GPII 1992 Insegnamenti - Udienza: ai partecipanti alla XXXV Conferenza annuale della "Canon Law Society of Great Britain and Ireland" - Città del Vaticano (Roma)


1. Sono lieto di porgere il benvenuto in Vaticano ai membri della Canon Law Society of Great Britain and Ireland in occasione della vostra Trentacinquesima Conferenza Annuale. Quest'anno avete voluto tenere il vostro incontro a Roma per esprimere la vostra vicinanza alla Sede di Pietro, consapevoli come siete della natura eminentemente ecclesiale dei vari servizi che offrite nel vostro lavoro di canonisti. Vi saluto tutti nel Signore con affetto, e vi ringrazio per i vostri sforzi generosi e illuminati di servire la Chiesa attraverso lo studio e l'applicazione della sua legge.

Nei trentacinque anni dalla sua fondazione, la vostra Società ha cercato di promuovere lo studio del Diritto Canonico sia nei suoi aspetti teorici che nelle sue applicazioni pratiche. Mettendo la vostra dottrina e la vostra esperienza pastorale al servizio del popolo di Dio, avete contribuito grandemente al rinnovamento della vita ecclesiale auspicato dal Concilio Vaticano Secondo, e in particolare alla revisione del Codice di Diritto Canonico. Vi siete anche preoccupati di rendere più accessibile la legge della Chiesa attraverso la pubblicazione di una traduzione del Codice del 1983 e la pubblicazione di un commento ad uso degli studiosi, dei ministri parrocchiali, dei membri degli Istituti Religiosi e dei laici interessati.


2. Tra gli aspetti più significativi del rinnovamento del Diritto Canonico nel periodo successivo al Concilio, c'è stata una crescente preoccupazione che la lettera e lo spirito della legislazione canonica riflettano ancor più pienamente la peculiare natura della Chiesa quale sacramento di unione con Dio e di unità di tutto il genere umano (cfr. LG 1). Il Concilio, nel ricordare che Cristo ha stabilito la Chiesa come società visibile, ha insistito sul fatto che la realtà di questa società terrena, dotata di strutture gerarchiche, non possa essere separata dalla sua realtà quale comunità spirituale e celeste di fede, speranza e amore: il Corpo Mistico di Cristo (cfr. LG 8). Poiché la struttura sociale della Chiesa è al servizio di un più profondo mistero di grazia e comunione, il Diritto Canonico - proprio in quanto legge della Chiesa, ius Ecclesiae - deve essere visto come unico nei propri mezzi e nei propri fini. La tradizione canonica naturalmente è ben consapevole della natura peculiare della disciplina legale della Chiesa, come risulta evidente dalla storia di istituzioni quali la dispensa e il diritto consuetudinario canonico, e lo sviluppo del concetto di "equità canonica". Tuttavia, come dimostra la storia della vostra scienza, la teoria e la pratica canonica hanno sempre bisogno di essere ispirate da una sana comprensione ecclesiologica, ed è necessario impegnarsi costantemente per evitare ogni indebito adattamento delle norme e delle strutture ecclesiali all'ethos prevalente della società civile. Oggi come in passato i canonisti devono affrontare la sfida di non perdere mai di vista il mistero di grazia e verità che il loro lavoro deve servire e promuovere.

Solo alla luce di una sana valutazione del mistero della Chiesa, il Diritto Canonico diverrà, come deve essere, uno strumento efficace per il continuo rinnovamento della vita ecclesiale. Fecondi periodi di rinnovamento nella Chiesa sono stati spesso accompagnati dal desiderio di recuperare l'autentica disciplina della tradizione cattolica, così come è stata custodita e trasmessa nei "sacri canoni". La conoscenza dei risultati della lunga esperienza della Chiesa nell'adattare le proprie leggi alle mutevoli necessità del popolo di Dio, è infatti un indispensabile punto di riferimento per gli sforzi che essa compie al fine di venire incontro alle sfide del tempo presente con saggezza e prudenza.

Oggi in particolare si avverte la necessità di un'equilibrata valutazione della costante dialettica nella vita della Chiesa tra la guida infallibile dello Spirito Santo e le esigenze della fedeltà alla Legge della Nuova Alleanza e di una più profonda comprensione dell'obiettivo sociale di quei "diversi doni gerarchici e carismatici" (LG 4), che lo Spirito ha concesso alla Chiesa. Quali canonisti, la vostra comprensione di queste tensioni creative all'interno del Corpo di Cristo può contribuire non solo alla sviluppo di una sana riflessione ecclesiologica, ma anche, in modo essenzialmente pratico, al buon funzionamento delle diverse strutture che consentono ai fedeli di rispondere fedelmente alla loro vocazione soprannaturale e di partecipare pienamente alla missione della Chiesa.




3. Negli ultimi anni, gran parte del lavoro della vostra Società è stato dedicato alla corretta interpretazione e all'applicazione delle norme contenute nel Codice di Diritto Canonico del 1983.

Come ho osservato al tempo della sua promulgazione, il nuovo Codice, in un certo senso, rappresenta un grande sforzo per tradurre la dottrina ecclesiologica del Concilio Vaticano Secondo in termini canonici, e di conseguenza le sue norme vanno sempre viste in relazione con l'immagine della Chiesa descritta dal Concilio (cfr. Costituzione Apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983). La sfida posta dal compito di interpretare correttamente la legislazione contenuta nel Codice esige una disponibilità a fare spesso riferimento ai documenti in cui l'insegnamento del Concilio è esposto autorevolmente, in modo da comprendere più profondamente tale dottrina e da eliminare qualsiasi interpretazione falsa o unilaterale che possa sorgere. Il lavoro di interpretazione deve essere sempre governato dai principi esposti nello stesso Codice, in armonia con la tradizione canonica (cfr. CIC 6 §2), che attribuisce una decisiva importanza al "significato proprio delle parole considerato nel testo e nel contesto" (CIC 17), inteso in vista della ratio legis e in relazione alle intenzioni del legislatore. Infine la vostra preoccupazione di una fedele interpretazione del Codice è al servizio della Chiesa in quanto contribuisce a una migliore comprensione del Concilio stesso, e quindi a una più efficace applicazione del suo insegnamento.

L'opera di interpretazione esige per sua natura una solida conoscenza della storia della dottrina canonica, soprattutto riguardo all'evoluzione della corrispondente giurisprudenza. Coloro ai quali è stata affidata l'applicazione della legge della Chiesa dovranno senza dubbio aver familiarità con le diverse disposizioni della legge positiva, ma dovranno anche essere in grado di apprezzare la ricca tradizione su cui si è evoluta la legge attuale. E' inoltre essenziale che comprendano chiaramente la materia e i metodi propri del Diritto Canonico, per poter in tal modo valutare l'importanza, come pure i limiti, delle osservazioni tratte da altre scienze che ad essa si rapportano. Sono grato per la sollecitudine che la vostra Società ha mostrato nei confronti di un'adeguata formazione dei futuri canonisti e della promozione dell'interesse degli studiosi verso la legge: queste preoccupazioni rappresentano un aspetto importante del vostro servizio alla Chiesa.


4. Cari amici, siete impegnati in un servizio che per sua natura è fondamentalmente pastorale, in quanto cerca di rafforzare i legami di comunione nella Chiesa attraverso la fedeltà al Vangelo e la promozione della giustizia.

Molto spesso, in questo compito delicato e importante, siete chiamati ad essere araldi della "parola di riconciliazione" (2Co 5,19) e a portare conforto e speranza in fragili situazioni di debolezza umana e di peccato. Ovunque svolgiate il vostro lavoro - nelle aule scolastiche, negli uffici e nei tribunali - ricordate sempre la natura eminentemente pastorale di tutta la legge ecclesiale che, mentre non deroga mai dalle esigenze della verità, ha come obiettivo finale la salvezza delle anime (cfr. CIC 1752). Prego affinché il vostro lavoro a favore del popolo di Dio attraverso la fedele applicazione del Diritto Canonico, serva sempre a costruire la Comunione del Corpo di Cristo nella fede, nella speranza e nell'amore, e contribuisca ancor più efficacemente alla proclamazione del Vangelo e della sua verità salvifica agli uomini e alle donne del nostro tempo.

Con questi sentimenti affido tutti voi all'amorevole intercessione di Maria, Specchio della Giustizia, e vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica come pegno di gioia e pace duratura in Gesù Cristo suo Figlio.

Data: 1992-05-22 Data estesa: Venerdi 22 Maggio 1992

L'incontro con gli impreditori, con i lavoratori e con la cittadinanza - Nola

Titolo: La rassegnazione è più grave di qualsiasi degrado Reagite con coraggio e costruite la speranza

Egregio Signor Sindaco di Nola e Sindaci degli altri 45 Comuni della diocesi, Imprenditori, lavoratrici e lavoratori!


1. Con gioia saluto in voi tutto il popolo di questa Chiesa locale, così numerosa da costituire la seconda Comunità cristiana della Regione, preceduta soltanto, per numero di abitanti, dall'Arcidiocesi di Napoli. Rivolgo un particolare pensiero a voi, uomini e donne del mondo del lavoro, imprenditori ed operai, convenuti in questo grosso centro commerciale in rappresentanza di tutti i settori della vostra attività: dall'agricoltura all'industria, dal commercio ai vari servizi pubblici e privati. Vi sono grato per la cordiale accoglienza. Sono grato al Signor Sindaco e ai Rappresentanti degli imprenditori e dei lavoratori, che hanno voluto non soltanto esprimermi il benvenuto da parte di tutti voi, ma anche descrivermi la non facile realtà di questa terra, che pur ricca di storia, di risorse e di potenzialità, è angustiata da gravi problemi.


2. Non a caso la mia visita ha preso avvio proprio dal mondo del lavoro. Se è vero infatti - come ho scritto nell'Enciclica Laborem exercens - che il "lavoro è una delle chiavi, e forse la chiave essenziale di tutta la questione sociale" (LE 3), è proprio nel mondo del lavoro, che anche voi potete trovare il punto di partenza per risolvere le problematiche sociali della vostra terra. Desidero, perciò, esprimervi la mia profonda simpatia e la sincera condivisione dei vostri progetti di sviluppo solidale e attento ad ogni aspetto della situazione. Mi sento vicino a quanti vivono il dramma della disoccupazione o sono minacciati dalla precarietà del lavoro. Penso ai giovani in attesa del primo impiego ed a coloro che si trovano in situazioni di marginalità o di sfruttamento; penso agli emigrati costretti a lasciare la propria terra per cercare lontano risorse più consistenti per le loro famiglie; agli immigrati che vengono qui con la speranza di essere aiutati dalla vostra ospitalità e dal vostro concreto spirito di condivisione. Ai poveri, dunque, ai più poveri tra i poveri, vada anzitutto il mio saluto. Ed è facendomi loro voce che mi rivolgo a quanti si adoperano seriamente, nelle pubbliche strutture e nell'ambito dell'imprenditoria privata, per creare nuovi posti di lavoro e promuovere un equilibrato sviluppo socio-economico dell'intera Regione. A tutti giunga il mio incoraggiamento più convinto e cordiale.


3. Il Signor Sindaco mi ha chiesto una parola che sia di stimolo e di orientamento per quanti sono alacremente impegnati nel promuovere la ripresa economica di questo vostro territorio. Il messaggio che quest'oggi lascio a tutti voi, come segno del mio affetto e a ricordo della mia visita, è lo stesso che ho avuto modo di ripetere in altre Città di questo meraviglioso Mezzogiorno d'Italia: la speranza! Costruire la speranza! Più grave del pur grave degrado economico e sociale è la rassegnazione. Guai a lasciarsi andare dinanzi ai fattori della disgregazione sociale che tanto vi danno pensiero! Guai a considerare irreversibile il processo di scadimento di quei valori, che sono stati e debbono tuttora costituire la ricchezza spirituale della vostra gente. Bisogna reagire con coraggio. In realtà, anche in quest'area del Sud d'Italia, non è mancato nei passati decenni un certo sviluppo economico. Ma, come è stato opportunamente sottolineato dai Vescovi italiani, tale sviluppo si è realizzato in modo incompiuto, frammentario, dipendente e spesso distorto (cfr. C.E.I., Sviluppo nella solidarietà. Chiesa italiana e Mezzogiorno, 1989, nn. 8-14). E' cresciuto il benessere materiale, ma non sempre sono state rispettate le vocazioni storiche di questa terra. I grandi valori tradizionali, vero patrimonio spirituale, non hanno retto di fronte al cambiamento sociale e alle spinte del progresso tecnico e industriale. Lo sviluppo risulta così fortemente segnato da preoccupanti fenomeni degenerativi, che vanno denunciati con fermezza. Fortunatamente ci sono nel vostro popolo meravigliose energie di intelligenza, di onestà, di laboriosità, di solidarietà. So che è forte in voi la voglia di realizzare una società più equa e solidale. E sono lieto di constatare che, non solo nella preparazione immediata di questa Visita, ma già in risposta al mio invito ad "organizzare la speranza", lanciato nella visita a Napoli del novembre 1990, la vostra Chiesa di Nola si è adoperata - attraverso alcune sue benemerite istituzioni e con molteplici strumenti catechetici e pastorali - per contribuire in maniera efficace al rinnovamento della politica e alla promozione della moralità nella vita sociale.

Sono qui tra voi quest'oggi per esprimervi il mio plauso ed il mio incoraggiamento. Siate in ogni circostanza esempi limpidi di coerenza personale e di rispetto della legalità. Oggi più che mai, infatti, è necessario che quanti si onorano di appartenere a Cristo e alla sua Chiesa offrano una credibile testimonianza della loro fede in tutta la loro esistenza.

Carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Nola, per poter svolgere in maniera adeguata i vostri compiti nell'attuale società vi è richiesto di non separare mai il vostro cuore dal Vangelo. Il Vangelo, voi lo sapete bene, è una notizia vivente e coinvolgente, anzi, è una persona: la persona di Gesù, il Redentore dell'uomo, il Signore della storia. E' lui la grande e bella notizia detta da Dio all'uomo. Egli non è solo la rivelazione di Dio all'uomo, ma anche la rivelazione dell'uomo a se stesso. "Nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo" (GS 22).


4. Che cosa è dunque il lavoro alla luce della fede in Cristo, "verità" dell'uomo? Il significato e la dignità del lavoro umano vanno cercati primariamente nel soggetto che lo realizza: nell'uomo, creato ad immagine di Dio, redento da Cristo, e chiamato a dominare la terra come collaboratore del Creatore. Il lavoro attinge così la sua dignità dal coinvolgimento dell'uomo nel disegno divino. Da questo principio, che va oggi proclamato con rinnovato vigore, derivano alcune precise istanze etiche, quali l'illiceità della riduzione del lavoro a merce, ed il diritto di ogni uomo al lavoro e alla giusta retribuzione. Dopo il fallimento storico del comunismo, si crea ai nostri giorni il rischio di cedere a una sorta di idolatria del mercato (cfr. CA 40), che, se dovesse affermarsi a livello nazionale ed internazionale, porterebbe a conseguenze nefaste per i più poveri. Urge riaffermare le esigenze della giustizia, che nessuna regola di mercato può conculcare. Lo stesso diritto di proprietà privata dev'essere ordinato al principio della destinazione universale dei beni, divenendo sempre di più, in un contesto di libertà sociale, non solo garanzia di autonomia privata ma anche strumento di solidarietà (cfr. CA 30).


5. In tale orizzonte, si comprende anche l'importanza dell'iniziativa imprenditoriale, che, se assunta e svolta in conformità alle esigenze etiche, è non solo fonte di ricchezza e di lavoro, ma anche fattore di autentica promozione sociale e culturale. Analogamente va riaffermato il valore dell'azione dei sindacati, a condizione che essi rimangano fedeli al loro compito di rappresentanza e di difesa dei diritti della giustizia, senza indulgere a chiusure corporative, senza cedere alla tentazione della corruzione e dell'abuso di potere, senza abbandonarsi a forme di lotta intemperanti e irrispettose del bene comune.

Urge infine ribadire, nella stessa organizzazione del lavoro, l'esigenza che le aziende diventino "comunità" di persone (cfr. CA 35), in cui i lavoratori dipendenti non siano solo esecutori materiali, ma si sentano in qualche modo personalmente partecipi del processo produttivo e protagonisti dei servizi da loro resi alla società. Responsabilità e solidarietà: ecco due condizioni indispensabili, che tra loro si richiamano nel processo di umanizzazione dei rapporti lavorativi. Responsabilità nell'adempiere ai propri obblighi contrattuali e occupazionali. Solidarietà nel costruire un modello di sviluppo sempre rispettoso della dignità umana e delle esigenze del bene comune. Si tratta, insomma, di affermare, a tutti i livelli e in tutti i ruoli, il primato dell'uomo, il primato dell'etica, il primato dell'amore.


6. Non è questa per voi, per ciascuno di voi, carissimi fratelli e sorelle, una grande sfida? Si, tutti insieme siete chiamati a costruire la speranza.

Costruitela, innanzitutto voi, cari giovani. Di fronte alle difficoltà del vostro ambiente e all'incertezza che grava sul vostro futuro, non cedete allo scoraggiamento; resistete alle lusinghe del consumismo che prospetta una vita facile basata sull'avere. Siate persone di forte tempra, che non schivano le fatiche e il sacrificio. Ci sono in voi enormi potenzialità: il vostro entusiasmo, la vostra creatività, il vostro impegno. Mettete le risorse della vostra giovinezza a disposizione del bene. Voi, imprenditori, operatori economici, responsabili dei servizi, abbiate chiaro e forte il senso della vostra vocazione.

Siete chiamati a servire al bene di tutti ricercando con le vostre risorse, oltre che il legittimo profitto, anche e soprattutto la solidale crescita della vostra comunità di lavoro. Sia vostra cura contribuire alla gioia e alla realizzazione piena di quanti, prima di essere vostri "dipendenti", sono vostri fratelli. Mi rivolgo a voi, lavoratori. Grazie alla vostra laboriosità, all'attaccamento alla famiglia e alla vostra occupazione, alla saldezza dei vostri principi etici e spirituali, voi potete contribuire in grande misura all'autentico progresso di questo territorio. Siatene coscienti e portate avanti con coerenza la vostra missione. A quanti svolgono funzioni pubbliche e sono responsabili dell'assetto complessivo della società, vorrei rinnovare l'invito a operare in ogni circostanza per il vero bene dei fratelli. Occorre riportare la politica all'altezza della sua missione. Nei nostri tempi di rapidi mutamenti sociali si avverte questa urgenza che concerne in primo luogo gli uomini "politici", ma esige l'impegno di tutti, specie di quanti si richiamano agli ideali evangelici.

Dinanzi all'ampiezza dei compiti da realizzare, di fronte alla serietà dei problemi da affrontare ci si può sentir presi da trepidazione e forse anche da scoraggiamento. Carissimi, non abbiate paura delle difficoltà che potete incontrare sul vostro cammino. Accanto ai nostri passi incerti, c'è sempre il passo del Risorto, che cammina con noi. Cristo, solamente Cristo, è il fondamento incrollabile della nostra speranza! E nel suo nome tutti vi benedico di cuore!

Data: 1992-05-23 Data estesa: Sabato 23 Maggio 1992

L'omelia durante la concelebrazione della Messa presieduta in Piazza d'Armi - Nola

Titolo: Per resistere alle insidiose minacce del tempo si impone una nuova, profonda evangelizzazione




1. "Questo Gesù, che è stato tra voi assunto fino al cielo, tornerà..." (Ac 1,11).

Le parole, che gli Apostoli hanno modo di ascoltare dopo la dipartita di Cristo verso il Padre, costituiscono una conferma di ciò che Egli stesso aveva loro preannunciato la vigilia della sua passione e morte. Nel Cenacolo aveva detto: "Vado e tornero a voi" (Jn 14,28), riferendosi alla sua partenza e all'inizio del suo ritorno, del nuovo ritorno. Il racconto di Giovanni relativo al colloquio con cui Cristo si congeda dai suoi discepoli, s'incentra totalmente sull'annuncio: "Vado e tornero".


2. Ogni anno la Chiesa rivive, nel tempo liturgico della Pasqua, i quaranta giorni trascorsi da Gesù, dopo la risurrezione, con i suoi discepoli sulla terra. Quando ci si avvicina al quarantesimo giorno, cioè all'Ascensione, si rifanno presenti tutte le circostanze della sua partenza. Nella liturgia odierna ci è dato di ascoltare il suo ultimo colloquio con i discepoli. Gli interlocutori - secondo la loro mentalità - lo interrogano circa i tempi della ricostituzione del regno di Israele, ma Cristo risponde mettendo in risalto un'altra prospettiva, la prospettiva del regno di Dio, del regno del Padre. Si esprime così: "Avrete la forza dello Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8).


3. Nella prospettiva del Regno di Dio, ciò che è più vicino ed importante è proprio questo: lo "Spirito Santo scenderà su di voi". Di li a poco gli Apostoli avrebbero sperimentato il compimento di tale promessa. Dal giorno di Pentecoste - prima loro stessi e poi i fedeli di tutta la Chiesa, di generazione in generazione - hanno vissuto e continuano a vivere il compimento della promessa del Redentore.

La Chiesa sa che nella discesa dello Spirito-Paraclito è Cristo stesso che viene.

E' con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo (Mt 28,20). Perché nella storia dell'umanità si possa realizzare il Regno di Dio è necessaria la potenza di Dio: una "potenza che viene dall'alto" (cfr. Ac 1,5). Non bastano le forze umane: non basta l'intelligenza, né la volontà, né qualsiasi umana abilità o capacità.

Solo nella potenza dello Spirito di Verità possiamo essere testimoni di Cristo.

Solo nella potenza dello Spirito di verità possiamo essere Chiesa.


4. Ci troviamo oggi sul luogo in cui, nei tempi antichi, ha vissuto un singolare testimone di Gesù Cristo, San Paolino di Nola - vescovo e confessore, venuto in questa vostra terra dalla sua patria lontana. Anche in lui si è manifestata la stessa potenza dello Spirito Santo, che gli Apostoli hanno ricevuto nel giorno della Pentecoste. Con lui ricordo l'altro vostro Santo Patrono, San Felice; e ancora l'insigne teologo e grande assertore dell'Immacolata Concezione di Maria Giovanni Duns Scoto, particolarmente venerato nella vostra Città.

Carissimi fratelli e sorelle! Facendo memoria di questi illustri testimoni della fede cristiana, che con la loro vita hanno tracciato una scia luminosa di fedeltà al Vangelo in questa vostra Regione, io vi saluto tutti con affetto. Sono lieto di poter celebrare quest'oggi l'Eucaristia con la vostra Comunità diocesana, spiritualmente raccolta attorno all'altare del Signore, realizzando una significativa manifestazione di comunione e di unità.

Saluto il Pastore della vostra Diocesi, Mons. Umberto Tramma, i Cardinali Giordano e Ursi, come pure tutti i Vescovi della Campania. Saluto inoltre i Presbiteri, stretti collaboratori del Vescovo nel ministero pastorale; i Religiosi e le Religiose, che lo Spirito Santo chiama a peculiari forme di vita consacrata; i laici, dedicati alle attività della catechesi, del servizio liturgico e della carità. A ciascuno rivolgo il mio grato pensiero, invocando la potenza rinnovatrice dello Spirito Paraclito. Lo invoco specialmente su voi, ammalati e sofferenti, che vedo qui in prima fila: voi completate ciò che manca ai patimenti di Cristo nella vostra carne a vantaggio del suo corpo, che è la Chiesa (cfr. Col 1,24). L'ardore soprannaturale dello Spirito Santo faccia di tutti voi coraggiosi araldi della Verità, che libera l'uomo da ogni schiavitù e lo rende capace di consacrare l'intera esistenza alla costruzione del Regno.


5. La liturgia, soprattutto in questo tempo pasquale ci invita a perseverare nella preghiera, come gli Apostoli insieme a Maria nel Cenacolo. Ci ricordano gli Atti degli Apostoli che i discepoli, tornati dal monte degli Ulivi, rimasero concordi nella preghiera per i giorni successivi, fino alla Pentecoste. A tale preghiera prese parte - insieme ad alcune donne e ai "fratelli" del Signore - anche la Madre di Gesù, che fu così presente alla nascita della Chiesa. Una volta Gesù aveva detto: "Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8,21), riferendosi a sua Madre - colei che gli aveva dato la vita umana nella notte di Betlemme - e colei che, insieme ai suoi fratelli e sorelle, era rimasta in preghiera, perché la Chiesa potesse nascere e rivelarsi al mondo.


6. Anche la vostra Diocesi sente viva la celeste ed orante presenza della Vergine Madre del Signore ed è grande la devozione che ad essa vi unisce. Quest'affetto spirituale, permeante i vostri spiriti, nasce - ne sono certo - da una fede sincera e dalla consapevolezza del ruolo che Maria ha nel piano della salvezza. A lei voi guardate come al Modello del vostro itinerario cristiano personale e comunitario. Ella fu attenta ascoltatrice della parola di Dio, accolta e meditata nel suo cuore e voi ben sapete che è dall'ascolto di questa sublime parola che nasce e si nutre costantemente la vera fede. Maria, attraverso l'"oscurità" degli eventi che si trovo a vivere, credette sempre, pur non sempre comprendendo; fu la prima ad attuare quella "obbedienza della fede", in cui s'esprime il giusto atteggiamento dell'uomo davanti a Dio che si rivela, e divenne così modello della Chiesa e del cristiano. E' da questa fede, dall'accoglienza cioè della Parola di Dio costantemente ricercata e meditata, che acquistano senso e valore gli atti di culto e gli stessi Sacramenti. Quando la fede non è sufficientemente nutrita dalla Parola di Dio, quando vi è contraddizione tra ciò in cui si crede e ciò per cui si vive, i credenti perdono la capacità di incidere nella società. Viene meno, allora, il coraggio di reagire al degrado che logora il tessuto civile, sociale e morale; ci si lascia prendere dalla rassegnazione e dalla frustrazione; i giovani rischiano di divenire indifferenti ed estranei agli eventi religiosi, sociali e politici, rifugiandosi, ahimé non di rado, nell'ingannevole "paradiso" della droga.


7. Per resistere a così insidiose minacce si impone una nuova evangelizzazione, una profonda catechesi diretta a tutti, particolarmente agli adulti, perché è da loro, dai genitori in primo luogo, che i piccoli devono imparare a credere ed a vivere come veri cristiani. Come, infatti, l'esistenza dell'uomo comincia con la nascita e perviene gradualmente al suo pieno sviluppo attraverso l'infanzia, l'adolescenza, la giovinezza e l'età matura, così la vita soprannaturale inizia col Battesimo, si perfeziona con la Cresima, che rende capaci di porre atti soprannaturalmente maturi, e giunge al suo pieno sviluppo nella partecipazione alla Mensa eucaristica, alla quale ci si dispone, se necessario, mediante la previa purificazione della Penitenza. Ecco l'itinerario cristiano. Itinerario di santità e di fedeltà, cammino di perfezione proposto ad ogni credente. Penso, in questo momento, soprattutto a voi giovani di questa Diocesi. Voi conoscete per diretta esperienza i molti problemi che angustiano l'animo giovanile; vi è ben nota la sete di Dio, che abita il cuore di tanti vostri coetanei, anche se è nascosta a volte dietro atteggiamenti di indifferenza o addirittura di ostilità.

Non accontentatevi di una fede languida e piatta. Non abbiate paura di essere generosi con Gesù Cristo. Se lui vi chiama, non è per togliere qualcosa alla vostra giovinezza, ma per arricchirla di ideali per i quali lottare, di traguardi a cui tendere, di vittorie da conseguire. Il pacato rimprovero che gli angeli rivolsero agli Apostoli il giorno dell'Ascensione: "Uomini di Galilea, perché indugiate a guardare in aria?" (Ac 1,11) somiglia tanto all'altro richiamo contenuto nella parabola degli operai della vigna: "Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi?" (Mt 20,6). Come nella parabola, anche nella realtà segue l'invito pressante rivolto ai credenti in tutte le ore della storia, e quindi anche nel nostro "oggi": "Andate anche voi nella mia vigna" (Mt 20,7).


8. Il Signore ci assicura: "Vado e tornero tra voi". E in questo tempo - tempo della Chiesa - dobbiamo vegliare e pregare; costruire un mondo a dimensione dell'uomo e guardare verso il cielo attendendo il ritorno di Cristo. Sia benedetto l'uomo che, come il vostro santo Vescovo Paolino di Nola, rimane in attesa del ritorno del Signore.

Siano benedetti quanti "ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8,21): sono questi i veri fratelli e sorelle di Cristo, perché partecipano alla fede della Madre di Dio. Amen!

Data: 1992-05-23 Data estesa: Sabato 23 Maggio 1992

A sacerdoti, religiosi e religiose incontrati in Cattedrale - Nola

Titolo: Senza abbracciare malintesi pluralismi i sacerdoti vivano una vita di relazione con Dio e con i fedeli

Carissimi fratelli e sorelle,


1. Dopo l'incontro col Popolo di Dio nel suo insieme, ci voleva questa sosta "in disparte, in un luogo solitario" (Mc 6,31) e raccolto come questa cattedrale, per un colloquio più immediato con voi, che costituite la parte eletta della Chiesa di Nola e che portate in modo più diretto la responsabilità dell'annuncio evangelico fra le difficoltà di ogni giorno. A tutti porgo il mio cordiale saluto, con un particolare pensiero per il vostro Vescovo, il caro Mons. Umberto Tramma, che ringrazio per l'indirizzo rivoltomi e per la fiducia con cui, a nome di tutti, ha espresso l'attesa di una parola d'orientamento e di sostegno. Non v'è dubbio che il lavoro pastorale nel mondo di oggi è difficile, non sempre gratificato da tangibili risultati, a volte perfino dispersivo e frustrante. E tale risulta, in particolare, per il sacerdote. "I questi anni più recenti - ho scritto nell'Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis - l'attenzione si è spostata dal problema dell'identità del prete ai problemi connessi... con la qualità di vita dei sacerdoti... I sacerdoti già inseriti da un tempo più o meno lungo nell'esercizio del ministero, sembrano oggi soffrire di eccessiva dispersione nelle sempre crescenti attività pastorali" (PDV 3). Quali rimedi suggerire nei confronti di simili difficoltà? Per rispondere a queste nuove sfide che concernono il ministero dei presbiteri, occorre partire dalla riflessione su ciò che il sacerdote è per sua natura.


2. E' stato giustamente affermato che il costitutivo formale del presbitero diocesano è la ministerialità. Con una diversa e più completa visuale, nella citata Esortazione Apostolica ho scritto che l'identità del presbitero ha una connotazione essenzialmente relazionale. Si tratta di una molteplice e ricca trama di rapporti, che sgorgano dalla SS. Trinità e si prolungano nella comunione col Vescovo e con gli altri presbiteri nella Chiesa, segno e strumento, in Cristo, dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano (cfr. PDV 12). Ne scaturisce, come conseguenza inevitabile, che il servizio a favore del popolo non può essere efficace, anzi diventa sterile per gli altri e causa di inaridimento per gli stessi presbiteri, se è solo relazione con i fedeli e non anche, anzi ancora prima, relazione col Signore: "Segno e presupposto dell'autenticità e della fecondità di questa missione è l'unità degli apostoli con Gesù e, in Lui, con il Padre, come testimonia la preghiera sacerdotale del Signore, sintesi della sua missione" (Mc 14). Ciò vale anche per coloro che gli apostoli ed i loro successori, i Vescovi, scelsero come primi collaboratori, i presbiteri, cioè, che hanno "come relazione fondamentale, quella con Gesù Cristo Capo e Pastore" (PDV 16). Vi esorto, pertanto, a nutrire sempre più il vostro ministero della viva e personale amicizia e compagnia con il Cristo. Un'attività pastorale intensa ed insonne, un totale impegno nella cose da fare, le omelie, le catechesi, gli incontri, le celebrazioni e quanto altro può riempire la giornata del sacerdote è fatalmente destinato a restare mera agitazione umana, se non viene animato dall'essenziale "filo diretto" con Dio nell'ascolto della sua parola, nella meditazione e riflessione prolungata nella preghiera incessante e fiduciosa. Sia, poi, vostra cura di alimentare, grazie ad un costante aggiornamento, la vostra cultura teologica, sempre necessaria, ma oggi più che mai "di fronte alla sfida della nuova evangelizzazione alla quale il Signore chiama alle soglie del terzo millennio" (Mc 51). Non si tratta, certo, di seguire ogni moda né di abbracciare un malinteso pluralismo, bensi di attingere alle fonti della rivelazione e al ricco patrimonio dottrinale della Chiesa - sotto la guida del Magistero e con l'aiuto di teologi seri, il pensiero va spontaneamente al grande Giovanni Duns Scoto, al quale è dedicato un altare in questo tempio - per trovare quelle risposte e quegli orientamenti pastorali e spirituali che gli uomini del nostro tempo attendono dal sacerdote.


3. Distinguetevi nella comunione e nella stretta collaborazione con il vostro Pastore. La relazionalità col Vescovo, come ben sapete, non si fonda tanto sulle esigenze di una miglior funzionalità organizzativa, quanto piuttosto sul legame ontologico derivante dal fatto che i presbiteri hanno origine dai Vescovi, successori degli Apostoli, istituiti da Gesù stesso: "Mediante il sacerdozio dei Vescovi, infatti, il sacerdozio di secondo ordine è incorporato nella struttura apostolica della Chiesa" (Mc 16). Ugualmente essenziale è la relazionalità fraterna con tutto il presbiterio: "Il ministero ordinato, in forza della sua stessa natura, può essere adempiuto solo in quanto il presbitero è unito con Cristo mediante l'inserimento sacramentale nell'Ordine presbiterale e quindi in quanto è nella comunione gerarchica con il proprio Vescovo. Il ministero ordinato ha una radicale forma comunitaria e può essere assolto solo come un'opera collettiva" (Mc 17). Questi principi teologici raramente vengono contestati sul piano teorico, ma rischiano di restare vane affermazioni, se non diventano un reale stile di vita quotidiana. So che voi già vi sforzate di camminare in tale direzione e vorrei invitarvi a crescere nell'unità e nella comunione non lasciando spazio alcuno ad un malinteso spirito di emulazione, che diventa facilmente contrapposizione e rischia di creare scandalo e disorientamento tra i fedeli.


4. Siate uomini di Dio! Coltivate la spiritualità propria del sacerdote diocesano.

Il Concilio Vaticano II ne ha messo in evidenza i caratteri originali: la consacrazione come impegno evangelico di santità; la diocesanità come valore spirituale; la missione pastorale frutto della consacrazione; la koinonia a tutti i livelli: col pontefice, col proprio Vescovo unito a tutto il collegio episcopale presieduto dal Papa, col presbiterio, con i diaconi, con i laici; il ministero come fonte di santificazione; l'ascesi che, in buona parte, si alimenta dello stesso ministero. Quanto ricca risulta, pertanto, tale vostra specifica spiritualità! Ciò non esclude, com'è ovvio, che essa possa essere ulteriormente arricchita da apporti provenienti da movimenti, associazioni od altri "carismi" suscitati dallo Spirito nella Chiesa. Tuttavia, se il presbitero diocesano può cercare in essi un prezioso aiuto per il proprio cammino vocazionale, mai deve lasciarsi limitare dai confini di una particolare esperienza ecclesiale. Egli è il sacerdote di tutti, il pastore aperto ad ogni nascere e fiorire di vita cristiana ed ecclesiale, in atteggiamento di totale servizio della Chiesa locale e universale. Ed è con tale spirito che deve guidare la porzione di popolo cristiano affidato alle sue cure pastorali, educando i fedeli alla comunione e alla collaborazione. Quale "assessore" del Vescovo - secondo l'espressione di Origene (Comm. Ct 2 Homil. Ezech. X, 1.), il sacerdote opererà tra i movimenti e le associazioni in modo da favorire l'unità intorno al Vescovo, si che ciascuno di essi possa concorrere alla crescita della Chiesa "secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri" (1P 4,10).


5. Alla crescita della comunione del Popolo di Dio contribuite, in modo singolare, anche a voi, Religiosi e Religiose, che rappresentate un "dono speciale per tutta la Chiesa" (LG 43, CIC 575). Voi offrite alla società una visibile testimonianzadell'insondabile mistero del Cristo e della totale donazione a Lui. Con le vostre scelte di vita voi dimostrate che il mondo non può essere trasfigurato e offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini (cfr. LG 31). Sappiate vivere tutto ciò con gioia e coerenza! Il miglior servizio che potete rendere alla Chiesa è, pertanto, la testimonianza della ricchezza dei doni e dei carismi, che lo Spirito Santo non cessa di distribuire in misura sovrabbondante alla comunità ecclesiale. Questi carismi sono da impiegare per l'edificazione e lo sviluppo dell'unico Corpo di Cristo, nella consonanza armoniosa delle diversità e nella cooperazione cordiale e generosa. Nella società odierna, dilaniata da lotte e rivalità non di rado drammatiche e sconvolgenti, divisa da contrapposti egoismi, dove persino i principi più nobili vengono presi a pretesto di preoccupanti conflitti, voi siete chiamati a testimoniare la ricerca sincera ed operosa dell'unità di quel mirabile organismo che è la Chiesa, composta di membra diverse, tutte protese al bene comune. Questa fedele testimonianza sarà un sicuro richiamo per altre anime generose a seguire i vostri stessi passi. Vi aiuti in questa vostra missione, cari Sacerdoti, cari Religiosi e Religiose, la Madre del Signore, Madre vigile della Chiesa e dell'intera comunità.

Interceda per voi San Paolino, Vescovo e asceta, consacrato al culto di Dio, alla perfezione della comunità monastica e al servizio del popolo diocesano, nella costante prospettiva della glorificazione dell'Altissimo.

Con tali sentimenti tutti di gran cuore vi benedico.

Data: 1992-05-23 Data estesa: Sabato 23 Maggio 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Udienza: ai partecipanti alla XXXV Conferenza annuale della "Canon Law Society of Great Britain and Ireland" - Città del Vaticano (Roma)