GPII 1993 Insegnamenti - Omelia durante l'ordinazione di 11 nuovi Vescovi - Roma


1. A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno tutte le nazioni (Ps 71,11).

La Costituzione Dogmatica "Lumen gentium" del Concilio Ecumenico Vaticano II, citando un celebre passo di San Giovanni Crisostomo, sottolinea quell'universalità dell'unico popolo di Dio che risplende in modo speciale nell'odierna celebrazione.

"In tutte le nazioni della terra - afferma il documento conciliare - è radicato un solo popolo di Dio... E infatti tutti i fedeli sparsi per il mondo, comunicano con gli altri nello Spirito Santo, e così 'chi sta a Roma sa che gli Indi sono sue membra' (Giov. Crisostomo, In Io. Hom. 65,1). ...La Chiesa, cioè il Popolo di Dio... favorisce e accoglie tutta la dovizia di capacità e consuetudini dei popoli, in quanto sono buone, e accogliendole le purifica, le consolida ed eleva.

Essa infatti si ricorda bene di dover raccogliere con quel Re, al quale sono state date in eredità le genti (Ps 2,8), e nella cui città esse portano i loro doni e offerte" (n. 13).


2. "Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua Madre, e prostratisi lo adorarono" (Mt 2,11). Nella liturgia di oggi la Chiesa rivive la verità di queste parole. Mentre infatti nella notte di Natale contempliamo l'accorrere alla grotta di Betlemme di alcuni pastori appartenenti al popolo d'Israele, oggi - solennità dell'Epifania - facciamo memoria dell'arrivo dei Magi, giunti dal lontano Oriente per adorare nel neonato Bambino il Re e Salvatore universale e offrirgli i loro doni. I Magi vengono domandando: "Dov'è il re dei Giudei che è nato?". E vengono portando doni (Mt 2,2). Arrivati al "luogo dove si trovava il bambino, ...prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra" (Mt 2,9 Mt 2,11). Si erano informati del neonato "re dei Giudei" (Mt 2,2) ed ecco, è ora dinanzi a loro il re non di un popolo soltanto, ma di tutte le nazioni che gli "sono state date in possesso" (Ps 2,8). Si attuava così la verità già annunciata dal Salmista molto tempo prima. I Magi con il loro gesto di adorazione testimoniano dunque che Gesù bambino è re non di un unico popolo - il popolo d'Israele - ma di tutte le genti della terra.


3. Epifania. L'odierna solennità porta questo nome significativo. I Magi, venuti dall'Oriente per offrire i loro doni, diventano i testimoni del Dono santissimo offerto da Dio agli uomini: nel mistero dell'Incarnazione Dio Padre offre all'umanità il suo Figlio unigenito, a Lui consustanziale. Nel Verbo fatto carne l'amore stesso di Dio si è reso visibile: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). I Magi, alla presenza di questo santissimo mistero, si prostrarono. Benché i loro occhi vedano solo un bambino neonato, la luce che li guida interiormente permette loro di riconoscere ciò che gli occhi non riescono a percepire: permette loro di comprendere il santissimo Dono offerto da Dio all'umanità. A tale santissimo Dono essi rispondono con il loro personale dono, presentando a Gesù oro, incenso e mirra, semplici simboli umani, che esprimono il mistero del re a cui "tutte le nazioni sono state date in possesso" (Ps 2,8). Al tempo stesso, i doni rendono manifesta la profonda verità dell'Incarnazione. Ricevendo la natura umana, il Figlio di Dio ha scelto di condividere anche l'amarezza dell'esistenza terrena, che ha trovato il suo punto culminante quando, in agonia sulla croce, "gli offrirono vino mescolato con mirra" (Mc 15,23).


4. Carissimi fratelli e sorelle, l'universalità dell'unico Popolo di Dio, che oggi si raccoglie attorno al suo divino Re, risplende particolarmente in questa celebrazione dell'ordinazione episcopale di undici nostri fratelli i quali, provenendo da diverse nazioni, portano a Dio l'omaggio dei popoli della terra. Vi saluto, cari fratelli, che mediante lo Spirito Santo rimanete nella comunione della Chiesa di Cristo. Saluto ciascuno con affetto e stima. Saluto te, Mons.

Diego Causero, inviato come mio rappresentante in alcune nazioni dell'Africa; te, Mons. G. Charles Palmer-Buckle, Vescovo eletto di Koforidua (Ghana); te, Mons. Elio Sgreccia, Segretario del Pontificio Consiglio per la Famiglia; te, Mons.Henryk Marian Tomasik, Ausiliare del Vescovo di Siedlce (Polonia); te, Mons. Henry J. Mansell, Ausiliare dell'Arcivescovo di New York (U.S.A.); te, Mons. Jan Kopiec, Ausiliare del Vescovo di Opole (Polonia); te, Mons. Alojzij Uran, Ausiliare dell'Arcivescovo di Ljubljana (Slovenia); te, Mons. Luigi Sposito, Segretario della Prefettura degli Affari Economici della Santa Sede; te, Mons. Norbert K. Strotmann Hoppe, Ausiliare dell'Arcivescovo di Lima (Perù); te, Mons. Elmo Perera, Ausiliare del Vescovo di Galle (Sri Lanka); te, Mons. Csaba Ternyak, Ausiliare dell'Arcivescovo di Esztergom (Ungheria). Cari fratelli, tra poco riceverete la pienezza del sacramento dell'Ordine in questa Basilica di San Pietro. Da qualunque luogo veniate, voi sapete di essere membri dello stesso organismo: il Corpo di Cristo, reso vivo dalla presenza santificante dello Spirito Santo. I vostri nomi risuonino in questo tempio, posto al centro della Chiesa, come segno della chiamata ricevuta da Dio e della missione che oggi vi viene affidata nel ministero episcopale.


5. Costituiti Pastori del Popolo di Dio, voi sapete bene che dovrete "raccogliere" i credenti in stretta unione con quel Re, nel quale le nazioni hanno ricevuto l'Epifania del Regno di Dio. Come i Magi dell'Oriente, così anche voi siate i servi dell'Epifania divina. Portate ai piedi del Salvatore divino l'offerta del popolo cristiano, cioè i doni delle vostre Chiese insieme con la vostra fatica pastorale. In questo modo si riveli sempre più il santissimo Dono che, in Gesù Cristo, Dio ha elargito al mondo e l'umanità giunga a conoscere con quale immenso amore Dio l'ha amata, non esitando a dare per essa il suo unigenito Figlio. "A lui tutti i re si prostreranno, / lo serviranno tutte le nazioni". Per sempre! Amen.Data: 1993-01-06 Data estesa: Mercoledi 6 Gennaio 1993

Discorso ai giovani non vedenti e pluriminorati dell'Istituto Serafico - Cappella (Assisi)

Titolo: "Seguendo l'esempio di san Francesco e di santa Chiara siate strumenti di pace e di fraternità"

1. All'inizio del mio breve soggiorno ad Assisi, sono lieto e commosso di sostare brevemente tra voi, carissimi ospiti dell'Istituto Serafico di Assisi. Saluto con affetto ciascuno di voi ed i vostri educatori; saluto i bambini del vicino Istituto Padre Ludovico da Casoria, qui presenti con le Suore Elisabettine di Padova, le quali, coadiuvate da educatrici e volontari, rendono un prezioso servizio di carità. Un pensiero di viva gratitudine lo indirizzo al Vescovo diocesano, Mons. Sergio Goretti, che ringrazio per le cordiali espressioni di benvenuto rivoltemi. Sono riconoscente, poi, al Presidente dell'Istituto, il Dottor Guido Jacono, che mi accoglie con apprezzata cortesia insieme all'intero Consiglio di Amministrazione. Estendo il mio ricordo volentieri ai responsabili locali dell'Associazione Internazionale Amici del Serafico di Assisi (AIMSA), che si propone di contribuire anche economicamente a sostenere l'attività educativa ed assistenziale dell'Opera. A tutti i presenti il mio più cordiale saluto.


2. Carissimi ragazzi e ragazze che qui vivete, vi abbraccio con affetto e mi sento vivamente partecipe della vostra vita segnata dalla sofferenza, ma prediletta in modo speciale dal Signore, il quale - come narrano i Vangeli - è vicino soprattutto alle persone più duramente provate dal dolore. Ho accolto volentieri l'invito a rendervi visita per iniziare così il mio pellegrinaggio di preghiera in Assisi mettendo in luce il valore fondamentale della vita umana, redenta da Cristo, ma ancor oggi purtroppo spesso poco rispettata, e non di rado distrutta dalla violenza e dalla guerra. Il mio pensiero va in questo momento a san Francesco, che, divenuto quasi cieco negli ultimi anni della sua esistenza, compose proprio qui, ad Assisi, il "Cantico delle creature", straordinaria lirica di lode e di riconoscenza a Dio creatore, in cui emerge la fede e la sensibilità poetica del Poverello di fronte all'universo e all'uomo. Quest'inno di alta spiritualità e di edificante abbandono in Dio inizia con l'atto della totale adorazione: "Altissimu, onnipotente, bon Signore, tue so' le laude, la gloria e l'honore et omne benedictione", e termina con l'espressione dell'obbedienza suprema: "com grande humilitate". Carissimi giovani ospiti, san Francesco vi aiuti a vivere sempre con questi sentimenti di serena confidenza nel Signore e vi consoli nei momenti di difficoltà! Sia di sostegno per voi, carissimi responsabili ed educatori, nel vostro quotidiano lavoro e faccia si che il vostro Istituto - come è ben sottolineato nello Statuto - possa perseguire con frutto "lo scopo di promuovere la riabilitazione, il recupero funzionale e sociale, l'istruzione, l'educazione morale e la formazione cristiana" di quanti la Provvidenza affida alle vostre cure.


3. Siamo venuti ad Assisi per pregare per la pace in Europa e nel mondo intero ed io sono certo dell'attiva e fervorosa partecipazione di tutti voi a così importante iniziativa spirituale. Il mondo ha bisogno di pace, di concordia, di reciproca comprensione. Il divino Maestro ha lasciato alla Chiesa ed agli uomini di ogni tempo il perenne testamento dell'Amore: "Amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati"! Un senso di grande tristezza invade l'animo pensando alla bontà infinita di Dio ed alla umana indifferenza, all'odio, alle guerre che offuscano sulla terra il progetto della divina Provvidenza. Voi, con la vostra preghiera e con la testimonianza della bontà, potete offrire un quotidiano contributo alla causa della pacificazione dei cuori e all'instaurazione della pace fra gli uomini.

Sono venuto per dirvi che il Papa conta sul vostro apporto nascosto ma efficace: domandate a Dio il dono della pace dei cuori, delle famiglie, dei popoli.

Carissimi! Davanti alle tragedie degli uomini le preghiere possono sembrare inefficaci e vane, ed invece esse aprono sempre nuovi spiragli di speranza, soprattutto quando sono avvalorate dal dolore che si trasforma in amore. Il mio auspicio è che anche voi, seguendo l'esempio di san Francesco e di santa Chiara, possiate con l'aiuto della Vergine Santissima, essere strumenti di pace e di fraternità. Vi accompagni per questo anche la mia Benedizione, che ora con grande affetto vi imparto!

Data: 1993-01-09 Data estesa: Sabato 9 Gennaio 1993

Discorso ai Vescovi, ai rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, dell'Ebraismo e dell'Islam - Sacro Convento di San Francesco (Assisi)

Titolo: "Alle guerre e ai conflitti vogliamo contrapporre con umiltà ma con vigore la nostra corcordia"

Cari Confratelli nell'Episcopato, Cari Rappresentanti delle Chiese e Comunità ecclesiali cristiane, Cari Rappresentanti dell'Ebraismo e dell'Islam, Cari fratelli e sorelle tutti, qui presenti o che seguite questa Veglia solenne per la Pace mediante la Radio o la Televisione: Pace a tutti voi, pace da parte del Dio di Abramo, del Dio grande e misericordioso, del Dio Padre di Nostro Signore Gesù Cristo, del "Dio della Pace" (cf. Rm 15,33ss), il cui nome è appunto "Pace" (Ep 2,14).


1. All'inizio di questo nostro incontro, desidero in primo luogo porgere a tutti i presenti il mio più cordiale benvenuto. Avete voluto rispondere all'appello che, unitamente ai Presidenti delle Conferenze episcopali d'Europa, ho rivolto ai Vescovi europei, alle Chiese e Comunità ecclesiali cristiane del Continente, nonché ai Capi delle Comunità ebraiche e musulmane dello stesso Continente, per ritrovarci in questa città benedetta di Assisi a riflettere sulla pace in Europa, specialmente nei Balcani, e a pregare. Ed ora eccoci qui, sospinti dalla comune preoccupazione per un così fondamentale bene dell'umanità. Eccoci raccolti per rivolgere al Signore della storia le nostre preghiere, ciascuno a modo suo e secondo la propria tradizione religiosa, implorando da Lui, che soltanto può assicurarlo, il prezioso dono della pace. Noi cristiani pregheremo insieme nel secondo momento di questa Veglia, nella Basilica superiore di san Francesco. I nostri fratelli, Ebrei e Musulmani, avranno a disposizione, in questo stesso Sacro Convento, e quindi sotto lo stesso tetto, luoghi adatti per la propria preghiera.

Tutti abbiamo voluto, poiché anche questo ci è comune, accompagnare la preghiera con il digiuno.


2. Ciò che ci ha indotti a muoverci dalle nostre rispettive sedi e ci ha portati a raccoglierci qui, lasciando da parte altri impegni, è la profonda consapevolezza che la tragedia della guerra in Europa, in Bosnia Erzegovina, nel Caucaso ed in altre parti ancora della terra, costituisce un appello alle nostre più specifiche responsabilità, in quanto uomini e donne religiosi. Ciascuno di noi sa che la propria concezione religiosa è per la vita e non per la morte; è per il rispetto di ogni essere umano in tutti i suoi diritti e non per l'oppressione dell'uomo sull'uomo; è per la convivenza pacifica di etnie, popoli e religioni, non per la contrapposizione violenta né per la guerra. Di fronte a questa comune convinzione, che per le religioni qui presenti deriva dalla propria concezione religiosa e da un preciso senso della dignità della persona umana, lo spettacolo degli orrori delle guerre in atto nel Continente, specialmente nei Balcani, non può non muoverci a far ricorso al mezzo che è proprio di chi crede; tale mezzo è la preghiera. E' questa la nostra forza; questa è la nostra arma. Di fronte agli strumenti di distruzione e di morte, di fronte alla violenza e alla crudeltà, noi non abbiamo altro che il ricorso a Dio, con le parole e con il cuore. Non siamo né forti né potenti, ma sappiamo che Dio non lascia senza risposta l'implorazione di chi si rivolge a lui con fede sincera, soprattutto quando è in gioco la sorte presente e futura di milioni di persone.


3. E' questo il senso della nostra Veglia. In questa prima parte, comune a tutti noi, si è pensato che, come introduzione e preparazione alle preghiere che si faranno dopo, sarebbe stato opportuno ascoltare alcune testimonianze di persone toccate, in un modo o nell'altro, dalla guerra o dalle violenze che attualmente sconvolgono l'Europa. Per questo motivo, abbiamo invitato una delegazione ecumenica e interreligiosa dai Balcani, che portasse con sé i segni della sofferenza e dell'irrazionalità della guerra, di questa guerra come di tutte le altre. Abbiamo voluto che si sentisse anche la voce dei rifugiati, come gli altri e più degli altri vittime di questa assurda contesa tra fratelli. Nell'ascoltarli in silenzio, nel riflettere poi su quanto la loro esperienza ci avrà fatto sentire ancor più profondamente, saremo meglio disposti a pregare per la pace, in quanto dono divino.


4. Vorrei aggiungere che questo nostro incontro, e le preghiere che seguiranno dopo, nei diversi luoghi di questo Sacro Convento, vogliono essere in se stesse una testimonianza viva, e come una felice prefigurazione del dono che intendiamo chiedere per i nostri fratelli e sorelle tanto d'Europa che del resto del mondo.

Ognuno di noi è venuto qui mosso dalla fedeltà alla propria tradizione religiosa, ma nel contempo nella consapevolezza e nel rispetto della tradizione altrui, poiché siamo qui convenuti per lo stesso scopo, quello di pregare e di digiunare per la pace. La pace regna tra noi. Ciascuno accetta l'altro com'è, e lo rispetta come fratello e sorella nella comune umanità e nelle personali convinzioni. Le differenze che ci separano rimangono. Ed è questo il punto essenziale ed il senso di questo incontro e delle preghiere che verranno dopo: far vedere a tutti che soltanto nella mutua accettazione dell'altro e nel conseguente mutuo rispetto, reso più profondo dall'amore, risiede il segreto di un'umanità finalmente riconciliata, di un'Europa degna della sua vera vocazione. Alle guerre ed ai conflitti vogliamo contrapporre con umiltà, ma anche con vigore, lo spettacolo della nostra concordia, nel rispetto dell'identità di ognuno. Mi sia consentito, a questo proposito, citare il primo versetto del Salmo 132: "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli stiano insieme".


5. Cari fratelli e sorelle! Il ricordo della grande Giornata di Preghiera per la Pace, svoltasi qui ad Assisi nell'ottobre del 1986, torna spontaneo alla memoria.

In quell'occasione la preoccupazione dei presenti si rivolgeva al mondo intero, su cui si addensavano oscure nubi. perciò rappresentanti di molte altre religioni erano presenti. Oggi, il nostro sguardo si rivolge all'Europa. L'invito è stato rivolto quindi ai rappresentanti delle tre grandi tradizioni religiose da secoli presenti in questo Continente, alla cui lenta formazione nel tempo tutte e tre hanno dato il loro contributo e lo danno tuttora: Ebrei, Cristiani, Musulmani. Ci si chiede adesso di contribuire in un modo specifico, con le nostre preghiere e con l'offerta del nostro digiuno, alla ricostruzione del Continente europeo; e forse alla sua sopravvivenza, in continuità con lo stesso spirito che presiedette alla Giornata di Preghiera dell'ottobre 1986. Come allora ci affidammo al Signore della storia, il quale ci ha dato dei segni, anche tangibili, di averci ascoltato, ci affidiamo oggi, ancora una volta, alla sua misericordia, certi di essere ascoltati. Questa città, con Francesco, il santo che ad essa ha legato il suo nome e che costituisce per tutti un punto di riferimento in quanto esempio e prototipo di pace con gli uomini, col creato e con Dio, fa da suggestiva cornice, questa sera, alla nostra Veglia. Quando essa sarà terminata, altri, specialmente giovani, la prolungheranno con fiaccolate e preghiere fino a quando spunterà l'alba.

L'alba! Sia essa simbolo e preannuncio di quell'alba di luce e di pace che speriamo spunti finalmente sull'intera Europa. Che il Dio della pace sia con noi.

Amen!

Data: 1993-01-09 Data estesa: Sabato 9 Gennaio 1993

Omelia durante la Veglia di Preghiera per la pace in Europa - Basilica Superiore (Assisi)

Titolo: Non dobbiamo cercare la pace al di fuori di Cristo e, tanto meno, contro di Lui

Cari fratelli e sorelle in Cristo!


1. Questa è l'ora della preghiera. Poco fa ci siamo riuniti tutti insieme per ascoltare le testimonianze di coloro che hanno fatto da vicino l'esperienza della guerra e delle sue conseguenze. Abbiamo riflettuto in silenzio sulle penose vicissitudini esposte e ci siamo sentiti partecipi delle sofferenze di quelle martoriate popolazioni. Era il primo scopo di questa Veglia: che quanti in Europa, uomini e donne, sono aperti ai valori religiosi, avvertissero quasi inflitte nella propria carne le ferite della guerra: l'angoscia, la solitudine, l'impotenza, il pianto, il dolore, la morte. Forse anche la disperazione. Ci siamo così convinti ancor più fortemente che questi mali sono qualcosa che pesa sulle nostre spalle, che opprime i nostri cuori. Davanti ad una simile tragedia non si può restare indifferenti; non si può dormire. Dobbiamo, appunto, vegliare e pregare come il Signore Gesù nell'Orto degli Ulivi, quando portava su di sé tutti i nostri peccati sino a sudare sangue (Cfr. Lc 22,44). Cristo, infatti, "è in agonia sino alla fine del mondo" (Pascal, Pensées, 736). E noi vogliamo accompagnarlo, questa notte, vegliando e pregando.


2. Questo è il secondo momento della nostra Veglia. Esso si svolge, per noi cristiani, nella Basilica Superiore di san Francesco. I rappresentanti dell'Islam si sono raccolti in un altro luogo di questo Sacro Convento, come pure hanno fatto alcuni rappresentanti dell'Ebraismo, mentre numerosi altri ebrei, che non hanno potuto, per i loro obblighi religiosi, raggiungerci qui ad Assisi, si uniscono anch'essi, pregando nelle loro sinagoghe, alla nostra supplica. Entrando nella Chiesa abbiamo acceso le nostre candele dal Cero, posto in luogo eminente quale simbolo della presenza in mezzo a noi di Cristo, "luce del mondo". Questo, infatti, Egli ci ha promesso: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20). Ma il cero è anche simbolo della luce interiore dello Spirito Santo, di cui sentiamo particolare bisogno in questo momento di preghiera.

Abbiamo ascoltato insieme la parola della Sacra Scrittura. Anche di questa luce è simbolo il cero. La Sacra Scrittura ci illumina, perché in essa e per mezzo di essa parla il Verbo. Anzi, nelle parole dei Profeti, degli Apostoli e degli Evangelisti il Verbo si fa presente. Ci è dato così di meglio comprendere ciò che dobbiamo chiedere al Dio Uno e Trino in questa Veglia di Preghiera per la pace; che cosa dobbiamo chiedere in questa notte santa.


3. La chiave di lettura delle parole che abbiamo sentito, e del senso della nostra preghiera, la troviamo nel secondo brano poc'anzi proclamato. L'Apostolo afferma che Cristo è la nostra pace: "Egli - dice san Paolo - è la nostra pace" (Ep 2,14).

Che cosa significano per noi, in questa notte, le lapidarie parole dell'Apostolo? Significano anzitutto che non dobbiamo cercare la pace al di fuori di Cristo; e, tanto meno, contro di Lui. Dobbiamo, invece, sforzarci di vivere le parole di Paolo: "Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Ph 2,5).

Ciò suppone la nostra personale conversione, efficacemente espressa dal medesimo Apostolo in questi termini: "Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ognuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso. Non cerchi ciascuno il proprio interesse, ma anche quello degli altri" (Ph 2,3-4). Se Cristo "ha abbattuto il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia" (Ep 2,14); se Lui "ha distrutto in sé l'inimicizia" per "riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo per mezzo della croce" (Ep 2,16), come può ancora esistere l'inimicizia nel mondo? Come può esistere l'odio? Come è possibile uccidersi a vicenda?


4. Sono queste le domande che in questa notte noi sentiamo di dover porre a tutti, ed anche a noi stessi, davanti alla tragedia della Bosnia Erzegovina, davanti alle tragedie presenti in altre parti d'Europa e del mondo. A tali domande non vi è altra risposta che quella dell'umile richiesta di perdono ai piedi della Croce sulla quale il Signore è crocifisso; per noi e per tutti. Proprio per questo, la nostra Veglia di Preghiera è anche una Veglia di penitenza, di conversione. Non ci sarà pace senza questo ritorno a Gesù Cristo crocifisso nella preghiera, ma anche nella rinuncia alle ambizioni, alla sete di potere, alla volontà di sopraffare gli altri, alla mancanza di rispetto per i diritti altrui. Sono queste, infatti, le cause della guerra, come già insegnava l'apostolo Giacomo nella sua lettera: "Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra?" (Jc 4,1). Cristo è la nostra pace. Quando ci allontaniamo da Lui - nella nostra vita privata, nelle strutture della vita sociale, nei rapporti tra le persone ed i popoli - che altro rimane se non l'odio, l'inimicizia, il conflitto, la crudeltà, la guerra? Dobbiamo pregare perché il suo "sangue" ci renda "vicini", cioè prossimi gli uni agli altri, giacché da noi stessi sappiamo solo renderci "lontani" (Cfr. Ep 2,13), sappiamo solo voltarci reciprocamente le spalle. "Lasciamoci, dunque, riconciliare con Dio" (Cfr. 2Co 5,20), per poterci riconciliare tra noi.


5. I conflitti che sorgono intorno a noi, la fame, le privazioni, gli stenti che affliggono e tormentano tanti esseri umani da un capo all'altro del mondo, sono una sfida per tutti coloro che si professano seguaci di Cristo. Tante sciagure non sono forse il riflesso di quella lotta che oppone il male al bene, che contrappone ad una società basata sull'egoismo e sulla cupidigia la civiltà dell'amore? Cristo ci chiama a non lasciarci vincere dal male, ma a vincere con il bene il male (Cfr. Rm 12,21), a costruire una civiltà in cui regni supremo l'amore, e che ponga in primo piano il rispetto dell'"altro". E' mai possibile privare un uomo del diritto alla vita e alla sicurezza perché egli non è uno di noi, perché è l'"altro"? Privare una donna del diritto alla sua integrità e alla sua dignità perché non è una di noi, perché è l'"altro"? E, ancora, privare un bambino del diritto ad un tetto che lo ripari e del diritto a nutrirsi perché è un bambino che sta dalla parte degli "altri"? "Noi", "loro", non siamo forse tutti figli di un solo Dio, suoi figli diletti? Gesù Cristo non è forse venuto nel mondo, "luce vera, che illumina ogni uomo" (Jn 1,9), per liberarci dal peccato della divisione e radunarci tutti nell'amore? E quando "l'altro" è schernito, denigrato, disprezzato, maltrattato, quando "l'altro" non ha più giaciglio dove riposare il capo, non ha di che cibarsi o scaldarsi, non è forse Gesù stesso ad essere ancora una volta schernito, denigrato, disprezzato ed offeso? (Mt 25,31-46). Chi potrà allentare la morsa crudele del male che ci circonda? Con le parole di san Paolo possiamo e dobbiamo rispondere: "Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore" (Rm 7,25).


6. Cristo che è la pace, la vera pace, quale altra eredità avrebbe potuto lasciarci se non questa stessa pace? Abbiamo ascoltato le sue parole, riferite nella pagina evangelica. Sono parole a noi ben note. Che in questa Veglia di Preghiera esse risuonino con più forza nei nostri cuori, suscitando una risposta più convinta e più generosa. "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Jn 14,27). Se guardiamo attorno a noi, nel raccoglimento di questa notte di Assisi, che cosa vediamo? Il Signore Gesù ci ha davvero lasciato la pace? Com'è allora che c'è tanta violenza intorno a noi e in alcuni dei Paesi da cui siamo venuti imperversa addirittura la guerra? Che cosa abbiamo fatto del dono del Signore, della sua preziosa eredità? Non sarà che abbiamo preferito una pace "come la dà il mondo"? Una pace che consiste nel silenzio degli oppressi, nell'impotenza dei vinti, nell'umiliazione di coloro - uomini e popoli - che vedono i loro diritti calpestati? La pace vera, quella che Gesù ci ha lasciato, poggia sulla giustizia, fiorisce nell'amore e nella riconciliazione. Essa è frutto dello Spirito Santo "che il mondo non può ricevere" (Jn 14,17). Non insegna, forse, l'Apostolo che "frutto dello Spirito è amore, gioia, pace..." (Ga 5,22)? "Non v'è pace per gli empi, dice il mio Dio", ci ha ricordato poc'anzi il profeta Isaia (57,21).


7. "Ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Jn 14,26). Lo Spirito ci insegna e ci ricorda, in questa notte, qual è la sorgente della vera pace e dove la si deve cercare. Per questo ci siamo riuniti in questo sacro luogo, sotto lo sguardo e la protezione di san Francesco. "Signore, fai di me uno strumento della tua pace". "Signore, donaci la pace", donala a tutti, come noi già ce la siamo scambiata e di nuovo ce la scambiamo gli uni con gli altri in questa celebrazione liturgica. Che essa si riversi, questa notte, sull'Europa e sul mondo dal costato aperto di Cristo. Nel messaggio natalizio del 1990, ascoltato poc'anzi, non ci diceva forse il compianto Patriarca Dimitrios I? "Questa pace non è una idea o un motto; è una realtà che deriva dall'estrema umiltà, la "kenosi" e l'autosacrificio del Figlio di Dio"? Di fronte a quel mistero di sofferenza e di morte che sono le guerre, la nostra Veglia di Preghiera vuol essere non una risposta isolata, fugace, momentanea, bensi la rinnovata assunzione dell'eredità che Cristo ci ha lasciato. Non ci ha forse donato la pace quando si è avviato verso la croce e quando è tornato a noi risorto (Cfr. Jn 20,19)? La pace in terra è un compito nostro, degli uomini e delle donne "di buona volontà". E' un compito in particolare dei cristiani. Ne siamo responsabili davanti al mondo e nel mondo, che resta privo della pace vera, se Gesù Cristo non gliela dona mediante i suoi "strumenti di pace", mediante i "costruttori di pace" (Cfr. Mt 5,9). Diceva Paolo VI nel brano testè letto: "E' nostra missione lanciare la parola "Pace" in mezzo agli uomini in lotta fra loro. E' nostra missione ricordare agli uomini che sono fratelli. E' nostra missione insegnare agli uomini ad amarsi, a riconciliarsi, a educarsi alla Pace".


8. Qui convenuti questa sera, siamo chiamati a riflettere su quale sia il contributo che ciascuno di noi, ciascuna delle nostre Chiese, è chiamata ad offrire a servizio della pace. Ve n'è uno, tuttavia, che è certamente comune a tutti noi, e questo è la preghiera. perciò il Vescovo di Roma, insieme con i Presidenti delle Conferenze Episcopali d'Europa, ha voluto invitare i suoi fratelli e sorelle nella fede, e i Capi delle altre Chiese e Comunità cristiane, nonché gli Ebrei e i Musulmani, a venire ad Assisi per pregare per la pace. Ed ha anche invitato le Chiese particolari di Europa a fare altrettanto. Nel corso di questa Veglia l'Europa leverà in tutte le sue lingue un'accorata implorazione al Dio della pace, perché conceda finalmente questo essenziale bene a tanti suoi popoli, tuttora dilaniati dal flagello della guerra. Assumere l'eredità di Cristo in questo campo significa anzitutto pregare per la pace. Significa anche dare comune testimonianza dell'eredità ricevuta, della nostra responsabilità nei suoi confronti e del nostro impegno costante in favore della pace. A questo contributo primario s'affianca poi l'impegno in favore della giustizia: "In luogo eccelso e santo io dimoro - dice il Signore per bocca di Isaia - ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi" (57,15). In questa notte vogliamo tutti rinnovare il nostro impegno in favore degli ultimi, di coloro che sono vittime delle guerre, il cui grido silenzioso penetra i cieli.


9. Nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace mi sono soffermato quest'anno sul rapporto tra povertà e pace. I poveri sono il triste corteo che accompagna i conflitti, ma sono le ingiustizie commesse contro di essi che provocano e alimentano i conflitti. Il rispetto per le persone e per i popoli è la via sicura per la pace. Ciascuno di noi è chiamato a seguirla. Ogni passo, anche piccolo, su questa strada benedetta ci porta più vicino alla concordia e alla pace: proclamare i diritti di tutti e di ciascuno; affermare la dignità di ogni uomo e donna, qualunque ne sia l'etnia, il colore della pelle, la professione religiosa, denunciare i soprusi..., ecco alcuni dei passi che, questa notte, vogliamo di nuovo impegnarci a fare, in quanto eredi della pace di Gesù. Cristo è la nostra pace. Egli ce l'ha conquistata sulla Croce ed anche in questa notte santa ce la dona, affinché noi, mediante la grazia dello Spirito Santo, con la parola e con l'azione, con l'atteggiamento di ogni ora e di ogni giorno, la trasmettiamo al mondo che non ha pace. Dice Isaia (57,19): "Io pongo sulle labbra: "Pace, pace ai lontani e ai vicini", dice il Signore, "io li guariro"". Che il Signore ponga, questa notte, sulle nostre labbra la parola pace, per guarirci tutti. Amen!

Data: 1993-01-09 Data estesa: Sabato 9 Gennaio 1993

Incontro con i rappresentanti della Comunità Islamica europea -Sacro Convento di San Francesco (Assisi)

Titolo: Non ci sarà vera pace finchè tutti i credenti non si uniranno nel rifiutare le politiche basate sull'odio e sulla discriminazione

Cari fratelli e amici Musulmani,


1. Forse si può affermare che nessun altro Santo della Chiesa ha cantato lodi di pace e di fratellanza universale fra tutti i figli di Dio come San Francesco d'Assisi. Siamo riuniti qui, nella città in cui è nato ed è morto, per implorare la pace per i popoli del continente Europeo e in particolar modo per le regioni dei Balcani. Desidero ringraziare voi, emeriti capi della comunità Islamica in Europa per aver accettato l'invito a partecipare a questa Giornata di Preghiera.

Abbiamo pregato, e speriamo ardentemente che il 1993 sia un anno di pace ovunque anche in quelle regioni del mondo in cui vi sono conflitti.


2. Dalle testimonianze offerte ieri sera abbiamo ascoltato quanto grandi siano le sofferenze della gente nelle regioni dei balcani afflitte dalla guerra. L'aspetto più tragico di quella guerra, così come di qualunque guerra, è il fatto che coloro che stanno soffrendo di più sono civili - genitori, anziani, donne, bambini - persone che vogliono semplicemente occuparsi delle proprie famiglie, svolgere il proprio lavoro, vivere e assolvere ai doveri religiosi in pace. E' a queste persone, la cui voce viene ascoltata troppo raramente sulla scena internazionale, che dobbiamo innanzitutto rivolgere la nostra attenzione.

Siamo solidali con queste vittime dell'oppressione, dell'odio e delle atrocità, con tutti coloro le cui città sono state incendiate e bombardate, con coloro che hanno lasciato le proprie case e si sono rifugiati altrove, con coloro che sono stati ingiustamente arrestati e rinchiusi in campi di concentramento. Sia il Cristianesimo che l'Islam ci infondono l'impegno a perseverare per il raggiungimento della giustizia e della pace per queste e per tutte le vittime del conflitto. Abbiamo anche ascoltato testimonianze riguardanti la cooperazione in nome di coloro che soffrono. Come si può non reagire di fronte a tanta sofferenza? Dal momento che tutti gli esseri umani sono stati creati da Dio e sono tutti membri dell'unica famiglia umana, noi abbiamo il dovere di prestare aiuto a tutti loro.


3. Ci siamo riuniti tutti insieme per porci di fronte a Dio Onnipotente umili e imploranti. Alle nostre preghiere abbiamo aggiunto il digiuno. Possiamo non vedere in questo un duplice segno che sperimentiamo la nostra debolezza e che siamo aperti all'aiuto divino? Le nostre preghiere per la pace includono la supplica che anche noi possiamo essere rafforzati per agire sempre come artefici di pace. A questo riguardo l'esortazione del Concilio Vaticano II affinché i Cristiani e i Musulmani operino insieme è tuttora valido: "difendere e (...) promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà" (NAE 3). Di nuovo vi assicuro che la Chiesa Cattolica aspira ed è pronta a continuare a cooperare con i Musulmani in questi diversi ambiti. Possa Dio benedire le iniziative già intraprese in tal senso, e possa rafforzare la nostra sollecitudine a continuare a cooperare. La vostra presenza ad Assisi in questa occasione riveste un grande significato: essa proclama che l'autentica fede religiosa è una fonte di comprensione reciproca e di armonia e che solo la distorsione del sentimento religioso conduce alla discriminazione e al conflitto.

Usare la religione come pretesto per l'ingiustizia e per la violenza è un abuso terribile che deve essere condannato da tutti coloro che credono veramente in Dio.


4. Siete venuti da vari Paesi d'Europa per partecipare a questa Giornata di Preghiera. Siete venuti perché desiderate pace e giustizia per tutti i popoli che vivono in questo continente. Voi siete preoccupati, come del resto i cristiani, per forme di razzismo e di intolleranza etnica che sembrano aumentare. Questi sono mali, e noi, che crediamo in Dio e vogliamo compiere la sua volontà, dobbiamo vigorosamente condannarli sempre e ovunque essi si manifestano nel mondo. Fin quando i credenti non saranno uniti nel rifiutare le politiche di odio e discriminazione, e nell'affermare il diritto alla libertà culturale e religiosa in tutte le società umane, non potrà esserci pace autentica. Nel ringraziarvi per la vostra presenza, colgo l'occasione di offrire a voi e alle comunità islamiche che voi rappresentate i miei migliori auguri nella preghiera. Possa Dio Onnipotente benedire i nostri sforzi per servire la causa della giustizia e della pace.

Data: 1993-01-10 Data estesa: Domenica 10 Gennaio 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Omelia durante l'ordinazione di 11 nuovi Vescovi - Roma