GPII 1992 Insegnamenti - Al nuovo ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)

Al nuovo ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)


Titolo: L'abolizione delle discriminazioni nei confronti dei credenti andrà certamente a vantaggio dell'intera comunità civile

Signor Ambasciatore, Le sono grato per le cortesi parole che mi ha rivolto in questo atto di presentazione delle Lettere Credenziali che l'accreditano quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario di Cuba presso la Santa Sede. Desidero porgerle sin d'ora il mio più cordiale benvenuto ed esprimerle i miei più fervidi auguri per il corretto sviluppo dell'elevata missione che il suo Governo le ha affidato.

Lei ha accennato al supremo bene della pace e della fratellanza tra le Nazioni. A questo riguardo, le posso assicurare che la Santa Sede continuerà instancabilmente nel suo impegno per la costruzione di un ordine più giusto che renda il nostro mondo un luogo più umano, fraterno ed accogliente. Infatti, la Chiesa si impegna in questa nobile causa per un dovere di fedeltà alla sua vocazione di servizio a tutti i popoli, questo le consente di portare a termine il suo ministero al di là di motivazioni terrene o interessi di parte come insegna il Concilio Vaticano Secondo, "siccome in forza della sua missione e della sua natura non è legata ad alcuna particolare forma di cultura umana o sistema politico, economico, o sociale, la Chiesa per questa sua universalità può costituire un legame strettissimo tra le diverse comunità umane e le nazioni, purché queste abbiano fiducia in lei e riconoscano realmente la vera sua libertà in ordine al compimento della sua missione" (GS 42).

Ma, nello svolgimento di questa missione - che ha principalmente carattere religioso e morale - non si può prescindere dall'uomo concreto e dal suo ambiente, poiché è la persona, nel suo divenire storico, il destinatario diretto del Vangelo. perciò, la Chiesa, "colonna e sostegno della verità" (1Tm 3,15), nel suo cammino verso la città celeste non può disinteressarsi della città terrena, ma, fedele al supremo comandamento dell'amore, predica instancabile la fratellanza tra gli uomini, i cui legittimi interessi essa difende in nome della verità e della giustizia.

A ciò è mossa dalla consapevolezza che ha della dignità della persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1,27). perciò, qualsiasi forma di offesa all'uomo nella sua integrità fisica o morale, nella negazione dei suoi diritti fondamentali, nella sua riduzione a condizioni di povertà disumana o all'abbandono, rappresenta un disprezzo della volontà divina. Invece, la promozione del bene dell'uomo e della sua dignità significa glorificare Dio e santificare il suo Nome. La Chiesa lo fa "utilizzando tutti e soli quei mezzi che sono conformi al Vangelo e al bene di tutti" (GS 76). Da parte loro, i governanti, nel rispetto del volere divino sull'essere umano, compiono la loro vera missione in favore del bene comune quando - come afferma il Concilio - garantiscono "l'insieme di quelle condizioni di vita sociale grazie alle quali gli uomini possono conseguire il loro perfezionamento più pienamente e con maggiore speditezza" che "consiste soprattutto nel rispetto dei diritti e dei doveri della persona umana" (DH 6).

Desidero ripeterle, Signor Ambasciatore, la ferma volontà della Santa Sede e della Chiesa di Cuba a fare quanto sia alla loro portata per favorire il clima di dialogo e maggiore comprensione con le Autorità e le diverse istituzioni del suo Paese. A ciò contribuiranno, indubbiamente, le intenzioni annunciate di eliminare nella normativa e nell'attività amministrativa tutto quanto presupponga una discriminazione o minor considerazione nei confronti dei cittadini che si professano credenti e che desiderano contribuire lealmente alla prosperità spirituale e materiale della Nazione. L'accettazione di una presenza più attiva dei cattolici nella vita pubblica, oltre a favorire il dialogo, andrà a vantaggio, senza alcun dubbio, della comunità civile. Infatti, in uno Stato di diritto, il pieno ed effettivo riconoscimento della libertà religiosa è al tempo stesso frutto e garanzia delle altre libertà civili; in questo si vede una delle manifestazioni più profonde della libertà dell'uomo ed un contributo di prim'ordine al corretto sviluppo della vita sociale e della ricerca del bene comune.

Segno di questa volontà di intesa è l'entrata nel suo Paese di un certo numero di religiose e di alcuni sacerdoti. Essi, chiamati ad una vocazione di servizio disinteressato, dedicano le loro vite alla missione evangelizzatrice della Chiesa, a mitigare il dolore, ad istruire e educare, dando testimonianza di una zelante dedizione in favore dei più bisognosi. Auspico che nuovi sacerdoti possano aggiungersi all'opera apostolica, per poter seguire meglio i bisogni pastorali delle comunità ecclesiali cubane.

Nel suo discorso, Signor Ambasciatore, Lei ha fatto riferimento al grave problema dell'indebitamento estero e delle sue conseguenze sull'economia e sulla vita quotidiana di intere famiglie. Infatti, il costo sociale ed umano che questa crisi di indebitamento comporta, fa si che questa situazione non si possa porre esclusivamente in termini economici o monetari. Devono essere difesi e potenziati i criteri di giustizia, equità e solidarietà che, in un clima di reciproca responsabilità e fiducia, ispirino aperture ed iniziative che evitino la frustrazione delle legittime aspirazioni di tanti cubani allo sviluppo che è loro dovuto.

Lei ha fatto inoltre riferimento alle difficili circostanze che il suo Paese attraversa, frutto dei cambiamenti avvenuti nell'ambito dei rapporti internazionali. La Chiesa, fedele alla sua missione in favore delle grandi cause dell'uomo, si dimostra sempre pronta a collaborare per soddisfare i bisogni morali e materiali della persona umana. Per questo, esprimo il mio augurio che il suo Paese, grazie ad un clima di maggiore dialogo e collaborazione internazionale, possa superare le presenti difficoltà. In questo senso, la Santa Sede non ha cessato di interessarsi ed offrire il suo aiuto.

Signor Ambasciatore, prima di concludere questo incontro, desidero rinnovarle i miei auguri per il positivo sviluppo dell'elevata missione che sta per iniziare. La prego di rendersi interprete presso il Signor Presidente, il suo Governo, le Autorità e il popolo cubano del mio più rispettoso e cordiale saluto, mentre invoco i doni dell'Altissimo su di Lei, sulla sua famiglia e i suoi collaboratori, ed in particolare sugli amatissimi fratelli della nobile Nazione cubana.

Data: 1992-03-02 Data estesa: Lunedi 2 Marzo 1992


Ai fedeli cattolici e a tutti cristiani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Abbracciamo con la pregjiera sincera e l'amore fraterno tutte le Chiese ortodosse d'Oriente assieme alle Comunità e alle Confessioni sorte in Occidente dalla Riforma. Ci spinge a ciò l'amore di Cristo"

"Il Signore dei secoli, il quale con sapienza e pazienza persegue il disegno della grazia verso di noi peccatori, in questi ultimi tempi ha incominciato a effondere con maggiore abbondanza nei cristiani tra loro divisi l'interiore ravvedimento e il desiderio dell'unione" (UR 1).

All'inizio della Quaresima ci richiamiamo a questa pregnante affermazione, contenuta nel Proemio del Decreto conciliare sull'Ecumenismo.

Desideriamo che questo santo giorno, e tutto il periodo quaresimale, sia permeato in modo particolare dall'interiore ravvedimento che è sollecitato anche dalla dolorosa costatazione della perdurante mancanza d'unità tra i cristiani: "Tale divisione - insegna il Concilio - non solo contraddice apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo e danneggia la santissima causa della predicazione del Vangelo ad ogni creatura" (ibidem UR 1).

Vogliamo incoraggiarci reciprocamente in questo interiore ravvedimento di tutta la Comunità cristiana e chiediamo ai nostri fratelli, che in virtù del Battesimo sono anch'essi veramente incorporati a Cristo morto e glorificato, e sono rigenerati alla vita divina (ibidem, UR 22), una particolare unione nella penitenza e nella preghiera. Lo chiediamo specialmente in questo periodo di preparazione alla Pasqua, in cui ricordiamo la morte di Cristo sulla croce per radunare i figli di Dio dispersi (cfr. Jn 11,52) e la sua gloriosa Risurrezione per la vita del mondo.

Il Concilio fa riferimento alla grazia di Dio che già opera in tanti cuori, anche in quelli delle altre Chiese e Comunità cristiane. Infatti "moltissimi uomini in ogni dove sono stati toccati da questa grazia" (ibidem UR 22).

Desideriamo aprirci sempre di più all'azione salvifica dello Spirito Santo ed essere obbedienti a Lui, che parla alle Chiese (cfr. Ap 2,7 Ap 2,11 Ap 2,17 Ap 2,18).

Abbracciamo con la preghiera sincera e l'amore fraterno tutte le Chiese ortodosse d'Oriente assieme alle Comunità e Confessioni sorte in Occidente dalla Riforma. Ci spinge a ciò l'amore di Cristo.

Il Concilio, intendendo promuovere la piena riconciliazione di tutti gli animi, ha ricordato le "colpe contro l'unità". E i Padri conciliari con autentico spirito cristiano hanno esortato i fedeli a chiedere "perdono a Dio e ai fratelli divisi così come noi lo accordiamo ai nostri debitori" (UR 7).

Perdoniamoci, quindi, reciprocamente con cuore sincero e chiediamo perdono a Dio conformemente alle parole del Padre nostro, che il Signore stesso ci ha insegnato.

Chiediamo anche allo Spirito Santo, Paraclito, che ci conceda di poter continuare tutte le iniziative in favore dell'unità mediante la preghiera, lo studio e la cooperazione ecumenica; e che renda fecondo il multiforme dialogo teologico, affinché si risolvano finalmente le divergenze che tuttora ostacolano la piena unità.

Che il movimento per il ristabilimento dell'unità si approfondisca, si estenda all'intera Comunità cristiana e faccia maturare sempre più la consapevolezza dell'universale appartenenza a Cristo e della comune responsabilità nell'annuncio del Vangelo a tutto il mondo.

Sia questa Quaresima un tempo veramente propizio di intensa preghiera in profonda sintonia con il potente grido del Figlio al Padre: "Che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me ed io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Jn 17,21).

Data: 1992-03-04 Data estesa: Mercoledi 4 Marzo 1992




Messaggio per la "Campagna di Fraternità" indetta in occasione della Quaresima dai Vescovi del Brasile - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I giovani, portatori di immensi valori sono linfa feconda dell'umanità futura

Cari fratelli e sorelle brasiliani,


1. Oggi, con la Quaresima, la Chiesa inizia un periodo di penitenza e di riconciliazione, affinché tutti i cristiani camminino alla luce del Mistero Pasquale verso la Vita con la speranza della felice resurrezione nel Regno dei Cieli.

Allo stesso tempo, è ormai una tradizione, in questa data, l'avvio della campagna di fratellanza, il cui tema proposto quest'anno dalla CNBB ha per

Titolo: "Giovani - Cammino aperto". E' con particolare soddisfazione che mi rivolgo, questa volta, agli amati giovani, poiché serbo ancora nel mio animo le emozioni, le parole e i gesti di tutti, soprattutto di quei bambini che ho incontrato nella mia visita pastorale dell'anno scorso, e ringrazio ancora Dio per gli abbondanti frutti avuti.


2. A voi, cari giovani, parla oggi la Chiesa: essa parla alla gioventù che cammina ed è cammino.

Il Papa vorrebbe parlare personalmente con ogni fanciullo e con ogni fanciulla di questo amato Brasile, per dire, e quasi per rivelare ad essi, l'immenso potenziale del quale sono portatori. A tutti voi che vivete nella città, o nelle campagne, e siete di differenti razze, voglio ricordare la vostra giusta ed esigente aspirazione ai grandi valori che Dio ha posto nel vostro cuore: siate amanti della libertà e di ciò che è giusto e vero; desiderate la pace e la solidarietà fra gli uomini; esigete, giustamente, il rispetto per quanto è degno e nobile; desiderate anche di realizzarvi nella vita, negli studi e nella professione e, se Dio lo consentirà, di realizzare la vocazione alla quale siete stati chiamati per dare continuità a queste sante e nobili aspirazioni. Ma, soprattutto, vedo palpitare nei vostri cuori quella sete di infinito che potrà essere saziata solo se saprete andare incontro al Dio che si è fatto Uomo per redimerci: Quel "Gesù che ci assicura che continuerà a costruire la storia con noi, e che la Croce non è il fine, ma il cammino della vittoria per quanti lo seguono" (CF 135).


3. Miei cari giovani, consentitemi di ripetervelo: penso che Cristo abbia semplicemente qualcosa di più da dire all'uomo, e in particolare a voi. Le sue "sono parole di vita". Esse sono piene di semplicità e attendono una risposta dall'uomo. può darsi che voi percepiate ancora la verità e la forza che esse hanno e che sono, appunto, parole "di Vita", mentre le altre, nate dalla menzogna, dall'egoismo e dall'ambizione sfrenata, portano con sé i germi del peccato e "della morte".

In un certo senso, Gesù parlava a tutti gli uomini, ma specialmente a voi, quando, come ci racconta San Luca, vedendo un corteo funebre, disse al giovane che sta per essere sepolto: "Giovinetto, dico a te, alzati!" (Lc 7,14).

Alzati dallo stato in cui ti trovi; ricordati che in Gesù "risiede la Verità senza ombra di menzogna, è in Lui la Via certa e senza deviazioni, è in Lui la Vita" (cfr. Jn 14,6) (Discorso ai giovani a Cuiaba, 16.10.1991). Cerca Cristo e quando lo incontri, amalo! Sii fedele e non perderti. Ascolta ancora una volta l'esclamazione di San Pietro: "Tu hai parole di vita eterna" (Jn 6,68). Che la Resurrezione di Cristo sia anche la luce e la forza della tua resurrezione! Il Signore dall'alto della Croce ti dice: "alzati!".


4. E' impossibile non amare questi giovani che camminano, poiché essi stessi sono cammino, portatore di immensi valori, linfa feconda dell'umanità nel Terzo Millennio che dev'essere orientata e protetta.

Ad essi e per essi, devono rivolgersi tutti gli sforzi e le iniziative della pastorale della gioventù, per aiutarli a scoprire la grandezza della fede con un'adeguata formazione dottrinale ed umana, attraverso una catechesi che insegni la verità rivelata e le sue conseguenze nel campo della morale cattolica e attraverso la partecipazione alla costruzione della società civile. La pastorale della gioventù, rispettando le iniziative di altri movimenti ed associazioni ecclesiali dei giovani, è senza dubbio un importante centro di irradiazione di luce per un'adeguata evangelizzazione.


5. Miei cari giovani, concludo rinnovando l'appello che vi ho rivolto l'anno scorso a Cuiaba: "offrite a Gesù i vostri cuori spalancati! Aprite fiduciosamente l'anima ai tesori della verità cristiana! Cercate con impegno una formazione che porti alla maturazione nella fede!" (Discorso a Cuiaba, 16.10.1991).

La Chiesa ha compiuto un'opzione preferenziale per i giovani di tutte le condizioni sociali, ma particolarmente per quelli che soffrono perché non conoscono la verità e camminano disorientati per le strade della vita; per quanti sono abbandonati e per quanti soffrono per le ingiustizie umane; per i malati - ai quali dico di non disperarsi poiché il Signore è più vicino a coloro che soffrono con santa rassegnazione. A voi e a molti altri, voglio dire: "Giovinetto, dico a te, alzati!" (Lc 7,14).

Benedico con particolare affetto tutti i brasiliani e specialmente i giovani e le giovani di questo amato Paese: "in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen!".

Data: 1992-03-04 Data estesa: Mercoledi 4 Marzo 1992



L'omelia della Messa nella Basilica di Santa Sabina al termine della processione penitenziale per l'inizio della Quaresima - Roma

Titolo: Occorre rientrare in sé stessi perché il peccato non diventi abitudine e non si impossessi dell'uomo




1. "Laceratevi il cuore" (Jl 2,13). così grida il profeta: "laceratevi il cuore e non le vesti" (ibidem Jl 2,13). Questo gesto è ben conosciuto nell'Antico Testamento: è un gesto simbolico. Con la lacerazione esterna delle vesti si intendeva esprimere il dolore interiore del cuore. Nella Liturgia odierna la Chiesa richiama l'esortazione del profeta Gioele. Perché bisogna "lacerare il cuore"? Occorre lacerarlo affinché non si indurisca nel peccato. Affinché il peccato non diventi abitudine, non domini sull'uomo, e non si impossessi della sua verità interiore, imponendosi come "legge" dell'esistenza umana: come legge del peccato.


2. Il Concilio Vaticano Secondo ricorda: "L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio all'interno del suo cuore; obbedire ad essa è la dignità stessa dell'uomo, e secondo questa egli sarà giudicato. La coscienza è il nucleo più segreto, è il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria" (GS 16). Lacerare il proprio cuore vuol dire: entrare in questo sacrario, nel quale l'uomo è con se stesso, è "solo a solo" con Dio. Cristo ci interpella con le parole del discorso della Montagna, che leggiamo in questa Liturgia delle Ceneri. Questo sacrario interiore costituisce il centro della nostra umanità. L'uomo è li più pienamente se stesso, grazie alla verità interiore dei suoi pensieri, parole ed opere. Bisogna, quindi, allontanare tutto ciò che offusca questa verità. Per ritornare a Dio occorre ascoltare la voce della verità, che risuona nell'intimità dell'uomo. La voce della verità che è voce di Dio.


3. "Indite un'assemblea, esorta il profeta, convocate un'adunanza solenne" (Jl 2,16 Jl 2,15). Il tempo di Quaresima è un tempo particolarmente propizio, in cui la Chiesa si rinnova come comunità. Proprio questo proposito di rientrare in se stesso e di ritrovare l'interiore sacrario della coscienza dà slancio al movimento verso l'assemblea santa. Già oggi partecipiamo ad essa, ricevendo le ceneri sul nostro capo: ciascuno e ciascuna di noi insieme con tutti gli altri. La Liturgia parla a ciascuno mediante le parole di Cristo, che abbiamo proclamato nel Vangelo.

E, nello stesso tempo, parla a tutti: "ritornate" (Jl 2,13) "lasciatevi riconciliare con Dio" (2Co 5,20) "non accogliete invano la grazia di Dio" (2Co 6,1).


4. La parola "grazia" vuol dire "dono". La grazia è comunicazione di Dio. Per esprimere la grazia della Quaresima, la Chiesa si serve delle parole dell'Apostolo: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo tratto da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio" (2Co 5,21). Che cosa vogliono dirci queste parole? Ci dicono che il dono viene da lontano, vogliono comunicarci che Dio abita nel sacrario delle nostre coscienze. Se vogliamo scoprire la nostra verità interiore, dobbiamo guardare a Lui. Colui che non ha conosciuto peccato, rivela all'uomo la verità sull'uomo, assumendone il peccato. Mediante la Croce sul Golgota, mediante la morte che ha accettato per i peccati del mondo, egli rivela l'Amore che è più grande del peccato e della morte.


5. La comunità ecclesiale comincia oggi, ancora una volta, un cammino che conduce verso il mistero della Pasqua di Cristo. E' necessario che il nostro cuore sia sempre più sensibile a questo mistero di redenzione.

"Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo" (Ps 50/51,12).

Amen!

Data: 1992-03-04 Data estesa: Mercoledi 4 Marzo 1992

Al termine della tradizionale riunione quaresimale con il suo presbiterio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Insidiata dalle forze dell'anti-evangelizzazione la famiglia va aiutata a riscoprire la propria vocazione

Grazie per questo incontro, ormai tradizionale e molto ben inquadrato nella prima settimana della Quaresima, specialmente dopo la visita al Seminario Romano, sabato scorso, e dopo l'incontro con questi protagonisti dei confronti con la città.

Vorrei ora offrire una sintesi, come mi è venuta seguendo i vostri interventi. Ritorna la parola-chiave: Spiritus loquitur Ecclesiae. Lo Spirito parla alla Chiesa. E' questa, io penso, la definizione del Concilio Vaticano II, lo Spirito che ha parlato alla Chiesa nella sua dimensione universale.

Lo incontriamo anche nella Scrittura, molte volte: lo Spirito parla alle Chiese, e una conseguenza di questa dimensione universale sono i Sinodi. Il Sinodo è anche un luogo in cui lo Spirito Santo parla alle Chiese particolari e alle Chiese locali; naturalmente per Chiesa vogliamo intedere soprattutto la Diocesi, ma anche, dentro la Diocesi, ogni parrocchia che partecipa all'unità di questa Chiesa particolare, diocesana e anche di questa Chiesa Universale, attraverso la Diocesi.

Lo Spirito ha parlato alla Chiesa Universale soprattutto della Chiesa.

C'era questa domanda di partenza durante la prima sessione del Concilio: Ecclesia, quid dicis de te ipsa? E' veramente la domanda fondamentale che ha poi orientato tutto il Concilio, tutti i lavori del Concilio. Tutto il Concilio è, in qualche senso, risposta a questa domanda. Come una volta la domanda è stata indirizzata a Giovanni Battista: quid dicit de te ipso? così è anche la stessa domanda indirizzata alla Chiesa che ha trovato risposta nel Concilio Vaticano II. E questa risposta sta sempre davanti a noi, non è una risposta che già abbia perso la sua attualità; acquista sempre di più la sua attualità e acquista questa attualità soprattutto attraverso i Sinodi. I Sinodi, le Assemblee Sinodali, devono porsi la stessa domanda: quid dicis de te ipsa, Ecclesia Romae? Quid dicis de te ipsa? E poi si deve elaborare sistematicamente, in un modo un po' analogo come si faceva nel Concilio, una risposta a questa domanda.

Qui dobbiamo tornare alla risposta che il Concilio ha dato. Questa risposta si articola in tutti i Documenti, ma soprattutto nei due centrali: "Lumen gentium" e "Gaudium et spes". E sono - come ho detto ai miei ospiti di due giorni fa che mi spiegavano la tematica dei confronti con Roma - Documenti complementari: la Chiesa in se stessa, "Lumen gentium", e la Chiesa nel mondo, "Gaudium et spes"; non può essere la Chiesa in se stessa senza essere nel mondo. Io penso che qui troviamo anche la logica interna del Sinodo romano, qui ci troviamo davanti a questa logica interna.

Io penso che i lavori finora compiuti dal Sinodo romano si centravano soprattutto sulla Chiesa in se stessa, possiamo dire che era il capitolo della "Lumen gentium" che essa già ha approfondito. Adesso, con questi confronti, la Chiesa di Roma passa alla "Gaudium et spes", ad incontrare i problemi del mondo contemporaneo, del mondo di oggi. Quei problemi che sono universali nel Documento del Vaticano II, "Gaudium et spes", e quelli che devono essere più localizzati nel Sinodo di Roma, ma sono gli stessi problemi. Cerchiamo di identificare la struttura di questa problematica tipica per la "Gaudium et spes".

Sappiamo bene che la prima parte è dedicata alla vocazione della persona umana. La seconda parte si articola in quattro o cinque capitoli che toccano le diverse dimensioni di questa vocazione dell'uomo e il primo capitolo è la famiglia, il matrimonio e la famiglia; poi seguono gli altri, la cultura, la vita sociale, la vita economica, la vita politica, la vita internazionale.

Possiamo dire che questi capitoli sono basati su una certa analogia perchè si possono leggere non solamente dal primo all'ultimo, ma anche dall'ultimo al primo e si devono leggere così. Si devono leggere dall'ultimo al primo perchè se prendiamo la dimensione della vita internazionale, della vita politica, della vita economica e della cultura, torniamo sempre alla famiglia, perchè torniamo alla vocazione dell'uomo, della persona umana. La vocazione della persona umana si realizza soprattutto nella famiglia. così dall'inizio, dalla Genesi lo leggiamo subito. Allora anche qui io vedo, parlando con i diversi capi dei gruppi di confronto, erano dieci, c'erano anche i Vescovi e altri collaboratori che sono un po' gli assistenti di questi gruppi di lavoro, di confronto, di studio, allora, c'erano le diverse problematiche un po' come nella parte seconda della "Gaudium et spes", ma alla fine tutto deve essere ridotto e ricondotto alla famiglia e così si vede anche nella struttura dei lavori del Sinodo romano e così si è visto soprattutto oggi, in questa nostra adunanza del clero di Roma.

Ecco, la struttura logica corrisponde alla struttura dei principali Documenti del Concilio Vaticano II e in questo senso possiamo anche confermare la nostra fede, la nostra convinzione che Spiritus loquitur Ecclesiae Romae, parla alla Chiesa di Roma, perchè attraverso questa logica interna del Vaticano II in cui noi entriamo con la nostra logica del Sinodo, attraverso questo, si vede quasi la stessa mano. Non è solamente la mano degli artefici umani, dei Vescovi, dei teologi, è anche questa mano invisibile.

Si è visto nella discussione soprattutto che la famiglia è soggetto-oggetto dell'evangelizzazione, ma ancora di più, di un'ampia evangelizzazione. Ancora di più, e lo abbiamo toccato con le mani o piuttosto con le parole in questo dibattito. Lo abbiamo toccato e lo vediamo non solamente in questo dibattito, ma lo vediamo ogni giorno, lo vediamo nell'esperienza della vita sociale, della vita di Roma, di ogni parrocchia, lo vediamo anche guardando le statistiche, i giornali. Io direi che in queste fonti si trova più ciò che è anti-Vangelo, anti-evangelizzazione che evangelizzazione. Servono piuttosto all'anti-evangelizzazione che all'evangelizazione. Il nostro incontro si è rivelato utile, perchè qui si è parlato non solamente di ciò che è evidente - i frutti dell'anti-evangelizzazione, che è anche sistematica, anche guidata da un centro qualche volta anonimo - ma si sono visti anche l'evangelizzazione ed i suoi frutti, perchè dove abbonda il peccato, e così abbonda certamente, deve sovrabbondare la grazia. Questo principio paolino è il principio primo e principale della nostra evangelizzazione e del nostro apostolato, della nostra opera pastorale.

Certamente, l'anti-evangelizzazione cerca i punti deboli dell'uomo. Non solamente cerca questi punti deboli dell'uomo per distruggerlo e per distruggere, attraverso lui e la sua debolezza, i valori della famiglia: l'unità, la fedeltà, l'amore, la castità. Vuol fare un programma di questo: vuol convincere l'umanità, la società, gli ambienti, le persone che la vera realtà dell'uomo è quella del peccato, della distruzione.

E' interessante come anche Gesù abbia detto agli apostoli che lo Spirito Santo ci convincerà sul peccato. E' vero, ma questo convincimento sul peccato che viene dallo Spirito Santo è appunto l'evangelizzazione perchè lo Spirito Santo se convince del peccato, convince per tirare fuori, per salvare, per sanare e santificare. E questo è il nucleo dell'evangelizzazione.

Io ho sentito con preoccupazione grande i dati statistici su quelli che sono i frutti dell'anti-evangelizzazione o del peccato anche in qualche senso codificato dalla mentalità, dalle ideologie, anche anonime, odierne. Ma ho sentito nello stesso tempo con grande speranza tutto quello che riguarda gli sforzi dell'evangelizzazione e soprattutto della disponibilità grande da parte degli stessi interessati, degli stessi fidanzati, degli stessi sposi, delle stesse famiglie, di assumere questo problema che appartiene alla loro vocazione umana, la persona umana nella famiglia. Sono pronti, dunque, ad assumere questa responsabilità nelle loro mani, sentono il pericolo, vogliono difendersi. E questo è già un grande passo avanti.

Qui si è parlato - passo un po' ai problemi concreti - della preparazione al sacramento del matrimonio. I corsi di preparazione hanno diversi sistemi. Ci sono poi, per esempio, diversi centri di spiritualità e molti già impiantati in diversi posti di Roma. Io penso sempre questo: ci sono due sacramenti che hanno una grande importanza per il popolo di Dio, come popolo, come società, i sacramenti cosiddetti sociali, il sacerdozio ed il matrimonio.

Allora, se noi prendiamo la preparazione normale, consueta, ad essere sacerdote, si deve constatare che la preparazione consueta, normale, ad essere coniuge, marito o moglie, ad essere padre o madre di famiglia, è relativamente molto scarsa. Si dovrebbero avere sei anni di preparazione, ma come poterlo fare? Certamente, il processo vocazionale - vocazione sacerdotale o religiosa -, è un processo più lungo, più profondo. La vocazione matrimoniale sembra un processo più breve, più spontaneo: viene da quell'innamoramento dei giovani che vogliono essere sposi e questo è il periodo in cui si pensa: ecco, dobbiamo prepararci. Ma, forse, si potrebbe ancora pensare al modo come strutturare più pienamente questa preparazione al sacramento. E' una cosa molto positiva che io già ho notato nella mia Diocesi in Polonia, Cracovia, e che noto anche qui: questa preparazione più sistematica al sacramento del matrimonio, questa preparazione più completa è già trattata come regola e nessuno cerca di dispensarsi. Tutti vedono che questo serve a loro, anzi, forse vorrebbero avere di più. Questa disponibilità è una grande speranza, ci dice molte cose, anche se naturalmente questa crea per noi un lavoro di più, grazie a Dio. Noi sappiamo bene che questo lavoro pastorale in più, che è dedicato alla famiglia, alla preparazione della famiglia, è molto condiviso dai nostri laici, dai tanti laici che sono già pronti a collaborare in questo campo.

Ci sono poi naturalmente i problemi che nella nostra civiltà, come frutti dell'anti-evangelizzazione, sono accresciuti, sono aumentati. Se si tratta di questa anti-evangelizzazione noi non dobbiamo pensare solamente che viene dall'"extra". Questa evangelizzazione viene dall'"intra", soprattutto in ciascuno di noi troviamo quel "fomes peccati". Il problema è questo: l'evangelizzazione è come vincere il "fomes peccati", come vincere il peccato. Con l'amore o "anti" come distruggere l'amore col peccato, approfittando di questo "fomes peccati" che è in ciascuno.

Ci sono questi casi, questi problemi specifici, come per esempio le persone divorziate, risposate. Tutti i Vescovi europei che vengono, adesso ci sono i francesi, tutti parlano della stessa cosa come un problema di grandissima importanza pastorale. Io penso che la proposta fatta da uno dei confratelli è molto giusta, si deve studiare questo problema, le possibili soluzioni, la sistemazione di questo problema, non per facilitare i divorzi, ma cercando una più profonda, una più ampia comprensione per l'immaturità dei fidanzati, dei giovani sposi, eccetera.

C'è ancora un problema che è molto vicino a questo, il problema degli anziani. E' il problema dell'invecchiamento della società. Certamente una tale società troppo invecchiata non è una società sana. E penso che quel processo, che poi è un processo inevitabile e necessario secondo i principi cosiddetti della ideologia laica o laicista, allora questo processo è inevitabile, ma forse potrebbero anche incominciare un ripensamento sugli stessi principi perchè se è così andremo sempre di più verso una società meno sana, più in pericolo. Si vedono, in diverse società europee, fenomeni di partiti politici un po' problematici, orientati piuttosto in senso anti-straniero, anti-immigrazione, con principi quasi nazisti. Tutte queste sono le conseguenze della situazione non sana e sempre meno sana della società.

E qui si deve aprire il dialogo tra la Chiesa, come ha già sottolineato il Cardinale, e le autorità di questa società, le autorità statali, le autorità regionali, anche le autorità urbane.

Ancora due piccole cose ma importanti. La prima, la domanda di beatificazione di una coppia. Questo desiderio grande lo porto nel mio cuore, ma vedo che i meccanismi delle beatificazioni sono ancora lontani da questa possibilità. Ma non è colpa della Congregazione, la colpa è della comunità cristiana. Vengono beatificati e canonizzati, soprattutto i fondatori, le fondatrici, i religiosi, un po' meno i sacerdoti del clero diocesano. Quando era l'anno del Sinodo sui laici si cercavano dei candidati e la situazione era grave perchè non si trovava nessuno, all'infuori del professor Moscati. All'ultimo momento sono arrivati alcuni martiri giovani, martiri come Maria Goretti, erano due ragazze italiane, e poi Marcel Caillot, che è martire del campo di concentramento tedesco morto per la fede, assassinato per la fede.

Più difficile è stato durante il Sinodo della famiglia in cui si sentiva questo desiderio di avere una coppia di sposi come candidati. E' stato un desiderio grande in quel momento, ma non si è trovato nessuno perchè non esistono queste riserve normali che hanno tutti i religiosi e le religiose, beatificati e canonizzati giustamente, con merito. Manca questo appoggio della società ecclesiale, del popolo di Dio. E mi è venuto in mente che forse la vostra assemblea potrebbe chiedere formalmente una tale beatificazione. Cerchiamoli, perchè, ex natura rei, come stanno le cose, oggi loro non trovano in genere questo appoggio della società, della comunità cristiana, della Diocesi, delle parrocchie.

Non lo trovano, non c'è una tradizione in questo campo e poi manca anche questo meccanismo umano che è necessario per i processi della beatificazione e della canonizzazione. Si deve ripensare tutto questo. La Congregazione delle Cause dei Santi è piuttosto esecutrice, ma il sistema, il meccanismo deve essere pensato dal popolo di Dio, dalla comunità cristiana, nei diversi posti, come andare avanti.

Una volta si parlava dei genitori di Santa Teresa del Bambino Gesù, ma non sembra che la causa sia andata avanti finora.

Ancora una parola ai Diaconi permanenti. Io sono pronto a riceverli come vogliono con le loro famiglie. Cercheremo una circostanza opportuna per questo, il Cardinale ci preparerà tutto. Quando sono andato negli Stati Uniti, dove il numero dei diaconi permanenti è il più alto nel mondo, ho avuto un tale incontro molto ben preparato e molto ben vissuto.

L'ultima cosa per il confronto. Il Cardinale ha detto che questa parola è un po' ambigua, che può anche significare uno scontro. Non solamente scontro, ma incontro. Io ho fatto una visita al Seminario Romano, sabato scorso, e ho trovato ancora un'altra interpretazione di questo confronto. Ho detto: ecco qui, in questo Seminario Romano, la Chiesa di Roma, la società di Roma, la comunità umana e cristiana di Roma, deve "confrontarsi" con la realtà di questo Seminario. Voi siete anche un "confronto", dicevo agli studenti, ai seminaristi, voi mostrate a questa Chiesa di Roma una certa realtà, una certa verità di se stessa che non è solamente una comunità umana decadente e non più cristiana. Ci sono anche i semi della vocazione divina, ci sono candidati al Seminario e sono sempre più numerosi quelli della città. Questa ultima parola potrebbe anche servire bene all'opera vocazionale che si fa nella Chiesa di Roma, nella Diocesi e in ogni parrocchia.

Grazie ancora una volta per questo incontro.

Data: 1992-03-05 Data estesa: Giovedi 5 Marzo 1992

Visita "ad limina": ai Vescovi della Conferenza Episcopale della regione apostolica francese "Ile-de-France" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per affrontare i flagelli dei tempi moderni i giovani hanno bisogno di riscoprire la grande eredità dei valori evangelici

Signor Cardinale, Cari Confratelli nell'Episcopato,


GPII 1992 Insegnamenti - Al nuovo ambasciatore di Cuba presso la Santa Sede - Città del Vaticano (Roma)