GPII 1992 Insegnamenti - Angelus: la preghiera mariana - Città del Vaticano (Roma)

Angelus: la preghiera mariana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lasciamoci prendere per mano da Maria: Ella ci guiderà al Figlio suo Gesù!




1. Prima della preghiera dell'Angelus, desidero salutare cordialmente tutti i Vescovi della Conferenza Episcopale d'Irlanda, qui convenuti insieme con i loro fedeli per la beatificazione dei martiri di quella Nazione, perseguitati a causa della loro fedeltà ai principi del Credo cattolico e della loro piena adesione a questa Sede Apostolica. Saluto anche i Vescovi e fedeli provenienti dalla Spagna, dalla Francia, dall'America Latina e da altri Paesi, anch'essi qui presenti per la beatificazione di tre Religiose e di un Monaco cistercense di stretta osservanza.


2. La Beata Vergine sia per noi esempio e sprone nel cammino della vita spirituale, come lo fu per i nuovi Beati, i quali con il suo aiuto hanno raggiunto la gloria degli altari. così fu per la Beata Nazaria Ignacia, consacratasi come "schiava" a Maria secondo la formula monfortana, e per la Beata Maria Josefa, che esortava ad invocare la Madonna per sentirne prontamente la speciale protezione.

Così fu anche per il Beato Raffaele, consacrato ancor bambino alla Vergine dopo una guarigione ottenuta per sua intercessione. La Beata Léonie Françoise, per parte sua, soleva chiedere alla Madonna di poter fare ogni cosa in stretta comunione con Lei ed essere così sicura di piacere al Signore. Anche i Beati martiri irlandesi attinsero forza e coraggio alla devozione mariana del loro popolo, che in tante antiche preghiere si rivolgeva fiducioso alla "Madre della Grazia": A Mhuire na Grasta.


3. Carissimi fratelli e sorelle, la Madre del Verbo Incarnato, eroica nel sacrificio e radicata nell'umiltà più profonda, resta anche per noi modello incomparabile di virtù e segno di sicura speranza.

Come i nuovi Beati, lasciamoci prender per mano da Lei. Ella ci guiderà al Figlio suo Gesù!

Data: 1992-09-27 Data estesa: Domenica 27 Settembre 1992

L'omelia durante la Messa in suffragio del Porporato scomparso - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dalla vita del Cardinale Jacques Martin ci giunge un messaggio di totale abbandono alla Provvidenza

Signori Cardinali, Venerati fratelli nell'Episcopato e nel Sacerdozio, Carissimi fratelli e sorelle!


1. "Siate pronti con la cintura ai fianchi e le lucerne accese; siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze... Tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate..." (Lc 12,35-36 Lc 12,40).

Ancora una volta le parole severe e ammonitrici del Divin Maestro risuonano nei nostri animi, mentre celebriamo le esequie dell'amatissimo nostro fratello, il Cardinale Jacques Martin. Egli, avendo ormai raggiunta l'età di ottantaquattro anni, indubbiamente viveva in trepidante attesa dell'incontro con l'Altissimo; e tuttavia si può dire che per lui la morte è giunta improvvisa, domenica mattina, 27 settembre, mentre si preparava ad iniziare il Giorno del Signore con la celebrazione della Santa Messa. "Il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate!...". Sempre la morte è e deve essere per tutti maestra di verità e ispiratrice di propositi generosi e santi; ma specialmente la morte delle persone care che giunge improvvisamente, ci ricorda con inoppugnabile eloquenza i nostri limiti e la nostra fragilità e soprattutto ci rammenta che la vita è un cammino verso l'eternità: giovane o adulto, vecchio o bambino, ignoto o famoso, umile pellegrino nella folla anonima o al vertice delle responsabilità civili e religiose, ciascuno cammina verso la Patria eterna, per cui unicamente è stato creato dalla Volontà amorevole di Dio, che è Padre e Amore. Come sono consolanti le parole che Gesù rivolse ai suoi Apostoli e che estende anche a noi: "Vado a prepararvi un posto... perché siate anche voi dove sono io" (Jn 14,2-3). Con particolare commozione do l'ultimo saluto al Cardinale Martin e celebro per lui il Sacrificio Eucaristico insieme con i Padri Cardinali, ricordando l'assiduo e zelante servizio da lui svolto quale Prefetto della Casa Pontificia. Per anni egli fu al mio fianco in Vaticano, nelle varie visite in Italia, nei viaggi pastorali in tante parti del mondo. L'immagine del Cardinale Martin rimarrà indelebile nella memoria di coloro che l'hanno conosciuto, amato e stimato, e rimarrà pure nelle pagine della storia della Chiesa e della Santa Sede per l'attività lunga e importante da lui svolta.


2. Era nato a Amiens il 26 agosto 1908. Conseguita la Licenza in Lettere presso l'Università di Strasburgo, nel 1929 venne a Roma, ove frequento la Pontificia Università Gregoriana per prepararsi al sacerdozio, che ricevette il 14 ottobre 1934. Gli studi universitari suscitarono in lui l'amore per l'indagine storica, che egli coltivo per tutta la vita. Ne sono testimonianza alcune pregevoli pubblicazioni, tra le quali mi piace ricordare "Le Vatican inconnu", che è la più recente. Ma fu soprattutto il servizio svolto nella Segreteria di Stato a contraddistinguere la sua vita: per circa trent'anni ne fu collaboratore per la lingua francese, prodigandosi in tale incombenza con ammirevole dedizione e fedeltà. In tale periodo svolse anche incarichi speciali. Fece parte della Delegazione Pontificia inviata da Pio XI al Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest nel 1938; nel 1958 fu Inviato Speciale di Pio XII in Etiopia in occasione del XXV anniversario dell'incoronazione dell'Imperatore Haïlé Selassié.

Fu fedele e appassionato servitore di cinque Pontefici: Giovanni XXIII lo nomino Canonico di questa Patriarcale Basilica di San Pietro; Paolo VI lo volle con sé nella visita apostolica in Terra Santa nel gennaio 1964 e fu proprio in quello storico pellegrinaggio che egli ebbe dal pontefice, sulle rive del Lago di Tiberiade, la nomina a Vescovo. Monsignor Martin era particolarmente affezionato a Paolo VI e con profonda commozione conservava la lettera autografa con la quale l'allora Monsignor Montini, Sostituto della Segreteria di Stato, la sera del 10 giugno 1940, giorno dell'infausta dichiarazione di guerra dell'Italia alla Francia, gli manifestava la sua profonda amarezza per il triste evento, confermandogli i sensi della sua amicizia e rinnovando l'impegno di concorde dedizione al servizio della Santa Sede e della pace. Il 9 aprile 1969, Paolo VI lo nomino Prefetto della Casa Pontificia, incarico che mantenne fino al dicembre 1986, prodigandosi in modo continuato e diligente per il perfetto svolgimento delle varie cerimonie e celebrazioni e per la migliore riuscita dei viaggi pastorali in Italia e all'Estero. Per i tanti meriti acquisiti nel suo intenso lavoro a servizio della Santa Sede, dopo averlo promosso Arcivescovo e nominato Prefetto-emerito, ho voluto elevarlo alla dignità cardinalizia nel concistoro del 28 giugno 1988, assegnandogli la Diaconia del Sacro Cuore di Cristo Re. Ed ora, dopo una vita così lunga e impegnata, ci troviamo qui riuniti per l'ultima volta intorno alla sua salma, per pregare per lui ed anche per ascoltare il messaggio che proviene dalla sua vita e dal suo esempio.


3. Il Cardinale Martin fu sempre una persona affabile, colloquiale, aperta e serena. Francese di nascita, di educazione e di sensibilità, esprimeva nel suo carattere e nella sua cultura quello che è stato definito "l'ésprit de finesse".

Si potrebbe dire che come intelligente scrutatore della storia e come sacerdote devoto e colto, riuniva in se stesso l'ansia indagatrice di Pascal e il mistico abbandono di Santa Teresa di Lisieux, l'uno e l'altra da lui ben conosciuti ed amati. Ora, nel silenzio eloquente della morte, egli vuole lasciarci il messaggio tratto dalla frequentazione di quelle anime grandi. Un messaggio di saggezza, di umiltà e di supremo equilibrio davanti al mistero della storia umana, sempre tormentata e imprevedibile, e insieme un messaggio di totale abbandono alla Provvidenza, che è Amore e che vuole da noi la testimonianza della fede e dell'amore. Nel "Testamento spirituale" il Cardinale Martin, dopo aver ringraziato i genitori e la famiglia dell'ottima educazione cristiana avuta, ringraziava pure i "grandi amici di Dio", che l'avevano ispirato e protetto nel cammino della vita, e sottolineava il valore fondamentale del silenzio contemplativo e della vita nascosta, che aveva imparato a stimare frequentando le Certose e i Monasteri dei Trappisti. così egli scriveva: "Pour moi, aimant la vie cachèe, j'ai trouvé le bonheur et la paix dans les tâches subalternes et mon tourment fut plutôt la crainte d'en être arrachê pour être appelé à des postes de responsabilité".


4. Poche settimane or sono, dalla Francia ove si trovava in vacanza, il Cardinale Martin telefonava ad un amico: "Ho fretta di ritornare a Roma, perché è li che voglio morire". Era quasi un presentimento.

Alla morte, del resto, stava preparandosi da tempo. Pensando ad essa, scriveva: "Perdono di cuore a quanti mi avessero fatto del male e chiedo, a mia volta, perdono per gli eventuali cattivi esempi dati. Vorrei che tutti potessero conservare di me soltanto il ricordo di una totale fedeltà a Cristo, al Papa ed alla Chiesa. A tutti chiedo la carità di una preghiera".

Questa preghiera noi ora eleviamo per lui, affidandola alla celeste intercessione di Maria Santissima, che egli teneramente amava ed invocava.

Che il Signore, "dives in misericordia", accolga presto nella felicità eterna del Paradiso questo suo servo fedele e conforti sempre noi che lo ricordiamo con ammirazione ed affetto.

Data: 1992-09-27 Data estesa: Domenica 27 Settembre 1992

La Santa Messa in suffragio di Paolo VI e Giovanni Paolo I - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Abbiate fiducia... vivete di speranza..."

"Abbiate fiducia!", raccomandava il Papa Paolo VI; ed aggiungeva: "Abbiamo ragione di esortarvi alla fiducia, perché sappiamo quanto ne abbia bisogno la nostra vita... La fiducia è il sostegno, è la spinta, è la serenità del nostro pellegrinaggio terreno; ed è oggi tanto più necessaria, quanto meno essa deriva dall'esperienza della vita moderna" (Insegnamenti di Paolo VI, II, p. 928).

Giovanni Paolo I, per parte sua, annotava che chi vive la speranza "viaggia in un clima di fiducia e di abbandono, dicendo con il salmista: "Signore, tu sei la mia roccia, il mio scudo, la mia fortezza. Anche se si accampasse contro di me un esercito, non temerà il mio cuore; e se si leva contro di me la battaglia, anche allora io sono fiducioso"" (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p.


71). Le esortazioni di questi miei indimenticabili predecessori suscitano un'eco particolarmente viva nei nostri animi nel giorno in cui, presso l'altare, li ricordiamo al Signore. Esse appaiono quanto mai opportune in questo nostro tempo, segnato da non pochi motivi di preoccupazione e talora persino di angoscia.

Invitano a cercare le ragioni della speranza al di là di ogni terrena sicurezza e umana prospettiva. Spingono a guardare verso l'alto, a riporre soltanto in Dio piena e costante fiducia.

I venerati pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo I hanno offerto un esempio di totale abbandono alla Provvidenza divina, alla quale hanno affidato il loro ministero soprattutto nei momenti più impegnativi e difficili della loro esistenza.

Guardando alla loro testimonianza, noi chiediamo al Signore, fonte dell'autentica gioia, di accordarci il dono della speranza. Egli ci renda fiduciosi, arditi nel nostro quotidiano impegno apostolico teso a rinnovare noi stessi e la società con la forza del Vangelo. Il Redentore dell'uomo mai delude le attese di chi in lui confida (cfr. Si 32,24).

Carissimi fratelli e sorelle, accostiamoci con tali sentimenti all'altare del divin Sacrificio, grati al Padre celeste per aver donato alla Chiesa ed all'umanità questi due eminenti e fedeli pastori.

Data: 1992-09-28 Data estesa: Lunedi 28 Settembre 1992





Lettera al Cardinale Jozef Tomko - Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati


Al Venerabile Fratello Nostro Jozef S.R.E. Cardinale Tomko Prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli Col volere di Dio, proprio cinquecento anni fa, Cristoforo Colombo dopo lunga navigazione, giunse ad un'isola: nessuno avrebbe potuto presumere ch'egli avesse trovato un nuovo continente. Tuttavia il nostro Previdentissimo Dio, "il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4), con mano invisibile lo condusse quale strumento scelto per preparare agli indigeni di quella terra la via alla verità del Vangelo.

Da allora molti seguirono il divino Maestro e Redentore, per portare ricchissimi frutti di pace, di concordia, di giustizia, di pietà, di carità ai fratelli, agli amici, ai compagni.

Inoltre appaiono quali bellissimi fiori e segni certissimi dell'ardore con cui fu compiuta l'evangelizzazione i figli e le figlie di quella terra, che la Madre Chiesa ascrisse al numero dei beati e dei santi.

Un avvenimento tanto gioioso vogliamo dunque ricordarlo anche noi con animo lieto soprattutto insieme a tutti i fedeli del continente americano. Poiché dunque i naviganti "del vecchio mondo" approdarono dapprima nell'isola che tuttora chiamiamo di San Salvador, ed anche li come sembra, iniziarono l'opera di evangelizzazione, riteniamo opportuno rivolgere la nostra particolare attenzione a quell'isola illustre.

Dunque assentendo ai pii desideri ed alle richieste del venerabile fratello Laurenzio A. Burke, vescovo di Nassau, inoltre del Primo Ministro della nazione Bahamas, ed infine di tutti i fedeli di questa regione, eleggiamo lei, venerabile fratello nostro, ad espletare questo compito e fare li stesso come si conviene le nostre veci. perciò con questa lettera la nominiamo nostro Inviato Speciale per le felicissime cerimonie che, in questo stesso mese di ottobre, ricordano il cinquecentesimo anniversario dell'evangelizzazione nell'isola di San Salvador ed in tutta la nazione del Bahamas.

Ella dunque, venerabile fratello nostro, facendo le nostre veci, esprimerà a tutti i presenti il nostro saluto, il nostro amore verso di loro, la nostra presenza nello spirito. Esorterà inoltre i vescovi e tutti i sacerdoti, il cui compito è l'opera di evangelizzazione, a "svolgere quest'opera in maniera continuativa, perché "la parola di Dio corra e sia glorificata" (2Th 3,1) ed il Regno di Dio sia annunciato e stabilito in tutta quanta la terra" (AGD 1), affinché si renda sempre più urgente il dovere della nuova evangelizzazione.

Infine inciterà i fedeli ad offrire un costante e fervido aiuto ed un animo docile ai predicatori della fede.

Sappia per certo che noi accompagneremo la sua missione con le nostre preghiere, fiduciosi che il suo incarico avrà ottimo esito per tutti coloro che saranno li presenti. Di buon grado le imparto dunque dal profondo del cuore la nostra Benedizione Apostolica, che condividerà con tutti quelli che parteciperanno alle sacre cerimonie e con tutti coloro che, impossibilitati, pur volendo partecipare, non avranno potuto.

(Traduzione dal latino)

Data: 1992-10-01 Data estesa: Giovedi 1 Ottobre 1992

Ai Vescovi del Sudan in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Deporre le armi per seguire il cammino della pace"

Cari fratelli Vescovi,


1. Porgo un cordiale benvenuto a Voi, Vescovi del Sudan, che siete giunti a Roma per la vostra quinquennale visita ad limina apostolorum. Le sono grato, Arcivescovo Zubeir, per le cordiali parole che ha pronunciato a nome dei suoi fratelli durante la Conferenza Episcopale di cui è appena stato eletto Presidente.

Ho guardato al nostro incontro con fervente desiderio e ho pregato ogni giorno per lei e per il suo clero, religiosi e laici impegnati. Tutti voi occupate un particolare posto nel mio cuore a causa delle sofferenze che affliggono la Chiesa in Sudan e della coraggiosa lealtà con cui essa reagisce. Nel salutarvi, cari fratelli, abbraccio con calore gli appartenenti alle vostre diocesi e tutto l'amato popolo sudanese. La prego di assicurare loro tutto il mio amore e le mie affettuose preghiere. Questo incontro è per me motivo di grande gioia perché è la prima volta che mi trovo con voi da quando Dio nella sua bontà mi ha concesso la gioia di elevare agli onori degli altari la vostra eroica connazionale Josephina Bakhita. Essa è realmente importante per la Chiesa del Sudan oggi! "Il suo è un messaggio di bontà eroica ad immagine della bontà del Padre celeste. Ella ci ha lasciato una testimonianza di riconciliazione e di perdono evangelici, che recherà sicuramente conforto ai cristiani della sua patria... In questo momento di grandi tribolazioni Suor Bakhita vi precede sulla via dell'imitazione di Cristo, dell'approfondimento della vita cristiana e dell'incrollabile attaccamento alla Chiesa" (Omelia, 17 maggio 1992). Una di voi, una sorella del popolo sudanese intercede per voi presso Dio. Possa la sua memoria sostenere voi e i fedeli nelle vostre attuali sofferenze.


2. La cosa triste è che l'intera vita della Chiesa nel vostro paese è profondamente afflitta dagli eventi sociopolitici che vi hanno luogo. La guerra civile e la limitazione delle libertà fondamentali hanno un effetto negativo sulla società, e in particolare sulle attività della comunità Cattolica. In queste difficili circostanze la Chiesa è chiamata da Dio a proseguire la sua missione col medesimo coraggio e con una sempre maggiore fiducia in Lui. La Santa Sede e l'intera comunità cattolica del mondo seguono con attenzione e preoccupazione le sofferenze che state sopportando. La terribile sciagura causata dalla guerra è accompagnata anche dalla siccità, dalla carestia e dalle malattie. Milioni di sudanesi del Sud sono stati evacuati e vivono in condizioni precarie in campi profughi, nei Paesi vicini o nel deserto. Centinaia di migliaia di civili rimangono intrappolati mentre intorno a loro infuria la guerra. In questa situazione la Chiesa in Sudan cerca di alleviare per quanto possibile le sofferenze, specialmente attraverso la lodevole attività del SUDANAID. La Chiesa universale apprezza lo sforzo che i Cattolici del Sudan stanno compiendo per continuare ad obbedire al comandamento del Signore di amare il proprio prossimo come se stessi (cfr. Mt 19,19) e riconosce che questa offerta viene fatta spontaneamente imitando Colui che per primo ci ha amati (cfr. Jn 4,19). Non solo riceviamo ma siamo anche chiamati a dare in abbondanza. Nelle attività delle vostre comunità cogliamo la luce della "più autentica essenza" della Chiesa: la Sposa che si dedica totalmente ad annunciare il nome splendente del suo Sposo e a considerarsi privilegiata per essere in grado di sacrificare tutto in nome del Suo Regno (cfr. Ap 19,7). Il mio cuore, come il vostro è profondamente afflitto da tutte queste sofferenze. Ancora una volta, con uguale sollecitudine rivolgo un appello a coloro nelle cui mani è riposto il destino del Sudan affinché depongano le armi di guerra, ricerchino la via della pace e ispirino le loro azioni alla legge eterna di Dio. L'Onnipotente ordina ai suoi figli di rispettare la dignità e i diritti di tutti gli esseri umani specialmente dei più deboli e indifesi. Le radici della guerra affondano nel cuore di chi rifiuta di sottomettersi con docilità a questo ordine della volontà divina. Unisco la mia voce alla vostra nel supplicare tutti coloro che sono coinvolti a intraprendere un sincero e leale dialogo di pace. Mi rivolgo ancora una volta alla comunità internazionale e a coloro che dirigono organizzazioni internazionali affinché considerino una priorità assoluta l'aiuto alle vittime innocenti di questo terribile conflitto.


3. Il rispetto per la libertà dell'individuo di ricercare la verità e di rispondere agli imperativi morali della coscienza è la "pietra angolare della struttura dei diritti umani" e "un punto di riferimento per i diritti fondamentali... in quanto va a toccare la sfera più intima dello spirito" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 1988). Qualsiasi ostacolo all'esercizio della libertà religiosa, inclusa l'inviolabile trascendenza della persona umana, offende la causa della pace. Solo dove l'ordine politico e sociale è interamente rivolto al bene dell'uomo può esservi pace. Quindi, ogni freno alla libertà religiosa nel vostro paese in questo momento, è quanto di più grave possa verificarsi in quanto va a minare qualsiasi possibilità di dialogo e di pace. In difesa della libertà religiosa, voi avete giustamente indicato i pericoli che derivano al vostro paese dal tentativo di fondare l'unità della nazione su un'unica religione e un'unica cultura. Questa meta, insieme all'applicazione dello Shariah ai non Musulmani, ha causato la perdita di molte libertà civili. Ciò è particolarmente evidente ovunque vi siano discriminazione nell'educazione, persecuzione di sacerdoti, religiosi e catechisti, l'espulsione di missionari, l'impedimento di una legittima espressione di fede, la mancanza di autentica libertà nelle conversioni e ovunque i battezzati vengano considerati come "stranieri" nella loro terra natale.


4. Seguendo gli insegnamenti di Gesù Cristo, i Cattolici del Sudan si stanno sforzando di reagire a questa ingiustizia nello spirito delle Beatitudini: "Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). La pace e la riconciliazione donate da Dio sono, senza dubbio, i beni spirituali di cui la vostra nazione ha maggiormente bisogno dopo anni di triste violenza. La vostra Lettera Pastorale dello scorso anno, Un Invito alla Riconciliazione e alla Pace, ribadisce che nelle sofferenze a cui è sottoposto il popolo del Sudan, la Chiesa cerca innanzitutto di essere uno strumento per costruire una società che sia veramente degna dell'uomo. Ciò non significa che dinnanzi alle ingiustizie voi non dobbiate dire prontamente la verità e rivendicare i vostri legittimi diritti così come avete fatto nella Lettera Pastorale. La Verità vi renderà liberi. La vostra esortazione a tutti gli uomini e le donne di buona volontà a percorrere la via del rispetto reciproco e della riconciliazione è un'affermazione del vostro desiderio e del vostro impegno a unirvi ai vostri connazionali musulmani e a costruire una società con l'energia che deriva dalla venerazione di Dio.


5. Il fatto che il vostro piccolo gregge sia stato in grado di affrontare sfide tanto difficili è un omaggio a coloro che nel corso degli anni si sono adoperati per costruire il Corpo di Cristo in Sudan. Lo zelo di tanti sacerdoti e religiosi - alcuni figli del Sudan ed altri venuti come missionari - e la devozione dei catechisti che lavorano tanto generosamente al loro fianco, mostrano la forza della grazia di Dio che, come scrisse San Paolo, "ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare" (Ep 3,20). Desidero rendere omaggio ai sacerdoti missionari e ai fratelli e alle sorelle religiosi che condividono con voi il peso pastorale delle vostre diocesi. La loro presenza e la loro generosa dedizione costituiscono certamente un'importante fonte di incoraggiamento per i fedeli. Essi sono i segni viventi dell'universalità della Chiesa e della solidarietà che caratterizza la comunione delle Chiese particolari. E' particolarmente commovente che in mezzo a tante difficoltà, rivolgiate la vostra attenzione alla formazione di coloro che lavorano nella vigna del Signore.

Desidero incoraggiarvi a continuare ad alimentare le vocazioni e a formare i seminaristi nostante tante difficoltà. Sottopongo alla vostra attenzione la recente Esortazione postsinodale, Pastores dabo vobis. Mi auguro che questo ultimo documento riguardante la vita sacerdotale e la formazione possa aiutare voi ed i vostri sacerdoti e seminaristi a uniformare i vostri cuori e le vostre menti sempre di più al modello del Buon Pastore. Possano le preghiere costanti, il ricevimento e la celebrazione dei sacramenti e tutte le opere buone caratterizzare il vostro ministero e la vostra vita sacerdotale. I sacerdoti più anziani, nonché i seminaristi più giovani sono chiamati ogni giorno a lottare per dimostrare la carità pastorale di Dio (op. cit., 57), che si misura con la sollecitudine di consacrare tutto, persino la propria vita, alla salvezza del gregge. Il ruolo del Vescovo non è soltanto di tipo amministrativo. Egli diviene attraverso la propria consacrazione un autentico successore degli Apostoli. "Con la sua presenza e con la condivisione con i candidati al sacerdozio di tutto ciò che riguarda il cammino pastorale della Chiesa particolare, il Vescovo offre un apporto fondamentale alla formazione del "senso della Chiesa"" (op. cit. n. 65). Spero che non trascurerete questo aspetto vitale della vita ecclesiastica.


6. Infine vi prego di rendere la vostra Conferenza Episcopale un utile strumento sotto le direttive dei padri del Concilio Vaticano II: infatti la condivisione delle idee e lo scambio di opinioni conducono a "una santa concordia di forze, per il bene delle Chiese" (CD 37). La crescita di un autentico spirito di cooperazione collegiale e di solidarietà darà a ciascuno di voi la forza di affrontare i compiti a cui siete chiamati al servizio della Chiesa.

Lavorando insieme nella fiducia reciproca e nell'amore fraterno, riceverete l'uno dall'altro l'aiuto di cui avete bisogno per sviluppare un piano comune di iniziative pastorali per far fronte alle gravi sfide attuali di cui tutti siamo responsabili: provvedere alla cura pastorale in zone che per molto tempo sono rimaste prive di sacerdoti, evangelizzare ed offrire una catechesi e una formazione cristiana adeguate, promuovere la celebrazione del sacramento del matrimonio tra cristiani e rafforzare la vita familiare. La Conferenza dovrebbe servire a coordinare attivamente gli sforzi e a garantire un'amministrazione responsabile delle vostre risorse e dell'aiuto che vi viene offerto dagli altri.


7. Cari fratelli, il vostro pellegrinaggio a Roma dimostra che i vincoli di comunione della Chiesa trascendono qualsiasi confine regionale o nazionale, e che il Vescovo di Roma è il garante della sua unità e l'autentico interprete delle sue richieste. In questa luce certi aspetti pratici del vostro ministero episcopale trovano il loro più pieno significato. La vostra sollecita e spontanea cooperazione con la Santa Sede attraverso la Nunziatura Apostolica, nonostante i gravi problemi locali, proclamerà eloquentemente la vostra fedeltà alla "pietra" su cui Cristo ha voluto fondare la sua Chiesa (cfr. Mt 16,18).

Spero che la vostra Visita ad Limina avrà come risultato un rinnovato senso di comunione con la Chiesa universale, costruita sul sicuro fondamento di Cristo (cfr. 1Co 3,11), alimentata dalla testimonianza degli Apostoli e sostenuta in ogni epoca e in ogni luogo dall'azione dello Spirito Santo. I fedeli del Sudan fanno pienamente parte della Ecclesia Dei che, fin dai suoi primi giorni di vita nella Pentecoste, ha dovuto affrontare opposizioni e ostilità. Tuttavia, "dalla forza del Signore risuscitato trova forza per vincere con pazienza e amore le sue interne ed esterne afflizioni e difficoltà" (LG 8). Prego affinché sulla tomba del Principe degli Apostoli, voi stessi abbiate potuto provare la conferma della vostra comunanza con Pietro, che come ci dicono gli Atti degli Apostoli, era lieto "di essere stato oltraggiato per amore del nome di Gesù" (Ac 5,41). Possa Dio rendere i vostri cuori sempre più orgogliosi di ripetere le parole di San Paolo: "perciò mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte" (2Co 12,10).

Assicurandovi il mio affetto sincero, vi affido insieme ai vostri amati sacerdoti, religiosi e laici impegnati, all'infallibile protezione di Maria, Aiuto dei Cristiani, e come voto di pace e carità nel suo Figlio divino vi imparto la mia benedizione apostolica.

Data: 1992-10-02 Data estesa: Venerdi 2 Ottobre 1992

Udienza ai Vescovi dell'Africa incaricati della pastorale familiare - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'opera dell'evangelizzazione trova nella famiglia "santuario della vita", il suo primo campo d'azione

Venerati fratelli nell'Episcopato!


1. Sono lieto di incontrarmi con voi, Presidenti delle Commissioni per la Famiglia nelle Conferenze Episcopali dell'Africa, convocati a Roma dal Pontificio Consiglio per la Famiglia di cui saluto e ringrazio il Signor Cardinale Presidente. Vi esprimo il mio cordiale apprezzamento per il prezioso lavoro che svolgete e vi sono grato per la partecipazione alla presente riunione, dalla quale ci si attende un nuovo impulso in ordine all'opera di evangelizzazione delle vostre nazioni, opera che trova nella famiglia, "santuario della vita" (CA 39), il suo primo campo di azione.


2. La Chiesa, difendendo e promovendo la sacralità del matrimonio e della famiglia, corrisponde fedelmente al disegno di Dio e collabora al bene della società. La persona, infatti, come soggetto e come centro di relazioni, non può conoscere uno sviluppo pienamente umano al di fuori della famiglia, comunità di vita e di amore fecondo che sa aprirsi responsabilmente al dono della vita (Cfr. GS 48). L'amore genuino è responsabile: esso, cioè, sa rispondere a Dio, alla famiglia stessa e alla società quanto al rispetto del vincolo matrimoniale e all'integrale educazione dei figli. Ecco perché la famiglia conserva, pur in mezzo a tante sfide e difficoltà, energie formidabili, che derivano dal disegno eterno del Creatore e dalla grazia di Cristo redentore. Il compito della famiglia è grande e nobile. Per questo la pastorale familiare occupa un posto centrale nella missione della Chiesa ed è come il cuore della nuova evangelizzazione. Infatti il futuro della Chiesa e della società passa attraverso quella "chiesa domestica" che è la comunità familiare.


3. Come pastori, posti dal Signore al servizio del suo popolo, continuate ad annunciare, l'identità e la dignità della famiglia, vegliate su di essa, perché non le manchino la giusta attenzione ed i necessari sostegni da parte delle pubbliche Autorità. E' certo, infatti, che una buona politica familiare, improntata ai fondamentali principi di solidarietà e di sussidiarietà, costituisce per lo Stato il migliore investimento.

Da parte degli Episcopati, è importante che siano assicurati piani pastorali per la famiglia sia a livello diocesano che nazionale e anche continentale, affinché questa prima e fondamentale struttura dell'"ecologia umana" (cfr. CA 39) possa effettivamente diffondere l'ossigeno puro dei veri valori.

Nell'esortarvi a perseverare con lena rinnovata nel vostro lavoro a vantaggio delle famiglie, dei Movimenti apostolici e degli Operatori pastorali che in Africa si dedicano al servizio dell'amore e della vita, a tutti imparto la mia Benedizione.

Data: 1992-10-02 Data estesa: Venerdi 2 Ottobre 1992

La Santa Messa nella Basilica di San Giovanni in Laterano per l'apertura del Sinodo Romano - Roma

Titolo: La nuova evangelizzazione è l'impegno centrale del Sinodo, un grande atto di amore per Roma




1. "Vedendo le folle, ne senti compassione" (Mt 9,36): questo sentimento del cuore di Gesù è l'espressione umana dell'amore eterno e ricco di misericordia con cui Dio ci ha chiamati alla vita e poi ha mandato il Figlio suo in cerca dell'umanità smarrita. In questo amore è riposta l'origine della missione dei dodici Apostoli e di tutta la Chiesa, che continua nel tempo e nello spazio l'andare di Gesù per le città e i villaggi di Palestina, "predicando il Vangelo del Regno e curando ogni malattia e infermità" (ivi, v. 35). Il nostro odierno convenire qui, nella Basilica Cattedrale di Roma, inaugura l'Assemblea del Sinodo pastorale diocesano nel segno di questo medesimo amore che lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori suscitando in essi il fermo proposito di dare, con l'aiuto del Signore, nuovo impulso alla missione che, a partire da Pietro e Paolo, la Chiesa di Dio svolge ininterrottamente in Roma.

La preghiera: segreto della riuscita del Sinodo Ben giustamente l'inizio dell'Assemblea sinodale è una solenne Eucaristia, lode e rendimento di grazie a Dio Padre, memoria e presenza dell'offerta sacrificale di Cristo sulla croce, vincolo sacro di comunione in Lui e tra noi. Il segreto della riuscita del nostro Sinodo, come di ogni altro evento ed iniziativa ecclesiale, è infatti la preghiera: "Pregate dunque il Padrone della messe che mandi operai nella sua messe" (ivi, v. 37). Attendiamo dal Sinodo l'incremento numerico degli operai del Vangelo per la Chiesa di Roma, e ancor più la loro, anzi la nostra crescente configurazione al Maestro che ci ha inviato, per essere tralci di Lui che è la vite vera e così portare con Lui frutti di vita (cfr. Jn 15,1-8). Nella preghiera per il Sinodo e per la nostra Chiesa non siamo certo soli. Sappiamo infatti che le parrocchie, le case religiose, in special modo i monasteri di vita contemplativa, le molteplici aggregazioni ecclesiali e gli stessi fedeli accompagnano e sostengono con la preghiera e l'offerta quotidiana in unione con Gesù l'opera che oggi iniziamo. E soprattutto confidiamo nell'intercessione materna di Colei che è la nostra fiducia: l'icona di Maria Santissima "Salus populi Romani", qui presente con noi, è il segno visibile di questa sua sollecitudine materna e di questa nostra fiducia filiale. Con Maria sentiamo vicini a noi per sostenerci nel cammino il suo sposo San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, con la quale sta in relazione unica la Chiesa di Roma, e pertanto questo nostro Sinodo diocesano; gli Apostoli Pietro e Paolo e tutta la serie dei Pontefici Santi che hanno guidato e servito attraverso i tempi questa comunità ecclesiale; i Santi Giovanni Battista ed Evangelista, co-Patroni di questa Basilica Cattedrale, il grande coro dei Martiri, dei Santi e delle Sante che sono vanto e corona della Chiesa di Roma e la schiera innumerevole di coloro che, figli di questa Chiesa, vivono ora con l'Agnello immolato nella gloria del Padre e sono così di noi amorevolmente solleciti e a noi ineffabilmente vicini.


GPII 1992 Insegnamenti - Angelus: la preghiera mariana - Città del Vaticano (Roma)