GPII 1991 Insegnamenti - IO VEGLIO

IO VEGLIO


1. L'Icona della Madre di Dio. Theotokos. Accanto alla croce e alla Bibbia c'è un'Icona: il terzo simbolo del nostro incontro di preghiera. A questo simbolo corrisponde la parola "veglio": io sono - mi ricordo - veglio. Le tre parole dell'appello di Jasna Gora, che da qui, durante le grandi lotte spirituali, raggiungeva tutta la terra abitata dai Polacchi. Io sono - mi ricordo - veglio. Le tre parole guida, che ci hanno aiutato. Parole del linguaggio, ma anche parole di grazia, espressione dello spirito umano e del soffio dello Spirito Santo.


2. Qui, a Jasna Gora, la parola "veglio" ha un contenuto mariano, corrispondente al significato dell'Icona della Madre di Dio. "Veglio", esprime l'atteggiamento della Madre. La sua vita e la sua vocazione si esprimono nel vegliare. Essa veglia sull'uomo sin dai primi attimi del suo esistere. Tale veglia si accompagna con la tristezza e con la gioia. "La donna quando partorisce è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell'afflizione, per la gioia che è venuto al mondo un uomo" (Jn 16,21) - sono parole di Cristo stesso. La veglia materna di Maria, quale esperienza imperscrutabile! Quale messaggio iscritto misteriosamente in un cuore femminile, che è vissuto esclusivamente di Dio! Davvero: "Grandi cose ha fatto in Lei il Signore, e Santo è il suo nome" (cfr. Lc 1,49). Rimangono nella nostra coscienza almeno questi due momenti: la notte di Betlemme e la "notte dello Spirito" sotto la croce del Figlio sul Golgota. E un altro momento ancora: il cenacolo di Gerusalemme nel giorno della Pentecoste, quando nasceva la Chiesa, quando la Chiesa entrava nel mondo, come un bambino che lascia il grembo della madre.


3. La Chiesa ha preso con sé questo vegliare materno di Maria, gli ha dato espressione in tanti santuari su tutta la terra. Vive ogni giorno per il dono di questa materna premura. Qui, in questa terra, in questo Paese in cui ci troviamo, le generazioni vivono con la consapevolezza che la Madre "veglia". Da qui, da Jasna Gora, Lei veglia su tutto il popolo, su tutti. Specialmente nei momenti difficili, tra le prove ed i pericoli.


4. "Veglio" - questa espressione ha una sua etimologia rigorosamente evangelica.

Quante volte Cristo ha detto: "vegliate" (cfr. p. es. Mt 24,42 Mt 25,13 Mt 26,38 Mt 26,41 Mc 13,33 Mc 13,35 Mc 13,37 Mc 14,34 Mc 21,36). "Vegliate, e pregate per non entrare in tentazione" (Mc 14,38). Tra tutti i discepoli di Cristo, Maria è la prima "che veglia".

Occorre che noi impariamo da Lei a vegliare, che vegliamo con Lei: "Sono vicino a te - mi ricordo di te - veglio".


5. "Che cosa vuol dire: "veglio?"". Vuol dire: mi sforzo di essere un uomo di coscienza. Non soffoco questa coscienza e non la deformo; chiamo per nome il bene e il male, non li confondo; in me faccio crescere il bene e cerco di correggermi dal male, superandolo in me stesso. Questo è il problema fondamentale, che non si potrà mai sminuire, né spostare su un piano secondario. No! Esso è dappertutto e sempre un problema di primo piano. E' tanto più importante quanto più numerose sono le circostanze, che sembrano favorire la nostra tolleranza del male e il fatto che facilmente ci assolviamo da esso, specie se così fanno gli altri...

"Veglio" vuol dire inoltre: vedo gli altri...

Veglio vuol dire: amore del prossimo; vuol dire: fondamentale solidarietà "interumana".

Ho già pronunciato queste parole una volta qui, a Jasna Gora, durante l'incontro con i giovani, nel 1983, anno particolarmente difficile per la Polonia.

Oggi le ripeto: "Sono vicino a te, mi ricordo di te, veglio"!

Data: 1991-08-14
Mercoledi 14 Agosto 1991

Messaggio alla comunità ecclesiale magiara

Titolo: "Verro a visitare l'Ungheria per rafforzare la vostra fede La nuova era di libertà ha bisogno di uomini generosi

Mi valgo volentieri della speciale opportunità, che mi è offerta dalla Televisione, per inviarvi un cordiale saluto, a poche settimane ormai dalla mia visita alla vostra Terra. E' un saluto che si dirige innanzitutto, com'è ovvio, ai cattolici, ma che s'allarga anche a tutti voi, Ungheresi in ascolto, per testimoniarvi fin d'ora l'affetto profondo che ho per la vostra illustre nazione.

(pronunciato in ungherese)


1. Come vedete, sto imparando l'ungherese, per potervi salutare nella vostra lingua. Chiedo di scusarmi per le inevitabili deficienze. Non vedo l'ora di essere tra voi, per stringere le vostre mani, guardarvi negli occhi, ascoltarvi e rivolgervi la mia parola.


2. Il vostro Paese è situato al centro dell'Europa, si direbbe nel suo cuore. Come altre nazioni, tra le quali la mia Patria, anch'esso ha vissuto in questi ultimi anni avvenimenti straordinari ed imprevedibili. I cambiamenti politici che vi sono avvenuti - lo sottolineo con intima gioia - costituiscono la vittoria di una battaglia combattuta con le armi non-violente della verità e della giustizia (cfr. Encicl. CA 23). Verro in Ungheria non solo per partecipare alla vostra soddisfazione per la libertà riconquistata, ma anche per condividere le vostre preoccupazioni di fronte ai problemi e alle difficoltà del presente. Già fin d'ora vi dico: continuate nella vostra battaglia, rimanendo uniti ed evitando il ricorso a mezzi violenti od ingiusti! Costruite una società fondata sui valori della riconciliazione, della giustizia e della pace! Verro a visitare la Chiesa che è in Ungheria. Mi incontrero con voi, carissimi fratelli e sorelle, per rafforzare la vostra fede in Cristo e il vostro impegno di testimonianza nel mondo. Durante gli anni dell'oppressione molti di voi hanno rischiato ed a volte anche sacrificato la vita per la fede, per la dignità umana, per la libertà civile e religiosa. Ora ha avuto inizio una nuova era di pace e di libertà. Essa ha bisogno di uomini e donne disinteressati e generosi, disposti ad impegnare la loro vita sull'esempio di Cristo che ha saputo sacrificare se stesso per l'intera umanità (cfr. Encicl. CA 25).


3. La Chiesa in Ungheria vivrà una nuova primavera solo se i cristiani sapranno stabilire rapporti di profonda comunione tra loro e con Cristo, in atteggiamento di piena disponibilità all'azione dello Spirito. L'unione, tuttavia, non dev'essere privilegio ed impegno dei soli cristiani. Occorre che tutti voi, carissimi Ungheresi, vi ritroviate concordi sui valori di fondo del vero umanesimo, quali la verità, la giustizia, la libertà, il rispetto reciproco, la solidarietà. Sono valori che hanno la loro radice nella stessa natura umana e che Gesù Cristo ha elevato e corroborato mediante la sua grazia redentrice. La mia venuta in Ungheria vuol recare un contributo alla rinascita della Chiesa e della Nazione. Ambedue le realtà trovano un clima favorevole nella nuova democrazia che s'è affermata nel Paese; ambedue possono e devono aiutarsi reciprocamente nel superamento delle difficoltà che ostacolano la prosecuzione del cammino intrapreso. L'uomo è la vita della Chiesa. Non c'è ragione perché egli ne abbia timore. La Chiesa, infatti, sa di esser chiamata a servirlo, perché è al servizio di Cristo, il quale "rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione" (Cost. Past. GS 22). E' nel nome di Cristo che vengo a voi, Ungheresi! Vengo come "servo dei servi di Dio", come vostro amico sincero, che altro non desidera se non di incoraggiarvi e sostenervi nell'arduo compito che tutti vi impegna.

Possa la mia visita giovare alla pacificazione degli animi ed alla riconciliazione dei cuori, così che l'incontro del prossimo agosto possa trasformarsi in una festa per l'intera Nazione!

Data: 1991-08-15
Giovedi 15 Agosto 1991

Messa per i giovani - Czestochowa

Titolo: A Jasna Gora la nuova Pentecoste di una Chiesa giovane, missionaria e saldamente unita con Maria




1. "Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio" (Rm 8,14).

Giovani amici, fratelli e sorelle dalla Polonia e da varie parti del mondo. Inizio questa omelia pronunciata interamente in polacco con palpitazione.

Ma se c'è qualcosa che mi consola, ciò è la consapevolezza che i nostri ospiti la sentono anche nelle rispettive lingue. E' un po' come il giorno di Pentecoste a Gerusalemme. E non soltanto, perchè anche coloro che sono molto lontani vedono questo avvenimento liturgico ascoltando l'omelia grazie agli schermi offertici benevolmente dai nostri fratelli italiani. Infine, mi consola anche questo bel tempo ed il sole. Signor Presidente della Repubblica, Signor Primo Ministro, Rappresentanti del Governo e del Parlamento, voi tutti, miei venerati fratelli nell'Episcopato, Cardinali, Vescovi, tutti voi fratelli miei nel sacerdozio, fratelli e sorelle nella vocazione religiosa, nella vocazione cristiana e in quella umana, voi tutti che siete qui presenti. Saluto nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo tutti voi, carissimi giovani, che siete qui convenuti da vari Paesi d'Europa e da altri continenti. Siete venuti a Jasna Gora con la consapevolezza che "avete ricevuto uno spirito da figli adottivi" (Rm 8,15).

Grazie a questo "siete eredi di Dio" ed allo stesso tempo "coeredi di Cristo" (Rm 8,17). Potete gridare insieme a Lui: "Abbà, Padre!" (Rm 8,15). Infatti "lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,16). Nell'incontro di ieri sera abbiamo meditato la verità della vostra vocazione in Cristo, concentrandoci intorno a tre segni: la Croce, la Bibbia e l'Icona mariana.

Nell'odierna solennità desideriamo rivolgerci in modo particolare a Colei che è stata soprattutto guidata dallo Spirito di Dio: a Maria. La salutiamo come figlia diletta di Dio-Padre, scelta come madre umana del Figlio di Dio. Salutiamo Maria come Colei che ha accettato questa elezione eterna, dando alla luce Gesù Cristo per opera dello Spirito Santo: la Vergine di Nazaret ha creduto che ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio (cfr. Lc 1,37).


2. Oggi la Chiesa celebra con particolare solennità la sua Assunzione in Cielo.

Questo definitivo compimento della vita e della vocazione della Madre di Dio ci permette - alla luce della liturgia - di guardare a tutta la precedente esistenza terrena di Maria, alla sua peregrinazione materna mediante la fede. In modo molto conciso ed allo stesso tempo più completo esprimono tutto ciò le parole di Elisabetta durante la visitazione: "E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45). Le parole udite da Maria all'annunciazione si sono compiute in modo mirabile: dalla nascita di Gesù a Betlemme fino alla croce sul Golgota, e poi attraverso la mattina di pasqua fino al giorno di Pentecoste.

In tutte queste tappe del pellegrinaggio terreno, Maria conobbe sempre più profondamente quanto "grandi cose le aveva fatto l'Onnipotente" (cfr. Lc 1,49). E tutte quelle "grandi cose" (magnalia Dei) nell'Assunzione vengono quasi definitivamente coronate. Maria entra come Sposa dello Spirito Santo nella casa dei supremi destini dell'uomo. Nella dimora della Santissima Trinità si trova l'eterna dimora di lei. E qui, sulla terra, "tutte le generazioni la chiamano beata" (cfr. Lc 1,48). E noi pure, questa particolare comunità di giovani, proclamiamo Maria beata fra le donne, rendendo in questo modo l'onore supremo all'unigenito Figlio del Padre, che è divenuto il frutto benedetto del suo seno.

In lui, infatti, "tutti abbiamo ricevuto l'adozione a figli" (cfr. Rm 8,15).


3. La liturgia della solennità dell'Assunzione non si esaurisce qui. Ci fa guardare non soltanto verso quel "santuario di Dio che si apri nel cielo" (cfr. Ap 11,19), nel quale tutti i figli adottivi di Dio, insieme con la Madre di Dio, prendono parte come "coeredi di Cristo" all'ineffabile vita del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, che è la definitiva pienezza di ogni verità e amore. Il Libro dell'Apocalisse ci fa guardare l'Assunta come "un segno grandioso": "una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle" (Ap 12,1). Questo, dunque, è il segno del compimento nelle dimensioni del cosmo intero. In questo segno tornano a Dio, che è il Creatore, cioè l'Inizio assoluto di tutto ciò che esiste, le creature in tutta la loro molteplice ricchezza. In questo Segno ritorna a Dio l'uomo creato ad immagine e somiglianza di Dio. Noi tutti dobbiamo nello stesso modo ritornare, se abbiamo ricevuto la figliolanza adottiva nell'unigenito Figlio di Dio, il quale per la nostra adozione è divenuto Figlio dell'uomo: Figlio di Maria. Tuttavia quel ritorno onnicomprensivo dei figli al Padre è, nello spazio di tutta la storia dell'uomo sulla terra, unito ad un particolare dramma. L'odierna liturgia mette in risalto questo dramma con le parole della Lettera di Paolo ai Corinzi: "A causa di un uomo venne la morte... tutti muoiono in Adamo" (1Co 15,21-22). Questa morte ha una dimensione più profonda di quella solo biologica.


4. E' una morte che colpisce lo spirito, privandolo della vita che gli viene da Dio stesso. A causarla è il peccato, che è ribellione contro Dio da parte della creatura razionale e libera. Il dramma risale alle origini, quando l'uomo, tentato dal Maligno, volle conseguire la propria realizzazione in modo autonomo.

"Diventerete come Dio, conoscendo il bene e il male", fu l'istigazione sussurrata dal serpente (cfr. Gn 3,5); sarete, cioè, in grado di decidere da soli ciò che è bene e ciò che è male, indipendentemente dalla Fonte della Verità e del Bene, che è Dio stesso. Proprio questo dramma - il dramma originale - trova la sua espressione simbolica nel grandioso quadro che l'odierna liturgia ci presenta. Di fronte alla donna vestita di sole, simbolo del cosmo trasformato nel regno di Dio vivo, compare un altro simbolo, quello del Maligno del dramma originale. Nella Sacra Scrittura esso ha diversi nomi. Qui è raffigurato come un drago, che vuole divorare il bambino dato alla luce dalla donna, il pastore "di tutte le nazioni" (cfr. Ap 12,4-5). L'ultimo libro del Nuovo Testamento conferma, dunque, il primo, la Genesi: "Io porro inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe" (Gn 3,15). La storia umana si presenta così come una lunga sequenza di combattimenti e di lotte tra il bene e il male, tra l'eterno Padre che ama il mondo fino a dare il suo Figlio unigenito e il "padre della menzogna", che è "omicida fin da principio" (cfr. Jn 8,44).


5. Per che cosa lotta allora il "padre della menzogna"? Lotta per privare l'uomo della figliolanza adottiva, per sottrargli l'eredità che, in Cristo, gli è stata concessa dal Padre. Lotta contro la Donna, che è la Madre verginale del Redentore del mondo, contro Colei che è il modello sublime della Chiesa (cfr. LG 53). Il segno della "Donna" nell'Apocalisse indica la Madre di Dio ed indica la Chiesa. Indica tutti coloro che "sono guidati dallo Spirito di Dio". Tutti coloro che, insieme a Cristo, come figli nel Figlio, gridano: "Abbà, Padre!". Quel segno, dunque, indica anche noi. Gridando insieme a Cristo "Abbà, Padre", come figli adottivi partecipiamo alla vittoria pasquale della Croce e della Risurrezione, alla quale ha partecipato per prima la Madre di Dio: Maria assunta in Cielo!


6. Cari amici! Vi siete qui radunati provenendo da tanti luoghi; parlate molte lingue diverse. Portate in voi il patrimonio di tante culture, di tante esperienze storiche. In diversi modi avete sperimentato e sperimentate, voi e le vostre società, quella lotta che attraverso tutta la storia dell'uomo si svolge nell'uomo e per l'uomo. Il nostro secolo è stato (e continua ad essere) un particolare poligono di questa lotta. Generazioni intere sono state coinvolte in tale lotta, e contemporaneamente il vero soggetto è ciascuna e ciascuno di noi. L'uomo nella verità della creazione ad immagine e somiglianza di Dio, e allo stesso tempo l'uomo tentato di trasformare quell'immagine e somiglianza in una sfida rivolta al suo Creatore e Redentore. Tentato di rifiutarlo. Tentato di formare la propria vita qui, sulla terra, come "se Dio non esistesse". Come se non esistesse Dio in tutta la sua realtà trascendente. Come se non esistesse il suo amore per l'uomo, amore che ha spinto il Padre "a dare" il Figlio unigenito perché l'uomo - per mezzo di lui - avesse la vita eterna in Dio. In tale lotta, nel susseguirsi di questi combattimenti spirituali, si adoperano tanti mezzi per diseredare gli uomini dell'"adozione a figli". Voi, giovani, siete venuti qui, in pellegrinaggio, per confermare quest'adozione a figli, per optare nuovamente in suo favore. Per modellare con essa la vostra esistenza umana. Per avvicinare ed attrarre gli altri ad essa.

Siate benedetti! Siate benedetti insieme a Maria, che ha creduto nel compimento delle parole dettele dal Signore. Siate benedetti! Che il segno di una Donna vestita di sole cammini con voi, con ciascuna e con ciascuno, lungo tutte le strade della vita. Che vi conduca al compimento in Dio della vostra adozione a figli in Cristo.

Davvero, grandi cose ha fatto in voi il Signore!


7. Di queste "grandi cose", giovani carissimi, voi dovete essere i testimoni coerenti e coraggiosi nel vostro ambiente, tra i vostri coetanei, in ogni circostanza della vostra vita. Vi è accanto Maria, la Vergine docile ad ogni soffio dello Spirito, Colei che col suo "si" generoso al progetto di Dio ha dischiuso al mondo la prospettiva, a lungo sospirata, della salvezza. Guardando a Lei - umile ancella del Signore, oggi assunta alla gloria del Cielo - dico a voi con san Paolo: "Camminate secondo lo Spirito" (Ga 5,16)! Lasciate che lo Spirito della sapienza e dell'intelligenza, del consiglio e della fortezza, della conoscenza, della pietà e del timore del Signore (cfr. Is 11,2) penetri nei vostri cuori e nella vostra vita, e per mezzo vostro trasformi la faccia della terra.

Come vi disse un giorno il Vescovo nel conferirvi il sacramento della Confermazione, così oggi io ripeto a voi, giovani qui convenuti da ogni continente: Ricevete lo Spirito Santo! Rivestiti della forza che da Lui promana, diventate costruttori di un mondo nuovo: un mondo diverso, fondato sulla verità, sulla giustizia, sulla solidarietà, sull'amore.


8. Questa VI Giornata Mondiale della Gioventù si distingue per una caratteristica peculiare: è la prima volta che vi si registra una partecipazione così numerosa di giovani dell'Europa orientale. Come non riconoscere in ciò un grande dono dello Spirito Santo? Insieme con voi, voglio oggi ringraziarLo. Dopo il lungo periodo delle frontiere praticamente invalicabili, la Chiesa in Europa può ora respirare liberamente con ambedue i suoi polmoni. La vostra presenza, carissimi giovani dell'Europa dell'Est, appare perciò particolarmente significativa. La Chiesa universale ha bisogno del tesoro prezioso della vostra testimonianza cristiana: una testimonianza per la quale è stato necessario pagare un prezzo a volte molto alto di sofferenza nella emarginazione, nella persecuzione, nella stessa prigionia.


9. Oggi, finalmente, è giunta la vostra ora! Negli anni duri della prova la Chiesa e il Successore di Pietro non vi hanno mai dimenticati. Qui, nel Santuario di Jasna Gora, voi adesso potete offrire al mondo la pubblica attestazione della vostra appartenenza a Cristo e della vostra comunione con la Chiesa. La offrite davanti ai vostri coetanei che provengono da ogni parte del mondo e in special modo dai Paesi dell'Europa occidentale. Su voi, giovani dell'Est e dell'Ovest europeo, il vecchio continente conta per costruire quella "casa comune" da cui s'attende un futuro di solidarietà e di pace. Su voi conta la Chiesa, che nella prossima Assemblea Straordinaria del Sinodo dei Vescovi si raccoglierà per riflettere sulle conseguenze derivanti dai recenti mutamenti e per predisporre le opportune iniziative in ordine ad una più incisiva azione pastorale nel continente. Per il bene delle generazioni che verranno è necessario che la nuova Europa poggi sul fondamento di quei valori spirituali che costituiscono il nucleo più intimo della sua tradizione culturale.


10. Una grande gioia riempie il mio cuore nel vedervi insieme, giovani dell'Est e dell'Ovest, del Nord e del Sud, accomunati dalla fede in quel Gesù, che è "lo stesso, ieri, oggi e sempre" (He 13,8). Voi siete la giovinezza della Chiesa, che s'appresta ad affrontare il nuovo Millennio. Siete la Chiesa del domani, la Chiesa della speranza! Cari Giovani, voi sapete, per esperienza, che il crollo dell'ideologia nei Paesi dell'Europa Orientale ha lasciato in molti vostri compagni il sentimento di un grande vuoto, l'impressione di essere stati ingannati e una deprimente angoscia di fronte all'avvenire. Anche nei Paesi dell'Europa Occidentale gran parte della gioventù ha perso i motivi per cui vivere. Il fenomeno della droga è un sintomo di questo profondo smarrimento. Il disinteresse per la politica tradisce in molti il senso di impotenza nella lotta per il bene. A questi fratelli e a queste sorelle voi siete inviati come messaggeri della Buona Novella della salvezza. Incontrando Gesù Cristo e conoscendo la vostra vocazione alla filiazione divina per mezzo della vostra testimonianza di gioia, essi scopriranno qual è il senso della vita. Infatti ciò che essi soffrono è la sete di significato e Gesù Cristo è la Verità che ci fa liberi. A tutti coloro che sono delusi di fronte ai compiti terrestri della civiltà, voi lancerete l'invito ad essere con voi gli artefici della "civiltà dell'amore", di cui la dottrina sociale della Chiesa - che ho recentemente ricordato e confermato nell'Enciclica "Centesimus Annus" - costituisce il grande Programma. Lavorare generosamente per la costruzione di una società contrassegnata dalla costante ricerca della giustizia, della concordia, della solidarietà e della pace è un ideale che rivela ad ognuno le ricchezze di donazione e di servizio che porta in sé. Ognuno, collaborando all'opera di fraternità tra gli uomini e i popoli e impegnandosi con generosità ad aiutare i più poveri, scoprirà la bellezza della vita. Siete responsabili, cari amici, di portare questo messaggio evangelico che conduce alla vita eterna e nel contempo indica la via per vivere più umanamente sulla terra.

Molto di quel che sarà domani dipende dall'impegno della generazione cristiana di oggi. Dipende soprattutto dall'impegno vostro, giovani carissimi, che presto avrete la responsabilità di decisioni da cui dipenderanno le sorti non solo vostre, ma di molti altri con voi. A voi, dunque, la missione di assicurare nel mondo di domani la presenza di valori quali la piena libertà religiosa, il rispetto della dimensione personalistica dello sviluppo, la tutela del diritto alla vita, la promozione della famiglia, la valorizzazione delle diversità esistenti tra le culture per un reciproco arricchimento, la salvaguardia dell'equilibrio ecologico minacciato da rischi sempre più gravi.


11. Sono compiti immani, che richiedono cuori intrepidi, capaci di "sperare contro ogni speranza" (cfr. Rm 4,18). Giovani carissimi, non siete soli in questa impresa! Accanto a voi c'è Cristo Signore, il quale ha detto: "Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!" (Lc 12,49).

Ecco ciò che può temprare il vostro cuore e spingerlo ad osare le imprese più ardue: il fuoco che Gesù ha portato, il fuoco dello Spirito Santo, che brucia ogni umana miseria, ogni gretto egoismo, ogni pensiero meschino. Lasciate che questo fuoco divampi nel vostro cuore.

E' la Vergine Maria che, qui a Czestochowa, lo ha acceso in voi. Portate questo fuoco in ogni parte del mondo. Che niente e nessuno possa mai spegnerlo! Che cosa è stata per voi Jasna Gora? Jasna Gora è stata per voi oggi il Cenacolo Ecco, una nuova Pentecoste: la Chiesa ancora una volta riunita insieme con Maria, una Chiesa giovane e missionaria, cosciente della sua missione. Ricevete lo Spirito Santo e siate forti! Amen! (Rispondendo subito dopo al grande applauso finale, il Papa ha così proseguito:) Posso dirvi ora qualcosa io? C'era molto bisogno di questi vostri applausi. A me non serve più niente. Ma ce ne era bisogno per voi. Ce ne era bisogno per questa grande celebrazione piena di gioia e di trasporto. Miei carissimi, diro di più. Madre Santissima, perdonami per ciò che diro. C'era bisogno di questi applausi, anche se niente può ingrandire la tua gloria, ma è una gioia in più il fatto che loro gioiscano, che noi gioiamo in questo giorno.

Appunto, tu Maria sei la ragione della nostra gioia e il culmine di tale gioia è proprio quest'oggi - la ragione della nostra gioia. Vogliamo esprimerla così come sappiamo, come uomini, come figli, come tuoi figli. Ragione della nostra gioia! Miei cari, la gioia può tuttavia stancare, non affatichiamoci, dunque, con la gioia e andiamo avanti nella nostra liturgia che sarà un cammino ancora lungo. Non fino alla sera, ma sicuramente fino al pomeriggio inoltrato.

Data: 1991-08-15
Giovedi 15 Agosto 1991

Il saluto ai giovani partecipanti alla VI Giornata Mondiale della Gioventù - Czestochowa

Titolo: "Con la forza che Gesù Cristo vi dona portate a tutti l'annuncio che Dio vuole fare di ogni uomo suo figlio"

Carissimi giovani!


1. E' giunto il momento del congedo. Ci salutiamo sotto gli occhi della "Madonna Nera", la Vergine di Jasna Gora, che oggi contempliamo nella gloria dell'Assunzione al Cielo. In Lei la natura umana ha raggiunto la sua espressione più alta, inferiore soltanto alla perfezione del Figlio, il Verbo Incarnato. Maria sta davanti a noi come il modello di una vita che ha saputo crescere fino alla maturità piena. "Crescere", "maturare": è l'impegno caratteristico della giovinezza. Nell'ambito biologico, quando ti fermi, quando non cresci più, è segno che cominci ad invecchiare. Anche per lo spirito vale la stessa legge. Con questa differenza: lo spirito non ha limiti biologici di crescita. Proprio per questo può non invecchiare. Carissimi giovani, ecco l'impegno che la Madonna vi lascia: crescete come persone, sviluppando i talenti del corpo e dello spirito; crescete come cristiani, mirando a diventare dei santi; crescete come testimoni di Cristo, luce del mondo.


2. Maria Santissima vi indica anche la strada per questo cammino di crescita: la strada è Cristo Gesù. E' una strada ripida, è una strada stretta e faticosa. Ma per chi sa percorrerla, assumendo a norma della propria vita il Vangelo, è una strada che introduce alla gioia vera. Giovani, "avete ricevuto uno spirito da figli" (Rm 8,15). Non sprecate questa stupenda eredità! Siate esigenti col mondo che vi circonda, siatelo in primo luogo con voi stessi. Siete figli di Dio: sentitene la fierezza! Non rassegnatevi alla mediocrità, non arrendetevi ai condizionamenti delle mode correnti, che impongono uno stile di vita non conforme agli ideali cristiani, non cedete alle blandizie del consumismo. Cristo vi chiama a cose grandi. Non deludetelo. Deludereste voi stessi. Con la forza che Cristo vi dona portate a tutti l'annuncio che Dio vuol fare di ogni essere umano un suo figlio. La vostra testimonianza sia il lievito di quel mondo nuovo al quale ciascuno aspira: un mondo veramente giusto, solidale e fraterno. Maria, la Madre di Dio e degli uomini, cammina con voi.

(Questo il testo italiano del saluto di Giovanni Paolo II ai giovani pellegrini:) Carissimi giovani! L'esperienza di fede, vissuta ai piedi della "Madonna Nera", rimanga impressa in modo indelebile nei vostri cuori. "Avete ricevuto uno spirito da figli": portate l'annuncio di questa certezza a quanti incontrerete sulle strade della vita. La vostra testimonianza sia il lievito di un mondo nuovo, un mondo veramente giusto, solidale e fraterno. Maria Santissima vi accompagni! (Dopo i saluti nelle diverse lingue il Santo Padre ha aggiunto in polacco quanto segue:) Ed ancora qualche ringraziamento. La novità della VI Giornata Mondiale della Gioventù è rappresentata dalla partecipazione dell'Esercito Polacco, il quale più che mai ha portato un valoroso contributo nella preparazione di questo grandioso incontro. Colgo l'occasione per ringraziare di cuore per questo grande apporto. Ha suonato l'orchestra dell'Esercito Polacco, affinchè non vi siano dubbi al riguardo. Inoltre desidero dare il benvenuto ai militari qui presenti degli eserciti francese, italiano, cecoslovacco, ungherese, tedesco, austriaco e spagnolo. Non finisco qui. Oltre ai rappresentanti dei militari, naturalmente giovani, i rappresentanti della pastorale dell'esercito di tutte queste armate, inclusi quelli degli Stati Uniti e del Portogallo. Ho visto dappertutto la grande partecipazione ed il lavoro dei vari servizi d'ordine. Tra loro una moltitudine di scouts. Czuwaj! (Veglia!).

Ancora una parola sulla ospitalità, che è qui incredibile, gigantesca.

L'ospitalità è una bella virtù cristiana, umana. Si sa comunque, che dietro di essa si nasconde anche lo sforzo concreto della gente, delle autorità, delle organizzazioni, della popolazione, della Chiesa, di gente di buona volontà. A tutti, a tutti senza eccezione porgo oggi un caloroso "Dio vi ricompensi" per qualsiasi manifestazione di ospitalità. Ringrazio in modo particolare, ringraziamo tutti, l'ospitalità e l'organizzazione di Czestochowa. La città e la diocesi, la Chiesa di Czestochowa per tramite del vescovo mons. Stanislao, nonchè le autorità della città e del voivodato, non si sono fatte pregare, ma gioivano immensamente dando il meglio di se stesse. Gioivano immensamente e si complimentavano pure, invece di lamentarsi di me, si complimentavano... Dio li benedica, Dio li benedica! La Vergine Madre ne renda merito, direttamente da Jasna Gora, giacchè a Czestochowa è vicina. Ma voi sapete come si chiamano questi padri e fratelli dalle tonache bianche che si muovono maggiormente nei dintorni di Jasna Gora? Si chiamano paolini, i paolini figli di S. Paolo l'Eremita. I figli di S. Paolo l'Eremita e loro stessi eremiti, come gli abbiamo conciato questo eremo! Devo ancora aggiungere per la precisione, sebbene sicuramente di queste aggiunte ne verranno in seguito tante, che oggi abbiamo incontrato un gruppo dal Laos; dov'è? - in Asia, in Asia; ed anche dalle Isole Canarie. Questo da lontano, ma da vicino abbiamo incontrato anche un gruppo dalla Romania - vicino. Dico tutto questo e mi pare che siamo circondati da una parete di alberi, ed invece no, noi vediamo oltre ed è solo oltre che inizia ciò che è più interessante. Li, in profondità, nel viale della Madre di Dio, li in profondità a Czestochowa. Non si sa dove, forse oltre Czestochowa. Sia ringraziato il Signore. Sia ringraziato per queste emittenti plurilingue che ci hanno permesso di vivere, di vivere in modo tecnologico, questo evento di Pentecoste. Sia anche ringraziato il Signore, sia ringraziato il Signore per gli schermi - dei quali talvolta si parla male, oggi bisognerebbe soprattutto elogiarli. Grazie a questi schermi ciò che è avvenuto qua, all'interno del cerchio formato da questi alberi, è avvenuto dovunque.

Dovunque: in tutta Czestochowa e là dove si sono raccolti i partecipanti. Sia ringraziato il Signore! Mi sembra di avere finito, ma credo si dovrà ancora aggiungere una lunga lista di ringraziamenti: dunque la firmo sin dall'inizio. Questa lunga lista di ringraziamenti sin dall'inizio firmo con nome, cognome e soprattutto con il cuore.

E lascio questa lunga lista firmata di ringraziamenti alla Madre di Dio di Jasna Gora. Lei saprà che cosa farne.

Data: 1991-08-15
Giovedi 15 Agosto 1991

Ai membri del Congresso Teologico Internazionale - Czestochowa

Titolo: La libertà autenticamente evangelica si realizza soltanto testimoniando la Verità della Parola

I. Theo-logia cioè "Boho-slowie"


1. "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (He 1,1-2). La bella parola slava "Boho-slowie" è l'esatto corrispondente di "Theo-logia" in greco. Alla luce delle parole della Lettera agli Ebrei ora riportate, non basta tradurre la parola "Boho-slowie" (cioè Theo-lo-gia) come "parola su Dio" e, di conseguenza, "scienza su Dio". Fondamentale e originale è la parola di Dio stesso: Dio ha parlato per mezzo dei profeti... alla fine ha parlato per mezzo del Figlio. Profeta è l'uomo che parla a nome di Dio, appoggiandosi sull'autorità della verità che è Dio stesso. Il Figlio parla forse soltanto a nome di Dio che è suo Padre? Il Figlio è il Verbo consostanziale al Padre e per questo le sue parole hanno una loro autorità propria, quella della stessa Verità divina. Nelle sue parole è contenuta la pienezza dell'autorivelazione di Dio: colui che parla di Dio è "il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre" (cfr. Jn 1,18), e dice ciò che ha ricevuto dal Padre (cfr. Jn 8,28 Jn 8,40 Jn 15,15).

Dato che la teologia ("boho-slowie") è la parola su Dio, la scienza su Dio, allora questa è nello stesso tempo la parola e la scienza generata dal Verbo di Dio stesso. Mai dobbiamo dimenticarlo, quando indaghiamo circa i singoli aspetti della "scientificità della teologia". Per ogni scienza e per ogni specie di "scientificità" rimane fondamentale il rapporto con la realtà nella verità.

Ogni veracità umana (scientifica) nella teologia si trova di fronte alla preminenza della verità divina. Per questo S. Tommaso intendeva la teologia come una scienza subordinata alla scienza di Dio e dei beati nei cieli: "Sacra doctrina est scientia, ex principiis superioris scientiae, quae Dei et beatorum propria est, derivata" (S. Tommaso, S. Th., I, q. 1, art. 2). Questo è il concetto corretto, nella fede, di quella Realtà che può raggiungere la sua definitiva chiarezza, cioè la pienezza della visione beatifica, soltanto come frutto definitivo della fede.


2. Le parole della Lettera agli Ebrei mostrano la via con cui la parola di Dio giunge all'uomo. Se il Figlio unigenito stesso, cioè il Verbo consostanziale al Padre, è l'apice e la pienezza di tale via, allora Dio ha parlato in questo Figlio quando Questi assunse l'umanità. In questo modo anche in Lui il parlare di Dio ha un carattere umano. Tanto più questo riguarda tutti i profeti, che preparavano la venuta del Figlio e questa pienezza dell'autorivelazione di Dio, che il Verbo raggiunge nel mistero dell'Incarnazione. Il Dio-Uomo è, secondo le parole della Lettera "ad Hebraeos", il termine del cammino. Contemporaneamente pero Egli è il nuovo e definitivo inizio della via che si chiama "teologia" cioè "boholowie". Il posto dei profeti, che hanno preparato l'accoglienza del verbo Incarnato, è stato preso dagli apostoli, e con loro dalla Chiesa, edificata "sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti" (Ep 2,20). così, dunque, l'ulteriore cammino della teologia, cioè del "bohoslowie", si congiunge con la storia della Chiesa come Popolo di Dio, che partecipa alla triplice missione del Verbo Incarnato: alla missione sacerdotale, profetica e regale. Il Concilio Vaticano II ha messo in risalto questa verità in un nuovo modo.


3. Il passaggio dall'espressione greca "theo-logia" a quella slava "bohoslowie" possiede un particolare significato storico (N.B. il termine greco theo-logia è entrato nell'uso senza alcun cambiamento nel vocabolario cristiano del latino e della Chiesa latina). Pero tale passaggio ha un significato storico particolare a motivo dell'origine greca (bizantina) di coloro che per primi furono i messaggeri della Parola di Dio nei confronti dei popoli slavi nella loro lingua. Si tratta, in questo caso, dell'opera dei santi fratelli di Salonicco, i quali, invitati dal sovrano dello Stato della Grande Moravia, Rostislavo, giunsero come missionari ai popoli (in maggioranza Slavi) di quella terra nel secolo IX. Dobbiamo ancora una volta renderci conto del lavoro compiuto dai santi Cirillo e Metodio. Essendo greci, hanno prima imparato la lingua degli Slavi per annunziare poi in tale lingua la parola del Vangelo di Dio. Dopo di essi allo stesso modo operarono i numerosissimi missionari in diversi luoghi della terra. Tutti divennero dapprima discepoli dei popoli che essi dovevano istruire, per poter così in seguito diventare per loro i maestri della Parola di Dio, nelle rispettive lingue. S.

Ireneo va ancora oltre, quando scrive che il Verbo eterno stesso, assumendo la natura umana, in un certo senso imparo prima ad essere uomo, per istruire successivamente gli uomini di come debbano diventare figli di Dio partecipando mediante la grazia alla natura divina (cfr. Adv. Haer., III,20,3: SC 34,88). Oggi un tale modo di agire viene chiamato "inculturazione"; tuttavia la dimensione piena di un tale procedimento viene presentata proprio da S. Ireneo. Se esso si lascia comprendere ed esprimere nell'ordine della cultura, tuttavia nella sua essenza esso è "theologia", cioè "bohoslowie". Si, anzi è la sostanza stessa della teologia.


4. E' una felice coincidenza che il nostro incontro odierno (e tutto il Congresso teologico che lo ha preceduto) possa fare riferimento al rinnovamento cirillo-metodiano, iniziato già verso la fine dello scorso secolo da Leone XIII, e in seguito alla tradizione degli incontri a Velehrad, che hanno preparato (per il centenario dell'Enciclica leoniana) la proclamazione dei due fratelli di Salonicco a Compatroni d'Europa insieme con S. Benedetto. Aggiungerei ancora che tutti questi fatti hanno preparato - nella nuova situazione politico-culturale - la convocazione proprio a Velehrad del Sinodo dei Vescovi europei, la Domenica in Albis del 1990. Dio che ha parlato per mezzo dei profeti, per parlare alla fine per mezzo del Figlio; Dio che continua a parlare mediante il ministero della Chiesa del Verbo Incarnato, edificata sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, iscrive la sua trascendente Parola di Verità nell'immanenza dell'esistenza umana in continuo mutamento. La iscrive nella storia degli uomini e dei popoli; in questo modo questa storia riveste la forma di storia della salvezza. La Parola di Dio non ritorna vuota (cfr. Is 55,1) a colui che la pronuncia; ma, divenuta opera di seminatori, che seminano nel pianto e nella sofferenza, fruttifica con la gioia dei mietitori (cfr. Ps 125/126,5-6).

II. La testimonianza, cioè il "martyrion" ("martyrium")


5. La teologia è frutto di un intimo rapporto mediante la fede con il mistero di Dio quando questa intimità assume forma del pensare metodico. Tuttavia anteriore allo stesso pensare metodico del teologo è la testimonianza. La teologia nasce dalla testimonianza, ed anzitutto da quella testimonianza che proviene dal Figlio, dal Cristo. Egli è il testimone oculare del mistero di Dio, ed allo stesso tempo il "Testimone fedele" (cfr. Ap 1,5). Cristo è testimone del mistero di Dio, essendone allo stesso tempo il soggetto e la definitiva rivelazione. Anzi: essendo Egli stesso questo mistero rivelato. Dalla pienezza della sua testimonianza Cristo chiama i testimoni. Dice agli apostoli: "mi sarete testimoni..." (Ac 1,8), annunziando loro la venuta dello Spirito di verità: "egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio" (Jn 15,26-27). La presenza accanto a Cristo, la partecipazione agli eventi della sua vita, della sua morte e risurrezione, costituiscono la qualificazione umana del testimone. Tuttavia essa non è sufficiente quando si tratta di testimoniare il mistero del Dio vivente. La testimonianza degli apostoli deve essere radicata nella testimonianza dello Spirito Santo, Spirito di verità, perché soltanto lui scruta le profondità di Dio (cfr. 1Co 2,10). Ciò è stato confermato nel giorno di Pentecoste; e da allora continua nella missione apostolica della Chiesa. Tutti i battezzati sono chiamati a tale testimonianza, particolarmente mediante la Confermazione, sacramento che rende capaci di testimoniare nella potenza dello Spirito Santo. La storia della Chiesa è la storia dei testimoni di Cristo. Alcuni tra di loro ebbero un'importanza particolare nel rendere presente, nelle singole epoche, il mistero del Dio vivente, rivelato in Cristo.


6. Il Congresso dei teologi dei paesi dell'Europa centrale e orientale, tenutosi a Lublino, ha costituito soprattutto una registrazione di testimonianze: testimonianze sulla vita della Chiesa in condizione di oppressione, la quale, secondo le premesse ideologiche della filosofia marxista, combatteva la religione, proponendosi di sradicarla, come una fondamentale forma di alienazione dell'uomo.

Si combatteva contro la religione e contro la Chiesa (le Chiese) per liberare l'uomo. Era questa l'ateizzazione programmata e allo stesso tempo "amministrativa" (come l'ha definita il Cardinale Stefano Wyszynski). Nelle condizioni di una tale limitazione e violazione della libertà religiosa, come fondamentale diritto dell'uomo, agli uomini viventi in mezzo alle rispettive società era possibile solo o un atteggiamento di apostasia o di conformismo. Nelle medesime condizioni divenne pero possibile anche l'atteggiamento della scelta consapevole della verità di Cristo; atteggiamento che ha avuto il carattere di una particolare testimonianza. E' noto che il termine greco per dire testimonianza, la parola "martyrion" (eventualmente "martyria") - in latino "martyrium" -, indica anche la persecuzione per la verità fino al sacrificio della vita. Tale è stata, prima di tutto, la testimonianza - il martyrium - di Cristo stesso. Proprio in quel dare la vita in sacrificio offerto sulla croce è contenuta la pienezza della rivelazione di Dio che è amore (la pienezza dell'autorivelazione di Dio). Il martyrium umano, la testimonianza data a Cristo a prezzo di persecuzioni e persino della morte, possiede un fondamentale significato per la vita della Chiesa; rende presente in modo particolare il mistero divino, di cui la Chiesa vive e con il quale vivifica il mondo. Questo si è conferato anche in quel particolare "luogo" del martyrium, che ha coinvolto il continente europeo negli ultimi decenni. Parallelamente al martyrium "orientale" venne compiuto anche quello "occidentale", legato al razzismo hitleriano, che duro di meno, ma è stato ugualmente crudele. Il Congresso dei teologi, che si è concentrato sulla registrazione delle testimonianze, assume una funzione fondamentale anche dal punto di vista teologico. La testimonianza è una particolare conoscenza, è una intimità con il mistero, nel senso globale ed esistenziale. Non dimentichiamo che tra le fonti scritte del cristianesimo si trova il "martyrologium" che, nel corso della storia della Chiesa, costantemente viene aggiornato secondo le diverse aree geografiche. Il nostro secolo ha bisogno di un nuovo "martyrologium" prima di tutto forse per il nostro continente. In esso si troveranno (accanto ad altri uomini che diedero la vita per la verità professata) i numerosi cristiani, uniti con la Tradizione riconosciuta dell'Oriente e dell'Occidente. Anche se il "martyrologium" nella sua forma esterna è un registro elementare di persone e di eventi, tuttavia il suo profondo contenuto permette di scoprire le radici stesse di ciascuna teologia. Il "martyrologium" parla dei fatti dell'esperienza cristiana, che sono particolarmente colmi, particolarmente impregnati del contatto con il mistero divino e con la presenza di questo stesso mistero. Cristo, annunziando ai suoi discepoli le persecuzioni che li attendevano a motivo del suo nome, aggiungeva: "abbiate fiducia; io ho vinto il mondo" (Jn 16,33); e l'evangelista Giovanni scrive su tale vittoria che è "la nostra fede" (cfr. 1Jn 5,4). Tale vittoria consiste soprattutto nell'esperienza stessa della testimonianza ("martyrium").

Essa è l'esperienza dell'azione di Dio nell'uomo, della forza dello Spirito Santo che gli "viene dato" (cfr. Ac 1,8). In qualche modo il riflesso di questa vittoria si manifesta all'esterno e si incide nella storia della Chiesa e nella vita delle società.


GPII 1991 Insegnamenti - IO VEGLIO