GPII 1992 Insegnamenti - Incontro con i giovani a Dakar - Senegal

Incontro con i giovani a Dakar - Senegal

Titolo: Raccogliete nella Verità la temibile sfida dello scandalo del male che provoca aberrazioni e divisioni

Cari giovani,


1. Sia benedetto Dio che mi dà la gioia di stare con voi oggi! Mi avete dato il benvenuto con i vostri canti e le vostre danze, al suono degli strumenti: grazie di questa calorosa accoglienza che va diritta al cuore. In particolare, grazie a Monsignor Jacques Sarr, Vescovo di Thiès, responsabile della commissione episcopale dell'apostolato dei laici, per il suo cortese indirizzo d'omaggio.

Grazie, infine, ai vostri portavoce per avermi posto direttamente le vostre domande. Vi saluto tutti cordialmente: giovani cattolici, giovani musulmani e giovani di altre confessioni religiose, che prendete parte a questa riunione portatrice di speranza. Esprimo la mia gratitudine a tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo incontro, preparato con generosità. Devo dire che sono rimasto impressionato dall'importante documentazione che ho ricevuto a Roma. E sono stato ancor più colpito da ciò che ho visto ed ascoltato questa sera a Dakar. Innanzitutto, lasciate che mi congratuli con voi per la vostra sete di conoscere ulteriormente la vostra fede. Con i vostri genitori, i vostri pastori e le vostre guide spirituali, continuate a farne la scoperta: credetemi, la fede è un tesoro, una perla preziosa. Colui che ha la fortuna di possederla fa di tutto per conservarla e coltivarla. E cioè possederla in un modo sempre più profondo.

Oggi mi limitero all'essenziale dei temi affrontati dai vostri rappresentanti, lasciando che siano i più grandi di voi e i vostri educatori ad aiutarvi a rispondere alle numerose domande che avete posto.


2. Come vivere la propria fede quando si è giovani oggi nel Senegal? Prima di tutto con la consapevolezza che c'è qualcuno che vi ama proprio perché cercate di conoscerlo. Questa persona è Cristo. Infatti, nel Vangelo, a proposito del giovane in cerca della fede al seguito di Gesù, è detto: "Allora Gesù, fissatolo, lo amo" (Mc 10,21). Il giovane credente cristiano è un individuo che accoglie un gesto straordinario: quello di Dio che va incontro all'uomo. Questo è il segno originale del cristianesimo: Dio si è rivelato in Cristo, che si è fatto carne nella Vergine Maria. Attraverso Gesù, abbiamo ormai accesso al Padre, nello Spirito Santo.


3. Ciò che Gesù vuole comunicarci si trova nel Vangelo. Ecco perché, cari amici, vi incoraggio a conoscere bene il Vangelo. Meditatelo, da soli e con altri, in parrocchia, nelle riunioni dei vostri movimenti. La fede matura quando la si vive in comunità. Bisogna cominciare dalla famiglia. Il Vangelo è una grande forza spirituale: vi arma per il combattimento della vita; vi rende forti di fronte alle sette, poiché vi dà la luce: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12).


4. Il Vangelo vi insegnerà, fra l'altro, che ognuno di voi ha ricevuto dal Signore dei talenti che è importante far fruttare. Si può dire che la giovinezza è l'epoca del discernimento dei talenti. Spero che tutti possiate fare la scoperta dei vostri talenti. Questa vi porterà a rispondere al progetto di Dio su ognuno di voi e vi darà la gioia di collaborare al suo vasto disegno d'amore sul genere umano.


5. Infine, il Cristo-Luce, nel quale credete, vi darà la possibilità di raccogliere, nella verità, quella temibile sfida che è lo scandalo del male, pietra d'inciampo di qualsiasi visione del mondo. Gesù Cristo ha conosciuto la morte in croce. Dopo quegli avvenimenti inauditi che sono la Passione, la Morte e la Risurrezione del Salvatore (cioè il Mistero Pasquale), il cristiano sa che la prova può cambiare di segno e portare alla vita, poiché Dio, per primo, nella persona di suo Figlio, è diventato uomo di dolore e ha riportato la vittoria su tutte le forze del male. E ricordatevi, cari amici, di quanto la Chiesa proclama il Venerdi Santo: "Adoriamo la tua Croce, Signore, lodiamo e glorifichiamo la tua santa risurrezione.

Dal legno della Croce è venuta la gioia in tutto il mondo. (Celebrazione della Passione). Li si è rivelato l'amore, più forte della morte. Con l'Apostolo san Giovanni, vi ripeto: "E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?" (1Jn 5,5).

Egli è il vincitore del mondo.


6. Grazie di voler essere utili alla Chiesa! Ma dite che non sempre sapete come fare per servirla. Innanzitutto, che cos'è la Chiesa? E' il popolo di tutti coloro che credono in Cristo e che sono stati battezzati. I membri della Chiesa non si scelgono fra di loro. Si accolgono come fratelli e sorelle dalle mani di Dio, nella diversità della loro condizione, della loro cultura, dei loro gusti e delle loro opinioni. Si lasciano introdurre nella fraternità senza frontiere dove il Padre li invita per svelare loro il suo disegno sul mondo. Il Signore ha affidato la Chiesa ad un gruppo di dodici Apostoli. Ha messo loro a capo uno di essi: Pietro. E Gesù ha affidato a Pietro la missione di rendere i suoi fratelli più forti nella fede. E' per questo che il Papa, successore di Pietro, visita i cattolici nel mondo: per confermarli nella loro vita di discepoli di Cristo. Ecco perché sono con voi in Senegal.


7. Come trovare il vostro posto in questa Chiesa? Vi diro: prendendo parte attiva alla vita della comunità e alle celebrazioni parrocchiali, nelle quali sarete portati spontaneamente a far sentire la vostra parola e le vostre preoccupazioni di giovani. Fra queste celebrazioni la più importante è l'Eucaristia. Come trovare il vostro posto in questa Chiesa? La risposta è: attraverso l'Eucaristia. Bisogna trovare il proprio posto, il proprio posto di giovani, nella celebrazione, nella partecipazione, nell'esperienza vissuta dell'Eucaristia, ogni domenica, eventualmente ogni giorno.


8. Il vostro portavoce ha detto che vi preoccupate della qualità dei rapporti fra cristiani e musulmani. Spronati dalla convinzione che lo Spirito Santo agisce all'interno di ogni individuo che Dio ama, conviene che coltiviate lo spirito di dialogo. I vostri Vescovi vi hanno dato delle direttive in questo senso nel loro appello di "Cap des Biches" l'anno scorso. Con loro, vi incoraggio a praticare il dialogo delle opere: "Fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtu e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto... è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!" (Ph 4,8-9). Insomma, che Cristiani e Musulmani collaborino in ciò che fa crescere la comunità umana! Voi giovani, anche se non siete uniti nel vostro credo, imparate a rispettarvi e a tollerarvi. Infatti, la Bibbia ci mostra che l'essere umano possiede una sola dignità: è una creatura di Dio e possiede dunque un rapporto privilegiato con Colui che gli ha donato tutto.

L'uomo è invitato a diventare veramente figlio di Dio in una condivisione di vita e di amore: ha un valore sovrano. Per i Musulmani, l'uomo è chiamato ad essere un perfetto rappresentante di Dio sulla terra, testimoniando, al servizio di tutti, il significato di questi bellissimi nomi: misericordia e comprensione, perdono e riconciliazione. Cari amici, grande è la dignità dell'uomo! E' una via che conduce al Signore, un "segno" che rivela Dio.


9. Infine, cari giovani, sviluppate anche quel dialogo coltivato da tanti cristiani, dialogo fra Dio e l'essere umano, che si chiama preghiera. Praticate la preghiera. Date a Dio la gioia di ascoltarlo attentamente. La preghiera vi fortificherà, vi aiuterà a fare la volontà di Dio ed entrerete, così, ancora più intimamente nell'autentica famiglia del Signore, che vi amerà con quell'amore preferenziale di cui parla il Vangelo: "Qualcuno gli disse: "Là fuori ci sono tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti". Ed egli, rispondendo a costui, disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?" Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre"" (Mt 12,47-50).


10. Ci sono oggi delle ragioni per credere nel matrimonio? Ma certo! Come ho detto stamattina, a Poponguine, uno dei primi gesti di Gesù all'inizio del suo ministero è stato quello di assistere a delle nozze, con sua Madre e con i suoi discepoli, per sottolineare con la sua presenza la grande considerazione che ha del matrimonio e della famiglia, uno dei beni più preziosi dell'umanità. E' nel matrimonio che sboccia veramente l'amore, questa dinamica interna che spinge l'uomo e la donna a donarsi l'un l'altro in una comunione del proprio essere. Vi incoraggio, cari giovani, a prendere coscienza dell'impegno responsabile che l'amore di un uomo e di una donna presuppone. Ci vuole tempo per costruire la relazione interpersonale degli sposi, che è per tutta la vita. Il matrimonio cristiano, avendo come base la monogamia, rispetta pienamente la dignità dell'uomo e della donna. Si presenta come una scuola di perfezionamento spirituale e di santificazione reciproca: "Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (Mt 5,48). La famiglia è anche il luogo di formazione della persona e la culla della società. In una famiglia stabile, i figli hanno il massimo delle possibilità di crescere in maniera equilibrata. Se sono realmente amati dai loro genitori, impareranno più facilmente ad amare gli altri. In mezzo ai fratelli e sorelle, ognuno è portato a collocarsi al proprio posto, come un individuo fra gli altri, e in seguito si inserisce più facilmente nella società rispettando i diritti degli altri. La famiglia è la grande educatrice di tutta la società. Voi Africani amate la famiglia. Bisogna mantenere questo grande amore.


11. Permeata della grazia di Cristo nel sacramento del matrimonio, la famiglia viene trasfigurata al punto di diventare una cellula di Chiesa: "In questa che si potrebbe chiamare Chiesa domestica, i genitori devono essere per i loro figli, con la parola e con l'esempio, i primi annunciatori della fede, e secondare la vocazione propria di ognuno, e quella sacra in modo speciale" (LG 11). E' da una famiglia aperta che nascono i buoni cittadini e i grandi servitori della Chiesa, i sacerdoti, i religiosi e le religiose.


12. così come l'uomo riceve la vita e l'educazione dai propri genitori, beneficia anche dell'eredità della propria patria sul piano sociale, economico, politico e culturale. Egli deve, infatti, amare il proprio paese e compiere il proprio dovere nei suoi confronti dando prova di patriottismo e senso civico. Quale che sia la vostra vocazione, è importante che fin d'ora, alla vostra età e li dove vi trovate, prendiate parte al cammino del vostro paese e del mondo. Preparatevi ad assumervi un ruolo mettendo al servizio dei vostri compatrioti le competenze umane, scientifiche, tecniche e professionali che state acquisendo. Si conta su di voi in diversi campi come quello dell'alfabetizzazione, della lotta contro la desertificazione e anche per la partecipazione ad altre lotte: contro il vandalismo, il razzismo o l'emarginazione.


13. Fortificate in voi i valori morali dell'onestà, della lealtà, del rispetto per gli altri e del dono di sé. Impegnatevi personalmente e in gruppo per migliorare la sorte di quelli che vi sono attorno. Per queste cose, trovate gesti concreti, per semplici che siano. Il Signore sa trasformare le iniziative più umili: il Vangelo narra che ha sfamato moltitudini intere con poco pane d'orzo e alcuni pesci portati da un ragazzo (cfr. Jn 6). Con Cristo, bisogna saper andare avanti senza paura: muniti della sua forza e della sua luce, si è più preparati ad affrontare numerosi ostacoli quali la droga, l'aids, la violenza.


14. Siete interessati ai grandi eventi del mondo e desiderate promuovere la pace, l'amore e la libertà. E avete ragione. E' vero che nel corso della storia l'uso delle cose temporali è stato macchiato da gravi aberrazioni. E' il compito dei cristiani, è vostro compito contribuire ad edificare correttamente l'ordine temporale cercando di orientarlo verso Dio attraverso Cristo. "L'uomo vale più per quello che è che per quello che ha" ricordava il Concilio Vaticano II. "Parimenti tutto ciò che gli uomini compiono allo scopo di conseguire una maggiore giustizia, una più estesa fraternità e un ordine più umano nei rapporti sociali, ha più valore dei progressi in campo tecnico" (GS 35). Dicendo questo, ci riferiamo alla tecnica, al progresso scientifico, perché il progresso non potrà mai essere contro i valori etici o contro la persona umana. Questo è il grande pericolo del progresso unilaterale. Conservate, voi, un progresso equilibrato, un progresso pienamente umano, un progresso allo stesso tempo materiale e spirituale.


15. Cari amici, con l'aiuto dei vostri pastori e delle vostre guide religiose, cercate di costruire su quel fondamento saldo che è Cristo. "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6): ecco un'affermazione di Gesù che non mi stanco di ripetere ai giovani insieme alle parole di san Pietro, che aveva ben capito che Gesù era il solo Maestro da seguire senza riserve: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Ed ora, l'impegno che state per pronunciare sarà la vostra risposta a voi stessi, giovani del Senegal: come Pietro, con fiducia, promettete a Cristo di camminare con lui, poiché è l'unico che ha parole di Vita Eterna.

Che Dio vi benedica e che Nostra Signora di Poponguine, patrona del paese, vi accompagni nel cammino e vi aiuti a rimanere fedeli!

Data: 1992-02-21 Data estesa: Venerdi 21 Febbraio 1992

Incontro con i responsabili del Corpo Diplomatico a Dakar - Senegal

Titolo: L'Africa ha ancora urgente bisogno di una solidarietà non fermata dalle frontiere.

La nobilità della politica e della diplomazia:lavorare alla riconciliazione e alla solidarietà

Eccellenze, Signore, Signori,


1. Nel corso delle visite pastorali che ho potuto compiere, apprezzo gli incontri con i membri del Corpo diplomatico la cui presenza nella capitale manifesta i vincoli di una nazione con la comunità mondiale. Ringrazio vivamente il vostro Decano per le parole che ha appena pronunciato: egli ha manifestato la vostra attenzione per diversi aspetti della missione della Chiesa e, in particolare, per la sua azione in favore dello sviluppo e della pace. A Dakar oggi, sono felice di ricevervi, in un paese che, nella tradizione della sua lunga storia, occupa un posto importante in questa parte del continente africano e i cui dirigenti partecipano attivamente alla vita internazionale. La Santa Sede, come sapete, intrattiene volentieri rapporti diplomatici con i paesi che lo desiderano; in funzione della missione specifica della Chiesa cattolica, essa porta il suo contributo al dialogo che non smette di intensificarsi fra i governi in tutto il pianeta. Giunto per l'ottava volta in Africa, vorrei condividere con voi le riflessioni che mi ispirano l'ospitalità del Senegal e l'illuminazione del messaggio evangelico sulla situazione umana di questo continente. E' sull'urgenza e l'ampiezza della solidarietà della comunità internazionale che vorrei riflettere con voi.


2. La preoccupazione più immediata, quando si considera la situazione attuale dell'Africa, è evidentemente la pace. Duri conflitti, autentiche guerre perdurano in numerose regioni. Queste situazioni vi sono note, ma non posso fare a meno di ricordare qui la difficile condizione in cui si trova la vicinissima Liberia. I paesi che formano la Comunità economica dell'Africa dell'Ovest si adoperano per ottenere la pacificazione. Noi speriamo che questi sforzi permettano di risparmiare a un popolo già duramente provato nuove sofferenze, l'esaurimento delle sue forze e la distruzione della sua economia. La gran parte degli scontri mortali di cui siamo testimoni impotenti si verifica all'interno delle nazioni. E' spesso difficile per gli altri Stati assicurare un arbitrato rispettando l'indipendenza dei paesi coinvolti. Ma gli Stati vicini non devono forse accogliere i rifugiati, controllare lo svilupparsi dei gruppi armati, bloccare i rifornimenti di armi o impedire il loro transito? Questa è una delle prime forme di solidarietà per costruire la pace, che sarà tanto più durevole quanto più grande sarà il numero di controparti che la adotteranno. Tuttavia, vorrei insistere su un altro aspetto, senza dubbio meno facile da cogliere concretamente, ma non meno importante. Di fronte ai conflitti e alle sofferenze che essi comportano, nessuna azione diplomatica o politica, sarà realmente efficace se non porrà in pratica l'aspirazione degli uomini ad una solidarietà che non viene fermata dalle frontiere. Le responsabilità affidate ai dirigenti hanno ragion d'essere solo al servizio dei loro popoli. Agire per la pace è una missione profondamente umana. La nobiltà della politica e della diplomazia consiste nel situarsi a questo livello di motivazione, per superare le tentazioni di indifferenza o di ripiego su se stessi, per vincere le forze distruttrici, per lavorare a delle autentiche riconciliazioni, per costruire una società solidale.


3. Sotto forme diverse, le tensioni e i conflitti risultano spesso come attacchi ai diritti dell'uomo. Quando il semplice diritto alla vita è minacciato, quando il minimo dei mezzi materiali viene a mancare, quando le aspirazioni legittime alla vita in famiglia, all'istruzione e a un lavoro rimangono insoddisfatte, una società non può vivere in pace. L'organizzazione della società ha come scopo primario il rispondere a queste esigenze. Le definizioni giuridiche dei diritti non hanno valore se non sono fondate sul rispetto dell'essere umano, soggetto dei diritti. La dignità dei popoli presuppone che le loro giuste aspirazioni, le loro tradizioni, o le loro convinzioni possano esprimersi liberamente. In una società rispettosa dei diritti di ognuno, le responsabilità sono condivise, i rapporti sociali permettono iniziative e associazioni costruttive. La libertà di coscienza si realizza realmente nella libertà di vivere in comune la propria religione. Gli uni e le altre hanno davanti a sé le stesse possibilità e lo stesso futuro aperto.

Signore, Signori, se ricordo questi semplici principi, è perché mi sembra che chiariscano il grande movimento democratico che vediamo diffondersi attualmente nel mondo, e particolarmente in Africa. Le iniziative e la loro messa in opera emergono da ogni nazione. Ma è chiaro che il sostegno della comunità internazionale può e deve favorire il progresso dello Stato di diritto e della democrazia. Posso ricordare qui gli sforzi compiuti in questo senso in Europa, ove la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione ha riconosciuto che i suoi scopi essenziali erano condizionati dal rispetto dei diritti umani e della giustizia sociale negli Stati chiamati a aiutarsi reciprocamente? Per fare un altro esempio, penso ugualmente al seminario che l'Ufficio internazionale del Lavoro terrà fra qualche giorno a Dakar sull'abolizione del lavoro dei bambini. E' certamente il segno che molte preoccupanti questioni devono essere affrontate nell'ambito di una collaborazione determinata dalle forze vive di tutte le nazioni. E' utile riflettere su ciò che implica la vita democratica. In un'epoca di profondi cambiamenti nel mondo, ho voluto presentare, in un documento solenne, l'analisi che fa la Chiesa di questi importanti aspetti della vita delle nazioni: "Un'autentica democrazia è possibile solo in uno stato di diritto e sulla base di una retta concezione della personalità umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone, mediante l'educazione e la formazione di veri ideali, sia della "soggettività" della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità" (Enciclica CA 46). Sono convinto che la solidarietà tra le nazioni sarà tanto più costruttiva quanto più si ispirerà chiaramente ad una simile concezione della vita comune applicata senza discriminazioni a tutta la famiglia umana.


4. Signore, Signori, è chiaro che non possiamo fermarci all'analisi dei principi, per quanto essenziali essi siano. La comunità internazionale deve fare fronte ai problemi quotidiani dei popoli. Da parte sua, la Chiesa non smette di affermare che la solidarietà del mondo intero è al servizio dello sviluppo integrale dell'uomo. Mi sono spesso pronunciato su questo argomento, ma credo sia doveroso ritornarvi oggi di fronte ai rappresentanti di numerosi paesi di tutti i continenti. Il fatto più evidente - ma è sufficientemente colto nel mondo? - è che non ci si può rassegnare a vedere la carestia minacciare ancora e sempre milioni di uomini, di donne e di bambini su questa terra. La denutrizione è ancora drammaticamente diffusa, con tutte le sue conseguenze sulla salute. L'aiuto reciproco viene esercitato, ma non senza lentezza e difficoltà. Bisogna agire e agire subito. Al di là di queste situazioni di urgenza, sappiamo comprendere le aspirazioni dei popoli dell'Africa che vogliono realizzare il proprio sviluppo in condizioni politiche ed economiche favorevoli. Bisogna aiutarli ad aumentare la loro produzione e l'insieme delle loro attività economiche, a conservare le loro risorse naturali, a sviluppare le infrastrutture. Tutto ciò suppone delle cooperazioni regionali, oggi ancora insufficienti ed una buona integrazione negli scambi mondiali. Tuttavia, ci si rende conto sempre di più che non bisogna accontentarsi di valutare le necessità o di organizzare mercati. Non è sufficiente ridurre un debito o creare nuovi crediti. La realtà umana non si lascia rinchiudere in poche cifre. Non mi stanchero di ripetere che la vera solidarietà per lo sviluppo suppone la collaborazione fra le persone e fra le comunità, il sostegno delle loro iniziative, la valorizzazione delle loro specifiche qualità e delle loro eredità culturali. In poche parole, questa collaborazione costituisce di per sé una comunità che deve essere all'opera e che pone in comune più che semplici risorse e conoscenze. Essa deve condividere lo stesso rispetto per i popoli e lo stesso amore per l'uomo.


5. Al momento del mio primo viaggio in Africa, colpito dai drammi vissuti nel Sahel, avevo lanciato un appello alla solidarietà da Ouagadougou. Dieci anni dopo, essendo tornato nello stesso luogo, l'avevo solennemente rinnovato durante un incontro con numerosi artefici generosi dello sviluppo. Oggi di nuovo, davanti a voi, ho il dovere di levare la mia voce e di interpellare la famiglia umana, in nome dei suoi membri più bisognosi. In quest'epoca in cui ci si meraviglia di vedere abolite le distanze, in un momento in cui le informazioni vengono trasmesse istantaneamente dappertutto, constatiamo con tristezza che fra i popoli sussistono altre enormi distanze: tragiche differenze di aspettative di vita e di mezzi disponibili per l'istruzione o la salute, differenze profonde nel godere della libertà, si traducono in un riconoscimento tanto disuguale della dignità umana! Nel momento in cui tutti dovrebbero avvicinarsi, che peso grava su alcuni fratelli e alcune sorelle quando vengono definiti "stranieri", "rifugiati", "emigrati"! Che uso facciamo dei beni della terra, dei beni dell'intelligenza e del cuore? Cristo ci dice: "dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore" (Lc 12,34).

Tanti tesori ci sono affidati; possiamo noi, per egoismo, tenerli per noi? Come possiamo ignorare che sono dei beni comuni, dei beni per la vita dell'unica umanità? E' il momento che la famiglia umana prenda coscienza dei propri autentici doveri: che l'uomo si metta al servizio dell'uomo, che impegni tutti i suoi talenti e le sue risorse spirituali e materiali per le cause della pace, del diritto, del benessere di tutti gli uomini che sono in verità suoi fratelli! Eccellenze, Signore, Signori, vi affido questo appello con solennità, poiché voi rappresentate dei popoli che sono chiamati a rafforzare i propri vincoli reciproci da un capo all'altro del mondo. In missione in un paese ricco delle qualità dei suoi abitanti, ma povero di mezzi materiali, voi siete al primo posto nella lotta per la solidarietà umana.

Che l'Altissimo vi assista nel vostro compito!

Data: 1992-02-21 Data estesa: Venerdi 21 Febbraio 1992

Il discorso rivolto alla comunità cattolica dell'isola nella chiesa dedicata a San Carlo Borromeo - Gorée (Senegal)

Titolo: "Da questo santuario africano del dolore nero imploriamo il perdono per il vergognoso commercio degli schiavi"

Cari fratelli e sorelle,


1. Vi saluto di tutto cuore.

Lasciate che vi esprima la mia gioia e la mia emozione nel farvi visita in questa famosa isola di Gorée, la cui storia e le qualità architettoniche delle sue antiche case l'hanno fatta iscrivere nel patrimonio mondiale dell'umanità. Si, mentre vi partecipo la mia gioia, vi partecipo anche la mia viva emozione, l'emozione che si prova in un luogo come questo, profondamente segnato dalle incoerenze del cuore umano, teatro di una eterna lotta fra la luce e le tenebre, fra il bene e il male, fra la grazia e il peccato. Gorée, simbolo della venuta del Vangelo della libertà, è anche, purtroppo, il simbolo dell'orribile aberrazione di coloro che hanno ridotto in schiavitù i fratelli e le sorelle ai quali era destinato il Vangelo della libertà. Il Papa, che sente profondamente le gioie e le speranze come pure le tristezze e le angosce degli uomini, non può rimanere insensibile a tutto ciò che Gorée rappresenta.


2. Venendo qui, cari fratelli e sorelle, compio innanzitutto un pellegrinaggio alle fonti della Chiesa cattolica in Senegal. In effetti, sin dal XV secolo, Gorée ha accolto i primi sacerdoti cattolici, i cappellani delle caravelle portoghesi che vi facevano scalo. Certo, la Buona Novella della Salvezza in Gesù Cristo non si è diffusa tanto presto nel continente, ma in seguito Gorée e Saint-Louis divennero autentici focolai di evangelizzazione; il Papa è felice di rendere omaggio al loro splendore. Inoltre, Gorée rivendica l'onore di aver donato alla Chiesa i primi sacerdoti senegalesi dei tempi moderni, ed è da Gorée che i missionari del Venerabile Padre Libermann andarono a fondare nel 1846 la missione di Dakar. In questa chiesa consacrata a Carlo Borromeo, un santo che mi è particolarmente caro, è bello raccoglierci e prendere coscienza della grande grazia che la venuta del Regno di Dio in questa parte del mondo rappresenta. Noi ci rallegriamo che venga esaudita, nella misura del segreto disegno della Provvidenza divina, la preghiera del Signore, che abbiamo appena ascoltato, e che la Chiesa ripete instancabilmente in tutte le epoche: "Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome; Venga il tuo regno" (Mt 6,10). Si, noi ringraziamo Dio per aver inviato qui i suoi apostoli e, riprendendo le parole del salmista, lo lodiamo perché "Per tutta la terra si diffonde la loro voce e ai confini del mondo la loro parola" (Ps 18,5). Quando egli affido ai suoi discepoli quello che lui chiama il "suo" comandamento, "che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati", Cristo aggiunse queste parole: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13). Egli annunciava che lo avrebbe messo in pratica egli stesso con la sua morte sulla croce, con il suo sangue versato per noi e per tutti gli uomini. Gli Apostoli e i martiri, uniti alla Passione del Salvatore, lo hanno imitato in questa testimonianza, così come i santi di tutti i tempi che hanno saputo fare dono della loro vita per la causa del Regno di Dio. E' a questa gloriosa schiera di araldi del Vangelo che appartengono i pionieri della fede venuti in questo paese per gettarvi i semi della parola di Dio e offrire la loro vita per i loro amici africani. Sono felice di rendere grazie con voi per tutto ciò che è stato realizzato da generazioni di missionari: sacerdoti e catechisti, religiosi e religiose, fra cui la bella figura della Beata Anne-Marie Javouhey, che ha dato un notevole esempio, con tante altre, di autentico amore verso Dio e verso il prossimo. Questi operai del Vangelo hanno formato dei quadri locali solidi in vista del suo radicamento. Oggi, la Chiesa cattolica occupa il suo posto in Senegal, un posto modesto certo, ma molto reale; ed essa testimonia un autentico slancio evangelico, come dimostra particolarmente il sinodo della vostra arcidiocesi al quale date il vostro contributo come comunità cattolica dell'isola di Gorée. Pensando all'eredità del passato e a ciò che continua nel presente, ripeto di tutto cuore, col fervido missionario che fu l'Apostolo Paolo: "Grazie a Dio per questo suo ineffabile dono!" (2Co 9,15).


3. Ma, venendo a Gorée, ove ci si vorrebbe poter abbandonare interamente alla gioia dell'atto di grazia, come non essere colti dalla tristezza al pensiero di altri fatti che questo luogo evoca? La visita alla "casa degli schiavi" ci riporta alla memoria quella tratta dei Neri, che Pio II, scrivendo nel 1462 a un vescovo missionario che partiva per la Guinea, definiva un "crimine enorme", "magnum scelus". Durante un intero periodo della storia del continente africano, uomini, donne e bambini neri sono stati condotti in questo piccolo luogo, strappati dalla loro terra, separati dai loro congiunti, per esservi venduti come mercanzia. Essi venivano da tutti i paesi e, in catene, partivano verso altri cieli, conservando come ultima immagine dell'Africa natia la massa della rocca basaltica di Gorée. Si può dire che quest'isola rimane nella memoria e nel cuore di tutta la diaspora nera. Quegli uomini, quelle donne e quei bambini sono stati vittime di un vergognoso commercio, a cui hanno preso parte persone battezzate ma che non hanno vissuto la loro fede. Come dimenticare le enormi sofferenze inflitte, disprezzando i diritti umani più elementari, alle popolazioni deportate dal continente africano? Come dimenticare le vite umane annientate dalla schiavitù? Occorre che si confessi in tutta verità ed umiltà questo peccato dell'uomo contro l'uomo, questo peccato dell'uomo contro Dio. Com'è lungo il cammino che la famiglia umana deve percorrere prima che i suoi membri imparino a guardarsi e a rispettarsi come immagini di Dio, per amarsi infine come figli e figlie dello stesso Padre celeste! Da questo santuario africano del dolore nero, imploriamo il perdono del cielo. Noi preghiamo perché in futuro i discepoli di Cristo si dimostrino pienamente fedeli all'osservanza del comandamento dell'amore fraterno lasciato dal loro Maestro. Noi preghiamo perché essi non siano mai più gli oppressori dei propri fratelli, in nessun modo, ma cerchino sempre di imitare la compassione del Buon Samaritano del Vangelo andando in aiuto delle persone che si trovano nel bisogno. Noi preghiamo perché scompaia per sempre il flagello della schiavitù così come le sue conseguenze: i recenti incidenti dolorosi in questo continente non invitano forse a rimanere vigili e a continuare la lunga e laboriosa conversione del cuore? Noi dobbiamo allo stesso tempo opporci a nuove forme di schiavitù, spesso insidiose, come la prostituzione organizzata, che sfrutta vergognosamente la povertà delle popolazioni del terzo mondo. In quest'epoca di cambiamenti cruciali, l'Africa di oggi soffre duramente della sottrazione di forze vive esercitata un tempo su di essa. Le sue risorse umane sono state indebolite per molto tempo in alcune delle sue regioni. perciò, l'aiuto di cui sente il bisogno le è giustamente dovuto.

Voglia Dio che un'attiva solidarietà si manifesti nei suoi confronti affinché essa superi le sue tragiche difficoltà!


4. Per concludere questo incontro, al termine della nostra preghiera universale, invocheremo Maria, Madre misericordiosa. Nel nostro profondo pentimento per i peccati del passato, in particolare per quelli che ci ricorda questo luogo, noi le chiederemo di essere il "nostro avvocato" presso suo Figlio. Noi la pregheremo affinché cessino la violenza e l'ingiustizia fra gli uomini, perché non si scavino più nuovi fossati di odio e di vendetta, ma perché aumentino il rispetto, la concordia e l'amicizia fra tutti i popoli. Nel momento in cui in Africa, in Europa, in America e in tutte le regioni del mondo, l'annuncio della Buona Novella di Cristo deve prendere un nuovo slancio con generose iniziative, noi le offriremo le nostre suppliche affinché venga il Regno di suo Figlio, "Regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace" (Cfr. Prefazio alla Celebrazione di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'universo).

Data: 1992-02-22 Data estesa: Sabato 22 Febbraio 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Incontro con i giovani a Dakar - Senegal