in cui ella visse e mori, che divenne l'Ospizio "dei Goti", un luogo di accoglienza per i molti pellegrini che vengono qui dalla vostra terra e che molti svedesi ancora visitano.


2. Come le Loro Maestà sanno sono cominciati i preparativi per la celebrazione speciale di quest'anno per commemorare il Centenario della Canonizzazione di Santa Birgitta. Attendo con ansia di prender parte a questo solenne incontro ecumenico nella Basilica di San Pietro il prossimo ottobre, con la presenza dell'Arcivescovo luterano di Uppsala, Bertil Werkstrom che oggi è qui, e dell'Arcivescovo John Vikstrom, Primate della Chiesa Luterana in Finlandia, come pure dei Vescovi cattolici dalla Scandinavia. Birgitta, che fu canonizzata dal mio predecessore Bonifacio IX nel 1391, rappresenta la comune eredità di entrambe le Chiese. Le sue spoglie mortali a Vadstena e le sue reliquie qui a Roma sono segni di un ponte spirituale per così dire, un legame di grazia tra questa Sede e la Svezia.

A suo tempo Santa Birgitta combatté per il rinnovamento spirituale della Chiesa. Il suo amore per la Chiesa può ispirarci oggi nel nostro cercare di obbedire alla volontà del Signore e di ristabilire i legami di unità nella fede tra i cristiani divisi. Nell'anniversario della sua canonizzazione la nostra comune preghiera sarà per il bene della nazione e per un ulteriore progresso nei già cordiali rapporti tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Luterana svedese.


3. La mia visita nel vostro Paese mi mise in grado di sperimentare in prima persona la ricca eredità storica, artistica e culturale della Svezia. A Stoccolma, Uppsala, Vadstena e Linkoping mi fu ricordato che per oltre un migliaio di anni la fede cristiana è stata una profonda e fruttuosa sorgente della vita e delle imprese della Nazione. I nomi dei Santi Ansgar, Erik e Birgitta, per citarne solo alcuni, spiccano coraggiosamente non solo nella storia del vostro Paese ma nella storia di tutta l'Europa. Oggi, quel patrimonio di pensiero, vita e servizio cristiani costituiscono una solida base per l'unità e l'armonia della vostra società, e per il rinnovamento spirituale che gioverà a tutti i suoi membri.

L'Europa e il mondo si trovano nel processo di adattamento alla nuova situazione economica e politica. Dobbiamo sperare che le nostre società sperimenteranno anche un rinnovamento della vita cuturale in grado di produrre un genuino innalzamento dello spirito umano. Soprattutto dobbiamo sperare che le generazioni più giovani riscoprano la perenne verità contenuta nella loro eredità cristiana e che da questa derivino una coerente visione etica e morale pienamente capace di difendere l'inviolabilità della persona umana, con un particolare senso di responsabilità verso i membri della società più deboli. Questa è la preghiera che offro per la Svezia, consapevole, come sono dell'enorme contributo che essa può continuare a rendere alla causa dello sviluppo umano e alla promozione di una civilizzazione pienamente rispettosa dei diritti umani.


4. Durante lo svolgimento del mio incontro due anni fa con la comunità universitaria svedese a Uppsala, riflettei sul legame tra l'eredità cristiana dell'Europa e i fondamentali valori della nostra civiltà contemporanea. Tra questi valori citavo "la dignità della persona, il carattere sacro della vita, il ruolo centrale della famiglia, l'importanza dell'istruzione, la libertà di pensiero, di parola e di professione delle proprie convinzioni o della propria religione, la tutela legale degli individui e dei gruppi, la collaborazione di tutti per il bene comune, il lavoro inteso come partecipazione all'opera precisa del Creatore, l'autorità dello Stato a sua volta governato dalla legge e dalla ragione" (9 giugno 1989). Oggi l'importanza di questi valori non può essere sempre chiaramente percepita, ma non c'è dubbio che essi sono stati l'ispirazione dietro il ben noto impegno della Svezia verso i traguardi della giustizia sociale e del rispetto per i diritti umani ovunque, della cooperazione, del disarmo e della pace internazionali, dell'effettiva solidarietà con i bisogni dei popoli meno fortunati. Che i Loro compatrioti continuino a dimostrare questa solidarietà nel voler accettare i rifugiati e gli immigrati, e nella vostra generosa assistenza a molti Paesi del Terzo Mondo. Nell'adempimento della sua missione spirituale, la Chiesa cattolica in Svezia è felice di poter cooperare in questa meritevole attività umana.

Nell'Enciclica Centesimus Annus che ho appena pubblicato per commemorare il centenario della famosa Enciclica sui problemi sociali, Rerum Novarum, ho lanciato un appello ai Paesi sviluppati perché non diminuiscano i loro sforzi nel sostenere e assistere i Paesi del Terzo Mondo (cfr. op. cit., CA 28). Un tale appello appare necessario alla luce della nuova situazione sorta nell'Europa Centrale e Orientale. Il conseguente urgente bisogno di assistenza economica e tecnologica in questi Paesi potrebbe portare ad una dimenticanza delle sempre più serie e permanenti condizioni di povertà e al bisogno in altre parti del mondo. L'apertura del vostro Paese a tutti questi bisogni esprime altamente il senso di fratellanza universale del vostro popolo. La Santa Sede apprezza l'impegno della Svezia in questa area che è di grande importanza per la causa della pace tra i popoli del mondo.


5. Concludendo, ringrazio le Loro Maestà per questa visita. In Loro saluto e rendo omaggio a tutti i cittadini svedesi. Rinnovo i miei sentimenti di stima e di apprezzamento per i loro sforzi nel costruire una società più giusta e responsabile per loro stessi e per i loro figli. Prego affinché nel far ciò essi siano sostenuti da una cultura che metta l'individuo in grado di esercitare la sua creatività, la sua intelligenza, e la conoscenza del mondo e della gente; di manifestare la sua capacità di autocontrollo, di sacrificio personale, di solidarietà e buona volontà nel promuovere il bene comune; una cultura che esprima e sostenga un'alta e vera idea della persona come creata ad immagine e somiglianza di Dio, e redenta attraverso la sua grazia (cfr. CA 52).

Con gioia invoco abbondanti benedizioni divine sulle Loro Maestà e i loro figli. Che l'Onnipotente Dio protegga e guidi il Loro amato popolo e lo aiuti a raggiungere le sue più alte e nobili aspirazioni.

Gud valsigna Sverige! (Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-05-03
Venerdi 3 Maggio 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Ai presuli della Conferenza Episcopale Svizzera - Roma