GPII 1991 Insegnamenti - Un bene che non si può acquistare al mercato

Un bene che non si può acquistare al mercato


4. Il crollo dei regimi collettivistici nei paesi dell'Europa orientale sta a dimostrare che la libertà e la creatività della persona umana debbono essere messe al centro anche dell'ordine economico. Ove questo non avviene, ove la responsabilità di ogni essere umano non è rispettata né adeguatamente valorizzata, ne risente e ne soffre tutta la compagine sociale, con grave pregiudizio della stessa attività economica.

L'economia libera, d'altro canto, ha bisogno per sussistere di importanti virtù morali, come la laboriosità, la sincerità e la lealtà nei reciproci rapporti, la fortezza nel prendere decisioni impegnative, la capacità di assumere con coraggio oneri e rischi. E' importante ricordare tutto questo nel momento in cui non pochi paesi d'Europa intraprendono il difficile cammino verso la costruzione di nuove strutture economiche, più idonee a soddisfare le esigenze e le attese della gente.

Ma è altrettanto importante ricordare che la libertà economica è solo un aspetto o una dimensione della libertà umana e va perciò coordinata con le altre, se non vuole diventare essa stessa strumento di oppressione. Esistono beni che non si possono acquistare al mercato: fondamentale tra essi è la dignità della persona umana. Oltre ai bisogni materiali ci sono pure esigenze spirituali ben più alte, che per loro natura debbono essere soddisfatte nella gratuità di uno scambio, in cui la persona è riconosciuta e amata per se stessa.

Occorre, pertanto, superare la mentalità meramente utilitaristica, che ignora le dimensioni trascendenti della persona umana e la riduce al circolo angusto della produzione e del consumo. Una società così concepita non è capace di integrare i più deboli e poveri, né riesce a soddisfare ciò che attendono le nuove generazioni, anche per superare una certa diffusa cultura che le rinchiude in se stesse, le porta a ricercare paradisi artificiali e a sfuggire alle responsabilità della vita familiare e sociale.

Occorre adoperarsi per una società nuova, in cui le persone possano contare di più, in cui alla lotta sia sostituito l'incontro di libertà e responsabilità, l'alleanza tra libero mercato e solidarietà, per promuovere un tipo di sviluppo che tuteli la vita, difenda l'uomo, specie il povero e l'emarginato, rispetti il creato, ch'è opera della mano di Dio.

All'attuazione di tale progetto, da perseguire con realismo alieno da facili utopie, la comunità dei cristiani non dovrà lasciar mancare il proprio contributo che si ispira al Vangelo, messaggio di salvezza per ogni uomo e per tutto l'uomo.

Riaccendere la speranza


5. "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19): il Signore ha lasciato questa consegna ai suoi discepoli, ed essa, se mantiene il suo valore lungo i secoli, tuttavia è fatta oggi particolarmente urgente, alle soglie ormai del Duemila, di fronte ai molti bisogni dell'uomo moderno, talora non dichiarati, alle volte persino dissimulati o repressi. Si tratta di riaccendere la speranza là dove ombre di morte minacciano la serenità e la stessa vita dell'uomo. Si tratta di riconoscere i segni dei tempi e di rilanciare, con spirito missionario, la nuova evangelizzazione dell'Europa. Ho colto questa impellente esigenza nel corso dei viaggi pastorali, che mi hanno condotto quest'anno in vari Paesi europei come il Portogallo, la Polonia, l'Ungheria. Da Fatima a Jasna Gora è la stessa "missione" che si delinea, tendente a far si che all'est e all'ovest del vecchio Continente risuoni l'annuncio sempre vivo e vivificante di Cristo, il Salvatore di tutti. Il suo trascendente messaggio deve giungere in ogni angolo della terra, perché grande è l'attesa di salvezza! Oltre all'Europa, penso, ad esempio, all'America Latina. Durante la mia visita in Brasile ho avvertito, tra enormi potenzialità di bene e preoccupanti contraddizioni sociali, il desiderio di Cristo, del suo messaggio di verità e di liberazione. Proprio per venire incontro a tali esigenze spirituali ci apprestiamo a celebrare, il prossimo anno, il quinto centenario dell'evangelizzazione del Continente latino-americano. Ricorre anche il centenario dell'arrivo dei missionari in alcune Nazioni dell'Africa, mentre prosegue alacremente il lavoro preparatorio del Sinodo per questo Continente. In particolar modo ho potuto sperimentare l'urgenza ed insieme la possibile fecondità della nuova evangelizzazione nella Giornata Mondiale della Gioventù, celebrata nell'agosto scorso. Si può affermare che presso il Santuario di Czestochowa ci è stato dato di vivere, in una certa misura, la nuova realtà dell'Europa dopo il crollo delle barriere ideologiche e politiche. Migliaia di giovani dell'est, del centro e dell'ovest dell'Europa, giovani di oltre ottanta Nazioni per la prima volta si sono riuniti liberamente a pregare e proclamare la propria fede in Cristo Gesù. Tale evento ha segnato una tappa nell'iter dell'evangelizzazione in questo scorcio di secolo, che invita a riflettere e ad agire.

Di fronte ad un mondo che cambia rapidamente occorre insistere nell'annunciare il Vangelo con rinnovato coraggio: Cristo deve giungere alla mente ed al cuore delle nuove generazioni, perché il futuro sia illuminato e vivificato dalla sua presenza.

Tanti coraggiosi testimoni della fede


6. La giornata della gioventù è stata come il prologo di un altro importante evento: il Sinodo straordinario dei vescovi per l'Europa, conclusosi dieci giorni fa.

Ne annunciai la convocazione nell'aprile dello scorso anno, durante la visita pastorale in Cecoslovacchia, presso il celebrato santuario di Velehrad.

All'indomani dei grandi rivolgimenti sociali, che stavano mutando il volto politico di una parte considerevole del continente europeo, mi si presento quasi spontaneamente il tema della liberazione. La libertà esteriore - pensavo - dopo la lunga oppressione non può prescindere dalla libertà interiore: se son cadute le catene nel campo politico, è necessario operare per ristabilire la prima e preliminare libertà, l'autentica libertà che è quella con cui Cristo ci ha liberati (cfr. Ga 5,1). E i credenti - pensavo ancora - sono chiamati a essere presso i loro fratelli gli annunciatori e i testimoni di tale fondamentale libertà. Questa è stata la genesi a un tempo soggettiva e oggettiva della recente assemblea, che, con l'aiuto di Dio, vuol essere un contributo che la chiesa offre ai popoli d'Europa, perché riscoprano le loro radici comuni e possano edificare la loro casa comune.

Anche il simposio presinodale, organizzato dal Pontificio consiglio della cultura in Vaticano, si è inserito in questo processo, segnando la preparazione quasi immediata dell'assemblea, perché ha messo a fuoco le tematiche culturali e spirituali di maggior interesse.

E' avvenuto così che il recente sinodo ha permesso per la prima volta, dopo anni di forzata separazione, l'incontro tra le chiese dell'est, del centro e dell'ovest dell'Europa. Davvero esso è stato un provvidenziale kairos che ai rappresentanti dei cristiani delle nazioni europee ha consentito di dialogare in fraterna libertà, di conoscersi meglio, di crescere nella comunione e di sperimentare la forza operante dello Spirito che parla - come sempre, oggi come ieri - alle chiese (cfr. Ap 2,7). Grazie a questi multiformi contatti, si è verificato un fecondo scambio dei doni. I padri sinodali, nella loro coscienza pastorale, non hanno mancato di chiedersi come rispondere alle sfide del mondo moderno. Come negare che la caduta dei regimi atei ha lasciato nelle persone e nei gruppi un vuoto spirituale, incertezza e anche vulnerabilità nei confronti delle seduzioni che derivano dal materialismo sia teorico che pratico? Il pericolo - come sapete - si avverte non solo all'est, ma anche all'ovest, per cui si profilano analoghi e gravi problemi pastorali per la chiesa in entrambe le aree.

La nuova evangelizzazione si impone per tutte le contrade del continente.

La chiesa guarda al duemila e tiene presente lo "stampo cristiano" che alla storia bimillenaria dell'Europa hanno impresso tanti coraggiosi testimoni della fede, i quali hanno pagato spesso con la vita - all'origine del cristianesimo, come anche ai nostri giorni - la loro fedeltà al Vangelo.

"Testimoni di Cristo che ci fa liberi": questo il tema che conduce, da una parte, a interpretare il contesto socioculturale nel quale viviamo e, dall'altra, a risalire alle sorgenti della salvezza, riscoprendo la figura di Cristo, unico Salvatore dell'uomo.

Nel sinodo è stata riaffermata la volontà di proclamare la croce di Cristo quale conferma della verità sull'uomo, perché nella sua morte è posto il sigillo incancellabile della risurrezione e della vita. Il problema centrale - come ha rilevato la dichiarazione conclusiva - è la sintesi tra libertà dell'uomo e verità, tra verità, giustizia e solidarietà. Le sfide del progresso moderno interpellano la fede: c'è nell'odierna cultura uno sviluppo del senso critico, fatto, questo, positivo, che, tuttavia, può sfociare nel relativismo culturale ed etico. La nuova evangelizzazione deve proclamare la verità che ci fa liberi mediante il dialogo e l'ascolto di tutti, con spirito di discernimento e con coraggio.

L'ecumenismo della verità e della carità


7. La recente assemblea è stata caratterizzata dalla presenza di delegati fraterni di diverse confessioni cristiane, i quali a pieno titolo hanno preso parte ai lavori. Gli incontri, i colloqui e le preghiere in comune - vorrei, in particolare, ricordare la liturgia ecumenica svoltasi nella Basilica Vaticana il 7 dicembre - hanno posto in rilievo la necessità di continuare il dialogo ecumenico, ricercando l'unità e la comunione. Un dialogo paziente e sincero, animato dalla verità e dalla carità, inteso ad eseguire il comando di Cristo di esser "tutti una sola cosa", perché il mondo creda (Jn 17,21). Sarà un tale ecumenismo della verità e carità a far dei cristiani i credibili profeti della speranza e della solidarietà agli occhi del mondo.

Sostengano questo cammino difficile i santi patroni d'Europa, san Benedetto, san Cirillo e san Metodio. Interceda, in particolare, santa Brigida, di cui abbiamo celebrato recentemente il sesto centenario di canonizzazione. Questa ricorrenza ha assunto un valore significativo, costituendo un passo importante nel dialogo ecumenico. L'esempio di questa santa e la memoria della missione da lei svolta al servizio dell'unità della chiesa, rappresentano un motivo di incoraggiamento per quanti sono impegnati nella nuova evangelizzazione dell'Europa.

San Giovanni della Croce orienti il nostro sguardo


8. Quest'anno abbiamo anche celebrato il quarto centenario della morte di un altro santo europeo, san Giovanni della Croce. Ho voluto che l'evento fosse commemorato con l'invio di un mio delegato sia all'inizio sia alla chiusura delle celebrazioni giubilari in Spagna e con la lettera apostolica Maestro en la fe.

L'umile e austera figura di questo carmelitano irradia con i suoi scritti, che si rivelano tuttora di grande attualità, una grande luce per penetrare nel mistero di Dio e nel mistero dell'uomo. Egli, che ebbe un particolare senso della trascendenza divina, orienti il nostro sguardo nell'ora della nuova evangelizzazione.

Maestro nella fede e nella vita teologale, Giovanni della Croce ci ha inculcato la necessità di essere purificati dallo Spirito del Signore, per svolgere un'azione apostolica incisiva ed efficace. C'è, infatti, una stretta connessione tra la contemplazione e l'impegno per la trasformazione del mondo.

Consapevole di ciò, la chiesa ha sempre attribuito speciale importanza alla funzione delle anime contemplative che, nel raccoglimento, nella preghiera, nel sacrificio nascosto, offrono la loro vita a Dio per la salvezza dei fratelli.

Auspico che, anche oggi, siano numerose le persone generosamente disposte ad accogliere la chiamata di Dio e ad affrontare - nella solitudine dei carmeli e dei diversi monasteri di vita contemplativa - l'avventura, esigente e affascinante insieme, della ricerca esclusiva del colloquio con colui che è la fonte di ogni umana esistenza.

Maria, stella della nuova evangelizzazione


9. Mentre sta per chiudersi il periodo di avvento, i nostri cuori già sono illuminati dal chiarore della notte santa: notte della venuta, nella fede, di Cristo Salvatore. "Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce...; hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia" (Is 9,1 Is 9,2). Questa luce, che l'antico profeta annunciava al popolo ebraico, brilla ancor oggi dinanzi all'umanità. "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

E' tra noi il Principe della pace; è con noi il Redentore dell'uomo.

L'augurio che rivolgo di cuore a ciascuno è che non si affievolisca mai il vigore di questa certezza, che diviene ragione di impegno ascetico, pastorale e missionario.

Viene il Signore Gesù! Viene a noi per mezzo della vergine Maria, madre di Dio e madre nostra. A lei, vergine dell'ascolto e dell'obbedienza, affido ciascuno di voi e tutte le persone a voi care. A lei affido il nuovo anno, ormai vicino. Ella, aurora della salvezza e stella della nuova evangelizzazione, ci guidi, ci sostenga e ci protegga.

Data: 1991-12-23
Lunedi 23 Dicembre 1991

Alla comunità polacca per gli auguri natalizi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il momento storico che stiamo vivendo è irripetibile Non può essere sprecato con leggerezza. Nasca l'uomo nuovo




1. "In principio era il Verbo" (Jn 1,1).

La liturgia del Natale comincia a mezzanotte con la Messa della notte, chiamata "pasterka", quando per la prima volta risuonano i vecchi canti natalizi polacchi. Questa liturgia trova la sua espressione culminante nella terza Messa.

Durante questa Messa leggiamo il prologo del Vangelo di Giovanni "In principio era il Verbo". La solennità del Natale del Signore riunisce in uno l'evento della notte di Betlemme e l'eterno mistero di Dio. Il Figlio dell'uomo, il bambino nato dalla Vergine Maria, è il Verbo - il Figlio eterno, della stessa sostanza del Padre: "Dio da Dio, Luce da Luce". Il prologo del Vangelo di Giovanni accompagna l'Ottava di Natale. Risuona nella liturgia dell'ultimo giorno dell'anno, che è la vigilia del nuovo inizio nelle dimensioni del tempo umano. L'ottava di Natale si conclude il 1 Gennaio del Nuovo Anno, ciò che ha una sua profonda eloquenza. Ogni anno nuovo infatti - secondo il calcolo del calendario - partecipa nel mistero divino del Verbo, che "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

La dimensione terrena del tempo è stata per sempre "radicata" nel divino progetto della salvezza. Da esso attinge le sostanze nutritive "l'uomo nuovo" perché il Verbo Incarnato a quanti... l'hanno accolto dà potere di diventare figli di Dio (cfr. Jn 1,12).


2. In occasione della vigilia di Natale, seguendo la piena eloquenza della liturgia, porgo quindi gli auguri "del nuovo inizio". Porgo questi auguri sia a tutti voi che siete qui riuniti, che a tutti i Polacchi presenti in Polonia e nel mondo. Non per la prima volta ci è dato di cominciare di nuovo. Perfino nel nostro secolo questa situazione si è verificata già nell'anno 1918 (dopo il lungo periodo della spartizione). Adesso ancora una volta. Non ci si può far sorprendere dalla difficoltà di questo "nuovo inizio". Per questa ragione non si può cadere nello scoraggiamento. Bisogna mostrare una nuova maturità della libertà. Se nel periodo passato questa era la maturazione della libertà che si stava riconquistando, adesso è il tempo per la maturazione nella libertà riconquistata. Siamo testimoni di Cristo che ha rinnovato la nostra libertà - tale era il tema conduttore del Sinodo dei Vescovi dell'Europa, che recentemente ha concluso i suoi lavori a Roma.

Bisogna che i Polacchi ritrovino una "particella" loro propria in questa verità che, nello stesso tempo, costituisce una chiamata alla "nuova evangelizzazione".

Il Verbo, che una volta si fece carne per abitare in mezzo a noi, sempre di nuovo viene come Verità e Fonte di ogni rinnovamento: dell'uomo, della nazione e dell'umanità.


3. Il Verbo Incarnato a quanti lo accolgono dà potere di diventare figli di Dio.

Per tale "potere" ai miei connazionali ho pregato Dio a lungo presso la tomba di San Pietro, per intercessione della Regina della Polonia di Jasna Gora, quando mi preparavo alla quarta visita in Patria. Una visita realizzata nel periodo tanto straordinario della rinascita della Casa Patria sul nuovo, e al tempo stesso, vecchio fondamento. Questo "potere" costituiva il tema delle meditazioni durante la prima tappa del pellegrinaggio di quest'anno in Polonia, quando ho parlato dei Dieci Comandamenti che Dio ha trasmesso all'umanità sul monte Sinai. Essi sono arrivati a noi più che dieci secoli fa nel Verbo che è nato a Betlemme, nella Casa del Pane - e si sono collocati a fondamento del nostro stato, introducendo nella storia della nostra nazione il lievito, lievito della storia della salvezza. Di questo stesso potere mi è stato dato di parlare alla gioventù di tutto il mondo riunita ai piedi della Signora di Jasna Gora, Madre di Dio e dell'uomo, in occasione dell'indimenticabile VI Giornata Mondiale della Gioventù, il cui tema era: "Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi" (Rm 8,15).


4. E perciò una tale potenza, prima di tutto, desidero augurarla a voi, cari Fratelli e Sorelle che partecipate a questo ormai tradizionale incontro romano di Natale con il Papa, e a tutti i miei Connazionali - a coloro che governano e a coloro che sono governati - e che affrontano insieme la fatica di costruire la nuova Repubblica. Desidero racchiudere, per così dire, nelle parole dell'Arcivescovo Giuseppe Teodorowicz, che egli pronuncio agli inizi della Polonia che stava per rinascere - nelle condizioni certamente molto più difficili - dopo 123 anni dell'assenza come stato: "E' possibile meravigliarsi - chiedeva nell'anno 1923 - che i veleni delle secolari occupazioni e divisioni operano con la forza più grande proprio oggi quando abbiamo raggiunto l'unità? E' possibile meravigliarsi che sanguinano ancora in noi le cicatrici, che la mano del nemico ha provocato sullo spirito della nazione? Combattete quindi intrepidi per la causa santa e riporterete, in breve, la vittoria... All'odio opponete l'amore, al terrore i principi morali, all'inquinamento e depravazione... opponete i cuori puri e fervidi. Allora non vi lamenterete incessantemente di non aver aspettato una tale Polonia... purché infine incominciate. Incominciate quindi e credete che voi portate nei vostri cuori le sorti della Polonia; che la potenza del bene supera quella del male. Portate in voi la profonda convinzione che non siete una generazione chiamata a banchettare, ma che siete la generazione delle lotte, delle rinunzie e dei sacrifici" (Jozef Teodorowicz, Prediche e discorsi alla nazione, Poznan 1923, pp. 338-344). Sappiamo dalla storia che i nostri padri sono riusciti bene in quest o nuovo inizio. Nonostante liti, controversie e lotte hanno saputo apprezzare, al di sopra di ogni altra cosa la libertà conquistata con tanta fatica. L'hanno utilizzata bene, lasciandosi in sostanza guidare da un grande amore verso la Patria e dalla responsabilità per la sua sorte. L'anno 1939 e gli anni che si sono susseguiti hanno confermato una grande tempra dello spirito e la fedeltà di quelle generazioni alla Patria e ai principi morali. La Polonia gode già la libertà interna. La Provvidenza ha fatto anche si che si mettono bene le relazioni con i nostri vicini. Me ne convinco durante i colloqui con i loro alti Rappresentanti. I compiti sono, tuttavia, enormi. Il momento storico è bello e certamente irripetibile. Esso non può essere sprecato con leggerezza. Che duri e faccia nascere l'uomo nuovo e i tempi nuovi. In questa situazione acquista un'enorme importanza l'atteggiamento morale. La fedeltà ai fondamentali principi umani e cristiani. Nel codice deontologico dei medici accettato, poco tempo fa, nella Polonia si sono trovate nel giuramento le parole: "servire alla vita e alla salute umane dal momento del concepimento fino alla morte naturale". Direi che qui si è giunti alla vittoria della coscienza umana e del buon senso. Dico: del buon senso, perché la difesa della vita umana è questione non soltanto di una determinata religione, ma è il diritto naturale più fondamentale, che riguarda l'uomo in quanto uomo. Per i credenti questo è ancora il problema sconvolgente del comandamento del Dio Vivente: "Non uccidere!", non negare il diritto alla vita all'essere umano più indifeso e innocente! Proprio in questo contesto quanto penetranti sono le parole di Giovanni: "Il Verbo era presso Dio... in lui era la vita... A quanti... l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,1 Jn 1,4 Jn 1,12).


5. Cari fratelli e sorelle! Desidero abbracciare con la mia cordiale benedizione tutti voi, prima di tutto i deboli, coloro che si trovano al bivio e apparentemente non hanno più speranza; i malati, i sofferenti, coloro che cercano, i bisognosi, coloro ai quali è stato recato danno; voi che lottate e cercate nuove, migliori soluzioni, voi che, semplicemente, lavorate e credete nei frutti del vostro lavoro e del vostro amore; voi bambini e giovani, voi anziani e voi che vi ritrovate nel periodo dell'azione e della creatività mature; le singole persone, le famiglie e gli ambienti, tutta la Chiesa in Polonia, l'Episcopato con il Primate a capo, i sacerdoti, le famiglie religiose maschili e femminili.

Con tutti voi desidero spezzare il bianco pane di Natale.

Data: 1991-12-24
Martedi 24 Dicembre 1991

Celebrazione eucaristica del Natale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio: questa nascita è di oggi e di domani, di sempre




1. "Un bambino è nato per noi, / ci è stato dato un figlio" (Is 9,5).

Il Bambino nasce a mezzanotte. Nasce in una stalla, vicino alla città di Betlemme, nei campi nei quali i pastori facevano la guardia al loro gregge (cfr.

Lc 2,8). Nasce il Bambino! Tanti bambini nascono in tutta l'estensione della terra, tra nord e sud, in occidente e in oriente. Il Bambino: uno tra i miliardi dei nati sulla terra che è l'abitazione dell'uomo. Viene alla luce l'uomo nato da donna, come ogni essere umano.


2. Quest'uomo è un dono. Il Profeta dice: "ci è stato dato un figlio". Non soltanto è nato da Maria Vergine, ma la sua nascita costituisce un dono. Essa ha il suo principio nella nascita eterna: è il Figlio dell'Eterno Padre. E' il testimone del Mistero Trinitario di Dio. Ci è stato dato un figlio. Nascendo da Maria porta in sé questa Nascita eterna: Dio da Dio, Luce da Luce. Viene per rivelare il Padre. Dio che è il Padre. Egli stesso è la rivelazione del Padre.

"Dio... ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). Ci è stato dato un figlio. Ci è stato dato perché diventi la caparra della nostra figliolanza in Dio; perché noi stessi - noi uomini - possiamo diventare figli di Dio: figli nel Figlio, figli a somiglianza del Figlio. A Jasna Gora quest'anno, nel Santuario di Czestochwa, i giovani dell'Occidente e dell'Oriente, di tutta l'Europa e degli altri continenti, si sono riuniti per scoprire di nuovo la verità di questa figliolanza, che ha il suo inizio terreno nella notte di Betlemme.


3. Passa la notte di Betlemme come ogni altra notte. Ad essa segue il giorno, e poi di nuovo la notte e quindi il giorno. Siamo forse riuniti, in questa notte di dicembre, qui come ovunque nel mondo, soltanto per ricordare l'avvenimento che è passato alla storia, come ogni nascita dell'uomo passa alla storia e gradualmente diventa un ricordo? Ci è stato dato un figlio: ecco un avvenimento che conta già quasi duemila anni! Tuttavia non può essere considerato un passato. Questa nascita è di oggi e di domani, di sempre: "Ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il segno della sovranità", dice il Profeta (Is 9,5). Questo figlio è dono. E quale sovranità può essere sul mondo umano il dono? E' una sovranità completamente dissimile da quella degli uomini: da quella di Augusto, Imperatore romano, di Quirino, Governatore della Siria, o di Erode, Re della Giudea. Questa è la sovranità di salvezza! "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia... oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore" (Lc 2,10-11): il Salvatore del mondo. Ci è stato dato un figlio: il Dono che salva. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16). Soltanto Dio può elargire all'uomo il bene che non conosce il male; soltanto Dio può dare all'uomo la vita che non conosce la morte; soltanto Dio può salvare: il Figlio di Dio della stessa sostanza del Padre, che nasce nella notte di Betlemme! Solo Lui ha una tale sovranità. Essa si manifesterà alla fine della sua missione terrena: nella notte pasquale della risurrezione, per durare fino alla fine dei secoli e oltre i limiti del tempo.


4. Ora è ancora in corso la notte di Betlemme: i primi preparativi dell'umanità alla notte pasquale. Ora è ancora la notte di Betlemme. Nella stalla, vicino alla cittadina di Betlemme, restano in contemplazione del Neonato Maria e Giuseppe, lo sposo della Vergine testimone del Mistero della nascita di Cristo. Nella stessa notte, arrivano dai campi vicini i pastori, portando doni. In questa stessa notte anche noi celebriamo qui, nella Basilica di San Pietro a Roma, lo stesso Mistero.

E come noi, altri nostri fratelli e sorelle rivivono questo felice evento in diversi luoghi della terra. Insieme a Maria e Giuseppe ci inchiniamo davanti all'ineffabile Mistero di Dio: "Ci è stato dato un figlio!". Accogliamo ancora una volta questo Dono! La gioia penetra i nostri cuori e le labbra intonano un canto nelle lingue e nei dialetti del mondo intero: il canto di Natale! Il Canto della gioia e dell'esultanza.

Veramente:"un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio" (Is 9,5).

"Cantate al Signore da tutta la terra" (Ps 95/96,1).

"Dio... ha amato il mondo" (Jn 3,16).

Amen!

Data: 1991-12-24
Martedi 24 Dicembre 1991

Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La nascita di Gesù Cristo ci porta verso il "Natale celeste"a cui tutti siamo chiamati

Sia lodato Gesù Cristo! Voglio salutare tutti i presenti, qui nel cortile di Castel Gandolfo.

Penso anche a quelli, che si trovano in questo momento nella piazza di San Pietro, e ad altri che sono collegati con noi attraverso la radio e la televisione.

Dobbiamo prepararci per celebrare l'Angelus Domini tutti insieme, nel secondo giorno, nell'ottava natalizia del Santo Natale. In questa secondo giorno dedicato al primo martire, al protomartire Santo Stefano.

C'è un legame profondissimo, se si considerano le parole di questo protomartire, diacono di Gerusalemme, che vede i cieli aperti e il Figlio dell'Uomo, vale a dire, Gesù, alla destra del Padre.

Noi guardiamo al presepio e vediamo in questo presepio il Bambino neonato, e siamo commossi da questa scena di Betlemme, così emozionante. Ma subito, la Liturgia della Chiesa, nella seconda giornata, ci porta verso il futuro dello stesso Bambino, dello stesso Gesù neonato. Colui che, attorniato da Giuseppe, da Maria, dai Pastori, si trova adesso nella culla di Betlemme, è lo stesso che, dopo la sua missione messianica, dopo la sua Croce e la sua Risurrezione, si troverà alla destra del Padre celeste.

E' lo stesso Gesù. Il secondo giorno dell'ottava natalizia ci apre subito l'insieme del mistero di Cristo, e ci invita a guardare, con grande gioia al presepio, al Neonato, con la stessa gioia, con lo stesso affetto con cui lo guardavano Maria, Giuseppe, i Pastori, i Magi dell'Oriente. Ma, nello stesso tempo, la Liturgia ci invita a guardare l'intero mistero di Gesù, da questo inizio fino al suo coronamento celeste, perché oggi Gesù è Colui che si trova alla destra del Padre.

Questo Gesù, attraverso le gioie del suo Natale terreno, ci porta verso quel Natale celeste, definitivo, a cui tutti siamo invitati, chiamati, come figli nel Figlio.

Con queste riflessioni, con questi pensieri recitiamo adesso, come di solito, l'Angelus Domini.

Data: 1991-12-26
Giovedi 26 Dicembre 1991

Messaggio Urbi et Orbi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Non più guerra Non più indifferenza e silenzio"




1. "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato" (He 1,5).

E' ormai passata la notte di Betlemme, è avvenuta la nascita del Bambino dalla Vergine di Nazaret! E' nato in una stalla, trovata sulla strada, "perché non c'era posto per loro nell'albergo" (Lc 2,7). Ed ora, in pieno giorno, parla l'Eterno Padre: "Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato". Risuonano ancora le parole del Vangelo di Giovanni, le parole sul Verbo: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio... tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui niente è stato fatto" (Jn 1,1 Jn 1,3). "Il Verbo era Dio" (Jn 1,1): è nato questa notte a Betlemme: il Figlio della stessa sostanza del Padre si è fatto Uomo. "E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).


2. Nel Verbo è la potenza della grazia e della verità, che Egli comunica a quanti l'accolgono e diventano figli di Dio (cfr. Jn 1,12): figli nel Figlio. Che dono indicibile! Dono che supera tutto il creato. Supera l'uomo che nasce da sangue e da carne (cfr. Jn 1,13). Questo è anche il tempo che perfeziona l'uomo, lo rende come doveva essere sin dall'inizio, lo riporta ad essere pienamente ad immagine e somiglianza di Dio.


3. "Tutti quelli, infatti, che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio" (Rm 8,14). Ricevono uno spirito da figli adottivi, grazie al quale possono gridare, come il Figlio: "Abbà, Padre!" (Rm 8,15). Ecco la verità che i giovani pellegrini dell'Europa e di ogni parte della terra hanno accolto durante il loro incontro nel santuario di Jasna Gora. Di li l'hanno recata nel mondo: "Abbà, Padre!". Ecco la figliolanza che libera! "Abbà, Padre!". "Lo Spirito stesso attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio" (Rm 8,16). Siamo figli nel Figlio. In Colui che è nato questa notte come uno di noi. Non abbiamo ricevuto uno spirito da schiavi, abbiamo ricevuto uno spirito da figli adottivi (cfr. Rm 8,15); in Lui, nato da Maria, Vergine di Nazaret, gridiamo: "Abbà, Padre!".


4. Questo mondo è pieno di sofferenza, sofferenza dai molti volti e dalle molte dimensioni. Impossibile sanare del tutto ciò per cui soffrono gli uomini nelle strutture della loro esistenza. Sono strutture segnate dal peccato, sempre peccato dell'uomo, peccato che cresce e compenetra sfere multiformi della vita umana. così il peccato ritorna all'uomo come sofferenza; e, benché si faccia tanto per annullare questa verità, essa resta tale: è la realtà. Per questo - dice l'Apostolo - "tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto" (Rm 8,22). Significa forse che l'esistenza stessa sia un male? Che l'esistenza sia per se stessa una sofferenza?


5. O notte di Betlemme! Tu così ci rispondi: "La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio" (Rm 8,19). L'intera creazione attende... Il mondo non è disperazione. "Lo Spirito viene in aiuto a!la nostra debolezza" (Rm 8,26): il mondo è compenetrato da questa Nascita, che ha il suo eterno Principio nel Padre e il suo culmine sulla terra in questa notte di Betlemme, alla quale la Chiesa del Verbo Incarnato ritorna ogni anno per vivere costantemente di essa. Le sofferenze del momento presente sono forse paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi? (cfr. Rm 8,18).


6. Al nostro mondo, segnato da sfide epocali, rivela, o Verbo Incarnato, la gloria e la felicità futura. Sostieni il coraggio, tieni desto l'impegno dei giovani d'ogni razza e nazione: essi hanno bisogno di luce, alla soglia del terzo Millennio, per accogliere l'esigente Vangelo che libera e salva. La consegna di Czestochowa: "Io sono, mi ricordo, veglio", non venga mai meno per il futuro della Chiesa, anzi renda fruttuosa la speranza che è in ciascuno. Si apre un'inedita stagione missionaria: il recente Sinodo per l'Europa ha ricordato ai credenti che tutti siamo inviati a proclamare Cristo vivo fra noi, solidale con ogni nostra autentica attesa e speranza.


7. Egli è solidale con i popoli della terra, che, sempre più vicini tra loro, vogliono incontrarsi nella verità. In Europa, dopo il crollo dei muri della divisione e dell'incomprensione, cresce il desiderio di conoscersi meglio e l'anelito alla mutua intesa e collaborazione. Nazioni diverse cercano nuove forme di convivenza e si adoperano con grandi speranze a conciliare le proprie storie e ad armonizzare le rispettive culture, anche se a volte con incertezze ed arresti per antiche tensioni e non ancora sopiti rancori. I popoli della Terra Santa, che ha visto nascere il Redentore, hanno finalmente intrapreso il cammino del dialogo e della pace. In Africa si va affermando in parecchie Nazioni, come obiettivo condiviso e auspicato, un crescente rispetto per i diritti dell'uomo e per le sue libertà fondamentali. In Asia, nonostante persistano tensioni, s'affacciano timidi segni di risveglio del senso di giustizia e di pace. E l'America Centrale si sforza di abbandonare la logica suicida della violenza, per una intesa comune sempre più piena.


8. Cristiani d'ogni Continente, impegnati nel faticoso, ma necessario cammino dell'unità e della pace, e voi, uomini di buona volontà che mi ascoltate, accorriamo tutti pellegrini al presepe di Betlemme. Nella grotta, in cui Gesù parla d'innocenza e di pace, entriamo per ascoltare una così fondamentale lezione.

Accorri, o umanità dispersa e timorosa, ad implorare la pace, dono e compito per ogni uomo di nobile e generoso sentire. Basta con l'odio e i soprusi! Non più guerra in Jugoslavia, non più guerra nella cara terra di Croazia e nelle regioni vicine, dove passioni e violenza sfidano la ragione e il buon senso. Non più indifferenza e silenzio per chi chiede comprensione e solidarietà, per il lamento di chi continua a morire di fame, tra sprechi e abbondanza di beni. Come dimenticare chi soffre, chi è solo o abbandonato, triste e sfiduciato, chi non ha casa né lavoro, chi è vittima di angherie e sopraffazioni, e delle molteplici forme del totalitarismo contemporaneo? Come permettere che gli interessi economici riducano la persona a strumento di guadagno, che creature non ancor nate siano soppresse, che bambini innocenti siano umiliati e sfruttati, che anziani e malati restino emarginati e abbandonati?


9. Solo tu, Verbo Incarnato, nato da Maria, puoi renderci fratelli, figli nel Figlio, figli a somiglianza del Figlio. Ci è stata rivelata la gloria futura per mezzo di Te, Figlio di Maria, Figlio dell'Uomo, nel quale possiamo gridare: "Abbà, Padre!". Per mezzo di Te...

Amen!

Data: 1991-12-27
Venerdi 27 Dicembre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Un bene che non si può acquistare al mercato