GPII 1991 Insegnamenti - Celebrazione della Parola nello stadio di Goiana - Brasile

Celebrazione della Parola nello stadio di Goiana - Brasile

Titolo: Rinnovato ardore missionario di evangelizzazione alla luce dell'opzione preferenziale per i poveri

Cari fratelli e sorelle,


1. Per il Papa è una gioia fare, per la prima volta, la conoscenza dello stato di Goias e visitare la città di Goiânia. Sebbene, con i suoi cinquantacinque anni di esistenza, sia ancora tanto recente, oggi è una grande metropoli, che unisce la bellezza dei suoi viali e dei suoi edifici al calore umano e alla nota ospitalità dei suoi abitanti. Abbraccio tutta la popolazione gioiosa con grande affetto, saluto con deferenza il Signor Governatore e tutte le Autorità statali e municipali. Saluto, con sincera emozione, la grande comunità cattolica di Goias, che si è sviluppata grazie al lavoro impegnato di tanti missionari, giunti da altri Paesi o da altre regioni del Brasile. Queste ampie pianure conservano ancora i segni lasciati dallo zelo Apostolico dei domenicani, dei redentoristi e dei francescani, di Pastori impegnati come Monsignor Prudêncio Gomes da Silva oppure il missionario domenicano Monsignor Alano Maria du Noday. Nella persona del decano dei Vescovi del Brasile, Monsignor Francisco Prada Carrera, i cui novantotto anni non gli hanno impedito di accogliermi all'aeroporto della città, esprimo il mio affetto versi i Pastori di questa terra. Ricordo, con ammirazione, la straordinaria attività educativa del grande figlio di Don Bosco, Monsignor Emanuel Gomes de Oliveira, le cui scuole aprirono la strada alla diffusione dell'istruzione nelle campagne dello stato. Questa sua opera di fede è stata coronata dall'Università Cattolica di Goias, la prima istituzione universitaria del centro-ovest brasiliano, creata dopo la sua morte dal primo Arcivescovo di Goiânia, Monsignor Fernando Gomes, e dal lavoro impegnato degli educatori gesuiti.

Sia lodato Iddio che ha consentito al Papa di vedere questa terra e di conoscere questo popolo!


2. "Essi perseveravano nella dottrina degli Apostoli, nelle riunioni comuni, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,42). Per noi il passo degli Atti degli Apostoli che abbiamo letto ora è molto importante. Questa era la vita della prima comunità cristiana di Gerusalemme, della prima comunità riunita attorno agli Apostoli di Cristo. Essi rimanevano ancora legati al tempio di Gerusalemme, ma, al tempo stesso, nella pratica, già avevano introdotto "nelle loro case" ciò che costituiva la Chiesa della Nuova Alleanza: - l'insegnamento degli Apostoli, vale a dire la parola divina della Buona Novella trasmessa da Cristo, confermata dal sacrificio della Croce e suggellata dalla risurrezione; - la frazione del pane, cioè l'eucaristia, il sacramento del mistero pasquale del Redentore; - la preghiera, come Cristo stesso aveva insegnato loro.

Tutto ciò veniva confermato esternamente dai segni della divina onnipotenza, da "prodigi e miracoli" (cfr. Ac 2,43). Vi si accompagnava anche la testimonianza delle opere, che trovavano la loro espressione nel comandamento dell'amore a Cristo, dell'amore fraterno, dell'amore sociale: "Dividevano i loro beni fra tutti, secondo le necessità di ciascuno" (Ac 2,45).


3. In quanto contiene una testimonianza della vita delle prime comunità cristiane, il testo degli Atti degli Apostoli ha un'importanza particolare per i discepoli e i confessori di Cristo di tutti i tempi. Esso è importante per noi che siamo qui riuniti. Con particolare soddisfazione mi rivolgo a questa raffigurazione del Divino Padre Eterno nel gesto di incoronare la Beatissima Vergine Maria. So che il popolo di questa arcidiocesi e di tutto lo stato di Goias ha molta devozione verso il Divino Padre Eterno, e che questa raffigurazione esprime molto bene il senso misterioso della Redenzione realizzata dal Dio-uomo che, al fine di salvarci, venne al mondo, per volere del Padre, incarnandosi nel seno purissimo della Vergine Maria. Con ciò, carissimi figli del Brasile, si riassume tutta la bellezza delle insondabili ricchezze dell'amore di Dio verso gli uomini, che volle riunire nella Chiesa Cattolica tutte le pecore affinché, alla fine dei tempi, costituiscano un solo gregge con un unico Pastore! Per un disegno insondabile della Provvidenza, la Chiesa è questo mistero, manifestato dal libero decreto della sapienza e della bontà del Padre di volersi comunicare. Questa comunicazione si realizza mediante la missione del Figlio e l'invio dello Spirito Santo, per la salvezza degli uomini. Dall'azione divina trae la sua origine la creazione, in quanto storia degli uomini, poiché, nel suo senso più pieno, aveva il suo "principio" nella parola (cfr. Jn 1,1), in Gesù Cristo, il Verbo fattosi carne. La Chiesa è questo mistero che trae la sua origine dalla Santissima Trinità, alla quale è intimamente unita e senza la quale non potrebbe sussistere. E' questo il fondamento della stessa unità ecclesiale, e dell'unità con il suo Popolo. Questo è anche il senso più profondo della espressione Popolo di Dio che il Concilio Vaticano II ci ha voluto proporre (cfr. LG 9). Non si tratta più di un popolo riunito attorno agli ideali dell'Antica Alleanza, poiché è sorto il "nuovo popolo di Dio", costituito da tutti coloro che credono in Gesù Cristo e hanno sperimentato la rinascita, nel battesimo nell'acqua e nello Spirito Santo (Jn 3,3-6). Il Concilio ci presenta questo Popolo come una "comunità di fede, di speranza e di carità" (cfr. Jn 8), la cui sorgente è l'Eucaristia. "Nella frazione del pane eucaristico partecipando noi realmente al corpo del Signore, siamo elevati alla comunione con lui e tra di noi" (cfr. Jn 7). Cosa il Papa desidera dire oggi ai suoi amati fratelli e sorelle, con la speranza che le sue parole possano raggiungere, da questo bell'altipiano, gli angoli più reconditi del Brasile? Desidera dire, il Successore di Pietro, vuole ricordare a tutti che questa unione intima dei fedeli con il loro Salvatore, al pari dell'unità dei fedeli fra di loro, costituisce il frutto in- scindibile della partecipazione feconda alla Chiesa e trasforma l'intera esistenza dei cristiani in un "culto spirituale". Da qui nasce la dimensione comunitaria della Chiesa, affinché vi si possano vivere e condividere la fede, la speranza e la carità, e affinché una simile comunione, radicata nei cuori di tutti coloro che credono, si realizzi sul piano comunitario, nella piena unione con i Pastori che sono a capo del loro gregge.


4. Leggendo e meditando le Direttive generali per l'azione pastorale che la Chiesa Brasiliana ha l'intenzione di mettere in pratica nel prossimo quadriennio, ho potuto constatare lo spirito che animava i Vescovi riuniti a Itaici. Essi volevano attuare quella dimensione evangelica, frutto dello Spirito del Signore: evangelizzare con rinnovato ardore missionario, testimoniando Gesù Cristo, in comunione fraterna, alla luce dell'opzione preferenziale evangelica per i poveri, al fine di formare il Popolo di Dio. Mi sembra di percepire in queste parole il sapore della cristianità primitiva. Quella società nata all'ombra del Cenacolo, chiamata ad essere una nuova "luce delle nazioni", quella società di coloro che erano stati scelti da Gesù Cristo (cfr. Rm 1,6), divinamente progettata e costituita da esseri umani, chiamati a farne parte per un disegno organico e soprannaturale, è oggi quella che indica il destino dell'uomo per una nuova speranza, per la risurrezione definitiva. Anche oggi la Chiesa è il fondamento di quella "universale comunione della carità (cfr. LG 23), fondata nella fede, nei sacramenti e nell'ordine gerarchico, nella quale Pastori e fedeli si alimentano personalmente e comunitariamente alle sorgenti della grazia, obbedendo allo Spirito del Signore, che è Spirito di verità e di amore" (Giovanni Paolo II, Discorso alla Curia Romana, 20.12.90, n. 3). Anzitutto comunione nella fede, che non esclude la diversità, poiché tale diversità esiste per il servizio reciproco nella carità. In questo senso, un ruolo essenziale viene svolto dal servizio universale del Romano Pontefice, a cui è affidata la Chiesa in tutto il mondo, al punto che la piena ecclesialità di qualsiasi comunità cristiana include necessariamente e per natura la comunione con il Successore di Pietro (cfr. LG 23). Essere semplicemente una comunità non significa essere in comunione. Nemmeno la comunità stessa che si riunisce nel nome del Signore diventa con ciò stesso Chiesa. Essere Chiesa è sempre un dono dall'alto, radicato nell'unione di ciascuno con Dio, in Cristo, mediante i doni della fede e dei sacramenti. Questi doni, a loro volta, sono vincolati, per divina disposizione, all'unità dell'Episcopato cum Petro e sub Petro, con Pietro e sotto l'autorità di Pietro. Ma la Chiesa non è solo una comunione, bensi anche un sacramento: segno e strumento della comunione degli uomini con Dio e fra di sé (LG 1). Questa forza unificante della Chiesa, che edifica la comunione, ha la sua massima espressione nell'Eucaristia. La comunione nella fede, al pari del battesimo e degli altri sacramenti, è ordinata all'Eucaristia (III 65,3, ad 1). Il Concilio Vaticano ci diceva che "l'Eucaristia si presenta come fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione" (PO 5). Organizzare quindi le strutture comunitarie, la catechesi, l'azione evangelizzatrice, di modo che tutti, bambini e adulti, possano ricevere i sacramenti della salvezza cristiana, è un grave dovere che spetta ai sacerdoti, agli operatori pastorali, ai religiosi e alle religiose, a tutti coloro che collaborano all'evangelizzazione del Popolo di Dio. Prepararli quindi a una recezione adeguata e a una viva partecipazione nel Mistero Eucaristico è dare il loro senso pieno alle parole del Maestro, "ut omnes unum sint", "che tutti siano una cosa sola" (Jn 17,21). perciò, auspico che la predicazione, le Celebrazioni della Parola, necessarie a causa della scarsità dei sacerdoti, la catechesi, tutte le iniziative pastorali, siano permeate da questo che è il senso fondamentale dell'"ardore missionario" che la Conferenza Episcopale Brasiliana ha voluto riproporre alla Chiesa nel Brasile.

perciò desidero incoraggiare tutte le istanze ecclesiali, i miei fratelli nell'episcopato, i religiosi e le religiose e, in particolar modo, tutti coloro che danno vita alle comunità ecclesiali in questa terra generosa di Goias, e in tutto il Brasile, affinché siano sempre più "espressione di comunione e mezzo per costruire una comunione più profonda" in tutta la Chiesa nella Terra della Santa Croce (cfr. RMi 51).


5. Ora, cari fratelli e sorelle, torniamo ancora una volta alla città santa di Gerusalemme. Andiamo al Cenacolo il primo giorno della Passione di Cristo. Il Signore Gesù prega per i suoi discepoli. Non solo per quelli che si trovavano accanto a Lui, ma per tutti, per coloro che, grazie alle parole degli Apostoli, avrebbero creduto in Lui, in ogni tempo e luogo! Prega quindi anche per noi che siamo qui riuniti. Per tutti coloro che partecipano all'edificazione della società, affinché in essa vi siano più giustizia, più solidarietà per coloro che subiscono la povertà e vengono danneggiati dall'indifferenza di molti, per i malati (e qui desidero ricordare coloro che sono deceduti e le oltre cento persone che sono state coinvolte nell'incidente radioattivo del 1987), affinché la società contribuisca a superare i loro problemi e il Signore li consoli nelle loro sofferenze.


6. La preghiera di Cristo nel Cenacolo viene detta "preghiera sacerdotale". Cosa chiede al Padre il Redentore del mondo? "Che tutti siano una sola cosa" (Jn 17,21). Quale unità chiede? "Come tu, Padre, sei in me e io in te, che anch'essi siano una sola cosa" (Jn 21-22). E aggiunge: "Affinché siano perfetti nell'unità, e il mondo riconosca che mi hai inviato e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,23). "...affinché tutto il mondo creda" (Jn 17,21). Soffermiamoci a meditare queste parole! Oggi ci uniamo alla Preghiera Sacerdotale del Nostro Signore e Redentore. Preghiamo per l'unità della Chiesa, che cinque secoli orsono pianto le sue radici nelle terre del Brasile. Preghiamo per l'unità dei cristiani, per l'unità di tutto il Popolo di Dio. Preghiamo per l'unità dell'intera famiglia umana, poiché tutti siamo stati redenti dal Sangue di Cristo sulla Croce, e tutti abbiamo un unico creatore e Padre che sta nei cieli.

Carissimi fratelli e sorelle, desidero infine ringraziare l'accoglienza da parte dell'Arcivescovo di Goiânia, Monsignor Antônio Ribeiro de Oliveira e di tutti i Vescovi di questo Stato. Che la Vergine Maria, venerata dagli abitanti come Nostra Signora della Badia, volga il suo sguardo verso questo popolo amato, verso i suoi Pastori, le sue case e le sue opere, dando a ciascuno di sperimentare sempre gli effetti della sua protezione materna.

Data: 1991-10-15
Martedi 15 Ottobre 1991

Ai giovani alunni del seminario arcidiocesano - Brasilia

Titolo: Dalla formazione spirituale nasce la carità frutto della maturazione dell'amore per Gesù Cristo

Miei cari seminaristi,


1. E' un'immensa gioia per me di poter essere qui riunito con un buon numero di coloro che hanno ricevuto la chiamata di Cristo ad essere suoi servitori e ministri! Tra i presenti, noto anche la presenza degli altri seminaristi del Brasile, e a tutti voglio indirizzare la mia parola. Ringrazio di cuore il Diacono Antônio Edimilson Ayres per le gentili parole che mi ha rivolto a nome dei seminaristi qui riuniti, interpretando lo spirito comune che anima tutti. Vieni e seguimi! (Mt 19,21). Questa chiamata è stata udita, un giorno, nel fondo dei vostri cuori. Ognuno ha ascoltato la chiamata in forma diversa e in circostanze diverse. Ma per tutti c'è un aspetto comune: è stato lo stesso Gesù Cristo che è venuto incontro a voi e vi ha detto: Vieni e seguimi! Avete ricevuto una vocazione divina per essere strumenti vivi di Cristo, Eterno Sacerdote (cfr. PO 12). L'avviamento a questa vocazione e a questa missione è molto di più rispetto a una scuola o a una inclinazione personale. A tutti possono essere applicate quelle parole di San Paolo, che risvegliano nell'anima sentimenti di ammirazione e di gratitudine: "In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto" (Ep 1,4). Sin dall'eternità, ogni vocazione è, per così dire, incisa nel cuore stesso del Signore. Valorizzate sempre, quindi, la vostra vocazione per quello che è: un grande dono divino!


2. Vieni e seguimi. La stessa chiamata specifica, della quale siete stati oggetto, richiede un'adeguata preparazione, una formazione che permetta, di fatto, di identificarsi con Cristo e seguire i suoi passi. "Che cos'è questa formazione?", chiesi all'inizio dei lavori del Sinodo dei Vescovi dell'anno scorso, che affrontava il tema della formazione sacerdotale. "Si può dire - risposi - che è una risposta alla chiamata del Signore della vigna" (O.R., 07/10/1990). E' per creare le condizioni per dare questa risposta che esiste il dovere di una opportuna formazione durante gli anni del Seminario. Anche se questo nome - Seminario - non è l'unico per designare il tempo e il luogo di questa formazione, è quello utilizzato di preferenza nella Chiesa. Il Seminario è nel cuore della Chiesa, che desidera il suo sviluppo e spera che esso riceva ogni sostegno, come si è espresso il Concilio Vaticano Secondo e hanno ripetuto, l'anno scorso, i Padri Sinodali. Il Concilio è arrivato al punto di decretare che deve essere considerata pienamente valida nella Chiesa l'esperienza multisecolare dei Seminari, perché, in quanto istituzioni destinate alla formazione sacerdotale, sono forse lo strumento più efficace per la formazione integrale dei futuri sacerdoti, nella misura in cui essi siano stati dotati dei mezzi pedagogici indispensabili (cfr. Ratio Fundamentalis, Intr. 1). L'attuale Codice di Diritto Canonico, seguendo questa stessa linea, stabilisce che in tutte le diocesi, se esistono le condizioni di farlo debitamente, deve esistere un Seminario Maggiore.

Nel caso in cui questo non fosse possibile, dovrebbero mandare i propri candidati al Seminario di un'altra diocesi o ad un Seminario interdiocesano (CIC 237).

Vedete il valore che la Chiesa attribuisce ai Seminari. Essa dà, tra l'altro, un valore particolare alla parola "Seminario", che preferisce ad altre, a causa del suo contenuto e della sua radice evangelica. Seminario significa vivaio, terreno seminato per le colture future. Percepiamo con immediatezza il parallelismo tra l'attenzione del buon agricoltore per le piante che stanno nascendo, e il tempo di formazione nel seminario. Il seme, per crescere rigogliosamente e dare frutti, esige tempo e attenzioni meticolose. così anche la formazione del sacerdote.

Sarebbe falsa un'urgenza che portasse a una preparazione negligente, o a improvvisazioni superficiali, che lascerebbero lacune incolmabili nei futuri sacerdoti. Nessuna urgenza pastorale o semplice preoccupazione numerica può portare a trascurare la solida formazione dei seminaristi, in Seminari che funzionino in accordo con le norme canoniche e con gli orientamenti ufficiali della Chiesa, confermati nel recente Sinodo.


3. Che dimensione deve avere questa formazione, autentica "scuola del Vangelo"? Deve essere "una formazione integrale che non trascura nessun aspetto: formazione umana, dottrinale, spirituale e pastorale, che tenga conto delle circostanze, sovente difficili, nelle quali deve essere esercitato il ministero" (Discorso ai Padri Sinodali, 27/10/1990). In primo luogo, la formazione umana, necessaria per seguire Cristo, "perfetto Dio e perfetto uomo" (Simbolo Quicumque). Il periodo del Seminario deve essere, prima di tutto, un tempo di profonda identificazione con Cristo, cominciando con l'assumere come modello l'Umanità del Signore. Essere un altro Cristo, alter Christus, come è necessario che sia il sacerdote, esige un'umanità integra, un carattere fermo, virtù morali solide, una personalità matura (cfr. OT 11). Queste virtù sono importantissime nella vostra formazione. Per conseguirle, non esiste altro cammino che quello di un'autentica disciplina e dell'austerità di vita. Pertanto, il Seminario deve educare il futuro sacerdote alla scuola del sacrificio e della disciplina virile, personale e intelligente. Tenete sempre presente che la maturità e la fermezza delle virtù "umane" sono come una roccia, sulla quale può installarsi in modo stabile l'edificio delle virtù soprannaturali e la stessa vocazione. Siate forti nella perseveranza, a dispetto delle eventuali difficoltà o crisi, convinti che la vocazione non è una scelta personale, che si può assumere o revocare, né un'esperienza, ma, come vi ricordavo prima, un disegno e una chiamata eterna di Dio. Proseguite nel cammino che Gesù Cristo vi ha tracciato, abbracciando volontariamente e con gioia il dono del celibato sacerdotale. Non posso nascondervi l'intimo piacere con il quale ho visto confermata dall'ultimo Sinodo "l'opzione del celibato sacerdotale, che è propria del rito latino", come "carisma liberamente ricevuto e reso autentico dalla (...) Chiesa, in vista di una consacrazione esclusiva e gioiosa della persona del sacerdote al suo ministero di servizio e alla sua vocazione di testimonianza del Regno di Dio" (Discorso, 27/10/1990). Sono illusorie e depauperanti per il sacerdozio le pretese di un "celibato opzionale". Lo stesso Dio che vi ha chiamati vi darà la grazia per amare e conservare fedelmente il grande dono del celibato, che Egli stesso volle unire alla vostra vocazione.


4. Seguire Cristo - Vieni e seguimi! -, esige conoscere Cristo, conoscere il Mistero del Dio fatto Uomo, conoscere il Mistero della Salvezza (cfr. OT 13). E' questa la direzione in cui si orienta la formazione dottrinale, che ha un'importanza fondamentale negli anni del Seminario. Questa formazione dovrà avere il carattere indispensabile di uno studio serio e profondo nella preparazione al sacerdozio. Dedicatevi allo studio con impegno e perseveranza! Soltanto così arriverete ad essere uomini di fede e testimoni della verità che libera (Jn 8,32). L'autentico sapere filosofico rappresenta uno strumento fondamentale per comprendere più profondamente l'uomo, la realtà del mondo e il suo Creatore. Come consigliava il Concilio Vaticano Secondo, questa formazione filosofica deve appoggiarsi sempre al "patrimonio filosofico perennemente valido" (OT 15), che apre la strada ad una sicura e profonda intelligenza delle verità rivelate. Oggi, con il discredito delle ideologie che fino a poco tempo fa dominavano tante nazioni, si capisce meglio come i progetti di un nuovo ordine sociale si siano dimostrati inconsistenti a causa della fragilità dei loro fondamenti filosofici. Si può raggiungere una capacità di discernimento e di attuazione efficace e sicura, solo tramite quella conoscenza filosofica che è ricerca della verità in se stessa. Tutti gli orientamenti pastorali, le proposte educative, le riforme sociali o le decisioni politiche dovrebbero essere basate su presupposti e schemi mentali di carattere filosofico che non possono essere ignorati da un futuro sacerdote. Lo studio della teologia, al quale vi dedicate per diversi anni, fornirà una base solida per la sopravvivenza e la trasmissione della Verità che salva. Utilizzate la Sacra Scrittura come continuo alimento spirituale, e approfondite il suo contenuto soprattutto alla luce dei Padri della Chiesa, incomparabili interpreti dei Libri Sacri e testimoni privilegiati della Tradizione (cfr. Istruzione sullo studio dei Padri della Chiesa nella formazione sacerdotale, 10/11/1989; 18,26). Sono loro che vi guideranno negli studi teologici, dandogli una vitalità sempre maggiore e mostrando il loro intimo rapporto con la vostra vita spirituale e con il vostro lavoro pastorale. Abbiate sempre come guida, per gli studi, il Magistero autentico e universale della Chiesa. Solo quando il Magistero viene accettato docilmente, con spirito di fede, espressione di fede viva nello stesso mistero della Chiesa, si potranno evitare le tentazioni del fascino superficiale esercitato dalle correnti e mode teologiche, che deturpano e oscurano la Verità. Non lasciatevi illudere dai traviamenti di una teologia della liberazione che pretende di reinterpretare l'eredità della fede sulla base di ideologie di stampo materialista, e si allontana gravemente dalla Verità cattolica.


5. Ma ogni arricchimento ottenuto grazie alla formazione dottrinale sarebbe una pianta senza linfa se non avesse come base un'intensa vita spirituale. Il seminarista si prepara, prima di ogni altra cosa, ad essere un uomo di Dio.

Ricorrete regolarmente e con frequenza al Sacramento della Riconciliazione, che è fonte permanente di conversione e di rinnovamento. Vivete piamente le pratiche della meditazione, della lettura spirituale, dell'esame di coscienza, e le usuali devozioni raccomandate dalla Chiesa, tra le quali spicca in modo specialissimo l'amore filiale per Maria Santissima. In questo modo, si creerà nelle vostre vite una più intima identificazione con Cristo, e, di conseguenza, un autentico apprendistato dell'amore. Cercate, tra i sacerdoti che godono dell'approvazione del Vescovo, un direttore spirituale che vi assista in questo apprendistato.

Parlate con lui regolarmente. Come la pianta che sta nascendo richiede attenzioni meticolose da parte del lavoratore, così l'amore che spunta nell'anima avrà il suo sviluppo più pieno con l'ausilio di un direttore spirituale dotato di esperienza, rettitudine metodologica e ardente zelo.


6. Da questa formazione spirituale, cari seminaristi, nascerà lo spirito di carità che costituisce il frutto della maturazione dell'amore per Cristo. Sarete, così, dei sacerdoti come servono alla Chiesa, veri pastori, completamente impregnati dell'amore che nasce dal Cuore di Cristo. Con questa carità pastorale, sarete in grado di cercare di preferenza i più poveri e i bisognosi, quelli che mancano della luce e del conforto spirituale per le loro vite. La vostra carità deve andare al di là di una mera assistenza o promozione sociale, deve essere aperta a tutti, senza esclusivismi, riflettendo la volontà salvifica universale di Cristo.

Scoprirete così la bellezza del vostro sacerdozio e il vero volto della Chiesa.

Quest'ultima, nel suo impegno di rendere il mondo più giusto e più umano, si basa, prima di tutto, su una visione etica e religiosa. Il magistero della Chiesa si sforza di illuminare i problemi che affliggono la società contemporanea con i principi e i criteri evangelici e con quelli basati sull'ordine naturale, affinché ognuno possa vivere con dignità e realizzare il proprio destino temporale ed eterno. Ecco l'attività pastorale della Chiesa e la sua dottrina sociale. Si rende, inoltre, indispensabile che voi conosciate bene questa dottrina, che la studiate con perseveranza, che le dedichiate un'attenta considerazione, se volete che il vostro futuro ministero sia realmente efficace e fecondo.


7. Voglio rivolgere ancora una parola di incoraggiamento e di ringraziamento ai formatori, affinché perserverino, con gioia e spirito di sacrificio, in questo compito silenzioso e instancabile. Destinatari di questa gratitudine e di questo stimolo sono in primo luogo i formatori del "primo seminario": i genitori. E' nel focolare cristiano che sboccia la fede, e la vocazione sacerdotale fa i primi passi. Genitori, amate la vocazione dei vostri figli, e ringraziate Dio per l'amore di predilezione con il quale si è degnato di scegliere qualcuno di loro per essere un operaio della sua messe. A coloro che hanno ricevuto dai rispettivi Vescovi il compito di essere formatori in Seminario, chiedo che amino la loro missione e si dedichino ad essa con tutto il cuore. Ricordatevi che il futuro della Chiesa è nelle vostre mani! In Brasile c'è un urgente bisogno di vocazioni, che Dio non mancherà di promuovere, e questo significa che c'è un'urgente necessità di formatori ben preparati. Tale urgenza non lascia indifferente il mio cuore di Pastore di tutta la Chiesa, né quello dei Pastori locali, essendo un motivo di viva attenzione e di preghiera per tutti. Per questo, attribuite una grande importanza allo sforzo che la Pastorale Vocazionale sta portando avanti in tutto il Brasile, con l'incentivo della vostra Conferenza Episcopale. Desidero, pertanto, incoraggiare i molti operatori che, sparsi per tutto il Paese, danno la propria testimonianza e offrono il loro servizio per dinamicizzare questa Pastorale, affinché sentano in misura maggiore la necessità di accompagnare ancora meglio i candidati al sacerdozio nel loro processo di discernimento e maturazione vocazionale.


8. Voglio terminare questo discorso, cari seminaristi, elevando il mio cuore a Dio in una preghiera fiduciosa e piena di fede: Signore, fa' in modo che questi futuri sacerdoti abbiano una personalità integra e ricca di virtù, a somiglianza di Gesù Cristo.

Fa' in modo che siano uomini di Dio, e, come Gesù, uomini per gli altri.

Poni nel loro cuore un amore vivo per la Parola divina, per l'Eucaristia e per la preghiera, per la Chiesa e per la dottrina di salvezza che essa conserva e proclama fedelmente. Fa' si, infine, che, nella preparazione al loro futuro ministero, siano ogni giorno più santi.

Per confermare queste intenzioni, invito tutti a contemplare sempre Maria, la Vergine Santissima, come modello di abbandono al piano di Dio. Imitate il suo "fiat" espresso in una decisione unica, che serva da stimolo alle vostre vite. Che Ella, la Vergine Aparecida, la Madre della Chiesa e di voi tutti, vi accompagni nel cammino verso l'altare e verso la vigna del Signore.

Chiedo, infine, che portiate il mio abbraccio e il mio ricordo a tutti i vostri genitori e fratelli. Che essi sappiano che il Papa nutre, anche per loro, un particolare affetto. Per concludere, rivolgo il mio saluto speciale e affttuoso ai Superiori e ai Seminaristi del Seminario "Redemptoris Mater" che sta per essere completato non lontano da qui. Mi auguro che, con la Benedizione di Dio, incoraggino sempre mediante il vero spirito di Cristo l'autentica formazione dei Sacerdoti. A tutti di cuore imparto la mia Benedizione Apostolica.

Amen

Data: 1991-10-15
Martedi 15 Ottobre 1991

Messa nella spianata del "Bairro Morada do Ouro" per i fedeli dell'Arcidiocesi - Cuiabà (Brasile)

Titolo: Il migrante è una sfida alla carità e alla giustizia. Ogni uomo è giudicato per la capacità di accogliere




1. "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare?".

Sforziamoci di tenere a mente questa domanda. E' molto importante, è decisiva. Appartiene alla parabola del Giudizio Finale, secondo il Vangelo di San Matteo, che abbiamo letto qualche istante fa. In questa immagine del Giudizio che Cristo, il Figlio dell'uomo, renderà alla fine del mondo (poiché il Padre Gli ha dato la potestà di giudicarlo, in quanto Redentore del mondo), si trova confermata tutta la Buona Novella. Perché "Buona"? Poiché vi si trova espresso il disegno eterno di salvezza dell'uomo. "Dio infatti ha amato in tal modo il mondo da dargli il suo unico Figlio, affinché tutti coloro che credono in lui non periscano ma abbiano la vita eterna" (Jn 3,16). Quale è il prezzo della vita eterna? Infinito.

Ma come può l'uomo, essere finito, pagare questo prezzo? Come può salvarsi? Nella parabola del Giudizio Finale, Cristo dà una risposta: Il prezzo dell'eterna salvezza, che ogni uomo deve pagare, è uno solo: il prezzo dell'amore. "Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare?", chiedono coloro che durante il giudizio staranno a destra. Il Figlio dell'uomo risponde: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto così a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me" (Mt 25,40).


2. Il giudizio finale riguarda la fine della storia dell'uomo sulla terra. Al tempo stesso, riflettendo sul Vangelo di Matteo, dobbiamo affermare che tale giudizio si svolge costantemente. Esso continua sempre e dappertutto. Gli uomini, infatti, continuano a fare del bene agli altri, salvando gli altri dalla fame, dando ospitalità, rivestendo, prendendosi cura dei malati e dei carcerati... oppure, non fanno nessuna di queste cose: si chiudono in se stessi, nel loro egoismo, nella ricerca della comodità, rimanendo insensibili agli altri e ai loro bisogni. In un modo o nell'altro, questa divisione fra la "destra" e la "sinistra" evangeliche ed escatologiche si ripete negli uomini, nei vari ambiti e nelle società. perciò, la verità sul Giudizio è sempre presente, sempre attuale. Non può essere rimandata a un futuro sconosciuto. Dobbiamo vederla "qui ed ora". "Qui ed ora" nella vita di tutta la società, "qui ed ora" dal nord al sud del Brasile. Ma anche "qui ed ora" nella vita di ognuno di noi, senza eccezioni. In quella di colui che ora vi parla... e in quella di tutti coloro che ascoltano queste parole: questa verità riguarda ognuno di noi! Al tempo stesso, essa è la condizione essenziale dell'evangelizzazione, vale a dire della Buona Novella della salvezza.


3. Varie volte ho avuto sotto gli occhi, durante i viaggi su questo immenso territorio brasiliano, la bontà di Dio che gli ha donato ricchezze incommensurabili, affinché, utilizzandole, l'uomo e la sua famiglia possano dare gloria al Creatore. Questi pensieri mi danno ora lo spunto per un'attenta riflessione sui problemi che affliggono tutti, specialmente gli uomini del Mato Grosso: il problema delle migrazioni e quello ecologico. Qui come in altre regioni del Brasile, il problema del migrante è anzitutto, quello dell'uomo che giunge dagli altri Stati della Federazione o dall'estero, in cerca di migliori condizioni di vita e di lavoro per sé e per la sua famiglia. In genere sogna un pezzo di terra dove stabilirsi, sia in campagna, sia in città. Solo raramente lo troverà.

In alcuni casi perché il migrante non possiede le risorse tecniche o finanziarie per iniziare una nuova vita; in altri perché i grandi latifondi, talvolta improduttivi, non gli consentono di ottenere terra da lavorare. In questo modo l'immigrante entra in un circolo vizioso la cui soluzione è difficile. Non nascondo tutta la mia preoccupazione per le famiglie brasiliane, strappate al loro ambiente, alle loro tradizioni, alla loro vita religiosa comunitaria, esposte alle traversie di viaggi lunghi e difficili. Si sentono insicure nella ricerca del lavoro e impossibilitate a trovare un alloggio, anche modesto, che le protegga.

Poiché è ancora agli inizi, l'industria nello Stato non è in grado di assorbire la manodopera, in generale poco o niente affatto qualificata, e si accresce dolorosamente il numero dei disoccupati e di coloro che sono sottoccupati. I bambini sono le grandi vittime di una migrazione incontrollata e crescente, e, assieme alla miseria, proliferano la delinquenza, l'abbandono e il malcostume...

Cuiaba, porta dell'Amazzonia, è considerata la meta da tanti emigranti che giungono qui con la speranza di una vita migliore. Ma finiscono per far parte di questo scenario di dolore di fratelli che soffrono, di bambini affamati e sofferenti, vittime di un'immigrazione incontrollata. Tocca agli organismi pubblici e alle organizzazioni comunitarie prendere coscienza di questo serio problema, e adottare misure politiche e sociali sensate, con grande sensibilità umana e generosità. Il Papa benedice con gioia e con profonda riconoscenza coloro che, superando le barriere del consumismo e dell'indifferenza, si dedicano ad accogliere colui che, in verità, è Cristo stesso pellegrino che passa e chiede un aiuto efficace. Come potrei quindi dimenticare il Centro di Pastorale per i Migranti sostenuto dai Padri Scalabriniani di Cuiaba, che contribuisce, nella misura delle scarse risorse, ad alleviare tanta sofferenza? Ma, fratelli miei, non posso dimenticare qui un altro tipo di migrante: colui che con risorse proprie giunge al Mato Grosso per sviluppare le sue attività commerciali, industriali, di allevamento e di agricoltura o di servizi in uno Stato che ha, nei fatti, un futuro promettente. Questi migranti sono in qualche maniera le molle del progresso, ma possono esserne anche le vittime, poiché, dedicandosi interamente al lavoro, aspirando a un rapido successo delle loro imprese, senza il conforto e l'appoggio delle loro comunità ecclesiali, abbandonano quella vita religiosa che vivevano nelle loro città natale. Trionfano nella vita d'impresa, ma possono naufragare in quella religiosa, dimenticando i loro doveri verso Dio, che, nella terra di origine, indicavano loro il cammino per la gioia del bene realizzato, di una famiglia ben costituita e fedele, dei figli che crescevano nell'amore verso Dio e i propri genitori. Indubbiamente, il problema delle migrazioni non è soltanto socioeconomico o politico, ma è anzitutto una sfida alla carità e alla giustizia nel mondo. "Quale che sia la situazione di ciascuno", come ho detto nel Messaggio per la Giornata Mondiale delle Migrazioni, "tutti si sentono oggi impegnati in una vasta corrente di partecipazione, riflesso ed esigenza dell'acquisita consapevolezza della propria dignità" (Giovanni Paolo II, 5 agosto 1987). La Chiesa, che conosce la complessità dei vostri problemi, vuole rimanere al vostro fianco affinché la "fede in Cristo abiti nei vostri cuori" (Ep 3,17).

Essa si sforza di alleviare le vostre sofferenze, fatte di umiliazioni e di povertà. Vuole dare alla famiglia cristiana il vero volto della "chiesa domestica", dove nascono la vita corporea e quella della fede. perciò ha il dovere di lavorare con impegno e intelligenza, per prevenire e neutralizzare l'azione aggressiva e insidiosa delle sette che, nel loro proselitismo, fanno presa soprattutto sui migranti.


4. L'altro grande problema che coinvolge la società del nostro tempo è la questione ambientale, detta anche ecologica. Tutti conosciamo le cause di questo problema. In occasione della recente pubblicazione dell'Enciclica Centesimus annus, il tema è stato affrontato per mettere in rilievo che "l'uomo, preso dal desiderio di avere e di godere, più che di essere e di crescere, consuma in maniera eccessiva e disordinata le risorse della Terra e la sua stessa vita" (CA 37). In quell'occasione, ho voluto ricordare che non si "può disporre arbitrariamente della Terra, assoggettandola senza riserve... come se essa non avesse una propria forma e una destinazione anteriore datale da Dio, che l'uomo può, si, sviluppare, ma non deve tradire" (CA 37). Quando si entra in contatto con i problemi ambientali, sia nel bacino amazzonico, sia nel Pantanal del Mato Grosso, si trova conferma di quelle osservazioni, che, purtroppo, non riguardano solo il Brasile, bensi anche altre regioni del pianeta, persino nei paesi sviluppati. Seguo con interesse i preparativi per la Conferenza delle Nazioni Unite sull'ambiente e sullo sviluppo, che si terrà a Rio de Janeiro a giugno dell'anno prossimo. Auspico che, sia nella sua fase preparatoria, sia nel corso dei lavori, le Nazioni li riunite sappiano "salvaguardare le condizioni morali di un'autentica "ecologia umana"" (CA 38). Per il Brasile la protezione ambientale è anzitutto il diritto alla protezione alla vita. Se prendiamo in considerazione gli enormi problemi infrastrutturali dei grandi centri urbani, avremo un'idea delle sfide che si presenteranno al Paese in questo scorcio di secolo.


5. Cari fratelli e sorelle! "Saluto i9 sacerdoti di questa terra che lavorano in questo Stato del Mato Grosso e li ringrazio per il loro impegno pastorale verso il Popolo di Dio. Saluto e ringrazio anche il Signor Governatore e le altre Autorità civili e militari. Saluto tutti i presenti e anche tutti coloro che non sono potuti venire e non hanno potuto partecipare di persona a questa Celebrazione Eucaristica". E' con grande soddisfazione che mi trovo qui a Cuiaba. Il Papa non è venuto, come i pionieri (bandeirantes) del passato e i cercatori di pietre preziose (garimpeiros) di oggi, a cercare dell'oro. Egli si trova in questa città, cuore geografico dell'America Meridionale, per conoscere, benedire e portare la sua parola al popolo buono di questa terra, a coloro che qui sono nati o che, tanto numerosi, vi sono arrivati negli ultimi anni. Ringrazio dell'accoglienza fraterna l'Arcivescovo Mons. Bonifacio Piccinini e i fratelli dell'episcopato del Mato Grosso. Il loro lavoro apostolico prolunga l'opera dei predecessori e dei missionari, venuti da tante parti, che hanno impiantato la Chiesa nelle pianure e nelle foreste di questa regione affascinante, dopo che qui giunse, nel 1801, il primo Vescovo-prelato di Cuiaba, Mons. Luiz de Castro.


6. "Chi ci separerà dall'amore di Cristo?" (Rm 8,32). San Paolo rivolge questa domanda ai primi cristiani, a uomini che spesso si trovavano a soffrire in mezzo ai più svariati pericoli e alle persecuzioni, giungendo persino a perdere la propria vita. Tuttavia, risponde l'Apostolo, nulla di tutto ciò può separarci dall'amore di Cristo. Al contrario: "In tutte queste cose usciamo vincitori con la forza di colui che ci ha amati" (Rm 8,37). Si tratta veramente di una Buona Novella, anche per quegli uomini di oggi che subiscono ingiustizie, inganni e minacce di morte nella difesa delle cause giuste. Cosa ci può dividere dall'amore di Dio? Soltanto la nostra mancanza di amore ce ne potrà separare, l'egoismo, l'indifferenza, la mancanza di sensibilità, la cupidigia. Questi sono i nemici della nostra salvezza. Saranno loro a giudicarci davanti al tribunale del Figlio dell'Uomo, e a pronunciare la sentenza contro di noi. Forse in questo momento la stanno pronunciando nella voce interiore della coscienza. Cosa dobbiamo fare davanti a una coscienza sorda e insensibile? Verrà un giorno in cui si farà sentire, quando non potrà più tacere, quando si troverà faccia a faccia con la maestà del Figlio dell'Uomo, del Redentore del mondo, crocifisso e risuscitato.


7. "Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?" (Rm 8,31), chiede ancora l'Apostolo. Dio è con noi. Dio vuole la nostra salvezza. Infatti: "non risparmio il suo stesso Figlio, ma lo consegno per tutti noi" (Rm 8,32). In Lui siamo stati scelti. Per suo mezzo siamo stati giustificati, per Gesù Cristo, "che è morto, anzi, risorto, che sta alla destra del Padre e intercede per noi"! (Rm 8,34).

Quindi... chi potrà separarci dall'amore di Cristo, da quell'amore che è Dio? Solo noi. Soltanto la nostra stessa mancanza di amore.

Miei cari fratelli e sorelle! Che l'amore abbia la meglio in noi. Che esca vittorioso nella nostra vita sociale in tutte le sue dimensioni. Che ciascuno di noi possa udire almeno una volta queste parole del Figlio dell'Uomo: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto così a uno di quei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".

Data: 1991-10-16
Mercoledi 16 Ottobre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Celebrazione della Parola nello stadio di Goiana - Brasile