GPII 1992 Insegnamenti - Udienza: al 31° Stormo dell'Aeronautica Militare Italiana - Castelgandolfo (Roma)

Udienza: al 31° Stormo dell'Aeronautica Militare Italiana - Castelgandolfo (Roma)

Titolo: Da Cristo bisogna imparare la "rotta" giusta per attraversare i difficili momenti della prova

Signor Comandante, Signori Ufficiali e Sottufficiali del 31 Stormo dell'Aeronautica Militare Italiana, Carissimi fratelli e sorelle!


1. E' una circostanza sempre lieta questa che il Signore, ormai da vari anni, ci offre, di poterci incontrare, perché il Papa saluti i membri del 31 Stormo, che lo assistono nei suoi spostamenti aerei, e perché gli Avieri possano a loro volta essergli presentati in una forma più solenne, anche se pur sempre familiare.

Ringrazio il Signor Comandante per le parole che mi ha rivolto a nome di tutti, esprimendo pensieri e sentimenti che ho apprezzato.


2. Carissimi, volgendo lo sguardo all'anno pastorale trascorso, provo un vivo sentimento di gratitudine verso il Signore per le numerose Visite Apostoliche che mi ha concesso di compiere. Esse si sono svolte in modo ineccepibile grazie anche al contributo specifico del vostro servizio, adempiuto ogni volta con encomiabile impegno e scrupolosa precisione. Nel mese di luglio, pero, il Signore ha permesso che il Papa, per così dire, "atterrasse" in un luogo imprevisto, per uno scalo un po' speciale nel mondo della sofferenza. Ebbene, cari Avieri, voglio testimoniare a voi, esperti del volo, che il destino dell'uomo spesso s'innalza veramente verso il cielo grazie alla sofferenza. Non intendo la sofferenza in sé stessa, come mero disagio fisico, ma come pista, cammino, percorrendo il quale la persona può spiccare il volo verso l'alto. Allora le ali dell'uomo diventano quelle più vere: la preghiera, il sacrificio, l'offerta di sé. così soffri Gesù, nell'ora della sua passione, indicando a tutti con l'esempio il valore della sofferenza accettata in atteggiamento di amorosa donazione. Questo ho voluto confidarvi, perché so che anche per voi e per le vostre famiglie ci sono i momenti della prova. E' allora importante, carissimi, imparare da Cristo la "rotta" giusta per attraversare con frutto e dignità queste situazioni.


3. Ed ora, secondo una gradita consuetudine, desidero approfittare di questo incontro per insignire alcuni di voi - ad onore loro e di tutto lo Stormo - di particolari onorificenze: siano esse un segno della mia viva riconoscenza e della sincera stima che nutro per voi e per la vostra professione.

A tutti voi e alle vostre famiglie auguro copiosi doni di pace e di serenità, e in pegno di essi vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Data: 1992-09-20 Data estesa: Domenica 20 Settembre 1992

Ai Presuli della Conferenza Episcopale d'Irlanda in visita "ad limina" - Castelgandolfo (Roma)

Titolo: Le buone relazioni ecumeniche contribuiscono alla riconciliazione e alla pacificazione del Paese

Vostra Eminenza, Cari fratelli Vescovi, "Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (2Co 1,2).


1. E' una grande gioia per me ricevere voi, Vescovi d'Irlanda, in occasione della vostra visita ad Limina e di condividere con voi questo momento di comunione fraterna ed ecclesiale. Quando i vescovi di una regione o di un Paese particolare vengono congiuntamente a pregare sulla tomba del Principe degli Apostoli e ad incontrare il Vescovo di Roma, danno tangibile espressione dei vincoli di fede e di amore che uniscono tra loro le Chiese particolari ed esse alla Sede Apostolica.

La vostra visita ad Limina è un segno concreto e tangibile dello spirito collegiale che è "l'anima della collaborazione tra i Vescovi a livello regionale, nazionale e internazionale" (Dichiarazione Finale della Sessione Straordinaria del Sinodo dei Vescovi 1985, II, 4). Desidero incoraggiarvi a continuare a lavorare insieme nella Conferenza Episcopale, condividendo le responsabilità del vostro ufficio, sostenendovi l'un l'altro in amicizia fraterna, e promuovendo quella apertura ai bisogni della Chiesa intera per cui la Chiesa irlandese è rinomata.

Una Conferenza ben organizzata ed efficace assicura che i vostri sforzi, attraverso un costante interscambio di idee e di risorse siano meglio coordinati e quindi più fruttuosi. Essa può essere un magnifico strumento di evangelizzazione, divenendo fonte di dinamismo nell'affrontare le sfide e incombenze del vostro ministero.


2. Come successori degli Apostoli, vicari e ambasciatori di Cristo nelle vostre diocesi (cfr. LG 27), siete consapevoli della vostra personale responsabilità dinnanzi a Dio stesso. Voi siete stati chiamati ad essere i vigilanti guardiani posti a guardia della casa del Signore (cfr. Ez 3,17). Cristo vi ha mandati a predicare la Parola di vita "in ogni occasione, opportuna e non opportuna" (2Tm 4,2), mai arrendendosi alla falsa "sapienza che non è di questo mondo, né ai dominatori di questo mondo" (1Co 2,6), specialmente quando c'è il pericolo che alcuni "rifiutino di dare ascolto alla verità rivolgendosi alle favole" (1Co 4,4). Più di ciò, voi siete "servi di Cristo e dei misteri di Dio" (1Co 4,1). Soprattutto voi siete i buoni pastori che conoscete il vostro popolo (cfr. Jn 10,14), e che siete da lui conosciuti: cioè, voi vi sforzate di essere meritori della fiducia e dell'obbedienza religiosa con cui la comunità dei fedeli ascolta quando percepisce che la voce del pastore è la voce del Signore stesso: "essi conoscono la sua voce... essi non conoscono la voce di stranieri" (Jn 10,4-5). Dalle vostre relazioni e dalle nostre conversazioni ho avuto chiara conferma del vostro profondo amore per il popolo di Dio che servite nel nome di Gesù Cristo. Le vostre Chiese particolari sono abbondantemente benedette con sacerdoti, religiosi e laici, uomini e donne, che non solo vivono la loro fede con costanza esemplare ma che fanno un notevole lavoro in ogni forma di apostolato e di servizio ai giovani, ai malati, agli anziani e a coloro che si trovano in ogni forma di bisogno materiale e spirituale. Per me, parlare del vostro ministero pastorale è, prima di tutto, tenere in considerazione e ringraziare il Signore per i molti aspetti positivi e fruttuosi della vita cattolica nel vostro Paese. Il pensiero del caro popolo cattolico d'Irlanda mi richiama alla mente i sentimenti espressi da San Paolo: "Ho grande fiducia in voi; sono molto orgoglioso di voi; sono colmo di conforto" (2Co 6,4).


3. La vostra visita ad Limina coincide felicemente con la Beatificazione dell'Arcivescovo Dermot O'Hurley, di Francis Taylor, di Margaret Ball e dei loro compagni Martiri. I tempi sono cambiati dall'oscuro periodo in cui la professione di fede era spesso ostacolata con l'imprigionamento, con la tortura e con la morte. Ma l'essenza della loro testimonianza, la loro fedeltà a Cristo e alla Chiesa, è sublimemente rilevante oggi. I Martiri sfidano la fede che voi e la vostra gente professate come eredi delle verità per le quali essi hanno offerto le loro vite. Essi stimolano la vostra fedeltà a Cristo, che è egli stesso "Il testimone fedele" (Ap 1,5). La loro intercessione e il loro eroico esempio servono come punti di riferimento per l'impegno e la generosità con cui siete personalmente chiamati ad adempiere al ministero episcopale: la beatificazione dei martiri ci ricorda dell'"unica cosa necessaria" (cfr. Lc 10,42), ed è fonte di incoraggiamento per tutti coloro in Irlanda la cui vita cristiana generosa e fatta di donazione è pegno di amore divino e migliore garanzia di una società fondata sulla giustizia, sulla verità e sull'amore.


4. I quesiti sulla vostra responsabilità aumentano con la crescente complessità della vita moderna. Non solo ci sono maggiori opportunità di manifestare l'amore del Buon Pastore nella sollecitudine e nella solidarietà con le persone nel bisogno; c'è anche una sfida primaria di proclamare efficacemente il messaggio del Vangelo di salvezza nel nostro Signore Gesù Cristo ai nostri contemporanei in ciò che talvolta è definito il "mondo post-moderno". La nuova evangelizzazione di cui ho spesso parlato implica, da una parte un rinnovato zelo missionario per predicare la Parola di Dio a coloro che non l'hanno ancora udita. Il "mandato missionario" di Cristo è di validità permanente e universale, e io spero e prego che le future generazioni degli Irlandesi non abbandonino l'ideale missionario che ha caratterizzato la Chiesa del vostro Paese. D'altro canto, in un ambiente tradizionalmente cristiano, la nuova evangelizzazione chiama ad una migliore proclamazione e una migliore catechesi, capace di rispondere alle difficoltà poste da una "cultura" che ritiene che la verità religiosa debba essere confinata nel regno delle opinioni personali, in favore di una "neutralità" e di un "secolarismo" che, per dire il meno, costituiscono un'idea di minoranza per quanto propagandata. In questa prospettiva, la nuova evangelizzazione non può essere diretta meramente a difendere la vita cristiana trasmessaci dalle generazioni passate: La Parola di Dio deve essere annunciata con nuovo vigore in ogni tempo.

Ciò di cui c'è bisogno è una più efficace trasmissione del messaggio cristiano con gli argomenti e con l'esempio; in altre parole, per mezzo di una vera e completa presentazione della fede, sostenuta da una convincente testimonianza di santità, giustizia e amore. In questo grande compito è certamente Dio che dà la crescita, ma egli fa affidamento sugli apostoli che attivamente piantano ed irrigano (Cfr. 1Co 3,6). Questo vigore nell'adempiere al compito apostolico dovrebbe essere nella preoccupazione di ogni pastore, il soggetto delle sue preghiere e degli urgenti appelli che lancia alla comunità ecclesiale.


5. La Chiesa in Irlanda è ricca di personale, doni e carismi. Come comunità di fede è stata sfidata a rispondere alla richiesta di una più solida cultura cristiana. Un Piano pastorale coordinato può aiutare a dirigere e a focalizzare gli sforzi. Un Piano pastorale non può sostituire l'impegno personale, ma può aiutare ad identificare le aree bisognose di attenzione pastorale specifica: la famiglia; la difesa della vita umana; scuole ed università; valori etici nella vita privata e pubblica, nei mezzi di comunicazione sociale; speciali categorie nella società. Esso può assicurare un uso migliore delle risorse spirituali ed apostoliche: può rilasciare nuove energie, favorire nuove iniziative, promuovere nuovi approcci. Esso dovrebbe dare spazio ed impulso a tutte quelle energie che lo Spirito Santo fornisce alla comunità, in particolare attraverso le associazioni e i movimenti laici o attraverso le attività che rispondono ai bisogni dei giovani.

In Irlanda tali energie non mancano, ma hanno bisogno di guida, supporto ed incoraggiamento. Un piano pastorale dovrebbe assicurare che una buona ed efficace catechesi è garantita ad ogni livello. Inoltre, la distinzione tra catechesi e generica istruzione religiosa richiede un attento addestramento degli insegnanti che non solo hanno una profonda comprensione delle fede che devono trasmettere e delle abilità pedagogiche e metodologiche di cui hanno bisogno, ma che posseggono anche una profonda maturità umana e cristiana, una profonda comprensione della gente e dell'ambiente culturale, e che positivamente e gioiosamente condividono la vita della comunità ecclesiale. Approfitto di questa opportunità per rendere omaggio agli insegnanti cattolici irlandesi. Il loro impegno nel trasmettere ai bambini il prezioso dono della fede è un'immensa risorsa per la Chiesa del vostro Paese. Le scuole cattoliche con il loro ethos pervaso di valori spirituali e morali danno un insostituibile contributo al benessere della società.


6. Siamo tutti consapevoli che oggi c'è una tendenza a guardare la Chiesa come una struttura puramente istituzionale, priva del suo mistero. Per questo ho scritto nella recente Enciclica Redemptoris missio: "La tentazione oggi è di ridurre la cristianità ad una sapienza meramente umana, una pseudo-scienza di benessere. Nel nostro mondo pesantemente secolarizzato "ha luogo una graduale secolarizzazione della salvezza", in modo che la gente si sforza per il bene dell'uomo, ma di un uomo che è troncato, ridotto ad una dimensione puramente orizzontale" (op. cit., RMi 11). I Vescovi, in primo luogo, hanno una responsabilità nel mostrare che la salvezza recata da Gesù Cristo abbraccia l'intera persona ed è inseparabile dalla misteriosa prospettiva della filiazione divina (cfr. ). A tal riguardo la Chiesa in Irlanda può intonare un gioioso inno di gratitudine al Signore per la santità di vita, per la profonda vita di preghiera, per la solida pratica sacramentale, e per la gentilezza e l'amore generosi di molti dei suoi membri. In molte delle vostre Diocesi c'è un aumento dell'adorazione eucaristica.

L'Eucaristia, come dice il Concilio, è la fonte e il vertice di tutta la vita della Chiesa (cfr. LG 11). Una spiritualità centrata sull'Eucaristia ci aiuta ad essere consapevoli del perenne potere del Vangelo, "il potere del Dio della salvezza" (Rm 1,16), che, diversamente dalle ideologie transitorie e cangianti, è sempre capace di ispirare nuova vita e vigore ai cuori umani, in ogni circostanza storica.


7. Come Pastori di anime siete completamente consapevoli che i mali della società contemporanea minacciano la vita e i valori familiari. In molte occasioni avete fatto dichiarazioni individuali e collettive su questa materia, mirando spesso a rendere i responsabili della vita pubblica più consci della fondamentale importanza della famiglia per il bene della società. Quando la famiglia è indebolita, la società declina verso la confusione ed il conflitto. Né la società né lo Stato possono sostituire l'influenza formativa ed educativa della famiglia.

Difendere la famiglia, cioè l'istituzione basata sulla natura umana e sui bisogni più profondi della persona umana, come la "prima e vitale cellula della società" (AA 11) ed il baluardo della civilizzazione, è un compito imperativo per i rappresentanti politici della società. Fare ciò non è, come taluni potrebero affermare, promuovere una posizione cattolica "unilaterale". Una simile considerazione può essere fatta circa il grave problema dell'aborto. Il Concistoro tenuto dal 4 al 6 aprile 1991 sulla materia delle minacce alla vita umana ha chiamato l'intera Chiesa universale alla coraggiosa difesa della vita, una difesa che impegni e sfidi le coscienze di tutti. Allo stesso tempo dev'essere chiaro che la ragione contro l'aborto non è solo basata su dati di fede ma anche sui principi dell'ordine naturale, includendo le vere ragioni dei diritti umani e della giustizia sociale. Il diritto alla vita non dipende da una particolare convinzione religiosa. Esso è un diritto primario, naturale e inalienabile che sgorga dalla stessa dignità di ogni essere umano. La difesa della vita dal momento del concepimento fino alla morte naturale è la difesa della persona umana nella dignità che è sua propria per il solo fatto di esistere, indipendentemente dal fatto che questa esistenza sia pianificata o ben accetta dalla persona da cui scaturisce. Ogni riflessione su questo serio problema deve iniziare dal chiaro presupposto che l'aborto procurato significa prendere la vita di un essere umano già esistente. Fare proprio questo principio e collocarlo democraticamente nella Costituzione e nelle leggi dello Stato non implica insensibilità verso i diritti degli altri, incluse le madri che si trovano in situazioni difficili e complesse.

La vita della madre e la vita del nascituro sono ugualmente preziose e vanno ugualmente difese. Non ci può essere "diritto" ad uccidere un essere umano già esistente per quanto non ancora nato. Allo stesso modo, non ci può essere giustificazione dal punto di vista morale nel diffondere informazioni il cui scopo è facilitare l'uccisione di nascituri. Nella vostra recente "Dichiarazione sulla sacralità della vita umana" avete giustamente fatto appello ai fedeli affinché essi appoggino e siano comprensivi verso le donne in situazioni difficili, e avete riaffermato il vostro impegno pastorale nel garantire ogni forma di assistenza e aiuto attraverso Cura e organizzazioni simili. In questo modo la comunità ecclesiale dimostra effettivamente la pietà di Cristo e la sua salvezza.


8. Cari fratelli Vescovi, molti altri aspetti del vostro ministero meritano considerazione. Abbiamo parlato di alcuni di essi in privato, e voi avete discusso di essi nelle vostre visite ai vari Uffici della Santa Sede. C'è un punto tuttavia che non posso tralasciare. Sono certo che ogni giorno rendete grazie a Dio per l'impegnato ministero e la vita esemplare dei vostri sacerdoti. Essi sono uomini di fede e amore, profondamente consapevoli che essi "esistono e agiscono per proclamare il Vangelo al mondo e per edificare la Chiesa in nome e nella persona di Cristo Pastore Supremo" (PDV 15). E' la loro identificazione con il mistero di Cristo e della Chiesa che ispira nei fedeli fiducia al loro ministero. E' estremamente importante che essi siano sempre vicini al popolo di Dio che servono, specialmente agli umili, ai malati, ai bisognosi, alle persone colpite dalla violenza. I sacerdoti non sono immuni dalle particolari difficoltà che una società consumistica pone sulla strada di coloro che cercano una vita di santità e di autodonazione. Sono fiducioso che un'attenta lettura dell'Esortazione Apostolica post-Sinodale "Pastores dabo vobis" garantirà a voi e ai vostri sacerdoti lo stimolo per promuovere quella "continua conversione" che è l'essenza della fedeltà e della efficacia evangelica (cfr. op. cit., Cap. VI). Approfitto di questa opportunità per incoraggiarvi a continuare a promuovere un intenso programma pastorale per sostenere le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Nella vostra apertura ai bisogni della Chiesa universale vi chiedo anche un'attenzione speciale per la vocazione missionaria, seguendo la magnifica tradizione irlandese. La vostra sollecitudine personale verso le vocazioni e la formazione dei vostri seminaristi è un compito basilare del vostro ministero episcopale, e raccomando alla vostra sollecita attenzione la Visita Apostolica che, in linea con simili procedure in altri paesi, la Congregazione per l'Educazione Cattolica sta preparando per l'Irlanda.




9. La situazione in Irlanda del Nord continua ad essere per voi una grave preoccupazione. Mentre noi speriamo e preghiamo per i progressi politici verso la fine della violenza, ed incoraggiamo coloro che lavorano a questo scopo, lo sforzo incessante della Chiesa deve essere quello di predicare ad alta voce il Vangelo della riconciliazione (cfr. 2Co 5,19) e di offrire una attenzione particolare ai problemi pastorali e alle condizioni di vita che rendono difficili da ottenere la giustizia e la pace. I vostri continui sforzi per promuovere buone relazioni ecumeniche tra le Chiese e le comunità in tutta l'Irlanda sono un importante contributo all'opera di riconciliazione e di pace.

Gesù Cristo ci dice: "Non temere! Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente" (Ap 1,17-18). E' questo Gesù, divino ed incarnato, che la Chiesa presenta all'umanità oggi come sempre. Egli è la via per l'umanità (cfr. Sant'Agostino, Tract. in Ioannem 34, 9). Egli è la ragione della nostra fiducia, la fonte del nostro zelo missionario ed apostolico perché "tutte le cose sussistono in Lui" (Col 1,17). Lavoriamo alacremente per il "nuovo Avvento" (RH 1) che deve contrassegnare la fine del Secondo Millennio cristiano e l'inizio del prossimo. Questo evento, che acquista particolare significato alla luce del mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, costituisce "un appuntamento" per la Chiesa intera. Possa la Chiesa in Irlanda celebrare questo giubileo con la sua fede intatta e con il suo indefettibile amore! Maria, Regina della Pace, guidi voi ed i fedeli sacerdoti, religiosi e laici dell'Irlanda! I beati martiri intercedano per voi! Con la mia Apostolica Benedizione.

Data: 1992-09-26 Data estesa: Sabato 26 Settembre 1992

Udienza: ai partecipanti ai lavori dell'VIII sessione del Consiglio internazionale per la catechesi - Castelgandolfo (Roma)

Titolo: Il compito dell'inculturazione è il cuore, il mezzo e lo scopo della "nuova evangelizzazione"

Venerati fratelli nell'Episcopato, Cari sacerdoti, fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di potervi accogliere, quest'oggi, al termine dei lavori del vostro Consiglio. Rivolgo un affettuoso pensiero al Cardinale José Sanchez, vostro Presidente, al quale auguro un pronto ristabilimento dall'infermità che lo ha colpito. Ringrazio il Segretario della Congregazione, Monsignor Crescenzio Sepe, per i sentimenti espressi a nome di tutti. Saluto, infine, ciascuno di voi, che avete partecipato all'incontro, apportandovi il contributo della vostra esperienza.


2. E' sempre presente al nostro spirito il comando del Signore: "Andate, dunque, e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20). In questo mandato missionario, riferito da Matteo, è possibile cogliere alcuni criteri atti a chiarire il concetto, oggi molto attuale, di inculturazione della fede. Innanzitutto, il Vangelo, cioè il mistero della salvezza affidato da Cristo alla Chiesa, dev'essere predicato agli uomini di ogni cultura. Le nazioni che si convertono a Cristo e aderiscono a Lui nella fede vengono "battezzate", vengono cioè confermate nella loro identità più vera ed insieme permeate dall'ispirazione vivificatrice della fede, sicché il dono della grazia, custodito in cuori umili e docili, si fa poi gradualmente prassi di vita personale, familiare e sociale; si fa cultura cristiana. A questo processo - mai semplice, anzi talora angustiante (cfr. Mc 8,34ss) - il Signore Gesù assicura il sostegno e il conforto di una presenza quotidiana mediante il dono incessante del suo Spirito. Ricordare la nativa indole missionaria della Chiesa significa testimoniare essenzialmente che il compito dell'inculturazione, come integrale diffusione del Vangelo e sua conseguente traduzione in pensiero e vita, continua ancor oggi e costituisce il cuore, il mezzo e lo scopo della "Nuova Evangelizzazione". Per un compito così elevato risuona sempre la promessa di Gesù: "Io sono con voi", là dove la parola e i segni del Vangelo incontrano l'uomo di ogni età, condizione e cultura, "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo".


3. Assai opportunamente, dunque, il Consiglio Internazionale per la Catechesi ha scelto e svolto come tema della sua ottava sessione: "Inculturazione della fede e linguaggio della catechesi". Come è stato appena detto, voi siete consapevoli della complessità del problema, ma avete anche messo in evidenza, con le difficoltà, il rinnovato impegno di singoli e comunità perché il Vangelo della salvezza, grazie alla catechesi, sia annunciato e accolto per quello che è: pane di vita, assimilabile da tutte le culture. A voi tutti, dunque, vada il mio ringraziamento: ai Superiori e Officiali della Congregazione per il Clero, ai membri del COINCAT: Confratelli Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Laici, e a quanti hanno collaborato per il buon esito della sessione.


4. Nell'Esortazione Apostolica Catechesi tradendae, riassumendo gli insegnamenti del Magistero circa l'inculturazione del Messaggio cristiano, ho scritto: "Della catechesi, come dell'evangelizzazione in generale, possiamo dire che è chiamata a portare la forza del Vangelo nel cuore della cultura e delle culture. Per questo, la catechesi cercherà di conoscere tali culture e le loro componenti essenziali; ne apprenderà le espressioni più significative; ne rispetterà i valori e le ricchezze peculiari. E' in questo modo che essa potrà proporre a tali culture la conoscenza del mistero nascosto (cfr. Rm 16,25 Ep 3,5) ed aiutarle a far sorgere, dalla loro propria viva tradizione, espressioni originali di vita, di celebrazione e di pensiero che siano cristiani" (CTR 53). Se, dunque, tra i compiti della catechesi vi è quello di mediare l'inculturazione della fede, ne consegue che una condizione indispensabile perché il seme della Parola di Dio germogli e maturi nel terreno buono è data dalle modalità di semina e dalle capacità del seminatore, dunque dal servizio della catechesi e del catechista. Gesù, il Verbo di Dio che, per opera dello Spirito Santo, si è fatto carne per la nostra salvezza, grazie alla potenza dello stesso Spirito, continua a parlare nella Chiesa e per mezzo di essa il linguaggio della riconciliazione e della pace. Come insegna l'esperienza di Pentecoste (cfr. Ac 2,1-13) e come proclama Pietro nel suo Discorso (cfr. Ac 2,14-41), anche il catechista non dovrà mai dimenticare che nell'inculturazione della fede opera il mistero dell'incarnazione del Verbo, il mistero della morte e risurrezione di Cristo. Tale certezza precede e sta alla base di ogni umano e legittimo processo di interpretazione, spiegazione, adattamento. Che cosa varrebbe, infatti, anche il più sapiente e pedagogico uso della comunicazione, che la scienza e la tecnica offrono oggi, se non fosse il Vangelo della morte e risurrezione di Cristo ad essere trasmesso? Solo chi porta in sé, nel suo intimo, la verità di Cristo tanto da esserne "prigioniero" come l'Apostolo (cfr. Ga 1,10), può fare "cultura in Cristo", o, come diceva ancora Paolo, "rendere ogni intelligenza soggetta all'obbedienza di Cristo" (2Co 10,5).


5. D'altra parte tanti secoli di storia missionaria, a partire dal primo incontro del Vangelo con i Gentili, stanno a testimoniare che il processo di inserimento della Chiesa nelle culture dei popoli richiede tempi lunghi. Mi piace qui ricordare, in proposito, l'evangelizzazione dell'America, di cui proprio quest'anno ricorre il quinto Centenario. I Vescovi Latinoamericani celebreranno a Santo Domingo - tra pochi giorni - la loro quarta Assemblea plenaria. La mia partecipazione a così significativo anniversario intende non solo confermare nella fede i Confratelli nell'Episcopato, catecheti per eccellenza di quel Continente, ma anche incoraggiare tutti i catechisti, sacerdoti, religiosi e laici alla nuova evangelizzazione delle culture latinoamericane. E ciò in prudente continuità con la prima evangelizzazione che, "pur con deficienze e nonostante il peccato sempre presente" (Documento di Puebla, n. 445), ha saputo segnare profondamente la cultura di quei diletti popoli. Sono certo che altri aspetti del processo di inculturazione, che ho avuto modo di trattare nell'Enciclica missionaria Redemptoris missio, troveranno piena consonanza in voi, chiamati a diffondere l'esperienza di un'infaticabile catechesi a raggio mondiale. E certo sono pure che voi, esperti di catechesi, saprete evidenziare la vasta gamma di servizi che il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica è capace di offrire anche ai fini dell'inculturazione, la quale, per essere efficace, non può mai cessare dall'essere vera. La Congregazione per il Clero vorrà adoperarsi con ogni mezzo per favorire l'accoglienza e il retto uso dell'importante testo, in maniera che le Chiese particolari e le Conferenze Episcopali possano approntare, in riferimento al suddetto storico documento, catechismi diocesani e nazionali, come strumenti per l'ulteriore diffusione evangelica e l'indispensabile mediazione culturale.


6. Una parola, infine, per i catechisti ed operatori pastorali, protagonisti di ogni servizio della Parola. L'ardente Paolo ebbe a dire di se stesso: "Pur essendo libero da tutti, mi sono fatto Giudeo con i Giudei... (sono stato) con coloro che sono sotto la legge..., con coloro che non sono sotto la legge..., debole con i deboli.... Mi sono fatto tutto a tutti per salvare ad ogni costo qualcuno" (1Co 9,19-23). Egli è il testimone profetico ed esemplare che più di ogni altro porto il Vangelo alle genti delle varie Nazioni e culture, aprendole alla forza trasformatrice e rigeneratrice del Messaggio cristiano. La Chiesa ha estremo bisogno di catechisti che abbiano il cuore e l'intelligenza di Paolo. Lo Spirito che spinse l'Apostolo delle Genti sul terreno difficile della prima evangelizzazione non manca certo di suscitare, anche in questo nostro tempo, zelanti servitori della Parola, capaci di operare al servizio della diffusione del Vangelo nella vasta ed impegnativa missione della "Nuova Evangelizzazione". Per tale compito missionario occorre una seria e profonda preparazione. Proprio in riferimento alla catechesi, talora si constatano nell'uomo contemporaneo atteggiamenti di lontananza più che di vicinanza, di indifferenza più che di partecipazione, di diffidenza più che di accoglienza nei confronti della salvezza evangelica. Sono momenti difficili, ma non meno fecondi per la missione della Chiesa, cui non può corrispondere né paura, né rassegnazione, ma il rinnovato coraggio della fede, che si applica con determinazione e costanza - con "parresia", secondo il linguaggio neotestamentario - e trova sentieri inediti, aperti dallo Spirito Santo pure laddove apparentemente sembrano regnare ostilità e rigetto.


7. "Non abbiate paura", ripete anche a noi Gesù, incomparabile modello del catechista nel suo ministero di primo Evangelizzatore. Egli mai vacillo di fronte alle difficoltà e volle che i suoi lo seguissero senza timore e tentennamenti: "Ora vi dico che molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel Regno dei cieli" (Mt 7,11). Sia questa grande profezia di Gesù la fonte del nostro coraggio e della nostra consolazione! Con tali auspici, imparto con affetto a ciascuno di voi ed a quanti con voi collaborano nella fatica dell'evangelizzazione la Benedizione Apostolica.

Data: 1992-09-26 Data estesa: Sabato 26 Settembre 1992

Messaggio di cordoglio alla sorella del defunto Cardinale Jacques Martin - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La speranza che è in noi deve essere più forte

Profondamente colpito dal decesso del Cardinale Jacques Martin che ha dedicato tutta la sua vita sacerdotale ed episcopale alla Santa Sede, mettendo al servizio di essa le sue grandi qualità umane e spirituali insieme alla sua vasta cultura nel suo lavoro alla Segreteria di Stato e poi come Prefetto della Casa Pontificia, e testimoniando in ogni circostanza un'instancabile devozione ed una fedeltà incrollabile ai miei cinque predecessori e a me stesso, mi unisco alla sua preghiera e a quella della sua famiglia affinché Dio accolga l'anima di suo fratello nel suo Regno di Pace e di Gioia. Le esprimo la mia viva simpatia in questa prova dolorosa nella quale la speranza che è in noi deve essere più forte che la sofferenza della separazione, e le imparto con tutto il cuore una particolare Benedizione per lei e per tutti coloro che sono toccati da questa scomparsa.

(Traduzione dal francese)

Data: 1992-09-27 Data estesa: Domenica 27 Settembre 1992

Beatificazione di diciassette martiri irlandesi, un sacerdote spagnolo, una religiosa francese e due religiose spagnole - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I giovani sappiano imitare l'esempio dei nuovi Beati per portare la luce del Vangelo oltre la soglia del nuovo millennio cristiano




1. "Loda il Signore, anima mia!" (Ps resp.).

L'invito della Liturgia trova oggi in noi, raccolti nel solenne scenario di questa piazza, una risposta particolarmente pronta e gioiosa. Come non lodare il Signore davanti allo spettacolo esaltante dei nuovi Beati? Di questi uomini e di queste donne, che hanno reso coraggiosamente la loro testimonianza a Cristo, meritando di essere proposti dalla Chiesa all'ammirazione ed all'imitazione di tutti i fedeli? Ciascuno di loro può ripetere con Isaia: "Lo spirito del Signore Dio è su di me" (Is 61,1): lo Spirito del Cristo risorto, che, nel succedersi dei secoli, continua a vivere e ad operare nei credenti, per sospingerli verso la piena attuazione del messaggio evangelico. "Lo spirito del Signore è su di me": consapevoli di ciò, i nuovi Beati hanno sempre contato sull'aiuto di Dio, sforzandosi di "tendere alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza" (1Tm 6,11), così da "conservare senza macchia e irreprensibile il comandamento" (Ps 6,14). Hanno offerto se stessi a Dio e al prossimo nel martirio e nella verginità consacrata. La Chiesa è oggi lieta di riconoscere che questi suoi figli "hanno combattuto la buona battaglia della fede" ed "hanno raggiunto la vita eterna" (cfr. Ps 6,12).


2. "Loda il Signore, anima mia!" (Ps 145,1). Come potremmo non lodare i pregi dei diciassette Martiri Irlandesi che oggi vengono beatificati? Dermot O'Hurley, Margareth Bermingham Ball, Francis Taylor e i loro quattordici compagni furono fedeli testimoni e rimasero saldi nella loro devozione a Cristo e alla sua Chiesa a costo di atroci sofferenze e del sacrificio estremo della vita.

I diciassette Servi di Dio rappresentano tutti i settori del popolo di Dio: Vescovi, sacerdoti secolari e religiosi, un fratello religioso, sei laici e Margareth Bermingham Ball, una donna di straordinaria integrità morale che oltre alle torture fisiche dovette sopportare il tradimento del proprio figlio.

Noi ammiriamo i nuovi Beati per il loro coraggio. Li ringraziamo per la loro fedeltà in circostanze difficili, una fedeltà che è più di un esempio: è un'eredità per il popolo Irlandese e una responsabilità che va vissuta in ogni epoca".

In un momento decisivo, tutte queste persone scelsero di rispettare il loro patto con Dio: "Tutti i comandi che ha dati il Signore, noi li eseguiremo!" (Ex 24,3). Insieme a S. Oliver Plunkett, i nuovi Beati sono solo alcuni della moltitudine di Martiri Irlandesi dell'Epoca Penale. L'epoca di confusione religiosa e politica in cui vissero questi testimoni fu caratterizzata da gravi intolleranze da più parti. La loro vittoria consiste proprio nell'aver affrontato la morte senza rancore nel cuore. Vissero e morirono per Amore. Molti di loro perdonarono pubblicamente tutte le persone che avevano in qualche modo contribuito al martirio.

Il significato dei Martiri oggi sta nel fatto che la loro testimonianza vanifica la pretesa di vivere egoisticamente o di costruire un modello di società priva di una visione integrale del nostro destino umano, senza riferimento alla nostra eterna chiamata, senza trascendenza. I Martiri esortano le future generazioni di uomini e donne Irlandesi: "Combatti la buona battaglia della fede; cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato... conserva senza macchia irreprensibile il comandamento, fino alla manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo" (1Tm 6,12-14).

Affido all'intercessione dei Martiri tutto il popolo d'Irlanda: le sue speranze e le sue gioie, le sue necessità e difficoltà. Che ognuno possa gioire dell'onore offerto a questi testimoni della fede. Dio li ha sostenuti nelle sofferenze, ha offerto loro il conforto e la corona della vittoria. Possa Dio sostenere coloro che oggi operano per la riconciliazione e la pace in Irlanda! Beati Martiri d'Irlanda, intercedete per l'amato popolo Irlandese!


3. La liturgia di questa domenica ci ha fatto anche ascoltare ancora una volta l'appello del profeta Isaia: andate "a portare il lieto annuncio ai poveri" (Is 61,1). Questo appello è stato accolto da Madre Francoise di Sales Aviat che ha consacrato tutta la sua vita all'educazione delle giovani operaie della Francia, mettendosi al servizio del suo prossimo, come le aveva insegnato la Chiesa. Essa l'ha fatto con un spirito di distacco esemplare, secondo il suo motto "dimenticarmi completamente".

La sua Congregazione può essere felice di aver avuto come fondatrice una donna che, sull'insegnamento di San Francesco di Sales, ha saputo mettere la sua vita quotidiana nelle mani di Dio, con serena fiducia, dicendo che bisognava "fare tutto con Dio e niente senza di Lui". Questa fiducia le permette di superare le prove che non le furono risparmiate. Come non rendere grazie per la testimonianza che essa ci lascia? L'unione al Sacrificio redentore di Cristo attraverso la pratica quotidiana della rinuncia a se stessa, questo è l'orientamento centrale della vita di Madre Aviat. Il suo unico desiderio: essere, come diceva, "il piccolo strumento di Dio".

Che Madre Aviat possa colmare di ardore e coraggio ciascuno di noi e voi soprattutto, le Oblate di San Francesco di Sales, sue figlie spirituali, per la testimonianza che Cristo ci chiede oggi.


4. "Combatti la buona battaglia della fede", ci esorta la seconda lettura, e aggiunge: "Cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato e per la quale hai fatto la tua bella professione di fede davanti a molti testimoni" (1Tm 6,12).

E' con grande gioia che possiamo proclamare oggi che i tre nuovi Beati nati in Spagna incarnarono nella loro vita queste parole di San Paolo. Le incarno il Beato Rafael Arnaiz Baron, nella sua vita monastica breve ma intensa come Trappista, essendo un esempio, soprattutto per i giovani, di una risposta amorosa e incondizionata alla chiamata di Dio. "Solo Dio!", ripete spesso nei suoi scritti spirituali.

Le ha incarnate anche la Beata Nazaria Ignacia di Santa Teresa March Mesa, attratta interiormente dal messaggio del profeta Isaia che abbiamo ascoltato: "Il Signore... mi ha mandato... a fasciare le piaghe dei cuori spezzati" (61,1). Mossa dall'ansia apostolica, fondo in Bolivia le Missionarie Crociate della Chiesa, con cui si propose di "scendere in strada" per incontrare gli uomini, solidarizzare con essi, aiutarli, soprattutto se quei fratelli erano affetti dalle piaghe dei bisogni materiali, come il povero Lazzaro del Vangelo (cfr. Lc 16,21), ma principalmente per avvicinarli a Dio.

Infine incarno queste stesse parole la Beata Maria Josefa del Corazon de Jesus Sancho de Guerra. Toccata nell'intimo dall'affermazione del Signore: "Ero... malato e mi avete visitato... ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me" (Mt 25,36-40), fondo le Serve di Gesù della Carità, affidando loro il compito di riscoprire il volto di Cristo in tanti fratelli e sorelle, soli e malati, alleviandoli con l'unguento dell'amore fraterno.

La beatificazione di questi tre figli prediletti della Chiesa di Spagna è motivo di un profondo atto di ringraziamento a Dio. La vita del fratello Rafael costituisce un esempio di fedeltà per voi, cari Monaci Trappisti, e per le anime chiamate alla vita contemplativa. Alla vigilia del V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America le parole di Madre Nazaria Ignacia acquistano un significato particolare, non solo per le sue Figlie, ma per tutti: "nell'amare e cooperare con la Chiesa nella sua opera di predicare il Vangelo a ogni creatura, sta la nostra vita, l'essere ciò che siamo". L'amore preferenziale della Chiesa per coloro che soffrono nel corpo o nello spirito è il carisma che Madre Maria Josefa ha lasciato alle Serve di Gesù della Carità, ma anche a quanti desiderano dedicare la propria vita ad asciugare le lacrime dei nostri fratelli più bisognosi.


5. "Il Signore è fedele per sempre, rende giustizia agli oppressi" (Sal. resp.): questo proclamano oggi, davanti a noi, i Beati Martiri irlandesi, invitandoci alla fiducia in ogni circostanza.

"Il Signore ridona la vista ai ciechi, il Signore rialza chi è caduto" (): è la certezza che ha confortato la Beata Françoise, spingendola a farsi "strumento di Dio" per riaccendere la luce della speranza in tanti cuori sfiduciati e stanchi.

"Egli sostiene l'orfano e la vedova, ma sconvolge le vie degli empi" (): non ne hanno mai dubitato le Beate Nazaria Ignacia e Maria Josefa nel loro generoso spendersi per il sollievo del prossimo più povero e abbandonato.

"Il Signore regna per sempre, il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione" (): è lo speciale messaggio che consegna a tutti noi il Beato Rafael, che nella contemplazione amorosa di Dio ha trovato e attuato il senso pieno della propria vita.

"Il Signore regna per sempre...".

Regna, o Signore, sui popoli che si onorano di aver dato i natali ai nuovi Beati! Regna su tutti i popoli della terra! Per la preghiera di questi celesti intercessori, fa' che le nuove generazioni sappiano emularne l'esempio e portare la luce del tuo Vangelo oltre la soglia del nuovo millennio cristiano.

Amen!

Data: 1992-09-27 Data estesa: Domenica 27 Settembre 1992


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