GPII 1992 Insegnamenti - Ai Presuli della Conferenza Episcopale della Bulgaria in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)


1. La mia gioia è grande nell'accogliervi e salutarvi "in osculo pacis", nella sede e presso la tomba di San Pietro, la tomba di San Paolo, l'Apostolo delle nazioni, sui luoghi dove tanti martiri dei primi secoli hanno donato la loro vita.

Ho ascoltato con emozione le parole di Mons. Stratiev, Presidente della Conferenza Episcopale bulgara: lo ringrazio per la sua testimonianza. Per quarantotto anni avete conosciuto grandi sofferenze, con i sacerdoti e i fedeli della Chiesa cattolica bulgara. E' la prima volta che venite, in qualità di Conferenza Episcopale, nella casa del successore di Pietro per esprimere la vostra fedeltà e la vostra comunione. In virtù del vostro attaccamento alla Chiesa cattolica avete coraggiosamente sopportato dure persecuzioni nel corso degli ultimi decenni. Il primo periodo di difficoltà e di isolamento è cominciato in realtà fin dal 1944, quando un regime ateo ha preso il potere. Avete assistito ad un tentativo di progressiva distruzione della Chiesa e della fede: sono state confiscate le scuole della Chiesa, le istituzioni caritative, i monasteri dei religiosi e delle religiose; nel 1948 questi ultimi si sono visti proibire qualsiasi attività e i religiosi stranieri hanno dovuto lasciare il paese. E' stata una perdita immensa per la vivacità della vita spirituale e delle opere di carità.


2. Ma nel 1952 è arrivato il vero e proprio calvario, quando molti laici e la maggior parte dei sacerdoti sono stati imprigionati. Con emozione e anche con riconoscenza, vorrei ricordare qui i Pastori che, martiri della fede, furono condannati a morte e giustiziati nella notte fra l'11 e il 12 novembre 1952: Eugenio Bossilkov, Vescovo di Nicopoli, e tre Padri Assunzionisti, Kamène Vitchev, provinciale e superiore del seminario, Pavel Djidjov, economo del seminario, e Josaphat Chichkov, parroco della chiesa cattolica di Varna. Il vescovo di Plovdiv, Ivan Romanov, condannato a dodici anni di carcere, è morto in prigione. Sento di nuovo oggi il dovere di rendere omaggio alla memoria di questi testimoni della fede e di unire al loro ricordo quello di numerosi sacerdoti, religiosi e laici che hanno sopportato torture e sofferenze in prigione o nei campi di concentramento. Hanno veramente vissuto nella totalità le parole dell'Apostolo delle nazioni: "ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e tra le prove... Non ritengo tuttavia la mia vita meritevole di nulla, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di rendere testimonianza al messaggio della grazia di Dio" (Ac 20,19-24). Nel rivolgermi a voi, il mio pensiero colmo di ammirazione e di gratitudine va ai numerosi credenti che hanno conservato la fede durante la loro lunghissima prova, e che hanno dimostrato, spesso pagando con la propria vita la loro fedeltà a Cristo, alla sua Chiesa e alla sua Sede apostolica.


3. Gli avvenimenti importanti che in questi ultimi anni hanno caratterizzato l'Europa centrale e orientale hanno aperto nuove strade alla Chiesa nel vostro paese. In un periodo delicato e difficile di cambiamenti nella società, possibilità inaspettate di apostolato si offrono adesso alla comunità dei credenti. Comincia una nuova fase per la vita della Chiesa mentre, resi forti dall'esperienza di un passato drammatico, vi accingete a ricostruire le strutture delle vostre diocesi. Ci si può augurare che i vostri contatti con le Autorità governative permettano di giungere a soluzioni giuste per i problemi riguardanti la presenza della Chiesa cattolica nella società e in particolare per i beni di cui è stata privata. Avete di fronte, dunque, un compito immenso e difficile.

Dovete approntare le strutture materiali necessarie per una vita pastorale attiva e ben organizzata, e quelle che contribuiscono a edificare il tempio vivente costituito dalla comunità dei credenti, soprattutto grazie all'elaborazione di un programma pastorale comune affinché le vostre voci si rivolgano all'unisono ai fedeli e alla società. In particolare, saluto gli sforzi che portate avanti per garantire e promuovere la catechesi dei giovani e degli adulti e vi esorto a proseguire questo lavoro che non mancherà di essere fecondo. L'unità fra voi, vivificata dall'ascolto della Parola di Dio e dalla partecipazione all'unica Eucaristia, "sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità" (Vaticano II, SC 47), vi sosterrà nell'affrontare i problemi che si presentaranno e per dare nuovo impulso alla vostra attività pastorale. Lo Spirito Santo compie ancora oggi le meraviglie della Pentecoste. Nuovi frutti di giustizia e di santità matureranno nelle vostre comunità ecclesiali.

Che la vostra sollecitudine per il gregge che vi è stato affidato e i vostri sforzi per diffondere e affermare le primizie del Regno di Dio si ispirino sempre al comandamento che il Signore ha lasciato ai suoi discepoli durante l'ultima Cena: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35)! Alla luce del comandamento dell'amore, venerati fratelli nell'episcopato, siate apostoli intrepidi della verità e artefici di una comunità fraterna, restando all'ascolto di Colui che vi ha consacrati (cfr. Is 61,1), per testimoniare con misericordia la benevolenza divina verso di voi.

D'altra parte, le condizioni attuali vi consentono di perseguire il dialogo ecumenico con i vostri fratelli delle altre tradizioni cristiane. Dobbiamo rispondere alla preghiera di Cristo alla vigilia della sua morte: "perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che mi hai mandato" (Jn 17,23).


4. Con costante sollecitudine siate dei padri per i vostri sacerdoti, i vostri primi e più preziosi collaboratori nella vigna del Signore. Che il farvi carico dei futuri ministri sia la vostra preoccupazione primaria. Non dimenticate che ogni vocazione deve essere coltivata con devozione e anche a costo di sacrifici, senza trascurare alcun aspetto della formazione umana, intellettuale, pastorale e spirituale.

Gli Istituti religiosi sono un dono della Provvidenza per le vostre diocesi: spetta a voi discernerne i carismi e sostenerne la testimonianza evangelica con tutti i mezzi disponibili.

Senza il contributo dei fedeli e il sostegno della famiglia cristiana, la Chiesa non potrebbe giungere alla sua piena vitalità. Ecco perché vi invito a prendere la Famiglia di Nazareth come modello nella vostra attività missionaria.

Che il vostro programma pastorale ponga al centro delle preoccupazioni ciò che fa crescere l'unità e l'amore della famiglia: il rispetto e la difesa della vita rifiutando pratiche quali il divorzio e l'aborto che la disgregano e la distruggono, l'educazione dei figli come primo dovere dei genitori e lo sviluppo della vita spirituale. Mi auguro che, per l'insieme delle vostre iniziative pastorali, riceviate gli appoggi spirituali e materiali che vi sono necessari, in virtù della solidarietà delle Chiese particolari del continente che si è così chiramente manifestata in occasione della recente Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Europa.


5. Il vostro compito è una sfida missionaria: preparare la Chiesa del terzo millennio riprendendo l'iniziativa dell'evangelizzazione attraverso uno sforzo raddoppiato. Lo Spirito del Redentore, che vi ha guidato fin qui, non vi abbandonerà in questa nuova tappa della vostra storia. La vostra visita ad limina sottolinea felicemente la vostra unione con il Vescovo di Roma e la vostra appartenenza al Collegio episcopale: che sia per voi un sostegno! Vorrei chiedervi di trasmettere il mio affettuoso incoraggiamento a tutti i servitori del Vangelo delle vostre diocesi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai laici che si assumono delle responsabilità e garantiscono numerosi servizi alla comunità, così come a tutti i fedeli. Che i Santi Cirillo e Metodio, particolarmente venerati dalla nazione bulgara da molti secoli, ottengano per voi da Dio che il Vangelo fiorisca di nuovo su questa terra dove essi l'hanno seminato! Affido alla Santissima Vergine Maria, Madre della Chiesa, i progetti, le speranze e le difficoltà del momento attuale. Le affido la vostra patria: possa la Bulgaria conoscere la primavera cui aspira e un autentico progresso morale e sociale, sotto la protezione della celeste Theotokos! In questa prospettiva, invoco la Benedizione del Signore su di voi, sui sacerdoti, i religiosi, le religiose e i fedeli della nazione bulgara che mi è tanto cara.

Data: 1992-06-01 Data estesa: Lunedi 1 Giugno 1992




Durante la cerimonia di benevenuto nel Salone Ministeriale dell'aeroporto di "4 de Fevereiro" - Luanda (Angola)

Titolo: Possa l'Angola realizzare il suo destino di Paese libero e fraterno

Eccellentissimo Signor Presidente, Amati fratelli nell'Episcopato, illustri Autorità civili e militari, Cari Angolani:


1. Con immensa gioia e profonda riconoscenza verso Dio ho appena baciato il suolo della vostra Nazione, alla quale tante volte, in questi anni di pontificato, è volato il mio pensiero, in un misto di ansia e di fiducia. Con amicizia solidale ho seguito le varie tappe che hanno segnato il calvario della costruzione della vostra libertà e identità come popolo di fratelli su questa terra. Adesso Dio mi ha concesso di venire qui da voi, pellegrino dell'amore e della speranza. Porto con me una Buona Novella di riconciliazione e di pace per questo amato popolo, a nome del quale Vostra Eccellenza ha voluto darmi il benvenuto. Voglia accettare la mia più viva gratitudine per la sua presenza, per le deferenti parole che mi ha rivolto e anche per il rinnovato invito a visitare il Paese. Alle numerose autorità presenti, così come ai membri del Corpo Diplomatico venuti gentilmente ad accogliermi, rivolgo il mio ringraziamento per questo gesto di cortesia e auguro i maggiori successi nella nobile missione affidata loro.


2. Rivolgo ora un saluto particolarmente affettuoso e grato ai miei fratelli nell'Episcopato, che mi hanno invitato, in particolare al Signor Cardinale Alexandre do Nascimento, Presidente della Conferenza Episcopale dell'Angola e di Sao Tomé. Saluto tutte le vostre diocesi: i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e i laici cristiani. Siete la Chiesa di Dio che è andata seminando la Buona Novella di Gesù Cristo, lungo solchi sempre più profondi, nella storia e nel carattere di questo popolo. Sono felice di incontrare questa Chiesa sempre giovane - ma il cui seme viene da lontano - proprio al momento della chiusura del giubileo della Salvezza di Cristo. Sono venuto per incoraggiarvi nei vostri sforzi, a portare nuova speranza alla vostra speranza, e ad aiutarvi a discernere il cammino per il futuro.


3. Signor Presidente, il nome dell'Angola evoca ormai a livello mondiale un popolo ansioso di libertà e impegnato nella costruzione della sua identità storica. Mi congratulo con voi per il cammino coraggiosamente intrapreso. Mi riferisco al consolidamento dell'Angola come Stato di diritto, basato sui valori e sui principi della vita, della giustizia sociale e del rispetto reciproco. Il Paese sta vivendo momenti cruciali per la corretta definizione del suo futuro. Che nessuno si scoraggi di fronte alle inevitabili difficoltà. Esorto tutti e ognuno di voi, in particolare i responsabili dei destini della Nazione, ad impegnarsi sempre di più sulla via della solidarietà, per un crescente aiuto vicendevole e una reciproca accettazione di tutti gli angolani! Sono certo che i principi cristiani potranno infondere quella speranza e quel dinamismo nuovo che permetteranno al paese di occupare il posto che gli spetta nel concerto delle Nazioni. La Chiesa, nel portare avanti la missione che le è propria, non cessa di riaffermare la sua vocazione di servizio alle grandi cause dell'uomo: essa continuerà ad essere memoria viva della dignità della persona e dei suoi valori spirituali, e coraggioso richiamo alla creazione e al consolidamento dei rapporti fraterni, fondati sul dialogo e l'aiuto reciproco.


4. Al momento del mio arrivo, estendo il mio abbraccio caloroso e pieno di speranza a tutto il popolo angolano: a tutti giunga il mio cordiale saluto, un omaggio nel segno di rispetto e di affetto, di ammirazione e di apprezzamento per i valori della vostra storia e cultura. Sarebbe mio desiderio entrare in ognuna delle vostre case, salutare ogni uomo e ogni donna, accarezzare ogni bambino nei cui occhi si riflettono l'innocenza e l'amore. Ma questo non è possibile! Siate certi, comunque, che mi sento vicino ad ognuno di voi e che vi terro tutti presenti nella mia preghiera, soprattutto quelli che soffrono per una morte, perché sono orfani, quelli che soffrono la fame o per l'incertezza del futuro.

Cari Angolani, che la fede in Dio vi aiuti a superare tutti gli ostacoli e diventi un incentivo ad andare avanti nella pace e nell'armonia, gli uni con gli altri e con tutti i popoli, nell'amore e nel servizio al vostro meraviglioso paese.

Angola, vengo da te con sentimento di amicizia, di rispetto e di fiducia: possa tu realizzare il tuo destino di Paese libero e fraterno! Il Dio del cielo posi il suo sguardo benigno su tutti i tuoi figli e rafforzi in te la fratellanza e il benessere umano.

Dio benedica l'Angola! Preservi Egli la sua libertà nella verità e nell'unità!

Data: 1992-06-04 Data estesa: Giovedi 4 Giugno 1992

Durante l'incontro con sacerdoti, religiose ed altri operatori della pastorale nella chiesa "Sagrada Familia" - Luanda (Angola)

Titolo: La nuova evangelizzazione è nelle vostre mani Rispettate l'anima culturale di questi popoli

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,


1. Grande è la mia gioia perché i passi del mio pellegrinaggio per le vie dell'Angola hanno felicemente inizio con questo incontro con voi, che rappresentate una parte scelta e qualificata della Chiesa che cresce in questa Nazione. Vi saluto cordialmente nell'amore di Gesù Cristo, cari sacerdoti, religiosi e suore, e gli altri agenti della pastorale; saluto voi qui presenti e quanti vedo in voi rappresentati.

Ringrazio il caro fratello Dom Pedro Luis Scarpa, Presidente della Commissione Episcopale per il Clero, per le cortesi parole di benvenuto, espresse a vostro nome. Vedo in voi i continuatori di quei primi evangelizzatori e di tanti altri missionari e missionarie, autoctoni e stranieri, che, nel corso di questi cinquecento anni, hanno gettato qui il seme della fede cristiana nel cuore di questo popolo, e hanno gettato, soprattutto da centocinquanta anni a questa parte, le solide fondamenta di una Chiesa forte e viva. Il ricordo di quegli uomini e di quelle donne dalla fede salda e dall'amore ardente ci richiama alla mente le parole del profeta Isaia: "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annunzia la pace, messaggero di bene che annunzia la salvezza" (Is 52,7). A tutti loro, uomini e donne di Dio, rendiamo oggi uno speciale omaggio. Gli sforzi di quanti vi hanno preceduto e le loro speranze di evangelizzazione sono ora nelle vostre mani. Come loro, siete stati inviati quali messaggeri di pace del nostro Salvatore, che è venuto proprio per "riconciliare a sé tutte le cose, riappacificando con il sangue della sua croce, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (Col 1,20). Voi siete gli araldi del Vangelo e gli artefici dell'unità in questa grande Nazione.


2. Come insegna il Concilio Vaticano II, "l'opera dell'impianto della Chiesa in un determinato raggruppamento umano raggiunge una mèta precisa, allorché la comunità dei fedeli, inserita ormai nella vita sociale e in qualche modo adeguata alla cultura locale, gode di una certa stabilità e solidità: fornita cioè di una sua schiera, anche se insufficiente, di sacerdoti, di religiosi e di laici del luogo" (AGD 19). Adesso la Chiesa in Angola sembra aver già raggiunto questo obiettivo con la grazia di Dio e con gli sforzi di molti missionari e missionarie, di sacerdoti nativi, e di molti e generosi catechisti. Lodiamo la Santissima Trinità per questa maturità cristiana, che dimostra la disponibilità della Chiesa locale ad una nuova epoca di crescita in Cristo. Questa nuova epoca di crescita è quella dell'inculturazione della Buona Novella cristiana e dell'evangelizzazione della cultura: in altre parole, fare si che il Vangelo affondi le proprie radici nella vita e nella cultura angolana, affinché si rinnovi la vita della società.


3. Per evangelizzare quindi una cultura, dobbiamo cominciare con l'evangelizzare il popolo che l'ha prodotta; infatti l'esperienza insegna che questa evangelizzazione non è realmente possibile, se il il Vangelo non risponde ai desideri profondi del popolo e se l'annuncio del messaggio non assume i concetti e i valori culturali che gli appartengono e che non siano in contraddizione con il Vangelo. In questo contesto, mi rivolgo ai missionari e alle missionarie che sono venuti da fuori - e che desidero che continuino ad essere amati in questa loro patria adottiva -, per ringraziarli e incoraggiarli, insieme ai consacrati angolani, ad uno sforzo sempre nuovo per conoscere e rispettare l'anima culturale di questo popolo, la sua lingua e le sue tradizioni, le sue qualità e i suoi valori, che sono caratterizzati dalla qualità del loro rapporto reciproco e con Dio. Ma, d'altra parte, il compito dell'inculturazione non può perdere di vista l'obiettivo di salvezza, a cui siete stati chiamati: mettere il popolo e i valori culturali a confronto col Vangelo, facendo appello alla conversione a Cristo, che divinizza l'umano e lo salva. Questo passa attraverso la testimonianza dell'evangelizzatore, che si deve "acculturare" prima nello spirito del Vangelo, attraverso un processo di contemplazione e di conversione personale, per poi poter innestare il Vangelo stesso, così com'è, senza riduzionismi, in una determinata cultura. In tal modo si potrà "evangelizzare in modo vitale, in profondità e fino alle radici" (EN 20), rendendo così possibile il discernimento di valori autentici, la loro purificazione, la trasformazione e l'elevazione attraverso la grazia di Gesù Cristo. In tal senso, vi esorto, cari fratelli e sorelle, a rendere una coraggiosa e luminosa testimonianza del Regno di Dio in tutta la sua grandezza, in queste amate terre africane. Quel giorno, poiché non sarete più voi a vivere, ma Cristo in voi (cfr. Ga 2,20), si potrà dire che Gesù Cristo è diventato realmente angolano, e allora avrete inculturato il Suo Vangelo in questa terra.


4. Un segno importante di questo momento evangelizzatore (kairos), che viene offerto alla Chiesa in Angola, è presente nel desiderio di formazione che si manifesta nei fedeli laici: essi esigono una comprensione più profonda della loro grazia battesimale e del loro ruolo nella Chiesa e nel mondo. Si dimostrano sempre più assetati della Parola di Dio e guardano alla dottrina spirituale, teologica e sociale della Chiesa, come alla luce della loro vita quotidiana. Mettendo alla prova la vostra autorità spirituale, si affidano al vostro insegnamento e al vostro consiglio, sperando di ricevere con chiarezza la risposta della Chiesa ai problemi personali e sociali che li affliggono e alle crescenti e complesse questioni che sorgono nella vita moderna. Dovete dare al popolo cattolico la formazione necessaria a garantire che la sua accettazione di Cristo, alimentata in seno alla Chiesa, diventi parte integrante della loro vita, senza abbandonarsi alla mediocrità o al compromesso. Occorre formare dei laici energici e responsabili, che riconoscano che la fede abbraccia tutti gli aspetti della vita, e che partecipino in modo consapevole alla missione della Chiesa in seno alla famiglia, nel lavoro, nella vita pubblica e sociale. Necessaria e utile a questa formazione, è una presentazione chiara e autentica della dottrina sociale della Chiesa, che rivendica il suo "carattere di applicazione della Parola di Dio alla vita degli uomini e della società così come alle realtà terrene, che ad esse si connettono, offrendo "principi di riflessione", "criteri di giudizio" e "direttrici di azione"" (SRS 8). Ispirati dai criteri e dai metodi del Vangelo, dovete mettervi al servizio dei fratelli per mostrar loro la carità di Cristo.


5. Mi rivolgo adesso, con affetto, ai miei fratelli sacerdoti, sia del clero diocesano che di quello religioso, a cui, insieme al loro Vescovo è affidata la cura delle comunità cristiane. La vostra vocazione sacerdotale rimarrà sempre giovane, sempre attuale, se si nutrirà costantemente della linfa sempre nuova della grazia di Dio; ecco perché la vostra risposta deve ringiovanirsi costantemente nel corso della vostra vita. "Per questo - prendendo le parole della Lettera a Timoteo - vi ricordo di ravvivare il dono di Dio che è in voi per l'imposizione delle mie mani" (cfr. 2Tm 1,6). Nella recente Esortazione Apostolica sulla formazione dei sacerdoti nelle circostanze attuali, viene esplicitamente riaffermata la determinazione della Chiesa a mantenere la legge del celibato per i suoi sacerdoti (cfr. PDV 29). Attraverso la consacrazione operata dallo Spirito nell'effusione sacramentale dell'Ordine, il sacerdote è in condizione di "amare la Chiesa universale e quella porzione di essa, che gli è affidata, con tutto lo slancio di uno sposo verso la sposa" (Ibidem, PDV 23). La Chiesa, infatti, come Sposa di Cristo, vuole essere amata dal sacerdote in modo totale ed esclusivo come Gesù Cristo Capo e Sposo l'ha amata e ha dato la vita per lei. Certamente, il sacerdote, come cristiano, continua a far parte della comunità, ma in virtù della sua incorporazione a Cristo Capo e Pastore, si trova in questa posizione di sposo dinnanzi alla comunità. Di conseguenza "la sua vita dev'essere illuminata e orientata anche da questo tratto sponsale, che gli chiede di essere testimone dell'amore sponsale di Cristo, di essere quindi capace di amare la gente con cuore nuovo, grande e puro, con autentico distacco da sé, con dedizione piena, continua e fedele (...) finché "Cristo non sia formato" nei fedeli (cfr. Ga 4,19)" (PDV 22). La ricerca di una autentica vita di preghiera, l'ascesi personale, la dedizione consacrata al servizio pastorale del popolo di Dio, come padri della comunità, e una sincera comunione e partecipazione alla vita del presbiterio diocesano, vi aiuterà a rimanere fedeli a questo amore totale a Cristo e alla Chiesa.


6. Quanto ho appena detto ai sacerdoti, lo affido anche alla fede e alla sollecitudine ecclesiale dei religiosi e dei laici, non solo affinché sappiate essere per loro la memoria e l'urgenza di un amore senza limiti, ma soprattutto per ricordarvi che "per tutti i cristiani, nessuno escluso, il radicalismo evangelico è un'esigenza fondamentale e irrinunciabile, che scaturisce dall'appello di Cristo a seguirlo e ad imitarlo" (PDV 27). Ai religiosi e alle religiose ricordo che seguire Cristo nella castità, nella povertà e nell'obbedienza è molto più che ammirare un modello; seguire Cristo è qualcosa di esistenziale, è cercare di imitarLo fino a immedesimarsi con Lui, fino a identificarsi con la sua persona mediante la pratica fedele dei consigli evangelici. Questa realtà supera la comprensione e supera le forze umane. Per questo è realizzabile solo grazie a una vita sacramentale seria, con momenti forti di preghiera e di contemplazione silenziosa e costante. Ricordatevi sempre che la cosa più importante non è quel che fate, ma quel che siete come persone scelte e consacrate al Signore. Ciò significa che dovete essere contemplativi nell'azione.

A questo proposito, non posso fare a meno di rivolgere un saluto di particolare stima e affetto ai religiosi e alle religiose contemplative. Vi ringrazio per la vostra consacrazione a Cristo, per la vostra preghiera di intercessione per la Chiesa, per la radicalità della vostra testimonianza, che sono garanzia di benedizioni per la vitalità cristiana dell'Angola e della Chiesa universale.

Infatti, il vostro "posto eminente nel Corpo Mistico di Cristo" è caratterizzato da una "misteriosa fecondità apostolica" (PC 7). Rendo grazie a Dio per le vocazioni contemplative, che risplendono già nella Chiesa dell'Angola, e Gli chiedo di moltiplicarle.


7. Dato che è qui presente anche un gruppo di giovani che si stanno preparando alla vita sacerdotale o a seguire il Vangelo nella vita religiosa, desidero, prima di concludere, rivolgere loro alcune parole. Voi siete il futuro e la speranza della Chiesa. La Chiesa del futuro sarà migliore se sarete migliori; la Chiesa in Angola sarà una Chiesa evangelizzatrice dei poveri, se sin da ora condividerete la vita con Cristo povero, obbediente e casto; la Chiesa angolana nel suo quinto centenario dell'evangelizzazione e nell'anno duemila sarà una Chiesa missionaria, se crescerete in uno spirito missionario universale: uno spirito senza frontiere perché è libero e generoso nel suo donarsi a Cristo, che spera nei fratelli bisognosi. Tutto ciò lo scoprirete nel "dialogo quotidiano" con Cristo Amico, presente nell'Eucaristia e che continua a parlarvi, ad amarvi e a chiamarvi sulla base della parola viva e sempre nuova del Vangelo.


8. Cari sacerdoti, suore, religiosi e laici, il prezzo del discepolato non è mai basso. Durante gli ultimi due anni di violenza e distruzioni fratricide, tanti sacerdoti, suore e catechisti hanno pagato con la vita la loro dedizione e il servizio evangelico a questo popolo! Che il loro sacrificio ispiri tutta la Chiesa, in questa terra, a proseguire "'il suo pellegrinaggio fra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio', annunziando la passione e la morte del Signore fino a che egli venga" (LG 8)! Posso assicurarvi che il mio cuore vive, ogni giorno, le vostre inquietudini spirituali e le vostre preoccupazioni apostoliche. Esorto tutti voi ad approfondire la vostra identificazione con Cristo, la cui unzione per mezzo dello Spirito Santo si opero in Maria, quando il Verbo si fece carne nel suo seno verginale. Nostra Signora, Madre dei consacrati a titolo particolare, vi sia di modello e di sicuro aiuto perché la vostra vita si orienti completamente secondo la carità di Cristo, Buon Pastore.

A tutti voi, che proclamate il Vangelo di Cristo attraverso la vostra perseveranza nella fede, nella speranza e nella carità, imparto di tutto cuore la mia Benedizione apostolica, e la estendo alle vostre famiglie e comunità cristiane.

Data: 1992-06-04 Data estesa: Giovedi 4 Giugno 1992

L'omelia durante la concelebrazione eucaristica per i fedeli dell'Arcidiocesi al "Largo Tiro aos Pombos" - Huambo (Angola)

Titolo: Dai quattro angoli della nazione udiamo un grido: Mai più la guerra! Pace all'Angola, per sempre!




1. "Nessuno ti chiamerà più abbandonata" (Is 62,4).

E' così che il Dio dell'Alleanza parla al Suo popolo, al popolo dell'Antico Testamento e a noi, popolo battezzato della Nuova Alleanza in Cristo.

Mai più ti chiameranno "Abbandonata", o città santa di Gerusalemme! Il popolo dell'Antico Testamento fu liberato dalla schiavitù dell'Egitto. Ma successivamente, a causa dei suoi peccati, subi un duro esilio, lontano dalle tradizioni dalla patria, lontano dal culto del suo Dio. Ma poté ritornare sui suoi passi: Dio non abbandona coloro che ama, Lui è Padre di tutti.

Qui e adesso, voglio rivolgere a voi, popolo della terra di Angola, le parole del Profeta Isaia annunciate nella prima lettura di oggi. In questa prima Eucaristia che mi è dato di celebrare nella vostra patria, ripeto, come affermazione e come voto, le stesse parole del Profeta: Che il tempo del tuo abbandono termini definitivamente, cara Angola! Rimanga per sempre nel passato questo doloroso periodo di distruzione. Vinci le tentazioni che inducono a prolungare il conflitto armato, fonte di rovina e di inutili sofferenze. Intraprendi ora, con fermezza, il tempo della ricostruzione: ricostruzione della pace e della coscienza nazionale, del benessere e delle strutture sociali, dello spirito fraterno tra tutti i tuoi figli! In questa Santa Messa, il Papa prega per la giustizia e per la pace in Angola. Prega insieme a tutti i figli e figlie di questa grande Nazione. Insieme, rendiamo grazie, perché abbiamo avuto il coraggio di porre il bene del popolo prima di qualsiasi altra cosa. Affidiamo all'amore della Divina Provvidenza la nuova tappa e l'opera di ricostruzione adesso iniziata.


2. Nonostante la mia visita sia limitata alla parte occidentale del Paese, il mio affetto e la mia preghiera vanno al popolo di tutte le Diocesi dell'Angola. Saluto innanzitutto il popolo di questa circoscrizione ecclesiastica del centro del Paese, Huambo, nonché Kwito-Biè e Lwena, e Benguela che visitero successivamente.

Saluto il Signor Arcivescovo di Huambo Francisco Viti, e tutti gli invitati a questa celebrazione. Un saluto anche ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, agli zelanti ed eroici catechisti e alle famiglie cristiane di queste Diocesi.

Ricordiamo insieme coloro che vi hanno preceduto nella fede e che sono con noi nella Comunione dei Santi: decine di missionari sepolti accanto alle varie Missioni di questo altopiano centrale. Ricordiamo anche i catechisti defunti, i vostri fratelli "più grandi" che vi hanno trasmesso la fede, accolta dalla brava gente di questa regione dell'Angola in modo assai generoso. Non possiamo non ricordare davanti al Signore e pregare per quei fratelli e sorelle che in questa parte martirizzata dell'Angola sono stati vittime, spesso innocenti, del confronto ideologico e della guerra, e sono stati decine di migliaia. Ti saluto e invoco la benedizione su di te, popolo del Bailundo, popolo segnato dalla sofferenza; popolo del Kwito-Bié, del Kwito-Canavale e di tutta questa immensa regione fino a Lwena e alla frontiera del Paese. Ti saluto, popolo di Sambo, di Sanguéve, di Cuima e di Caconda, di Quipéio e di Ganta, fino alle terre del litorale: gente delle grandi e fervide comunità cristiane di questo altopiano centrale, e terra di sofferenze! Dai quattro angoli della Nazione, udiamo un grido, che è al tempo stesso un appello di riconciliazione e di speranza: mai più guerra! Pace all'Angola. Pace all'Angola per sempre!


3. "I nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi" (Ps 123/122,2).

La famiglia angolana ha bisogno della grazia di Dio per guarire le ferite inferte dal peccato della guerra e dell'odio. Ha bisogno di Dio per ricevere la forza d'animo necessaria a superare le difficoltà che si presentano sul suo cammino. E per questo, "i nostri occhi sono rivolti al Signore". L'Angola ha anche bisogno dell'aiuto solidale e disinteressato della comunità internazionale. Se in passato, ci fu chi spinse il paese all'ignoranza, ci furono anche paesi e organizzazioni internazionali che alleviarono generosamente la sofferenza del popolo angolano. "Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia" - disse il Signore (Mt 5,7). Ringraziando per gli aiuti ricevuti in passato, lancio un appello affinché l'Angola continui ad essere aiutata dalla comunità internazionale. Ma l'Angola deve soprattutto aiutare se stessa. Cari Angolani: è con il lavoro, con l'onestà, con la solidarietà di tutti, senza guardare se il vicino è del Nord o del Sud, con l'amore per la Patria, coltivando le virtù sociali, che il vostro Paese potrà svilupparsi e occupare quel posto di rilievo che gli compete nel concerto delle nazioni. "I nostri occhi sono rivolti al Signore" e per questo siamo fiduciosi. Il Signore deve aiutarvi a compiere la ricostruzione delle coscienze e della fraternità sociale, la ricostruzione delle strutture necessarie al funzionamento della Nazione.


4. "Opus iustitiae pax". Pero, "effetto della giustizia sarà la pace" (Is 32,17).

Dobbiamo riconoscere che i lunghi anni di guerra hanno creato abitudini che favoriscono il confronto, quando è necessaria la collaborazione. Inoltre, allontanare Dio dalla vita, dalla famiglia, dall'educazione e dalla società porta all'impoverimento umano della persona. L'importazione di usi e costumi estranei alla vostra identità culturale, che è religiosa, ha indebolito il senso dei grandi valori morali che fanno parte della vostra tradizione. Per ristabilire la pace, occorre ripristinare la giustizia: la giustizia della verità, la giustizia dell'uguaglianza sociale e la giustizia della solidarietà fraterna. E' la ricerca del bene comune che deve orientare la generosità dei Responsabili della vita pubblica e sociale, così come deve ispirare il contributo di tutti per il progresso della Nazione. Il popolo dell'Angola ha già manifestato ai responsabili del presente e del futuro del Paese, la sua profonda riconoscenza per il coraggio e per la lucidità con cui essi hanno avviato il difficile processo di riconciliazione nazionale. La nostra preghiera si innalza a Dio in questa Eucaristia, affinché essi possano gestire fruttuosamente il difficile periodo di transizione, orientando l'Angola verso una giustizia integrale. La Chiesa, come ho molte volte dichiarato in Documenti di natura sociale, non ha la missione di proporre un modello tipico di organizzazione sociale; tali realtà dipendono dalle circostanze e dalle caratteristiche di ciascun popolo (CA 43). Ma nella sua Dottrina Sociale, la Chiesa offre motivazioni e orientamenti di fondo per tutte le organizzazioni sociali che vogliono essere giuste. Alla base della Dottrina Sociale della Chiesa, sta la coscienza della dignità e del valore della persona umana e delle comunità naturali, come la famiglia. Secondo la verità cristiana, la persona umana è sacra per molteplici ragioni: perché ha dentro di sé il sigillo di Dio, che l'ha creata a Sua immagine e somiglianza; perché ha una vocazione divina di comunione con Dio; perché Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, si è fatto uguale a noi in tutto, escluso il peccato (He 4,15). Nella Sacra Scrittura è presente l'idea del valore e della dignità della persona. Da li la Chiesa trae la sua sensibilità davanti al valore sacro della persona umana, il che le consente di essere considerata "esperta in umanità" (SRS 7). Seguendo Cristo, suo Maestro, amico di tutti, specialmente dei più deboli, degli emarginati, morto per tutti, per salvare tutti, la Chiesa comprende che la persona umana, nella sua dimensione personale e comunitaria, in ciò che è e nel suo sviluppo, deve essere il punto di riferimento per l'organizzazione della società e dell'economia, per l'elaborazione delle leggi, per l'ordinamento delle relazioni sociali e per la distribuzione dei beni della comunità nazionale. Se analizziamo bene i diritti umani e i corrispondenti doveri, per esempio, nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e altri che potremmo aggiungere, anche avendo come fondamento immediato la natura umana creata da Dio, essi evocano i Dieci Comandamenti della legge di Dio e le norme del Vangelo. Rappresentano in verità un valore cristiano, in armonia con il Vangelo della nostra fede. Con immensa consolazione, noi cristiani ci stiamo rendendo conto di come il Vangelo stia diventando il fermento dell'umanità nella creazione dell'Uomo Nuovo e nella costruzione del Regno di Dio. Il Vangelo è veramente di per sé fermento: ciò che importa è che lo facciamo lievitare! La storia pero insegna che non sempre le Nazioni rispettano i diritti fondamentali della persona, anche quando firmarono la Dichiarazione Universale. Da alcuni secoli a questa parte, anche la storia dell'Angola ha visto gravi violazioni dei diritti personali e collettivi. Il clima che si è creato negli ultimi anni ha portato ad eccessi che noi tutti desideriamo non si verifichino più in questa nobile Nazione. Se in Angola si ricreassero discriminazioni per motivi di appartenenza religiosa, e si commettessero errori e ingiustizie come in passato, tutto ciò non andrebbe che a discapito della Nazione.


5. La giustizia pero è imperfetta senza l'amore. Per questo, ascoltiamo un altro fondamento sicuro per i diritti umani della persona nella lettura del Vangelo di questa Eucaristia: durante l'Ultima Cena, nell'ora suprema dell'ultimo incontro, Gesù disse così ai suoi Discepoli: "Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri... da questo tutti sapranno che siete miei Discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,34-35). E' necessario che questo comandamento di Gesù giunga ovunque, che sia capace di rinnovare l'umanità. Dio ha fatto l'uomo fratello di tutti gli altri uomini. Attraverso la Sua incarnazione, Gesù ha rafforzato l'appello a questa comune fraternità. Con la sua morte e la sua Resurrezione, ha avviato il processo di Redenzione della fraternità originale.

Spetta alla Chiesa e ai cristiani chiamare gli uomini e i popoli alla riconciliazione e all'amore. Tanti secoli di convivenza tra gli uomini e ancora tanto odio, tanto fanatismo, tanta distruzione, in occhi che non vogliono vedere e in cuori che non vogliono amare. Comprendo bene e condivido l'impazienza di tante vite alla ricerca della giustizia e della pace. E volgo lo sguardo a Cristo, invitandovi, nel suo nome, ad ascoltare e a mettere in pratica il nuovo comandamento dell'amore: "Amatevi gli uni e gli altri, come Gesù vi ha amato". Su questo comandamento si fondano e si riassumono doveri corrispondenti ai diritti del prossimo: il rispetto per la sua libertà, per il diritto al proprio sviluppo, per ciò che è necessario alla sua vita sociale e spirituale. L'amore fraterno porta alla solidarietà, al perdono delle offese, al superamento delle discriminazioni. "Con questo sapranno che siete i miei Discepoli se vi amerete gli uni gli altri". Cari Angolani, i vostri Pastori vi hanno chiamati alla riconciliazione e alla pace molte volte. L'appello è stato ed è ancora la voce di chi vi ama e si duole per le sofferenze della Patria. Spetta alla Chiesa il compito di illuminare le situazioni, denunciare l'ingiustizia, indicare percorsi di vita e comunione poiché è al servizio della persona e della comunità. Essa vuole continuare ad aiutarvi nel cammino della riconciliazione e dell'intesa nazionale.


6. Dice il Dio dell'Alleanza: "Per amore di Sion non mi terro in silenzio, per amore di Gerusalemme non mi daro pace, finché non sorga come stella la sua giustizia e la sua salvezza non risplenda come lampada" (Is 62,1). Dio e Padre del Nostro Signore Gesù Cristo, Redentore di tutti gli uomini, augura la giustizia e la pace per ogni popolo e nazione. A voi angolani, augura pace e giustizia. Siano benedetti tutti coloro che stanno contribuendo all'opera di giustizia e di pace nella vostra Patria. Siano benedetti tutti coloro che aprono il loro cuore a Dio, affinché siano portatori di pace e di amore in questa cara Nazione che è l'Angola.

Data: 1992-06-05 Data estesa: Venerdi 5 Giugno 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Ai Presuli della Conferenza Episcopale della Bulgaria in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)