GPII 1991 Insegnamenti - Ad un gruppo di fedeli per il X Anniversario della Casa Polacca - Città del Vaticano (Roma)

Ad un gruppo di fedeli per il X Anniversario della Casa Polacca - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Che egli rafforzi l'opera delle nostre mani"

Cari fratelli e sorelle, Diletti connazionali!


1. Sono lieto di poter oggi nuovamente incontrarmi con voi. L'occasione per questo nostro incontro comune è il decimo anniversario dell'istituzione della Fondazione che porta il mio nome. Avete inaugurato le celebrazioni di tale giubileo, perché così esso può essere chiamato, con una S. Messa solenne e la benedizione di una lapide commemorativa, alla Casa Polacca. Ora vi siete riuniti per un'udienza qui, in Vaticano. Ogni incontro con voi, anche l'odierno, mi sprona alla riflessione, mi fa tornare alla mente gli uomini e gli eventi ad essi uniti. Precisamente, il 16 ottobre 1981, in virtù di un apposito decreto, la suddetta Fondazione inauguro la sua attività. Meno di un mese più tardi, perché l'8 novembre, benedissi la Casa Polacca in Via Cassia. I dieci anni passati sono segnati dall' enorme lavoro di molti uomini, dal gratuito dono di coloro che si sono dedicati esclusivamente a questa causa. Oggi voglio parlare proprio di questo, esprimendo al tempo stesso la mia grande gratitudine a Dio, da cui ogni opera prende il proprio inizio, e agli uomini che hanno intrapreso quest'opera e la portano avanti.


2. Porgo un cordiale benvenuto ai miei Ospiti qui presenti. Saluto il Cardinale Franciszek Macharski, Metropolita di Cracovia, il Cardinale Edmund Szoka, presidente della prefettura degli Affari Economici della Santa Sede, il Cardinale Andrzej Deskur, così benemerito per i problemi della Polonia mondiale. Rivolgo parole di benvenuto all'Arcivescovo Jozef Kowalczyk, Nunzio Apostolico in Polonia, al Vescovo Szczepan Wesoly, presidente della Fondazione e Responsabile della pastorale dei polacchi all'Estero, ai Rappresentanti dell'Episcopato Polacco e dell'Episcopato degli Stati Uniti, e specialmente a Mons. Adam Maida, Arcivescovo di Detroit, moderatore della Fondazione nel territorio di quel grande Stato.

Saluto cordialmente i Membri del Consiglio Amministrativo della Fondazione, i Presidenti e i Membri delle Presidenze dei Circoli degli Amici della Fondazione di vari paesi. Rivolgo il mio caloroso saluto a Voi tutti presenti in questa aula poiché non sono in grado di nominare ciascuno separatamente, tuttavia tutti sono tanto cari al mio cuore. Partecipate a quest'opera mediante le vostre preghiere, le vostre offerte, la vostra benevolenza ed un sincero interesse. Abbraccio col cuore anche coloro che non sono presenti qui ma che fanno tanto per la Fondazione.

Con una cordiale preghiera abbraccio i Benefattori defunti della Fondazione. In particolare desidero ricordare il Cardinale Wladyslaw Rubin di santa memoria - il primo Presidente del Consiglio Amministrativo della stessa Fondazione. Questo grande Pastore dei polacchi dispersi in tutto il mondo, e tutti gli altri sono costantemente presenti nel nostro grato ricordo e certamente nei cuori di tutti coloro che sono qui riuniti. Che Cristo li accolga! Vi ringrazio della vostra presenza e della vostra magnanima generosità. Grazie ai vostri doni la Fondazione ha potuto svilupparsi in modo così fruttuoso per dieci anni. Ho in mente la Casa polacca, l'Istituto polacco di Cultura Cristiana e il Centro di Documentazione.

Con gratitudine penso anche al dono per il Fondo perpetuo, il quale assicura le basi materiali della Fondazione istituita dieci anni fa. Tale Fondo costituisce il dono dei Polacchi e il dono delle parrocchie polacche, delle associazioni culturali e quelle degli ex-combattenti, delle organizzazioni laiche ed ecclesiastiche, delle offerte individuali dei laici e del clero ed anche di coloro i quali nelle loro ultime volontà hanno ricordato i fini della Fondazione. Tra il folto gruppo di Benefattori ci sono anche gli amici di altri paesi. I nomi e i cognomi dei Donatori sono stati iscritti come perenne ricordo nella Casa polacca.

La vostra disponibilità a venire in aiuto materiale alla Fondazione assume forma di un grande simbolo - è un segno d'amore per il patrimonio della nazione e una prova di comprensione del momento storico in cui si trova attualmente la Polonia.

Che Dio ripaghi abbondantemente la vostra nobile generosità.


3. Nel mio discorso tenuto anni fa all'UNESCO dissi tra l'altro: "La Nation est... la grande communauté des hommes qui sont unis par des liens divers, mais surtout, précisément, par la culture. La Nation existe "par" la culture et "pour" la culture, et elle est donc la grande éducatrice des hommes pour qu'ils puissent "être davantage" dans la communauté. Elle est cette communauté qui possède une histoire dépassant l'histoire de l'individu et de la famille" (2 giugno 1980, n.14). Oggi ripeto quelle parole pensando alla Fondazione creata infatti per servire la nostra cultura, la nostra tradizione polacca, la nostra Nazione. A questa cultura serve la Casa polacca mediante l'aiuto offerto ai pellegrini che vengono a Roma in cerca del rafforzamento spirituale ed anche dell'incontro con la tradizione cristiana. E' bene che durante gli ultimi dieci anni questa Casa sia divenuta un'autentico "lembo della Polonia", "tempio di spirito polacco", "particella della Polonia" - usando le parole dei pellegrini stessi. In questa Casa durante gli anni passati si sono fermati oltre settantamila pellegrini dalla Polonia e da altri paesi del mondo. Ha contribuito a questo anche il lavoro pieno di sacrificio dei sacerdoti, delle suore e dei fratelli religiosi e dei dipendenti laici di questa Casa. Rendiamo grazie alla Divina Provvidenza perché i pellegrini polacchi trovano qui un rifugio e l'arricchimento religioso e culturale dello spirito, e coloro che vengono da altri paesi - la verità sulla nazione polacca. A questa cultura serve anche l'Istituto polacco di Cultura Cristiana. Mentre, dopo dieci anni, guardiamo quest'opera, constatiamo che nessuno prevedeva che essa si sarebbe sviluppata così velocemente, superando i confini di Roma. Oggi vediamo ormai chiaramente, quanto questo era necessario e provvidenziale perché tutto ciò che è cristiano e umano potesse svilupparsi e diffondersi nel nostro paese e tra i nostri connazionali emigrati. Il merito di questo Istituto è anche di cercare sempre i contatti con le altre istituzioni e con altri istituti che si occupano della cultura, di cercare le vie che portino all'incontro con le culture di altre nazioni, aprendosi in questo modo alla cultura mondiale. E' un problema estremamente importante, perché grazie alla nostra cultura nazionale possiamo avere il nostro contributo al patrimonio culturale del genere umano, possiamo arricchirlo con le nostre esperienze e in tale modo contribuire alla formazione della sua pienezza. Serva qui da esempio il particolare sforzo dell'Arcivescovo Adam Maida mirante al trasferimento dell'idea della Fondazione nel territorio degli Stati Uniti all'Università di Washington. La mia gioia particolare è il fatto che a Lublino sia stato istituito ii dipartimento di ricerca di questo Istituto, il cui scopo è di concentrarsi sui problemi del centro-est d'Europa, e il concreto aiuto culturale mediante l'assegnazione di borse di studio alla gioventù cattolica dell'ex Unione Sovietica, dell' Ungheria, Romania e Jugoslavia, desiderosa di studiare all'Università Cattolica di Lublino. E' estremamente importante questo sforzo di formare le fondamenta della futura intellighenzia cattolica là dove la Chiesa si rianima dopo anni di persecuzioni e di forzato silenzio. Non posso fare a meno di menzionare anche la grande sollecitudine della Fondazione per lo sviluppo e il mantenimento del patrimonio cristiano della cultura polacca tra i connazionali dispersi in tutto il mondo. Una delle concrete manifestazioni di tale sollecitudine è l'Università Estiva della Cultura Polacca.

E' bene che questo fiume di spirito polacco, di cultura polacca e di cristianesimo polacco continui a scorrere, animando le nuove generazioni. A questa cultura serve anche il Centro di Documentazione che con una precisione degna di ammirazione, registra gli eventi degli ultimi anni, e colleziona anche i ricordi religiosi e nazionali. Mediante le sue collezioni bibliotecarie, d'archivio e di museo questo Centro scrive la storia ed allo stesso tempo insegna a pensare patriotticamente e serve al consolidamento dei valori indistruttibili nazionali e cristiani.


4. Permettetemi di citare le parole di un Membro del Consiglio Amministrativo della Fondazione scritte nel Libro Commemorativo: "... abbiamo realizzato un'opera enorme. Ora abbiamo il dovere non minore di conservare quest'opera per le generazioni future". Si, questo patrimonio di dieci anni richiede da noi tutti la continuazione di questo lavoro in spirito di responsabilità per ciò che già è stato fatto. Che, mediante la Fondazione, la cultura polacca si consolidi e si sviluppi ovunque vivono i polacchi che ammettono la loro origine polacca. Sia questa una cultura cristiana. Che questo comune sforzo unisca ed integri i polacchi viventi fuori della Polonia - all'Occidente e all'Est. Vorrei rivolgere l'attenzione sulle nuove possibilità di operare che si aprono davanti alla Fondazione. Ho in mente i paesi dell'Europa dell'Est. La Polonia è sempre stata aperta ai valori della cultura di altre nazioni, li assumeva, arricchiva con essi i costumi polacchi e successivamente trasmetteva tali valori ai popoli affini. In quell'apertura ed in quella funzione di un ponte culturale era di aiuto la posizione centrale geografica della polonia, tra l'Oriente e l'Occidente, il Nord e il Sud. Nell'ultimo tempo la Polonia usufruiva anche dell'aiuto dell'emigrazione nella sua lotta per conservare l'identità e la sovranità culturali. Ora è giunto il tempo di servire con le proprie esperienze e di condividere questo nostro patrimonio con altre nazioni, prima di tutto con quelle all'Est della Polonia.

Queste nazioni possono gloriarsi di un contributo durevole che hanno portato e costantemente portano al tesoro della cultura europea. L'immensità delle loro sofferenze, l'eroica fedeltà e la perseveranza nella lotta per la conservazione di supremi valori umani, nazionali e cristiani meritano il profondo rispetto e ci obbligano a portare aiuto a queste nazioni. Desidero sottolineare il grande ruolo svolto qui dai polacchi dei paesi dell'Est. Oggi si aprono le possibilità di condividere con i popoli affini la ricchezza che è ormai divenuta la nostra parte.

Anche qui ritengo - occorre sfruttare ed applicare in modo concreto un tale generoso scambio di doni. La Polonia si trova all'incrocio delle vie dell'Euroasia, il che in un certo senso forza i polacchi a guardare lontano verso l'Occidente e verso L'Oriente, ed allo stesso tempo a coltivare tutto ciò che costituisce la nostra identità culturale. Parlando di cultura è ovvio che ho sempre in mente la cultura cristiana come bene comune d'Europa. In Polonia e in altri paesi slavi la cultura si è conservata nella sua forma cristiana. E la cultura così intesa costituisce le radici d'Europa ed è stata il più bel dono di questa Europa al mondo. E ora bisogna nuovamente mostrare all'Europa, e non soltanto all'Europa, il valore e la bellezza di una tale cultura. Sarebbe il più magnifico dono con il quale la Polonia e i paesi slavi potrebbero contraccambiare a tutta l'Europa e al mondo - alla soglia del Terzo Millennio. Penso che a questa grande opera della rievangelizzazione della cultura possa contribuire anche la Fondazione.


5. Cari fratelli e sorelle! Vi ringrazio di cuore per questo comune incontro. La vostra presenza è la testimonianza della disponibilità al servizio del bene della Chiesa nella nostra Patria e nei Paesi dove vivete. Che Dio ripaghi con le sue grazie tutti, senza eccezione, coloro che hanno cura della Fondazione.

Trasmettete le mie parole di gratitudine, ed anche il mio saluto e la benedizione del Papa alle vostre famiglie e ai vostri cari, ai vostri ambienti, di cui siete rappresentanti, ed anche a coloro che non hanno potuto essere qui con noi. Raccomando alla protezione della Madre Santissima tutti i benefattori e tutta la Polonia all'Occidente e all'Oriente. Con le parole del Salmista prego affinché: "Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio e che egli rafforzi l'opera delle nostre mani" (cfr. Ps 89/90,17).

Chiedo ai Cardinali, agli Arcivescovi e ai Vescovi di impartire insieme a me la Benedizione a tutti i presenti.

Data: 1991-09-26
Giovedi 26 Settembre 1991

Ai partecipanti ad un convegno del Centro Studi Zingari - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa vi guarda con fiducia

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Mi è motivo di particolare gioia accogliervi oggi, 26 settembre, a 26 anni esatti da quando Paolo VI, di venerata memoria, volle incontrarvi per la prima volta. Recandosi allora pellegrino, accompagnato da alcuni Padri Conciliari, nel vostro accampamento di Pomezia, il Papa intese sottolineare in maniera eloquente il servizio che la Chiesa è chiamata a svolgere nei confronti della famiglia umana. Essa, fedele agli insegnamenti del Redentore, ricorda che l'umanità, solo aprendosi ad una sincera intesa fra tutte le sue componenti, può pensare di costruire un futuro comune, dove la difesa della dignità della persona, specialmente di quanti sono ancora emarginati, sia posta a fondamento e garanzia di una rinnovata epoca di solidarietà e di pace. A sigillo di così "memorabile giornata", come volle lui stesso definirla, Paolo VI incorono solennemente la Madonna, Regina degli Zingari, benedicendo la vostra tradizione che vi vede pellegrini fedeli presso i principali santuari mariani del mondo.


2. Quel 26 settembre del 1965 segno veramente una tappa importante nell'azione pastorale della Chiesa verso il vostro popolo.

A quel primo contatto ne sono succeduti altri, soprattutto in occasione dei Convegni Internazionali organizzati dal Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti nel 1980 e nel 1989. Non sono, inoltre, mancate, lungo questi anni, circostanze per incontrarvi, specialmente durante le Visite pastorali nella diocesi di Roma ed i pellegrinaggi in vari Paesi del mondo, come, ad esempio, recentemente a Szombathely in Ungheria. Quella odierna pure è un'Udienza di singolare interesse. Il Centro Studi Zingari, con sede a Roma, celebra infatti il venticinquesimo di fondazione e per ricordare tale felice ricorrenza voi avete voluto tenere nei giorni passati un Convegno Internazionale sul tema "Est e Ovest a confronto sulle Politiche regionali e locali verso gli Zingari" con la partecipazione di rappresentanti di organizzazioni zingare e di esperti provenienti da quasi tutti i Paesi d'Europa e da altre Nazioni del mondo.

Nel salutare con affetto ciascuno di voi, indirizzo uno speciale ringraziamento a Monsignor Giovanni Cheli, Presidente del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei Migranti e degli Itineranti, per le cortesi parole con cui mi ha illustrato alcuni aspetti della vostra realtà. Rivolgo un cordiale pensiero a Monsignor Bruno Nicolini, Presidente del Centro Studi Zingari e incaricato della Pastorale dei Nomadi nella Diocesi di Roma, come pure alla Dottoressa Mirella Karpati, Direttrice della Rivista di Studi Zingari Lacio Drom; al Signor Rajko Djuric, Presidente dell'Unione Mondiale dei Rom ed ai suoi Collaboratori. Ringrazio per la loro presenza anche l'Onorevole Flaminio Piccoli, Presidente della Commissione Esteri della Camera dei Deputati d'Italia, e l'Onorevole Beatrice Medi, Pro-Sindaco della Città di Roma.


3. So quanto a voi stia a cuore difendere la vostra cultura e far conoscere le tradizioni del vostro popolo. Posso assicurarvi che la Chiesa vi guarda con fiducia e vi incoraggia ad approfondire le ragioni e le motivazioni ideali della vostra storia. Voi siete preoccupati di affermare la vostra tipica identità sociale e culturale; volete salvaguardare la caratteristica diversità di vita, di etnia, di cultura e di itineranza che vi contraddistingue. La famiglia costituisce per voi il luogo naturale della coscienza etnica in quanto centro di tutta l'esistenza, nucleo fisso e insostituibile della vostra organizzazione comunitaria. Di fronte alla generosità che mostrate nel trasmettere la vita, non si può non condividere la vostra preoccupazione di preparare il futuro delle giovani generazioni, sviluppando il meglio delle vostre tradizioni in un dialogo fecondo con gli altri popoli. Ammirando la religiosità che permea le vostre usanze, vorrei ricordare che Dio chiama quanti fra voi sono credenti a testimoniare, in consonanza con la vostra identità culturale, la vocazione e la missione propria di ciascun cristiano: essere coscienti, cioè, del fatto che siamo tutti continuamente in cammino verso la patria celeste.


4. La vostra storia è stata spesso segnata dall'emarginazione e da episodi di discriminazione anche violenta. Tuttavia l'attuale momento storico, anche se mostra aspetti complessi e contraddittori, si presenta anche per voi carico come non mai di concrete prospettive di speranza. La caduta di frontiere fino a ieri invalicabili offre la possibilità per un dialogo nuovo fra i Popoli e le Nazioni.

Le minoranze anelano ad essere riconosciute come tali nella libertà della loro responsabile autodeterminazione e nel desiderio di partecipare al destino dell'intera umanità. In questo rinnovato scenario di attese e di progetti anche voi siete chiamati a contribuire alla costruzione di un mondo più fraterno, di un'autentica "casa comune" per tutti. Voi costituite una minoranza che non conosce confini territoriali e che sempre ha ripudiato la lotta armata come mezzo per imporsi; una minoranza paradigmatica nella sua dimensione transnazionale, che raccoglie in un'unica comunità culturale genti disperse nel mondo e diversificate per razza, linguaggio e religione. La vostra dispersione vi ha spinti ai nostri giorni a riunirvi in una grande organizzazione, l'Unione Romani, in cui confluiscono le associazioni dei Rom nazionali e locali. Grazie a tale struttura voi sperate di riuscire più facilmente ad essere riconosciuti come minoranza etnica, avente diritto ad una propria identità culturale e con una vostra lingua.

Nello stesso tempo voi rivendicate il diritto di essere cittadini alla pari di ogni altro nel Paese in cui scegliete di vivere. A tali vostre aspirazioni fa riscontro, oggi, un'ampia comprensione e disponibilità da parte degli organismi politici comunitari, ed a tal fine alcune misure legislative vanno gradualmente approntandosi, anche se resta molto da fare perché sulla terra si consolidi l'autentica cultura dell'accoglienza e della solidarietà.


5. Voi, cari amici, avete potuto sopravvivere nel tempo trascorso a tante prove, perché avete creduto e sperato in Dio e perché siete stati tra voi stretti da legami fortissimi. Ora su questi stessi valori di fede e di comunione siete chiamati a costruire il vostro futuro, superando le insidie del consumismo e dell'edonismo, rifacendovi a quanto è fondamentale nella vostra vita: il rispetto dell'uomo quale "immagine e gloria di Dio" (1Co 11,7).

Auguro che anche questo vostro Convegno contribuisca ad incrementare in voi il desiderio di costruire, con sempre maggiore apertura e generosità, una società sensibile ai grandi valori umani e spirituali, quali la giustizia, la fraternità e la pace.

Affido al Signore, vero artefice di Pace fra le genti, questi vostri propositi di bene, mentre vi assicuro il mio ricordo nella preghiera.

La Vergine Maria, Regina degli Zingari, vi sostenga e vi accompagni sempre.

A voi tutti il mio benedicente saluto.

Data: 1991-09-26
Giovedi 26 Settembre 1991

Per un Convegno sulla "Creazione quantica dell'universo" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un atteggiamento di mutua apertura tra scienza e religione

Signore e Signori,


1. Sono lieto di accogliere voi, illustri partecipanti al Seminario organizzato dalla Specola Vaticana e dal Centro per la Teologia e le Scienze Naturali di Berkeley in California. Questo è il secondo di una serie di incontri volti a promuovere la ricerca interdisciplinare nei campi delle scienze naturali, della filosofia e della teologia. Voi provenite da ambienti culturali e religiosi differenti e le vostre attività di studiosi rappresentano una grande varietà di discipline. Voi personificate quella diversità che arricchisce il perseguimento dell'unità in molti campi della cultura umana.

La prima delle vostre Conferenze, nel settembre 1987, fu tenuta per commemorare il terzo centenario della pubblicazione dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Isaac Newton. In un Messaggio pubblicato come introduzione ai dibattiti di quella Conferenza, io esposi di nuovo il mio vivo desiderio che fosse favorito un nuovo rapporto tra scienza e religione, per mezzo di uno scambio più profondo riguardante importanti questioni, vitali per la vita della società, che coinvolgono entrambi i regni di indagine (cfr. Lettera al Reverendo George V. Coyne S. J. 26 ottobre 1988). Il presente Seminario è un chiaro segno che tale approccio interdisciplinare è sia possibile che fruttuoso.


2. II tema che avete scelto e particolarmente significativo: La creazione quantica dell'universo e le origini delle leggi della natura. Esso non solo comprende concetti fondamentali nelle scienze naturali come la fisica quantica, la gravità quantica, la cosmologia e le leggi fisiche, ma anche temi religiosi come la creazione, Dio e la natura, il naturale e il soprannaturale, i miracoli, e altri. Voi avete scelto un compito difficile, ma che offre la promessa di favorire la comprensione di concetti essenziali all'incontro di scienza e religione.

La spaccatura tra scienza e religione risale all'inizio della stessa scienza moderna. Nel diciassettesimo secolo, con Galileo e Newton come principali protagonisti, venne perfezionato il metodo sperimentale e si inizio l'applicazione della matematica alla ricerca scientifica. Questa crescita delle scienze naturali fu talvolta accompagnata da un certo tipo di razionalismo che sosteneva che tutto potesse essere spiegato con il solo ragionamento scientifico o, come si sviluppo piu tardi, dalla convinzione che niente potesse essere spiegato partendo dall'esistenza di una verità assoluta che veniva rifiutata del tutto. così la questione di Dio veniva spesso esaminata attraverso tale metodo come per farla sembrare priva di significato (cfr. GS 19). Ciò porto, in non pochi settori della vita ecclesiale ad una cauta e sospettosa visione della scienza perchè corrotta dall'ateismo, e così fu posto il divorzio tra scienza e religione per le decadi a venire.

In principio la Chiesa non poteva accettare una tale spaccatura, convinta com'era che la verità della natura e la verità della rivelazione provenissero dalla stessa sorgente divina. Le parole vere con le quali papa Leone XIII istitui nuovamente la Specola Vaticana, circa cento anni fa, riassumevano l'incessante speranza della Chiesa per un rinnovato dialogo e per una collaborazione con il mondo della scienza. Nel documento costitutivo papa Leone scrisse: "nell'assumere questo lavoro ci siamo impegnati non solo ad aiutare a promuovere una scienza veramente nobile, che più di ogni altra disciplina umana sollevi lo spirito dei mortali verso la contemplazione degli eventi divini, ma in primo luogo abbiamo posto davanti a noi stessi il disegno... che ognuno possa vedere che la Chiesa e i suoi Pastori non sono ostili alla vera e fondata scienza, sia umana che divina, ma che essi l'abbracciano, la incoraggiano, e la promuovono con la maggior dedizione possibile" (cfr. Leone Xlll, Motu proprio Ut Mysticam, 14 marzo 1891).


3. In tempi più recenti, il crescente interesse della Chiesa per le scienze naturali talvolta è stato accompagnato da una tendenza, da parte di alcuni, verso un cattivo uso dei risultati scientifici per sostenere il credo religioso. Nella sua Costituzione sulla Chiesa nel Mondo Moderno il Concilio Vaticano II ha rifiutato questo approccio e deplorato "certi atteggiamenti mentali, che talvolta non sono mancati nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della scienza" (GS 36).

Ciò che il Concilio difendeva, in effetti, era un atteggiamento di mutua apertura e un nuovo rapporto di collaborazione nel servizio della famiglia umana.

Esso cerco di mettere da parte definitivamente ogni restante paura riguardante il fiducioso dialogo. La Costituzione afferma che "la ricerca metodica di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non sarà mai in reale contrasto con la fede, perche le realtà profane e le realtà della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umiltà e con perseveranza di scandagliare i segreti della realtà, anche senza prenderne coscienza, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono" (Ibidem GS 36). Come scrissi riguardo al vostro Seminario del 1987: "Oggi abbiamo un'opportunità senza precedenti di stabilire un rapporto interattivo comune in cui ogni disciplina conserva la propria integrità pur rimanendo radicalmente aperta alle scoperte e intuizioni dell'altra" (Lettera al Direttore della Specola Vaticana, 25 ottobre 1988).

Sono fiducioso che i vostri dibattiti cercheranno di illustrare il terreno comune di una fruttuosa collaborazione. Che il vostro scambio guidi tutti voi ad una scoperta più chiara e piena di quella Verità che è sorgente di tutta la nostra conoscenza e comprensione. Che Dio vi benedica abbondantemente.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-09-27
Venerdi 27 Settembre 1991

Lettera al Cardinale Jozef Tomko

Titolo: Nel I centenario dell'evangelizzazione del Camerun

Al Venerabile Fratello Nostro S.R.E il Cardinale Jozef Tomko Prefetto per la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli Con animo lieto riceviamo la notizia che il prossimo 8 dicembre, festa dell'lmmacolata Concezione della Beata Vergine Maria, si concluderà con rito solenne a Yaounde, capitale del Camerun, la festa di ricorrenza del primo centenario dell'evangelizzazione cattolica di quel popolo. Giustamente e saggiamente i Vescovi del Camerun ed il Presidente della loro Conferenza, il Venerabile Fratello Nostro, S.R.E il Cardinale Christian Wiyghan Tumi, Arcivescovo Metropolita di Garoua, hanno ritenuto di dover celebrare questo avvenimento importante e fausto.

Infatti in quella regione dell'Africa centrale, che da una parte si affaccia sull'Oceano Atlantico, attraverso un'opera di evangelizzazione, primario dovere della Chiesa, iniziata nel secolo scorso per il lavoro continuo e sollecito dei missionari, è stato trasmesso il dono della fede, per la quale Cristo stesso abita nei cuori degli uomini (cfr. Ep 3,17) e della quale nulla e più santo, più bello e più desiderabile; essa è infatti splendida luce dell'anima, ancora sicura della vita, fondamento saldo dell'eterna salvezza.

Da quel momento in poi, dunque, moltissimi Camerunensi, avendo seguito Gesù, divino Maestro, non solo hanno edificato il regno di Dio, ma hanno anche dato impulso allo sviluppo della comunità umana nella loro Nazione: il Vangelo infatti è chiara scuola di virtù, soprattutto di bontà, concordia, giustizia, amore e pace, senza le quali nessuna società può essere costruita ne rimanere stabile.

Inoltre, questo centenario offre anche l'opportunità alla giovane e fiorente Chiesa del Camerun di considerare lo stato presente della sua vita spirituale, perchè possa opportunamente predisporre ciò che appare necessario per la odierna evangelizzazione di cui tutti i popoli hanno bisogno e che è particolarmente favorita dalle nuove circostanze storiche che sono: "l'apertura delle frontiere e il formarsi di un mondo più unito grazie all'incremento delle comunicazioni; l'affermarsi tra i popoli di quei valori evangelici, che Gesù ha incarnato nella sua vita...; un tipo di sviluppo economico e tecnico senz'anima, che pur sollecita a ricercare la verità su Dio, sull'uomo sul significato della vita" (RMi 3).

Noi dunque, avendo grandissima considerazione di questa celebrazione, e desiderando nello stesso tempo parteciparvi in qualche modo, designamo e nominiamo Nostro inviato speciale per questa ricorrenza Lei, Venerabile Fratello Nostro, che è saggiamente e con perizia a capo della Congregazione il cui compito è "dirigere e coordinare in tutto il mondo l'opera stessa dell'evangelizzazione dei popoli e la cooperazione missionaria" (Pastor Bonus, art. 85).

Inoltre, tramite Lei, con questa Lettera, salutiamo il Venerabile Fratello Nostro Christian Wiyghan Tumi, già nominato, gli altri Presuli e tutto il clero e il popolo del Camerun.Cogliendo questa felice occasione esortiamo tutti costoro, a Noi carissimi, a custodire, a crescere, a difendere, il dono ricevuto della fede cattolica, certi che ogni comunità che sia veramente cristiana debba sforzarsi di vivere e vivere in Cristo, nell'ascolto della parola di Dio e nella preghiera alla stessa Eucarestia, in quella comunione che è resa manifesta dall'unione degli animi e dei cuori nella comunicazione dei beni secondo le necessità delle membra (cfr. RMi 51).

Ad essi dunque, con animo benevolo, impartiamo da questa sede del Beato Pietro la Benedizione Apostolica, pegno dei doni celesti.

Città del Vaticano, 27 settembre 1991, tredicesimo del Nostro Pontificato.

(Traduzione dal latino)

Data: 1991-09-27
Venerdi 27 Settembre 1991

Udienza ai partecipanti al III Congresso Internazionale della Società Tommaso d'Aquino - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I valori etici via per la salvezza della società




1. Siate i benvenuti a questo incontro col quale si concludono i lavori del III Congresso della Società Internazionale Tommaso d'Aquino, svoltosi a Roma in questa settimana. Vi saluto tutti; saluto in particolare il Cardinale Girolamo Hamer, gli Organizzatori e i Relatori. E' per me una gioia prendere parte a questa assise.

Fin dalle origini di codesta Società ho condiviso il suo ideale di "promuovere un approfondito dialogo tra il pensiero di San Tommaso e la cultura del nostro tempo" (Statuti, n. 1) ed il suo scopo di "esaminare i problemi fondamentali del nostro tempo, specialmente quelli riguardanti il pensiero cristiano" (Statuti, art. 2.c).

L'incontro odierno con voi, cultori del pensiero tomistico e dei problemi attuali, impegnati nel dialogo col nostro tempo, mi procura un senso di intima gioia e mi offre l'occasione di parteciparvi le mie attese e speranze su un argomento così importante, qual è quello da voi svolto su: "Etica e società contemporanea".


2. La Chiesa sente il bisogno urgente di aiutare l'umanità in cammino verso la costruzione di una società giusta. Il ruolo dell'etica è decisivo in questo campo, poiché la misura dell'uomo è data dal suo livello etico. Voi avete preso in esame i grandi settori esistenziali, dove si gioca la sorte dell'uomo, tenendo conto dei gravi problemi che la scienza, la tecnica, la cultura e l'economia presentano all'etica. Nelle vostre relazioni avete messo in risalto la frattura esistente tra il progresso nei settori scientifici, tecnici, culturali e una certa indifferenza nei riguardi dei valori spirituali e morali. Questo divario tra l'ordine scientifico e l'ordine morale è un dramma del nostro tempo. L'uomo cerca di dominare il mondo, ma non è ancora padrone di se stesso. Nel Vangelo troviamo un giudizio di valore davanti a una tale situazione: "A cosa serve che l'uomo sottometta a sé tutto il mondo, se perde la propria anima?" (Mt 16,26). Sono i valori etici la via per la salvezza della società contemporanea.


3. Davanti ad essi nessuno può restare passivo. Tutti siamo responsabili di tale situazione. Nessuno di noi può, da solo, far fronte a questo problema, è necessario il contributo di tutti. Consapevoli di ciò, voi durante i lavori del Congresso avete dialogato sia con i maestri cristiani del passato, sia con gli uomini di pensiero della cultura odierna. Alla fine del vostro lavoro vi siete accorti come sia difficile un vero approccio tra parti così diverse, e quanto sia necessario proseguire su questa strada. Il dialogo è il cammino dell'uomo. Vi esorto, pertanto, a continuare l'approfondimento del pensiero di Tommaso d'Aquino, Doctor Humanitatis, e vi invito ad imitare il suo esempio per quanto riguarda l'incontro con le culture e la loro valutazione. Infatti l'Aquinate, Dux studiorum, ha un valore speciale nel campo morale, sia per il suo contributo dottrinale, sia per il metodo da lui adottato. Sapete come il Concilio Vaticano II si sia riferito a Tommaso come ad una guida sicura per il lavoro nella teologia dogmatica (OT 16). Ma il suo merito non è minore nel campo della teologia morale.

Infatti nella Summa Theologiae occupa un posto centrale il discorso sulla morale.

Con tale opera egli dà inizio ad una nuova era nella teologia morale, poiché è riuscito ad incorporare il pensiero etico classico in una nuova antropologia cristiana e ad inculturare la morale in una visione teologica. Questo grande servizio alla morale non è stato ancora evidenziato in modo sufficiente.

L'Aquinate ha potuto prestare questo servizio alla teologia cristiana scrutando a fondo la natura dell'atto umano, frutto della libera volontà. L'uomo diventa soggetto morale, "prout est voluntarie agens propter finem" (In Ethic. prol., n.3). La dignità entitativa dell'uomo, imago Dei, si rispecchia nell'ordine morale dell'uomo "secundum quod ipse est suorum operum principium, quasi liberum arbitrium habens et suorum operum potestatem" (I-II 1,0prol). L'ordine morale è prevalente sugli altri ordini dell'operare umano. Infatti in questi l'uomo tende verso fini particolari, invece l'ordine morale è l'ordine dell'uomo in quanto tale: "In moralibus ordinatur (homo) ad finem communem totius humanae vitae" (I-II 21,2 ad 2). Una tale comprensione della dimensione morale deve essere punto di partenza e fondamento di ogni discorso nel nostro tempo. Coloro che sono attenti scrutatori della cultura odierna nell'ordine etico possono costatare quanto sia vero quello che Tommaso chiama l'angoscia dei dotti (CG, III, 48, n.2261), allorché questi non trovano adeguata soluzione alle istanze ultime dell'uomo. L'angoscia odierna deriva dal fatto che la nostra civilizzazione non offre all'uomo la via giusta. Tanti uomini del nostro tempo si trovano smarriti tra sentieri che non hanno uno sbocco. Il pensatore cristiano è chiamato perciò ad instaurare un dialogo aperto e sincero, alla luce delle verità trascendenti, che porti a quella verità che toglie lo smarrimento ad ogni uomo, in quanto è ancorata a Cristo, luce del mondo e Redentore dell'uomo.


4. Quanto sia profonda la crisi etica del nostro tempo è palese a tutti, ed è causa di sofferenza. L'amore profondo per la sorte di ogni uomo e della nostra società ci spinge alla ricerca di orizzonti più umani. Sono molti i pregi della nostra cultura nei diversi campi, ma ci sono anche tanti limiti. Il bene implica una totalità e non tollera nessun difetto: Bonum ex integra causa! Il secolo ventesimo segna l'ora delle grandi conquiste dell'uomo, ma porta con sé il torto di avere scatenato gravi disordini e olocausti. L'uomo del nostro tempo ha scoperto il valore della vita, ma ancora sotto diversi aspetti è succube di una cultura della morte. Dal punto di vista della morale cristiana non possiamo non denunciare gli attentati contro la vita umana, contro la dignità della famiglia, contro i valori spirituali e morali dell'uomo, l'indifferentismo religioso, il materialismo ateo. In mezzo a questa realtà il cristiano è consapevole che deve agire contro corrente, che deve essere coerente nella vita con quanto professa nella fede: "fides credenda et moribus applicanda" (GS 25). La Provvidenza, che dirige la storia umana, ci mostra oggi un nuovo orizzonte per l'edificazione di un mondo nuovo. Dopo la caduta di quasi tutti i regimi totalitari ed oppressivi, fondati su una inadeguata antropologia, siamo invitati alla ricostruzione di una "casa comune" dove Oriente ed Occidente, sulla scia dei valori cristiani, possano coesistere e collaborare. E' questa un'opportunità offerta dalla Provvidenza, la quale dispone l'ordine delle realtà create, ma chiama gli uomini ad una collaborazione effettiva. Sulle rovine di un mondo bisognoso di valori spirituali deve sorgere un nuovo mondo di solidarietà e fratellanza cristiana. L'Europa cristiana deve molto all'opera dei grandi moralisti cristiani. Essa riconosce come artefici del suo cammino storico insigni educatori di popoli, come Benedetto, Cirillo e Metodio, Bernardo, Domenico e Francesco, Alberto Magno e Tommaso d'Aquino, Ignazio di Loyola, Giovanni della Croce, Alfonso Maria de' Liguori ed altri. Sono questi che ci hanno indicato le vie dell'etica cristiana ed invitato a fare della nostra esistenza un itinerario verso Dio.


5. Le grandi crisi della storia sono il risultato delle deviazioni degli uomini nel loro cammino. Il Vaticano II ha scrutato i segni dei tempi ed ha visto la nostra società oscillante tra la speranza e il dolore. La crisi etica del nostro tempo ha delle radici profonde. Il Concilio ha indicato l'ateismo fra i fenomeni più gravi del nostro tempo (cfr. GS 19). L'uomo moderno, fiero della propria ragione e fiducioso delle proprie forze, ha accettato di vivere da solo, secolarizzando la propria esistenza. Oltre alla perdita del fondamento trascendente, senza il quale l'uomo rimane sospeso nel vuoto, egli ha portato all'esasperazione la propria autonomia.


6. Sono certo che in questo campo avete compiuto un approfondito esame dei problemi del nostro tempo. Avete preso in considerazione il ruolo della coscienza nelle scelte esistenziali e operative. Avete riflettuto sui problemi morali, che nascono dalla scienza e dalla tecnica, ed avete, altresi, sottolineato che in questi ordini non tutto ciò che è possibile è, allo stesso tempo, lecito. Il principio generale è che tutto deve essere ordinato a servizio dell'uomo, che porta in sé l'immagine di Dio.

La nostra società oggi richiede la giusta distribuzione dei beni e l'adeguata partecipazione alla gestione del bene comune.

Il Magistero della Chiesa è da sempre impegnato per la promozione della giustizia e della pace tra gli uomini, nell'orientamento delle coscienze circa i valori e i diritti appartenenti agli uomini. In tutti questi nuovi campi la Chiesa ha sempre trovato la sua ispirazione nel Vangelo, nell'esempio di Gesù, nostro modello, il quale, come dice Luca, "coepit facere et docere" (Ac 1,1).

Se il nostro discorso sull'etica nella società odierna vuol essere coerente, deve portare alla prassi. E' questo un campo dove non basta la conoscenza e la contemplazione della realtà, ma si richiede la creazione della nuova realtà sociale consona alle esigenze dell'etica umana e cristiana.

Gesù Cristo invita i discepoli ad essere operatori per l'avvento del Regno di Dio. I valori del Regno debbono illuminare ed ispirare anche la vita sociale della città terrena. La vita sociale, infatti, è il risultato dell'attività delle singole persone che formano il tessuto quotidiano. Siamo chiamati tutti all'edificazione di una nuova società più giusta e più umana.

Voi, studiosi di San Tommaso, siete invitati a promuovere la sua dottrina, ancor oggi valida per l'istaurazione di una civiltà dove l'etica trovi il suo posto e sia in grado di reggere la vita in tutte le sue dimensioni.

San Tommaso, Doctor Humanitatis, vi assista in questo grande compito morale.

Con questi voti a tutti imparto la mia Benedizione!

Data: 1991-09-28
Sabato 28 Settembre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Ad un gruppo di fedeli per il X Anniversario della Casa Polacca - Città del Vaticano (Roma)