GPII 1991 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Poupard - Città del Vaticano (Roma)

Lettera al Cardinale Poupard - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ora che il Cardinale de Lubac entra nella pace del Signore

A S.E. Cardinale Paul Poupard Presidente del Pontificio Consiglio per la Cultura Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo con i Non Credenti Ora che il caro Cardinal de Lubac termina il suo cammino ed entra nella pace del Signore, ho voluto associarmi alle sue esequie, celebrate a Parigi, chiedendole di rappresentarmi personalmente, in nome dell'amicizia profonda che mi ha legato a lui da molti anni.

Tutti coloro che hanno conosciuto Henri de Lubac già sanno il considerevole posto occupato, con modestia e senza rumore, fino all'oscurità degli ultimi anni, dall'amico e più ancora dal pensatore. L'attenzione sempre desta, egli aveva percorso le vie dell'insegnamento dei Padri e degli autori medievali, aveva saputo appoggiarsi a una conoscenza profonda dei grandi autori moderni, per nutrire una riflessione personale che si è inscritta in maniera luminosa nella tradizione vivente. Tutto ciò gli permise di portare una collaborazione apprezzata e fruttuosa al Concilio Vaticano II. Attraverso la sua ascesa al Cardinalato, ho voluto riconoscere i meriti del cercatore instancabile, del maestro spirituale, del Gesuita fedele nell'ambito delle diverse difficoltà della sua vita.

Ricordandomi il suo amore a Dio, alla Chiesa e alla Sede di Pietro, desidero esprimere l'alta stima della Santa Sede per la persona di questo religioso e l'opera di questo eminente teologo. Con tutti coloro che si ricordano di lui nella speranza e nella gratitudine, lo affido all'infinita misericordia di Dio. Che dopo aver guardato la "parola profetica" come "una lampada che brilla in un luogo oscuro", egli possa vedere sorgere l'astro del mattino! (cfr. 2P 1,20).

Unito a voi nella preghiera, imparto con tutto il cuore a tutti quelli che partecipano a questa Messa di funerale o vi si uniscono d'intenzione, la mia Benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 5 settembre 1991.

(Traduzione dal francese)

Data: 1991-09-05
Giovedi 5 Settembre 1991

Discorso alla cittadinanza nella Piazza dei Signori - Vicenza

Titolo: Il "Vangelo del servizio fraterno" è la proposta della Chiesa agli uomini politici e agli amministratori

Onorevole Signor Ministro, Signor Sindaco, Illustri Autorità religiose e civili, Fratelli e sorelle!


1. Sono veramente lieto di essere qui, nel cuore di questa Città, il cui nome è legato ad una lunga tradizione di fedeltà alla Chiesa, di virtù civiche e insieme di cultura e di arte. Ringrazio il Signor Sindaco e il Presidente della Regione per le cortesi espressioni che mi hanno rivolto, come pure sono grato all'Onorevole Carlo Bernini, Ministro dei Trasporti, che mi ha accolto a nome del Governo italiano. Saluto con affetto il Vescovo della Diocesi, il caro fratello Monsignor Pietro Giacomo Nonis, al quale esprimo tutta la mia solidarietà. Saluto il Cardinale Sebastiano Baggio, nativo di questa illustre Diocesi.


2. Da questo luogo, nel quale ci troviamo, è possibile ammirare la "Basilica", centro dell'esperienza religiosa vicentina, e la "Loggia del Capitanio", luogo della rappresentanza popolare e della civica attività. Si scorge, inoltre, il "Monte di Pietà", nel quale è incastonato il tempio dedicato a San Vincenzo, da secoli patrono della vostra Città e Diocesi. In modo assai significativo la casa di preghiera, la chiesa, viene così a trovarsi inserita nell'edificio che rappresenta anche visivamente il compito primario della pietà cristiana e della solidarietà caritativa. Il Monte di Pietà, infatti, è un'istituzione nata in tempi difficili ad opera soprattutto della comunità cristiana, che seppe fattivamente cooperare con la società civile nel venir incontro con provvidenze generose e disinteressate alle esigenze dei poveri. Si vedono, inoltre, da qui le "Colonne Veneziane", che supportano rispettivamente la statua del Redentore e quella del Leone di San Marco. "Pax tibi, Marce, evangelista meus" si legge nel libro aperto dell'evangelista, quasi a riassumere insieme il significato originale del Vangelo e il compito a cui dovrebbe mirare ogni struttura amministrativa: la ricerca, cioè, il perseguimento e la conservazione della pace sociale. Servire, in una parola, il bene comune con costante attenzione all'uomo, immagine vivente di Dio.


3. Il messaggio cristiano è tutto intriso di questo spirito di servizio. "Il Figlio dell'uomo - ha detto Gesù parlando di sé - sta in mezzo a voi come colui che serve" (Mt 20,28). E nell'ultima Cena, dopo aver lavato i piedi ai discepoli, ha aggiunto: "Vi ho dato l'esempio perché come ho fatto io, facciate anche voi" (Jn 13,15). La nuova legge dell'amore, lasciata da Cristo ai suoi seguaci, è fortemente innovativa nei confronti di ogni costume sociale. Essa spinge ad elevare coraggiosamente il proprio impegno verso il prossimo superando la visione riduttiva del potere e del rapporto con gli altri. Spinge a vincere la ricorrente tentazione egoistica ed invita i credenti e gli uomini di buona volontà a farsi prontamente disponibili all'accoglienza umile e rispettosa, alla collaborazione sincera e all'intesa generosa. Il comandamento della carità è sintesi e anima dei principi della morale cristiana, una morale certamente esigente, ma capace di realizzare pienamente l'essere umano. L'ideale evangelico del servizio è aperto a tutti. "Servire", infatti, non è un ideale di vita riservato soltanto ai cristiani impegnati in una scelta di consacrazione religiosa, ma esteso a tutti coloro che, in ogni campo e in special modo nell'attività politica, intendono contribuire, con il loro personale apporto, all'autentico progresso dell'umanità. Lavorare con questo spirito è difficile perché significa uscire dal guscio del proprio interesse particolare. Per gli uomini politici, poi, significa conservare responsabilmente il senso vivo della "rappresentanza". Chi è chiamato a ricoprire pubblici ruoli e responsabilità nelle società democratiche mai deve dimenticare che egli non rappresenta un'impersonale potestà centralizzata, ma la gente, quel vivo insieme di donne e di uomini, di bambini e di anziani, di sani e di ammalati, di abbienti e di poveri, in cui si articola il corpo sociale. Quanti rivestono ruoli di pubblica amministrazione ad ogni livello non devono perciò mai transigere sui valori. Sono chiamati, anzi, a perseguire con cristallina coerenza lo sviluppo globale della comunità civile, "che vuole dare volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l'uomo" (PP 14).


4. La Chiesa indica agli uomini politici il Vangelo del servizio fraterno, e senza pericolo di fraintendimenti ripete loro: "Colui che vorrà diventare grande fra voi, si farà vostro servitore... appunto come il Figlio dell'uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti" (Mt 20,26 Mt 20,28). "Servire" significa, allora, superare la logica del pragmatismo, dell'interesse di gruppo o di parte. Significa non aver paura di confrontarsi con l'uomo storico, con la sua umanità individuale e la sua storia irripetibile, con i suoi bisogni - tanto più meritevoli di soccorso quanto meno egli riesce a farli presenti - e le sue aspirazioni profonde. E' questo l'uomo da riconoscere, da amare, servire, promuovere, liberare (cfr. RH 16).


5. Ecco, carissimi fratelli e sorelle, ciò che il divino Maestro propone e domanda. Lo chiede a ciascuno di voi, responsabili di questa Città; lo chiede a voi, cittadini di Vicenza. Lo chiede soprattutto a voi cristiani. Impegnatevi tutti per la promozione del bene comune. Siate attenti, in questa logica di servizio disinteressato, soprattutto ai più bisognosi. Come non ricordare, a tal proposito, gli immigrati, le masse crescenti di profughi! Come non pensare ai tanti emarginati della moderna società, ai giovani in difficoltà, agli anziani non autosufficienti, ai portatori di handicap, alle vittime della violenza e dell'ingiustizia! Abbiate a cuore il mondo del lavoro e della scuola; abbiate a cuore la gioventù, spesso attirata da modelli di vita inconciliabili con l'etica cristiana. So che la vostra Città è sensibile a queste esigenze dell'uomo contemporaneo e vi incoraggio ad intensificare il vostro sforzo in questa linea.

Segno eloquente di così sentita tensione alla solidarietà non è forse la Casa di cura che voi state predisponendo per i malati meno facilmente ricuperabili? Proseguite su questo cammino di civiltà e di speranza.


6. Vicenza, non cessare di essere la terra della fraternità e dell'accoglienza! Continuino le tue istituzioni religiose e civili, che da sempre traggono forza e alimento dalla fede e dalla morale cristiana, a praticare quelle virtù evangeliche che nel passato hanno nobilitato la vita del tuo popolo. Siano sempre presenti nei cittadini e nei loro amministratori la generosità umile e pronta nel servizio, la giustizia rigorosa, il senso della solidarietà e della corresponsabilità attiva, la ricerca del dialogo e della pace, la promozione della libertà congiunta sempre alla verità.

Iddio benedica il vostro impegno! Maria, Madonna di Monte Berico, protegga sempre la vostra Città, il vostro territorio, gli amministratori di questa terra, e ciascuno di voi.

Con affetto, anch'io vi benedico.

Data: 1991-09-07
Sabato 7 Settembre 1991

Recita del Rosario presso il Santuario di Monte Berico - Vicenza

Titolo: "Madonna di Monte Berico: mostrati Madre di chi soffre e di ogni uomo che lotta per la vita che non muore"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. E' una grande gioia per me, oggi, vigilia della festa della Natività della Beata Vergine e primo sabato del mese, trovarmi in questo luogo, santificato per tanti secoli dalla penitenza e dalla preghiera delle Comunità cristiane del Veneto. Ho ancora nel cuore il ricordo vivissimo sia dello scorso 13 maggio che ho voluto trascorrere nel Santuario di Fatima a dieci anni dal doloroso evento di piazza San Pietro, sia del 15 agosto che ho vissuto con particolare entusiasmo a Czestochowa assieme ad una moltitudine sterminata di giovani, accorsi da ogni parte del mondo, compresi i Paesi dell'Europa dell'Est. Eccomi ora qui, ai piedi della Madonna di Monte Berico, quasi a proseguire un significativo pellegrinaggio di pietà mariana. So che la Santa Madre di Dio è onorata su questo Colle benedetto da quel lontano 1428, quando il Vescovo di Vicenza riconobbe l'autenticità del messaggio che Maria aveva rivolto ad un'umile donna del luogo, Vincenza Pasini. La Vergine richiamava il popolo dei battezzati alla conversione ed alla ripresa di un più alto impegno di vita cristiana. Insieme alle autorità ed al popolo affidato alle sue cure pastorali, il Vescovo sali allora le pendici di questo Monte per venerare ed invocare la Madre di Dio, come abbiamo fatto anche noi oggi.


2. Recitando poc'anzi il Rosario, abbiamo ripetuto con fede le parole dell'Angelo: "Ave Maria" - e di santa Elisabetta: "Benedetta tu fra le donne" (cfr. Lc 1,28ss), rivivendo lo stesso atteggiamento di amorosa fiducia che verso di Lei, Madre del Redentore, avevano i vostri antenati. In situazioni difficili e talora drammatiche, in tempi di calamità, di invasioni e di guerre, essi seppero trovare nella fede in Dio Padre, in Gesù Cristo redentore e nello Spirito Santo amore il fondamento dell'intrepida fortezza, che sempre li sostenne, alimentando la loro speranza nell'immancabile intervento divino. In ogni "Ave Maria" essi rievocavano il misterioso dono fatto da Dio all'uomo, a ciascun uomo, nell'incarnazione del Verbo, e sapevano bene che la condizione di questa vita mortale può trovare sostegno e protezione nella Madre di Dio, giacché Maria è colei che ha dato al mondo il Salvatore e con indicibile affetto prega per noi peccatori "adesso e nell'ora della nostra morte". Come loro, anche noi nell'"Ave Maria", quest'orazione semplice che i bambini apprendono sulle ginocchia della mamma, invochiamo la Vergine piena di grazia, ci affidiamo alla sua intercessione, benediciamo il suo divin Figlio, frutto del suo grembo, facendo eco alle parole del Vangelo: "Benedetto il grembo che Ti ha portato, il petto che Ti ha allattato" (Lc 11,27). Proclamiamo, altresi, che ci è indispensabile il suo materno soccorso nei momenti fondamentali della nostra esistenza: il presente e "l'ora della nostra morte", attimo decisivo del passaggio verso la vita eterna.


3. Queste semplici considerazioni ci offrono l'opportunità di riflettere brevemente sull'importanza della preghiera: quella pubblica e liturgica, quella privata, personale e familiare; la preghiera che recitiamo con le labbra, ripetendo parole antiche e venerabili, e quella che sale silenziosa dal cuore, accompagnata dai sentimenti più profondi dell'animo. Il Rosario, in modo particolare, con la meditazione dei "misteri" coinvolge nella preghiera vocale l'intera capacità espressiva della persona. Esso, facendoci rivivere i momenti di gioia e di dolore della vita di Cristo e della sua Madre Immacolata, nutre lo spirito, guida al dialogo con il Signore e alla contemplazione. Nel Rosario ricordiamo, inoltre, la nostra condizione umana segnata dal peccato ed imploriamo il perdono divino. Impetriamo le grazie di cui abbiamo bisogno, prima fra tutte, quella di fuggire il male e di vivere nell'amicizia col Signore, conformando noi stessi al suo Vangelo. La vita del Redentore, mirabilmente segnata dalla potenza del Padre e dalla presenza vivificante dello Spirito Santo, ci appare, attraverso i "misteri" gaudiosi, dolorosi e gloriosi, il modello della nostra vocazione battesimale, orientata all'imitazione e alla sequela del divin Maestro.


4. La preghiera mariana, allora, è un interiore pellegrinaggio che conduce il credente, con l'aiuto della Vergine, verso la montagna spirituale della santità.

E' scuola di comunione ecclesiale, nell'ascolto di Colei che occupa nella Chiesa il posto più alto e più vicino a Cristo. Maria è per noi tutti modello di carità operosa, poiché, "abbracciando con tutto l'animo e senza peso alcuno di peccato la volontà salvifica di Dio, consacro totalmente se stessa quale ancella del Signore alla persona e all'opera del Figlio suo, servendo al mistero della redenzione in dipendenza da Lui e con Lui, con la grazia di Dio onnipotente" (LG 56). Maria è immagine e inizio della Chiesa, alla quale rimane vitalmente unita per la sua comunione col Redentore. Non si può, pertanto, pensare di vivere la vera devozione alla Madonna, se non si è in piena sintonia con la Chiesa e col proprio Vescovo. Si illuderebbe di essere accolto, da Lei come figlio chi non si curasse di essere, al tempo stesso, figlio obbediente della Chiesa, alla quale spetta il compito di verificare la legittimità delle varie forme di religiosità.

Non a caso il Concilio Vaticano II ha ammonito con tutta la solennità del suo magistero: "I fedeli si ricordino che la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimento, né in una certa qual vana credulità, ma bensi procede dalla vera fede" (LG 67).


5. Cari fratelli e sorelle, come i padri vostri, più di 550 anni fa, salirono su questo Colle penitenti perché consapevoli della propria miseria, ma esultanti perché fatti certi dal loro Vescovo del misericordioso intervento di Maria, così anche noi ora siamo venuti ai suoi piedi, animati da grande fiducia. Il Vangelo e la secolare tradizione cristiana ci confortano e ci incoraggiano: "Maria è presente nella Chiesa come Madre di Cristo... ed abbraccia con la sua nuova maternità nello Spirito tutti e ciascuno nella Chiesa, abbraccia anche tutti e ciascuno mediante la Chiesa" (RMA 47).

"Mostrati Madre", scrissero i vostri padri sotto l'immagine della Madonna di Monte Berico. "Mostrati Madre", ripetiamo anche noi con affetto, consapevoli del profondo legame che esiste tra la Madre di Cristo e la Chiesa, fra l'amore a Cristo e l'amore alla Chiesa. Maria, lo sappiamo, "presente nel mistero di Cristo, rimane costantemente presente anche nel mistero della Chiesa" (RMA 42). Confortati da tale verità, vogliamo essere, a nostra volta, suoi figli devoti, restando figli fedeli della Chiesa, in linea con le generazioni cristiane che ci hanno preceduto. Vogliamo amare Maria nel tempo e nella vita eterna.


6. Madonna di Monte Berico, patrona principale della Città e della Diocesi di Vicenza, volgi il tuo sguardo misericordioso verso di noi. Mostrati Madre! Mostrati Madre di chi soffre e anela alla giustizia e alla pace.

"Mostrati Madre di ogni uomo, che lotta per la vita che non muore. Madre dell'umanità riscattata dal sangue di Cristo: Madre dell'amore perfetto, della speranza e della pace, Santa Madre del Redentore" (Atto di affidamento a Maria, Fatima 13 Maggio 1991).

Mostrati nostra Madre, Madre di unità e di speranza, mentre con tutta la Chiesa Ti gridiamo ancora: "Madre di misericordia, vita, dolcezza e speranza nostra... mostraci dopo questo esilio Gesù, il frutto benedetto del grembo tuo! O clemente, o pia, o dolce Vergine Maria".

Con questi sentimenti, imparto a voi tutti, in particolare ai malati, agli anziani, ai bambini una speciale Benedizione.

Data: 1991-09-07
Sabato 7 Settembre 1991

Visita al Monastero delle Suore Carmelitane

Titolo: "Siate costante lievito di fede e di amore nella massa sconfinata dell'umanità"

Carissime sorelle!


1. Recandomi verso il Santuario mariano di Monte Berico, storico centro di viva spiritualità nella Diocesi di Vicenza, sono lieto di sostare sia pur brevemente nel vostro Monastero. Porgo alla Reverenda Madre Priora e a voi tutte il mio saluto più cordiale e vi rinnovo i miei sentimenti di stima e di riconoscenza per la vostra donazione a Dio ed alla Chiesa. Voi siete tra coloro che - come diceva Gesù - hanno scelto la parte migliore, che è quella di amare e di adorare Dio anche per quelli che non lo amano e non lo adorano. Voi siete tra coloro che testimoniano la realtà delle parole del Divin Maestro: "Bisogna sempre pregare e mai stancarsi!" (cfr. Lc 18,1). Parafrasando quanto San Paolo scriveva ai Filippesi, si potrebbe dire che di fronte alla sublimità della conoscenza di Gesù Cristo, voi avete abbandonato tutto, al fine di conquistare Cristo e di essere conformi a Lui, partecipando alle sue sofferenze, con la speranza di giungere alla risurrezione gloriosa. E perciò, dimentiche del passato e protese verso il futuro, correte verso la meta per ottenere il premio, che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù (cfr. Ph 3,8-14).


2. La vostra casa è un Monastero di clausura, a motivo della vostra particolare vocazione che esige silenzio, solitudine e separazione dal mondo. Ciò, pero, non vi impedisce, anzi in un certo senso vi aiuta a restare nel cuore di tutte le situazioni dell'umanità, spiritualmente vicine a ogni persona. Carissime sorelle, perseverate nella fedeltà a Cristo che vi ha prescelte, chiamandovi ad una così profonda intimità con Lui! Sarete, così, nel nascondimento del Carmelo, costante lievito di fede e di amore nella massa sconfinata degli uomini. Siate luce del mondo e sale della terra! Il Signore vi ha scelte perché cooperiate col sacrificio della vostra esistenza e con la preghiera incessante alla redenzione del mondo.

Continuate, pertanto, a pregare e ad offrire voi stesse al Padre celeste nell'adorazione e nella fraternità. Pregate per le necessità della Chiesa in questa nostra epoca di secolarizzazione, che mette in crisi le coscienze dei credenti e insidia le fondamenta stesse della fede cristiana. Oggi, la Chiesa ha bisogno di sapienza e di coraggio. Ha bisogno di voi, carissime Religiose, che avete tutto abbandonato per Dio.


3. Nell'Esortazione Apostolica "Redemptionis Donum" sulla vita consacrata alla luce del mistero della redenzione, scrivevo: "La Chiesa pensa a voi, anzitutto, come persone consacrate: consacrate a Dio in Gesù Cristo... Questa consacrazione determina il vostro posto nella grande comunità della Chiesa" (n. 7). Per poter condurre a compimento la vostra missione, guardate a Maria. "Se tutta la Chiesa trova in Maria il suo primo modello, con maggior ragione lo trovate voi, persone e comunità consacrate dentro la Chiesa... Mi rivolgo a voi per invitarvi a ravvivare la vostra consacrazione religiosa secondo il modello della consacrazione della stessa Madre del Signore" (Ibidem., n. 17). La Vergine Santissima vi illumini e vi accompagni nella vostra esistenza umile e nascosta davanti agli uomini, ma quanto mai gradita davanti a Dio! In questi giorni la Chiesa insiste specialmente sulla preghiera per i nostri fratelli e sorelle nella Jugoslavia, specialmente per quelli più provati dalla guerra civile, dalle crudeltà. Preghiamo insieme con la Chiesa. Raccomando specialmente alla vostra preghiera contemplativa, carmelitana, questi Paesi, questi popoli, questa parte del nostro continente e della nostra Chiesa.

E con particolare effusione imparto a tutte voi la mia Benedizione, a sostegno anche dei vostri propositi di amore a Cristo e alla Chiesa, di preghiera e di personale santificazione.

(Precedentemente il Papa aveva così salutato le Suore Dorotee:) A tutte voi, consorelle di questa Santa Bertilla, a tutte le Suore Dorotee qui a Vicenza e dappertutto, in Italia e nel mondo, per la vostra consacrazione e per il vostro apostolato una benedizione della Chiesa e una grande ringraziamento a Dio.

Data: 1991-09-08
Domenica 8 Settembre 1991

Visita all'Ospedale civile - Vicenza

Titolo: Occorre non smarrire mai le ragioni della speranza: fate del dolore cristianamente vissuto una missione d'amore

Cari fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di cominciare questa giornata di domenica, con la visita a voi, degenti e personale sanitario di questo grande Ospedale. Rivolgo un pensiero deferente al Signor Commissario straordinario dell'Unità Sanitaria Locale e lo ringrazio per le cortesi parole che poc'anzi mi ha rivolto.

Provengo dal Santuario di Monte Berico, dove ho venerato e pregato anche per voi, questa mattina presto, la Santa Vergine, patrona della Diocesi e della Città. E vorrei davvero comunicare a ciascuno, quale che sia la vostra personale condizione, il senso di dolcezza materna e di consolante speranza, che l'antica immagine ispira nei devoti che a Lei si rivolgono. Maria ci è sempre vicina, "adesso e nell'ora della nostra morte"; nella situazione attuale, spesso segnata dalla sofferenza, e soprattutto nel momento in cui si apre a noi la prospettiva dell'eternità beata.

In questo luogo, dove il dolore s'intreccia con l'amore, "vita e morte si affrontano in un meraviglioso duello" (cfr. Lit. pasch.). Noi crediamo, per fede e per esperienza, che il duello è vinto dal Cristo: essendo morto, si, ma risorto, Egli è presente e vivo. E' nel suo nome infatti che qui, come in innumerevoli Case di cura, uomini e donne, spiritualmente liberi ed evangelicamente ispirati, si prodigano a favore di quanti soffrono. Mi è stato detto inoltre che, qui, persone meno fortunate, colpite talora da infermità per le quali la scienza non ha ancora trovato efficaci rimedi, trovano sostegno nell'amorevole servizio di numerosi volontari, tra i quali tante mamme di famiglia.

Avrei voluto, se il tempo me l'avesse consentito, entrare in ogni reparto, salutare e benedire ciascuno personalmente, cari degenti, e ringraziare coloro che per professione medica o per volontaria dedizione si adoperano nella vostra assistenza. Il Signore sa che vi porto tutti nel cuore.


2. A Lui affido le pene e le speranze di ciascuno di voi. In forza del messaggio che proviene dal Vangelo ("Io ero malato, - dirà Gesù alla fine del mondo -, e voi mi avete visitato", Mt 25,36) e spinto dagli stessi sentimenti che Egli provava di fronte alla sofferenza, io non mi stanco di ribadire l'alto valore dell'esistenza umana e la sua intangibilità. La vita va accolta, protetta e rispettata dal primo istante sino al suo termine naturale, seguendo quei fondamentali orientamenti etici che la vera Medicina di ogni tempo, fin dall'antichità precristiana, ha riconosciuto, accettato e promosso.

Quando il dolore è illuminato dalla Parola di Dio, al di fuori della quale è difficile dare valide risposte ai tanti inquietanti interrogativi che esso pone, si entra in una nuova prospettiva spirituale che gli dà senso e valore.


3. Conservare la speranza quando si soffre non è facile. E' possibile che insorga un sentimento di profondo abbattimento e di ribellione interiore. S'affaccia la tentazione di lasciarsi andare e di dubitare dell'aiuto di Dio. Occorre, invece, non smarrire mai le ragioni della speranza. Assume, così, il suo giusto valore il compito degli operatori sociali e sanitari, buoni samaritani del nostro tempo, che sanno "fermarsi" e "commuoversi" (Lc 10,33). Come il personaggio della parabola evangelica, essi manifestano uno spirito pronto a chinarsi sul prossimo sofferente, a lenirne le ferite e a farsi carico della sua situazione. Chi soffre fisicamente o spiritualmente è debole e si sente solo. Ha quindi sicuramente bisogno di cure mediche, ma ancor più gli reca giovamento e conforto la solidarietà di fratelli e sorelle che si fermino accanto a lui a condividerne la pena. Servire chi soffre è, pertanto, non solo un servizio o una professione sociale: è fondamentalmente una "missione", che consiste nell'accompagnare il malato, aiutandolo a non perdersi di coraggio e ad affrontare serenamente la prova.

Così sostenuto, egli riacquista fiducia, perché sa di non essere ingannato o abbandonato, e trova così la forza di combattere contro il male e di sperare in ogni situazione. La scuola del dolore interessa tutti, malati e sani, e può diventare un cammino di vita caratterizzato da messaggi forti ed incisivi, diretti a tutte le componenti della odierna società, sopraffatta, talora, dalla paura e dallo scoraggiamento.


4. La sofferenza non ha nella medicina una risposta esaustiva. Essa resta un mistero. Per i credenti, tuttavia, si tratta di un mistero di salvezza. Dio chiede a chi soffre di avere fede e sperare nell'impossibile umano che, tuttavia, è possibile al Signore. Solo con la conversione intima del cuore, la prova può trasformarsi e diventare, in unione con la Croce di Cristo, redenzione per la persona e la società.

Carissimi fratelli e sorelle, accogliete con umile docilità la volontà divina e fate del dolore cristianamente vissuto una missione d'amore. "Nel programma messianico di Cristo, che è insieme il programma del Regno di Dio, la sofferenza è presente nel mondo per sprigionare amore e per far nascere opere di amore verso il prossimo, per trasformare tutta la civiltà umana nella "civiltà dell'amore"" (Salvifici Doloris, n. 30).

La Madonna di Monte Berico, alla quale tante volte anche voi ricorrete con fiducia, vi sia accanto, vi sostenga in ogni circostanza ed apra sempre il vostro cuore alla speranza.

Con affetto imparto a ciascuno di voi e ai vostri cari la mia Benedizione.

Data: 1991-09-08
Domenica 8 Settembre 1991

Santa Messa nel Parco Querini - Vicenza

Titolo: La nascita di Maria invita alla rinascita spirituale e alla conversione: invita a crescere nella fede




1. "Perché egli sia il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29). Nell'odierna festa della Natività di Maria, la liturgia ci introduce nel mistero della generazione del figlio di Dio, mistero che abbraccia la generazione di ogni creatura. Esso concerne, in modo particolare, la Vergine Maria (cfr. Lc 1,27) predestinata sin dall'eternità quale Madre del figlio - il Verbo, nel provvidenziale disegno dell'Incarnazione. A questa verità della fede a noi tanto cara - l'eterna predestinazione di Maria di Nazaret e la sua chiamata ad essere Madre del figlio di Dio - è collegato il dogma dell'Immacolata Concezione, cioè della sua particolare giustificazione e santificazione già dal primo momento del concepimento. E' unito anche quello della speciale Gloria con cui la Santissima Trinità ha circondato Maria nella sua Assunzione al cielo. Carissimi fratelli e sorelle, desidero innanzitutto contemplare insieme a voi in Maria il Mistero della maternità intimamente unito a quello della generazione. Maria è Madre: Madre di Cristo, Madre dell'intera umanità. Modello di ogni umana maternità. Ogni mamma terrena scorge in lei il significato autentico della propria missione: dare la vita e continuare a coltivarla nella totalità della sua espressione. Mamme che mi ascoltate, quanto grande è il compito che Dio vi affida! Quanto importante è il vostro ruolo nell'educazione dei figli, frutto dell'amore familiare. Penso alle mamme cristiane del Veneto che hanno saputo in passato e continuano tutt'oggi a svolgere il loro ruolo con abnegazione, spirito di sacrificio e fedeltà, trasmettendo in seno alla famiglia la fede ed i perenni valori cristiani. Penso anche a voi, mamme dei sacerdoti, associate ad un titolo particolare all'opera salvifica di Cristo, di cui i vostri figli sono apostoli e servitori privilegiati.

Nella Madre di Dio voi trovate sostegno, specialmente nei momenti di dubbio e di prova. Guardando a lei potete comprendere quanto vera sia la parola dell'apostolo Paolo: "Quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli" (Rm 8,29).


2. Celebrando la nascita di Maria, la Chiesa guarda a quella di Cristo. Ricorda Betleem di Efrata, il luogo predetto dal profeta Michea. Ricorda le straordinarie circostanze che hanno preceduto il natale del Signore secondo il racconto dell'evangelista Matteo. Il disegno divino, rivelato nell'Annunciazione a Maria, coinvolge anche Giuseppe, di cui la Vergine era già promessa sposa. Come Maria, egli partecipa al mistero dell'Incarnazione; viene "introdotto" in esso dal messaggero divino: "Non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,20-21).

Si adempie così la parola del profeta Isaia: "Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele, che significa "Dio con noi"" (cfr. Is 7,14 Mt 1,23).


3. In questa nascita si compie veramente l'eterna elezione divina. Si compie l'amore particolare con cui il Signore, secondo le parole del salmo, ha circondato "le porte di Sion" (Ps 86/87,2). Dio ha eletto la stirpe di Davide e il popolo d'Israele, perché attraverso questo popolo e questa stirpe si compisse l'universale disegno del Padre: cioè, che il figlio fatto uomo, discendente dalla stirpe di Davide, figlio del popolo di Israele, potesse venire al mondo quale "primogenito tra molti fratelli" e la sua figliolanza divina diventasse l'immagine e il principio dell'adozione a figli per tutti i membri del genere umano. Questa è la ragione per cui il salmista dice di Sion: "L'uno e l'altro è nato in essa e l'Altissimo la tiene salda" (Ps 86/87,5). Da qui sgorgano le sorgenti inesauribili della nuova nascita dei figli e delle figlie della divina adozione.

La nascita di Cristo a Betlemme è l'inizio della rinascita dell'uomo mediante la grazia soprannaturale. La nascita di Maria è la preparazione a questo inizio della nuova creazione nel piano della salvezza divina.


4. La festa di oggi costituisce, pertanto, un invito a far memoria del dono gratuito che Dio elargisce a ciascuno, come fece a Maria. "Se per la caduta di uno solo morirono tutti, molto di più la grazia di Dio ed il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza su tutti gli uomini" (Rm 5,15). La salvezza è dono. Sarebbe interessante, e per noi salutare, approfondire i silenzi di Maria nel Vangelo, la sua vita "nascosta con Cristo in Dio" (cfr. Col 3,3) Le sue parole sono rare e di completo abbandono. Soltanto nell'incontro con la cugina Elisabetta il Vangelo di Luca ricorda il suo cantico di lode, dove "esulta in Dio salvatore" per aver attuato, attraverso l'"umil- tà della sua serva", le sue "grandi cose" (Lc 1,46-49). Brevi parole, in cui risalta chiaramente l'adorazione della creatura, che si sa coinvolta per elezione nel piano di salvezza e ripiena per grazia di ogni benedizione spirituale. La profonda consapevolezza che Maria ha della gratuità del dono di Dio diventa per noi stimolo a rivedere la nostra vita troppo fiduciosa nei mezzi umani e poco incline alla contemplazione e alla preghiera. Non è qui la radice profonda di tanti fallimenti e allontanamenti dalla fede? Non è per questo che la fede sopravvive talvolta come atto magico, privo di ogni invocazione sincera e di ogni abbandono fiducioso alla onnipotente provvidenza di Dio?


5. La nascita di Maria è, allora, invito alla rinascita spirituale e alla conversione. E' invito a crescere nella fede. Guardiamo all'esempio di Maria. Ella vive il mistero di Dio nella fede e mediante la fede, per cui "è beata perché ha creduto, e crede ogni giorno tra tutte le prove e contrarietà del periodo dell'infanzia di Gesù e poi durante gli anni della vita nascosta a Nazareth", fin sotto la Croce, "associandosi con animo materno al sacrificio di lui, amorosamente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata" (RMA 17-18). Quella della Vergine Santa è una fede contrassegnata da una particolare fatica del cuore, unita ad una sorta di "notte della fede" (cfr. RMA 17). Per questo Maria è la prima di quei "piccoli" dei quali Gesù dirà un giorno: "Padre (...) hai tenuto nascosto queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli" (Mt 11,25). Il cristiano ha bisogno di rinascere costantemente nella fede aprendosi in ogni circostanza alla volontà del Signore. L'uomo d'oggi ha bisogno di porre nuovamente in Dio il centro della propria vita, non accontentandosi semplicemente di un comportamento socialmente corretto. La radicalità evangelica incomincia proprio dal porre Dio al primo posto, dal rimettere in discussione le proprie scelte a partire dalla fede, dal confidare nel progetto di Dio, come Abramo, anche contro ogni speranza umana (cfr.

Rm 4,18). Ecco perché l'"obbedienza della fede" sull'esempio di Maria si rivela essenziale per vivere da cristiani in una società, che ha trasformato il "mistero" in "problema da risolvere" ed ha perso la dimensione trascendente del proprio destino.


6. Siamo chiamati a "fare nuove tutte le cose" (cfr. Ap 21-5) sospinti dall'amore di Cristo. E' la Pasqua del Signore che, attraverso noi, deve raggiungere le istituzioni, la cultura, le relazioni fra le persone ed i popoli e trasformare il mondo. Non è questa novità di vita che il mondo chiede ai cristiani? I popoli si incontrano ed hanno acquistato la coscienza dell'interdipendenza esistente fra loro, per cui il destino degli uni dipende da quello degli altri. Emerge la necessità di larghe intese e convergenze e di uno sviluppo giusto e integrato; si fa strada la nostalgia di un Padre comune. La Chiesa, incamminata verso il terzo Millennio, ha bisogno di cristiani che siano creature nuove, aperte alle necessità del mondo, ma fedeli sino in fondo alle esigenze dello Spirito. Sentite pure voi, carissimi fratelli e sorelle, l'impegno di essere parte viva di questa nuova creazione. Non lasciatevi attrarre da altri ideali. Sia in Cristo e solo in lui la fonte della vostra esistenza e della vostra speranza.


7. Con quest'augurio saluto tutti voi, che prendete parte all'Eucaristia; saluto con stima ed affetto il Vescovo di Vicenza, Monsignor Pietro Giacomo Nonis, e lo ringrazio per i sentimenti espressi a vostro nome all'inizio della celebrazione.

Rivolgo, inoltre, un fraterno pensiero al Cardinale Cé, ai Vescovi dell'intera Regione ed ai Presuli presenti. Rivolgo, inoltre, un fraterno pensiero al Cardinale Baggio, vostro concittadino ma tanto vicino a me e ai miei Predecessori.

Devo tanto a lui, alla sua opera e alla sua collaborazione nella Santa Sede; al Cardinale Cé, a tutti i Vescovi presenti, soprattutto quelli della Regione e poi quelli degli altri Paesi inviati oggi a Vicenza. Il mio deferente saluto si estende alle Autorità civili e militari qui presenti. Indirizzo un ricordo particolare a voi Sacerdoti, primi collaboratori dei Vescovi nella guida del popolo cristiano, a voi Religiosi e Religiose, a voi persone consacrate, tanto vicine alla Vergine, che siete un segno del mondo migliore a cui tutti aspiriamo nella fede, a voi laici impegnati nei vari Movimenti ed Associazioni ecclesiali, a voi ragazzi e giovani sempre pieni di entusiasmo e capaci di apprezzare la bellezza della vocazione cristiana. Che ciascuno accolga l'invito dell'odierna liturgia come a lui personalmente diretto!


8. "...Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno" (Rm 8,28).

Maria ha amato in modo pieno. Per questa ragione la memoria della sua nascita è viva in tutte le Chiese della terra e splende come la luce della speranza che salva.

Splende anche in questa comunità vicentina, che oggi sono lieto di visitare e di confermare nelle sue tradizioni di fede illuminata e di operosa carità.

Nella nascita di Maria la Chiesa già loda l'Emmanuele, il Salvatore del popolo dai suoi peccati (Is 7,14). E rende grazie per il dono di Maria, Madre di Dio e Madre nostra.

Che sotto la sua protezione e per la sua intercessione si compia la nostra vocazione, secondo l'eterno disegno di Dio.

Aiutaci tu, Maria, Madre della Speranza e sorgente della Vita! Amen!

Data: 1991-09-08
Domenica 8 Settembre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Poupard - Città del Vaticano (Roma)