GPII 1992 Insegnamenti - Ai nuovi vescovi ordinati nel giorno dell'epifania, Basilica di San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Ai nuovi vescovi ordinati nel giorno dell'epifania, Basilica di San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate Pastori zelanti ed intrepidi per portare le vostre comunità a Cristo




1. "Abbiamo visto sorgere la sua stella" (Mt 2,2). I Magi dall'Oriente seguono la stella. La stella li guida a Gerusalemme. Entrano nel palazzo reale e domandano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?" (Ibidem Mt 2,2). La risposta viene ad essi dal libro del profeta Michea: "Da te (Betlemme) mi uscirà colui che deve essere il dominatore in Israele" (Mi 5,1 cfr. Mt 2,6). I Magi si recano, quindi, a Betlemme. La stella che li aveva guidati "si fermo sopra il luogo, dove si trovava il Bambino" (Mt 2,9). Anche se questo Bambino, tra le braccia della Madre, non faceva pensare al figlio di un Re, tuttavia essi non esitarono a riconoscerlo come tale: si prostrarono, lo adorarono e gli offrirono i doni che avevano portato con sé (cfr. Mt 2,11). Il gesto dei Magi si spiega esclusivamente alla luce della fede. La loro fede, infatti, ha un tratto profetico e il loro comportamento è una grande profezia. In esso è contenuta la confessione del Re che, un giorno, dirà di se stesso: "Il mio Regno non è di questo mondo... Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità: chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,36-37). I Magi dall'Oriente hanno imboccato la via di coloro che sono "dalla verità". E l'hanno imboccata per primi.


2. L'arrivo dei Magi a Gerusalemme, e poi il loro omaggio a Betlemme, costituisce il centro dell'Epifania. La Chiesa che oggi celebra questa solennità, ne rilegge la portata e la dimensione universale. Rilegge l'Epifania di Dio alla luce dei Profeti e dei Salmi. Il Salmo responsoriale proclama il dominio del Messia "da mare a mare" e "sino ai confini della terra" (cfr. Ps 72/71,8). Il profeta Isaia vede un grande corteo di nazioni al chiarore che sale da Gerusalemme e che si irradia in tutte le parti del mondo. Veramente Colui che ora è tra le braccia della Madre, Colui che nella stalla di Betlemme si rivela ai Magi dell'Oriente come Re povero, dirà un giorno ai suoi Apostoli: "Andate (in tutto il mondo) ed ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19).


3. L'Epifania è una promessa profetica di tutto questo. E' la rivelazione dell'eredità messianica. Grazie a questa eredità tutti i popoli "sono chiamati, in Cristo Gesù... ad essere partecipi della promessa per mezzo del Vangelo" (Ep 3,6).

In stretto rapporto con l'Epifania è la verità contenuta nell'Enciclica "Redemptoris missio", che un anno fa è stata proclamata per rinnovare in tutto il Popolo di Dio la consapevolezza della missione: l'imperativo missionario!


4. Oggi, in questa Basilica, che sorge sulla Tomba di San Pietro, principe degli Apostoli, ricevono la consacrazione episcopale i figli di diverse Nazioni, i quali, in conformità con la profezia dell'Epifania, partecipano alla luce che risplende su Gerusalemme. Cari fratelli, alcuni di voi sono al servizio diretto della Santa Sede: Monsignor Ernesto Maria Fiore, Decano della Rota Romana; Monsignor Rino Passigato, Nunzio Apostolico in Burundi; Monsignor Michael Louis Fitzgerald, Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Inter-Religioso.

Altri sono stati chiamati al governo pastorale delle Comunità diocesane nei vari Continenti. Dall'Africa: Monsignor Juan Matogo Oyona, Vescovo di Ebebiyin (Guinea Equatoriale); Monsignor Philippe Nkiere Kena, Vescovo Coadiutore di Bondo (Zaire).

Dall'Europa: Monsignor Gastone Simoni, Vescovo di Prato (Italia); Monsignor Petar Solic, Vescovo Ausiliare dell'Arcivescovo di Split-Ma- karska (Croazia); Monsignor Henri Salina, Abate Ordinario di Saint- Maurice (Svizzera). Dall'Asia: Mons. Benjamin de Jesus, Vicario Apostolico di Jolo (Filippine). Dall'America: Monsignor Inaki Mallona Txertudi, Vescovo di Arecibo (Puerto Rico); Monsignor John J. Glynn, Vescovo Ausiliare dell'Ordinario Militare negli Stati Uniti d'America.

(Omissis, parole pronunciate in lingua spagnola, inglese, francese)


5. Vi saluto cordialmente e vi abbraccio "in osculo sancto" (1P 5,14). Con voi saluto tutti i fedeli dei menzionati Paesi dell'Oriente e dell'Occidente che voi qui rappresentate. A voi, che manifestate l'universalità e la missionarietà della Chiesa, auguro l'unità di spirito ed un fecondo apostolato per la gloria di Dio, la salvezza delle anime e la promozione umana di tutti gli uomini di buona volontà. Anche voi, come i Magi dell'Oriente, siete stati guidati da una stella: dalla stella della vocazione che nasce nel cuore umano, mediante la fede, nella comunità della Chiesa apostolica. Voi tutti partecipate a questo corteo di popoli che trova il suo inizio nella Gerusalemme terrena per raggiungere il suo termine in quella celeste. Guardate al Bambino che è nato a Betlemme e che è accanto alla Madre sua, Maria. Avvicinatevi a Lui, prostratevi per adorarLo ed offriteGli i doni che anche voi recate nel vostro cuore. L'Epifania dà inizio a tante vie che confluiscono in quella della "Redemptoris missio". Imboccate la vostra via episcopale di pastori zelanti ed intrepidi, e portate le vostre comunità al Re, nato a Betlemme. Servirlo vuol dire regnare! (cfr. LG 36).

Amen!

Data: 1992-01-06 Data estesa: Lunedi 6 Gennaio 1992

Ai fedeli, Angelus dell'Epifania - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dignità e responsabilità del servizio episcopale nella Chiesa




1. "Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2).

Così, carissimi fratelli e sorelle, dicono al re Erode i Magi, giunti a Gerusalemme in cerca del neonato Salvatore. L'episodio, narrato nel Vangelo di Matteo, è e rimane misterioso per l'identità dei protagonisti e per la natura della luce che li guido. Questa arcana atmosfera, che avvolge l'avvenimento, nasconde tuttavia una lezione di profonda pedagogia: Dio vuole insegnare che l'Incarnazione del suo Verbo non è un semplice fatto di cronaca, ma è un evento soprannaturale, che ha un valore eterno ed un'estensione universale. Dio s'è fatto realmente Uomo, per redimere la natura umana decaduta e per salvare gli uomini, divenuti suoi fratelli. Come i Magi, anche noi nel piccolo Gesù siamo chiamati ad adorare Dio Creatore e Signore dell'universo e ad offrire con essi spiritualmente i doni, a riconoscimento della sua regalità (l'oro), della sua divinità (l'incenso) e della sua umanità che sarà immolata sul Calvario (la mirra).


2. L'odierna solennità diventa così per noi cristiani stimolo alla coraggiosa e coerente testimonianza della nostra fede e all'impegno missionario. Occorre, infatti, tener presente che le genti non ancor raggiunte dal primo annunzio di Cristo sono la maggioranza dell'umanità. I credenti, quindi, non possono non avvertire quale parte integrante della loro fede la sollecitudine apostolica di trasmettere ai fratelli la luce e la gioia del Vangelo. La Chiesa è per natura sua "missionaria", e quanti ne fanno parte devono sentirsi apostoli e testimoni, rendendosi a tal fine sempre più credibili, affidabili, convincenti.


3. Anche quest'anno ho voluto sottolineare il significato della solennità dell'Epifania conferendo l'Ordinazione Episcopale ad alcuni presbiteri, provenienti da varie parti del mondo. Mentre rinnovo ad essi il mio cordiale saluto ed augurio di fecondo ministero nella Chiesa di Dio, rivolgo a voi, cari fedeli, l'invito alla preghiera per loro e per tutti i Vescovi, che reggono le Chiese locali o hanno particolari responsabilità. E insieme con la preghiera vi invito ad offrire ai Vescovi anche il vostro affetto, la vostra comprensione, la vostra obbedienza deferente. Essi, infatti, sono posti da Cristo a reggere la Chiesa (cfr. Ac 20,28): senza il Vescovo non c'è Sacerdozio, non c'è Eucaristia, non c'è Chiesa. Se grande è la sua dignità, altrettanto gravosa è anche la sua responsabilità.

Eleviamo la nostra preghiera a Maria e invochiamola per tutti i Vescovi della Chiesa, per i missionari e per quanti con essi collaborano per portare alle genti la luce di Betlem.

Data: 1992-01-06 Data estesa: Lunedi 6 Gennaio 1992




Ai membri del Segretariato Pellegrinaggi italiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fate conoscere agli uomini le ricchezze della fede

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Ho accolto volentieri la richiesta di questo incontro e sono lieto di salutarvi mentre è in corso l'Assemblea Generale del Segretariato Pellegrinaggi Italiani, di cui voi siete parte costitutiva. Voi rappresentate, infatti, i 35 Organismi diocesani e nazionali che operano nel campo dei pellegrinaggi e del turismo religioso. A ciascuno di voi, qui presente, e a quanti collaborano in tale importante azione pastorale, rivolgo il mio grato apprezzamento, accompagnato da fervidi voti augurali per il Nuovo Anno, da poco iniziato.


2. La liturgia del tempo natalizio, che si avvia ormai alla sua conclusione, pone in evidenza l'importanza della "Epifania", cioè della manifestazione di Cristo per gli uomini di ogni popolo e di tutte le culture. L'annuncio proclamato dagli Angeli ai pastori sulla grotta di Betlemme, l'incontro del Messia con i Magi venuti da lontano per adorarlo, sono un invito per ogni essere umano a riconoscere nel Bambino, nato per noi, il Redentore dell'uomo. Accogliere questa "buona notizia" significa diventare figli della luce, creature capaci di vivere in modo nuovo perché profondamente rinnovate dal mistero dell'Amore di Dio.

E l'incontro con Cristo porta con sé la responsabilità della testimonianza. Per questo, la Chiesa, nel tempo natalizio, e soprattutto nella solennità dell'Epifania, sottolinea l'importanza per ogni battezzato di riscoprire la propria vocazione apostolica e di prendere coscienza della missione tipica della Comunità ecclesiale. Illuminati dal fulgore di Cristo, i credenti sono inviati a diffondere attorno a loro il Vangelo della speranza e della pace e della solidarietà, mediante un impegno concreto al servizio dei fratelli.


3. Certamente avrete avuto diverse occasioni di rendervi conto personalmente della necessità che l'uomo ha di Dio e constatare la gioia che egli prova nell'incontrarlo. I Santuari, le Basiliche ed i vari luoghi di culto, meta di numerosi pellegrinaggi, non stanno forse a testimoniare la sete di Dio che caratterizza la nostra società, pur in mezzo a tante contraddizioni? Avrete sicuramente notato quanto siano molteplici e misteriose le vie attraverso le quali il Signore viene incontro a chi lo ricerca con cuore sincero. Mediante il ministero sacerdotale, molti di voi sono posti a contatto diretto con le anime bisognose della misericordia e della tenerezza di Dio. Grazie all'organizzazione dei viaggi vi è data l'opportunità di far conoscere le ricchezze della fede a tanti uomini e donne d'ogni provenienza.

Carissimi fratelli e sorelle, mentre vi ringrazio per questo servizio ecclesiale che svolgete, vi esorto a progredire voi stessi sempre più sul cammino della intima conoscenza e sequela di Cristo. Solo così, infatti, potrete trasmettere a quanti incontrate il desiderio di ricercare Iddio e condividere con loro la gioia di amarlo e seguirlo fedelmente.

Maria, Vergine Fedele, sia il modello di questo vostro importante apostolato e vi sostenga ogni giorno nella preghiera e nel lavoro. Imparate da Lei ad essere in ascolto costante del Signore, ed allo stesso tempo attivamente impegnati al servizio del prossimo.

Con tali sentimenti, di cuore, imparto la mia Benedizione a voi, e agli appartenenti ai vari Organismi diocesani e nazionali che voi qui rappresentate.

Data: 1992-01-09 Data estesa: Giovedi 9 Gennaio 1992

Udienza alla Plenaria del pontificio consiglio della cultura - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Suscitare una nuova cultura dell'amore e della speranza ispirata alla Verità

Signori Cardinali, Cari amici,


1. Vi accolgo con gioia e vi porgo il benvenuto, felice di salutarvi e di esprimervi la mia riconoscenza per la vostra dedizione alla Chiesa e alla sua missione evangelizzatrice. Vi ringrazio inoltre per le conoscenze che mettete al servizio della Santa Sede, sotto la direzione del Cardinale Paul Poupard, con i Cardinali Eugenio de Aranjo Sales e Hyacinthe Thiandonm, del Comitato di Presidenza, aiutato dai collaboratori e dalle collaboratrici che garantiscono a Roma un lavoro di qualità. Tra qualche mese, il Pontificio Consiglio della Cultura, uno dei più giovani dicasteri della Curia romana, celebrerà i suoi dieci anni di fondazione. Durante questo primo decennio, voi avete, attraverso i vostri lavori, testimoniato che la cultura è un elemento costitutivo della vita delle comunità cristiane, come di ogni società veramente umana. Seguendo gli orientamenti dati il 20 maggio 1982 nella Lettera di fondazione e confermati dalla Costituzione apostolica Pastor Bonus (artt. 166-168), eccovi liberamente impegnati nella riflessione e nell'azione.


2. Voi avete sviluppato progressivamente una fruttuosa collaborazione con diversi dicasteri della Curia romana e con molti organismi quali il Pontificio Comitato di Scienze storiche e la Pontificia Accademia delle Scienze. Auspico che s'intensifichi la vostra collaborazione con le Chiese locali, per promuovere le iniziative idonee a stimolare l'evangelizzazione delle culture e l'inculturazione della fede. Il vostro bollettino Eglise et culture irradia la luce delle conquiste di portata internazionale, numerose e varie, che avete raggiunto. Collaborate con le Organizzazioni internazionali cattoliche, con l'Unesco e il Consiglio d'Europa.

Avete partecipato a numerose manifestazioni - e ne avete anche promosso alcune - e avete sviluppato una riflessione di qualità sui mezzi di comunicazione sociale, le arti, le pubblicazioni, le università cattoliche, il ruolo della donna nello sviluppo culturale, l'inculturazione della fede in Africa e in Asia, l'evangelizzazione dell'America, la costruzione della nuova Europa.


3. Da molti anni, una nuova Europa sta delineandosi, attraverso ombre e luci, gioie e dolori. Il crollo dei muri ideologici e polizieschi ha suscitato una gioia intensa e risvegliato grandi speranze, ma già altri muri dividono di nuovo il continente. Per questo, vi sono grato di aver organizzato, su mia richiesta e per preparare l'assemblea speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi, il Simposio pre-sinodale Cristianesimo e cultura in Europa. Memoria, coscienza, progetto.

Avete aiutato i Vescovi e con loro tutta la Chiesa a ravvivare la nostra memoria cristiana millenaria e a meglio discernere i fondamenti culturali del rinascimento di un'Europa spiritualmente riunita, in cui noi vogliamo essere "testimoni di Cristo che ci ha liberati" (cfr. Ga 5,1).

Alla vigilia del terzo millennio, la missione apostolica della Chiesa la impegna in una nuova evangelizzazione in cui la cultura riveste un'importanza fondamentale. Lo sottolineavano i Padri del recente Sinodo: il numero di cristiani aumenta, ma, al tempo stesso, cresce la pressione di una cultura senza radici spirituali. La scristianizzazione ha generato società senza nn riferimento a Dio.

Il riflusso del marxismo-leninismo ateo quale sistema politico totalitario in Europa è lungi dal risolvere i drammi che quel sistema ha provocato in tre quarti di secolo. Quanti sono stati colpiti, in un modo o nell'altro, da questo sistema totalitario, i suoi responsabili e i suoi partigiani, così come i suoi avversari più irriducibili, sono diventati sue vittime. Coloro che hanno sacrificato all'utopia comunista la loro famiglia, le loro energie e la loro dignità prendono coscienza di essere stati trascinati in una menzogna che ha ferito molto profondamente la natura umana. Gli altri ritrovano una libertà cui non sono stati preparati e il cui uso resta ipotetico, poiché vivono in condizioni politiche, sociali ed economiche precarie e conoscono una situazione culturale confusa, con il sanguinoso risveglio degli antagonismi nazionalistici.

Nel concludere il Simposio presinodale, vi domandavate: Dove e verso chi si volgeranno coloro le cui speranze utopiche sono appena sfumate? Il vuoto spirituale che mina la società è innanzitutto un vuoto culturale ed è nella coscienza morale, rinnovata dal Vangelo di Cristo, che essa può effettivamente colmarlo. Soltanto allora, nella fedeltà creativa al proprio patrimonio ereditato dal passato e sempre vivo, l'Europa sarà in grado di affrontare l'avvenire con un progetto che sia un vero incontro tra la Parola di Vita e le culture alla ricerca di amore e di verità per l'uomo. Colgo l'occasione che mi è offerta oggi per rinnovare a tutti coloro che sono stati gli artefici di questo Simposio l'espressione della mia riconoscenza per la loro collaborazione ai lavori del Sinodo.


4. L'anno 1992 segna il quinto centenario dell'evangelizzazione dell'America. Ho desiderato particolarmente che la "cultura cristiana" fosse uno degli assi portanti di questo giubileo, in cui la Chiesa proporrà veramente il Vangelo di Cristo agli uomini nella misura in cui si rivolgerà a ciascun uomo nella sua cultura e in cui la fede dei cristiani mostrerà la propria capacità di fecondare le culture emergenti, portatrici di speranza per l'avvenire. L'America Latina rappresenta quasi la metà dei cattolici del mondo. La sfida della sua nuova evangelizzazione è strettamente legata ad un rinnovato dialogo tra le culture e la fede. Per questo il Pontificio Consiglio della Cultura continuerà ad offrire la sua esperienza alle Conferenze episcopali che lo solleciteranno in questo senso, con il C.E.L.AM.


5. Il prossimo Sinodo dei Vescovi per l'Africa offrirà un posto centrale alla grande sfida della diffusione del Vangelo nelle culture africane. Già i documenti preparatori studiano da vicino i rapporti tra l'evangelizzazione e l'inculturazione. Da più di nn secolo, i missionari hanno generosamente speso le proprie energie e spesso persino sacrificato le loro vite affinché il Vangelo salvifico raggiungesse l'Africano nel cuore del suo essere. L'inculturazione è un processo lento, che comprende tutta la dimensione della vita missionaria. E' uno sguardo d'insieme, rivolto all'umanità, mostra che questa missione è ancora agli inizi e che noi dobbiamo impegnarci con tutte le nostre forze al suo servizio (cfr. RMi 52 RMi 1). Alla vigilia di questo Sinodo, minacciati dal sincretismo e dalle sette, le Chiese d'Africa ritroveranno un nuovo slancio per annunciare il Vangelo ed accoglierlo in funzione delle loro culture, nel quadro della catechesi, della formazione dei sacerdoti e dei catechisti, della liturgia e della vita delle comunità cristiane. Ciò richiederà del tempo: ogni processo di inculturazione autentica della fede è un atto di "tradizione", che deve trovare la sua ispirazione e le sue norme nell'unica Tradizione. Esso presuppone un approfondimento teologico ed antropologico del messaggio della Redenzione e al tempo stesso la viva ed insostituibile testimonianza di comunità cristiane, felici di condividere il loro fervido amore per Cristo.


6. Un compito urgente vi attende: ristabilire i legami allentati e talvolta spezzati tra i valori culturali del nostro tempo e il loro fondamento cristiano permanente. I cambiamenti politici, gli sconvolgimenti economici e i mutamenti culturali di questi ultimi anni hanno largamente contribuito ad una presa di coscienza morale, dolorosa e lucida. Dopo decenni di oppressione totalitaria, degli uomini e delle donne ce ne offrono la straziante testimonianza: è alla coscienza morale, custode della loro identità profonda, che essi devono la loro sopravvivenza personale. Molti sono oggi i giovani e i meno giovani delle nazioni industrializzate che gridano, con tutti i mezzi, la loro insoddisfazione per un "avere" che soffoca l'"essere", mentre tanti altri mancano dell'"avere" per poter semplicemente "essere". Dappertutto, i popoli esigono il rispetto della loro cultura e del loro diritto ad una vita pienamente umana. E' perciò attraverso la cultura che si verificherà la frase di Pascal: "L'uomo supera l'uomo, infinitamente".


7. Una situazione culturale nuova deriva in particolare dallo sviluppo delle scienze e delle tecniche. Consapevoli della rinnovata riflessione che essa esige da parte della Chiesa, avete ispirato un simposio a Tokyo su Scienza, tecnologia e valori spirituali. Un approccio asiatico alla modernizzazione. E un altro, proprio in Vaticano, in collaborazione con la Pontificia Accademia delle Scienze su La scienza nel contesto della cultura umana. La frammentazione delle conoscenze, come quella delle loro applicazioni tecniche, rende più difficile la visione organica e armoniosa dell'uomo nella sua unità ontologica. Lungi dall'essere estranea alla cultura scientifica, la Chiesa si rallegra per le scoperte e le applicazioni tecniche suscettibili di migliorare le condizioni e la qualità della vita dei nostri contemporanei. Essa ricorda senza stancarsi il carattere unico e la dignità dell'essere umano contro ogni tentazione di abusare del potere che la tecnica conferisce. Auspico che voi continuiate il dialogo inaugurato nel corso di questi ultimi anni con i rappresentanti della cultura scientifica, delle scienze esatte e delle scienze dell'uomo. I progressi della scienza e della tecnica richiedono una coscienza rinnovata e un'esigenza etica in seno alla cultura per renderla più umana e affinché gli uomini di tutte le culture possano beneficiarne equamente in uno sforzo perseverante di solidarietà.


8. Le aspirazioni fondamentali dell'uomo hanno un senso. Esprimono, in modi vari e talvolta confusi, la vocazione ad "essere", iscritta da Dio nel cuore di ogni uomo. In mezzo alle incertezze e alle angosce del nostro tempo, la vostra missione vi chiama ad offrire il meglio di voi stessi per sviluppare un'autentica cultura della speranza, fondata sulla Rivelazione e la Salvezza di Gesù Cristo. La libertà è pienamente valorizzata solo attraverso l'accoglimento della verità e dell'amore che Dio offre ad ogni uomo. E' per i cristiani un'immensa sfida: testimoniare l'amore, che è la fonte e il compimento di ogni cultura, in Gesù Cristo che ci ha liberati.


9. Umanizzare attraverso il Vangelo la società e le sue istituzioni, restituire alla famiglia, alle città e ai villaggi un'anima degna dell'uomo, creato a immagine di Dio, questa è la sfida del XX secolo. La Chiesa può contare sugli uomini e le donne di cultura per aiutare i popoli a ritrovare la loro memoria, a ravvivare la loro coscienza e a preparare il loro avvenire. Il lievito cristiano feconderà e diffonderà le culture vive e i loro valori. così Cristo, Via, Verità e Vita (cfr. Jn 14,6) entrerà nei cuori e rinnoverà le culture, Lui che "ha offerto ogni novità portando se stesso", come ha scritto Ireneo di Lione (Adv. Haer., IV, 34, 1). Ciò conferma l'importanza dell'educazione e la necessità di insegnanti che siano autentici formatori della persona. Ciò conferma anche la necessità di ricercatori e di studiosi cristiani, la cui capacità scientifica sia riconosciuta ed apprezzata, per dare senso alle scoperte della scienza e alle invenzioni della tecnica. Il mondo ha bisogno di sacerdoti, di religiosi, di religiose e di laici seriamente formati dalla conoscenza dell'eredità dottrinale della Chiesa, ricca del suo patrimonio culturale bimillenario, fonte sempre feconda di artisti e di poeti, in grado di aiutare il popolo di Dio a vivere l'inesauribile mistero di Cristo, celebrato nella beltà, meditato nella preghiera, incarnato nella santità.


10. Signori Cardinali, cari amici, possa questo incontro con il Successore di Pietro confermarvi nella coscienza della vostra missione. La cultura è dell'uomo, dall'uomo e per l'uomo. La vocazione del Pontificio Consiglio della Cultura, la vostra vocazione, in questo volgere di secolo e di millennio, è quella di suscitare una nuova cultura dell'amore e della speranza ispirata dalla verità che ci rende liberi in Gesù Cristo. Questo è lo scopo dell'inculturazione, questa priorità per la nuova evangelizzazione. Il radicamento del Vangelo in seno alle culture è un'esigenza della missione, come ho ricordato recentemente nell'Enciclica Redemptoris Missio. Siatene gli autentici artefici, in comunione profonda con la Santa Sede e tutta la Chiesa, in seno alle Chiese locali, sotto la guida dei loro pastori.

Con i miei fervidi auguri a voi e a quanti vi sono cari, vi assicuro la mia gratitudine e la mia preghiera per la fecondità dei vostri lavori. Come pegno del mio affetto, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1992-01-10 Data estesa: Venerdi 10 Gennaio 1992

Ai partecipanti ad un corso di formazione sui metodi naturali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una mentalità contraccettiva che rifiuta di trasmettere la vita deforma la logica del dono propria dell'amore sponsale

Carissimi,


1. E' ormai diventata grata tradizione questo incontro con i partecipanti al corso di formazione per insegnanti, promosso annualmente dal "Centro Studi e Ricerche sulla regolazione naturale della fertilità" dell'Università Cattolica del Sacro Cuore. Vi porgo il mio cordiale saluto e rinnovo il mio compiacimento per questa iniziativa, che si pone al servizio della pastorale familiare, aiutando i coniugi a vivere la loro vocazione in armonia con la legge di Dio autenticamente interpretata dal Magistero della Chiesa. Qualificando il vostro corso con l'attributo della "formazione", voi attirate l'attenzione su un aspetto decisivo della problematica di cui vi occupate: la regolazione naturale della fertilità non ha, infatti, un carattere meramente tecnico, ma implica sempre un'essenziale dimensione morale. Non si tratta, perciò solo di acquisire e diffondere cognizioni scientifiche circa la fisiologia della sessualità ed i metodi diagnostici della fecondità femminile. Si tratta anche e soprattutto di comprendere la verità dell'amore umano nel piano divino e di maturare nella sensibilità per i valori morali in esso implicati. Pertanto la conoscenza sempre più accurata dei ritmi di fertilità dell'organismo femminile trova il suo orizzonte adeguato e la condizione per il suo utilizzo moralmente lecito nel quadro della castità coniugale, intesa come virtù dell'autentico amore sponsale.


2. Parlare oggi di virtù e, in particolare, di castità non è facile. Nella mentalità corrente la virtù è stata identificata troppo spesso con un atteggiamento impaurito e timido nei confronti della vita e soprattutto la castità è stata vista, e talora presentata, come una negazione dei valori della sessualità. Invece, "secondo la visione cristiana, la castità non significa affatto né rifiuto né disistima della sessualità umana: significa piuttosto energia spirituale, che sa difendere l'amore dai pericoli dell'egoismo e dall'aggressività e sa promuoverlo verso la sua piena realizzazione" (FC 33). Tale virtù, infatti, realizzando un'integrazione crescente dei dinamismi istintuali e psichici propri della sessualità, consente quel dominio di sé che è presupposto del dono e dell'accoglienza, cioè dell'amore. Solo chi è libero, ossia non dominato dalla concupiscenza, può donare se stesso e accogliere l'altra persona senza riserve. Il ruolo della continenza è precisamente quello di assicurare la padronanza di se stessi. Il rifiuto di trasmettere la vita, infatti, e la chiusura alla procreazione, propri di una mentalità contraccettiva, deformano la logica del dono propria dell'amore sponsale e sono segno di grave degrado morale. Tali atteggiamenti riflettono un giudizio pessimistico sull'esistenza e una preferenza dei piaceri immediati, respingendo le responsabilità proprie della paternità e maternità.


3. Alla luce di queste riflessioni si può comprendere la differenza etica, che esiste tra la contraccezione e il ricorso ai ritmi naturali per vivere responsabilmente la paternità e maternità. Non si tratta di una distinzione a livello semplicemente di tecniche o di metodi, in cui l'elemento decisivo sarebbe costituito dal carattere "artificiale" o "naturale" del procedimento. Si tratta soprattutto di una differenza di comportamenti. In realtà i cosiddetti "metodi naturali" sono mezzi diagnostici dei periodi fertili della donna, che aprono la possibilità all'astinenza dai rapporti sessuali quando giustificati motivi di responsabilità chiedono di evitare il concepimento. In questo caso i coniugi modificano il loro comportamento sessuale mediante l'astinenza. La dinamica del dono di sé e dell'accoglienza dell'altro, proprie dell'atto coniugale, non viene falsificata. La scelta contraccettiva, invece, mentre lascia praticamente immutato il comportamento sessuale, falsifica l'intrinseco significato di dono e di accoglienza proprio dell'atto sessuale coniugale, chiudendolo arbitrariamente alla dinamica della trasmissione di una nuova vita. Invece di portare i dinamismi istintuali e psichici della sessualità a livello della persona, cioè della responsabilità del soggetto che li assume e integra alla luce della verità dell'amore, essa li abbandona a se stessi, permettendo una riduzione ad oggetto della persona.


4. Quando la Chiesa propone ai coniugi la verità intera sull'amore umano e ne richiama le esigenti leggi, non ignora le difficoltà che possono sorgere sul loro cammino. Ma essa sa pure che il comandamento di Dio è proporzionato alle capacità dell'uomo, cui è donato lo Spirito, il quale suscita nei coniugi, mediante la grazia dei sacramenti, soprattutto del sacramento del matrimonio, la virtù della castità, cioè l'energia creativa dell'amore sponsale autentico. All'azione dello Spirito dovrà pero affiancarsi anche il sostegno umano, offerto da persone che sappiano vivere e testimoniare il vero volto dell'amore. E' perciò importante che le comunità cristiane, le parrocchie ed i movimenti diventino autentiche scuole di vita, in cui le singole famiglie trovino il loro ambito di crescita. Sarà utile, a tal fine, promuovere la formazione adeguata di medici, di operatori di pastorale familiare, di coppie che possano impegnarsi al servizio delle famiglie e nella preparazione al matrimonio dei fidanzati.

E' in tale contesto di vasto impegno pastorale a promozione e sostegno della famiglia e del vero amore sponsale, che si colloca anche il vostro contributo. La vostra competente opera di diffusione delle conoscenze circa i ritmi della fecondità femminile si pone al servizio delle persone, in una sfera decisiva della loro vita e in un ambito importante per la missione della Chiesa.

Auspico, pertanto, un pieno successo dei vostri sforzi. L'azione informativa e soprattutto educativa dovrà essere capillare, da persona a persona, da coppia a coppia, nella consapevolezza che c'è bisogno non solo di maestri, ma anche di testimoni e di amici.

Che lo Spirito del Signore animi e conforti la vostra azione e vi conceda la sua efficace assistenza, in pegno della quale vi imparto la mia Benedizione, che volentieri estendo alle vostre famiglie e alle famiglie con cui verrete a contatto.

Data: 1992-01-10 Data estesa: Venerdi 10 Gennaio 1992

Al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Sicurezza, cooperazione e salvaguardia della dimensione dell'uomo devono essere i pilastri sui quali si fonda l'avvenire dei popoli

Eccellenze, Signore, Signori,


1. Gli auguri che il vostro Decano, il Signor Ambasciatore Joseph Amichia, mi ha appena rivolto a vostro nome e a quello dei Governi che voi rappresentate, mi hanno vivamente commosso. Ve ne ringrazio di cuore. La vostra presenza qui, questa mattina, evoca in me le conquiste e le speranze dei popoli della terra. La Provvidenza mi ha dato la gioia di visitare molti di essi; in questo momento, rivedo tutti quelli che ho potuto incontrare e gli altri sono ben presenti al mio spirito.

A mia volta, vorrei porgervi i miei fervidi auguri per la vostra felicità personale e familiare e per il successo delle importanti missioni che vi sono state affidate. Non dimentico certo i vostri Governi, né i vostri compatrioti: che Dio conceda ad essi di poter realizzare le loro aspirazioni comuni, affinché ogni società conosca più giustizia, più benessere spirituale e materiale e quindi più pace! Questi sono i miei auguri. Questa è la mia preghiera.

Sono inoltre felice di porgere il benvenuto ai diplomatici che hanno assunto le proprie funzioni nel corso degli ultimi mesi e mi rallegro di vedere la famiglia dei popoli sempre più ampiamente rappresentata presso la Santa Sede. Ne sono tanto più soddisfatto in quanto tale presenza diversificata è segno, per molti, di un ritorno alla democrazia. Ed è sempre, per la Chiesa cattolica, il momento per manifestare ad ogni paese, che intenda allacciare rapporti diplomatici con la Sede apostolica, il suo reale desiderio di trovarsi accanto alle nazioni che s'impegnano sinceramente per il progresso dei popoli. Il Signor Ambasciatore Amichia ha presentato acutamente il panorama dei principali avvenimenti del 1991, così come le più importanti attività della Chiesa cattolica e quelle della Santa Sede. Infatti, l'anno trascorso è stato ricco di sviluppi prevedibili, ma anche di svolgimenti inattesi.


1991: l'anno delle guerre La guerra del Golfo


2. Purtroppo, il 1991 è stato un anno nel corso del quale la guerra ha occupato la scena principale.

Ve ne ricorderete, la guerra detta "del Golfo" doveva scoppiare pochi giorni dopo il nostro incontro del 12 gennaio. Essa ha lasciato dietro di sé - come ogni guerra - il suo sinistro corteo di morti, di feriti, di distruzioni, di rancori e di problemi non risolti. Non si possono certo dimenticare gli strascichi del conflitto: ancora oggi, le popolazioni dell'Iraq continuano a soffrire atrocemente. La Santa Sede ha ricordato, come sapete, gli imperativi etici che, in ogni circostanza, devono prevalere: il carattere sacro della persona umana, da qualunque parte essa si trovi; la forza del diritto; l'importanza del dialogo e del negoziato; il rispetto dei patti internazionali. Sono queste le uniche "armi" che rendono onore all'uomo, come Dio ha voluto! La guerra in Jugoslavia


3. L'anno 1991 si è concluso ancora nel frastuono delle armi. Immagini sconvolgenti ci hanno mostrato popolazioni civili letteralmente travolte dai combattimenti che lacerano la Jugoslavia e soprattutto la Croazia. Case distrutte, popolazioni costrette all'esodo, economia annientata, chiese ed ospedali sistematicamente bombardati: chi non sarebbe sconvolto da questi gesti che la ragione condanna? Conoscete i miei numerosi appelli alla pacificazione e al dialogo. Vi è familiare la posizione della Santa Sede sul riconoscimento degli Stati nuovamente sorti dalla congiuntura europea. Mi limitero oggi a sottolineare che i popoli hanno il diritto di scegliere il loro modo di pensare e di vivere insieme. Spetta ad essi dotarsi dei mezzi che consentano loro di realizzare le proprie aspirazioni legittime, liberamente e democraticamente determinate.

D'altronde, la comunità delle nazioni ha elaborato testi e strumenti giuridici che definiscono felicemente i diritti e i doveri di ognuno, e prevedono contemporaneamente le strutture di collaborazione atte ad armonizzare i necessari rapporti tra Stati sovrani, sia a livello regionale che a livello internazionale.

Non è certo con le bombe che si può costruire l'avvenire di un paese o di un continente.

L'Irlanda del Nord


4. Dobbiamo anche ricordare un altro conflitto a cui sembra di essere abituati: penso qui all'Irlanda del Nord. Da anni, il protrarsi della violenza si oppone ai tentativi di soluzione politica. Possiamo rassegnarci a questa piaga che sfigura l'Europa? Nessuna causa può giustificare il fatto che i diritti dell'uomo, il rispetto delle legittime differenze e l'osservanza della legge siano disprezzate a tal punto in questo territorio. Esorto tutte le parti a riflettere dinanzi a Dio sui loro comportamenti.

Ricordo in questo momento le parole di un santo "europeo" che ho canonizzato di recente, Padre Raphaël Kalinowski. Mentre la Polonia lottava, il secolo scorso, per difendere la sua dignità e la sua indipendenza nazionale, pur partecipando egli stesso a questo combattimento, oso scrivere: "la patria ha bisogno di sudore, non di sangue!". Si, Eccellenze, Signore, Signori. L'Europa ha bisogno di donne e di uomini che si mettano insieme al lavoro affinché l'odio e il rifiuto dell'altro non abbiano più diritto di cittadinanza su questo continente che ha dato dei santi, modelli di umanità, su questo continente che ha saputo far scaturire idee feconde ed esportare istituzioni che rendono onore al genio umano.

Il Corno d'Africa Lo Sri Lanka


5. Oltre a queste guerre dalle smisurate dimensioni, altri focolai di conflitti turbano ancora l'esistenza dei popoli della terra. Non potendo citarli tutti, menzionero le rivalità etniche che segnano il Corno d'Africa. Se gli Eritrei hanno ottenuto la loro autonomia, altre forze centrifughe continuano a minare l'Etiopia.

Nella vicina Somalia, lo Stato è crollato e la frammentazione della società rende praticamente impossibile ogni assistenza umanitaria. Il sistema federale resta ancora una promessa nel Sudan, reso esangue da una guerra cominciata nel 1983.

Ancora più lontano da noi, anche lo Sri Lanka non cessa di dibattersi tra offensive e rappresaglie che seminano migliaia di vittime.

Non sapremmo rassegnarci ad un tale stato di cose. I responsabili politici, in modo tutto particolare, hanno il grande dovere di favorire tutto ciò che può porre termine ai combattimenti fratricidi. Essi devono far maturare il dialogo, promuovere progetti di società adeguati alle aspirazioni di questi popoli ed accrescere l'aiuto umanitario indispensabile. Fortunatamente, la diplomazia, in particolare nella sua dimensione multilaterale, consente scambi e soluzioni concertate in un mondo sempre più interdipendente; l'Organizzazione delle Nazioni Unite riveste a tale riguardo un'importanza ed un significato che a nessuno sfugge. Auspico che, dopo l'accorta gestione del Signor Javier Pérez de Cuellar, il nuovo Segretario generale, il Signor Boutros Ghali, possa, forte della sua esperienza internazionale, continuare a fare di questa insostituibile Istituzione uno spazio privilegiato per la promozione della pace e la soluzione negoziata delle controversie.

Guardare verso l'avvenire Le lezioni della storia


6. Nel momento in cui inizia un anno nuovo, un anno pieno di interrogativi, ognuno di noi è portato a fare il punto e a guardare verso il futuro.

La persistenza dei conflitti e delle tensioni che ho appena ricordato, genera un sentimento di tristezza. Tristezza di dover constatare che non sempre si giunge a trarre vantaggio dalle lezioni della storia, antica o recente. Poiché infine, riporre la propria fiducia soltanto nella lotta armata per far valere il proprio punto di vista, addurre situazioni ereditate dal passato per esimersi dall'aprire nuove vie di comprensione e di giustizia, distruggere sistematicamente tutto quanto costituisce la ricchezza delle società cui ci si oppone, o ancora disprezzare ostentatamente il diritto o le convenzioni umanitarie per meglio dominare l'avversario, tutto questo è regressione. La pace e la riconciliazione iniziano sempre con uno sguardo di benevolenza che rispetta nell'altro - persona o popolo - la sua dignità.

Le responsabilità dell'Europa


7. In un siffatto contesto, l'Europa ha una particolare responsabilità anche a motivo del suo elevato grado di civilizzazione. Essa è in cammino verso la sua unità. Possiede tutto un patrimonio giuridico e delle regole di condotta internazionale che dovrebbero consentirle di affrontare le incertezze dell'avvenire immediato con una certa sicurezza.

Le trasformazioni che avvengono nella Yugoslavia oppure in quella che fino a queste ultime settimane era l'Unione Sovietica sembrano esigere la messa in opera di nuovi meccanismi di collaborazione politica. E' probabile inoltre che sia richiesta una maggiore solidarietà a tutti per venire in aiuto di popolazioni sempre più impoverite e per evitare che queste evoluzioni si verifichino in un ambiente di povertà.

Sicurezza, cooperazione e salvaguardia della dimensione dell'uomo devono essere i pilastri su cui poggerà l'avvenire dei popoli. Questo è vero per le Repubbliche Baltiche che hanno ritrovato la loro indipendenza, per l'Albania che è tornata nella grande famiglia europea, così come per la nuova realtà che è succeduta all'Unione Sovietica. L'affermazione delle particolarità nazionali pone e porrà dei problemi che dovranno essere risolti con saggezza perché tutti si sentano sicuri sulla propria sorte, perché possano marciare al proprio ritmo, perché si sentano rispettati nella propria specificità e perché trovino il loro posto nella comunità di destini che dovrà essere l'Europa di domani.

Questi sono compiti che riguardano tutti gli Europei. Essendo caduti i muri, nessuno può invocare la mancanza di informazioni sulle condizioni di vita del suo vicino per giustificare la propria indifferenza: la solidarietà nel senso più vasto del termine diviene ormai il primo dei doveri. O gli Europei si salveranno insieme, oppure periranno insieme! Il posto e il ruolo dei cristiani (problemi propri delle società occidentali, azione umanitaria...)


8. Su questa via si troveranno i cristiani, cattolici, ortodossi e protestanti, chiamati a svolgere un ruolo di primo piano e desiderosi di avere il posto che spetta loro. Molti valori propri della modernità hanno la loro matrice nel cristianesimo e, oggi come ieri, i discepoli di Gesù, fedeli all'insegnamento del loro Maestro, devono essere il "sale della terra" (Mt 5,13). Bisogna ancora che questa possibilità sia loro concessa. Constatiamo, infatti, persino in paesi dalla radicata tradizione cristiana, che le Chiese non trovano sempre aiuto e comprensione per i loro progetti e le loro realizzazioni. La Scuola cattolica, per esempio, è talvolta più tollerata che considerata quale controparte nel progetto educativo nazionale. Chi potrebbe, ciononostante, negare il servizio che essa rende alla società, non fosse che per il suo contributo alla formazione della coscienza? Nelle scuole governative, l'insegnamento religioso viene troppo spesso emarginato. Se l'informazione è al tempo stesso un diritto, un dovere e un bene, dobbiamo senza dubbio congratularci per l'importanza e prestazioni dei mezzi di comunicazione sociale. Essi sono un fattore spesso decisivo nella maturità personale e sociale dell'uomo. Tuttavia, non è raro - e questo è certamente riprovevole - che l'informazione religiosa venga ridotta al folklore o che la religione e le sue più nobili espressioni siano messe in ridicolo. Chi, oggi, potrebbe pensare all'Europa senza i cristiani? Sarebbe come privarla di una delle sue dimensioni portanti, come impoverire la sua memoria e dimenticare il ruolo determinante svolto dai cristiani nei cambiamenti sopraggiunti nel Centro e nell'Est dell'Europa nel 1989 e nel 1990.

Confido che, nonostante le difficoltà passeggere che affliggono il dialogo ecumenico, le grandi famiglie spirituali radicate in questo "vecchio" continente sapranno portarsi all'altezza dei compiti storici che le attendono per dare all'Europa un "supplemento d'anima", condizione indispensabile per la sua armonia e la sua irradiazione. A questo riguardo, la riunione dei giovani a Czestochowa, lo scorso agosto, e la recente assemblea speciale del Sinodo per l'Europa mi riempiono di speranza.

Dare fiducia all'uomo - I segni di speranza Conferenza di pace di Madrid (rapporti con l'Islam)


9. Non si può, in effetti, perdere la fiducia nell'uomo! Bisogna aver fiducia nella sua buona volontà, nella sua creatività. Prima di tutto perché, "fatto ad immagine di Dio" (cfr. Gn 1,16), è capace di amare. In secondo luogo, perché possiede l'energia del bene, che forse non è tenuta nel suo giusto valore. I diversi organismi internazionali, comprese le organizzazioni cattoliche, testimoniano questa volontà di effettiva fratellanza. Il loro lavoro per alleviare le sofferenze e per promuovere lo spirito di tolleranza e di servizio, contribuisce ad armonizzare i rapporti umani e a risolvere i problemi più urgenti.

Grazie ad essi, molti ritrovano la gioia e la speranza. La Santa Sede, da parte sua, segue con interesse tutte queste attività, in particolare grazie ad alcuni dei suoi organismi che, l'anno scorso, sono stati presenti su parecchi "fronti" umanitari. Vorrei ricordare qui, fra gli altri, l'attività del Pontificio Consiglio "Iustitia et Pax", quella del Pontificio Consiglio "Co Unum" e del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Servizi Sanitari. Se prendiamo in considerazione l'attività svolta in campo diplomatico, osserviamo anche qui dei segnali promettenti. Penso, per esempio, a l'incontro di Madrid dello scorso autunno, durante il quale, per la prima volta, arabi e israeliani si sono seduti attorno allo stesso tavolo e hanno accettato di trattare argomenti che, fino ad allora, erano ritenuti vietati. La perseveranza di uomini illuminati e desiderosi di lavorare per la pace, ha permesso di mettere in moto un meccanismo di dialogo e di negoziati che consentirà ai popoli della regione - in particolare ai più svantaggiati, come i Palestinesi e i Libanesi - di guardare al futuro con maggiore fiducia. E' tutta la comunità internazionale che dovrebbe mobilitarsi per accompagnare questi popoli del vicino Oriente lungo l'arduo cammino della pace.

Quale benedizione se questa Terra Santa, dove Dio ha parlato e che Gesù ha calcato, potesse diventare il luogo privilegiato dell'incontro e della preghiera dei popoli, se la Città santa di Gerusalemme potesse essere simbolo e strumento di pace e di riconciliazione! E' qui che i credenti devono compiere una missione di importanza primaria.

Dimenticando il passato e guardando al futuro, sono chiamati al pentimento, sono chiamati a rivedere il loro comportamento e a ritrovare la loro condizione di fratelli grazie al Dio unico che li ama e li invita a collaborare al suo progetto sull'umanità. Il dialogo fra Ebrei, Cristiani e Musulmani mi sembra prioritario.

Conoscendosi meglio, apprezzandosi reciprocamente e vivendo, nel rispetto delle coscienze, i molteplici aspetti della loro religione, essi saranno, in questa regione del mondo e altrove, "artefici di pace". Come ho scritto nel mio Messaggio in occasione della XXV Giornata Mondiale della Pace, "una vita religiosa, se è autenticamente vissuta, non può non produrre frutti di pace e di fraternità, perché è nella natura della religione promuovere un vincolo sempre più stretto con la divinità e favorire un rapporto sempre più solidale tra gli uomini" (n. 2).

Ahimé, so quanto è difficile questa amicizia fra credenti. Quanti appelli giungono alla Santa Sede per deplorare situazioni in cui i cristiani, in particolare, sono oggetto di discriminazioni tremende e ingiustificabili, sia in Medio Oriente che in Africa! Esistono paesi in cui, per esempio, la religione musulmana è maggioritaria e i cristiani, ancora oggi, non hanno neppure la possibilità di avere un solo luogo di culto a disposizione. In altri casi non è loro possibile partecipare alla vita politica del paese come cittadini a pieno diritto. In altri casi ancora, vien loro semplicemente consigliato di partire. Mi rivolgo a tutti i dirigenti dei paesi che hanno fatto l'esperienza benefica del dialogo interreligioso, perché affrontino tale problema con serietà e realismo. Ne va del rispetto della coscienza della persona umana, della pace civile e della credibilità delle convenzioni internazionali.

Progressi in Asia (Corea, Cambogia, Cina, Vietnam) 10. Se guardiamo all'Asia, osserviamo l'emergere di una identità regionale che si afferma sempre di più, soprattutto grazie all'azione costante delle organizzazioni regionali che favoriscono la cooperazione e l'amicizia fra civiltà e popoli spesso molto diversi. così, nei mesi passati, è stato possibile compiere gesti politici coraggiosi: le due Coree si sono riavvicinate ed è intervenuto un accordo in Cambogia, che ha permesso alle fazioni coinvolte di iniziare insieme un cammino che paesi amici disinteressati aiutano a tracciare. Altri due paesi hanno richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica. La vasta Cina, che è stata particolarmente presente sulla scena mondiale. Speriamo che si possa stabilire con essa una feconda cooperazione internazionale. La Santa Sede guarda con simpatia a questo grande paese di alta cultura e dalle risorse umane e naturali fuori dal comune. Si sforza anche di seguire la vita della piccola comunità cattolica che vi risiede. Il Papa incoraggia i suoi figli cinesi a continuare a vivere la loro fede nella fedeltà al Vangelo e alla Chiesa di Cristo. Li esorta a servire la loro patria e i loro fratelli con generosità, come hanno sempre fatto. Una parola anche per il caro Vietnam, i cui sforzi per un'apertura economica vanno sostenuti. Anche li esiste una comunità cattolica il cui vigore apostolico è degno di lode. La Santa Sede spera ardentemente che si intensifichi il dialogo intrapreso con le autorità civili e che venga consolidata la situazione e lo sviluppo di questa Chiesa locale, così solidale con le aspirazioni del paese. Nel ricordare le sorti di queste immense popolazioni, non possiamo dimenticare gli uomini e le donne più svantaggiati, forse, e più esposti a precarietà di ogni genere: gli esiliati e i rifugiati. Pensiamo, per esempio, al dramma che stanno vivendo quanti tra loro si trovano nei campi di Hong Kong, della Thailandia, della Malesia e di altri paesi, o quanti sono stati rimpatriati a forza. A tale proposito, pur riaffermando che queste persone hanno gli stessi diritti degli altri uomini, è opportuno insistere sul dovere, da parte della comunità internazionale, di assumersi le proprie responsabilità per accoglierli, e, allo stesso tempo, di favorire, nei paesi d'origine, condizioni socio-politiche che permettano loro di vivere nella libertà, nella dignità e nella giustizia. Non vorrei concludere questa breve panoramica sull'Asia senza menzionare un persistente focolaio di tensione: il Timor orientale, che ho avuto la grande gioia di visitare. Come ho ricordato in numerose occasioni, è necessario un dialogo continuo affinché tutte le componenti della realtà del Timor gettino le basi di una vita politica e sociale in armonia con le aspirazioni della popolazione. La Santa Sede, da parte sua, non ha trascurato nessuna occasione, sia sul piano ecclesiale, sia sul piano diplomatico, per invitare quanti hanno una responsabilità e si preoccupano del benessere di questa zona, a lavorare per mettere fine a queste controversie che sono durate anche troppo.

L'Africa sulla via della democratizzazione Sulle vie della pace (Sudafrica, Angola, Mozambico, Eritrea) 11. Dobbiamo soffermarci ora sull'Africa, dove spira il vento della democratizzazione. Un fatto sembra imporsi, e rappresenta un immenso progresso: quanti lavorano per costruire nuove società, si sforzano soprattutto di rafforzare la libertà di espressione, la libertà di associazione, la possibilità di prendere delle iniziative. Si tratta qui di una evoluzione da incoraggiare, sia dal punto di vista dell'assistenza politica, sia da quello dell'assistenza economica o tecnica. Come scrivevo nell'Enciclica Centesimus annus, sarà necessario "abbandonare la mentalità che considera i poveri - persone e popoli - come un fardello e come fastidiosi importuni, che pretendono di consumare quanto altri hanno prodotto. I poveri chiedono il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali e di mettere a frutto la loro capacità di lavoro, creando così un mondo più giusto e per tutti più prospero" (CA 28). Vanno notati, in questo Continente, altri segnali positivi. Il Sudafrica, per esempio, non si lascia abbattere dalle difficoltà per proseguire il suo cammino verso una società senza "apartheid".

L'Angola compie i suoi primi passi di nazione indipendente e il Mozambico sembra aver intrapreso un processo di pace. Tutto questo ha potuto verificarsi grazie alla tenacia di protagonisti nazionali, ma anche grazie alla mediazione e all'assistenza di paesi amici. Si tratta di un bell'esempio di solidarietà internazionale che ci piacerebbe vedere applicato ad altri focolai di tensione assai preoccupanti.

Affronta situazioni difficili (Ruanda, Burundi, Zaire, Ciad, Togo, Liberia, Madagascar) 12. Poiché la felice evoluzione che segnalavo in Africa è lungi dal verificarsi in tutti i paesi. Come dimenticare le rivalità etniche che turbano il Ruanda, o il Burundi, paese che comunque ha intrapreso un cammino di riconciliazione nazionale? Mi rivolgo alla comunità internazionale, affinché queste popolazioni non vengano assolutamente abbandonate a se stesse. Lo Zaire è nel mirino dell'attualità. La dissoluzione delle strutture statali non facilita l'elaborazione di un progetto di società che risponda alle aspirazioni della maggioranza. Purtroppo anche le popolazioni del Ciad sperimentano in queste ultime settimane sconvolgimenti che minacciano una pace civile già precaria. D'altronde, le incertezze della democrazia nel Togo sono preoccupanti, e dovrebbe essere fatto tutto il possibile per evitare scontri disastrosi. La Liberia continua, da parte sua, a dibattersi in una guerra civile che non solo ha distrutto tutte le infrastrutture del paese, ma ha costretto anche numerose persone all'espatrio. Il Madagascar, dove da molti mesi una profonda crisi politica, sociale ed economica sembra tenere in ostaggio un intero popolo, appare ancora oggi alle prese con preoccupanti congiunture. Che le popolazioni di tutti questi paesi, già provate da tante calamità naturali, da una storia tormentata e da un'endemica povertà, non siano abbandonate! E' il grido che, a nome loro, rivolgo oggi a tutta la comunità internazionale! Alcune note di ottimismo 13. Per lasciare il continente africano su una nota un po' più ottimista, vorrei tornare ad un piccolo popolo che, dopo trent'anni di guerra, ha appena assaporato i suoi primi mesi di pace: parlo dell'Eritrea. I frutti della pacificazione hanno ancora, è vero, un sapore amaro, se si pensa agli orfani, alla deficienza alimentare e alla vastità dell'opera di ricostruzione. Ma, con il ritorno della pace e il sostegno di buoni amici, tutto diventa possibile. Che a queste popolazioni non manchino l'aiuto e la comprensione! Naturalmente, la vicina Etiopia non dovrebbe essere trascurata. Essa dovrebbe poter assumere istituzionalmente la diversità dei popoli che la compongono. L'Africa si muove, quindi vive. Le sue popolazioni sono sempre più consapevoli della propria dignità, ed anche meglio informate. Hanno diritto alla nostra sollecitudine. La aspettano.

La Chiesa cattolica porta avanti, su questo Continente, come sapete, un'opera paziente e perseverante, spesso sconosciuta all'opinione pubblica. Si tratta del lavoro di missionari esemplari, dal disinteresse e dall'abnegazione ammirevoli, che spesso pagano con la propria vita il loro impegno apostolico. Mi è gradito rendere loro omaggio dinanzi a questo auditorio, e incoraggiarli nella loro testimonianza di fede e di carità, che fa onore a tutta la Chiesa.

L'America Latina: processo di pace in America centrale, ma anche ad Haiti e Cuba 14. La nostra ultima tappa ci porta infine verso l' America Latina che, in questo 1992, celebrerà il quinto centenario dell'epopea di Cristoforo Colombo verso le Americhe. Sarà anche l'anniversario della prima evangelizzazione. Avro io stesso, se Dio vuole, la gioia di presiedere l'assemblea generale dell'Episcopato latinoamericano a Santo Domingo, il prossimo ottobre. Queste terre sono state fecondate dal Vangelo, e le mie visite pastorali mi hanno permesso di constatare che queste comunità vivono una fede profonda, e sono animate dalla volontà di testimoniare Cristo in tutte le circostanze e in tutte le situazioni. Anche li gli aspetti positivi non mancano. La democratizzazione si è fatta strada. I paesi della regione dispongono ormai di governi eletti e i gruppi armati, ad eccezione del Perù, hanno deposto le armi o ne stanno negoziando la deposizione. Penso al Salvador, al Guatemala e alla Colombia. Esistono numerosi progetti per la messa in atto di programmi che rispettino la specificità culturale india o nera. Inoltre, l'integrazione economica, con il vasto movimento di solidarietà regionale e internazionale che implica, si sta anch'essa facendo strada. Tutto questo dimostra che è possibile passare dal confronto alla cooperazione. Bisognerebbe che ciò fosse contagioso, poiché esistono comunque delle zone d'ombra. Sto pensando, in particolare, ad Haiti, dove tutto un popolo è alle prese con la povertà, vittima di una logica implacabile di violenza e di odio, che non gli permette di esprimere le sue aspirazioni alla pace e alla democrazia. Anche li mi auguro che la Comunità internazionale si dedichi soprattutto ad aiutare gli haitiani ad essere essi stessi artefici del proprio futuro. Non dimentico neanche Cuba, ancora troppo isolata. La Santa Sede spera che i suoi abitanti conoscano, insieme a condizioni di vita più prospere, la gioia di poter costruire una società in cui ciascuno si senta sempre più partecipe di un progetto comune, liberamente scelto. Altri problemi più generali riguardano alcuni paesi, come, ad esempio, la cultura e lo smercio della droga nei paesi andini, o la lotta armata sovversiva, che sconvolge la vita politica e sociale del Perù, non risparmiando neppure la Chiesa. La povertà e il debito estero rappresentano seri ostacoli per uno sviluppo sereno e costante.

Un continente segnato dal Vangelo e dalla sua logica, il che dovrebbe contribuire alla soluzione dei problemi concreti 15. Tutte queste società, permeate di tradizione cristiana, possiedono fortunatamente risorse morali e umane che non dobbiamo mai trascurare ma, al contrario, far fruttificare. La Chiesa cattolica è ben consapevole della sua missione in questo "continente della speranza", e i suoi fedeli sono in prima linea tra le forze vive del paese che lo compongono. Si sforzano di essere testimoni di Cristo. Ho avuto il privilegio di constatarlo in occasione del mio recente viaggio apostolico in Brasile. I cattolici portano all'evoluzione di questa immensa nazione dalle enormi possibilità il contributo del loro impegno nel rinnovamento politico e sociale così necessario per giungere ad una maggiore giustizia e ad un migliore sviluppo. Quest'anno in cui diverse manifestazioni di vasta portata segneranno le celebrazioni del quinto centenario della prima evangelizzazione, essi sono chiamati, in profonda unione con i loro pastori, ad intensificare il proprio impegno per il rinnovamento della società, per lo sviluppo integrale dell'uomo e la salvaguardia dei valori della famiglia, che certe legislazioni, purtroppo, tentano di indebolire. Soltanto l'ascolto attento dell'altro, la sollecitudine verso i suoi bisogni e il rispetto del diritto sono i mezzi civili che permettono di superare gli interessi egoistici e di aprirsi alle necessità dell'insieme. Penso, per esempio, all'urgenza di una migliore e più serena collaborazione fra l'Ecuador e il Perù. Incoraggio vivamente i responsabili di questi paesi, così profondamente segnati dal messaggio di pace e di carità del Vangelo, ad evitare tutto ciò che potrebbe esacerbare le divergenze e ad impegnarsi coraggiosamente sulla via del dialogo chiarificatore e dei contatti previsti. L'incontro dei presidenti ecuadoriano e peruviano, che si tiene in questi giorni a Quito, rappresenta una tappa significativa. Prego Dio di rafforzare le loro intenzioni e di illuminare i loro scambi.

Conclusione 16. Eccellenze, Signore, Signori, eccoci giunti al termine del nostro incontro.

Abbiamo ricordato le sfide e le speranze del mondo di oggi, di cui ognuno di noi, nel posto che Dio gli ha assegnato, è responsabile. Nel corso dei prossimi mesi, cercheremo insieme di contribuire al bene temporale e spirituale degli uomini e delle società. Chiedo a Dio di darci saggezza, previdenza e compassione, affinché nessuna miseria ci lasci insensibili, nessuna ingiustizia indifferenti, nessuna divisione rassegnati! I cristiani rinnovino la loro fede e la loro speranza alla fonte del mistero inestinguibile del Natale, che potrebbe essere riassunto in una sola parola: la Pace! Pace agli uomini che Dio ama e visita! Che Egli vi accompagni nel corso dei prossimi mesi e che vi benedica insieme a tutti i vostri cari!

Data: 1992-01-11 Data estesa: Sabato 11 Gennaio 1992





GPII 1992 Insegnamenti - Ai nuovi vescovi ordinati nel giorno dell'epifania, Basilica di San Pietro - Città del Vaticano (Roma)