GPII 1992 Insegnamenti - Messaggio "Urbi et Orbi" dalla Loggia della Basilica Vaticana ai fedeli di tutto il mondo - Città del Vaticano (Roma)

Messaggio "Urbi et Orbi" dalla Loggia della Basilica Vaticana ai fedeli di tutto il mondo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Taccia il grido minaccioso della morte, Dio che salva è tra noi: accogliamolo!




1. "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).

E' questo il messaggio che abbiamo ascoltato nuovamente a mezzanotte, quando i pastori sono arrivati alla grotta di Betlemme.

Ed ora, giunti ormai nel cuore di questo giorno benedetto, la Chiesa ci annuncia il Mistero: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14).

E' nel mondo il Figlio eterno del Padre; il Verbo, per mezzo del quale tutto è stato fatto.

Egli era in principio presso Dio - Egli era Dio (cfr. Jn 1,1-2). A Lui il Padre dice sin dall'origine dei secoli: Tu sei mio Figlio, Io ti ho generato nell'eterno "oggi" divino (cfr. He 1,5).

Il Verbo - il Figlio: Dio da Dio, Luce da Luce. Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.

La notte di Betlemme è l'inizio del suo dimorare fra gli uomini. In pieno giorno la Chiesa proclama il Mistero del Verbo fatto carne.


2. Cur Deus homo? Perché Dio si è fatto uomo? L'uomo domanda: Perché? Mostrami la via alle profondità del tuo Mistero.

L'uomo pone a Dio questa domanda già da duemila anni.

Ma spesso egli risponde a se stesso, senza aspettare la risposta di Dio.

Tu, o Dio, sei al di sopra di tutte le cose - egli dice.

Tu puoi essere solamente al di sopra del mondo: Uno e solo nella tua infinita Maestà.

Dio, rimani solo! Non ti abbassare alla creatura, non ti abbassare all'uomo! così risponde l'uomo. E a volte arriva anche a dire: O Dio, mantieniti al di fuori del mondo! Lascia il mondo all'uomo soltanto! Qui Tu limiti l'uomo; qui non possiamo abitare insieme.

E ritiene che una simile risposta sia per l'umanità un segno di progresso e di autonomia.

Cur Deus homo? Perché Dio si è fatto uomo? L'uomo pone a Dio la domanda, ma è poi lui a rispondere a se stesso.

Tuttavia, è solamente Dio che può indicare la via verso le profondità del suo Mistero.


3. La risposta di Dio si chiama Vangelo.

Essa ha il suo principio nella notte di Betlemme, per diventare poi testimonianza a Colui che è nato proprio in quella notte.

Dio infatti ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio perché l'uomo non muoia, ma abbia in Lui la vita eterna (cfr. Jn 3,16).


4. Fratelli e sorelle, non chiudiamoci in noi stessi di fronte a Dio.

Non impediamoGli di abitare fra di noi.

Colui che oggi è nato, consustanziale al Padre, è il Primogenito di ogni creatura.

Egli viene nella sua proprietà.

Non glielo impediamo.

Non pensiamo che Dio debba rimanere solo, rivestito di ineffabile Maestà, ma solo - al di sopra del mondo e al di fuori di esso.

Il mondo gli appartiene; e, nel mondo, l'uomo è l'essere che più è suo, essendo stato creato a sua immagine e somiglianza - immagine dell'Invisibile nel mondo visibile.

L'Amore è il nome che maggiormente si addice alla divina Maestà.

L'amore pero rimane se stesso solo quando si fa dono, dono per gli altri.

può forse l'uomo realizzare pienamente se stesso senza l'Amore? Cos'altro lo può salvare al di fuori dell'Amore onnipotente, rivelatosi in quel Bambino indifeso? Chi altri può svelare pienamente l'uomo a se stesso, se non Lui? Il suo Nome è Gesù - Dio che salva.


5. Fratelli e sorelle carissimi, uomini e donne dell'intera umanità, Cristo - Dio che salva - desidera incontrarci.

E' fra di noi: accogliamolo, apriamogli il cuore! Ascoltate la sua voce, voi, Responsabili delle Nazioni, chiamati a gestire le sorti dei popoli: la solidarietà - Egli ha proclamato silenzioso nella notte della speranza - è la via maestra per la giustizia e la pace.

Voi che soffrite sui sentieri dell'esistenza, voi oppressi dall'ingiustizia e dal male, voi delusi ed insoddisfatti d'ogni transitorio benessere: la Vita - annuncia il Verbo fatto carne - s'è resa oggi manifesta nel suo pieno splendore.

E' canto di gioia che fa tacere il grido minaccioso della morte.

Ascoltate la voce dell'amore, dolce e potente ad un tempo, voi soprattutto, che brandite le armi violente ed omicide.


6. Dinanzi al presepe, dove l'Uomo-Dio vagisce sotto lo sguardo trepido di Maria e Giuseppe, il pensiero va spontaneo ai tanti nostri fratelli per i quali il Natale anche quest'anno è segnato da paura, tristezza e dolore.

Penso ai fanciulli di Sarajevo, di Banja Luka, alle popolazioni della Bosnia Erzegovina, ostaggi di una violenza programmata e disumana; alla Liberia, da più di tre anni sconvolta e dilaniata da insani e fratricidi combattimenti; alla Somalia, dove fortunatamente, grazie agli aiuti, s'accende la fiducia di un futuro migliore.

Come dimenticare, poi, l'attesa di una pace certa e durevole in Angola, in Mozambico? Come non preoccuparsi del clima di odio e di lotta che nella Terra Santa, suolo santificato dalla nascita del divino Artefice della pace, perdura pesante ed allontana ancor più le speranze suscitate dal processo di pacificazione avviato a Madrid?


7. Cur Deus homo? Pur oscurato dalle nebbie e tempeste della storia, il cammino dell'umanità è illuminato dalla risposta di Dio, che accresce la nostra speranza.

Il tuo amore, o Verbo incarnato, è più forte dell'odio, più forte della stessa morte (cfr. Ct 8,6).

Si! Nulla può impedire che tu venga a noi, anche nei luoghi martoriati del mondo dove tuttora si uccide, e il male sembra regnare incontrastato.

Filius datus est nobis! Tu vieni, o Signore, a guarire le ferite aperte nel fianco dell'umanità.

Vieni là dove il fragore delle armi impedisce di sentire finanche il pianto sconsolato di donne e bambini, i lamenti dei feriti, le flebili invocazioni dei moribondi.

Talora la terra appare proprio sorda ed impenetrabile al Mistero della tua presenza.

Vieni, ti preghiamo, perché trionfi il tuo Amore, dono di pace.

Per questo ci incontreremo ad Assisi il 9 e il 10 gennaio, rappresentanti delle Chiese d'Europa, uniti a tutti i credenti in Cristo e agli uomini di buona volontà.


8. Nel fulgore di questo giorno santo echeggia il cantico della gioia celeste: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama".

Splende la vittoria dell'Amore onnipotente, che colma in pienezza ogni nostra attesa umana.

Cur Deus homo? Puer natus est nobis! Filius datus est nobis! E' la risposta di Dio.

Così risponde il Verbo Incarnato.

E la sua voce raggiunge l'uomo, quando questi, di fronte alla divina Nascita di Betlemme, permette a Dio di parlare.

Mostrami, Signore, la via alle profondità del tuo Mistero.

Mostrami la via! Amen.

Data: 1992-12-25 Data estesa: Venerdi 25 Dicembre 1992

Angelus: per la domenica della Santa Famiglia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La cultura edonistica e relativistica compromette l'unità della famiglia

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Oggi la liturgia ci invita a fissare lo sguardo sulla Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Famiglia certo singolare, per la presenza in essa del Figlio di Dio fatto uomo. Ma, proprio per questo, famiglia-modello, in cui tutte le famiglie del mondo possono trovare il loro sicuro ideale e il segreto della loro vitalità.

Non è casuale che la festa della Santa Famiglia cada così vicina al Natale. A ben vedere, essa ne è come uno sviluppo naturale. Lo è anzitutto perché il Figlio di Dio ha voluto aver bisogno, come tutti i bambini, del calore di una famiglia. Ma lo è anche perché, venendo a salvare l'uomo, ha voluto assumerne ogni dimensione, individuale e sociale. Redentore dell'uomo, Egli è così anche il Redentore della famiglia. Vivendo con Maria e Giuseppe ha ricondotto la famiglia allo splendore del disegno originario di Dio.


2. Alla luce dell'esemplare esperienza di Nazareth siamo invitati, fratelli e sorelle carissimi, a riscoprire il fondamentale valore del nucleo familiare. La famiglia è una vocazione all'amore, una comunità di persone chiamate a vivere una specifica esperienza di comunione (cfr. FC 21) all'interno di quel vasto disegno di unità, che Dio coltiva per la Chiesa ed il mondo, e che ha nella comunione trinitaria il suo modello e la sua sorgente. Purtroppo l'unità familiare è oggi spesso compromessa da una cultura edonistica e relativistica, che non favorisce l'indissolubilità del matrimonio e l'accoglienza della vita. A farne le spese, sono soprattutto i più piccoli, ma i riflessi negativi si proiettano sull'intero tessuto sociale, generando frustrazione, tensione, aggressività, voglia di evasione e talora violenza. Come si potrà assicurare una ordinata e pacifica convivenza, in una società sempre più complessa, se non si riscopre il valore e la vocazione della famiglia?


3. A tale urgenza ci chiama appunto la festa di oggi, riproponendoci l'ideale della Santa Famiglia, dove non mancava la croce, ma era di casa la preghiera; e gli affetti erano profondi e puri; dove l'asprezza quotidiana del vivere veniva addolcita dalla serena adesione alla volontà di Dio; dove l'amore non si chiudeva, ma sapeva spingersi lontano in una solidarietà concreta e universale.

La Vergine Santa, alla quale ci rivolgiamo ora con la preghiera dell'"Angelus", ottenga alle famiglie cristiane del mondo intero di essere sempre più affascinate da questo ideale evangelico si da divenire fermento autentico di nuova umanità.

Data: 1992-12-27 Data estesa: Domenica 27 Dicembre 1992





Omelia sul Sinodo diocesano - Chiesa del Santo Nome di Gesù (Roma)

Titolo: Il "Confronto con la Città" promosso dal Sinodo è confronto con lo "ieri e oggi" di Cristo a Roma


1. "Davanti al Signore che viene" (Ps 95(96),13). Il salmo proclama la verità dell'avvento di Dio. "Il Signore che viene a giudicare la terra" (cfr. Ps 95(96),13), perché "questa è l'ultima ora" (1Jn 2,18), l'ultimo giorno di questo anno solare, l'ultima sera. L'avvento liturgico ci prepara per la venuta di Dio nel tempo, nella pienezza del tempo, per il mistero del Verbo Incarnato, per la notte della nascita di Dio a Betlemme. L'ultimo giorno dell'anno, l'ultima ora è inscritta nella nascita di Dio. E' anche abbracciata dall'avvento liturgico.

Insieme con la nascita di Dio nella carne umana, quindi, il tempo della storia dell'uomo è stato orientato verso gli ultimi destini, è entrato nella dimensione del regno di Dio, che è compimento della storia degli uomini e del mondo. A questo fatto, in certo modo, ci richiama l'ultima ora di ogni anno.


2. Stiamo "davanti al Signore che viene a giudicare la terra" - così proclama il Salmo dell'odierna liturgia. Il giudizio è strettamente legato con la logica dell'esistenza umana. Particolarmente quando l'uomo si trova di fronte ad una fine, sente il bisogno di un giudizio. Perché ciò che è passato, ciò che è alle sue spalle, trovi la sua espressione nella verità. Proprio il giudizio è l'espressione della verità. Il giudizio dell'uomo si incontra col giudizio di Dio.

Il giudizio dell'uomo è sempre limitato, sottoposto alle condizioni di un tempo e di un luogo determinati. E' necessario che questo giudizio umano si ritrovi nello spazio della verità divina, affinché in questa prospettiva sia accolto e penetrato fino in fondo dal giudizio di Dio stesso, da quella luce di cui parla il prologo del Vangelo di Giovanni: "La luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta" (Jn 1,5). Oggi, nell'ultima ora dell'anno che finisce, continua ad essere presente la gioia della nascita di Dio. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito... perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,16-17).

La logica umana del giudizio si incontra con la divina volontà di salvare l'uomo.

Dio vuole che gli uomini si salvino. Per questa ragione la luce è venuta nel mondo. Gli uomini sono stati chiamati per camminare in questa luce, per diventarne i testimoni. Questa è la chiamata salvifica.


3. Oggi rivolgiamo il nostro pensiero a Roma. In questa sera vogliamo pensare particolarmente a questa nostra Città. Nella basilica "del Gesù" si riunisce la Chiesa che è in Roma insieme col suo Vescovo. Saluto il Cardinale Vicario, Camillo Ruini, insieme con i Vescovi ausiliari. Saluto pure il Cardinale Eduardo Martinez Somalo, titolare di questa chiesa, ed i padri Gesuiti che vi svolgono il loro ministero. Saluto, infine, i Presuli, il Clero, le Autorità cittadine e tutti i fedeli presenti. Di Roma si dice spesso che è "la città eterna". Ma nessuna città sulla terra è eterna, "perché passa la scena di questo mondo" (1Co 7,31). Se si dice di Roma "città eterna" - prima di tutto lo si fa perché in essa si è fermata in modo particolare, la Verità che è il Verbo di Dio - e il Verbo di Dio non passa. Il Verbo qui si è fermato per mezzo del ministero apostolico di Pietro e Paolo. Roma è diventata così la sede della successione apostolica della Chiesa, rappresentata in modo eminente dai due Apostoli. Insieme con la testimonianza che essi hanno dato al Verbo Incarnato, un particolare raggio della divina Eternità è penetrato in ciò che è passeggero. Proprio per questo sant'Ireneo poteva affermare: "Ma poiché sarebbe troppo lungo... numerare le successioni di tutte le Chiese, indichiamo solo la tradizione ricevuta dagli apostoli, la fede annunciata a tutti gli uomini e giunta fino a noi nella successione episcopale, della Chiesa più grande e più antica, conosciuta da tutti; della Chiesa fondata e costituita a Roma dai due gloriosissimi apostoli Pietro e Paolo... Con questa Chiesa, per la sua esimia superiorità, deve accordarsi la Chiesa universale, cioè i fedeli che sono ovunque; in essa infatti viene conservata, da coloro che sono dovunque, la tradizione derivante dagli apostoli" (Adversus haereses, 3,3,2: PG 7, 848).


4. L'anno che finisce è diventato, nel quadro del Sinodo romano, un tempo particolare grazie a ciò che è stato chiamato il "Confronto con la Città". Non possiamo vivere, come romani e in modo particolare come cristiani, senza un tale confronto. Dobbiamo, nel quadro del Sinodo, elaborare un'immagine multipla dell'odierna Roma. Pero questo "oggi" ha radici molto profonde. Cristo ha messo le radici in questa Città, la sede dell'impero, per mezzo dei suoi apostoli. "Cristo ieri e oggi" (cfr. He 13,8). Questo "ieri" originario di Cristo, della sua Chiesa a Roma, germogliava per lungo tempo sotto la terra, nascosto. Pero già durante la vita degli Apostoli divento visibile. Come avevano crocifisso Cristo a Gerusalemme così crocifissero i suoi discepoli e seguaci. Li condannarono "ad bestias". Li bruciarono come vive fiaccole nei circhi di Roma imperiale. Lo stesso Pietro fu crocifisso e Paolo fu condannato alla decapitazione. In tal modo essi resero fino alla fine la loro testimonianza a Cristo. Il "Confronto con la Città" è confronto con questo "ieri e oggi" di Cristo a Roma. "Il Figlio unigenito che è nel seno del Padre" non cessa di parlare di lui, del Padre (cfr. Jn 1,18). I discepoli di Cristo, verso la fine del secondo millennio, non cessano, a loro volta, di rendere testimonianza alle grandi opere di Dio. E vogliono farlo in questa grande e multiforme Città di Roma, ricca di umanità ma anche segnata da molte miserie, materiali e morali. Seguendo il Figlio di Dio, fatto bambino per la nostra salvezza, i cristiani di Roma intendono essere, per ogni uomo e donna che vive in questa Città, segno credibile dell'amore misericordioso di Dio. Essi intendono annunciare e testimoniare il Messaggio della speranza evangelica anche a tutti coloro che verranno pellegrini a Roma nell'anno che ci attende, e poi sempre più numerosi con l'avvicinarsi del grande Giubileo. Essi sono consapevoli di dover essere, in nome del Vangelo, stimolo ad una convivenza più fraterna e più coraggiosa nell'affrontare la vita, perché più fiduciosa nella Provvidenza di Dio.


5. Alla fine dell'anno che se ne va, alla soglia dell'anno nuovo, continua la gioia della nascita di Dio. La logica umana del giudizio e la valutazione di ciò che si sviluppa nel tempo si incontrano con la divina volontà della verità e della salvezza. "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). Il Sinodo della Chiesa che è in Roma desidera essere - tra l'anno che va e quello che viene - il testimone e, in senso specifico, anche il ministro evangelico di un tale incontro tra la logica umana del giudizio e la divina volontà della verità e della salvezza dell'uomo. Continua la gioia del Natale, perché continua la sua realtà. "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (Jn 1,16). Di generazione in generazione. "La grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo" (Jn 1,17). La nostra generazione desidera avere in essa la sua parte secondo la misura delle sfide e delle necessità del nostro tempo. Quando dico questo, penso a tutti gli uomini, a tutti i cristiani della nostra generazione in Roma. Come Vescovo - indegno successore di San Pietro - partecipo della loro fede, speranza e amore. Sono servo di tutti. Di ciascuna parrocchia romana, delle famiglie cristiane, dei laici impegnati a vivere con coerenza il loro Battesimo. Di tutte le associazioni e movimenti giovanili. Di ogni comunità religiosa maschile e femminile. Di tutte le persone consacrate a Dio, in modo particolare di quelle dedicate alla causa del regno di Dio a cui è chiamato l'uomo.

Tutti insieme cantiamo il "Te Deum".

Ringraziamo per la grazia e per la verità che sono venute a noi per mezzo di Cristo. In lui siamo nati di nuovo. Da lui abbiamo ricevuto la forza per diventare figli di Dio.

Tu Rex gloriae, Christe Tu Patris sempiternus es Filius Salvum fac populum tuum. Amen!

Data: 1992-12-31 Data estesa: Giovedi 31 Dicembre 1992



GPII 1992 Insegnamenti - Messaggio "Urbi et Orbi" dalla Loggia della Basilica Vaticana ai fedeli di tutto il mondo - Città del Vaticano (Roma)