GPII 1992 Insegnamenti - IV. Cultura cristiana

IV. Cultura cristiana


20. Anche se il Vangelo non si identifica con nessuna cultura in particolare, deve pero ispirarle, per trasformarle in tal modo dal di dentro, arricchendole con i valori cristiani che derivano dalla fede. In verità, l'evangelizzazione delle culture rappresenta la forma più profonda e globale di evangelizzare una società, poiché attraverso di essa il messaggio di Cristo penetra nelle coscienze delle persone e si proietta nell'"ethos" di un popolo, nelle sue attività vitali, nelle sue istituzioni e in tutte le strutture (cfr. Discorso agli intellettuali e al mondo universitario, Medellin 5 luglio 1986, n. 2).

Il tema "cultura" è stato oggetto di particolare studio e riflessione da parte del CELAM negli ultimi tre anni. Anche la Chiesa tutta rivolge la sua attenzione a questa importante materia "poiché la nuova evangelizzazione deve proiettarsi sulla cultura "del futuro", su tutte le culture, comprese le culture indigene" (cfr. Angelus, 28 giugno 1992). Annunciare Gesù Cristo in tutte le culture è la preoccupazione centrale della Chiesa e oggetto della sua missione. Ai nostri giorni, ciò esige in primo luogo il discernimento delle culture come realtà umana da evangelizzare, e di conseguenza, l'urgenza di un nuovo tipo di collaborazione fra tutti i responsabili dell'opera di evangelizzazione.


21. Ai nostri giorni si percepisce una crisi culturale di proporzioni insospettate. Senza dubbio, il substrato culturale di oggi presenta un buon numero di valori positivi, molti dei quali sono frutto dell'evangelizzazione; ma allo stesso tempo esso ha eliminato valori religiosi fondamentali e ha introdotto concezioni ingannevoli che non sono accettabili dal punto di vista cristiano.

L'assenza di quei valori cristiani fondamentali nella cultura della modernità non solo ha offuscato la dimensione del trascendente, portando molte persone all'indifferentismo religioso - anche in America Latina - ma è allo stesso tempo causa determinante della disillusione sociale in cui è maturata la crisi di questa cultura. Seguendo l'autonomia introdotta dal razionalismo, oggi si tende a basare i valori soprattutto su consensi sociali soggettivi che, non di rado, portano a posizioni contrarie persino all'etica naturale stessa. Si pensi al dramma dell'aborto, agli abusi nell'ingegneria genetica, e agli attacchi alla vita e alla dignità della persona.

Di fronte alla pluralità di opzioni che oggi si presentano, si richiede un profondo rinnovamento pastorale mediante il discernimento evangelico sui valori dominanti, sugli atteggiamenti e i comportamenti collettivi che spesso rappresentano un fattore decisivo per optare sia per il bene che per il male. Ai nostri giorni si rende necessario uno sforzo e una sensibilità speciale per inculturare il messaggio di Gesù, per far si che i valori cristiani possano trasformare i diversi nuclei culturali, purificandoli, se necessario, e rendendo possibile il consolidarsi di una cultura cristiana che rinnovi, amplii e unifichi i valori storici passati e presenti per rispondere così in modo adeguato alle sfide del nostro tempo (cfr. RMi 52). Una di queste sfide all'evangelizzazione è quella di intensificare il dialogo fra le scienze e la fede, al fine di creare un vero umanesimo cristiano. Si tratta di dimostrare che la scienza e la tecnica contribuiscono alla civilizzazione e all'umanizzazione del mondo nella misura in cui sono permeate dalla saggezza di Dio. A questo proposito desidero incoraggiare vivamente le Università e i Centri di studi superiori, specialmente quelli che dipendono dalla Chiesa, a rinnovare il loro impegno nel dialogo fra fede e scienza.


22. La Chiesa guarda con preoccupazione alla frattura esistente fra i valori evangelici e le culture moderne, poiché queste corrono il rischio di rinchiudersi in se stesse in una sorta di involuzione agnostica e priva di riferimento alla dimensione morale (cfr. Discorso al Pont. Consiglio per la Cultura, 18 gennaio 1983). A questo proposito, conservano pieno vigore quelle parole di Papa Paolo VI: "La rottura tra Vangelo e cultura è senza dubbio il dramma della nostra epoca come lo fu anche di altre. Occorre quindi fare tutti gli sforzi in vista di una generosa evangelizzazione della cultura, più esattamente delle culture. Esse devono essere rigenerate mediante l'incontro con la Buona Novella" (EN 20).

La Chiesa che considera l'uomo come suo "cammino" (cfr. RH 14), deve saper dare una risposta adeguata all'attuale crisi della cultura. Di fronte al complesso fenomeno della modernità, è necessario dar vita a una alternativa culturale pienamente cristiana. Se la vera cultura è quella che esprime i valori universali della persona, chi può proiettare più luce sulla realtà dell'uomo, sulla sua dignità e ragion d'essere, sulla sua libertà e sul suo destino, se non il Vangelo di Cristo? In questo evento storico dei cinquecento anni dell'evangelizzazione dei vostri popoli, vi esorto quindi, cari fratelli, affinché, con l'ardore della nuova evangelizzazione, animati dallo Spirito del Signore Gesù, rendiate presente la Chiesa nel crocevia culturale della nostra epoca, per permeare di valori cristiani le radici stesse della cultura "del futuro" e di tutte le culture già esistenti. A questo riguardo, dovrete prestare una particolare attenzione alle culture indigene e afroamericane, assimilando e ponendo in risalto tutto ciò che vi è in esse di profondamente umano e umanizzante. La loro visione della vita, che riconosce la sacralità dell'essere umano, il loro profondo rispetto per la natura, l'umiltà, la semplicità, la solidarietà sono valori che devono stimolare lo sforzo per compiere l'inculturazione di un'autentica evangelizzazione che sia anche promotrice di progresso e che porti sempre più all'adorazione di Dio "in spirito e verità" (Jn 4,23). Ma, il riconoscimento di tali valori non ci esime dal proclamare in ogni momento che "Cristo è l'unico Salvatore di tutti, colui che solo è in grado di rivelare Dio e di condurre a Dio" (RMi 5).

"L'evangelizzazione della cultura costituisce uno sforzo per comprendere le mentalità e gli atteggiamenti del mondo attuale e illuminarli a partire dal Vangelo. E' la volontà di giungere a tutti i livelli della vita umana per renderla più degna" (Discorso al mondo della cultura, Lima 15 maggio 1988, 5). Ma questo sforzo di comprensione e illuminazione dev'essere sempre accompagnato dall'annuncio della Buona Novella (cfr. RMi 46), in modo che la penetrazione del Vangelo nelle culture non sia un semplice adeguamento esteriore, bensi "un processo profondo e globale che investe sia il messaggio cristiano, sia la riflessione e la prassi della Chiesa" (Jn 52) rispettando sempre le caratteristiche e l'integrità della fede.


23. Poiché la comunicazione fra le persone costituisce un importante elemento generatore di cultura, i moderni mezzi di comunicazione sociale rivestono in questo campo un'importanza di prim'ordine. Intensificare la presenza della Chiesa nel mondo della comunicazione deve essere certamente una delle vostre priorità. Mi tornano alla mente le importanti parole del mio venerato predecessore Papa Paolo VI: "La Chiesa si sentirebbe colpevole di fronte al suo Signore se non adoperasse questi potenti mezzi che l'intelligenza umana rende ogni giorno più perfezionati" (EN 45).

D'altra parte, bisogna vigilare anche sull'uso dei mezzi di comunicazione sociale nell'educazione della fede e nella diffusione della cultura religiosa. Una responsabilità che grava soprattutto sulle case editrici dipendenti da istituzioni cattoliche, che devono "essere oggetto di particolare sollecitudine da parte degli Ordinari del luogo, affinché le loro pubblicazioni siano sempre conformi alla dottrina della Chiesa e contribuiscano efficacemente al bene delle anime" (Istruzione della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcuni aspetti relativi all'uso degli strumenti di comunicazione sociale nella promozione della dottrina della fede, 30 marzo 1992, n. 15, 2).

Esempi di inculturazione del Vangelo sono costituiti anche da certe manifestazioni socioculturali che stanno sorgendo in difesa dell'uomo e del suo ambiente e che devono essere illuminate dalla luce della fede. E' il caso del movimento ecologista a favore del rispetto per la natura e contro lo sfruttamento disorganizzato delle sue risorse, con il conseguente degrado della qualità della vita. La convinzione che "Dio ha destinato la terra e tutto quello che essa contiene all'uso di tutti gli uomini e popoli" (GS 69) deve ispirare un sistema di gestione delle risorse più giusto e meglio coordinato a livello mondiale. La Chiesa fa sua la preoccupazione per l'ambiente e esorta i governi a proteggere questo patrimonio secondo i criteri del bene comune (cfr. Messaggio per la XXV Giornata Mondiale per la Pace, 1 gennaio 1992).


24. La sfida rappresentata dalla cultura "del futuro" non affievolisce tuttavia la nostra speranza, e rendiamo grazie a Dio perché in America Latina il dono della fede cattolica è penetrato nel più profondo della sua gente, forgiando in questi cinquecento anni l'anima cristiana del continente e ispirando molte delle sue istituzioni. Infatti la Chiesa dell'America Latina è riuscita ad impregnare la cultura del popolo, ha saputo porre il messaggio evangelico alla base del suo pensiero, nei suoi principi fondamentali di vita, nei suoi criteri di giudizio e nelle sue norme di comportamento.

Ci si presenta ora l'eccezionale sfida della continua inculturazione del Vangelo nei vostri popoli, tema che dovrete affrontare con lungimiranza e profondità nei prossimi giorni. L'America Latina offre, in Santa Maria di Guadalupe, un grande esempio di evangelizzazione perfettamente inculturata.

Infatti, nella figura di Maria - dai primordi della cristianizzazione del Nuovo Mondo e alla luce del Vangelo di Gesù - si incarnarono autentici valori culturali indigeni. Nel volto meticcio della Vergine del Tepeyac si riassume il grande principio dell'inculturazione: l'intima trasformazione degli autentici valori culturali mediante l'integrazione nel cristianesimo e il radicamento del cristianesimo nelle varie culture (RMi 52).

V. Una nuova era sotto il segno della speranza


25. Ecco, cari fratelli e sorelle, alcune delle sfide che si presentano alla Chiesa in questo momento della nuova evangelizzazione. Dinanzi a questo panorama, carico di interrogativi, ma anche ricco di promesse, dobbiamo chiederci quale è il cammino che deve seguire la Chiesa in America Latina affinché la sua missione dia, nella prossima tappa della sua storia, i frutti che attende il Padrone della messe (cfr. Lc 10,2 Mc 4,20). La vostra Assemblea dovrà delineare il volto di una Chiesa viva e dinamica che cresce nella fede, si santifica, ama, soffre, si impegna e spera nel suo Signore, come ci ricorda il Concilio Ecumenico Vaticano II, punto obbligato di riferimento nella vita e nella missione di ogni Pastore (cfr. GS 2).

Il compito che vi attende durante le prossime giornate è arduo, ma è un compito caratterizzato dal segno della speranza che viene da Cristo Risorto. La vostra missione è quella di essere araldi della speranza, di cui ci parla l'apostolo Pietro (cfr. 1P 3,15): speranza che si basa sulle promesse di Dio, sulla fedeltà alla sua parola e che ha come certezza assoluta la risurrezione di Cristo, la sua vittoria definitiva sul peccato e sulla morte, primo annuncio e radice di ogni evangelizzazione, fondamento di ogni promozione umana, principio di ogni autentica cultura cristiana che non può che non essere la cultura della risurrezione e della vita, vivificata dall'afflato dello Spirito di Pentecoste.

Amati fratelli nell'Episcopato, nell'unità della Chiesa locale, che nasce dall'Eucaristia, si trova tutto il Collegio Episcopale con a capo il Successore di Pietro, come appartenente alla stessa essenza della Chiesa particolare (cfr. Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione, 14). Intorno al Vescovo e in perfetta comunione con lui devono nascere le parrocchie e le comunità cristiane come floride cellule di vita ecclesiale. perciò, la nuova evangelizzazione richiede un vigoroso rinnovamento di tutta la vita diocesana. Le parrocchie, i movimenti apostolici e le associazioni di fedeli, e in generale tutte le comunità ecclesiali, devono sempre essere evangelizzate e evangelizzatrici. In particolar modo, le Comunità ecclesiali di base devono essere sempre caratterizzate da una decisa proiezione universalistica e missionaria, che infonda loro un rinnovato dinamismo apostolico (cfr. EN 58 Puebla 640-642). Esse, - che devono essere caratterizzate da una chiara identità ecclesiale - devono porre l'Eucaristia, che il sacerdote presiede, al centro della vita e della comunione dei loro membri, in stretta unione con i loro pastori e in piena sintonia con il Magistero della Chiesa.


26. Condizione indispensabile per la nuova evangelizzazione è il poter contare su evangelizzatori numerosi e qualificati. perciò, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose, come pure la promozione di altri operatori della pastorale, deve essere una priorità per i Vescovi e un impegno per tutto il popolo di Dio. Bisogna dare, in tutta l'America Latina, un impulso decisivo alla pastorale vocazionale e affrontare, con giusti criteri e con speranza, ciò che riguarda i seminari e i centri di formazione dei religiosi e delle religiose, come pure il problema della formazione permanente del Clero e di una migliore distribuzione dei sacerdoti tra le diverse Chiese locali, nelle quali dobbiamo anche considerare l'apprezzato lavoro dei diaconi permanenti. Al riguardo, si trovano orientamenti appropriati nell'Esortazione Apostolica postsinodale Pastores dabo vobis.

Per quanto riguarda i religiosi e le religiose, che in America Latina svolgono una parte considerevole dell'azione pastorale, desidero menzionare la Lettera Apostolica I cammini del Vangelo, che ho rivolto loro il 29 giugno 1990.

Voglio inoltre ricordare qui gli Istituti Secolari, con la loro fervente vitalità nel mondo e i membri delle Società di Vita Apostolica, che svolgono un'importante attività missionaria.

In questo momento, i membri degli Istituti religiosi, tanto maschili quanto femminili, devono concentrarsi, in particolare, sulla missione propriamente evangelizzatrice, impiegando tutta la ricchezza di iniziative e di doveri pastorali che scaturiscono dai loro diversi carismi.

Fedeli allo spirito dei loro Fondatori, deve caratterizzarli un profondo senso di Chiesa e la testimonianza di una stretta e fedele collaborazione nella pastorale, la cui direzione compete agli Ordinari diocesani e, sotto certi aspetti, alle Conferenze Episcopali.

Come ho ricordato nella mia Lettera alle contemplative dell'America Latina (12 dicembre 1989), l'azione evangelizzatrice della Chiesa è sostenuta da quei santuari della vita contemplativa, così numerosi in tutto il Continente, che costituiscono una testimonianza della radicalità della consacrazione a Dio, che deve occupare sempre il primo posto nelle nostre scelte.


27. Nell'Esortazione Apostolica postsinodale Christifideles laici sulla "vocazione e la missione dei laici nella Chiesa", ho voluto mettere in particolare rilievo che nella "grande, impegnativa e magnifica impresa" della nuova evangelizzazione è indispensabile il lavoro dei secolari, in special modo dei catechisti e dei "delegati della Parola". La Chiesa nutre grande speranza in tutti quei laici che, con entusiasmo e con efficacia evangelica, operano attraverso i nuovi movimenti apostolici, che devono essere coordinati nella pastorale di insieme e che rispondono alla necessità di una maggiore presenza della fede nella vita sociale.

In questo momento, in cui ho chiamato tutti a lavorare con ardore apostolico nella vigna del Signore, senza che nessuno rimanga escluso, "i fedeli laici devono sentirsi parte viva e responsabile di questa impresa (della nuova evangelizzazione), chiamati come sono ad annunciare e a vivere il Vangelo nel servizio ai valori e alle esigenze della persona e della società" (CL 64). Degna di ogni elogio, come trasmettitrice della fede, è la donna latinoamericana, il cui ruolo nella Chiesa e nella società bisogna debitamente mettere in rilievo (Cfr. Lettera Apostolica Mulieris Dignitatem). Particolare sollecitudine pastorale si deve prestare ad infermi, anche in considerazione della forza evangelizzatrice della sofferenza (cfr. Lettera Apostolica Salvifici Doloris, sul significato cristiano della sofferenza umana, 11 febbraio 1984).

Lancio uno speciale appello ai giovani dell'America Latina. Essi - così numerosi in un continente giovane - dovranno essere protagonisti nella vita della società e della Chiesa nel nuovo millennio cristiano che è ormai alle porte. A essi si deve presentare, nel loro stesso linguaggio, la bellezza della vocazione cristiana e si devono proporre ideali grandi e nobili, che li sostengano nelle loro aspirazioni per una società più giusta e fraterna.


28. Tutti sono chiamati a costruire la civiltà dell'amore in questo Continente della speranza. E c'è di più: l'America Latina che ha ricevuto la fede trasmessa dalle Chiese del Vecchio Mondo, deve prepararsi a diffondere il messaggio di Cristo nel mondo intero, dando "dalla sua povertà" (cfr. Messaggi al III e al IV Congresso Missionario Latinoamericano, Santafé de Bogota 1987 e Lima 1991). "Sento venuto il momento di impegnare tutte le forze ecclesiali per la nuova evangelizzazione e per la missione ad gentes. Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli" (RMi 3). Anche per l'America Latina è arrivato questo momento "La fede si rafforza dandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell'impegno per la missione universale" (EN 2). Per l'America Latina, che ha ricevuto Cristo cinquecento anni fa, il più grande segno di gratitudine per il dono ricevuto e il più grande segno della sua vitalità cristiana, è quello di impegnare se stessa nella missione.


29. Cari fratelli nell'Episcopato, in qualità di successori degli Apostoli dovete dedicare tutta la vostra sollecitudine al gregge "in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti a pascere la Chiesa di Dio" (Ac 20,28). D'altra parte, in qualità di membri del Collegio Episcopale, in stretta unione affettiva ed effettiva con il Successore di Pietro, siete chiamati a mantenere la comunione e la sollecitudine per tutta la Chiesa. E, in questa circostanza, in qualità di membri della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, incombe su di voi una responsabilità storica.

In virtù della stessa fede, della Parola rivelata, dell'azione dello Spirito e per mezzo dell'Eucaristia che presiede il Vescovo, la Chiesa particolare ha con la Chiesa Universale un particolare rapporto di mutua interiorità, perché in essa si trova e opera veramente la Chiesa di Cristo che è Una, Santa, Cattolica, Apostolica (cfr. CD 11). In essa deve risplendere la santità di vita alla quale ogni evangelizzatore è chiamato, dando testimonianza di un'intensa partecipazione al mistero di Gesù Cristo, sentito e sperimentato fortemente nell'Eucaristia, nell'assiduo ascolto della Parola, nella preghiera, nel sacrificio, nel generoso offrirsi al Signore, che nei sacerdoti e nelle altre persone consacrate, si esprime in modo speciale attraverso il celibato.

Non bisogna dimenticare che la prima forma di evangelizzazione è la testimonianza (cfr. RMi 42-43), vale a dire la proclamazione del messaggio di salvezza attraverso le opere e la coerenza di vita, portando a termine così la sua incarnazione nella storia quotidiana degli uomini. La Chiesa, dalle sue origini si è resa presente e operante non soltanto attraverso l'annuncio esplicito del Vangelo di Cristo, ma anche e soprattutto attraverso l'irradiazione della vita cristiana. perciò la nuova evangelizzazione esige coerenza di vita, testimonianza compatta della carità, sotto il segno dell'unità, affinché il mondo creda (cfr. Jn 17,23).


30. Gesù Cristo, il Testimone fedele, il Pastore dei pastori, è in mezzo a noi, poiché ci siamo riuniti nel suo nome (cfr. Mt 18,20). Con noi è lo Spirito del Signore che guida la Chiesa alla pienezza della verità e la ringiovanisce con la parola rivelata, come in una nuova Pentecoste.

Nella comunione dei Santi vegliano sui lavori di questo importante incontro ecclesiale una pleiade di Santi e Sante latinoamericani, che evangelizzarono questo Continente con la loro parola e le loro virtù, e - molti di essi - lo fecondarono con il loro sangue. Essi sono i frutti maggiori dell'evangelizzazione.

Come nel Cenacolo di Pentecoste, ci accompagna la Madre di Gesù e Madre della Chiesa. La sua presenza affettuosa in tutti gli angoli dell'America Latina e nei cuori dei suoi figli è assicurata dal sentimento profetico e dall'ardore evangelico che devono accompagnare i vostri lavori.


31. "E' beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45). Queste parole, che Elisabetta rivolge a Maria portatrice di Cristo, sono applicabili alla Chiesa, di cui la Madre del Redentore è esempio e modello. Beata America che hai ricevuto l'annuncio della salvezza e hai creduto nelle "parole del Signore"! La fede è la tua felicità, la fonte della tua gioia. Beati voi, uomini e donne dell'America Latina, adulti e giovani, che avete conosciuto il Redentore! Insieme a tutta la Chiesa, e con Maria, voi potete dire che il Signore "ha guardato l'umiltà della sua serva" (Lc 1,48). Beati voi, poveri della terra, perché è giunto a voi il Regno di Dio! "Le parole del Signore" si compiranno. Sii fedele al tuo battesimo, ravviva in questo Centenario l'immensa grazia ricevuta, riponi il tuo cuore, il tuo sguardo al centro, all'origine, a colui che è fondamento di ogni felicità, pienezza di tutto! Apriti a Cristo, accogli lo Spirito, affinché in tutte le tue comunità avvenga una nuova Pentecoste! E sorgerà da te un'umanità nuova, felice, e sentirai di nuovo il braccio poderoso del Signore, e "Le parole del Signore" si compiranno. Ciò che ti ha detto, America, è il suo amore per te, è il suo amore per i tuoi uomini, per le tue famiglie, per i tuoi popoli. E questo amore si compirà in te, e troverai di nuovo te stessa, troverai il tuo volto, "Tutte le generazioni ti chiameranno beata" (Lc 1,48).

Chiesa dell'America, il Signore passa oggi al tuo fianco. Ti chiama. In questo momento di grazia, pronuncia di nuovo il tuo nome, rinnova la sua alleanza con te. Magari ascoltassi la sua voce, per conoscere la felicità vera e piena ed entrare nella sua pace! (cfr. Ps 94,7 Ps 94,11).

Concluderemo invocando Maria, Stella della prima e della nuova evangelizzazione. Ad essa, che ha sempre sperato, affidiamo la nostra speranza.

Nelle sue mani riponiamo le nostre ansie pastorali e tutti i compiti di questa Conferenza, raccomandando al suo cuore di Madre il suo buon esito e la sua proiezione sul futuro del Continente. Che Essa ci aiuti ad annunciare suo Figlio: "Gesù Cristo ieri, oggi e sempre!".

Amen.

Data: 1992-10-12 Data estesa: Lunedi 12 Ottobre 1992

Il messaggio agli indigeni d'America - Santo Domingo

Titolo: La Chiesa eleva la sua voce di condanna quando viene violata la vostra dignità

Amatissimi fratelli e sorelle indigeni del Continente americano:


1. Nell'ambito della commemorazione del V Centenario dell'inizio dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo, occupano un posto privilegiato nel cuore e nell'affetto del Papa i discendenti degli uomini e delle donne che popolavano questo continente quando la croce di Cristo venne piantata quel 12 ottobre del 1492. Dalla Repubblica Dominicana, ove ho avuto la gioia di incontrare alcuni dei vostri rappresentanti, rivolgo il mio messaggio di pace e di amore a tutte le persone e ai gruppi etnici indigeni, dalla penisola dell'Alaska sino alla Terra del Fuoco. Siete i discendenti dei popoli tupi-guarani, aymara, maya, quechua, chibca, nahualt, mixteco, araucano, yanomami, guajiro, inuit, apaches e tantissimi altri che si distinguono per la loro nobiltà di spirito, che si distinguono per i loro valori culturali autoctoni, come le civiltà azteca, inca e maya e che possono vantarsi di avere una visione della vita che riconosce la sacralità del mondo e della persona umana. La semplicità, l'umiltà, l'amore per la libertà, l'ospitalità, la solidarietà, l'attaccamento alla famiglia, la vicinanza alla terra e il sentimento di contemplazione sono altrettanti valori che la memoria indigena dell'America ha conservato fino ai nostri giorni e che costituiscono un contributo tangibile nell'animo latinoamericano.


2. Cinquecento anni fa il Vangelo di Gesù Cristo giunse ai vostri popoli. Ma già da prima, anche se non lo sapevate, il Dio vivente e autentico era presente e illuminava il vostro cammino. L'apostolo san Giovanni ci dice che il Verbo, il Figlio di Dio, che "veniva nel mondo" è "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Jn 1,9). Infatti, i "semi del Verbo" erano già presenti e illuminavano i cuori dei vostri antenati affinché potessero scorgere l'impronta del Dio Creatore in ognuna delle sue creature: il sole, la luna, la madre terra, i vulcani e le foreste, i laghi e i fiumi. Ma, alla luce della Buona Novella, essi scoprirono che tutte quelle meraviglie del creato non erano che un pallido riflesso del loro Autore e che la persona umana, essendo a immagine e somiglianza del Creatore, è molto superiore al mondo materiale ed è chiamata a un destino trascendente ed eterno. Gesù di Nazareth, il Figlio di Dio fatto uomo, con la sua morte e la sua resurrezione, ci ha liberati dal peccato, rendendoci figli adottivi di Dio e aprendoci la via verso la vita eterna. Il messaggio di Gesù Cristo vi ha fatto vedere che tutti gli uomini sono fratelli perché hanno un Padre comune: Dio. E sono tutti chiamati a far parte dell'unica Chiesa che il Signore ha fondato per mezzo del suo sangue (cfr. Ac 20,28).

Alla luce della rivelazione cristiana le virtù ancestrali dei vostri antenati quali l'ospitalità, la solidarietà, lo spirito di generosità, trovarono la loro pienezza nel grande comandamento dell'amore, che deve essere la legge suprema del cristiano. La convinzione che il male si identifica con la morte e il bene con la vita vi ha aperto il cuore a Gesù che è "la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). Tutto ciò che i Padri della Chiesa chiamano il "seme del Verbo", fu purificato, approfondito e completato dal messaggio cristiano, che proclama la fratellanza universale e difende la giustizia. Gesù ha chiamo beati coloro che hanno sete di giustizia (cfr. Mt 5,6). Quale altro motivo se non quello della predicazione degli ideali evangelici spinse tanti missionari a denunciare le ingiustizie commesse contro gli Indios all'arrivo dei conquistatori? A dimostrarlo ci sono l'azione apostolica e gli scritti degli intrepidi evangelizzatori spagnoli come Bartolomé de Las Casas, Fra Antonio de Montesinos, Vasco de Quirroga, Juan del Valle, Julian Garcés, José de Anchieta, Manuel de Nobrega e tanti altri uomini e donne che hanno dedicarono generosamente la loro vita agli indigeni. Come potrebbe la chiesa, che con i suoi religiosi, sacerdoti e vescovi é sempre stata accanto agli indigeni, dimenticare, in questo V Centenario, le sofferenze enormi inflitte agli abitanti di questo Continente durante l'epoca della Conquista e della colonizzazione? Bisogna riconoscere in tutta sincerità gli abusi commessi, dovuti alla mancanza d'amore da parte di quelle persone che non seppero vedere negli indigeni dei fratelli, figli dello stesso Dio Padre.


3. In questa commemorazione del V Centenario, desidero ripetere ciò che vi ho detto durante la mia prima visita pastorale in America Latina: "Il Papa e la Chiesa sono con voi e vi amano: amano le vostre persone, la vostra cultura, le vostre tradizioni; ammirano il vostro meraviglioso passato, vi incoraggiano nel presente e sperano tanto nel futuro" (Discorso a Cuilapan, 29.1.1979, n. 5). Per questo voglio essere l'eco e il portavoce dei vostri desideri più profondi. So che volete essere rispettati come persone e come cittadini. Dal canto suo, la Chiesa fa sua questa legittima aspirazione, dal momento che la vostra dignità non è inferiore a quella di qualsiasi altra persona o razza. Tutti gli uomini e tutte le donne sono stati creati ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1,26-27). E Gesù che ha sempre dimostrato la sua predilezione per i poveri e gli abbandonati ci dice che tutto ciò che facciamo o che tralasciamo di fare "a uno solo di questi miei fratelli più piccoli", è a lui che lo facciamo (cfr. Mt 25,40). Nessuno che si fregi del titolo di cristiano può disprezzare o discriminare per motivi di razza o di cultura. L'apostolo Paolo ci ammonisce al riguardo: "E in realtà noi siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi" (1Co 12,13). La fede, cari fratelli e sorelle, oltrepassa le differenze fra gli uomini. La fede e il battesimo danno vita a un nuovo popolo: il popolo dei figli di Dio. Tuttavia, seppur superando le differenze, la fede non le elimina, ma le rispetta. L'unità di tutti noi in Cristo non significa dal punto di vista umano, uniformità. Al contrario, le comunità ecclesiali si sentono arricchite nell'accogliere la molteplice diversità e varietà di tutti i loro membri.


4. Per questo la Chiesa esorta gli indigeni a conservare e promuovere con legittimo orgoglio la cultura dei loro popoli: le sane tradizioni e costumi, la lingua e i valori particolari. Difendendo la vostra identità, non esercitate solo un diritto, ma adempite anche al dovere di trasmettere la vostra cultura alle generazioni future, arricchendo in tal modo tutta la società. Questa dimensione culturale, nell'ottica dell'evangelizzazione, costituirà una delle priorità della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, che si svolge a Santo Domingo e che ho avuto la gioia di inaugurare quale atto preminente del mio viaggio in occasione del V Centenario. La tutela e il rispetto delle culture, valorizzando tutto ciò che di positivo vi è in esse, non significano tuttavia che la Chiesa rinunzi alla sua missione di elevare i costumi, rifiutando tutto ciò che si oppone alla morale evangelica o la contraddice. "La Chiesa - afferma il Documento di Puebla - ha la missione di dar testimonianza al "vero Dio e unico Signore". perciò non si può considerare come un abuso l'evangelizzazione che invita ad abbandonare le false concezioni di Dio, i comportamenti antinaturali e le aberranti manipolazioni dell'uomo da parte dell'uomo" (nn. 405-406). Elemento centrale nelle culture indigene è l'attaccamento e la vicinanza alla madre terra.

Amate la terra e volete rimanere a contatto con la natura. Unisco la mia voce a quella di quanti reclamano la messa in atto di strategie e mezzi efficaci per proteggere e conservare la natura creata da Dio. Il rispetto dovuto all'ambiente deve essere sempre tutelato al di sopra di interessi esclusivamente economici o dell'abusivo sfruttamento di risorse nelle terre o nei mari.


5. Fra i problemi che affliggono molte delle comunità indigene vi sono quelli riguardanti il possedimento della terra. Mi risulta che i pastori della Chiesa, sulla base delle esigenze del vangelo e in sintonia con il magistero sociale, hanno continuato a sostenere i vostri legittimi diritti favorendo adeguate riforme agrarie ed esortando alla solidarietà come cammino che porta alla giustizia. Sono a conoscenza anche delle difficoltà che dovete affrontare anche in temi come la sicurezza sociale, il diritto di associazione, l'abilitazione agricola, la partecipazione alla vita nazionale, la formazione integrale dei vostri figli, l'educazione, la salute, la convivenza e tante altre questioni che vi preoccupano.

A tale proposito, mi tornano in mente le parole che alcuni anni fa, ho rivolto agli indios nell'indimenticabile incontro di Quetzaltenango: "La Chiesa conosce, amati figli, l'emarginazione che sopportate; le ingiustizie che soffrite; le serie difficoltà che avete nel difendere le vostre terre e i vostri diritti; la frequente mancanza di rispetto per i vostri costumi e le vostre tradizioni. Per questo, nell'adempiere al suo compito di evangelizzazione, essa vuole esservi vicina ed elevare la sua voce di condanna quando viene violata la vostra dignità di esseri umani e figli di Dio; vuole accompagnarvi pacificamente come esige il Vangelo, ma con decisione ed energia, nel raggiungimento del riconoscimento e della promozione della vostra dignità e dei vostri diritti di persone" (Discorso a Quetzaltenango, 7 marzo 1983, n. 4). Nell'ambito della missione religiosa che le è propria, la Chiesa non risparmierà gli sforzi per continuare a promuovere tutte quelle iniziative che tendono a promuovere il bene comune e lo sviluppo integrale delle vostre comunità, così come a favorire delle legislazioni che rispettino e tutelino adeguatamente gli autentici valori e diritti degli indigeni. Prova di questa ferma volontà di collaborazione e assistenza è la recente erezione da parte della Santa Sede della Fondazione "Populorum Progressio", che dispone di un fondo di aiuti per i gruppi indigeni e le popolazioni contadine meno favorite dell'America Latina. Vi esorto, quindi, ad un rinnovato impegno e ad essere anche protagonisti della vostra elevazione spirituale e umana attraverso il lavoro degno e costante, la fedeltà alle vostre migliori tradizioni, la pratica delle virtù.

Per far questo contate sui genuini valori della vostra cultura, formatasi nel corso delle generazioni che vi hanno preceduti in questa terra benedetta. Ma, soprattutto, contate sulla più grande ricchezza che, per grazia di Dio, avete ricevuto: la vostra fede cattolica. Seguendo gli insegnamenti del Vangelo, otterrete che i vostri popoli, fedeli alle loro legittime tradizioni, progrediscano sia nel campo materiale che in quello spirituale. Illuminati dalla fede in Gesù Cristo, vedrete negli altri uomini, al di là di qualsiasi differenza di razza o di cultura, i vostri fratelli. La fede renderà più grandi i vostri cuori affinché entrino in essi tutti i vostri concittadini. E questa stessa fede porterà gli altri ad amarvi, a rispettare la vostra varietà e ad unirsi a voi nella costruzione di un futuro in cui tutti siano parte attiva e responsabile, come si deve alla dignità cristiana.


6. Riguardo al posto che vi spetta nella Chiesa esorto tutti a sostenere quelle iniziative pastorali che favoriscano una maggiore integrazione e partecipazione delle comunità indigene alla vita ecclesiale. Per questo, bisognerà compiere un rinnovato sforzo in ciò che concerne l'inculturazione del Vangelo, poiché "una fede che non diviene cultura è una fede non pienamente accolta, né totalmente pensata né fedelmente vissuta" (Discorso al mondo della cultura, Lima 15 maggio 1988). Si tratta, in definitiva, di far si che i cattolici indigeni divengano i protagonisti della loro stessa promozione ed evangelizzazione. E ciò in tutti i campi, compresi i diversi ministeri. Che immensa gioia il giorno in cui le vostre comunità potranno essere servite da missionari e missionarie, da sacerdoti e vescovi che provengano dalle vostre stesse famiglie e vi guidino nell'adorazione di Dio "in spirito e in verità" (Jn 4,23).

Il messaggio che oggi vi rivolgo in terra americana, nel celebrare cinque secoli di presenza del Vangelo fra voi, vuole costituire una chiamata alla speranza. La Chiesa, che per cinquecento anni vi ha accompagnato nel vostro cammino, farà quanto è nelle sue possibilità perché i discendenti degli antichi abitanti dell'America occupino nella società e nelle comunità ecclesiali il posto che spetta loro. Sono consapevole dei gravi problemi e delle difficoltà che dovete affrontare. Ma sono certo che non vi mancheranno mai l'aiuto di Dio e la protezione della sua Santissima Madre, come un giorno, sulla collina di Tepeyac è stato promesso all'indio Juan Diego, un nobile figlio del vostro stesso sangue che ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari: "Ascolta e comprendi, mio figlio più piccolo, che non è nulla ciò che ti spaventa e ti affligge; non sia turbato il tuo cuore; non temere questa malattia né nessun'altra malattia o angoscia. Non ci sono forse qui io, tua Madre? Non sei forse sotto la mia ombra? Non sono forse io la tua salvezza? Non sei forse nel mio grembo?" (Nican Mopohua).

Che nostra Signora di Guadalupe vi protegga tutti, mentre vi benedico di tutto cuore nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Data: 1992-10-12 Data estesa: Lunedi 12 Ottobre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - IV. Cultura cristiana