GPII 1992 Insegnamenti - Nell'anno del V centenario dell'inizio dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo - Città del Vaticano (Roma)


1. Continuiamo il nostro pellegrinaggio della mente e del cuore, in occasione del V Centenario dell'Evangelizzazione del Nuovo Mondo, presso i Santuari del continente americano. Ci rechiamo oggi spiritualmente nella Basilica della Vergine di Lujan, Patrona dell'Argentina. Visitai quel Santuario, come "Pellegrino della Pace", l'11 giugno 1982. Esso è situato a 60 chilometri da Buenos Aires, accanto al fiume ed alla città che portano lo stesso nome di Lujan. In tale luogo, nell'anno 1630, si inizio a venerare un'immagine dell'Immacolata Concezione di Maria, ed ivi venne costruito, all'inizio del nostro secolo, uno splendido tempio di stile gotico moderno, centro della religiosità popolare del nobile ed amato popolo argentino.


2. Il Santuario nazionale della Vergine di Lujan è diventato, con il tempo, luogo di intensa preghiera e pietà mariana, di crescente attività apostolica e, soprattutto, crocevia di moltitudini di devoti. Si calcola che vi giungano ogni anno circa otto milioni di pellegrini, desiderosi di incontrare la Madre di Dio e di approfondire la propria fede. Allo stuolo dei fedeli là convenuti, ci uniamo oggi anche noi, pellegrini spirituali, e, facendo eco al recente Messaggio dell'Episcopato argentino, dal titolo significativo "Quinientos anos de Evangelio", "chiediamo la mediazione di Maria, Stella dell'Evangelizzazione, perché ogni cristiano si trasformi in protagonista del mondo nuovo, che Gesù, Signore della storia, è venuto a proporci".


3. In questo stesso documento i Vescovi Argentini sottolineano con vigore l'avvio dell'evangelizzazione in America, avvenuto 500 anni or sono, e in proposito così si esprimono: "La Chiesa celebra l'Evangelizzazione, vale a dire, la proclamazione della Fede in Cristo Gesù che, fin dagli inizi, gli abitanti di questo Nuovo Mondo seppero con ardente amore abbracciare ed incorporare alle loro proprie forme culturali. E celebra anche i cinquecento anni di lavoro missionario, ringraziando Dio per "la vocazione cristiana e cattolica dell'America latina" e la sua profonda e radicata devozione mariana". Proprio per tal motivo, la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latino-americano, che avrà luogo a Santo Domingo, accanto alla figura di Cristo, "il primo e più grande Evangelizzatore" (EN 7), metterà in luce il contributo decisivo e singolare di Maria, Madre della Chiesa, nell'impegno della Nuova Evangelizzazione del Continente americano.

Nell'itinerario verso la Pasqua, che ci porta a riscoprire la nostra missione cristiana, ci guidi e ci accompagni Nostra Signora di Lujan. Dal suo santuario, che racchiude un messaggio di fede e speranza per tutta l'America Latina, giunga a ciascuno di noi l'invito alla conversione, echeggiato anche dalla liturgia di questa terza Domenica di Quaresima.

Data: 1992-03-22 Data estesa: Domenica 22 Marzo 1992

Udienza: ai partecipanti al Seminario promosso dall'Istituto "Giovanni Paolo II" per gli studi su matrimonio e famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nel progetto di Dio sul matrimonio e sulla famiglia l'uomo e la donna conoscono la verità dell'amore coniugale e la loro libertà in Cristo

Siate i benvenuti a questa Udienza speciale, carissimi componenti dell'Istituto per gli studi sul Matrimonio e la Famiglia.

Ringrazio il Rettore Magnifico della Pontificia Università Lateranense, Padre Umberto Betti, per le cortesi parole rivoltemi e saluto cordialmente Mons.

Angelo Scola, Vescovo di Grosseto, il Preside, Mons. Carlo Caffarra, i Membri del Consiglio, i Professori, gli ex alunni ed alunni, e tutto il personale non docente.


1. Mi è gradito accogliervi in questa circostanza, che commemora l'inizio della vostra attività accademica, nell'anno 1981-1982. Sono trascorsi, quindi, dieci anni, che segnano un tempo già cospicuo di lavoro, di iniziative, di ricerche e, soprattutto, di servizio pastorale alla Chiesa, oggi più che mai impegnata nell'evangelizzare la famiglia. Lo scopo della vostra attività è di contribuire al vero bene della comunità coniugale e familiare, ed esso impegna una cospicua parte del ministero apostolico della Chiesa, in un momento in cui la dignità del nucleo familiare è oscurata dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore, da molteplici forme di egoismo, dal crescere dei metodi illeciti della contraccezione e dal preoccupante diffondersi di delitti contro la vita.

Il messaggio evangelico sulla famiglia è oggi al centro di un'attenzione decisiva per l'esistenza cristiana e per la nuova evangelizzazione. Voi lo sapete, e per questo vi adoperate affinché alla predicazione della Chiesa non manchi l'apporto di quelle conoscenze scientifiche, che facilitano un dialogo concreto ed aggiornato sui temi umani della vita coniugale. In tal modo può trovare migliore accoglienza nel cuore dell'uomo l'annuncio circa la natura e le finalità peculiari dell'intima comunità di vita e d'amore coniugale voluta dal Creatore ed innalzata da Cristo alla dignità di Sacramento. "Cristo Signore ha effuso l'abbondanza delle sue benedizioni su questo amore, sgorgato dalla fonte della divina carità e strutturato sul modello della sua unione con la Chiesa" (GS 48).

Grazie, carissimi fratelli e sorelle, per questo delicato e importante lavoro che svolgete nell'ambito del vostro Istituto. Vi incoraggio cordialmente a proseguire nel cammino intrapreso e a portare avanti quei programmi che avete in animo per il prossimo futuro.


2. A dieci anni di distanza, restano pienamente valide le ragioni che hanno ispirato la decisione di fondare il vostro Istituto. Come è scritto nella Costituzione Apostolica Magnum matrimonii sacramentum, esso è nato "ut veritas Matrimonii et Familiae magis magisque methodo scientifica exploretur". La Chiesa, come insegna la Esortazione Apostolica Familiaris consortio, ha la coscienza profonda del suo dovere fondamentale "omnibus consilium Dei de matrimonio ac familia declarandi, cuius plenum vigorem et promotionem humana et christiana in tuto collocet" (FC 3-4). Essa, cosciente del proprio irrinunciabile dovere di promuovere e difendere il progetto divino del sacramento coniugale, proclama senza sosta quel consilium Dei de matri- monio et familia, che può e deve essere sempre riconosciuto come un dono di Dio all'umanità. Annunciare tale disegno divino nella sua pienezza ed autenticità apre la via ad una vera promozione umana e cristiana.

Si parla qui del consilium Dei, del progetto di Dio, che si rivela pienamente in Gesù Cristo, Verbo Incarnato, morto e risorto. Non si tratta, allora, del consilium hominis, del progetto dell'uomo che non di rado dista dal progetto divino.


3. Solo, infatti, nel consilium Dei, nel progetto di Dio rivelato in Gesù Cristo, l'uomo e la donna che si sposano conoscono l'intera verità del loro amore coniugale e solo in Cristo la loro libertà è liberata, in vista del compimento di quella verità. Assistiamo oggi al tentativo di sostituire, in maniera assai spesso subdola, al progetto cristiano della famiglia, altri progetti giustificandoli con motivazioni umane ed istanze morali sempre più imprecisabili nei loro contenuti.

Il vostro Istituto deve essere consapevole di ciò al fine di diventare un luogo di profonda riflessione teologica, filosofica, scientifica, sulla missione di evangelizzare la persona umana, in particolare l'uomo e la donna nella comunità familiare. Sia sempre Gesù Cristo il centro e la luce delle vostre ricerche, poiché in Lui si riconosce l'intera verità e la pienezza della volontà divina, mentre da Lui ed in Lui ogni uomo scopre la via che conduce al vero bene ed all'autentica libertà.


4. Tenendo conto dell'odierno contesto sociale e culturale, l'Istituto deve continuare a mantenersi fedele alla configurazione ricevuta fin dagli inizi. Ogni aggiornamento sarà in linea con la sua precipua missione ecclesiale e in spirito di servizio all'uomo. Per rispondere a questa sua vocazione, in questi dieci anni, l'Istituto ha cominciato a diffondersi, in diverse forme, anche fuori Roma.

Ringraziamo per questo sviluppo innanzitutto il Signore e, poi, quanti lo hanno reso concretamente possibile. In primo luogo vorrei ricordare i Cavalieri di Colombo, sempre generosamente pronti a venire incontro a tante necessità della Chiesa. Si deve ad essi la creazione di una Sessione dell'Istituto negli Stati Uniti d'America, che è qui rappresentata dal suo Decano, il dr. Carl Anderson e dall'Executive Assistant, Mons. Lorenzo Albacete. Auspico di cuore che lo sviluppo della vostra Istituzione continui e che essa si renda presente in altre parti del mondo.


5. Dieci anni or sono affidammo la vostra opera alla celeste Madre di Dio, alla Vergine di Fatima. Grati per la sua continua assistenza, Le rinnoviamo quest'oggi l'affidamento del vostro impegno accademico e apostolico. Continui a vegliare benigna sul vostro lavoro! Da Lei imploriamo il dono della luce e della sapienza evangelica per penetrare nel Mistero di Dio. A Lei, Vergine Madre del Redentore, raccomandiamo ogni vostra attività di ricerca teologica, sociale, scientifica. A Lei affidiamo anche le fatiche e le attese, le preoccupazioni e le speranze di ogni famiglia.

Con questi pensieri e con questi voti imparto a voi, ai vostri collaboratori ed allievi, alle persone a voi care, una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1992-03-23 Data estesa: Lunedi 23 Marzo 1992

In occasione della ristrutturazione delle Circoscrizioni ecclesiastiche in Polonia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera apostolica al Cardinale Glemp, ai Vescovi, ai Sacerdoti e ai fedeli

Lettera alla Chiesa in Polonia, guidata dal Cardinale Jozef Glemp, Presidente della Conferenza e Primate della Polonia, in occasione della nuova ristrutturazione ecclesiastica


1. "Polonia cepit habere episcopum" - troviamo queste parole nei più antichi documenti, nell'anno 968. Due anni dopo che Mieszko, primo sovrano storico, della discendenza dei Piast, ricevette il Battesimo, la Polonia ebbe, per la prima volta, un vescovo. Si tratto, sicuramente, del vescovo missionario chiamato Jordan, con residenza probabilmente a Poznan. L'estensione del suo servizio episcopale segui di pari passo l'avanzare dell'evangelizzazione nel dominio dei Piast.

Per tale sviluppo fu decisivo l'anno 1000, dopo la morte di Sant'Adalberto nei pressi del Mare Baltico. Presso le reliquie del Martire si incontrarono il figlio di Mieszko, Boleslaw Chrobry, l'Imperatore Ottone III e gli inviati del Papa Silvestro II. Furono erette, allora, l'arcidiocesi di Gniezno e le diocesi di Krakow, Wroclaw e Kolobrzeg. Lo Stato dei Piast rimase legato alla nuova provincia ecclesiastica, metropoli di Gniezno, divenuta indipendente dalla vicina metropoli occidentale di Magdeburgo, e legata direttamente alla Sede Apostolica di Roma.

Il fatto che l'organizzazione gerarchica fondamentale della Chiesa in Polonia avvenisse relativamente presto dopo il Battesimo di Mieszko, testimonia che lo Stato dei Piast si sviluppava e si consolidava, entrando nell'ambito dell'Europa di quell'epoca.

Pertanto, così come fu importante per la Polonia il Millennio del Battesimo, così lo saranno anche il millennio del martirio di Sant'Adalberto e dell'erezione della prima organizzazione gerarchica della Chiesa sulla nostra terra.

Dobbiamo tener presente anche oggi quest'inizio storico, quando sui fondamenti di quella struttura si stanno effettuando nuovi cambiamenti connessi con l'Anno del Signore 1992.


2. Tali cambiamenti organicamente corrispondono all'appello di Cristo rivolto agli Apostoli dopo la Sua Resurrezione: "Andate dunque ed ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19).

Le parole pronunciate nel momento in cui Cristo ritornava al Padre, dopo il compimento della sua missione terrestre, hanno ricevuto la loro piena forza nel giorno di Pentecoste, per opera dello Spirito Santo. Dallo stesso Spirito gli Apostoli hanno ricevuto la luce ed il coraggio per annunciare il Vangelo. Nel giorno di Pentecoste si rivelo in Gerusalemme la Chiesa mandata a tutti i popoli, predicando in varie lingue: la Chiesa Universale, una nella pluralità di persone e di comunità, le quali, d'ora in poi, la costituiranno nella misura in cui la Buona Novella della salvezza raggiungerà nuove persone e nuovi popoli.

Il Concilio Vaticano II ha concentrato il suo magistero sulla verità della Chiesa, in tutte le sue dimensioni ed in tutti i suoi aspetti. Penetrando in questo magistero, troviamo un commento esaustivo della vita della Chiesa anche nella nostra storia di 1000 anni. Troviamo pure le fondamentali spiegazioni delle decisioni attualmente prese, in occasione della riorganizzazione della Chiesa in Polonia, nella vigilia del Terzo Millennio dopo Gesù Cristo. La nuova organizzazione ha per scopo il pieno adattamento della missione della Chiesa - cioè dell'evangelizzazione, concepita in senso integrale - alle condizioni ed alle necessità dei tempi nei quali viviamo e nei quali vivranno le successive generazioni della nostra terra, della nostra patria.


3. Il Concilio ricorda che "nei vescovi assistiti dai presbiteri, è presente in mezzo ai credenti il Signore Gesù Cristo" (cfr. LG 21). Vorrei accompagnare la riorganizzazione di cui parla la presente Lettera, con il fervido augurio per tutta la Chiesa in Polonia, che, con l'arricchimento del servizio episcopale, il Cristo Signore diventi ognor più presente nella società di tutta la nostra Patria, nelle sue varie componenti. Che questa presenza salvatrice di Cristo susciti nuove energie in tutto il Popolo di Dio, unisca ancora di più il servizio sacerdotale e la vita religiosa con la vocazione laicale in tutti gli stati di vita e in tutte le professioni! "La Chiesa è in Cristo come un sacramento, cioè come un segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" - insegna il Vaticano II (ibidem, LG 1). Faccio voti che il sacramento della Chiesa si realizzi ognor più, "affinché tutti gli uomini, oggi più strettamente uniti da vari vincoli sociali, tecnici e culturali, possano anche conseguire una piena unità in Cristo" (ibidem, LG 1).

Conformemente alla tradizione della nostra storia, pongo questa decisione - insieme con Voi, Figli e Figlie della stessa Patria - nelle mani della Signora di Jasna Gora, Regina della Polonia e Madre della Chiesa. così come fu presente fra gli Apostoli nel giorno di Pentecoste, nel momento della nascita della Chiesa, Essa sia presente anche nella Chiesa in Polonia nelle ulteriori tappe del suo pellegrinaggio attraverso la nostra terra, diretto alla Casa del Padre.

Dato a Roma, presso San Pietro, nella festa dell'Annunciazione del Signore, il 25 marzo 1992.

Data: 1992-03-25 Data estesa: Mercoledi 25 Marzo 1992






Visita "ad limina" dei Presuli della Gran Bretagna provenienti dalla provincia ecclesiastica di Liverpool - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La scuola cattolica dimostra che educare non significa formare persone solo economicamente produttive




1. Sono molto lieto di accogliervi oggi, Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Liverpool, in occasione della vostra visita ad limina. La fonte della mia gioia nell'incontrarvi è il ministero apostolico che condividiamo e il pensiero della profonda vita cristiana e della grande vitalità delle Chiese che voi presiedete.

Vi saluto con le parole di San Paolo: "grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2). Come San Paolo condivideva con i fratelli di Filippi una "cooperazione alla diffusione del Vangelo" (Ph 1,5), così noi, successori degli Apostoli, siamo uniti nella meravigliosa chiamata e nella consacrazione, offertaci dal Signore, ad essere servitori della Buona Novella di salvezza. Con gratitudine nei confronti dell'Arcivescovo Worlock per le sue gentili parole e per i sentimenti che egli ha espresso da parte vostra, vi assicuro che vi ricordo ogni giorno nelle mie preghiere e nella mia preoccupazione per la Chiesa.


2. La settimana scorsa, ho condiviso con i Vescovi delle Provincie Ecclesiastiche di Westminster, Southwark e Birmingham, alcune riflessioni sulle varie sfide che state affrontando nel vostro ministero episcopale. In particolar modo, mi sono soffermato sulla necessità della comunità cattolica di rafforzarsi nella fede e di comprendere più chiaramente le implicazioni di quella fede, in modo da "rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15). E non si tratta soltanto di "rispondere", ma di dimostrare la piena verità e il pieno potere del messaggio evangelico della salvezza in Cristo ad una società che ha bisogno di illuminazione e di incoraggiamento. Questa mattina desidero soffermarmi su un aspetto particolare di quella sfida, poiché riguarda la vostra responsabilità di essere maestri ed educatori nella fede.

In questo grande compito siete sostenuti dalla speciale consacrazione ricevuta dallo Spirito Santo al momento della vostra ordinazione episcopale. Con il medesimo aiuto dello Spirito Santo, nel corso dei secoli, i vostri predecessori hanno fondato una tradizione ecclesiale giustamente celebre per i grandi e santi Vescovi che sono stati insigni maestri del popolo inglese. Allo stesso modo, lo Spirito Santo si è prodigato nella vostra nazione attraverso le opere degli innumerevoli sacerdoti, religiosi e fedeli laici che hanno costruito un'identità cattolica, che non deve essere perduta o sminuita, poiché riflette una fedeltà essenziale alla comunione apostolica ed universale, che ha la sua guida tangibile nel Successore di Pietro (cfr. LG 18). Uno sviluppo concreto di questo vigore ecclesiale è il sistema delle scuole e dei collegi cattolici nelle vostre Chiese locali, attraverso i quali esercitate, in parte, le vostre responsabilità di tutori della fede, incaricati di trasmettere ciò che voi stessi avete ricevuto (cfr. 1Co 15,3).


3. Quando, in una precedente occasione, ho parlato ai membri della vostra Conferenza Episcopale, delle scuole cattoliche (cfr. Discorso ai Vescovi della Provincia di Westminster, 29 febbraio 1988), molti di voi erano in procinto di riorganizzarle. Apportare le modifiche necessarie per assicurare che le vostre scuole continuino a dare il loro essenziale contributo al bene comune del Popolo di Dio, era un compito che richiedeva uno sforzo cauto e diligente. Questo continua ad impegnarvi come genitori, insegnanti e autorità scolastiche, in scelte difficili e riforme esigenti. Ciò che è essenziale è che non ci dovrebbe essere una mancanza di impegno o di generosità. Questo è ancora più importante, perché, in Gran Bretagna, voi e i vostri confratelli Vescovi avete affidato alle scuole un ruolo significativo nell'educare i bambini e gli adolescenti nella fede.


4. Nella nostra epoca, caratterizzata com'è da una certa confusione sulla natura e sullo scopo dell'educazione - una confusione che, in modo abbastanza logico, deriva da opinioni contrastanti sulla persona umana e sul significato e sullo scopo finale della vita - è indispensabile esprimere con chiarezza gli obiettivi dell'educazione cattolica e, per i Vescovi, è indispensabile offrire una guida efficace nella ricerca della cooperazione fra tutti coloro che sono impegnati nel raggiungimento di quegli obiettivi.

Spiegando ai fedeli delle vostre Diocesi lo scopo dell'educazione cattolica, condividerete con loro parte delle molteplici ricchezze del Concilio Vaticano II. Non è necessario ripetere, in questa sede, tutto ciò che la Dichiarazione del Concilio sull'Educazione Cristiana afferma a questo proposito (cfr. GE 1-2). Essenzialmente, le scuole cattoliche devono mirare a guidare i loro studenti verso quella maturità umana e cristiana che permetterà loro di rispondere alla loro chiamata in seno alla Chiesa e di contribuire al bene comune della società. Preparare gli studenti a vivere una vita onesta in questo mondo e ad essere degni del Regno di Dio, di cui la Chiesa sulla terra costituisce "il germe e l'inizio" (LG 5), sono due aspetti di un singolo obiettivo: precisamente, aiutarli a conoscere, ad amare e a seguire Cristo, vero Dio e vero uomo che è la verità di Dio e la verità dell'uomo (Cfr. RH 8).


5. E' appropriato parlare di educazione religiosa come "il fulcro dell'essenziale corso di studi". L'educazione religiosa nelle scuole cattoliche riguarda l'educazione integrale degli allievi, sia attraverso la dimensione religiosa della scuola nel suo insieme che mediante il programma specifico degli studi religiosi che essa fornisce. Questa educazione religiosa è più ampia della catechesi, ma deve anche includere la catechesi, perché uno scopo principale della scuola cattolica dev'essere quello di trasmettere la fede. Il Vangelo è il centro vitale che deve animare e modellare tutto ciò che viene detto e fatto nella scuola. In un ambiente tale, gli allievi saranno in grado di trovare la vera ispirazione e la vera libertà che, da sole, li incoraggeranno ad incamminarsi, in piena sincerità, sulla via del servizio di Dio e del prossimo.

La catechesi, utilizzando l'esperienza degli studenti come punto di partenza, non può essere posta in opposizione alla trasmissione della tradizione dottrinale della Chiesa, poiché, come ho sottolineato in Catechesi tradendae, "nessuno può raggiungere la verità integrale con una semplice esperienza privata, cioè senza una spiegazione adeguata del messaggio di Cristo..." (CTR 22). Una proclamazione chiara e coraggiosa di Gesù Cristo come colui nel cui solo nome siamo salvati (cfr. Ac 4,12) è necessaria. Ciò non implica che gli allievi che non condividono la professione della fede cattolica non possono avere un posto nelle vostre scuole. I loro genitori li mandano a queste scuole conoscendo l'etica religiosa che verrà loro impartita e confidando nel rispetto dell'integrità della coscienza dei loro figli. Questo rispetto, comunque, non dovrebbe alterare la natura fondamentale dell' identità cattolica della scuola.


6. Desidero incoraggiarvi nei vostri sforzi per un riesame del materiale didattico religioso, allo scopo di assicurare che sia basato sui principi della vera catechesi. Come ha dimostrato ampiamente la consultazione dei Vescovi del mondo relativa al Catechismo Universale, esiste la necessità, fortemente sentita in seno alla Chiesa, di una catechesi che sia teologicamente sana e pedagogicamente appropriata, una catechesi che offrirà agli studenti una presentazione completa e sistematica della dottrina della Chiesa, così come insegna, in modo autentico, il suo Magistero, assicurando, al tempo stesso, che essi non saranno mai privati delle opportunità di fare propria questa eredità. Solo in questo modo gli studenti avranno quella educazione nella fede di cui hanno bisogno e che i loro genitori giustamente si aspettano. A questo proposito, confido nel fatto che il Catechismo Universale, pubblicato tra breve, sarà considerato un ulteriore dono dello Spirito Santo alla Chiesa, un'espressione concreta di quella grazia straordinaria che è stato il Concilio Vaticano II.

Quali Pastori, siete del tutto consapevoli che è il cuore e l'animo dell'insegnante ad animare ogni testo o programma religioso. E' l'insegnante che trasforma la sillaba da una lettera morta ad una esperienza viva dell'insegnamento della fede. Grande è la responsabilità degli educatori religiosi nelle classi cattoliche e in ogni altra situazione che riguardi l'educazione! Ringraziando Dio per la competenza e per l'impegno delle migliaia di insegnanti che fanno delle vostre scuole quei centri educativi eccezionali quali esse sono, sapete che dovete avere degli insegnanti il cui cuore e il cui animo siano plasmati dallo Spirito di Cristo, degli insegnanti che pensino con la mente della Chiesa, che amino e si prendano cura dei loro allievi come membri del gregge di Cristo.


7. A quanti chiedono la continuazione di un distinto sistema scolastico cattolico, i cattolici inglesi non devono mancare di rispondere con argomenti chiari e fondati, in modo da elevare il livello del dibattito sull'educazione, spiegare il punto di vista cattolico e perseverare nel mantenimento delle vostre scuole quale parte dell'esercizio della libertà religiosa. Mentre il costo per il mantenimento di queste scuole è elevato, bisogna riconoscere che esse offrono un incommensurabile servizio al bene comune. In esse, gli studenti imparano a valutare le questioni della nazione e del mondo alla luce di quella regola morale che è il fondamento della pace civile. Viene loro insegnato che, nello svolgimento dei propri ruoli in seno alla società, essi dovrebbero agire in modo corretto, temperato e coraggioso. La scuola cattolica è testimone della verità che l'educazione autentica cerca di fare di più che di infondere, semplicemente, la conoscenza, o di educare le persone ad adempiere ad un compito economicamente produttivo. Tutta l'educazione degna di questo nome cerca di generare come se fosse una persona vera e completa, una persona in cui la levatura morale non è meno sviluppata delle abilità teoretiche e produttive.


8. Cari confratelli Vescovi, con questi pensieri ho desiderato essere vicino a voi nel vostro ministero nei confronti del Popolo di Dio. Desidero anche ringraziare voi e il vostro clero, i religiosi e i fedeli laici, per il vostro zelante servizio di Cristo e della Sua Chiesa. Nel corso dei secoli, la Chiesa nel vostro paese è stata arricchita di numerose grazie divine, non ultimo è l'esempio dei molti martiri che, con la potenza dello Spirito Santo, hanno vissuto fino in fondo il mistero della Pasqua di Cristo. Ora, non meno che in passato, il richiamo alla santità dev'essere la principale preoccupazione di tutti i membri della Chiesa. E' la testimonianza di obbedienza al Padre celeste, ricolma di amore evangelico, che parla nella maniera più efficace ad un mondo bisognoso della riconciliazione con Dio e della pace fra gli uomini e fra le nazioni.

La Chiesa in Inghilterra può, a ragione, vantarsi di essere "la dote di Maria". Con le preghiere di Nostra Signora della Redenzione possano tutti i cattolici del vostro Paese continuare a "sostenere la fede cattolica, a rimanere devoti alla Benedetta Vergine Maria e obbedienti a Pietro" (Collect, Ricordo di Nostra Signora della Redenzione). A voi tutti e a quanti sono affidati alla vostra cura pastorale imparto la mia Benedizione Apostolica a testimonianza della grande forza e dell'immenso amore di Dio.

Data: 1992-03-26 Data estesa: Giovedi 26 Marzo 1992

Visita pastorale: ai religiosi e ai seminaristi del Collegio Spagnolo di San José per il 100° della fondazione - Roma

Titolo: Gesù Buon Pastore è il modello di amore e di servizio della vostra missione sacerdotale nella Santa Chiesa di Dio

"Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Jn 17,11).

Cari confratelli nell'Episcopato, amatissimi sacerdoti, seminaristi, fratelli e sorelle.


1. Sono venuto oggi per condividere e celebrare con immensa gioia, insieme a tutti voi e a quanti si sono uniti in spirito a questo avvenimento, il Primo Centenario del Pontificio Collegio Spagnolo di San Giuseppe, fondato a Roma dal Beato Manuel Domingo y Sol, all'epoca del mio venerato predecessore Leone XIII.

Le parole di Gesù nella sua preghiera sacerdotale, che abbiamo appena ascoltato, ci introducono alla preghiera comunitaria di questa solenne Liturgia della Parola. Come gli Apostoli riuniti nel Cenacolo con Maria, anche noi ci siamo riuniti qui, sotto lo sguardo protettore di nostra Madre, la Madonna della Clemenza, per elevare la nostra fervida azione di ringraziamento a Dio Padre per i tanti benefici che ha concesso al Collegio in questi cento anni di formazione e vita sacerdotale.

Innanzitutto, desidero salutare cordialmente i Patroni del Collegio, i signori Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e gli ex-alunni giunti dalla Spagna per partecipare a questa celebrazione giubilare. Sono felice di salutare e di esprimere anche la mia viva riconoscenza alla Confraternita di Sacerdoti Operai Diocesani del Sacro Cuore di Gesù che, seguendo le linee direttive del loro Fondatore, il Beato Domingo y Sol, si sono dedicati instancabilmente alla formazione e all'accompagnamento di tutti i seminaristi e i sacerdoti che sono passati da questo Centro. Saluto inoltre tutti i presenti e, in particolare, voi, attuali alunni, che rappresentate tanti sacerdoti delle diocesi spagnole che durante questo lungo periodo di tempo si sono arricchite dell'accurata formazione sacerdotale ed intellettuale presso la Sede di Pietro. Desidero rivolgere un saluto affettuoso alle religiose e al personale ausiliario che con la loro opera costante e silenziosa, collaborano a rendere più accogliente la vita quotidiana di questa casa.


2. Le letture bibliche appena proclamate ci avvicinano a quella trilogia che ha ispirato i lavori dell'ottava Assemblea del Sinodo dei Vescovi, sulla formazione dei sacerdoti nell'attuale congiuntura: sacerdoti, servitori di una Chiesa che è mistero, comunione, missione.

Nella preghiera sacerdotale di Gesù troviamo il fondamento di questa trilogia. Infatti, il sacerdote è partecipe del medesimo essere e della medesima missione di Gesù: "Consacrali nella verità. La tua parola è verità. Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo" (Jn 17,17-18).

Siate pastori nel nome del Signore Gesù! Nella prima lettura, Ezechiele, dopo aver profetizzato contro i cattivi pastori, espone le qualità del Buon Pastore, che è il Signore stesso. Ebbene, la Parola di Dio vi incoraggia oggi ed ogni giorno ad essere pastori come Gesù e a sentirvi felici di esserlo. Non mettete mai in dubbio la vostra identità né dimenticate la presenza consolatrice di Cristo che vi accompagna sempre nel vostro ministero.

Pastori, innanzitutto, in nome del Signore Gesù: nessuno può essere pastore nella Chiesa se non grazie a Lui, che è "il Buon Pastore" (Jn 10,11), il Pastore per antonomasia, dal quale tutti i pastori traggono la propria identità, il nome, le qualità e i modi di pascere. Solo nella misura in cui la vostra vita diventi, ogni giorno di più, riflesso della vita di Gesù, potrete essere veri pastori nella Chiesa.


3. Inoltre, la vocazione del Signore ad essere pastori del suo popolo trasforma la vostra vita e la configura pienamente e per sempre. Tutte le virtù proprie dell'ascetica cristiana devono essere in voi quelle del pastore, assumendo così un aspetto peculiare, che il Concilio Vaticano Secondo definisce come "ascetica propria del pastore d'anime" (PO 13). Dare la vita per il gregge (cfr. Jn 10,11) vuol dire che la nostra vita dev'essere segnata dalla totale dedizione al Popolo di Dio e che ormai non possedete più voi stessi, per il fatto di aver dedicato definitivamente il vostro essere all'eccelsa missione di pastori.

Pastori chiamati ad essere anche portatori dell'amore misericordioso del Buon Pastore. Con quali immagini espressive ce lo ricorda il profeta! Bisogna cercare instancabilmente le pecorelle smarrite, far ritornare quelle traviate, medicare quelle ferite, curare quelle malate, vegliare sulle forti (cfr. Ez 34,16). Essere portatori della misericordia vuol dire essere l'uomo del perdono e della riconciliazione, che proclama la costante conversione e non chiude mai la porta al debole, al peccatore; che è sempre disponibile ad aprire le braccia al figliuol prodigo che torna alla casa del Padre (cfr. Lc 15,20).

In questo nostro mondo, tanto esposto a tentazioni che allontanano l'uomo dal mistero di Dio, il sacerdote, come buon pastore, dev'essere trasparenza del volto misericordioso di Gesù, l'unico che salva; deve mostrare agli uomini che Dio li ama infinitamente e sempre li attende. E voi, nella missione pastorale, dovrete riflettere questi stessi sentimenti, in maniera tale che vi facciano apparire realmente quali uomini della misericordia di Gesù.


4. Siate pastori nell'unità del presbiterio! Nella seconda lettura, l'Apostolo Paolo ci esorta a vivere intensamente la comunione. Da qui scaturisce il costante appello ad essere pastori in una Chiesa-comunione, in una diocesi-comunione, in un presbiterio-comunione.

Dovete essere pastori nell'unità con il vostro Vescovo e nella fraterna unità con lo stesso presbiterio. Il vostro ministero può avere un senso soltanto nel vincolo ontologico e sacramentale del vostro sacerdozio con il Vescovo e i vostri fratelli sacerdoti. "Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte" (1Co 12,27). Come ho già detto alla chiusura del Sinodo Episcopale sulla formazione dei sacerdoti, la dottrina conciliare sul Presbiterio "esorta i vescovi e i sacerdoti a vivere questa realtà che è fonte di una ricca spiritualità e di una feconda azione pastorale" (27 ottobre 1990).

Ognuno deve porre al servizio del proprio ministero ogni sforzo, le sue stesse qualità, il suo stile, diventando sempre fermento di unità e di pace all'interno del popolo di Dio, ma, principalmente, all'interno del presbiterio.

Quante volte le piccole differenze portano a rotture e allontanamenti, creando sproporzionate divisioni, senza ragione che basti per sacrificare il dono dell'unità e della pace! Ognuno di voi, insieme al suo Vescovo, dev'essere servitore dell'unità tra tutte le vocazioni, i ministeri e i carismi. E deve essere anche, con il Vescovo e sotto la sua autorità, garante e custode di questa eredità apostolica.


5. Gli anni di permanenza a Roma vi consentono di avere indubbiamente una particolare esperienza di Chiesa universale, non soltanto perché siete vicini al Successore di Pietro, ma anche per i diversi contatti con Pastori delle Chiese particolari e con altri ecclesiastici di differenti paesi e continenti, il che esprime palesemente l'essenziale unità e la comunione della nostra fede secondo l'eredità e la "testimonianza" ricevuta dagli Apostoli Pietro e Paolo (cfr. LG 18 LG 23). Inoltre, il periodo di formazione a Roma è per ognuno di voi occasione di convivenza interecclesiale e di interscambio culturale, non soltanto con i compagni di altre diocesi spagnole, ma anche con studenti che provengono da tutte le parti del mondo.

Tutta questa ricchezza di esperienze, cari sacerdoti e seminaristi, deve aiutarvi ad arricchire solidamente la virtù dell'equilibrio a livello personale, dottrinale ed ecclesiale, tanto necessaria nel ministero pastorale. Il pastore che si lasciasse incautamente portare da qualsiasi idea nuova, soltanto per il mero fatto che lo è, correrebbe il grave rischio di esporre il suo gregge al "pasto d'ogni bestia selvatica" (Ez 34,8), come dice il profeta, e il suo pascere sarebbe motivo di confusione dottrinale, disorientando il Popolo di Dio.


6. Vivete la comunione e la missione ecclesiastica a partire dal mistero della Trinità! Il mistero ci avvicina alla profondità di Dio Amore, manifestata in Gesù Cristo. La preghiera sacerdotale di Gesù, trasmessa dal Vangelo di Giovanni, ci lascia intravvedere oggi questa stessa profondità. La missione che Gesù vuole condividere con noi ha la sua origine in questo mistero di Dio Amore. Per questo, la comunione di ogni sacerdote con il Vescovo e il presbiterio diocesano dev'essere immagine del mistero di amore tra il Padre il Figlio e lo Spirito Santo, per costruire in questo modo la comunità ecclesiale ed umana secondo il mandato dell'amore.

La missione e la vita in comunione del pastore deve poggiare sempre sul mistero dell'unità trinitaria di Dio: "perché siano una cosa sola, come noi" (Jn 17,11). Gesù ci invia, allo stesso modo in cui Lui venne inviato dal Padre: "Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo" (Jn 17,18). Per questo, nell'amore infinito di Dio noi abbiamo il modello di come deve essere la nostra dedizione nel sacerdozio: "li hai amati come hai amato me" (Jn 17,23), ci dice Gesù nella preghiera sacerdotale. Da questa forza dell'amore tra il Padre e il Figlio, che si riversa in noi per lo Spirito (cfr. Rm 5,5), nascono la nostra missione e la nostra comunione, da essa nasce il bisogno di essere portatori dell'amore di Dio nel mondo, nasce la gioia ineffabile per il dono di essere sacerdoti. Sentirsi amati da Dio in Cristo è, quindi, il fondamento della nostra dedizione generosa alla missione apostolica.

L'amore ha portato Gesù a donarsi in oblazione per noi: "per loro io consacro me stesso" (Jn 17,19). Anche noi, come Gesù e con Lui, diamo la vita per le nostre pecorelle (cfr. Jn 10,11). Per questo, la carità pastorale del sacerdote, espressa nella povertà, nell'obbedienza e nella castità, è come un segno sacramentale dell'amore del Buon Pastore per le sue pecorelle.

Nel contemplare il mistero dell'amore di Dio, si capisce allora chiaramente come deve essere la nostra vita di dedizione e di sacrificio, e, al tempo stesso, si capisce l'esigenza di imitare Gesù Cristo, il Buon Pastore e il Maestro dei Pastori.


7. Nell'esporvi la figura del Buon Pastore, che deve incarnarsi nella vita sacerdotale di ognuno di voi, ho avuto presenti al mio cuore e nel mio ricordo tante figure di santi sacerdoti che vi hanno preceduti; in modo particolare, San Giovanni d'Avila, Patrono del clero laico spagnolo e il Beato Manuel Domingo y Sol, Fondatore di questo benemerito Collegio di San Giuseppe.

Possa questo Centenario offrirvi una nuova occasione per approfondire e rendere vostre le insondabili ricchezze del sacerdozio! Questo sarebbe, senza alcun dubbio, uno dei migliori frutti di questa felice celebrazione.

Prima di concludere questo incontro, desidero invocare su tutti ed ognuno di voi, sulle vostre Chiese particolari nella amata Spagna e sulle vostre famiglie, la protezione di Maria, che invocate quale Madonna della Clemenza, la cui immagine "Mater Clementissima", che per tanti decenni ha presieduto il Collegio a Palazzo Altemps, continua adesso ad accompagnare la vita sacerdotale degli alunni dell'attuale sede del Collegio. Possa Essa, Madre dei discepoli di Gesù, la Vergine del Cenacolo e Regina degli Apostoli, portarvi alla pienezza dello Spirito perché renda molto fecondo il vostro ministero sacerdotale, al servizio della Chiesa come ministero, comunione e missione.

"Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi"! (Jn 17,11).

Amen.

Data: 1992-03-28 Data estesa: Sabato 28 Marzo 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Nell'anno del V centenario dell'inizio dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo - Città del Vaticano (Roma)