GPII 1991 Insegnamenti - Celebrazione ecumenica in occasione dell'Assemblea Speciale per L'Europa - Città del Vaticano (Roma)

Celebrazione ecumenica in occasione dell'Assemblea Speciale per L'Europa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Unire gli sforzi delle Chiese cristiane per la nuova evangelizzazione Si compirà così nella verità e nella carità l'"ecumenismo della libertà"




1. "Lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,18). Siamo riuniti questa sera, nella Basilica di San Pietro, per invocare insieme il Padre nostro "che è nei cieli" (Mt 7,21), in ideale comunione con tanti nostri fratelli e sorelle che, dappertutto in Europa, si associano in questi giorni alla nostra preghiera. Vi saluto tutti con affetto, carissimi Fratelli e Sorelle qui presenti. Saluto le vostre Comunità ecclesiali e le Nazioni da cui provenite. Do il mio particolare e cordiale benvenuto ai venerati Delegati Fraterni, che prendono parte ai lavori sinodali e che hanno voluto associarsi a questa celebrazione. Giunga il mio pensiero ed il mio solidale saluto alle Chiese che essi qui rappresentano. Vogliamo rivolgerci a Dio con fiducia, implorando che il suo nome sia santificato, che il suo regno venga e sia fatta la sua volontà. E questa è la volontà del Signore: la nostra santificazione (cfr. 1Th 4,3), la salvezza del mondo. Ci anima la profonda convinzione che tutto proviene dalla sua provvidenza. Dio "ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione" (2Co 5,18). Ma chi, se non lui, potrà renderci capaci di trasmettere agli uomini e alle donne del nostro tempo il suo invito alla conversione e alla riconciliazione? "Lasciatevi riconciliare con Dio": quest'appello risuona vigoroso nel nostro spirito. E' richiamo possente ad aderire totalmente al mistero del suo amore.

L'annuncio del Vangelo e le esigenze spirituali da esso derivanti non possono fondarsi che sulla implorazione orante dello Spirito Santo, sulla meditazione incessante della Parola di verità e di vita, sull'obbedienza umile e docile agli insegnamenti e precetti della giustizia e della santità. Appartiene a Dio il messaggio che dobbiamo trasmettere. Occorre perciò lasciarsi impregnare dalla sua volontà, in modo tale che sia egli stesso, mediante noi, a parlare e ad agire.


2. La mia parola - assicura il Signore - "non ritornerà a me senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,11). Quest'annuncio, echeggiato poc'anzi nella nostra assemblea, ci riconduce all'esperienza del popolo ebraico. La buona novella, proclamata da Isaia, era la fine dell'esilio, l'avvento del Regno di Dio (Is 52,7). Un "evangelo" dirompente, rivolto a tutti i popoli; una forza soprannaturale efficace, capace di ridestare, suscitare, liberare (ibid. Is 52,1-2).

A quanti andranno a ripopolare Gerusalemme, a quanti hanno in animo di restaurare il tempio e far rivivere in esso il culto di Dio, il profeta proclama di nuovo la trascendenza divina, la totale gratuità della sua grazia, l'efficacia della sua parola. Voi avete sete - dice Jahvé - avete fame, siete "insoddisfatti", vi affannate per dare senso al vostro lavoro e all'esistenza. Non perdete tempo e fatica nell'andare in cerca di fallaci alimenti, che non possono nutrire il vostro essere, né di piaceri effimeri e superficiali, che sono fonte di tristezza e di radicale disinganno. Rimanete nella mia alleanza ed io portero a compimento i prodigi che ho assicurato a Davide. Vi riuniro, voi ed i popoli della terra: insieme conoscerete le mie vie, insieme percorrerete il cammino lungo il quale vi guidero. Non abbiate timore! Per quanto numerose possano essere le tenebre che si addensano nel vostro spirito, ascoltatemi e la luce risplenderà in voi ed attorno a voi. La gioia e la pace vi conquisteranno: sarete liberi, liberi veramente. Per sempre.


3. Da oltre duemilacinquecento anni Iddio continua a rivolgere la sua Parola di liberazione e di salvezza. La ripete pure in questa nostra epoca, carica di tensioni e di attese. La ripete a noi credenti, alle soglie del terzo Millennio cristiano. Parla a voi, popoli dell'Europa, che vivete un'inedita stagione di speranze e di sfide. Il tempo d'Avvento, che stiamo vivendo, ci conduce alla singolare contemplazione della storia della nostra salvezza. E' Cristo l'unico redentore dell'uomo. Oggi, come ieri, come sempre, egli asserisce: "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). Ed a noi, suoi discepoli, ricorda: "mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni... insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,18-20). Forti del suo mandato, non ci stancheremo mai, carissimi Fratelli e Sorelle, di annunciare il Vangelo con le sue esigenti condizioni; fidando nel suo aiuto non temiamo in nessun caso le difficoltà e le persecuzioni. Il divino Maestro ci rassicura: "ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).


4. Come non sottolineare, nel contesto di tali considerazioni, l'urgenza della ricerca ecumenica? Per affrontare il compito missionario che la Provvidenza oggi ci affida, è indispensabile che il nostro impegno apostolico muova da un'unica fede proclamata da spiriti riconciliati. Il messaggio salvifico, di cui siamo araldi, sarà accolto dai nostri contemporanei solo se l'accompagnerà una testimonianza coerente. Il Concilio Vaticano II afferma che "non esiste un vero ecumenismo senza interiore conversione. Infatti il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento dell'anima, dall'abnegazione di se stessi e dal pieno esercizio della carità" (UR 7). Alla luce di tale principio, conviene interrogarci circa l'etica del dialogo secondo le esigenze evangeliche.

Sono le esigenze della verità e dell'amore. Esse suppongono il leale riconoscimento dei fatti, con disponibilità a perdonare e riparare i rispettivi torti. Esse impediscono di rinchiudersi in preconcetti, spesso fonte di amarezza e di sterili recriminazioni; conducono a non lanciare accuse infondate contro il fratello attribuendogli intenzioni o propositi che non ha. così, quando si è animati dal desiderio di comprendere realmente la posizione dell'altro, i contrasti si appianano mediante un dialogo paziente e sincero, sotto la guida dello Spirito Paraclito. La Chiesa cattolica intende ricercare questa unità, proseguendo il suo impegno ecumenico senza sosta. Con l'aiuto di Dio, non cederà dinanzi alle difficoltà e agli insuccessi. Essa è consapevole di dover rispondere all'invito "ut omnes unum sint" (Jn 17,20), lasciato da Gesù ai credenti come ultima consegna prima della sua morte in Croce.


5. Per molti anni, vaste Regioni dell'Europa centrale e orientale hanno conosciuto la persecuzione religiosa. Durante questo lungo e rigido inverno della fede, si è vissuto in tali Paesi un ecumenismo che potrei definire "l'ecumenismo della sofferenza". Ma finalmente Jahvè ha liberato il suo popolo ed è giunto il tempo di praticare "l'ecumenismo della libertà". E' sgorgata proprio dal desiderio di realizzare "l'ecumenismo della libertà" la decisione di celebrare l'attuale Sinodo dei Vescovi per l'Europa, all'interno del quale assume valore significativo l'odierno incontro di preghiera. Una celebrazione ecumenica alla quale abbiamo voluto che foste presenti anche voi, nostri Fratelli in Cristo, Rappresentanti delle diverse Chiese e Comunità che vivono ed operano nell'Oriente e nell'Occidente del Continente europeo. Una preghiera, che insieme intendiamo rivolgere al Padre celeste, e che riveste singolare importanza nel nostro servizio sinodale. Con questa comune liturgia desideriamo manifestare la nostra vocazione di testimoni di Cristo che ci ha liberati. Desideriamo dire a tutti voi, nostri Fratelli, che ci siete presenti in modo particolare nella preghiera. "L'amore di Cristo ci spinge" (2Co 5,14), l'amore che si manifesta nell'invocazione dei discepoli di ogni generazione: "Padre... che siano una cosa sola" (Jn 17,11).

Sospinti dall'amore del Signore, vi abbracciamo, vi rinnoviamo il rispetto e la stima per la vostra storia, feconda non di rado del sangue di martiri, e preghiamo perché possiate annunciare nelle vostre Chiese, in mezzo alle vostre società e comunità, nel modo più fruttuoso, il Vangelo della salvezza. Riuniti in questo Sinodo di Avvento, intendiamo prepararci nel miglior modo possibile a tale impegnativa missione.


6. Noi avvertiamo, poi, come voi, l'imperioso mandato di annunciare il messaggio della salvezza a quanti, nell'Ovest e nell'Est dell'Europa, vanno alla ricerca, talora affannosamente, di un senso più vero della propria esistenza. Lo potranno trovare solo se accoglieranno la Verità di Dio. Quanto urgente è pertanto congiungere gli sforzi di tutte le Chiese e Comunità cristiane per una nuova coraggiosa evangelizzazione! "L'ecumenismo della libertà" si compirà, così, nella verità e nella carità. Nell'Europa in cammino verso l'unità politica possiamo forse ammettere che sia proprio la Chiesa di Cristo un fattore di disunione e di discordia? Non sarebbe questo uno degli scandali più grandi del nostro tempo? Come credenti siamo chiamati ad offrire il nostro contributo per la costruzione dell'Europa del duemila, l'Europa della speranza. Popoli del Continente europeo, Cristo ci invia a voi per offrirvi i doni divini della comunione e della carità, che costituiscono il nostro specifico patrimonio spirituale. Accoglieteli! Volgete lo spirito a Colui che conosce il cuore dell'uomo e può soddisfarne le intime aspirazioni. Vi prego: "Lasciatevi riconciliare con Dio". I lavori dell'Assemblea Sinodale in corso stanno mettendo in evidenza le insperate opportunità che la Provvidenza in questo tempo ci offre.


7. Carissimi fratelli e sorelle, Uomini e Donne di buona volontà, Iddio ci chiama a non cedere alla tentazione dell'egoismo che distrugge.

Ci chiama ad aprirci al mistero della vita e dell'amore: ad essere custodi della verità e artefici di fraterno duraturo progresso. "Le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" (2Co 5,17). così parla Jahvé: la parola uscita dalla mia bocca "non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,11).

Beati coloro che, come Maria, credono "nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45).




Data: 1991-12-07
Sabato 7 Dicembre 1991

Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Illumina, guida, salva l'umanità redenta da Cristo"




1. Tota pulchra es, Maria! Oggi, 8 dicembre, carissimi Fratelli e Sorelle, ci rivolgiamo con intima gioia a Maria Santissima, contemplando il meraviglioso privilegio della sua Immacolata Concezione. Noi crediamo che Ella fu concepita nel seno materno senza ombra di peccato originale, di quel peccato cioè che fin dal "principio" allontano da Dio l'umanità. Nella prospettiva della futura maternità divina la Vergine Santa, fin dal primo istante della sua esistenza, possedette in pienezza la grazia santificante, partecipando così alla vita di Dio in grado sommo.


2. La sublime bellezza dell'Immacolata costituisce un momento specialissimo nel corso della "storia della salvezza", quella storia misteriosa ma reale, che inizia con la creazione dell'universo e dei progenitori, passa attraverso il peccato della loro ribellione a Dio e il conseguente coinvolgimento in esso dell'intera umanità, e culmina nell'opera della Redenzione, i cui frutti si riversano per mezzo dello Spirito su tutti i credenti fino al ritorno glorioso di Cristo.

L'Immacolata Concezione, quindi, oltre la vicenda singolare di Maria, riguarda tutta la Chiesa ed invita tutti noi a riflettere profondamente sulla volontà creatrice e redentrice di Dio e sul dramma della storia umana, che solamente alla luce della Rivelazione trova sicura prospettiva di compimento.


3. Oggi, pertanto, noi vogliamo elevare con particolare fervore e con più sentita confidenza la nostra preghiera all'Immacolata, Madre di Gesù e Madre nostra, "avvocata di grazia e modello di santità" (prefazio): nel continuo contrasto tra bene e male, tra luce e tenebre, tra verità ed errore, che caratterizza la storia umana e quella di ogni singola persona, noi invochiamo l'aiuto di Maria. Ella, infatti, conosce la nostra fragilità e le nostre speranze.

O Maria Immacolata, a Te ricorriamo con affetto filiale: illumina, guida, salva l'umanità redenta da Cristo, tuo Figlio e nostro Fratello! Richiama i lontani, converti i peccatori, sostieni i sofferenti, aiuta e conforta chi già ti conosce e ti ama! "Grandi cose di Te si cantano, o Maria, perché da Te è nato il Sole di giustizia, Cristo, nostro Dio!".

(Il Papa ha poi pregato per la Croazia con queste parole:) Ancora una volta, mentre contempliamo Maria nella Sua Immacolata Concezione e ci prepariamo con Lei ad accogliere il Principe della Pace, devo deplorare i terribili bombardamenti che, negli ultimi giorni, hanno seminato morte e distruzione in Croazia e, in particolare, nella città di Dubrovnik.

Nessuno può tacere o rassegnarsi davanti ad uno spettacolo così disumano: innocenti civili uccisi o feriti, famiglie senza tetto, monumenti storici ed edifici religiosi distrutti.

Preghiamo affinché il Signore ispiri a tutti sentimenti di pace e di compassione! Preghiamo affinché ispiri i governanti che, a Maastricht, si adopereranno per consolidare i principi del vivere insieme nell'Europa di domani! Che Maria ottenga dal Suo Figlio che il continente Europeo insanguinato da troppe guerre, di ieri e di oggi, diventi finalmente una terra fraterna!

Data: 1991-12-08
Domenica 8 Dicembre 1991

Omaggio alla Vergine - Piazza di Spagna (Roma)

Titolo: Nell'Immacolata Concezione la speranza della vittoria




1. "Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una Donna vestita di sole" (Ap 12,1). Riuniti in questa piazza romana, fissiamo gli occhi sul Segno della Donna, nel giorno solenne dell'Immacolata Concezione. In questo Segno, dopo il peccato dell'uomo, si è manifestato il primo annuncio dell'avvento all'intera umanità. Ad esso si sono riferiti i Profeti dell'Antica Alleanza. Nella notte di Betlemme si è avverato il primo compimento di tale avvento. In quella notte l'Eterno Figlio di Dio si è rivelato come Bambino della Donna. Beata sei tu perché hai creduto! (cfr. Lc 1,45). La Redenzione del mondo è iniziata in Te: Tu sei la prima tra tutti i redenti, Donna vestita di sole, Donna dell'elezione divina: Piena di Grazia! Fissiamo gli occhi sull'avvento della seconda venuta, che è stata preparata dalla Morte e dalla Risurrezione del Figlio; il quale già nel Cuore della Madre si rivelava come Colui che era, che è e che deve venire (cfr. Ap 4,1 Ap 4,8).


2. Fissiamo gli occhi sul segno della Donna, che è figura della Chiesa e del suo incessante avvento. La Chiesa che è in tutto il mondo, la Chiesa che è in Europa, dall'Oriente all'Occidente, fissa gli occhi su di Te, Theotokos, Madre di Dio! In tanti luoghi, in tanti paesi, in tante lingue parlano a Te e di Te le bocche e i cuori degli uomini. Ti contemplano gli occhi in tante ispirate icone, presenti nei venerati Santuari d'Europa. Anche il Sinodo dei Vescovi per l'Europa è una particolare espressione di tutti questi sentimenti, di queste melodie e liturgie che Ti rendono presente nella nostra storia. Tu sei con ciascuno e con tutti; e per Te è in noi Lui, il Tuo Figlio.


3. O Serva umile ed insieme potente, sin dall'inizio della storia sei stata coinvolta nella lotta contro il padre della menzogna che inganna tutto il mondo.

Nella tua Immacolata Concezione è data a noi la speranza della vittoria. Sotto la Tua protezione ci rifugiamo ancora una volta, alla fine di quest'anno, di questo secolo e di questo millennio...

Il Verbo, divenuto carne, rimanga sempre nella Chiesa, estenda la sua virtù redentrice da un confine all'altro della terra e rinnovi il pensiero, l'opera e il cuore degli uomini.

Sia Lui il nostro futuro, l'evento di tutti i tempi, la luce e la Potenza delle generazioni: O Signora nostra, Protettrice nostra, Mediatrice nostra, O Immacolata Madre di Dio e Madre nostra dolcissima! Amen!

Data: 1991-12-08
Domenica 8 Dicembre 1991

Messa nella Basilica di Santa Maria Maggiore - Roma

Titolo: In questo Santuario della "Salus populi romani" preghiamo con fiducia la Madre di Dio per il buon esito del Sinodo dei Vescovi per l'Europa




1. "Ti saluto, o piena di grazia" (Lc 1,28). Il messaggero chiama la Vergine di Nazaret "piena di grazia". Il suo nome è Maria. L'Angelo si chiama Gabriele.

Questo nome ha un significato particolare. Gabriele vuol dire "Fortitudo Dei".

"Fortitudo" significa "potenza": la potenza di Dio. Quindi Gabriele è messaggero della potenza di Dio. Egli dice alla Vergine: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio" (Lc 1,35). E, concludendo la sua missione, aggiunge: "nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37). Il fatto che il Figlio di Dio diventa Uomo, Figlio della Vergine, avviene per la potenza di Dio, anzi per la sua onnipotenza!


2. Tuttavia il nome dell'Angelo "fortitudo Dei" significa anche "coraggio", cioè "prodezza". Anche in questo senso il nome del messaggero (Gabriele) si armonizza con il contenuto dell'Annunciazione, poiché rivela, in un certo senso, la virtù eroica di colui che, essendo della stessa sostanza del Padre, Figlio di Dio, si fa Uomo. Già diventando Uomo, Figlio dell'uomo, Dio dimostra un amore che nel suo eroismo è davvero insuperabile (cfr. Ph 2,6-11). Questo "eroismo" dell'amore raggiunge il suo vertice nella Croce di Cristo, nel suo mistero pasquale: "dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amo sino alla fine" (Jn 13,1).


3. Molti accettano senza difficoltà l'onnipotenza di Dio che si manifesta nella creazione e nella Provvidenza. Invece è difficile per loro accogliere l'amore legato all'eroismo della notte di Betlemme e della Croce sul Golgota: all'eroismo dell'Incarnazione e della Redenzione. Maria è la prima tra coloro che accettano il mistero ineffabile dell'autorivelazione di Dio nell'Eterno Figlio, che diventa il suo Figlio. Il messaggero chiama Maria "piena di grazia". Vi è in lei una totale apertura alla potenza di Dio, che è amore. Ella è completamente trasparente e limpida nella sua fede: è la "Benedetta perché ha creduto". Non vi è in lei l'impedimento del peccato, neanche del peccato originale. L'amore redentore del suo Figlio l'ha abbracciata e penetrata già nel primo momento del concepimento da parte dei suoi genitori terreni.


4. A questo punto la Vergine di Nazaret è essenzialmente diversa da Adamo dopo il peccato. Adamo cerca di nascondersi tra gli alberi del paradiso. Alla voce di Dio, alla sua domanda: "Dove sei?", risponde: "Mi sono nascosto", "ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto" (Gn 3,9-10). Prima non conosceva una simile paura. Prima guardava dritto negli occhi del creatore ed era in intimità con Lui, come il figlio con il Padre.

Questa prima paura e il conseguente nascondersi continuano nella storia dell'uomo. L'uomo posto tra l'amore di Dio e il voltare a lui le spalle, sceglie molte volte quest'ultimo atteggiamento. Quindi non soltanto "si nasconde" a Dio nell'ombra del suo intimo, ma pone con la propria attività un velo tra se stesso e il creatore, per cui Dio diventa inconoscibile; rimane tutt'al più un'ipotesi intellettuale, mentre Egli è la prima Realtà. In tal modo l'uomo - particolarmente nell'epoca moderna - cerca di giustificare il suo comportamento pragmatico, che è quello di vivere come se Dio non esistesse.


5. Pur in mezzo a tutto ciò, Maria rimane un testimone singolare della presenza di Dio nel mondo: "il Signore è con te" (Lc 1,28). Grazie alla trasparenza del suo essere umano, Dio è presente in mezzo a noi in tutta l'assoluta verità della sua autorivelazione: nella verità dell'Incarnazione e della Rivelazione, nella verità dell'amore eroico, dell'amore "fino alla fine".


6. In questi giorni si svolgono a Roma i lavori del Sinodo dei Vescovi dell'Europa. L'odierna solennità mariana ha per loro un'importanza particolare.

Quanto attuale è la liturgia dell'Immacolata Concezione! In questo Santuario della "Salus populi romani" preghiamo con fiducia la Madre di Dio per il buon esito dei lavori del Sinodo, preghiamo affinché "colui che ha iniziato in noi quest'opera buona, la porti a compimento fino al giorno di Cristo Gesù" (cfr. Ph 1,6).

Cristo, in questo tempo di Avvento, accolga dalle mani della sua Madre Immacolata questi nostri voti e queste nostre intenzioni.

Amen!

Data: 1991-12-08
Domenica 8 Dicembre 1991

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1992 - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I credenti uniti nella costruzione della pace




1. Il primo gennaio prossimo si celebrerà, come di consueto, l'annuale Giornata Mondiale della Pace. Si compiranno venticinque anni dalla sua istituzione, ed è del tutto naturale che in questa ricorrenza il mio pensiero si volga con immutata ammirazione e gratitudine all'amabile figura del venerato predecessore Paolo VI, che con una felice intuizione pastorale e pedagogica volle invitare tutti "i veri amici della pace" ad unirsi per riflettere su questo "bene primario" dell'umanità.

Ma è altrettanto naturale, a distanza di un quarto di secolo, riguardare il passato nel suo insieme per verificare se davvero la causa della pace nel mondo abbia progredito o meno, e se i dolorosi avvenimenti degli ultimi mesi - alcuni dei quali tuttora in corso, purtroppo - ne abbiano segnato un sostanziale arretramento, mostrando quanto sia reale il pericolo che la ragione umana si lasci dominare da distruttivi egoismi o da odi inveterati. Al tempo stesso, il progressivo affermarsi di nuove democrazie ha ridato speranza ad interi popoli, risvegliando la fiducia in un più fecondo dialogo internazionale ed aprendo la prospettiva di un'auspicata pacificazione. In tale contesto di luci e di ombre questo annuale Messaggio non vuol essere né un bilancio né un processo, ma solo un nuovo, fraterno invito a riflettere sulle vicende umane del momento, per elevarle ad una visione etico-religiosa, alla quale i credenti per primi devono ispirarsi.

Proprio in ragione della loro fede, essi sono chiamati - individualmente e tutti insieme - ad essere messaggeri e costruttori di pace: come gli altri e più degli altri, essi sono chiamati a ricercare con umiltà e perseveranza le adeguate risposte alle attese di sicurezza e di libertà, di solidarietà e di condivisione, che in questo mondo, fattosi per così dire più piccolo, accomunano gli uomini.

Certo, l'impegno in favore della pace riguarda ogni persona di buona volontà, ed è, questo, il motivo per cui i diversi Messaggi sono stati indirizzati a tutti i membri della famiglia umana. Tuttavia, il dovere si impone con urgenza a quanti professano la fede in Dio ed ancor più ai cristiani, che hanno come loro guida e maestro il "Principe della pace" (Is 9,5).

Natura morale e religiosa della pace


2. L'aspirazione alla pace è insita nella natura umana e si ritrova nelle diverse religioni. Essa si esprime nel desiderio di ordine e tranquillità, nell'atteggiamento di disponibilità verso l'altro, nella collaborazione e compartecipazione basate sul reciproco rispetto. Tali valori, suggeriti dalla legge naturale e riproposti dalle religioni, esigono per svilupparsi il solidale apporto di tutti: degli uomini politici, dei dirigenti di Organismi internazionali, degli imprenditori e dei lavoratori, dei gruppi associati e dei privati cittadini. Si tratta di un preciso dovere per tutti, che ancor più li obbliga se sono credenti: testimoniare la pace, operare e pregare per essa è proprio di un coerente comportamento religioso. Ciò spiega perché anche nei libri sacri delle diverse religioni il riferimento alla pace occupa un posto rilevante nel quadro della vita dell'uomo e degli stessi suoi rapporti con Dio. così, ad esempio, se per noi cristiani Gesù Cristo, Figlio di Colui che ha "progetti di pace e non di sventura" (Jr 29,11), è "la nostra pace" (Ep 2,14), per i fratelli Ebrei la parola "shalom" esprime augurio e benedizione in uno stato di armonia dell'uomo con se stesso, con la natura e con Dio, mentre per i fedeli Mussulmani il termine "salam" è tanto importante da costituire uno degli splendidi nomi divini. Si può dire che una vita religiosa, se è autenticamente vissuta, non può non produrre frutti di pace e di fraternità, perché è nella natura della religione promuovere un vincolo sempre più stretto con la divinità e favorire un rapporto sempre più solidale tra gli uomini.

Ravvivare lo "spirito di Assisi"


3. Convinto di questa convergenza intorno a tale valore, cinque anni fa mi rivolsi ai responsabili delle Chiese cristiane e delle grandi religioni del mondo per invitarli ad uno speciale incontro di preghiera per la pace, che fu celebrato ad Assisi. Il ricordo di quell'evento significativo mi ha suggerito di riprendere e riproporre il tema della solidarietà dei credenti per la stessa causa. Ad Assisi si trovarono insieme, provenendo dai vari Continenti, i capi spirituali delle principali religioni: fu, quella, una concreta testimonianza circa la dimensione universale della pace, a conferma che essa non è soltanto il risultato di abili negoziati politico-diplomatici o di interessati compromessi economici, ma dipende fondamentalmente da Colui che conosce il cuore degli uomini ed orienta e dirige i loro passi. Come persone preoccupate per le sorti dell'umanità, insieme digiunammo, intendendo così esprimere la nostra comprensione e solidarietà ai milioni e milioni di persone, che son vittime della fame in tutto il mondo. Come credenti che hanno a cuore le vicende della storia umana, insieme pellegrinammo, meditando in silenzio sulla nostra comune origine e sul nostro comune destino, sui nostri limiti e responsabilità, sulle invocazioni ed attese di tanti fratelli e sorelle che aspettano il nostro aiuto nei loro bisogni. Ciò che facemmo allora pregando e dimostrando il nostro forte impegno per la pace sulla terra, dobbiamo continuare a farlo tuttora. Dobbiamo mantenere vivo il genuino "spirito di Assisi" non solo per un dovere di coerenza e di fedeltà, ma anche per offrire un motivo di speranza alle future generazioni. Nella Città del Poverello abbiamo iniziato un cammino comune che deve proseguire, senza escludere ovviamente la ricerca di altre vie e di nuovi mezzi per una solida pace, edificata su fondamenti spirituali.

La forza della preghiera


4. Prima pero di ricorrere alle risorse umane, voglio riaffermare la necessità di una preghiera intensa ed umile, fiduciosa e perseverante, se si vuole che il mondo diventi finalmente una dimora di pace: la preghiera è per eccellenza la forza per implorarla ed ottenerla. Essa infonde coraggio e dà sostegno a chiunque ama e vuol promuovere tale bene secondo le proprie possibilità e nei vari ambienti in cui si trova a vivere. Essa, mentre apre all'incontro con l'Altissimo, dispone anche all'incontro col nostro prossimo, aiutando a stabilire con tutti, senza alcuna discriminazione, rapporti di rispetto, di comprensione, di stima e di amore. Il sentimento religioso e lo spirito di orazione non solo ci fanno crescere nella nostra interiorità, ma ci illuminano anche circa il vero significato della nostra presenza nel mondo. Si può dire anche che la dimensione religiosa ci spinge a dare con maggiore impegno il nostro contributo alla costruzione di una società ordinata, in cui regna la pace. La preghiera è il vincolo che più efficacemente ci unisce: grazie ad essa i credenti si incontrano laddove diseguaglianze, incomprensioni, rancori e ostilità sono superati, cioè davanti a Dio, Signore e Padre di tutti. Essa, in quanto espressione autentica del retto rapporto con Dio e con gli altri, è già un apporto positivo alla pace.

Dialogo ecumenico e rapporti inter-religiosi


5. La preghiera non può rimanere sola ed esige di essere accompagnata da altri gesti concreti. Ogni religione ha una sua visione circa gli atti da compiere e le vie da percorrere per raggiungere la pace. La Chiesa cattolica, mentre afferma chiaramente la sua identità, la sua dottrina e la sua missione salvifica per tutti gli uomini, "non rigetta nulla di quanto è vero e santo" nelle altre religioni; "essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini" (Dichiar. NAE 2). Senza ignorare né sminuire le differenze, la Chiesa è convinta che, in ordine alla promozione della pace, ci siano alcuni elementi o aspetti che possono essere utilmente sviluppati e realizzati insieme con i seguaci di altre fedi e confessioni. A questo tendono i contatti inter-religiosi e, in modo del tutto speciale, il dialogo ecumenico. Grazie a tali forme di confronto e di scambio le religioni hanno potuto prender più chiara coscienza delle loro non certo lievi responsabilità rispetto al vero bene dell'intera umanità. Oggi esse appaiono più fermamente determinate a non farsi strumentalizzare da interessi particolaristici o da fini politici, e tendono ad assumere un atteggiamento più consapevole ed incisivo nell'animazione delle realtà sociali e culturali nella comunità dei popoli. Ciò consente loro di essere una forza attiva nel processo di sviluppo e di offrire così una sicura speranza all'umanità. In non poche circostanze è apparso evidente che la loro azione sarebbe risultata più efficace, se fosse stata compiuta congiuntamente ed in maniera coordinata. Un tale procedere dei credenti può esser determinante per la pacificazione dei popoli ed il superamento delle divisioni tuttora esistenti tra "zone" e "mondi".

La strada da percorrere


6. Per raggiungere questa meta di attiva cooperazione per la causa della pace rimane ancora molta strada: è la strada della mutua conoscenza, oggi favorita dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione sociale e facilitata dall'avvio di un leale ed allargato dialogo; è la strada del perdono generoso, della riconciliazione fraterna, della collaborazione anche in settori ristretti o secondari, ma sempre afferenti alla medesima causa; è la strada, infine, della convivenza quotidiana nella condivisione di sforzi e sacrifici per raggiungere il medesimo scopo. Su questa strada tocca forse ai singoli credenti, cioè alle persone che professano una religione, prima ancora che alle loro guide, affrontare la fatica e, al tempo stesso, avere la soddisfazione di costruire insieme la pace.

I contatti inter-religiosi, accanto al dialogo ecumenico, sembrano ormai strade obbligate, perché tante dolorose lacerazioni, avvenute lungo il corso dei secoli, più non accadano e quelle residue siano presto risanate. Chi crede deve essere artefice di pace, innanzitutto, con l'esempio personale del proprio retto atteggiamento interiore, che si proietta anche all'esterno in coerenti azioni e comportamenti: la serenità, l'equilibrio, il superamento degli istinti, il compimento di gesti di comprensione, di perdono, di generosa donazione esercitano un influsso pacificatore tra le persone del proprio ambiente e della propria comunità religiosa e civile. Proprio per questo, nella prossima Giornata, io invito tutti i credenti a compiere un serio esame di coscienza, per esser meglio disposti ad ascoltare la voce del "Dio della pace" (cfr. 1Co 14,33) e a dedicarsi con rinnovata fiducia alla grande impresa. Sono infatti convinto che essi - ed auspico anche gli uomini di buona volontà - raccoglieranno questo rinnovato mio appello, la cui insistenza è commisurata alla gravità del momento.

Costruire insieme la pace nella giustizia


7. La preghiera e l'azione concorde dei credenti in favore della pace devono confrontarsi con i problemi e le legittime aspirazioni delle persone e dei popoli.

La pace è un bene fondamentale che comporta il rispetto e la promozione dei valori essenziali dell'uomo: il diritto alla vita in tutte le fasi del suo sviluppo; il diritto alla considerazione indipendentemente dalla razza, dal sesso e dalle convinzioni religiose; il diritto ai beni materiali necessari alla vita; il diritto al lavoro e all'equa ripartizione dei suoi frutti per una convivenza ordinata e solidale. Come uomini, come credenti e ancor più come cristiani dobbiamo sentirci impegnati a vivere questi valori di giustizia, che trovano il loro coronamento nel precetto supremo della carità: "Ama il prossimo tuo come te stesso" (Mt 22,39). Ancora una volta ricordo che il rigoroso rispetto della libertà religiosa e del corrispondente diritto è principio e fondamento della pacifica convivenza. Auspico che esso sia un impegno non solo affermato, ma realmente attuato dai Capi politici e religiosi, e dagli stessi credenti: è in base al suo riconoscimento che assume rilievo la dimensione trascendente della persona umana. Sarebbe aberrante se le religioni o gruppi di loro seguaci, nell'interpretazione e pratica delle rispettive fedi, si lasciassero andare a forme di fondamentalismo e di fanatismo, giustificando con motivazioni religiose le lotte e i conflitti con gli altri. Se c'è una lotta degna dell'uomo, è quella contro le proprie passioni disordinate, contro ogni specie di egoismo, contro i tentativi di prevaricazione sull'altro, contro ogni tipo di odio e di violenza: in una parola, contro tutto ciò che è l'esatto contrario della pace e della riconciliazione.

Necessario sostegno da parte dei responsabili delle Nazioni


8. Esorto, infine, i responsabili delle Nazioni e della Comunità internazionale a dimostrare sempre il più grande rispetto per la coscienza religiosa di ogni uomo e per il qualificato contributo della religione al progresso della civiltà e allo sviluppo dei popoli. Essi non dovranno cedere alla tentazione di servirsi delle religioni, strumentalizzandole quale mezzo del loro potere, specialmente quando si tratta di opporsi militarmente all'avversario. Le stesse Autorità civili e politiche dovranno assicurare alle religioni rispetto e garanzie giuridiche - a livello nazionale e internazionale - evitando che il contributo di esse alla costruzione della pace sia emarginato, o relegato nella sfera privata, o addirittura ignorato. Esorto nuovamente le pubbliche Autorità ad adoperarsi con vigile senso di responsabilità per prevenire guerre e conflitti, per far trionfare il diritto e la giustizia, e favorire al tempo stesso uno sviluppo che ridondi a beneficio di tutti e, in primo luogo, di coloro che sono stretti dalle catene della miseria, della fame e della sofferenza. Meritano apprezzamento i progressi già fatti nella riduzione degli armamenti: le risorse economiche e finanziarie, finora impiegate per la produzione e il commercio di tanti strumenti di morte, potranno essere utilizzate in favore dell'uomo e non più contro l'uomo! Sono certo che a questo positivo giudizio si associano milioni di uomini e donne di tutto il mondo, che non hanno modo di far udire la loro voce.

Una speciale parola per i cristiani


9. A questo punto non posso omettere un invito particolare destinato a tutti i cristiani. La comune fede in Cristo Signore ci impegna a rendere una concorde testimonianza al "Vangelo della pace" (Ep 6,15). Tocca a noi, in primo luogo, di aprirci agli altri credenti per intraprendere unitamente a loro, con coraggio e perseveranza, l'opera grandiosa di costruire quella pace che il mondo desidera, ma che in definitiva non sa darsi. "Vi lascio la pace, vi do la mia pace", ci ha detto Gesù (Jn 14,27). Tale promessa divina ci infonde la speranza, anzi la certezza della speranza divina che la pace è possibile, perché nulla è impossibile a Dio (cfr. Lc 1,37). La vera pace, infatti, è sempre un dono di Dio, e per noi cristiani è dono prezioso del Signore Risorto (cfr. Jn 20,19 Jn 20,26). Alle grandi sfide del mondo contemporaneo, carissimi Fratelli e Sorelle della Chiesa cattolica, occorre rispondere unendo le forze con quelle di quanti con noi condividono alcuni valori di fondo, a cominciare da quelli di ordine religioso e morale.

E tra queste sfide c'è da affrontare ancora quella della pace.

Costruirla insieme con gli altri credenti è già vivere nello spirito della beatitudine evangelica: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9).

Dal Vaticano, 8 dicembre dell'anno 1991.

Data: 1991-12-08
Domenica 8 Dicembre 1991


GPII 1991 Insegnamenti - Celebrazione ecumenica in occasione dell'Assemblea Speciale per L'Europa - Città del Vaticano (Roma)