GPII 1991 Insegnamenti - Il saluto ai fedeli al termine della Messa - Lubaczow (Polonia)

Il saluto ai fedeli al termine della Messa - Lubaczow (Polonia)

Titolo: L'universalità del regno di Dio si manifesti anche al di là delle frontiere orientali

Cari fratelli e sorelle, Prima che mi allontani da questo luogo al quale ogni giorno giungo come pellegrino nella preghiera, prima che io parta per continuare il mio pellegrinaggio in Polonia, permettetemi di salutare ancora una volta voi tutti qui raccolti, voi tutti di questo angolo dell'antica Diocesi di Leopoli che per decine di anni ha avuto il titolo di Arcidiocesi a Lubaczow e che ha avuto i propri pastori, i propri vicari capitolari, i propri amministratori apostolici, che hanno portato in sé la successione, la continuità apostolica di questa antichissima Chiesa Metropolitana fondata a Leopoli nel XIV secolo. Saluto in modo particolarmente cordiale voi tutti di questa Arcidiocesi di Lubaczow insieme con i rappresentanti delle Autorità sia di Przemysl che di Lubaczow. Saluto tutte le parrocchie, saluto il nuovo amministratore che è succeduto nella giurisdizione dell'attuale Arcivescovo di Leopoli dei Latini. Saluto tutti allo stesso modo e ringrazio tutti coloro che sono giunti qui da tutta la Polonia; prima di tutto saluto i vicini giunti da Przemysl, da Lublino, con i loro pastori; saluto tutto l'episcopato con a capo il Primate; l'intero Episcopato polacco che oggi qui concelebra con me ed è pellegrino per tutta la Polonia, seguendo il motto "Rendete grazie a Dio, non spegnete lo Spirito".

Cari fratelli e sorelle come non abbracciare, da qui, con speciale amore, non accogliere con una speciale apertura del cuore tutti coloro che sono giunti da lontano, al di là delle frontiere politiche, tutti i nostri fratelli e sorelle di entrambi i riti, che hanno viaggiato a volte a piedi, con grandi difficoltà per essere qui in questo luogo e per partecipare a questo incontro storico? Fra di noi, che li accogliamo e li salutiamo, vi sono anche le rappresentanze delle Università e delle Accademie cattoliche ed ecclesiastiche di Lublino, di Cracovia e di Varsavia. Noi li ringraziamo per la loro presenza, visto che, il padrone di casa di questo incontro, ora Arcivescovo di Leopoli, è stato per lunghi anni Rettore della Accademia Teologica di Cracovia. Noi li salutiamo in modo particolare, e se così possiamo dire, li abbracciamo in questa nostra comunità ecclesiale, antichissima ed insieme di nuova formazione.

Salutiamo in modo particolare tutti i sacerdoti e salutiamo tutte le religiose ed i religiosi, che iniziano là un lavoro evangelico catechetico, pastorale dalle fondamenta. Che Dio vi benedica in questo lavoro da pionieri.

Infine ci è cara la presenza qui dei Vescovi dell'altra parte, che con noi oggi concelebrano. Quanto mai eloquente è per noi il fatto che da poco tempo grazie alla nuova situazione giuridica e internazionale abbiamo nuovamente un vescovato a Kamieniec Podolski, a Zytomierz, e con l'arcivescovo di Leopoli sono qui oggi due collaboratori nella missione episcopale dei quali desidero prima di tutto salutare per primo il più anziano. Chi non lo conosce? è Padre Rafal! Per tanti anni, per decenni, fra tante sofferenze ed umiliazioni egli è rimasto custode fedele di questo tesoro di questo segno di identità della Chiesa che è l'antichissima cattedrale di Leopoli. Saluto poi il giovane don Marco. Siamo molto felici che egli sia qui. Non so quando mi sarà concesso di visitare Leopoli, quelle terre e quelle Chiese, ma so sicuramente che voi, cari fratelli, con il vostro nuovo Arcivescovo, nuovo ed insieme antico, avete di fronte a voi un enorme lavoro.

Tuttavia si tratta di una grande messe con i pochi operai; ma, noi ci rallegriamo che questa messe ci sia, che non sia stato possibile sradicare tutto fino in fondo, che tutto stia nuovamente germogliando, crescendo, portando frutto, ed attende i mietitori. Dio vi benedica in tutto questo lavoro nella antichissima vigna del Signore, che si rinnova e che bisogna nuovamente coltivare. Noi saremo con voi e siamo con voi. Qui, da questa parte, perché il Regno di Dio passa attraverso tutte le frontiere, è universale. Ringraziamo il Signore Dio per il fatto che questa universalità della Chiesa nella quale il Regno di Dio si prepara qui in questo mondo, possa manifestarsi al di là della nostra frontiera orientale, non solo qui, al sud, ma anche più a nord, in Bielorussia e nella stessa Russia, sia quella europea che quella asiatica, e nel Kazakistan. Con stupore veniamo a sapere che si trovano là dei Vescovi e, se ci sono, ciò significa che là sono delle greggi, che aspettano quei Vescovi così come aspettano dei sacerdoti. Queste sono tutte le grandi opere di Dio.

In questa grande opera di Dio, come in quella piccola di Cana di Galilea, dove è mancato il vino è presente la Madre delle Grazie, che onorate nella Cattedrale di Leopoli. Tu, Madre da tanti santuari nelle antichissime terre rutene e nella profonda Russia, e nelle Icone di queste terre, sei presente e vegli, non permettere che abbiamo a perire e fai rinascere e prepara maternamente la via a Tuo Figlio, ripetendo continuamente: "Fate quello che Egli vi dirà".

Inizia un'epoca nella quale l'Oriente, quello vicino come quello lontano, si apre ad ascoltare questa parola di Cana di Galilea, che continuamente ripetiamo, soprattutto a Jasna Gora: "Fate quello che Egli vi dirà"; si inizia ad ascoltarlo, si inizia ad accoglierlo, si inizia a seguirlo: "Da chi andremo, Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna".

E l'uomo dovunque sia, è creato per la vita eterna ed attende la missione della vita eterna. Quanto più gli hanno ristretto gli orizzonti di questa vita, quanto più glieli hanno limitati alla temporaneità, alla dimensione materialistica, ad un materialismo obbligatorio, amministrativo, tanto più egli si apre al bisogno della vita eterna: "Tu hai parole di vita eterna". Siamo grati a Dio e agli uomini per il fatto che questa verità sull'uomo, così grande ed insieme così fondamentale, e così trascurata, abbia trovato comprensione. E la Chiesa è universale. Da ieri stiamo vivendo questa grande gioia dell'incontro con i nostri fratelli di rito orientale, anticamente si diceva "greco-cattolici", attualmente si dice di rito "bizantino-ucraino". Siamo felici del fatto che da ieri siamo insieme: a Przemysl, dove da 600 anni hanno la propria sede vescovile, e che oggi possiamo essere con loro, che sia qui il loro rappresentante il Vescovo Sofron Dmiterko da Stanislawow, a noi caro, e ieri ve ne erano ancora più numerosi con lo stesso Arcivescovo maggiore, il Cardinale Lubachivsky a capo, sia a Przemysl, sia qui a Lubaczow. Ci rallegriamo per questo, cari fratelli, nostri fratelli nell'unità della Chiesa, non solo nell'unità della fede in Cristo, ma nell'unità della Chiesa, nell'unità di cui segno è Pietro ed i suoi Successori romani, del fatto che voi, siate usciti dalle catacombe e che ricostruiamo la vostra vita ecclesiale. Vi auguriamo la benedizione di Dio e tutto ciò che auguriamo ugualmente alla Chiesa cattolica dell'altra sponda dei San, dello Zbrucz e di qualsiasi luogo in cui la Chiesa sia ritornata in vita, dovunque trovi la sua missione, dovunque trovi coloro che sono mandati, coloro che servono il Vangelo di Cristo, dovunque si trovano anche dei cuori aperti all'ascolto della Verità divina. Ci rallegriamo e ringraziamo tutti. Esprimo qui - poiché questo luogo lo esige in modo particolare - questa mia gioia e questa mia gratitudine; e siamo anche contenti del fatto che abbia voluto essere qui con noi anche come massimo rappresentante dell'Episcopato Austriaco, il Cardinale Arcivescovo di Vienna con i suoi Vescovi ausiliari.

Non diro nulla su Roma, sui miei collaboratori presso la Santa Sede, cominciando dal Segretario di Stato poiché essi sono sempre con me e non mi lasciano neanche per un pasto, sia a Roma che nel mondo. Dio renda merito a tutti voi. Sia lode a questa eterna Sapienza divina, che è, allo stesso modo, Provvidenza che comprende tutto da un confine all'altro.

Qui, in questa frontiera, sono avvenute delle opere e si sono manifestati dei segni della Provvidenza Divina. Gloria a Te, Signore, Padre e Figlio e Spirito Santo. Che questa nostra lode la esprima più pienamente Colei che è divenuta stabile dimora della Sapienza divina, la nostra Signora e Madre delle Grazie, con noi piena di grazia.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-03
Lunedi 3 Giugno 1991

L'incontro in cattedrale per la solenne cerimonia di chiusura del III Sinodo diocesano - Kielce (Polonia)

Titolo: Il Sinodo: una risposta di fede viva al soffio dello spirito attuatosi nei nostri tempi grazie al Concilio Vaticano II




1. Chiesa di Kielce, presente qui nella Basilica Cattedrale per mezzo del suo Pastore e dei suoi Vescovi Ausiliari, per mezzo di molti numerosi rappresentanti del Presbiterium locale e tramite i numerosi rappresentanti della moltitudine di quasi un milione di fedeli laici. Desidero prima esprimere la mia gioia di essere oggi qui, con voi.

Compiendo il servizio di metropolita della Chiesa di Cracovia, alcune volte venivo a Kielce. All'inizio di quel servizio, nell'agosto del 1963, presi parte al funerale del Vescovo Czeslaw Kaczmarek, la cui figura continua a indurre alla riflessione. Presentandomi oggi nella cattedrale di Kielce, con grande soddisfazione ricevo la notizia che Mons. Czeslaw Kaczmarek, una volta ingiustamente e senza fondamento condannato da una condanna ingiusta, è stato ora, nella Polonia libera, pienamente riabilitato. Le autorità competenti hanno stabilito che la condanna era del tutto priva di fondamenti.

Il 19 ottobre del 1975 presiedetti le celebrazioni del Giubileo d'oro del sacerdozio dell'Ordinario di allora della diocesi di Kielce, Mons. Giovanni Jaroszewicz, di cui sempre ammiravo l'atteggiamento di inflessibilità e lo zelo pastorale. Anche a lui non fu risparmiata la sofferenza nelle diverse tappe della vita sacerdotale. Era un periodo difficile per la Chiesa in Polonia. Il Vescovo di Kielce ebbe la sua parte nelle prove permesse da Dio all'Episcopato Polacco, e, in modo particolare, al Primate del Millennio e a Monsignor Kaczmarek.

Ricordo bene il mio soggiorno a Kielce a motivo del Giubileo del 250° del Seminario Diocesano (17-18 aprile 1978). Ero allora a Kielce come successore del Vescovo Costantino Szaniawski, che chiamo all'esistenza questo Seminario, anche se a quel tempo non esisteva ancora la Diocesi di Kielce.


2. Pero il mio odierno incontro con la Chiesa di Kielce qui, nella Basilica Cattedrale, possiede carattere particolare a causa della chiusura del Sinodo Pastorale. Rivolgo parole di ringraziamento al vostro Pastore, il caro Mons.

Stanislao, che si è assunto l'iniziativa di convocare e di svolgere questo Sinodo, che deve diventare una risposta di fede viva al nuovo soffio della grazia dello Spirito Santo, attuatosi nei nostri tempi grazie al Concilio Vaticano II.

Sono lieto che il Sinodo di Kielce abbia abbracciato non soltanto i lavori delle Commissioni istituite dal Pastore della Diocesi, ma abbia anche intrapreso la pastorale sinodale, il che costituisce un momento importante che coinvolge un'intera Comunità nella vita di una Chiesa particolare. Ciò si è espresso in diverse forme, tra le altre, tramite l'attività pastorale intrapresa nell'ambito dei singoli anni sinodali, per realizzare in questo modo programmi molto concreti. E' stato, dunque, l'anno della fede, l'anno della famiglia e l'anno dell'Eucaristia. Nell'ambito della pastorale sinodale, una maggiore attenzione è stata dedicata alle famiglie con numerosa prole, all'istituzione del matrimonio e alla questione della protezione della vita dei bambini non-nati.

Approfittando dell'occasione, desidero dire a tutte le famiglie, specialmente alle famiglie che si assumono il gravoso compito dell'educazione dei figli, che il Papa le ricorda in modo particolare e le benedice di cuore.

Dall'azione pastorale sono stati abbracciati anche i malati e i sofferenti. La loro situazione a volte è molto spiacevole, dolorosa, a volte addirittura umiliante e per questo necessitano di un particolare amore da parte della Chiesa. Mi siete cari non solo a motivo di quell'amore che tutti ci dobbiamo reciprocamente, ma anche per il motivo che voi, in un grado maggiore degli altri, partecipate al mistero della croce e della salvezza. Mi siete cari perché la vostra sofferenza vi conferisce una dignità meritevole di un particolare affetto.

E' stato bene che il Sinodo della Diocesi di Kielce si sia occupato anche dei bambini e della gioventù. Ho qui in mente le "olimpiadi" sulla conoscenza della vita della Chiesa locale.


3. II Sinodo che sta per concludersi è l'inizio di un grande sforzo comune dell'intera Diocesi. La Chiesa di Kielce si pone, dunque, davanti ad una nuova tappa di lavoro, determinata dal documento finale del Sinodo, contenente le indicazioni e le motivazioni degli atteggiamenti cristiani e l'esortazione alla loro attuazione. Occorre mettere in pratica, con tutto l'impegno interiore, le decisioni del Sinodo; occorre anche continuare la pastorale sinodale iniziata.

Questo Sinodo costituisce una tappa molto importante nell'orientamento di una nuova evangelizzazione per i nostri tempi. Conosciamo i nuovi problemi che si sono presentati davanti alla Chiesa oggi. Con questo Sinodo, con il suo documento finale e le indicazioni e, prima di tutto, con i suoi frutti, tutta la Comunità della Chiesa di Kielce entrerà nel Terzo Millennio del Cristianesimo. perciò è così importante che in esso si incontrino "il vecchio e il nuovo".

Il peso dell'attuazione di questo Sinodo poggia su tutti coloro che, mediante il Battesimo, sono inseriti in modo particolare nel mistero di Cristo.

Diversamente sui laici, diversamente sui sacerdoti o le famiglie religiose, pero poggia su tutti. Insieme con il vostro Pastore e i suoi Vescovi Ausiliari dovete diventare non solo delle guide, ma, al tempo stesso, veri esempi per il proprio ovile (cfr. 1P 5,3), con lo sguardo fisso in Cristo, Buon Pastore. E' stato lui a scegliervi tra il popolo, affinché, colmi di Spirito Santo, siate zelanti pastori delle comunità dei fedeli a voi affidate.

Sono lieto che in questa parte finale del Sinodo di Kielce partecipi veramente un grande numero di fedeli laici. Ho saputo che questi, durante tutto il periodo del Sinodo, vi parteciparono attivamente, sia mediante il lavoro dei gruppi sinodali parrocchiali, sia tramite la partecipazione alle sessioni plenarie, dove sovente prendevano la parola.

Speriamo che questo sia un annuncio di maggiore avvicinamento delle vostre comunità parrocchiali all'ideale della communio cristiana, di una tale comunità, nella quale nessuno è passivo destinatario dei doni, perché tutti cercano anche di dare qualcosa di sé; una comunità della quale tutti i membri si sentono responsabili. Certamente i consigli pastorali del vostro Sinodo contribuiranno alla formazione di questo nuovo modello di essere membri della comunità parrocchiale.


4. Per rendere memorabile la visita del Papa nella Chiesa di Kielce e della conclusione del Sinodo Pastorale, la comunità diocesana ha donato una croce, eretta accanto all'altare da campo, intorno al quale si raduneranno i pellegrini che vengono qui per venerare la Madonna delle Grazie, la cui immagine questo pomeriggio verrà da me incoronata. L'erezione di questa croce ci ricorda che siamo stati redenti con il prezioso Sangue del Figlio di Dio. Ma anche il rapporto diretto con la Chiesa di Kielce, la cui capitale è situata nel cuore della regione della Santa Croce. Con vera gioia benediro tra poco questa Croce.

Con il segno della Croce iniziate il vostro cammino per la realizzazione del Sinodo.

Per la fatica che vi attende, benedico tutti di cuore.

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-03
Lunedi 3 Giugno 1991

Incontro nazionale con i religiosi e le religiose davanti alla Cattedrale di Kielce (Polonia)

Titolo: Uno sforzo enorme attende gli istituti religiosi per la realizzazione del proprio carisma

Cari fratelli e sorelle,


1. Vi saluto molto cordialmente con tutta la profondità, la forza e l'ardore delle parole di Paolo dalla Lettera ai Colossesi (Col 3,1-4 Col 3,12-17). E' davvero difficile trovare un passo ugualmente ricco e ugualmente destinato a voi, che rappresentate le famiglie religiose di tutta la Polonia. E' difficile leggere queste parole ispirate senza che "arda il cuore nel petto" (cfr. Lc 24,32) per amore e gratitudine verso il Padre che ci "ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce" (Col 1,12). Questa "sorte dei santi", infatti è la vostra particolare vocazione. Benché essa sia universale e rivolta a tutto il Popolo di Dio, a voi si riferisce in modo speciale. Si può dire che la santità, il tendere alla santità, è una particolare ragione di essere delle vostre comunità, e in esse di ogni persona consacrata.


2. La consacrazione. Qui tocchiamo un concetto chiave. Se infatti ciò che l'Apostolo scrive della "liberazione dal potere delle tenebre e del trasferimento nel regno del suo Figlio diletto" (cfr. Col 1,13) riguarda tutti gli uomini, e più ancora tutti i battezzati; queste parole riguardano voi in modo speciale.

La consacrazione di una persona - la professione religiosa - è uno speciale "radicamento in Cristo" (cfr. Col 2,7) per "edificare su di lui tutta la vita e l'agire" (cfr. Ibidem). Quando Cristo dice: "Seguimi" (cfr. Mt 19,21), ciò vuol proprio dire "affonda in me le radici": Io desidero essere la terra fertile della tua crescita, del tuo costruirsi nello Spirito. In me c'è "la redenzione", c'è "la remissione dei peccati" come processo della maturazione spirituale dell'uomo; la redenzione come una "nuova creazione", tutti quei tesori "della sapienza e della scienza", tutta la "pienezza di grazia e di verità", per cui ogni uomo può diventare "un vero adoratore del Padre": tale, che adora Dio "in spirito e verità" (cfr. Jn 4,23).


3. L'Apostolo indica la particolare intensità di ciò che all'inizio si attua mediante il Battesimo: "Voi... siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3). Si, ogni uomo diventa in modo sacramentale partecipe della morte del Redentore per partecipare alla sua risurrezione: alla nuova vita rivelata da questa risurrezione del Signore.

Ciò che nel Battesimo è sacramento, il sacramentale inizio della vita in Cristo, nella consacrazione religiosa diventa un particolare programma di vita.

Diventa una regola e carisma. Diventa testimonianza e apostolato. E' l'annuncio di Cristo non solo con la parola, ma con la scelta stessa di vita, che va fino alle più profonde indicazioni del Vangelo: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi tutto quello che possiedi, dallo ai poveri... poi vieni e seguimi!" (Mt 19,21): nella povertà, nell'obbedienza, nella castità.

"Voi... siete morti e la vostra vita è ormai nascosta... in Dio", scrive l'Apostolo (Col 3,3). E allo stesso tempo: "Siete risorti con Cristo... cercate le cose di lassù, non quelle della terra" (cfr. Col 3,1-2).

Siete testimoni di un regno che non è di questo mondo. Appartenete alla famiglia di coloro che "per il regno dei cieli" hanno abbandonato ogni cosa, che testimoniano a tutti che: "passa la scena di questo mondo" (1Co 7,31). "Il cielo e la terra passano, la parola di Dio non passa" (cfr. Mc 13,31 Lc 21,33).

Un saluto a voi, a voi tutti, Fratelli e Sorelle, ai quali lo Spirito Santo permette di essere in mezzo al mondo i testimoni del Dio vivo.


4. Vi auguro una fruttuosa testimonianza specialmente qui, in terra polacca, in questa terra, che attraverso le generazioni vi deve tanto, e che ha tanto bisogno della vostra testimonianza, nell'attuale tappa della sua storia.

Non si può essere testimoni di Dio senza appartenergli con tutto il cuore. Cercate di imitare Gesù Cristo prima di tutto in questo: la sua donazione totale all'eterno Padre. L'imitazione di Cristo - come insegna l'ultimo Concilio - è, infatti, la regola suprema e definitiva di tutti gli ordini religiosi cattolici (cfr. PC 2).

Imitate, dunque, Gesù Cristo stesso, fratelli e sorelle, nel suo assoluto ascolto della volontà del Padre: "Non cerco la mia volontà, - Gesù diceva di se stesso - ma la volontà di colui che mi ha mandato" (Jn 5,30). Imitate Gesù nelle sue preghiere durante le lunghe ore passate da soli davanti al volto del Padre (cfr. Mt 14,23 Lc 6,12 Lc 11,1). Imitate la sua totale donazione al Padre perfino nella notte nel Getsemani (cfr. Mt 26,39) e nell'ora del Calvario (cfr. Lc 23,46).

Imitando Gesù e unendoci a Lui nella sua completa donazione al Padre, ci avviciniamo alla gloria della risurrezione, ed insieme diventiamo speciali testimoni di Dio davanti al nostro prossimo. La gente - guardando coloro che hanno riposto in Dio tutta la loro speranza - può davvero sperimentare la stupenda verità delle parole del Salmista: "Il mio bene è stare vicino a Dio: nel Signore Dio ho posto il mio rifugio, per narrare tutte le tue opere" (Ps 72/73,28).

Ancora una volta vi auguro cordialmente - sia ad ognuno e a ognuna di voi, che a tutte le vostre comunità - di essere dei buoni testimoni di Dio. "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).


5. Vi attende oggi molto lavoro faticoso, amate sorelle e cari fratelli. Coloro di voi che sono catechisti e catechiste sanno bene che il ritorno della religione nelle scuole esige da voi un sostanziale approfondimento sia della preparazione pedagogica che dello zelo pastorale. Mi auguro che saprete far fronte a questo compito! La Chiesa oggi ha grande bisogno del vostro spirito di sacrificio, specialmente nel campo del lavoro caritativo. Comprendo bene che non è una cosa facile ricostruire ciò che è stato distrutto alcune decine di anni fa. Del resto i tempi sono cambiati: ormai non vale la pena ritornare ad alcune forme antiche; inoltre sono cresciuti i nuovi bisogni, a volte molto acuti (per esempio la necessità di occuparsi delle vittime della droga o di coloro che sono affetti di Aids). Vi sono anche dei bisogni che oggi vediamo meglio di una volta: per esempio la necessità di dare una mano alla donna in attesa del figlio, alla quale è difficile accogliere con gioia il suo bambino concepito. Una cosa è certa: uno sforzo enorme per entrare nella realizzazione del proprio carisma attende gli Istituti religiosi, specialmente quelli nella cui vocazione è contemplata l'attività caritativa o la cura della gioventù in difficoltà.

Spero che non vi mancherà la comprensione e il sostegno sia dei Pastori della Chiesa che dei fedeli.

Anche gli ordini chiamati in modo particolare ad annunziare la parola di Dio e al lavoro pastorale hanno bisogno di rinnovare il proprio carisma. Le parrocchie non sempre sono in grado di far fronte a tutti i bisogni religiosi a cui la Chiesa dovrebbe venire incontro. Dio chiamo nella sua Chiesa così numerosi ordini religiosi, tra l'altro, proprio perché non venga deluso nessuno di coloro che cercano nella Chiesa un aiuto spirituale.

Amati fratelli e sorelle, fate particolare attenzione al fatto che oggi moltissima gente in Polonia necessita di una risposta individuale ai propri problemi di vita o agli interrogativi nel campo religioso. Che nessuno, in cerca di un tale aiuto alla porta del vostro convento, venga respinto! Molta gente in Polonia ha nostalgia di una più profonda vita di preghiera. Dove, se non nei conventi, debbono trovare i maestri di orazione e direttori spirituali? Auguro inoltre ai religiosi polacchi, di riflettere sul modo per rinnovare quella tradizionale ospitalità conventuale, che consisteva nell'aprire la porta alle persone in cerca di rinnovamento spirituale e di approfondimento.


6. Ho già parlato di due dimensioni della vostra vocazione religiosa, è rimasta ancora la terza. Ho parlato dell'imitazione di Cristo Signore nella sua obbedienza alla volontà del Padre. Da qui scaturisce per voi l'obbligo della quotidiana sollecitudine per la propria vita spirituale, la necessità di una costante formazione e di lavoro su di sé; ovviamente, di un tale lavoro su di sé, di cui il primo artefice è lo Spirito Santo stesso e che attinge la propria efficacia dalla parola di Dio e dai sacramenti.

Ho parlato della vostra vocazione specifica: di alcuni al lavoro apostolico, di altri al lavoro caritativo, di altri ancora al lavoro educativo o qualsiasi altro.

Esiste ancora la terza dimensione, non meno importante, della vocazione religiosa. Dovreste costruire la Chiesa, voi, amate Suore, cari Padri e Fratelli, non solo nel proprio intimo e non soltanto nel lavoro esteriore, ma anche nelle proprie comunità religiose. Ce lo ha ricordato l'Apostolo Paolo nel passo della Lettera ai Colossesi, che abbiamo appena letto: "Rivestitevi dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza" (3,12).

Provate ad accogliere queste parole come un'indicazione di Dio con la quale potete paragonare la realtà delle vostre comunità religiose, per avvicinarvi sempre più alle attese di Dio. Il Dio, che ci ha chiamati, sa bene che siamo uomini deboli. Si tratta tuttavia di cercare di "sopportarvi a vicenda e perdonarvi scambievolmente" poiché anche "il Signore ci ha perdonato" (cfr. Col 3,13). E soprattutto adoperatevi per "la carità che è il vincolo della perfezione" (Col 3,14). E ancora una cosa: che "la pace di Cristo regni nei vostri cuori" (Col 3,15). Se accogliete e vi prenderete a cuore tutto questo, nonostante tutte le vostre deficienze, sarete delle comunità veramente religiose.

Cari fratelli e sorelle: scopi così alti non si raggiungono soltanto mediante i propositi. Vi deve caratterizzare una solida apertura ai doni di Dio.

"La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,16), rammenta l'apostolo Paolo. E non vi è lecito trattenere la parola di Dio solo per voi stessi, occorre condividerla con i nostri fratelli e sorelle: "ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza" (cfr. Ibidem). Nell'edificazione di una vera comunità di fede, un ruolo inestimabile compie tutto il ritmo della liturgia e della preghiera, che deve animare ogni casa religiosa. Per San Paolo è qualcosa di ovvio che "salmi, inni e cantici spirituali" edifichino la gioia interiore nei singoli membri della comunità.

Siete anche voi, cari fratelli e sorelle, animati così dalla liturgia e dalla preghiera comunitaria che "cantate a Dio di cuore e con gratitudine" (cfr.

Col 3,16)? Vi rafforza così "che tutto quello che fate si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre" (cfr. Col 3,17)?


7. Davvero magnifici sono i doni di Dio! Infatti Gesù Cristo, il cui nome abbraccia tutta la nostra vita e per mezzo del quale ci avviciniamo al Padre, è il Figlio di Dio, "per mezzo di lui sono state create tutte le cose... e tutto sussiste in lui" (cfr. Col 1,16s). Se dunque siamo colmi di Cristo - e Cristo vuole colmare di sé in modo particolare le persone consacrate - allora "in lui siamo stati colmati" (cfr. Col 2,10) di tutto ciò che appartiene a Lui, cioè di tutta la ricchezza di Dio, la creazione.

Ecco il profondissimo senso del voto di povertà. Avete rinunciato, fratelli e sorelle, al possesso di cose materiali, perché, in Cristo, il mondo intero diventi in un certo senso vostra proprietà: ormai non più proprietà che rende difficile l'accesso a Dio, ma proprietà secondo l'originale disegno di Dio.

Chi è povero secondo Dio, riceve tutto il mondo come luogo del proprio contatto con Dio. Poiché tutto il mondo è stato creato da Cristo e in Cristo, e Cristo "sostiene tutto con la potenza della sua parola" (He 1,3). Se dunque appartenete a Cristo "tutto è vostro" (1Co 3,22).

Che dunque quest'incontro odierno con il Papa vi aiuti, Fratelli e Sorelle, a ravvivare i vostri voti religiosi. Sappiate anche accettare tutta l'opera della creazione come un meraviglioso dono di Dio.


8. Una persona consacrata, in contatto, mediante Cristo, con tutta l'opera della creazione nella sua profondità e ricchezza originale, è, allo stesso tempo, anche mediante Cristo, "radicata" profondamente nella Chiesa.

Cristo infatti è "il capo del corpo, cioè della Chiesa" (Col 1,18), della Chiesa in cammino verso i destini escatologici: Cristo è "il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose... Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose rappacificando con il sangue della sua croce" (Col 1,18-20).


9. Cari sorelle e fratelli! Abbiamo ascoltato le parole ispirate della Lettera ai Colossesi. Alla loro luce, quanto è meravigliosa la vocazione di ogni cristiano! Quanto meravigliosa è la vostra vocazione! Fate di tutto affinché gli occhi della vostra anima siano sempre più aperti a questi "tesori della sapienza e della scienza" (Col 2,3). Implorate anche in ginocchio la grazia di saper far conoscere questi tesori agli altri, ai giovani: ragazzi e ragazze, perché essi trovino la loro via dietro a Cristo. Si sono aperti tanti campi "pronti alla messe". C'è tanto bisogno di mietitori.

Chiedete! Con insistenza "pregate... il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2).

Stamani a Lubaczow ho incontrato non solo la comunità locale, ma anche molti esteri venuti da fuori, anche da lontano. E proprio li ho realizzato questa cosa in modo particolare. Peccato che voi non c'eravate, ma io vi porto almeno l'eco di quell'incontro, di quella esperienza che non appartiene solo a Lubaczow, non è solo locale, ma riguarda tutto l'Oriente, molto provato da anni di brutale e sistematica ateizzazione, che ora attende, affamato e assetato. Del resto ciò non riguarda solo l'Oriente, ma qui, siamo più vicini all'Oriente.

E che la testimonianza della vostra vita sia trasparente e attraente! Che essa sia salvifica, qui sulla terra, ed ovunque, dove il Signore della messe vi vorrà mandare! (Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-03
Lunedi 3 Giugno 1991

L'omelia della messa celebrata nell'aeroporto militare di Radom (Polonia)

Titolo: Alle vittime della crudeltà umana nel nostro secolo si aggiunge il grande cimitero dei non-nati e degli indifesi




1. "Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia" (Mt 5,6).

Con il Vangelo delle otto beatitudini di Cristo del Discorso della montagna saluto la città di Radom. Saluto anche la Chiesa della diocesi di Sandomierz-Radom. Saluto cordialmente tutti qui riuniti.

Con una particolare venerazione mi rivolgo verso l'antichissima Sandomierz - città nella quale la storia della Polonia è inscritta sin dai tempi antichissimi: la storia della nazione e della Chiesa.

Saluto tutta questa terra, ricordando con gratitudine il suo passato lontano e più recente. La terra dei santi - cominciando dai Martiri di Sandomierz, dal beato Vincenzo Kadlubek, Ladislao di Gielniow, Salomea - sino a San Casimiro, il quale, come figlio del re governo il regno polacco in sostituzione di suo padre, Casimiro Jagellone. Proprio da Radom, nato a Wawel, ritorno santo a Vilnius, per essere patrono del Popolo di Dio della Lituania.

Saluto la patria di Jan Kochanowski, di Jan Dlugosz e di tanti altri uomini benemeriti per la cultura e per la scienza polacca. Ricordo gli eroi delle insurrezioni nazionali, salutando insieme i comandanti e i soldati dell'ultima guerra, specialmente dell'esercito clandestino, ai quali dobbiamo il posto della Polonia sulla carta d'Europa.


2. Durante la visita odierna mi soffermero accanto al sasso-monumento con l'iscrizione: "In memoria di coloro che hanno subito dei torti in occasione della protesta operaia del 1976". Sono tempi non lontani che la città di Radom e tutta la Polonia hanno scritto profondamente nella loro memoria. Si può dire che l'anno 1976 fu l'introduzione ai successivi eventi degli anni Ottanta. Sono costati molti sacrifici, arresti, umiliazioni, torture (praticate specialmente sotto il nome del "sentiero della salute"), morti (tra gli altri di uno dei sacerdoti di Sandomierz) - e attraverso tutto questo aprivano la strada all'umano desiderio di giustizia.

"Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati" (Mt 5,6).

La fame della giustizia si esprime anche con la protesta? Con una protesta operaia, come nell'anno 1976? La fame e la sete di giustizia certamente significa tendere verso la vittoria su tutto ciò che è ingiustizia e torto, che è violazione dei diritti dell'uomo.


3. Sul percorso del mio pellegrinaggio attraverso la Polonia mi accompagna il Decalogo: le dieci parole di Dio pronunciate con forza sul Sinai, confermate da Cristo nel discorso della montagna nel contesto delle otto beatitudini. Il Creatore è il fondamento della morale umana. Egli è, al tempo stesso, il supremo Legislatore, infatti creando l'uomo a propria immagine e somiglianza, inscrisse nel suo "cuore" tutto l'ordine della verità, che condiziona il bene e l'ordine morale, e perciò è anche la base della dignità dell'uomo - L'uomo-immagine di Dio.

Al centro stesso di quest'ordine sta il comandamento "non uccidere", un fermo ed assoluto divieto che contemporaneamente afferma il diritto di ogni uomo alla vita: sin dal primo istante del concepimento fino alla morte naturale. Questo diritto in modo particolare prende difesa di uomini innocenti e indifesi.

"Avere fame e sete di giustizia" - vuol dire far di tutto affinché questo diritto venga osservato, affinché nessun uomo diventi vittima dell'aggressione alla sua vita o salute: perché non venga innocentemente ucciso, torturato, tormentato, minacciato. Nel discorso della montagna, Cristo ancora amplierà l'ambito del quinto comandamento del Decalogo a tutte le azioni contro il prossimo, generate dall'odio o dalla vendetta (persino senza arrivare ad uccidere). "Chiunque si adira con il proprio fratello" - dice Cristo nel Discorso della montagna.


4. I codici umani di diritto difendono la vita e puniscono gli assassini.

Contemporaneamente pero è difficile non affermare che il nostro secolo è il secolo gravato dalla morte di milioni di uomini innocenti. Ha contribuito a ciò il nuovo modo di condurre le guerre che consiste in una massiccia lotta e distruzione della popolazione che non prende parte attiva nella guerra. Basti ricordare i bombardamenti (fino all'uso della bomba atomica), poi i campi di concentramento, le massicce deportazioni della popolazione, concluse con la morte di milioni di vittime innocenti. Tra le nazioni d'Europa, la nostra nazione ha avuto una parte speciale in questa ecatombe. Sui nostri territori il comandamento "non uccidere" è stato violato da milioni di crimini e di delitti.

Tra questi delitti rimangono particolarmente sconvolgenti i sistematici stermini di intere nazioni - prima di tutto degli Ebrei oppure dei gruppi etnici (come gli Zingari), unicamente per motivi di appartenenza a quella data nazione o razza.


5. Era questo soltanto un fatto di particolare crudeltà?, di immediata crudeltà? Bisogna constatare che gli effetti micidiali dell'ultima guerra erano stati preparati da interi piani di odio razziale ed etnico! Tali programmi respingevano il principio morale del comandamento "non uccidere" come assoluto e comunemente obbligatorio. Facendo riferimento alle ideologie demenziali, lasciavano, alle privilegiate istanze umane, il diritto di decidere della vita e della morte di singole persone, ed anche di interi gruppi e di singole Nazioni. Al posto del "non uccidere" divino è stato messo il "è lecito uccidere" umano e perfino il "bisogna uccidere".

Ed ecco che enormi parti del nostro continente sono diventate la tomba di uomini innocenti, vittime di crimini. La radice del crimine sta nell'usurpazione da parte dell'uomo dell'autorità divina sopra la vita e la morte dell'uomo. Si fa sentire in questo una lontana, ma tuttavia insistente eco di quelle parole accettate dall'uomo "sin dall'inizio" contro il proprio Creatore e Padre. Esse suonavano così: "diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male" (cfr. Gn 3,5) - (che vuol dire: deciderete di ciò che è buono, e di ciò che è cattivo, voi uomini - come Dio, come Dio - contro Dio).


6. Perdonatemi, cari Fratelli e Sorelle, se andro ancora oltre. A questo cimitero di vittime della crudeltà umana nel nostro secolo si aggiunge ancora un altro grande cimitero: il cimitero dei non nati, cimitero degli indifesi, di cui perfino la propria madre non conobbe il volto, acconsentendo, oppure cedendo alla pressione, perché venisse loro tolta la vita ancora prima di nascere. E tuttavia già avevano la vita, erano già concepiti, si sviluppavano sotto il cuore delle loro madri, senza presentire il pericolo mortale. E quando questa minaccia divenne ormai un fatto, questi esseri umani indifesi tentarono di difendersi. La cinepresa ha registrato questa disperata difesa di fronte all'aggressione nel grembo della madre di un bambino non-nato. (Una volta vidi un tale film - e fino ad oggi non posso liberarmi dal suo ricordo, non posso liberarmene). E' difficile immaginare il dramma orrendo nella sua eloquenza morale, umana.

La radice del dramma - quanto è a volte estesa e differenziata! C'è poi anche l'istanza umana, i gruppi, a volte "i gruppi di pressione", i corpi legislativi, che "legalizzano" la privazione della vita all'uomo non-nato. Esiste una tale istanza umana, esiste un tale parlamento, che abbia il diritto di legalizzare l'uccisione di un essere umano innocente ed indifeso? Che abbia il diritto di dire "è lecito uccidere", e perfino "bisogna uccidere", là dove occorre massimamente proteggere ed aiutare la Vita?


7. Osserviamo ancora, che il comandamento "Non uccidere" contiene in sé non solo il divieto. Esso ci esorta a determinati atteggiamenti e comportamenti positivi.

"Non uccidere", piuttosto proteggi la vita, proteggi la salute e rispetta la dignità di ogni uomo, indipendentemente dalla sua razza o religione, dal livello di intelligenza, dal grado di conoscenza o di età, dallo stato di salute o di malattia.

"Non uccidere", piuttosto accogli un altro uomo come dono di Dio - specialmente se è tuo proprio figlio.

"Non uccidere", ma piuttosto cerca di aiutare i tuoi prossimi perché accolgano con gioia il loro figlio, anche se; umanamente parlando - secondo loro fosse venuto in un momento inopportuno.

Dobbiamo aumentare nello stesso tempo la nostra sollecitudine sociale non solo per un bambino concepito, ma anche per i suoi genitori, specialmente per sua madre - se la comparsa del figlio li ha messi di fronte alle preoccupazioni e le difficoltà quasi al di sopra delle loro forze, o almeno lo pensano. Questa premura dovrebbe trovare espressione sia nelle azioni e negli atteggiamenti umani spontanei che nella creazione di forme istituzionali di aiuto ai genitori.

Volessero anche le parrocchie e i conventi inserirsi in questo movimento di solidarietà sociale con il bambino concepito e i suoi genitori in difficoltà.


8. "Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia".

Queste parole disse Cristo e queste parole porto con sé sulla croce.

Sulla croce egli anche fu condannato a morte - e subi questa morte, e questa fu la morte del più santo tra i figli dell'uomo. Anche a lui hanno tolto la vita...

Il Figlio di Dio subi la morte sulla croce perché, in modo più che mai radicale fosse confermata la forza del comandamento: "Non uccidere".

Ai piedi della croce stava sua Madre - così come sta in tanti santuari di tutta la terra. Ricordo il santuario a Blotnica presso Radom e l'incoronazione della Madre di Dio - proprio nell'anno 1977.

"Non uccidere"! Sulla croce è stata inflitta la morte al suo Figlio. Nel segno della croce cerchiamo le vie della redenzione e della remissione di tutti i peccati.

Ecco muore sul legno dell'ignominia Colui, che annunzio all'umanità il messaggio delle otto beatitudini. Il Figlio di Dio che è "il Primo e l'Ultimo" (cfr. Ap 22,13) tra quelli che hanno fame e sete della giustizia. Colui che unisce questa fame e sete con l'assicurazione "saranno saziati". Si: "perché saranno saziati".

Fratelli e sorelle di Radom e di tutta questa terra! Edifichiamo il comune futuro della nostra Patria secondo la Legge di Dio, secondo quell'eterna Sapienza, che non perde la validità in nessuna epoca, secondo il Vangelo di Cristo! Costruiamo... Piuttosto: ricostruiamo, perché tanto è stato distrutto... si, distrutto negli uomini, nelle coscienze degli uomini, nei costumi, nell'opinione pubblica, nei mezzi di comunicazione.

Ti preghiamo, Redentore del mondo, Cristo crocifisso e risorto, ti preghiamo per mezzo della Tua e nostra Madre, per mezzo di tutti i santi e giusti figli e figlie di questa terra, perché il futuro appartenga a coloro che veramente e inflessibilmente "hanno fame e sete della giustizia".

(Traduzione dal polacco)

Data: 1991-06-04
Martedi 4 Giugno 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Il saluto ai fedeli al termine della Messa - Lubaczow (Polonia)