GPII 1991 Insegnamenti - Ai pellegrini spagnoli in udienza - Città del Vaticano (Roma)

Ai pellegrini spagnoli in udienza - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vostra visita: testimonianza di comunione

Cari fratelli nell'Episcopato, Carissimi fratelli e sorelle, E' per me motivo di gioia particolare ricevere questa mattina voi, pellegrini del sud della Spagna che, in occasione della visita "ad limina apostolorum" che i vostri Vescovi stanno compiendo, siete giunti a Roma, centro della cattolicità, con il proposito di rinnovare la vostra professione di fede, la vostra adesione a Cristo e a questa Sede Apostolica.

La vostra presenza qui è anche una chiara testimonianza di comunione ed affetto verso i vostri Pastori che, nell'esercizio del loro ministero apostolico, compiono in questi giorni la loro visita quinquennale per venerare i sepolcri degli Apostoli Pietro e Paolo e incontrarsi con il Vescovo di Roma come riconoscimento e manifestazione di comunione cattolica, presieduta e garantita nel nome del Signore dai Successori di Pietro. Siate quindi benvenuti in questa udienza, cari fratelli e sorelle di Jaen - che siete i più numerosi - di tutta l'Andalusia, e di Murcia Badajoz e delle Isole Canarie, che fanno anch'esse parte delle circoscrizioni ecclesiastiche di Siviglia e Granada.

Ho sempre molto vivo l'affettuoso ricordo delle sentite celebrazioni di fede e d'amore vissute con le vostre comunità nel corso della prima visita pastorale in Spagna, nove anni fa. Allora ho avuto l'opportunità di constatare la nobiltà d'animo del vostro popolo, il suo spirito accogliente e festoso, il suo carattere profondamente umano, la sua fermezza e capacità di resistenza dinnanzi alle avversità. E' ben vero che non mancano gravi problemi che ostacolano le legittime aspirazioni di progresso e di benessere nella vostra regione, ma ciò non deve costituire motivo di sconforto e di scoraggiamento, perchè possedete la maggiore ricchezza che un popolo può avere: i solidi valori cristiani, che devono dare un nuovo impulso alla costruzione di una società più giusta, fraterna e solidale.

Per questo è necessario che il cristiano prenda maggior coscienza delle proprie responsabilità e che, dinanzi a Dio e ai suoi doveri civili, si impegni con rinnovato entusiasmo nel dovere per il bene comune, dando sempre testimonianza della sua fede e dei valori evangelici che devono informare una società in cui regni l'onestà, l'operosità, lo spirito di partecipazione. A questo riguardo, desidero far mie le esortazioni che vi hanno rivolto i vostri Vescovi nel documento collettivo "Algunas exigencias sociales de nuestra fe cristiana" (Alcune esigenze sociali della nostra fede cristiana - Quaresima del 1986).

Il 14 dicembre prossimo si terrà, nella città di Ubeda, la cerimonia di chiusura del IV centenario della morte di San Giovanni della Croce. In segno di vicinanza e di affetto, ho voluto nominare il Signor Cardinale Antonio Maria Javierre Legato Pontificio per quella solenne celebrazione in onore del grande mistico carmelitano spagnolo, tanto legato alle terre andaluse. Possa questo evento rappresentare un'occasione propizia che vi confermi nelle vostre radici cristiane e vi rafforzi nella vostra coscienza e testimonianza di credenti, fedeli figli della Chiesa.

Come segno di vitalità delle comunità ecclesiali dell'Andalusia, sono lieto di sottolineare anche che l'anno prossimo si svolgeranno a Huelva l'XI Congresso Mariologico e il XVIII Congresso Mariano internazionale. D'altra parte, e nel quadro del V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America, Siviglia sarà la sede del Congresso Eucaristico Internazionale che, con il motto "Cristo, luce dei popoli", vuole diffondere la devozione eucaristica, che ha spinto tanti missionari a lasciare ogni cosa per portare il messaggio di salvezza in tutto il mondo.

Sempre a Siviglia si terrà l'Esposizione Universale 1992, e faccio voti affinchè questo grande avvenimento contribuisca a rafforzare i vincoli di amicizia e solidarietà tra i popoli e le nazioni.

Essendo questo un incontro con fedeli provenienti da una regione che con orgoglio si proclama terra di Maria Santissima, desidero concludere rivolgendomi alla Madre di Dio, che voi venerate con fervore sotto diversi titoli. Infatti, Nuestra Senora de los Reyes, Nuestra Senora de las Angustias, Nuestra Senora de la Victoria, Nuestra Senora del Mar, Nuestra Senora de la Cinta, Nuestra Senora de la Capilla, Nuestra Senora de la Fuensanta, Nuestra Senora de la Candelaria, Nuestra Senora del Pino, Nuestra Senora de Guadalupe e Nuestra Senora del Rocio sono volti diversi della stessa Madre Santa che tutti vi abbraccia.

A Lei vi raccomando nelle mie preghiere perchè questo pellegrinaggio che con tanta fede e con tanto amore state compiendo vi confermi nei vostri propositi di vita cristiana.

Prima di concludere, desidero rivolgere anche un cordiale saluto di benvenuto a tutti gli altri pellegrini qui presenti da altre regioni della Spagna e da vari Paesi dell'America Latina. In particolare, al gruppo di Religiose di Maria Immacolata, all'"Hospitalidad Nuestra Senora de Lourdes" di Cartagena e di Valentia, ai pellegrinaggi parrocchiali di Cervello (Barcellona) e Castell d'Aro (Gerona). A tutti imparto con particolare affetto la mia Benedizione Apostolica.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1991-11-13
Mercoledi 13 Novembre 1991

Ai partecipanti alla Conferenza per l'Alimentazione e l'Agricoltura - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Estendere di più la lotta contro la fame

Signor Presidente, Signor Direttore Generale, Eccellenze, Signore e Signori,


1. E' per me un grande piacere incontrare ancora una volta i rappresentanti e gli esperti di Stati e Organizzazioni che fanno parte della Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite. Questa ventiseiesima Assemblea Generale è particolarmente degna di nota, in quanto segna il quarantesimo anniversario della creazione del Quartier Generale della F.A.O. a Roma. In questa importante occasione desidero esprimere i miei auguri più sinceri. La scelta di questa città come centro della vostra attività ha contribuito a promuovere un rapporto particolarmente stretto di comprensione e collaborazione tra la vostra Organizzazione e la Santa Sede. E' incoraggiante osservare i molti punti di convergenza tra i nuovi obbiettivi e metodi che l'Organizzazione ha delineato per sè, è la dottrina della Chiesa sullo sviluppo sociale e il suo appello ad intenderlo alla luce della dimensione etica e del destino trascendente della persona umana.


2. Anche dopo quattro decenni di intensi sforzi da parte di donne e uomini di buona volontà, gli obbiettivi della F.A.O. continuano ad avere una pressante urgenza. Ora, più che in passato, occorre rendere la produzione e la distribuzione del cibo più efficiente, migliorare le condizioni dei lavoratori agricoli e in tal modo contribuire alla generale espansione dell'economia mondiale, al fine di eliminare la fame dal nostro mondo. Poichè è mio compito continuare "l'insegnamento e l'attività di Cristo, a cui la vista di una folla affamata ha strappato la commovente esclamazione: "Sento compassione per questa folla: ...non hanno da mangiare" (Mt 15,32)" (Papa Paolo Vl, Discorso ai Partecipanti alla Conferenza Mondiale sulla Nutrizione, 9 novembre 1974), colgo l'occasione di questo incontro per esprimere ancora una volta la mia preoccupazione per il flagello degli affamati del mondo. Noi condividiamo una ardente sollecitudine nei loro confronti, e io prego affinchè il nostro incontro rappresenti un'opportunità di rinnovare il nostro servizio verso di loro.

Grazie alla lunga esprienza e alla raccolta di un immenso numero di dati, la strategia della F.A.O. è passata dai generici riferimenti alla lotta contro la fame e dal semplice appello per la sua eliminazione, al riconoscimento della molteplicità delle cause della fame e alla necessità di una adeguata e sofisticata risposta. Questa capacità di osservazione della complessità della situazione, lungi dal frenare lo zelo dei membri della F.A.O., dovrebbe rappresentare uno stimolo all'azione, in quanto sono gli sforzi volti a rimediare problemi che sono stati accuratamente analizzati che hanno le migliori possibilità di riuscita.


3. La crescente consapevolezza delle molteplici dimensioni da affrontare se si vuol combattere la fame e la malnutrizione, ha portato all'identificazione di importanti questioni sociali e politiche, che hanno un impatto diretto sull'argomento. La preoccupazione per la salute dell'ambiente è uno dei problemi che ha un peso particolare nelle sollecitudini della F.A.O., e le sue complesse ramificazioni vanno prese in considerazione in ogni campagna contro la fame.

Infatti il rispetto per i campi, le foreste e i mari, e la loro tutela dallo sfruttamento selvaggio, rappresentano l'autentico fondamento di qualsiasi politica realistica volta ad aumentare la riserva di cibo nel mondo. Le risorse naturali del mondo, affidate dal Creatore a tutta l'umanità, sono la fonte da cui il lavoro umano trae il raccolto da cui dipendiamo. Con l'aiuto della conoscenza scientifica, un sano giudizio pratico deve tracciare il cammino che separa gli estremi di esigere troppo dal nostro ambiente e chiedere troppo poco, ognuno dei quali avrebbe conseguenze disastrose per la famiglia umana.

La crescente consapevolezza dei limiti delle risorse della terra fa avvertire ancora più acutamente la necessità di far si che quanti si occupano della produzione di cibo dispongano della conoscenza e della tecnologia che si rendono indispensabili perchè i loro sforzi diano i migliori risultati possibili.

La diffusa creazione di centri di addestramento e di istituzioni che promuovono lo scambio di nozioni tecniche e di esperienza, rappresenta una delle più efficaci linee di azione da intraprendere nella lotta contro la fame. Lo sviluppo della capacità di lavorare specificamente umana, fa aumentare considerevolmente l'altrimenti limitata potenzialità della terra. perciò l'accento va posto sempre di più sull'applicazione dell'intelligenza produttiva. La terra e il mare producono in abbondanza solo nella misura in cui sono sfruttati con saggezza. Come ho scritto nella mia Lettera Enciclica Centesimus Annus: "Oggi il fattore decisivo (della produzione) è sempre piu l'uomo stesso" (CA 32; cfr. CA 31). Sono felice di notare che questa verità sul lavoro dell'uomo è stata espressa nel vostro Piano a medio-termine, 1992-1997, con il suo accento sull'importanza delle risorse umane per risolvere il problema della fame.


4. Signore e Signori. Ia Santa Sede e profondamente interessata al ruolo specifico della F.A.O. quale sprone per lo sviluppo socio-economico. Il principio guida dell'insegnamento della Chiesa sullo sviluppo è espresso nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II, che afferma: "Anche nella vita economico-sociale sono da onorare e da promuovere la dignità e l'integrale vocazione della persona umana come pure il bene dell'intera società. L'uomo infatti è l'autore, il centro e il fine di tutta la vita economico-sociale" (GS 63). Uno sviluppo che sia degno della persona umana deve tendere a far progredire le persone in ogni aspetto della vita, quello spirituale come quello materiale.

Infatti il progresso economico raggiunge il suo obbiettivo proprio nella misura in cui fa migliorare tutto il benessere e il destino degli esseri umani.

Una delle implicazioni di questa verità è che la chiara affermazione della dignità e del valore di quanti lavorano per produrre il nostro cibo è una parte indispensabile di qualsiasi soluzione al problema della fame. Essi sono collaboratori speciali del Creatore quando obbediscono al suo ordine di "soggiogate la terra" (Gn 1,28). Essi adempiono il servizio vitale di fornire alla società i beni necessari al suo quotidiano sostentamento. Il riconoscimento della loro dignità è stato sottolineato nell'appello della F.A.O. affinchè i lavoratori della terra non vengano considerati semplicemente come strumenti di una sempre maggiore produzione di cibo, "bensi come ultimi fruitori e beneficiari del processo di sviluppo" (Piano a Medio-Termine, p. 75). E' di particolare importanza a questo proposito elaborare programmi che allarghino la possibilità di un'azione libera e responsabile da parte di contadini, pescatori e quanti sfruttano le risorse forestali, e che consentano loro di partecipare attivamente alla formulazione delle politiche che li riguardano direttamente.

E' anche importante aver presente che i progetti miranti all'eliminazione della fame devono essere in armonia con il diritto fondamentale delle coppie a fondare e a mantenere una famiglia (cfr. FC 42). Qualsiasi iniziativa che volesse aumentare la riserva mondiale di cibo attentando alla sacralità della famiglia o interferendo nel diritto dei genitori di decidere il numero dei propri figli, finirebbe per opprimere la razza umana invece di servirla (cfr. GS 47 FC 42; LE 25). Invece di proibire ai poveri di nascere, occorre varare programmi veramente efficaci per promuovere la distribuzione del cibo che garantiranno ai poveri il diritto di partecipare al godimento dei beni materiali di cui hanno bisogno per mantenere le loro famiglie, e allo stesso tempo offriranno loro l'assistenza e l'addestramento necessari affinche alla fine possano produrre quei beni con il lavoro (cfr. CA 28).


5. Gli anni che ci separano dall'ultima decade di questo Millennio hanno visto enormi cambiamenti nei rapporti tra i popoli e le nazioni. Le grandi trasformazioni che hanno avuto luogo presentano alla F.A.O. nuove sfide e offrono nuove opportunità. Lo sgretolamento di quel che era diventato, in molti Paesi, il modello abituale di produzione e scambio, fa si che la lotta contro Ia fame debba essere ancora più estesa. Confido che la vostra Organizzazione, con la sua tradizione di collaborazione intergovernativa, sappia come rispondere efficacemente.

La riduzione delle tensioni mondiali, che è stata a lungo l'obbiettivo delle speranze e delle preghiere dell'umanità, offre ai capi di governo e ai loro cittadini una nuova possibilità di impegnarsi insieme per costruire una società degna della persona umana. L'eliminazione della fame e delle sue cause deve essere una parte fondamentale di questo progetto. Si spera che una conseguenza della diminuzione dell'antagonismo nei rapporti internazionali possa essere la diminuzione degli stanziamenti in denaro per la fabbricazione e la vendita di armi. Le risorse così disponibili potranno essere impiegate nello sviluppo e nella produzione di cibo. Prego affinchè i governi del mondo si impegnino in questo nobile compito con la medesima energia che hanno speso per proteggersi da quanti una volta consideravano loro nemici.


6. Il compito che dovete affrontare, Signore e Signori, metterà alla prova la vostra saggezza e sfiderà il vostro coraggio, ma potrete attingere forza dalla nobiltà della vostra causa, una nobiltà che più che mai giustifica gli sforzi e i sacrifici richiesti. Voi avete l'impegno di garantire la soddisfazione del diritto di avere cibo sufficiente, di godere di una sicura e stabile partecipazione ai prodotti della terra e del mare. Rinnovate il vostro impegno a questa battaglia! Nel dirvi questo mi faccio portavoce di tutti i poveri e gli affamati che ho incontrato nelle mie Visite Pastorali in tante parti del mondo. Rivolgo a voi il loro appello; vi esprimo la loro gratitudine.

Vi assicuro delle mie preghiere per il successo delle vostre deliberazioni riguardo alla stesura del piano di lavoro per i prossimi due anni, e invoco su di voi la pace e la forza che vengono da Dio Onnipotente, che "non dimentica il grido degli afflitti" (Ps 9,13).

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1991-11-14
Giovedi 14 Novembre 1991

Discorso ai leader dei Movimenti Internazionali Pro-Vita - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una mentalità anti-vita è disumana e aberrante




1. E' con viva soddisfazione che rivolgo il mio cordiale saluto e benvenuto a voi, Leaders dei Movimenti Pro-vita delle diverse Nazioni, riuniti in Congresso a Roma per iniziativa del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Vi ringrazio per il vostro entusiasmo, la vostra disponibilità e la vostra generosità. C'è in voi una forza disinteressata e gratuita, che proviene dai valori dello spirito. Avete l'agilità di chi si muove senza condizionamenti ideologici, né pesi burocratici.

E' la natura stessa della causa a rendervi forti e generosi: il servizio alla vita umana, ad ogni vita, anche quando è nascosta nel mistero della sua concezione. Da questi ideali nasce l'impegno dinamico, per cui in tante parti del mondo c'è una risposta sincera, sistematica e organizzata, che non risparmia sforzi affinché l'attivo rispetto della vita diventi una realtà. Guardo con gioia e speranza a tutti voi, che sentite sgorgare nel profondo del vostro cuore l'esigenza di amore e di giustizia, la quale induce al rispetto della vita, che va accolta ed amata fin dall'inizio, e poi sempre tutelata in un ambiente di genuina ecologia umana (cfr. CA 38).


2. Permettetemi di approfondire alcuni aspetti utili, penso, ai Movimenti per i quali voi vi prodigate. Nella Lettera indirizzata a tutti i Vescovi del mondo, ho parlato del "Vangelo della Vita": "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10); "chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12). Si, cari fratelli e sorelle, risuona nella Chiesa e, tramite essa, nell'intera umanità la buona novella del valore della vita umana: nessun uomo viene al mondo per caso, ognuno è il termine di un atto dell'amore creativo di Dio e, fin dal concepimento, chiamato all'eterna comunione con Dio. In un'epoca, in cui tanti dimenticano chi è l'uomo, da dove viene e dove va, c'è l'imperioso bisogno di suscitare sempre più il senso dell'ammirazione e della riconoscenza per la grandezza di ogni vita umana, anche se sofferente.

Particolarmente là dove esso viene oscurato dalla pressione secolarizzante, si deve aiutare a riflettere sul fatto che ogni vita è un bene inestimabile, perché dono unico ed irripetibile del Signore, datore della vita: "E' in Te la sorgente della vita" (Ps 35,10); "Io daro loro la vita eterna" (Jn 10,28). In un mondo il quale, travolto dalla mentalità tecnicistica, tende a perdere la sensibilità davanti al mistero grandioso della persona, voi dovete ripetere questa meravigliosa novità dell'amore di Dio per ciascun uomo, che è parte della nostra fede in Dio Creatore del cielo e della terra, delle cose visibili ed invisibili.


3. La vita deve essere accolta e amata senza eccezioni. Nell'Enciclica Centesimus annus ho messo in guardia di fronte ad una cultura della morte, che si oppone all'amore per ogni essere umano, rischiando di oscurare una verità così centrale per qualsiasi credente in Dio, Padre e Creatore. Nel Concistoro Straordinario dei Cardinali, da me convocato l'aprile scorso, si è levato un grido unanime per chiedere una universale reazione che ponga fine al gravissimo fenomeno delle crescenti minacce ed attentati alla vita, che sta provocando stermini in una misura mai prima vista nella storia dell'umanità. Fin dal concepimento, ogni essere umano è una persona, e costituisce una manipolazione della verità considerare il concepito ancora non nato, nella sua indifesa grandezza, come un aggressore. Si comincia, purtroppo, a parlare dell'esistenza di atteggiamenti ed iniziative contro l'accettazione della vita, che inducono, prima, al disordine morale della contraccezione e, successivamente, al crimine abominevole dell'aborto. Tale Anti-Life Mentality, quali che siano le sue intenzioni e le sue preoccupazioni, è in se stessa e per se stessa disumana e aberrante. Il dovere primario di creare un clima di accoglienza della vita spetta all'intera società, ed in essa - secondo le proprie responsabilità - ai singoli cittadini, ai governanti, ai legislatori. Si deve intraprendere una politica chiara in favore della vita e della dignità della donna, quale collaboratrice di Dio nel dono della vita. Quando il bambino non è voluto dai suoi genitori, devono intervenire strutture e modalità di accoglienza della vita, anche se sono sempre i genitori, che hanno costituito una famiglia, i responsabili diretti del neonato. La famiglia, "Santuario della vita", deve essere sostenuta efficacemente affinché si avveri il diritto di ogni bambino a nascere in una normale famiglia costituita dal padre, dalla madre e dai fratelli, in un indispensabile clima d'amore (cfr. Instr. Donum vitae, II,A,1).


4. Dopo essere stato accolto, il bambino va educato, tutelato e promosso in tutto il suo sviluppo, in modo che possa raggiungere la dovuta maturità umana. L'uomo, infatti, non riesce nemmeno a sapere chi è, anzi diventa a se stesso un mistero insolubile, se non impara ad amare e non sente di essere amato. Si richiede, quindi, un impegno comune per una ecologia umana, cioè per creare, con la collaborazione di tutti, un ambiente favorevole alla persona e al suo sviluppo.

Ciò richiede certamente la promozione di condizioni materiali, ma ancor prima ed in modo irrinunciabile la formazione in un'atmosfera di amore per la persona in se stessa e per se stessa, che dà a ciascuno la gioia di vivere, di servire, di lavorare e di sviluppare rapporti amichevoli con tutti gli uomini. A questo scopo occorre migliorare gli strumenti educativi, i mass-me- dia, purificare l'ambiente morale e gli altri aspetti della cultura, diventata spesso sorda ai valori dello spirito. La prima ed insostituibile struttura in grado di farlo è certamente la famiglia; in seno ad essa l'uomo fa le prime, determinanti esperienze e riceve i primi e più validi insegnamenti intorno alla verità e al bene, impara cosa vuol dire amare ed essere amato. Dobbiamo impegnarci a proteggere e promuovere la famiglia fondata sul matrimonio, in cui il dono reciproco dell'uomo e della donna crea un clima di amore, dove il bambino può nascere e crescere. Siamo tutti chiamati a promuovere un ambiente favorevole alla famiglia, e, quindi, alla maternità e alla paternità, dove vi siano di fatto, e in modo crescente, le condizioni ottimali perché essa possa sviluppare le proprie ricchezze: la fedeltà, la fecondità, l'intimità arricchita dall'apertura agli altri, ecc.. E' necessario che la famiglia diventi il centro di ogni politica sociale.


5. Finalmente, permettetemi di ricordarvi che la vostra maggiore forza è nella qualità della vostra testimonianza in favore della dignità dell'uomo, della famiglia e della vita, nella reciproca collaborazione e nel rispetto delle legittime diversità. Sono grandi e potenti le forze che oggi, apertamente od occultamente, dispiega la cultura della morte: l'egoismo umano e, come suo frutto, il consumismo; un superficiale femminismo, che ha paura di fronte alla grandezza della maternità; il crescente materialismo, incapace di percepire la superiorità dei valori dello spirito; infine, la pressione di interessi economici, che agiscono con spietata crudeltà. Vi rivolgo, a questo riguardo, la raccomandazione che San Paolo indirizzo ai primi cristiani della Comunità romana: "non lasciatevi vincere dal male, ma vincete con il bene il male" (Rm 12,21). Le vostre armi sono quelle del Vangelo. Esso contiene una speranza che non fallisce, perché appoggiata sul solido fondamento della Risurrezione di Cristo, vincitore della morte.


6. La Madonna è, nel modo più eccellente, la promotrice della vita; Ella concepi nel suo seno Colui che è la Vita (cfr. Jn 11,25 Jn 14,6), lo diede alla luce e lo accolse con immenso amore, proprio in mezzo alla povertà di Betlemme.

Ella, assieme al suo Figlio, benedica tutte le madri del mondo, tutte le famiglie, "Santuari della vita", e benedica voi, i vostri focolari, i vostri Movimenti e le vostre Nazioni, nelle quali vi auguro di essere luce, sale e fermento.

A tutti imparto la mia Benedizione.

Data: 1991-11-15
Venerdi 15 Novembre 1991

Udienza ai pellegrini delle diocesi di Lucca, Pisa e Volterra - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La nuova evangelizzazione deve coinvolgere tutti i cristiani

Cari confratelli nell'Episcopato, Sacerdoti e fedeli delle Comunità diocesane di Lucca, Pisa e Volterra!


1. La vostra visita suscita in me vivissimi e cari ricordi del viaggio apostolico che ho avuto la gioia di compiere nelle vostre terre. Saluto l'Arcivescovo di Lucca, Monsignor Bruno Tommasi, la cui presenza mi richiama anche la cara figura del suo predecessore nella medesima sede, il compianto e stimato Monsignor Giuliano Agresti; saluto parimenti l'Arcivescovo di Pisa, Monsignor Alessandro Plotti, ed il Vescovo di Volterra, Monsignor Vasco Giuseppe Bertelli. Rinnovo a tutti l'espressione della mia gratitudine per la cordiale accoglienza, per l'accurata preparazione e per le manifestazioni di fede e di entusiasmo dimostratemi durante la Visita pastorale alle vostre rispettive Comunità cristiane. Un pensiero particolare va alle autorità civili e militari di ogni ordine e grado, le quali non hanno voluto mancare a questo incontro: ad essi rivolgo il mio cordiale auspicio di bene con l'assicurazione del ricordo nella preghiera, perché il Signore li assista nelle loro responsabilità di amministratori della cosa pubblica. In questo momento penso specialmente ai sacerdoti, ai religiosi ed alle religiose delle tre Diocesi, i quali si dedicano con zelo e abnegazione alla cura delle anime e all'evangelizzazione delle vostre terre, così ricche di tradizioni cristiane e di fede: il Signore li ricompensi abbondantemente delle loro fatiche e dei loro sacrifici per la causa del Regno di Dio!


2. Come non ricordare la devozione dei Lucchesi al Volto Santo di Cristo; la pietà popolare verso la Vergine, venerata nella cattedrale di Volterra; le sequenze della "storia della salvezza", mirabilmente espresse nella Cattedrale, nel Battistero e nel Camposanto di Pisa? Tali monumenti hanno offerto attraverso i secoli ed offrono all'uomo moderno spunti di riflessioni sul senso del loro perenne messaggio. Anche oggi la domanda della fede deve essere riproposta affinché si dia ad essa una risposta giusta e pienamente soddisfacente. Tante sicurezze terrene, che parevano definitive, si sono dimostrate fragili e sono cadute, mentre rimangono gli interrogativi che nell'intimo delle coscienze urgono ed esigono risposte chiare e sicure, fondate sulla retta ragione, alla luce del Vangelo che è Parola indefettibile di Cristo. Noi oggi sentiamo di vivere in un'epoca "critica"; l'uomo si sente deluso in molti campi del suo conoscere e del suo vivere, sottoposto com'è alle tensioni da lui stesso create. Egli si trova a vivere talora in una situazione di angoscia, di frustrazione e di amarezza spirituale e morale. Ma chi può dare una risposta adeguata, se non Cristo, a tutti gli interrogativi che l'uomo si pone per uscire dal suo dramma? In Cristo scopriamo il senso dell'amore verso i fratelli, soprattutto verso coloro che meritano più attenzione perché poveri, sfiduciati, delusi nelle scelte sbagliate.

Occorre tornare a Cristo; a Lui che è speranza e gioia; a Lui che può dare un vero senso alla vita umana.


3. Il tessuto ecclesiale delle vostre Chiese è formato non solo da sacerdoti, religiosi e religiose, ma anche da laici impegnati. Ad essi è affidata proprio quella testimonianza che si incarna nelle concrete situazioni quotidiane: nello studio e nella ricerca, nella famiglia, nei posti di lavoro, nella operosa vita dei campi. La nuova evangelizzazione, che voi portate avanti e che tutta la Chiesa sente di dover attuare, deve coinvolgere tutti, sia nella testimonianza personale, sia in una concorde disponibilità ai progetti pastorali comuni. Un pensiero speciale rivolgo a voi, giovani, che siete qui, ed a tutti i vostri amici. Le vostre iniziative si distinguano per entusiasmo e dedizione; siate attenti ad un'accurata preparazione culturale, affinché la vostra fede sia vissuta consapevolmente e generosamente. Siate sempre pronti a rendere conto delle ragioni della vostra speranza e a rispondere alle obiezioni che gli altri giovani sentono nei riguardi della Parola rivelata. Le vostre Chiese hanno bisogno della vostra testimonianza autentica e del vostro impegno morale e sociale, adeguato ai tempi.

Voi siete e dovete essere la parte più valida di quella comunità nuova, dalla quale potrà sorgere e svilupparsi la futura società europea.


4. Cari fratelli e sorelle, vi esprimo vivo compiacimento per le tante iniziative che sono state poste in atto per un cammino di fede delle vostre Chiese: le Scuole di formazione teologica, gli Istituti di Scienze Religiose, di formazione all'impegno sociale e politico, le Scuole di catechisti: sono tutti mezzi eccellenti, se affidati alla generosa e tenace volontà di servire Cristo e la Chiesa nel suo generoso impegno per la nuova evangelizzazione. Siate consapevoli che la vostra partecipazione alla missione regale di Cristo è strettamente legata alla vostra fede, una fede matura e consapevole, una fede che sa guidare le vostre scelte e la vostra testimonianza.

Vi assista la protezione della Vergine, vi ispiri sempre il Volto Santo del Cristo Crocifisso e Re, vi conforti in ogni fatica la parola del suo Vangelo.

A tutti la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1991-11-16
Sabato 16 Novembre 1991

Canonizzazione di Rafal Kalinowski - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Rafal Kalinowski: una vita spesa per gli altri




1. "Che fai qui, Elia? Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore" (1R 19,9 1R 19,11). Il Beato Raffaele Kalinowski, che la Provvidenza Divina ci dà la gioia di proclamare oggi Santo della Chiesa di Cristo, appartiene all'antichissima tradizione del profeta Elia. Tale tradizione, collegata col Monte Carmelo nella Terra Santa e rinata nel Nuovo Testamento, ha dato una messe abbondante di vocazioni contemplative e tanti frutti di particolare santità. L'anno corrente è per il Carmelo un anno giubilare a motivo del IV centenario della morte di San Giovanni della Croce, dottore della Chiesa, il quale, accanto a Santa Teresa di Gesù, anch'essa proclamata dottore della Chiesa, con Santa Caterina da Siena, dal mio Predecessore Papa Paolo VI, contribui al rinnovamento della vita carmelitana in ambedue i rami: maschile e femminile. Sin da quel secolo, dal secolo dei santi Teresa di Gesù e Giovanni della Croce, quest'invito indirizzato un giorno ad Elia, risuona con una forza sempre nuova nelle generazioni dei figli e delle figlie del Carmelo.


2. Saluto con affetto la Delegazione del Governo polacco, guidata dal Presidente della Repubblica Signor Lech Walesa, e quella Lituana, guidata dal Signor Vytautas Landsbergis, Presidente del Consiglio Supremo della Repubblica Lituana.

Cari fratelli, giunti dalla ormai libera Lituania, porgo a tutti, Vescovi, sacerdoti e fedeli laici, il mio più cordiale benvenuto e benedico con affetto la vostra cara Nazione.

Saluto anche il Primate di Polonia, unitamente agli altri Cardinali e fratelli nell'Episcopato provenienti dalla Polonia, dalla Lituania, dalla Russia, dalla Bielorussia e dall'Ucraina. Formulo un cordiale benvenuto a tutti i pellegrini venuti dalla Corea, Francia, Belgio, Olanda, Spagna, Austria, Germania, Ungheria, Malta, Stati Uniti d'America e dall'Italia.


3. "Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore". Quando Raffaele di San Giuseppe, nel mondo Giuseppe Kalinowski, udi questa chiamata, aveva già percorso una lunga e difficile strada di vita, e questa è stata la "strada attraverso un tormento". così come quella di Elia. Prima che gli fosse dato di esclamare: "Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti" (cfr. 1R 19,10 1R 19,14), rispondeva già con grande zelo e sacrificio offrendo la vita sull'altare della sua patria terrena, della sua tormentata nazione. L'insurrezione polacca dell'anno 1863 contro la potenza degli zar, che opprimeva i connazionali, fu considerata da molti come una lotta disperata, senza possibilità di vittoria. Tuttavia, alcuni non hanno indietreggiato di fronte ad una decisione eroica. Tra questi, c'è Giuseppe Kalinowski, ingegnere militare, il quale così si espresse: "la patria ha bisogno di sudore, non di sangue". Vedendo pero, gli altri pronti a combattere, si senti obbligato pure lui a dare la sua vita. Aderi, infatti, alla rivolta partecipando perfino ai lavori del governo di insurrezione con la sede a Vilnius. Arrestato, condannato a morte, gli fu successivamente commutata la pena a pesanti lavori forzati in Siberia. Prima che gli fosse dato di iniziare il cammino sulla via della vocazione alla vita carmelitana, dove si avvicino all'esperienza della "notte oscura" della fede, della speranza e dell'amore di Dio, Cristo lo ha guidato attraverso la "notte oscura" dell'amore per la Patria terrena. Tornato, dopo dieci anni, dalla Siberia, si dedico all'educazione del Principe Augusto Czartoryski, futuro salesiano, ed oggi Venerabile Servo di Dio.


4. "Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore". Incomincio la vita carmelitana avendo già compiuto quarantadue anni di età. Nel silenzio nel raccoglimento della contemplazione si nasconde un altro "movimento". Il movimento di cui parla San Paolo: "dimentico del passato e proteso verso il futuro, corro verso la mèta per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù" (Ph 3,13-14). Questo "movimento" dello spirito umano, il movimento che porta in alto, ha una sua particolare intensità. L'intensità della rinuncia che è la sorgente di una singolare creatività nello Spirito Santo. "Tutto ormai io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù... al fine di guadagnare Cristo e di essere trovato in lui... E questo perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze... solo mi sforzo di correre per conquistare (il premio), perché anch'io sono stato conquistato da Gesù Cristo" (Ph 3,8 Ph 3,10 Ph 3,12). Ordinato sacerdote, Raffaele Kalinowski si mise a lavorare nella vigna di Cristo. Fu apprezzato confessore e direttore spirituale. Istruiva le anime nella sublime scienza dell'amore a Dio, a Cristo, alla Madonna, alla Chiesa ed al prossimo.

Dedicava molte ore a questo umile apostolato. Sempre raccolto, sempre unito a Dio, uomo di preghiera, obbediente, sempre pronto alla rinuncia, al digiuno, alla mortificazione.


5. L'uomo "conquistato da Cristo". L'uomo il cui spirito, dopo tutte le gravi esperienze della vita precedente - ed anche mediante le esperienze che l'hanno fatto molto soffrire - scopre il pieno significato delle parole di Cristo pronunciate nel Cenacolo: "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi...

Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,9 Jn 15,13). - Dà la vita... per i connazionali, per una grande causa comune. "Amava talmente la patria terrestre, che per la sua causa si espose alla morte" - come ho già avuto occasione di affermare il 15 novembre 1966 a Czerna, presso il suo sepolcro. - Dà la vita... "per amore della Patria eterna" - come dissi nello stesso luogo - mediante la professione carmelitana, per amare ancora più pienamente a somiglianza di Cristo, diventando suo amico: "Voi siete miei amici" (Jn 15,14). - Dà la vita... per gli altri nello svolgimento del ministero sacerdotale spingendo tutti alla perfezione, alla santità. Egli diventa preghiera e lavoro volendo essere "proprietà degli altri". - Dà la vita... per la causa dell'unità della Chiesa. Arde dal desiderio di vedere uniti nello stesso ovile i fratelli Ortodossi, pieno di fiducia nell'intercessione della Vergine Santissima, tanto da essi venerata.


6. Rallegrati, città natale del Santo, con il tuo Santuario di "Ostra Brama".

Rallegrati, Vilnius. Rallegrati, Patria terrena del Padre Raffaele Kalinowski.

Ecco, entra nella gloria degli altari il tuo figlio che, secondo dopo Fra Alberto Chmielowski, anch'egli partecipe dell'insurrezione nazionale dell'anno 1863, viene oggi proclamato Santo della Chiesa di Cristo. Rallegrati, Famiglia del Carmelo, patria spirituale di Padre Raffaele, rallegrati nell'anno del tuo giubileo! I santi sono un frutto maturo del Regno di Dio sulla terra. In essi si realizza in modo particolare la scelta di Cristo: "Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga" (Jn 15,16). - perché rimanga il tuo frutto, Padre Raffaele! Gaude, Mater Polonia! Gaude Lituania! Rallegrati, Madre di Dio, Madre del Carmelo! Rallegrati, Madre di Dio, Regina della Polonia! Madre della Chiesa, Madre di tutti i popoli! Amen.Data: 1991-11-17
Domenica 17 Novembre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Ai pellegrini spagnoli in udienza - Città del Vaticano (Roma)