GPII 1992 Insegnamenti - Al santuario Nostra Signora del Fonte - Caravaggio

Al santuario Nostra Signora del Fonte - Caravaggio

Titolo: Incontro con i giovani

Carissimi giovani!


1. E' veramente un dono di Dio poterci incontrare questa sera all'ombra del suggestivo santuario di Caravaggio, luogo di preghiera e di meditazione, tempio di fede viva e di devozione mariana. Mi vengono alla mente altri significativi appuntamenti con vostri coetanei in Italia e in altri Paesi del mondo. Mi ritorna potente, soprattutto, il ricordo dell'indimenticabile veglia mariana a Jasna Gora dello scorso 14 agosto, in occasione della VI Giornata Mondiale della Gioventù.

Accanto alla dolce effigie della Madonna Nera ho potuto sostare, in ascolto dello Spirito Santo, insieme a ragazzi e ragazze provenienti da ogni Continente, ma soprattutto dall'Est e dall'Ovest dell'Europa. Pregammo e vegliammo insieme; insieme e con coraggio ci soffermammo a riflettere sulle molteplici sfide che interpellano la Chiesa e l'umanità in quest'epoca di enormi e rapidi mutamenti sociali. L'odierno incontro si colloca nella scia di questi raduni giovanili e vuole costituire un'altra importante tappa per approfondire il significato e il senso dell'essere giovani oggi, all'alba dell'anno Duemila. In questo clima di gioia e di preghiera mi è gradito rivolgere il pensiero anzitutto al Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano, che ringrazio di cuore per le espressioni di omaggio che poco fa ha pronunciato a nome di tutti i presenti.

Saluto, poi, il Vescovo di Cremona, Mons. Assi, e gli altri Presuli delle Diocesi lombarde, qui convenuti. Saluto con affetto ciascuno di voi, carissimi ragazzi e ragazze, qui presenti e, attraverso di voi, vorrei abbracciare ogni giovane della vostra Regione.


2. Alcuni vostri amici - una coppia di fidanzati di Cremona, un giovane di Crema ed una ragazza di Lodi - mi hanno posto, a nome vostro, alcune domande che entrano nel vivo delle odierne problematiche giovanili. Sono loro grato per la franchezza del linguaggio e per la fiducia che mi hanno dimostrato. Vorrei aggiungere che questi incontri con i giovani portano sempre con loro alcune domande, ma direi che portano con loro ancor più risposte. E' bene che queste domande emergano dalle risposte, ma è anche necessario che le risposte possano emergere dalle domande.

Questa è la logica dei nostri incontri. Cerchero, in modo semplice, di offrire una risposta ai loro quesiti, pur sapendo che essa non potrà essere esaustiva. Vorrei meditare insieme con voi sugli importanti argomenti proposti, in un clima di ascolto e di meditazione, facendo si che sia Cristo a parlare a ciascuno nell'intimità del cuore. Egli conosce i nostri segreti; è pronto a rispondere a chi lo invoca e previene ogni intima nostra esigenza. Aprite lo spirito a Cristo, carissimi ragazzi e ragazze. Risorgendo Egli ha provato che la vita è più forte della morte. Illuminata da tale sicurezza la nostra esistenza diventa una straordinaria avventura che vale la pena di affrontare con passione, senza mai distogliere l'attenzione dal piano di Dio e dalla sua parola di salvezza. "Se rimanete fedeli alla mia parola - dice Gesù - sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,31-32). Rimanere in Cristo: ecco l'essenziale per ciascuno di voi. Rimanere in lui ascoltando la sua voce e seguendo i suoi precetti. Conoscerete, così, la verità che rende liberi, incontrerete l'Amore che trasforma e santifica. Tutto, infatti, riveste senso e valore nuovo quando lo si considera nella luce della persona e dell'insegnamento del Redentore.


3. Veniamo ora ai vostri quesiti ed iniziamo da quello dei giovani fidanzati di Cremona, che chiedono come approfondire le ragioni autentiche e le esigenze dell'amore aperto alla vita, senza lasciarsi condizionare dalla cultura imperante del consumismo. Cari amici, l'amore non è soltanto una cosa spontanea o istintiva: è scelta da confermare costantemente. Quando un uomo e una donna sono uniti da un vero amore, ognuno assume su di sé il destino, il futuro dell'altro come proprio, a costo di fatiche e sofferenze, perché l'altro "abbia la vita e l'abbia in abbondanza" (Jn 10,10). Queste parole di Gesù si riferiscono ad ogni vero amore.

Solo così si ama "sul serio" e non per gioco, né per un momento. Quando l'altro si sentirà dire: "Ti amo", capirà che queste parole sono vere e anche lui prenderà "sul serio" l'esperienza dell'amore. Occorre amare come Gesù. La ragione più profonda dell'amore cristiano sta nelle parole e nell'esempio di Cristo: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi" (Jn 15,12). Questo vale per ogni categoria dell'amore umano, vale per la categoria dell'amore dei fidanzati, amore in preparazione al matrimonio e alla famiglia. L'amore, poi, che si avvia al matrimonio si prepara anche a generare nuova vita. Questo compito è da considerare un dono da parte di Dio e un grande atto di fiducia nei confronti dell'essere umano. In tale visione i figli non fanno paura, non vengono a "rubare" la libertà, non sono degli intrusi che sottraggono tempo, energie e denaro. I figli non sono ospiti indesiderati, ma benedizione di un Dio che spezza ogni egoismo di coppia ed aiuta a vivere la realtà con gratitudine ed amore liberante.


4. Su questo tema si potrebbero sviluppare ed aggiungere tante altre considerazioni, ma potete farlo da soli, aiutati dai vostri educatori. Passiamo adesso alla domanda del giovane di Crema, che ha accennato al tema della morte.

Oggi si muore in molti modi: di vecchiaia, di malattia, di cancro, terrore di tante persone, di droga, di Aids. Si muore dimenticati dalla società efficientista, si muore di morte improvvisa: per incidente stradale, sul lavoro.

Si muore persino ancor prima di nascere, perché qualcuno si arroga il diritto di decidere della vita umana, che è sacra. Il morire lascia sgomenti, soprattutto quando colpisce persone giovani. La morte, tuttavia, può diventare un'esperienza di straordinaria solidarietà. Il morire ci affratella: san Francesco chiamava la morte "Sorella". In un mondo che esorcizza la morte e fa di tutto per occultarla, non risulta inutile, anzi diventa urgente e necessario, richiamare la inevitabilità di un evento che fa parte della "storia" dell'uomo, di ogni uomo. Ma c'è anche la solidarietà di chi "sta accanto" alla persona che "muore" dato che il morire ha il suo momento più drammatico nel "restare soli"; quella solitudine che in Gesù diventa grido: "Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?" (Mc 15,34).

Quante persone, nelle svariate forme di volontariato, manifestano la loro solidarietà con chi è toccato dall'esperienza della morte! Grazie a tutti questi buoni samaritani. Occorre riconciliarsi con la morte. Per quanto lunga possa essere la vita, ineluttabile è la morte: non come fine, ma come atto supremo e decisivo dell'essere umano in ordine al proprio futuro. Ogni stagione dell'esistenza diventa, così, esperienza simultanea di vita e di morte. Per noi credenti, tuttavia, si muore ogni giorno per risorgere. E' questa un'altra dimensione totalmente cristiana. Al centro dell'esperienza cristiana sta infatti il Crocifisso: Colui che ha attraversato il mistero della morte aprendo un varco luminoso di risurrezione. Si muore per risorgere. Il giorno del Battesimo ha avuto inizio per ciascuno di noi la grande avventura della vita come processo di graduale trasfigurazione nel Cristo crocifisso e risorto. Riconciliarsi pertanto con la morte significa accogliere sino in fondo la vita; significa anche condividere il calice amaro della solitudine e della sofferenza che tanti fratelli stanno bevendo. Tale solidarietà rende la morte più umana e la vita più vera.


5. Cari giovani, non vi turbi il pensiero della morte, ma vi spinga a valorizzare la giovinezza come un tempo di grazia e di missione. Vi spinga ad assumere con Cristo il compito di amare ed evangelizzare la vita. Ecco l'altro tema della nostra riflessione. Tre sono le condizioni che vi aiutano a realizzare la vostra impegnativa missione; esse sono rappresentate dai tre segni della veglia di questa sera: l'acqua, la Croce, il fuoco. Giovani lombardi, siate vivi come una sorgente di acqua: coltivate, cioè, una profonda interiorità. Come Cristo, fonte che zampilla per la vita eterna, così il vostro cuore se è unito a Gesù, diviene fontana che disseta quanti si avvicinano a voi e vi incontrano. Un giovane, che vuole amare la vita, non può tralasciare i tempi della preghiera, del silenzio, della meditazione, della contemplazione. Non può non nutrire una robusta e tenera devozione a Maria, che qui a Caravaggio è venerata come la Madonna del fonte. E questo si è manifestato anche ieri sera, in un altro modo. Non può trascurare i momenti di condivisione della propria esperienza di fede con altri fratelli: nella comunità ecclesiale, nell'Oratorio, salutare e provvidenziale istituzione di questa terra di Lombardia, nelle associazioni e movimenti. Una profonda interiorità è premessa indispensabile per un amore chiamato alla pienezza nell'esperienza del matrimonio; è preludio a un dono generoso e responsabile di sé a Dio e al prossimo; è preparazione a una positiva e decisa risposta alla carità nella vita consacrata. Ogni amore vero matura nella preghiera. Dobbiamo attingere alle fonti e le fonti sono attingibili attraverso la preghiera. In ultimo, Amore è Dio. Dio è Amore. Poi questo Amore si è manifestato, si è rivelato, si è fatto uomo in Cristo Gesù. E poi si fa sempre operante attraverso il suo Spirito, questo Spirito che è diffuso nei nostri cuori. E' il mistero dei nostri cuori. Lo Spirito Santo è diffuso, ma per essere veramente diffuso, per trasformare in questa diffusione gratuita il nostro "io", i nostri cuori, deve incontrarsi con noi.

Come, se manca la preghiera? Allora, ogni amore vero matura nella preghiera, diventa più profondo, più serio, più completo.


6. La seconda condizione è imparare quella che secondo San Paolo si chiama la sapienza della Croce: l'altro segno da voi proposto. Non si tratta di una conoscenza solo intellettuale, ma di un sapere che si nutre del contatto e del dialogo personale con Dio: Vita da incontrare e da gustare; Verità da seguire; Via da abbracciare senza tentennamenti. Lo Spirito Santo rende i battezzati conformi a Cristo e pronti a difendere e diffondere il Vangelo. Ricordatelo bene: il Vangelo va annunciato con tutta la vita. E il Vangelo è annuncio di Cristo "crocifisso e risorto". così, nel contatto quotidiano con Gesù, voi potete imparare la sapienza della Croce, "scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani" (1Co 1,23). Voler servire ed evangelizzare la vita comporta, quindi, lo sforzo costante e generoso di familiarizzarsi col Vangelo, di approfondire l'insegnamento della Chiesa, di conoscere la cultura contemporanea, smascherando con vigore ogni tentazione di sottomettere il valore dell'umana dignità al capriccio, all'istinto o all'abuso dell'uomo sull'uomo.


7. Cari giovani, non abbiate paura di difendere la vita e tutta la vita. La vita in germoglio e quella al tramonto, la vita di chi è emarginato come di chi si autoemargina, di chi butta la propria ricchezza per strade che conducono alla distruzione di sé, come di chi la sciupa nella banalità e nell'evasione. Come gli Apostoli, come i santi di questa vostra Regione, e sono tanti, come tutti coloro che si sono lasciati scegliere dal Signore Gesù "neanche voi giovani dovete tacere" (Messaggio ai giovani '92). Dovete dire e gridare che la vita è dono meraviglioso di Dio e nessuno ne è padrone, che l'aborto e l'eutanasia sono tremendi crimini contro la dignità dell'uomo, che la droga è rinuncia irresponsabile alla bellezza della vita, che la pornografia è impoverimento e inaridimento del cuore. Dovete anche ricordare che la malattia e la sofferenza non sono castighi o condanne, ma occasioni per entrare nel cuore del mistero dell'uomo; che nel malato, nell'handicappato, nel bambino e nell'anziano, nell'adolescente e nel giovane, nell'adulto e in ogni persona, brilla l'immagine di Dio. Ma, soprattutto, dovete gridare al mondo che la vita è un dono delicato, degno di rispetto assoluto: che Dio non guarda all'apparenza ma al cuore; che la vita segnata dalla Croce e dalla sofferenza merita ancora più attenzione, cura e tenerezza. Ecco la vera giovinezza: è fuoco - l'altro vostro segno - che separa le scorie del male dalla bellezza e dalla dignità delle cose e delle persone; è fuoco che riscalda di entusiasmo l'aridità del mondo; è fuoco d'amore che infonde fiducia ed invita alla gioia. Per essere tale la vostra giovinezza, pero, deve arricchirsi di fedeltà e di sacrificio, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo, che conduce la Chiesa verso una rinnovata Pentecoste di speranza e di carità.

Ecco, Lui è il fuoco, il fuoco dello Spirito Santo.

Siate missionari della vita! A costo di essere emarginati non abbiate paura di restare con Cristo!


8. Cari ragazzi e ragazze, siate missionari della vita; seguite Cristo e consacratevi al suo servizio, là dove Egli vi chiama e nella condizione in cui Egli vi ha posti. La famiglia, l'oratorio, il lavoro, il tempo libero, i gruppi e le associazioni a cui appartenete, sono i luoghi della vostra missione nel vasto panorama della nuova evangelizzazione. Proclamate con le parole e con la vita ciò che "avete ascoltato" e imparato dal Signore. Non è sempre facile; in certi momenti anzi si richiede un grande coraggio per rimanere coerenti alla propria fede e per assumere con franchezza la verità del Vangelo. A costo anche di essere emarginati, non abbiate paura di mantenere intatta la vostra fedeltà a Cristo.

Egli, siatene certi, non vi abbandonerà mai. Carissimi, Cristo è l'amico più sicuro. Amico che non abbandona, amico che non delude. Le sue parole nel Vangelo sono esigenti, sono severe, ma sono parole piene di Verità. Questa Verità ci fa liberi, questa Verità costituisce il fondamento vero dell'amicizia: "voi siete miei amici, non vi chiamo più servi, vi ho chiamato amici". Ci ha chiamato amici perché ci ha confidato tutto il mistero di suo Padre, mistero insondabile, mistero divino. Ci ha fatto entrare in questo mistero, ha condiviso con noi, sigillandolo con la sua croce e con la sua risurrezione. Crocifisso e risorto. Amico. così come sta qui davanti a voi, questa sera, deve andare con voi questa sua effige.

Crocifisso e risorto deve andare con voi, ripetendosi in ogni situazione, in ogni momento, in ogni prova. "Ti ho chiamato amico". Vi aiuti la Vergine Madre di Dio, Stella della nuova evangelizzazione, e vi sostenga in questo compito talora faticoso, ma sempre esaltante. Vi aiuti e vi sostenga e sia sempre come qui, sotto la croce, per ripeterci: "ecco tuo figlio, tua figlia".

Ecco, tuo figlio e tua figlia, tutti noi, abbracciati a questo cuore materno della Vergine.

Data: 1992-06-20 Data estesa: Sabato 20 Giugno 1992

Omelia durante il rito per la beatificazione di Don Vincenzo Spinelli - Caravaggio

Titolo: Amore a Cristo eucaristico e servizio al povero icona di Cristo: la sintesi di vita del Beato Spinelli




1. "Fate questo in memoria di me!" (1Co 11,24). Sono le parole con cui Cristo ha istituito il Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue. Con esse ha rivelato ciò che per sempre costituirà il cuore che dà la vita alla Chiesa ed il culmine a cui tende, come al suo fine, tutta l'esistenza della comunità dei redenti. Gesù ha detto: "Fate questo in memoria di me", ma non ci ha lasciato soltanto un ricordo dell'Ultima Cena. Noi non solo ricordiamo, ma anche mangiamo: ci nutriamo del suo Corpo e del suo Sangue. Il cibo serve alla crescita dell'organismo. Il Cibo eucaristico trasforma coloro che lo consumano. Quando il soggetto assimila gli elementi nutritivi del cibo corporale, li trasforma nel proprio corpo; l'Eucaristia, invece, fa crescere in noi l'uomo spirituale a somiglianza di Cristo-nuovo Adamo, che secondo l'espressione di Paolo è diventato "spirito datore di vita" (1Co 15,45).


2. L'Eucaristia racchiude il testamento salvifico della Nuova Alleanza tra Dio e l'umanità. L'uomo che ne partecipa diviene consapevole di chi egli sia nel disegno di Dio: egli prende coscienza di essere stato creato a somiglianza di Dio, per andare al di là di se stesso innalzandosi verso Dio. Questa "coscienza eucaristica" contraddistingue in modo particolare i Santi e i Beati della Chiesa.

Sono loro che partecipano in maniera più completa alla moltiplicazione del pane, compiuta da Cristo. Mentre, nei pressi di Betsaida, quanti assistettero alla moltiplicazione dei pani, poterono sfamarsi e "si saziarono tutti", come abbiamo letto nel Vangelo odierno (Lc 9,17) - i santi, invece, in quanto uomini dell'Eucaristia, devono a questo mistero salutare uno zelo sempre più grande, una sempre più forte fame spirituale: la fame della verità, dell'amore, del sacrificio - la fame che solo il Padre celeste può saziare, quando diventerà "tutto in tutti" (1Co 15,28).


3. Carissimi fratelli e sorelle, gli occhi del nostro spirito fissano quest'oggi il mistero dell'Eucaristia e scrutano l'arcano disegno di Dio, che convoca alla sua mensa gli uomini di tutta la terra. Nell'Eucaristia sperimentiamo la verità della nostra missione ecclesiale; diventiamo partecipi di Cristo, e questo cambia la nostra vita, rendendoci agenti di riconciliazione e di comunione. Il pane eucaristico ci trasforma in persone "nuove", fa di noi altrettanti apostoli di unità e di pace. Con tali sentimenti, che rendono singolarmente significativo l'odierno nostro incontro liturgico, esprimo la profonda gioia di celebrare l'Eucaristia insieme con voi, nella solennità del Corpus Domini. Saluto il venerato Pastore della diocesi, il caro Mons. Enrico Assi, e lo ringrazio per le parole che a nome dell'assemblea mi ha rivolto all'inizio della Santa Messa.

Saluto con viva cordialità il Signor Cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano ed i Presuli della Regione lombarda. Dirigo il mio pensiero affettuoso a voi, cari Sacerdoti, Religiosi e Religiose, e voi, cari Christifideles laici, fedeli laici, che so seriamente impegnati in una diuturna opera di annuncio e di testimonianza del Vangelo. Mi è gradito, inoltre, ringraziare per la loro presenza le Autorità amministrative, politiche e militari: a tutti vada la mia sincera gratitudine per la collaborazione offerta nel preparare questa mia visita pastorale. Un cordiale saluto lo dirigo pure a voi, cari ammalati, che con la vostra sofferenza, accettata e offerta in spirito di fede, potete validamente sostenere l'opera della salvezza. Grazie al contributo di ogni credente, infatti, come mediante tanti chicchi di grano offerti sull'altare della fedeltà al Vangelo, si costruisce il Corpo mistico del Signore, che si è immolato per la costruzione del Regno.


4. Nel santo mistero dell'Eucaristia assume rilievo profetico la vita del Servo di Dio, che oggi mi è dato di annoverare tra le schiere dei Beati della Chiesa.

Celebrando la solennità del Corpus Christi, qui, in questo luogo consacrato dalla tradizione alla devozione verso Santa Maria del Fonte, onoriamo un degno figlio della vostra terra, don Francesco Spinelli, vissuto per "amare e far amare Gesù nell'Eucaristia". La vostra Comunità diocesana, unitamente alle Suore Adoratrici del Santissimo Sacramento, giustamente rende grazie a Dio per questo apostolo di profonda spiritualità eucaristica, che, accogliendo l'interiore suggerimento dello Spirito Santo, dette vita ad una Congregazione religiosa "per adorare Gesù nell'Eucaristia con amore ardente ed attingere da Lui la carità da esercitare verso i diseredati (fanciulle orfane o in pericolo), coloro a cui non provvedeva la pubblica carità". Quanto rigoglioso e benedetto fu l'avvio di questa nuova Famiglia, altrettanto tempestose furono le prove che dopo alcuni anni parvero comprometterne la stessa esistenza. Don Francesco, costretto dagli eventi a lasciare le sue Suore e la città di Bergamo, percorse nella indiscussa obbedienza al suo Vescovo un'autentica "via crucis", con l'umile pazienza di chi ha una fede eroica. Accolto ed aiutato con animo paterno dal Vescovo di Cremona, Mons. Geremia Bonomelli, don Francesco, malgrado le amarezze e le delusioni subite, riprese il suo cammino con le Suore della Comunità di Rivolta d'Adda. Lo zelante Sacerdote spese il resto della sua vita al servizio della Famiglia religiosa, rinata in terra cremonese e ben presto presente con numerose fondazioni anche nelle Diocesi di Como e di Milano. Le frequenti malattie non distolsero mai don Francesco dalla sua fatica di formatore di Religiose, di servo dei più poveri, di predicatore dell'amore eucaristico, di sacerdote attento ai confratelli in difficoltà.

Attingeva la sua forza dall'Eucaristia e da una filiale confidenza verso la Vergine Maria, alla quale in questo santuario affido ripetutamente le sue Figlie e l'opera a lui più cara, quella destinata agli handicappati. Dopo una malattia dolorosa, sopportata con edificante pazienza, spiro nel febbraio del 1913, lasciando alle sue Suore la raccomandazione di amare l'Eucaristia, di servire i più poveri e di praticare il perdono.


5. Amore a Cristo eucaristico e servizio al povero, icona di Cristo: ecco, in sintesi, la vita ed il ministero sacerdotale del Beato Francesco Spinelli, la cui testimonianza appare oggi particolarmente attuale ed eloquente. In un tempo segnato, com'è il nostro, da notevoli cambiamenti sociali, egli continua a ripeterci che solo dal Cuore trafitto del Redentore scaturisce per l'uomo di tutte le epoche la sorgente inesauribile dell'amore disinteressato, che purifica e rinnova. Don Spinelli comprese sino in fondo la verità del messaggio della Croce e, per questo, viene ora additato come esempio da imitare ed intercessore da invocare. La Chiesa lo offre come modello di autentico apostolo soprattutto a voi, Sacerdoti, che la Provvidenza chiama ad essere dispensatori dei misteri della salvezza. Sappiate nel vostro quotidiano ministero attingere luce e coraggio dall'Eucaristia, si da diventare fedeli discepoli del divino Maestro. Lo presenta come valido testimone del Vangelo a voi, Religiosi e Religiose, e a tutti voi, carissimi fratelli e sorelle della diocesi di Cremona, che vi avviate ormai verso la conclusione del cammino sinodale. Se in ogni articolazione della vostra Comunità ecclesiale scorrerà la linfa vitale dell'Eucaristia, potrete essere efficaci messaggeri del perenne e sempre nuovo annuncio evangelico, recando al mondo la salvezza e la pace.


6. Siate, come don Francesco Spinelli, persone pervase da indomita e divina carità, che si esprima in un attento servizio ai poveri e a coloro che vivono ai margini della società. La Chiesa ha bisogno di uomini e di donne che facciano, come lui, della loro vita un dono senza riserva al Signore; che non si lascino attrarre dal fascino dei mutevoli richiami del mondo; che sappiano immolare se stessi, unendo il loro sacrificio a quello di Gesù, perché "il mondo abbia la vita e l'abbia in abbondanza" (Jn 10,10). Questa è la missione della Chiesa; questa è la vocazione di ciascuno di noi, chiamati a realizzare docilmente il Vangelo della carità. "Facendo memoria del suo Signore, in attesa che egli ritorni, - hanno scritto i Vescovi italiani negli orientamenti pastorali per gli anni '90 - la Chiesa entra in questa logica del dono totale di sé. Attorno all'unica mensa eucaristica, e condividendo l'unico pane, essa cresce e si edifica come carità ed è chiamata a mostrarsi al mondo come segno e strumento dell'unità in Cristo di tutto il genere umano" (Evangelizzazione e testimonianza della carità, 17).

Compito, certamente, impegnativo, ma non impossibile, giacché l'amore del Signore può vincere ogni debolezza umana. Nell'Eucaristia Cristo si fa nostro nutrimento spirituale ed anticipa fra le ombre del tempo i bagliori del Regno della gloria definitiva.


7. "Oracolo del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra" (Ps 110/109,19).

Il Figlio, consustanziale al Padre, Dio da Dio, che per noi e per la nostra salvezza si è fatto Uomo, presso il Padre riceve la gloria, a cui partecipano anche i Santi e i Beati di tutte le nazioni e di tutti i tempi. La Chiesa, celebrando l'Eucaristia, si rallegra oggi del mistero della Comunione dei Santi, che costituisce il compimento dell'Alleanza nel santuario dell'Eternità di Dio. Al tempo stesso Cristo, che "sta alla destra del Padre" non cessa di dire agli Apostoli, come fece presso Betsaida: "Dategli voi stessi da mangiare" (Lc 9,13).

E' Lui infatti che, mediante le mani dei servi dell'Eucaristia, benedice, spezza e offre da mangiare il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino: "Questo è il mio Corpo, che è per voi... Questo Calice è la nuova Alleanza nel mio sangue; Fate questo... in memoria di me" (1Co 11,24-25).

Ecco, Signore, noi oggi "facciamo questo in memoria di te".

Tu aiutaci a tradurre nella vita ciò che compiamo nel rito. Aiutaci a donarci, sul tuo esempio, per la salvezza dei fratelli.

Amen!

Data: 1992-06-21 Data estesa: Domenica 21 Giugno 1992

Recita dell'Angelus Domini - Caravaggio

Titolo: Attorno all'Eucarestia si rafforzi l'unità dei credenti e si alimenti la fiamma della carità

Fratelli e sorelle carissimi!


1. La grazia del Signore ci ha condotti oggi a recitare l'antifona mariana dell'Angelus Domini presso questo Santuario di Caravaggio, dove, secondo la tradizione, la Vergine e Madre Maria ha visitato il suo popolo nel lontano 26 maggio 1432. In quel giorno, di un tempo turbato e sconvolto da guerre, devastazioni e carestie, a Giovannetta, giovane sposa, creatura docile e paziente, che risplendeva davanti a Dio per la bontà e la tenerezza della sua devozione alla Vergine, Maria volle presentarsi con parole di conforto, di pace e di speranza. Da quel giorno, innumerevoli creature accorrono in questo luogo mariano, presso una modesta fonte d'acqua pura, portando nel cuore inquietudini e tribolazioni, nel corpo malattie e sofferenze; e da qui partono con i doni della consolazione e della misericordia divina.


2. Oggi, sul piazzale di questo Santuario, si è spiritualmente raccolta tutta la Chiesa per gioire della Beatificazione di don Francesco Spinelli, Fondatore dell'Istituto delle Suore del Santissimo Sacramento di Rivolta d'Adda. Il nuovo Beato nutri costantemente la sua esistenza alla mensa dell'Eucaristia, di cui divenne adoratore instancabile, e si distinse per la filiale devozione a Maria Vergine e Madre. Dalla contemplazione eucaristica e dalla devozione mariana sono scaturite le innumerevoli opere di carità di don Spinelli, che hanno ormai varcato, per l'ansia apostolica delle sue Figlie spirituali, i confini dell'Italia e dell'Europa.


3. Ripetendo ora nella preghiera il saluto dell'Angelo a Maria Santissima, chiediamo a Dio che, per intercessione del Beato don Francesco Spinelli, attorno all'Eucaristia si rafforzi l'unità dei credenti e si alimenti la fiamma della carità, che è la sorgente inesauribile di ogni iniziativa apostolica. Siamo consapevoli, infatti, che "nella Santissima Eucaristia - come ricorda il Concilio Vaticano II - è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini, i quali sono in tal modo invitati e indotti a offrire insieme a Lui se stessi, il proprio lavoro e tutte le cose create" (PO 5). A questo Sacramento divino, "fonte e culmine di tutta l'evangelizzazione" (), ci conduca Maria, qui invocata sotto il bel titolo di "Nostra Signora del Sacro Fonte".


4. Nello stesso luogo dove ho potuto incominciare il mio pellegrinaggio attraverso le Chiese di Cremona, Crema e Lodi, voglio ringraziare Maria, Madre nostra, per tutti i suoi benefici di questa visita, di questi incontri in luoghi diversi, ma specialmente qui. Oggi che il calendario della Chiesa universale ci ricorda un altro Santo lombardo, San Luigi Gonzaga, non posso dimenticare la visita pastorale dell'anno scorso a Mantova e a Castiglione per commemorare il centenario di questo giovane Santo, Patrono dei giovani e anche Patrono - uno dei tanti, ma forse il principale - del nostro pellegrinare con i giovani. L'incontro a Mantova e a Castiglione era quasi una vigilia che ci ha preparato alla Giornata Mondiale della Gioventù a Jasna Gora di Czestochowa, in Polonia. E ieri sera ci siamo riuniti qui con i giovani della Lombardia per fissare una nuova tappa di questo comune pellegrinare dei giovani. I giovani sono i principali pellegrini perché hanno le gambe forti, i cuori aperti... così vorrei ringraziare il vostro Santo Patrono, non solamente quello che nella Chiesa di Cremona comincia ad essere venerato, il Beato Francesco Spinelli, ma anche quello che da quattrocento anni è venerato come Patrono dei giovani, San Luigi Gonzaga. Pensando ai giovani durante la nostra preghiera dell'"Angelus Domini" ci rivolgiamo alla Madre delle nostre infermità, per affidarle l'intenzione di tanti sofferenti, di tanti malati che sono riuniti qui, che qui anche intenzionalmente cercano un incontro con questa forza soprannaturale che salva.

Molte volte non si vede questo miracolo del corpo umano, che rimane sofferente. Ma si vede questo miracolo nello spirito umano, che anche nel corpo sofferente è diventato nuovo, sano, è diventato forte, ha ripreso la speranza, si è visto partecipe della redenzione operata da un Sofferente, da un Crocifisso, si è visto in prospettiva con Lui, con questo Crocifisso, si è visto nella prospettiva della risurrezione: crocifisso e risorto.

Data: 1992-06-21 Data estesa: Domenica 21 Giugno 1992

Incontro con la popolazione cremonese - Cremona

Titolo: Chi serve l'uomo nella stagione del dolore non dimentichi né tradisca il rispetto della dignità umana

Signor Sindaco, Illustri Autorità presenti, Carissimi ammalati e operatori sanitari, Cari fratelli e sorelle della città di Cremona!


1. A tutti rivolgo il mio saluto deferente e cordiale. Sono vivamente grato all'On. Noci per il cortese indirizzo con cui mi ha recato il saluto del Governo Italiano. Ringrazio pure per le gentili parole di accoglienza poc'anzi pronunciate, a nome della cittadinanza, dal signor Sindaco e, a nome del mondo della Sanità, dall'Amministratore dell'Unità Socio-Sanitaria locale.

Ringrazio pure l'ammalato che con tanto calore ha saputo interpretare i sentimenti più profondi di tutti voi, carissimi fratelli e sorelle degenti di quest'Ospedale Maggiore. Con amorevole sensibilità il vostro Pastore, il caro Monsignor Enrico Assi, ha voluto far iniziare la mia visita pastorale alla Chiesa cremonese da questo luogo di dolore e di speranza. Di qui, saluto con affetto la laboriosa e nobile Cremona: città al centro della rigogliosa e operosa pianura padana; città che offre uno spettacolo inconfondibile di monumenti e opere d'arte in cui si rispecchia, oltre alla genialità, l'animo credente dei vostri padri. Nei molti secoli della sua storia, Cremona ha visto spesso salire alla ribalta personalità eminenti e singolari della vita ecclesiale. Essa vanta come Patrono un laico, Sant'Omobono, che ha saputo fare del suo lavoro non soltanto una fonte di profitto, ma il mezzo efficace di un'originale e personale carità, attenta ai poveri e ai sofferenti, nutrita alla sorgente della Penitenza e dell'Eucaristia. A Cremona è legato anche il nome del mio illustre predecessore, Niccolo Sfondrati che, sulle orme dell'amico fraterno San Carlo Borromeo, incarno l'ideale del Vescovo tridentino visitando con assiduità - ben quattro volte! - le parrocchie della sua Diocesi, fondando il Seminario diocesano (1566), tra i primi sorti in Italia, apprezzando e sostenendo le nuove forme di spiritualità sacerdotale e religiosa della sua epoca. Da Papa, Gregorio XIV, pur nel breve periodo del suo Pontificato - neppure un anno - seppe cogliere e interpretare la profonda ansia di riforma della Chiesa, condividendo e sostenendo l'opera di santi, quali Sant'Alessandro Sàuli, San Camillo de Lellis, San Filippo Neri. Una delle costanti preoccupazioni del suo ministero furono proprio gli ammalati.


2. Seguendone l'esempio, sono oggi qui fra voi, carissimi degenti, per portarvi il conforto di una parola di sostegno e di incoraggiamento. La Chiesa ha sempre avvertito il servizio ai malati come "parte integrante della sua missione" (Salvifici Doloris, 30). Oggi tuttavia essa ha maturato una più chiara consapevolezza del ruolo attivo del malato, il quale non è soltanto il destinatario di un servizio pastorale, ma è chiamato ad assumersi il compito di protagonista e responsabile dell'opera di evangelizzazione e di salvezza (Cfr. CL 54). Ed è certamente l'ospedale un luogo privilegiato nel quale egli può realizzare questa sua peculiare missione umana e spirituale. Non è forse per lui che si costituisce e si organizza l'intera struttura ospedaliera? Egli, dunque, con le sue sofferenze, con i suoi problemi, le sue ansie, le sue speranze, dev'essere il punto di riferimento di ogni scelta concreta nell'organizzazione dei servizi sanitari. Quando altri criteri si affermano di fatto e prevalgono, il sistema della sanità entra inevitabilmente in crisi e il malessere che in esso si registra finisce per ripercuotersi anche nell'intero ambito sociale. L'ospedale resta così lo specchio più veritiero della società; il luogo più significativo per la comprensione della realtà e dell'uomo di oggi.


3. Acquista perciò valore quasi emblematico l'attuarsi in questo luogo del mio primo incontro con la realtà cittadina di Cremona. Anche per la vostra Città, infatti, l'ospedale costituisce il punto di confluenza delle potenzialità e delle contraddizioni che sono proprie dell'umana convivenza. Essa presenta straordinarie capacità tecnologiche, ma forse rivela anche una certa refrattarietà a rapporti profondi e autentici, e spesso finisce col mostrarsi indifferente ai valori dello spirito. Ora, quando una comunità non riesce a riconoscere ed assecondare ogni esigenza dell'uomo, perde in ragionevolezza e in moralità, anche se progredisce nella organizzazione dei servizi. Dall'ospedale, pertanto, parte quasi naturalmente il più forte richiamo al rispetto dell'uomo, di ogni uomo e di tutto l'uomo. Di qui si diffonde un messaggio di accoglienza e di amore, di serenità e di speranza che porta a vincere il pessimismo, la disperazione, il rifiuto della vita. Da questo straordinario crocevia, nel quale persone di diversa estrazione culturale e sociale, s'incontrano per affrontare le stesse problematiche, s'eleva un invito pressante a chiunque serva l'uomo nella stagione del dolore, perché non sia mai dimenticato né tradito il rispetto della dignità umana. E solo la fattiva collaborazione tra operatori sanitari, famiglie e amministratori potrà consentire di corrispondere in modo adeguato a simili attese.


4. A tale delicata impresa la comunità cristiana, nelle sue diverse componenti - presbiteri, laici e consacrati - non mancherà di offrire la sua collaborazione per far si che sia valorizzata appieno l'esperienza spirituale dei malati. I cristiani, infatti, seppur con responsabilità diverse, devono sentire come "propri" i luoghi della sofferenza, memori delle parole di Cristo: "Ero malato e mi avete visitato" (Mt 25,36).


5. Loro primo impegno è, dunque, quello di lottare insieme con il malato contro la malattia, senza tralasciare nulla di ciò che possa essere lecitamente fatto o tentato per recare sollievo al corpo e allo spirito di chi soffre. Nelle situazioni nelle quali è possibile il recupero, e ancor più in quelle in cui il male è inarrestabile, è fondamentale che l'ammalato non si senta emarginato dalla famiglia e dalla comunità. Occorre che soprattutto i medici e gli operatori sanitari instaurino con lui una relazione amorevole, attenta e personalizzata. Il Card. Jozef Mindszenty, Primate di Ungheria in tempi di dura persecuzione dei cristiani, amava dire che "il vero medico considera la sua attività nei confronti del paziente come un'opera sacerdotale, come un atto di culto... Il buon medico è scientificamente preparato, ma possiede anche un cuore grande, capace di soffrire con gli ammalati che forse neppure conosce... L'attività del medico è addirittura una vocazione materna: egli interroga con premura l'ammalato, lo ascolta con pazienza, lo aiuta. Quante anime abbattute, quanti cuori freddi un medico credente può riconciliare con Dio anche nell'istante ultimo con qualche parola piena di tatto!" (Memorie, Milano, Rusconi, 1975, p. 66). E' necessario, poi, aiutare il sofferente a valorizzare la propria condizione come occasione di crescita nella virtù della speranza e nella maturità spirituale. "Nella sofferenza - ho scritto nella Lettera Apostolica Salvifici doloris - è come contenuta una particolare chiamata alla virtù, che l'uomo deve esercitare da parte sua. E questa è la virtù della perseveranza nel sopportare ciò che disturba e fa male" (n.23). Ma conservare la fiducia quando si soffre non è facile. può insorgere un sentimento di abbattimento e di ribellione interiore, che spinge a lasciarsi andare fino a dubitare del soccorso di Dio. A chi vive tali stati d'animo la comunità cristiana, soprattutto mediante l'aiuto del volontariato, è chiamata ad offrire un sostegno fraterno, perché non vengano smarrite le ragioni della speranza, ed il malato possa ripetere con san Paolo: "Completo quello che manca ai patimenti di Cristo nella mia carne, in favore del suo Corpo che è la Chiesa" (Col 1,24), giungendo forse a far propria anche l'altra affermazione dell'Apostolo: "Sono contento delle sofferenze che sopporto per voi" (). Il fiore della gioia sboccia non di rado sullo stelo spinoso della sofferenza!


6. Carissimi cittadini di Cremona! L'argomento su cui mi sono soffermato, orientato dal luogo in cui siamo radunati, ha riflessi che interessano direttamente l'intera comunità, poiché niente come la malattia e il dolore invita alla solidarietà e alla condivisione. Solo una società che sappia accogliere il malato e farsene carico, ad imitazione del Samaritano evangelico (cfr. Lc 10,33-35), può dirsi veramente umana e può offrire alle nuove generazioni i giusti criteri per dar vita a quella "civiltà dell'amore" a cui tutti, forse anche inconsapevolmente, aspiriamo. Cremona, sia questa la tua ambizione: far crescere in te cittadini aperti ai valori della concordia, del rispetto reciproco, della condivisione, dell'Amore! Si allarghi il cuore di ogni tuo abitante alla carità fraterna e s'accresca sempre più in chi governa il senso della responsabilità nel servizio soprattutto dei poveri e dei deboli.

Ti aiuti il Signore, per intercessione di Maria, Madre che ha conosciuto il dolore.

Con questi auspici imparto a voi e ai vostri cari la mia Benedizione.

Data: 1992-06-21 Data estesa: Domenica 21 Giugno 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Al santuario Nostra Signora del Fonte - Caravaggio