GPII 1992 Insegnamenti - In occasione del 50° di ordinazione episcopale

In occasione del 50° di ordinazione episcopale

Titolo: Lettera al cardinale Groer

Al Venerabile Fratello Nostro S.R.E. Cardinale Hans Hermann Groër Arcivescovo di Vienna Esultanti nella gioia, a gran voce magnifichiamo la bontà di Dio, venerabile fratello nostro, nel ripensare alla sua attività sacerdotale, esercitata così a lungo e con tanto zelo; cinquant'anni or sono, infatti, nella Sua patria, a Vienna, lei fu ordinato sacerdote di Cristo e posto al servizio del popolo cristiano. Vogliamo perciò, in questa occasione, ripercorrere gli inizi del suo ministero e darle una chiara testimonianza della nostra ottima opinione nei suoi riguardi.

Conosciamo bene la sua attività nell'arcidiocesi di Vienna, quale insegnante prima, e in seguito guida dei sacri pellegrinaggi e rettore del Seminario minore di Hollabrunn. Oltre a ciò anche le devote monache Cistercensi hanno sperimentato la sua ottima capacità di direzione e di governo. Quando poi, nel 1974, decise di offrirsi in maniera più generosa e totale a Cristo Signore attraverso una libera adesione alla Congregazione Benedettina Austriaca dell'Immacolata Concezione nella città di Göttweig, e, sei anni più tardi, prese i voti solenni, affido allora tutto ciò che aveva compiuto nelle mani di Dio onnipotente, perché fosse portato a compimento, purificato, accresciuto.

Tutte queste cose, e moltissime altre che la brevità di questa lettera non consente di ricordare, hanno fatto si che, nel 1986, lei fosse posto a capo, come Vescovo e maestro delle cose divine, del gregge di Vienna, e, due anni dopo, chiamato nel numero dei Padri Porporati.

Non ignoriamo che lei pone generosamente a vantaggio della Chiesa cattolica e per il bene spirituale dei cristiani affidati alla sua solerte guida, le virtù del suo animo, le doti del suo ingegno e la grande esperienza. Con intima commozione ricordiamo pure il nostro secondo pellegrinaggio apostolico in Austria, quando abbiamo avuto l'opportunità di parlare a lungo con lei anche della sua patria, "felice ponte tra le Nazioni Europee".

Non c'è bisogno di molte altre parole perché lei comprenda quanto sia grande il nostro desiderio che il giubileo del suo sacerdozio risplenda per lei come giorno beatissimo, pieno di consolazioni celesti. Frattanto, la abbracciamo di cuore, rinnovandole la nostra gratitudine per i tanti anni utilmente spesi a servizio della Chiesa; e la esortiamo fraternamente perché continui, senza stancarsi, ad operare generosamente per il rinnovamento della vita spirituale del clero e del popolo cristiano, attraverso proficui incontri spirituali e i numerosi pellegrinaggi sacri ai santuari mariani.

Le impartiamo infine la nostra Apostolica Benedizione, pegno dei doni celesti, testimonianza della nostra carità, che desideriamo estendere anche ai suoi vescovi ausiliari, al clero, ai religiosi e alle religiose, e a tutti coloro che lei ama e che la amano.

(Traduzione dal latino)

Data: 1992-04-12 Data estesa: Domenica 12 Aprile 1992

Omelia durante la solenne celebrazione della Domenica delle Palme - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Assumete la verità salvifica su Cristo crocifisso e risorto per giungere al cuore del mondo contemporaneo"




1. "Annunziero il tuo nome ai miei fratelli" (Ps 21/22,23). In questo giorno le parole del Salmo trovano una loro particolare attuazione. Tutta Gerusalemme risuona della gloria del nome di Dio. Proprio di Dio, di Colui che ha fatto uscire il suo popolo dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile. Questo popolo aspetta la nuova venuta di Dio. In Gesù di Nazaret trova la conferma delle sue attese. Quando Cristo si avvicina a Gerusalemme, andando come pellegrino insieme con gli altri per la festa di Pasqua, è accolto come Colui che viene nel nome del Signore. Il popolo, esultando, canta: "Osanna". Tutti hanno letto esattamente i segni nei quali si sono compiuti gli annunzi dei Profeti. Anche il segno del re che sarebbe giunto "cavalcando un asino" (cfr. Za 9,9) anche questo era stato profetato.


2. Pero la intuizione collettiva ha i suoi limiti. Colui che, secondo le parole del Salmista, viene per "annunziare il nome di Dio ai suoi fratelli" è, nello stesso tempo - in questo salmo - l'abbandonato, lo schernito, il castigato. "Mi scherniscono quelli che mi vedono, / storcono le labbra, scuotono il capo: / "Si è affidato al Signore, lui lo scampi; / lo liberi, se è suo amico"" (Ps 21/22,8-9).

Egli dice poi di se stesso, quasi fra sé e sé: "Hanno forato le mie mani e i miei piedi, / posso contare tutte le mie ossa... / si dividono le mie vesti, sul mio vestito gettano la sorte... / Ma tu, Signore, non stare lontano, / mia forza, accorri in mio aiuto!" (Ps 21/22,17-20). "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?" (Ps 2). Profezia sorprendente! Mediante queste parole siamo già presenti sul Golgota, partecipiamo all'agonia di Cristo sulla croce. Proprio queste parole del Salmista si ritroveranno sulla sua bocca nell'ora dell'agonia.

Cristo, che è venuto a Gerusalemme per la festa di Pasqua, ha letto fino in fondo la verità racchiusa nei Salmi e nei Profeti. Questa era la verità su di Lui. E' venuto per adempiere questa verità fino in fondo.


3. Mediante l'evento della Domenica delle Palme si apre la prospettiva degli avvenimenti ormai vicini, in cui questa piena verità su Cristo-Messia troverà il suo adempimento. Colui che "pur essendo di natura divina, non considero un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo, ... umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome... Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre" (Ph 2,6-9 Ph 2,11).


4. Tale è la Verità di Dio racchiusa negli eventi di questa Settimana Santa di Pasqua. Gli eventi hanno il carattere umano. Appartengono alla storia dell'uomo.

Questo uomo, pero, "davvero... era Figlio di Dio" (Mt 27,54). Gli eventi umani scoprono l'inscrutabile mistero di Dio. Questo è il mistero dell'Amore che salva.

Quando Cristo, dopo la risurrezione, dirà agli Apostoli: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo" (Mc 16,15) - in quel momento egli darà loro l'ordine di predicare proprio questo mistero, la cui pienezza è stata raggiunta negli eventi della Pasqua di Gerusalemme.


5. Le stesse parole del Redentore del mondo sono oggi indirizzate a tutti i Giovani di Roma e di tutta la Chiesa. Esse diventano il filo conduttore della Giornata Mondiale della Gioventù di quest'anno. E' necessario che la verità salvifica del Vangelo sia assunta da voi, carissimi Giovani, così come, un tempo, dai figli e dalle figlie della Santa Città veniva assunta la verità sul Figlio di Davide "che viene nel nome del Signore". E' necessario che voi assumiate oggi questa verità salvifica su Cristo crocifisso e risuscitato e, vivendo profondamente di essa, cerchiate di giungere al cuore del mondo contemporaneo.

"Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo" (Mc 16,15): è la consegna che vi viene da Cristo stesso. Su questo impegno, che costituisce il tema della Settima Giornata Mondiale della Gioventù, avete riflettuto e pregato. E' un impegno che tocca personalmente ciascuno di voi. Ogni battezzato è chiamato da Cristo a diventare suo apostolo nel proprio ambiente di vita e nel mondo.

Quale sarà la vostra risposta? Che ciascuno di voi sappia far sue le parole del Salmista: "Annunziero il tuo nome ai miei fratelli".

Si. Il tuo nome annunziero! In nessun altro nome sotto il cielo c'è salvezza (cfr. Ac 4,12). Amen!

Data: 1992-04-12 Data estesa: Domenica 12 Aprile 1992

Udienza ai Capitolari della Società di San Paolo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Impegno di fedeltà al Vangelo, alla Chiesa e allo spirito del fondatore don Alberione per essere come lui seminatori della verità e del bene

Carissimi Capitolari della Società San Paolo,


1. Sono molto lieto di questo incontro con voi, figli di Don Alberione. Il mio primo pensiero è rivolto al Reverendo Don Silvio Pignotti, che avete eletto Superiore generale come quarto successore del Fondatore. Lo ringrazio per le parole che ha voluto rivolgermi e gli porgo cordiali auguri di buon lavoro nel suo nuovo compito. Estendo il mio saluto affettuoso a tutta la vostra Congregazione, con un caldo ringraziamento per quanto essa opera in tutti i Continenti, nelle ventisette nazioni in cui è presente. Dall'indirizzo del vostro Superiore generale, ho potuto comprendere quanto siete consapevoli dell'importanza della vostra missione, che si attua sulle frontiere avanzate dell'evangelizzazione, con l'impiego dei mezzi moderni della comunicazione sociale. Sono i mezzi che, nell'Enciclica Redemptoris missio, ho definito come "il nuovo aeropago del tempo moderno... che sta unificando l'u-manità...", essendo per molti il principale strumento informativo e formativo, con funzione di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari, sociali (cfr. RMi 37).


2. Mi allieta il fatto che il vostro Capitolo, come è stato or ora ricordato, abbia espresso un programma per tutta la Congregazione nei prossimi sei anni centrandolo sul tema: "Il Paolino, uomo di comunicazione". Si tratta, come è ovvio, di un impegno che è insieme spirituale, formativo e apostolico. E' evidente infatti che, per essere uomo di comunicazione, ognuno di voi è chiamato a trasmettere e a moltiplicare anzitutto la Parola di Dio. Ogni paolino sa bene che, prima di tutto, egli deve incidere questa parola nella profondità del proprio essere e del proprio vivere, per riuscire così a divenire "testimone", prima che predicatore. Egli deve perciò configurarsi al Cristo, Comunicatore e Apostolo del Padre, donatore della vita divina nella grazia e nell'Eucaristia. Identificato con Cristo e membro vivo del suo Corpo che è la Chiesa, ciascuno di voi potrà ben realizzare il sogno apostolico del vostro patrono e ispiratore San Paolo: "Comunicare ai popoli le multiformi ricchezze della grazia di Cristo" (cfr. Ep 2,7).


3. Voi avete certamente potuto accogliere e fare vostri alcuni principi proposti dalla recente Istruzione pastorale "Aetatis novae", soprattutto là dove essa invita a "sviluppare un piano pastorale integrato per la comunicazione" (n. 23), che comprenda una chiara "strategia della comunicazione, rispondente ai problemi e alle esigenze del nostro tempo" (n. 24a); un piano pastorale che si concretizzi in una proposta di strutturazione dei mezzi di comunicazione sociale della Chiesa, per appoggiare l'evangelizzazione, la catechesi e l'educazione, il servizio sociale e la collaborazione ecumenica..., la stampa, la radio, la televisione, il cinema (cfr. n. 24c). Con singolare intuito il vostro fondatore Don Alberione diceva che "l'apostolato della comunicazione sociale esige un forte gruppo di redattori, tecnici, propagandisti" i quali "devono accordarsi, come gli artisti che presentano una bella opera". Oggi più che mai vediamo come l'infittirsi della rete delle comunicazioni ha reso il mondo più unito, più uniforme, più soggetto alla interazione. Vi esorto, perciò, cari fratelli, alla più intensa collaborazione, alla generosa coordinazione delle vostre risorse, delle persone e dei mezzi, per poter affrontare in modo efficace gli immensi problemi del mondo attuale. Quella stessa condivisione che l'Istruzione "Aetatis novae" chiede alle Conferenze episcopali e alle diocesi, voi dovete realizzarla nelle vostre circoscrizioni, mediante un perspicace coordinamento internazionale, capace di adottare i mezzi della comunicazione di massa che oggi si rivelano più incisivi.


4. La vostra missione è tanto ardua quanto preziosa per la Chiesa che si affaccia sul Terzo Millennio. Voi per primi sapete quanto sia difficile recare la luce del Vangelo in questo mondo afflitto da tensioni e disorientamenti spirituali e morali. Siete, perciò, consapevoli che vi occorre un grande vigore missionario, radicato nella fede, uno zelo che deve accompagnarsi con una solida cultura della comunicazione, così da "esercitare un ruolo profetico, prendendo la parola al momento giusto, allorché si tratta di sostenere il punto di vista del Vangelo in rapporto alle dimensioni morali di importanti questioni di interesse pubblico" (Aetatis Novae, n. 33f). Sono a conoscenza del vostro sforzo per contribuire a questa cultura della comunicazione orientata alla evangelizzazione, con i vostri centri di ricerca e di studio, diretti a "dare una risposta sui bisogni e le preoccupazioni della Chiesa in materia di comunicazione" (ivi n. 32a).


5. Voi siete inoltre consapevoli che una missione tanto ardua si può adempiere soltanto nel cuore di comunità molto unite, capaci di coltivare assiduamente i valori della vita consacrata e della contemplazione. Solo questi possono sostenere e vivificare un autentico apostolato. Se le vostre comunità saranno operose e ferventi, potrete allargare lo sguardo sull'immenso campo della comunicazione apostolica. Vi invito a farlo con penetrante occhio profetico, rivolgendovi verso le crescenti povertà del mondo, secondo la consegna che Don Alberione vi ha lasciato di "fare a tutti la carità della verità".


6. Vi esorto, infine, all'impegno della fedeltà, in sintonia con l'ispirazione originaria dell'Istituto. Fedeltà, in primo luogo, al Vangelo, secondo l'esempio del vostro Patrono che non esitava ad esclamare: "Se anche noi stessi o un angelo dal cielo vi predicasse un Vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!" (Ga 1,8). Fedeltà, poi, alla Chiesa, che la Prima Lettera a Timoteo qualifica come "colonna e sostegno della verità" (3,15). Per svolgere un'azione apostolica veramente efficace, è necessario che l'Istituto si ponga in atteggiamento di umile e costante docilità verso gli insegnamenti del Magistero ecclesiastico e le indicazioni pastorali del Successore di Pietro e dei Vescovi in comunione con lui. Fedeltà, infine, allo spirito del Fondatore: soltanto se manterrete viva l'eredità da lui lasciatavi, potrete essere come lui seminatori della verità e del bene, continuando la sua opera di autentico profeta della nuova evangelizzazione.

Vi affido alla speciale protezione di Maria, che invocate come Madre e Regina degli Apostoli, mentre nel nome del Cristo Maestro e Signore, Via, Verità e Vita, vi imparto di cuore la mia Benedizione, che estendo affettuosamente a ciascuno dei vostri Confratelli vicini e lontani, e a tutta la Famiglia Paolina.

Con il vivo augurio di una santa Pasqua.

Data: 1992-04-13 Data estesa: Lunedi 13 Aprile 1992



Giovedi Santo, l'omelia durante la Messa "in cena Domini" - Basilica di San Giovanni in Laterano (Roma)

Titolo: Rendiamo grazie per il grande dono dell'Eucaristia: dono della Redenzione di Cristo, dono della vita immortale



1. "Colui che mangia di me vivrà per me" (Jn 6,57). Queste parole Gesù aveva pronunciato tempo prima, nei pressi di Cafarnao, dopo la miracolosa moltiplicazione dei pani. Oggi è venuto il momento in cui queste parole che, allora, erano un annuncio ed una promessa, diventino realtà. L'ora dell'ultima Cena. Precedentemente, nei pressi di Cafarnao, Gesù aveva detto: "Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me" (Jn 6,57). Il "mandato" che viene dal Padre si avvicina al suo compimento. Il "mandato" della verità: il Vangelo. Il "mandato" della vita. La vita, che è in Dio, è l'unità del Padre e del Figlio nello Spirito Santo. Il Figlio vive "mediante il Padre". Vive "per il Padre". Questa vita è diventata carne. E' diventata la comunione dell'uomo con Cristo - Figlio dell'uomo. Per compiere la missione del Padre è necessario che questa vita - Vita del Figlio - sia partecipata agli uomini: "Colui che mangia di me vivrà per me".


2. L'ora dell'ultima Cena. E' venuto il tempo della rivelazione. E' venuto il tempo del discernimento. Il tempo della Pasqua. In essa si compirà fino in fondo il "mandato" che il Figlio ha ricevuto dal Padre. I discepoli hanno davanti agli occhi dell'anima quella prima pasqua: l'esodo. Il popolo di Dio, per mezzo della forza di Jahweh, era uscito dall'Egitto. Ciò era avvenuto a seguito della morte di tutti i primogeniti nella terra d'Egitto. Quella morte aveva sconvolto il faraone ed il suo popolo. Nello stesso tempo, pero, la morte dell'Agnello senza difetto era stata un segno di salvezza. Si erano salvati i figli d'Israele ed avevano potuto, liberi, lasciare la condizione di schiavitù. Tutti hanno nella memoria quella prima pasqua: Gesù e gli Apostoli. Quella pasqua era un annunzio. Era una "figura". Ecco, è venuto il tempo del compimento dell'annunzio. E' venuto il tempo della realtà, che è il compimento della "figura". Il Figlio è stato inviato dal Padre, affinché si compisse in Lui il mistero dell'Agnello senza difetto, il cui sangue libera: libera dalla morte. La morte dell'anima è il peccato. Il rifiuto di Dio è la morte dell'uomo, creato a immagine e somiglianza di Dio stesso. Opposta a questa morte è la vita che viene da Dio.


3. L'ultima Cena è un "prendere cibo". Mangiarono l'agnello i figli e le figlie d'Israele prima di uscire dall'Egitto. Questo "prendere cibo" è rimasto come la più grande festa dell'Antica Alleanza. Il cibo serve per sostenere la vita mortale. Per introdurci nel mistero della Vita immortale che viene da Dio - Gesù prende il pane e il vino. Lo dà ai Discepoli. Dice: Prendete e mangiatene... prendete e bevetene (cfr. Mt 26,26-27). Proprio in questo momento si compie l'annunzio eucaristico che aveva suscitato tante difficoltà tra gli ascoltatori delle parole di Gesù nei pressi di Cafarnao: "Come può costui darci la sua carne da mangiare?" (Jn 6,52). Cristo dice agli Apostoli: "Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo, offerto in sacrificio per voi... Questo è il calice del mio sangue... versato per voi e per tutti in remissione dei peccati" (dalla Liturgia della Messa, cfr. 1Co 11,24-25). "Ogni volta... che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1Co 11,26). Il pane e il vino, il cibo e la bevanda, sono indispensabili per sostenere la vita mortale. La morte di Cristo - Agnello, che toglie i peccati del mondo - è indispensabile per raggiungere la vita immortale. Questa vita viene da Dio. E' il dono della Redenzione di Cristo. Ricevendo tale dono, rendiamo grazie.

Un grazie particolare, perché quel dono è il più grande. Per questo il sacramento dell'ultima Cena si chiama Eucaristia.


4. Da questo momento, dal momento dell'istituzione, viviamo di compimento. Cristo ha compiuto l'annuncio eucaristico. Egli - mandato dal Padre - ha la pienezza della vita "per il Padre". Noi, che mangiamo la sua Carne, viviamo "per Lui".

Tutto questo ha preso inizio nel Cenacolo di Gerusalemme, il giorno prima di Pasqua, quando Gesù, "dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amo sino alla fine" (Jn 13,1). "Sino alla fine": nel corpo "offerto", nel sangue "versato" è la testimonianza suprema dell'amore di Cristo che, morendo per noi, ci ha dato la possibilità di vivere per Lui e - in Lui - per il Padre.

Data: 1992-04-16 Data estesa: Giovedi 16 Aprile 1992

Venerdi Santo, la meditazione al termine della "Via Crucis" dal Colosseo al Colle del Palatino - Roma

Titolo: La Via Crucis accompagna la storia dell'uomo




1. "Ecce lignum Crucis...". La Croce. Il legno della Croce. Oggi la Chiesa intera si concentra sulla Croce, a cui fu appeso Cristo, Salvatore del mondo: Venite adoremus. La Chiesa adora la Croce e proclama a tutti gli uomini, a tutte le generazioni la sua forza salvifica. Dalla Basilica di San Pietro siamo venuti al Colosseo. Siamo venuti avendo nella memoria quell'invocazione: "Ecce lignum Crucis, in quo salus mundi pependit. Venite adoremus". Qui, nel Colosseo, ritorniamo sulla scia della Via Crucis di Cristo. La Via Crucis accompagna la storia dell'uomo.


2. All'inizio della Quaresima, nel Mercoledi delle Ceneri, l'Apostolo ci ha parlato: "Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2Cor,5-20-21).

Parole profondamente commoventi. Oggi queste parole hanno trovato il loro compimento. Poteva essere "trattato da peccato" Colui che non aveva conosciuto peccato? Colui che era il "tutto Santo"? Ma - ha accolto il peccato. "Il Signore fece ricadere su di lui l'iniquità di noi tutti" (Is 53,6). E ha portato sul Golgota questo inesprimibile giogo come sua croce. E su questa croce ha dato la sua vita in sacrificio. Ecco il legno della Croce. La Croce, ha scritto qualcuno, è come una confessione universale. E' una confessione dei peccati, della quale nessun uomo è capace. Ha una dimensione assoluta. Abbraccia l'intero "peccato del mondo", arrivando alle sue più nascoste radici. Cristo, dopo essersi addossato tutto, ha su questo peccato la superiorità dell'infinito amore. Questo amore possiede la forza redentrice: "Con la tua Croce e la tua Passione hai redento il mondo".


3. così è rimasta nella storia dell'uomo la Croce di Cristo come il segno dell'amore che toglie i peccati. E' bene che alla fine di questo giorno siamo presenti qui, nell'antico Colosseo romano, al centro di una Città che ha conosciuto l'epopea dei martiri. Qui, nella Roma dei Cesari, l'uomo ha compreso, in modo particolarmente profondo, il mistero della Croce. Coloro che agli inizi del Cristianesimo hanno dato la vita per Cristo, non cessano di testimoniare la forza della Croce. Ciascuno di loro nella propria carne ha completato quello che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo Corpo... (cfr. Col 1,24).

Le rovine del Colosseo non cessano di parlare di questo! Ed ecco, si apre come un immenso spazio che solo Dio penetra. In questo spazio sono presenti tutti gli uomini che, in modi diversi, partecipano ai patimenti di Cristo. Essi guardano la Croce, forse neppure sapendo che li abbraccia lo stesso mistero dell'amore redentore, che non conosce limiti.

"Ecce lignum Crucis...".

Data: 1992-04-17 Data estesa: Venerdi 17 Aprile 1992

Udienza ai giovani della comunità di Sant'Egidio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniate ai vostri coetanei la fede nel Cristo risorto

Carissimi giovani della Comunità di Sant'Egidio! Anche quest'anno ci ritroviamo, nell'immediata vigilia della Risurrezione, per scambiarci gli auguri pasquali. In queste ore tutta la Chiesa vive in silenzioso raccoglimento l'attesa del grande Evento che ha ridato al Mondo la speranza.

Tutta la Chiesa: anche i fedeli che vivono nel grande Continente a cui cinquecento anni or sono fu recato l'annuncio della morte redentrice di Cristo e della sua risurrezione. So che sono numerosi tra voi i giovani provenienti dall'America Latina. Rivolgo ad essi un particolare saluto, che estendo anche ai rappresentanti degli altri Continenti.

A tutti auguro di poter corroborare la loro fede a contatto con le Memorie degli Apostoli e con i tanti monumenti che testimoniano, nell'Urbe, la fecondità del messaggio cristiano.

Carissimi giovani, l'incontro col Papa vi sia di stimolo nel vostro impegno di amore e di servizio alla Chiesa. Di ritorno nei rispettivi Paesi, portate ai vostri coetanei la testimonianza della vostra fede nel Cristo risorto.

Dite a tutti, con la parola e con l'esempio, che la Vita ha vinto la morte e che al centro di tutte le vicende della storia umana sta Colui che dice: "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre" (Ap 1,17s).

(Omissis, saluto in lingua spagnola, ad un gruppo di giovani latinoamericani)

Data: 1992-04-18 Data estesa: Sabato 18 Aprile 1992

L'omelia durante la veglia pasquale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In questa notte Cristo ha gettato la luce della Vita sulla morte umana. Siamo in cammino verso quella Vita




1. "Dio... aveva già parlato... molte volte e in diversi modi" (He 1,1). In questa notte della Veglia Pasquale la Chiesa sta in ascolto della Parola di Dio: è in ascolto della grande profezia della creazione, del sacrificio di Abramo, della liberazione d'Israele dalla schiavitù egiziana è in ascolto delle parole dei Profeti. "Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte... per mezzo dei Profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato... per mezzo del Figlio" (He 1,1-2). La parola del Figlio è il Vangelo. L'ultima parola del Vangelo - della buona Novella - è la parola della Pasqua: questa Notte. E dopo la notte il mattino, quando le donne troveranno il sepolcro vuoto - e udranno: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato" (Lc 24,5-6). Dopo le donne, arriverà di corsa Pietro e vedrà la stessa cosa.


2. "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare" (Mt 11,27). Il sepolcro vuoto, ai piedi del Calvario, è l'ultima parola di ciò che il Padre rivela mediante il Figlio prima della sua risurrezione. "Cristo risuscitato dai morti non muore più, la morte non ha più potere su di lui... egli mori al peccato una volta per tutte, ora, invece, per il fatto che egli vive, vive per Dio". così l'apostolo Paolo nella lettera ai Romani (6,9-10).


3. Le donne di Gerusalemme andarono di buon mattino al sepolcro "portando con sé gli aromi che avevano preparato" (Lc 24,1), per ungere il corpo senza vita del Crocifisso. Entriamo in questa notte di veglia, avendo acceso col fuoco benedetto la luce del cero pasquale, che simboleggia la luce di Cristo (Lumen Christi). Si: ha gettato la luce sulla nostra vita umana con la parola del Vangelo - questo stesso Cristo, che nella notte di Pasqua getta la luce della Vita sulla nostra morte umana. Siamo in cammino verso quella Vita. Camminiamo, attraverso le tenebre dell'odierna notte pasquale, cantando: "L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente" (Ps 41/42,3).


4. E in questo modo ci avviciniamo alle fonti dell'acqua, alle sorgenti che fanno rinascere. Bisogna, infatti, che "rinasciamo" (cfr. Jn 3,3). Nascere dalla morte di Cristo, in virtù dello Spirito che dà vita. "Quanti siamo stati battezzati" (Rm 6,3), accogliamo con gioia coloro che devono sperimentare, in questa notte, la rinascita dall'acqua e dallo Spirito Santo. Saremo uniti dallo stesso Sacramento, che ci seppellisce insieme a Cristo "nella (sua) morte" (cfr. Rm 6,4). Immersi nell'acqua del santo Battesimo partecipiamo alla morte redentrice di Cristo.

Veniamo "con lui... sepolti insieme" (cfr. Col 2,12), per poter "camminare in una vita nuova", come Cristo è risorto dai morti "per mezzo della gloria del Padre" (cfr. Rm 6,4). Ecco il grande mistero della fede! Se, mediante il Battesimo, "siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui" (Rm 6,8). Questa fede anima tutta la Chiesa. Anima noi, qui riuniti nella Basilica di San Pietro, insieme a voi, che in questa notte di Pasqua partecipate allo stesso grande mistero della risurrezione mediante il Battesimo. Nella luce di questa fede vi rivolgo il mio cordiale saluto. In voi intendo raggiungere con un deferente pensiero anche i vostri rispettivi Paesi: il Giappone, la Corea, la Cina, l'Italia, il Vietnam, la Francia, l'Albania, la Croazia, gli Stati Uniti d'America, il Marocco, la Russia, il Perù, l'Inghilterra. Nella vostra provenienza da varie parti del mondo ben si rispecchia l'universalità della redenzione operata da Cristo. Il messaggio che egli ha portato sulla terra non conosce confini.


5. "Celebrate il Signore, perché è buono" (Ps 117/118,1). Rendiamo grazie per questa pienezza della parola con la quale Dio ci ha parlato prima per mezzo dei Profeti, e, infine, per mezzo del Figlio. Egli solo è la "pietra angolare" (Cfr. Ep 2,20) del tempio di Dio con l'umanità. "In lui è la vita, e la vita è la luce degli uomini" (cfr. Jn 1,4). E' la nostra luce!

Data: 1992-04-18 Data estesa: Sabato 18 Aprile 1992

UNIV 92: l'incontro con cinquemila studenti da tutto il mondo - Città del vaticano (Roma)

Titolo: Essere testimoni tra i giovani nelle università

Questa mattina avete ascoltato il Vangelo di San Giovanni che raccontava quello che è accaduto nella mattina della Domenica di Pasqua, quando sono andati insieme con Pietro al Sepolcro, ma l'hanno trovato vuoto. E sulla sera dello stesso giorno, il racconto giovanneo è ancora più centrale, perché la sera dello stesso giorno vuol dire, storicamente e liturgicamente, oggi. Gesù è apparso nel Cenacolo per inviare i suoi Apostoli in tutto il mondo: "Come il Padre ha mandato me, così anch'io mando voi".

Questo è il momento in cui ci troviamo nella sera della Domenica pasquale. E in questo momento ha dato loro lo Spirito Santo e ha parlato della Confessione. Si, ha parlato dell'assoluzione dei peccati. E' un tema che non piace a molti contemporanei, ma piace molto all'Univ, e penso che piace anche all'Univ 92.

Allora, che cosa posso augurarvi per la conclusione di quest'incontro? Voglio augurarvi di rendere più piacevole agli altri questo grande tema sacramentale, grande tema pasquale, grande tema cristiano ed umano. Questo è il mio augurio per voi, Vi ringrazio per questa visita e alla prossima volta.

Vi do la mia Benedizione.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1992-04-18 Data estesa: Sabato 18 Aprile 1992

Il messaggio a Roma e al mondo per la Pasqua di Resurrezione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Io sono con voi" Queste parole danno senso alla storia




1. "Io Sono" (Jn 8,24).

Le donne si sono recate alla tomba; l'hanno trovata vuota ed hanno sentito annunciare: Lui non è qui! Perché cercate tra i morti colui che è vivo? E' risuscitato! (cfr. Lc 24,5-6) "Io sono".


2. Secoli prima, Mosè aveva chiesto a Dio il suo Nome: "Io sono colui che sono" (Ex 3,14), suonava la risposta dal roveto ardente. Io sono - il nome di Dio, di "Jahweh". E Gesù ha detto ai figli di Israele: "Prima che Abramo fosse, Io sono" (Jn 8,58) - e allora hanno cercato di lapidarlo. Ha detto ancora: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io sono" (Jn 8,28). Poi innalzarono il Figlio dell'uomo sulla croce e, quando ormai era morto, colpirono il suo costato con la lancia e il corpo esanime fu deposto nel sepolcro. Pero il terzo giorno, di buon mattino, dal sepolcro vuoto giunge la conferma: Io sono. La vita e la morte del Figlio dell'uomo sono radicate nell'immortalità di Colui che E'.


3. "Io sono con voi".

Così dice Cristo agli Apostoli: e li manda in tutto il mondo, per predicare il Vangelo a tutti i popoli (cfr. Mc 16,15). Li invia poveri e indifesi.

Dice: "Mi sarete testimoni" (Ac 1,8). Non prendete nulla per il viaggio (cfr. Mc 6,8). Avendo la testimonianza della risurrezione e della vita, avete tutto: Io sono con voi. "Guai a me se non predicassi il Vangelo" (1Co 9,16), grida l'Apostolo... Guai a me! "L'amore di Cristo ci spinge!" (2Co 5,14) Quale altra Buona Novella può esservi, all'infuori di questa, che Cristo è morto per i peccati di tutti ed è risuscitato? Che in lui la vita umana e mortale è stata radicata nell'immortalità di COLUI che E'?


4. "Io sono con voi".

Da questa parola hanno avuto inizio tutti gli itinerari apostolici, tutti i percorsi missionari che hanno portato il Vangelo nel mondo intero. "Io sono con voi": questa parola è all'origine di quel nuovo cammino missionario, che è iniziato cinquecento anni or sono ed ha portato i testimoni del Risorto oltre il grande vasto oceano, verso popoli dei quali prima neppur si conosceva l'esistenza.

Un nuovo mondo e uomini nuovi. Potevano i discepoli di Cristo non andare verso di loro con il Vangelo? Quale altra verità può esservi più grande di questa, che Cristo è morto per i peccati di tutti e che il terzo giorno è risuscitato? Che in lui la vita umana mortale è stata radicata nell'immortalità di Colui che ha detto: "Io sono colui che sono"?


5. "Io sono con voi".

Risuonano queste parole nel cuore dell'umanità; esse danno senso alla storia. "Abbiate fiducia; io ho vinto il mondo" (Jn 16,33) assicura il Risorto.

"Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Ascoltate quest'invito voi tutti, popoli della terra! Ascoltatelo voi, nazioni delle Americhe, raggiunte cinquecento anni or sono dalla luce della Croce.

Ascoltatelo in particolare voi, nazioni d'Europa, che state affermando, nel mutare degli assetti politici, le vostre peculiari caratteristiche. Ascoltate, vi prego, la voce di Colui che ha operato in voi con grande potenza. Egli vi invita a non avere paura: vi esorta a fare del Vecchio Continente una realtà nuova, dove diversità non significhi opposizione e scontro, ma reciproco arricchimento nella complementarietà e nello scambio. Vi esorta a non costruire mai la sicurezza sulla forza delle armi, distruttrici della vita e di ogni fraterna civile convivenza; a non seppellire mai con l'egoismo, con la bramosia di beni materiali sempre più grandi i nobili progetti di sviluppo e di pace; a cercare, piuttosto, la libertà, la verità e l'amore che rendono realmente liberi, e consentono di costruire insieme un nuovo mondo. Vi esorta ad essere creature nuove per una nuova umanità.


6. Io sono con voi. La mia pace sia con voi! così ripete Cristo, vincitore della morte, in questo giorno di luce e di speranza. Pace a voi, fratelli e sorelle qui presenti, e a voi tutti, che mi seguite attraverso la radio e la televisione. Vi auguro la pace, la pace vera: quella a cui anela nel profondo ogni essere umano. Giunga quest'augurio pasquale a chi ancora combatte in alcune regioni del Continente africano, nel cuore dell'Europa e nel Caucaso. Come non ricordare il dramma che stanno vivendo le popolazioni della Bosnia Erzegovina e del Nagorno Karabakh? Lo rivolgo fiducioso a voi, popoli del Medio Oriente, ricchi di secolari tradizioni umane e religiose, perché il vostro importante patrimonio di valori favorisca il dialogo e faciliti l'auspicata soluzione dei problemi ancora irrisolti.


7. Pace a te, travagliata popolazione cambogiana, che ti sei avviata nel difficile cammino della concordia, ancor turbata, purtroppo, da non sopite rivalità. Pace, parimenti, a voi che vivete nell'Estremo Oriente: dal caro Vietnam al Laos ed alla grande Cina. Nelle vostre terre, insieme ai connazionali, i figli della Chiesa si impegnano con passione per favorire uno sviluppo spirituale e materiale, degno delle nobili tradizioni locali. L'annuncio di pace del Cristo risorto risuoni, altresi, nell'America Latina, dove, all'armistizio faticosamente raggiunto nel Salvador, fanno riscontro le tensioni e l'instabile situazione che si registra nel Perù. "Io sono con voi", dice ancora il Signore della vita a coloro che in Africa continuano ad essere minacciati dalla fame, dalla miseria, dalla malattia, o sono vittime della drammatica esperienza dell'odio e della vendetta. La parola di Cristo è consolante presenza per chi soffre, è, inoltre, appello pressante perché l'indifferenza ed il silenzio non lascino inascoltato il grido angosciato dei poveri.


8. "Io sono con voi": continua a proclamare la Chiesa. Quanti missionari, religiosi e laici, uomini e donne, hanno fatto di sé un dono d'amore a Dio e ai fratelli! Alcuni hanno pagato con la vita la loro fedele testimonianza al Vangelo e il loro impegno per l'uomo. Il loro esempio è sostegno per tutti i credenti, è vitale patrimonio per l'umanità intera. In Cristo, vita immortale, la loro morte, la morte dell'uomo s'illumina di eterno fulgore. "Questo è il giorno fatto dal Signore: rallegriamoci ed esultiamo in esso!" (Ps 117/118,24). E' il giorno prodigioso della vittoria: la Pasqua di resurrezione. Che l'annuncio della gioia pasquale sia ascoltato da tutti gli uomini e da tutti i popoli sulla faccia della terra!

Data: 1992-04-19 Data estesa: Domenica 19 Aprile 1992


GPII 1992 Insegnamenti - In occasione del 50° di ordinazione episcopale