GPII 1992 Insegnamenti - Messaggio agli Afroamericani - Santo Domingo

Messaggio agli Afroamericani - Santo Domingo

Titolo: La Chiesa rispetta e incoraggia la fedeltà alla propria identità e al proprio patrimonio spirituale

Amatissimi fratelli e sorelle Afroamericani,


1. Il V Centenario dell'Evangelizzazione del Nuovo Mondo è un'occasione propizia per rivolgervi, dalla città di Santo Domingo, il mio messaggio di incoraggiamento perché cresca la vostra speranza e sia appoggiato il vostro impegno cristiano per infondere una rinnovata vitalità alle vostre comunità, alle quali, come Successore di Pietro, invio un carissimo ed affettuoso saluto con le parole dell'apostolo San Paolo: "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e del Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3). L'evangelizzazione dell'America è motivo per un profondo atto di ringraziamento a Dio che, nella sua infinita misericordia, ha voluto far giungere agli abitanti di queste terre benedette, fecondate dalla croce di Cristo, il messaggio di salvezza che ha segnato la vita e la storia del suo popolo e che così abbondanti frutti di santità e di virtù ha prodotto durante questi cinque secoli. La data del 12 ottobre del 1492 segna l'inizio dell'incontro di razze e culture che caratterizzeranno la storia di questi cinquecento anni, nei quali con visione cristiana possiamo scoprire l'intervento amoroso di Dio, nonostante i limiti e le infedeltà degli uomini. In effetti, nel corso della storia si determina una confluenza misteriosa di peccato e di grazia, ma, nello stesso tempo, la grazia trionfa sul potere del peccato. Come ci dice San Paolo: "Laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5,20).


2. Durante la celebrazione di questo V Centenario non potevo non essere vicino con il mio messaggio di vivissimo affetto alle popolazioni afroamericane, che costituiscono una parte rilevante di tutto il continente e che con i loro valori umani e cristiani, ed anche con la loro cultura, arricchiscono la Chiesa e la società di tanti paesi. A questo proposito, mi ricordo di quelle parole di Simon Bolivar che affermano che "l'America è il risultato dell'unione dell'Europa e dell'Africa con elementi aborigeni. perciò, in essa non vi possono essere pregiudizi razziali e, se vi nascessero, l'America ritornerebbe al caos primordiale". E' nota la gravissima ingiustizia commessa contro quelle popolazioni nere del continente africano, che furono sradicate con violenza dai loro territori, dalla loro cultura e dalle loro tradizioni, e portate schiave in America. Nel mio recente viaggio apostolico in Senegal non ho voluto tralasciare di visitare l'isola di Gorea, dove si sviluppo parte di quell'ignobile commercio, e ho voluto sottolineare il deciso rifiuto della Chiesa con le parole che voglio nuovamente ricordare: "La visita alla Casa degli Schiavi ci riporta alla memoria la tratta di negri che Pio II, in una lettera ad un missionario che partiva per la Guinea definiva come "un enorme crimine". Durante tutto un periodo della storia del continente africano uomini, donne e bambini furono portati qui, sradicati dalla loro terra e separati dalle loro famiglie per essere venduti come merce.

Questi uomini e donne sono stati vittime di un vergognoso commercio al quale hanno partecipato persone battezzate che non hanno vissuto secondo i principi della loro fede. Come dimenticare le enormi sofferenze inflitte alla popolazione deportata del continente africano, disprezzando i diritti umani più elementari? Come dimenticare le vite umane annientate dalla schiavitù? Bisogna ammettere con verità ed umiltà questo peccato dell'uomo contro l'uomo" (Discorso nell'Isola di Gorea, 21.II.1992).


3. Guardando l'attuale realtà del Nuovo Mondo, vediamo coraggiose e vive comunità afroamericane che, senza dimenticare la loro storia, portano la ricchezza della loro cultura nella varietà multiforme del continente. Con tenacia non priva di sacrifici contribuiscono al bene comune integrandosi nella società ma conservando la loro identità, i loro usi e i loro costumi. Questa fedeltà alla propria identità e al patrimonio spirituale è qualcosa che la Chiesa non soltanto rispetta ma incoraggia e vuole incrementare, poiché essendo stato l'uomo - ogni uomo - creato ad immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gn 1,26-27), ogni realtà autenticamente umana è espressione di tale immagine, che Cristo ha rigenerato con il suo sacrificio redentore. Grazie alla redenzione di Cristo, amati fratelli e sorelle afroamericani, noi uomini siamo passati dalle tenebre alla luce, dall'essere "non-mio-popolo" a chiamarci "figli-di-Dio-vivo" (cfr. Os 2,1). Come "eletti di Dio" formiamo un solo corpo che è la Chiesa (cfr. Col 3,12-15) nel quale, con parole di San Paolo, "non c'è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero ma Cristo è tutto in tutti" (Col 3,11). Infatti, la fede supera le differenze tra gli uomini e dà vita ad un popolo nuovo che è il popolo dei figli di Dio. Tuttavia, pur superando le differenze nella comune condizione di cristiani, la fede non le elimina ma le rispetta e conferisce loro dignità. perciò, durante questa commemorazione del V Centenario, vi invito a difendere la vostra identità, ad essere consapevoli dei vostri valori e a farli fruttificare. Tuttavia, come Pastore della Chiesa, vi esorto soprattutto ad essere consapevoli del grande tesoro che, per grazia di Dio, avete ricevuto: la vostra fede cattolica. Illuminati da Cristo, otterrete che le vostre comunità si sviluppino e progrediscano sia nello spirituale che nel materiale, diffondendo così i doni che Dio vi ha elargito. Illuminati dalla fede cristiana, vedrete gli altri uomini, al di là di qualsiasi differenza di razza o di cultura, come vostri fratelli, figli dello stesso Padre.


4. La sollecitudine della Chiesa per voi e per le vostre comunità in vista della nuova evangelizzazione, della promozione umana e della cultura cristiana, sarà messa in evidenza nella IV Conferenza Generale dell'Episcopato latinoamericano che ieri ho avuto l'onore di inaugurare. Senza dimenticare che molti valori evangelici sono penetrati ed hanno arricchito la cultura, la mentalità e la vita degli afroamericani, desideriamo potenziare l'attenzione pastorale e favorire gli aspetti specifici e propri delle comunità ecclesiali. L'opera di evangelizzazione non distrugge, ma si incarna nei vostri valori, li consolida e irrobustisce; fa crescere il seme sparso dal Verbo di Dio, che prima di farsi carne per tutto salvare e ricapitolare in se stesso, già era nel mondo come "luce vera che illumina ogni uomo" (GS 57). La Chiesa, fedele alla universalità della sua missione, annuncia Gesù Cristo ed invita gli uomini di tutte le razze e condizioni ad accogliere il suo messaggio. Come affermarono i Vescovi latinoamericani nella Conferenza Generale di Puebla de los Angeles, "la Chiesa ha la missione di dar testimonanza al "vero Dio e unico Signore". perciò non si può considerare come un abuso l'evangelizzazione che invita ad abbandonare le false concezioni di Dio, i comportamenti antinaturali e le aberranti manipolazioni dell'uomo da parte dell'uomo" (n. 406). In effetti, con l'evangelizzazione, la Chiesa rinnova le culture, combatte gli errori, purifica ed eleva la morale dei popoli, feconda le tradizioni, le consolida e restaura in Cristo (cfr. GS 58).


5. So che la vita di molti afroamericani nei diversi paesi non è priva di difficoltà e problemi. La Chiesa, consapevole di ciò, condivide le vostre sofferenze, vi è vicina e vi sostiene nelle vostre legittime aspirazioni ad una vita più giusta e degna per tutti. Non posso non esprimere la mia più viva gratitudine ed incoraggiare l'azione apostolica di tanti sacerdoti, religiosi e religiose che svolgono il loro ministero tra i più poveri e bisognosi. Chiedo a Dio che nelle vostre comunità cristiane sorgano numerose vocazioni sacerdotali e religiose, perché gli afroamericani del continente possano avere ministri provenienti dalle vostre famiglie.

Affidandovi alla materna protezione della Santissima Vergine, la cui devozione è intensamente radicata nella vita e nella pratica cristiana dei cattolici afroamericani, vi benedico nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Data: 1992-10-12 Data estesa: Lunedi 12 Ottobre 1992

L'omelia alla Messa per i 400 alunni del Seminario - Santo Domingo

Titolo: Cristo vi unisce a Lui per partecipare alla sua unzione e prolungare la sua missione

Cari seminaristi, Provo una grande gioia nel trovarmi con voi in questo seminario, centro di formazione sacerdotale, cuore che riscalda la religiosità di questa Arcidiocesi e di tutta la Repubblica. Tutti voi vi state preparando al sacerdozio e desiderate identificarvi con il Vangelo di Gesù e con il mistero della sua Chiesa, per essere segni tangibili del Buon Pastore, "unto e inviato" (cfr. Lc 4,18), disposti a consacrare la vostra vita al servizio degli uomini, vostri fratelli. Nella sequela sacerdotale di Cristo avete udito la chiamata a rendere presente l'opera salvifica del Redentore, quale segno dell'amore di Dio per tutta l'umanità. "Tu sei sacerdote per sempre, alla maniera di Melchidesek" (He 5,6). Il Concilio Vaticano II non esita a affermare che "i seminari maggiori sono necessari alla formazione sacerdotale" (cfr. OT 4), perché il clima di pietà, di serietà liturgica e personale, di studio, di disciplina, di convivenza fraterna e di iniziazione pastorale che deve caratterizzare il seminario, è il modo più giusto per la preparazione al sacerdozio (cfr. OT 4). Considerate, quindi, il seminario come la vostra vera e propria famiglia, e come la prima scuola di fedeltà a Cristo e alla Chiesa. Nella lettura del Vangelo di San Luca che abbiamo ascoltato, ci viene narrata la vocazione dell'apostolo Pietro e dei suoi compagni che, dopo la pesca miracolosa, lasciarono tutto per seguire il Maestro. Essi udirono la chiamata di Cristo e si convertirono in pescatori di uomini. Anche voi, cari Seminaristi, avete udito il "seguimi" di Gesù che ha un duplice aspetto, indivisibile e allo stesso tempo complementare: incontro con Cristo e missione.

L'uno implica l'altro e entrambi si integrano a vicenda. In effetti, la vocazione ci si presenta come un dono di Dio, al quale bisogna rispondere facendosi carico di tutte le esigenze che essa comporta, quali il consacrarsi alla sequela di Cristo e all'azione evangelizzatrice. E' questo il modo in cui si esprime l'affetto di Cristo per "i suoi" (Jn 13,1), come vocazione, che è una dichiarazione d'amore; solo seguendo questo amore si possono capire perfettamente i due aspetti complementari della vocazione: "Chiamo a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui. Ne costitui Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare" ci dice l'evangelista Marco (Mc 3,13-14). La sequela di Cristo vi unisce indissolubilmente a Lui, non solo per partecipare al suo essere o alla sua "unzione", ma anche per prolungare la sua "missione" e perché vi possiate addentrare nel suo amore che redime. Come non ricordare la scena commovente del lago, quando Pietro e i suoi compagni lasciano sulla sabbia le reti e la barca e seguono Gesù che li aveva guardati fino in fondo all'anima! Anche voi, cari Seminaristi, avete udito un giorno la chiamata di Gesù che vi invitava a seguirlo.

Sapete perfettamente che, con la vocazione al sacerdozio e alla vita consacrata, siete stati chiamati a condividere la sorte di Cristo, a "bere il calice" (Mc 10,38), a dividere con Lui la vostra vita. Questa chiamata non solo vi sostiene e vi prepara alle difficoltà, come dice il Signore: "Voi siete quelli che sono rimasti con me nella prova" (cfr. Jn 15,14), ma vi rende gioiosamente partecipi dell'amicizia di Cristo: "Voi siete miei amici" (Jn 15,14). Il segreto della missione consiste proprio nel vivere questa amicizia: e anche "voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio" (Jn 15,27). Alla luce delle parole di Gesù a Pietro: "Non temere: d'ora in poi sarai pescatore di uomini" (Lc 5,10), possiamo mettere a fuoco correttamente gli avvenimenti e le preoccupazioni della nostra vita. Vi posso assicurare, amati Seminaristi, che il mio cuore vive, giorno dopo giorno, le vostre inquietudini spirituali e le vostre ansie di apostolato.

Come non pensare al bisogno immediato di vocazioni numerose e selezionate! Come non essere accanto a voi nel vostro desiderio di vivere un sacerdozio più autentico, quale segno personale e comunitario di Cristo Sacerdote e Buon Pastore! Prima di concludere, voglio nuovamente incoraggiarvi a proseguire, con generosa dedizione, il cammino della vostra preparazione al sacerdozio e alla vita consacrata. Dedicatevi intensamente alla vostra formazione spirituale, teologica, pastorale e umana. Nella Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis potrete trovare preziosi orientamenti a tale proposito.

Maria, che dedico tutta la sua vita alla crescita e all'educazione di Gesù (cfr. Lc 2,51-52), sia la vostra protettrice in ogni momento. Oggi, che celebriamo il 75 anniversario dell'Apparizione di Nostra Signora di Fatima, vi affido al suo materno amore. Con questi voti ferventi, benedico di tutto cuore voi, cari Seminaristi e i vostri professori ed educatori, che con generosa dedizione consacrano il meglio di se stessi alla preparazione dei santi e saggi sacerdoti di cui la Chiesa ha bisogno.

Data: 1992-10-13 Data estesa: Martedi 13 Ottobre 1992

Ad una rappresentanza di indigeni - Santo Domingo

Titolo: "Vi consegno un messaggio di pace e di amore"

E' per me motivo di particolare gioia darvi il mio più cordiale e affettuoso benvenuto, rappresentanti di diverse etnie indigene del continente americano, che siete voluti venire a Santo Domingo per partecipare a questo incontro con il Papa. Il mio fervente desiderio era quello di celebrare il V Centenario dell'arrivo del Vangelo nel Nuovo Mondo, riunito con la moltitudine di fratelli e sorelle indigeni nello Yucatan, culla delle gloriose civilizzazioni dei vostri antenati. Ma per ragioni ben note, è stato necessario ridurre gli atti del programma iniziale, sperando che il Signore mi permetta in un futuro non lontano di poter incontrare i figli e le figlie dei nobili popoli indigeni per celebrare, insieme, ancora una volta, la fede cristiana che ispira le vostre comunità e che alimenta i vostri sforzi per arrivare a condizioni di vita più degne e giuste.

In questa terra, in cui fu piantata la Croce di Cristo cinque secoli fa, vi consegno il Messaggio di pace e di amore che rivolgo a tutte le persone e gruppi etnici amerindi. Siate inoltre portatori delle mie parole di incoraggiamento e del profondo affetto che sento per tutti i fratelli e le sorelle indigeni che affido alla materna protezione di Nostra Signora di Guadalupe affinché l'avvenimento che commemoriamo li fortifichi nella loro fede cristiana e li sostenga nelle loro legittime aspirazioni per conseguire il posto che spetta loro nella società e nella Chiesa.

Benedico, nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo Voi qui presenti, le vostre famiglie, i vostri popoli e Nazioni. Amen.

Data: 1992-10-13 Data estesa: Martedi 13 Ottobre 1992

Ad una rappresentanza di afroamericani incontrata nella Nunziatura Apostolica - Santo Domingo

Titolo: Una solida vita cristiana per rispondere al proselitismo delle sette

Amatissimi fratelli e sorelle: Mi rallegra molto incontrarmi con voi, rappresentanti delle comunità afroamericane di questo continente, in occasione del V Centenario dell'arrivo del Vangelo.

Come ben sapete, era mio fervente desiderio tenere una celebrazione liturgica dedicata in modo particolare ai discendenti di quegli uomini e quelle donne che, dopo la scoperta dell'America, furono costretti a abbandonare il continente africano e a trasferirsi nelle nuove terre.

Per mezzo di voi, desidero fare arrivare il mio Messaggio di saluto e di incoraggiamento a tutte le persone e le comunità afroamericane del Nuovo Mondo, in modo particolare ai figli e alle figlie della Chiesa cattolica, che rendendo grazie a Dio, celebra i cinquecento anni di presenza della fede cristiana nel continente della speranza.

Vi ringrazio vivamente per la vostra visita e vi prego affinché, insieme alla mia parola, siate portatori del mio saluto affettuoso alle vostre famiglie e alle vostre comunità in tutti i Caraibi, in Brasile, sulle coste dell'Atlantico e del Pacifico, in tutto il continente. Dite loro che il Papa li ama e che vuole stare vicino a coloro che più ne hanno bisogno: ai poveri, agli infermi, a quanti soffrono nel corpo e nello spirito.

Siate in ogni momento fedeli alla Chiesa di Cristo, al comandamento dell'amore fraterno. Che nelle vostre manifestazioni di religiosità e di pietà popolare, pienamente radicate nella varietà delle vostre espressioni, risplenda sempre la vitalità del messaggio cristiano, la purezza della sua dottrina, la devozione eucaristica e mariana. Tutto questo sarà garanzia di profonda e solida vita cristiana e vi difenderà anche dal proselitismo delle sette.

Affidando tutti alla materna protezione della Santissima Vergine, vi imparto di cuore la Benedizione Apostolica.

Data: 1992-10-13 Data estesa: Martedi 13 Ottobre 1992

Ai vescovi e ai fedeli giunti dalla Repubblica di Haiti - Santo Domingo

Titolo: Profonda solidarietà e conforto per le prove crudeli del popolo haitiano

Cari fratelli nell'Episcopato, Cari fratelli e sorelle,


1. Le celebrazioni del V Centenario dell'Evangelizzazione del vostro continente hanno diretto ancora una volta i miei passi verso il nuovo mondo e ne provo un'emozione sincera. Sono molto colpito dal fatto che mi siate venuti incontro: il vostro gesto è una testimonianza eloquente della vitalità dei legami affettivi che uniscono la Chiesa di Haiti al Successore di Pietro. Vi ringrazio vivamente per avermi portato il saluto del Popolo haitiano. Già diverse volte e anche recentemente non ho tralasciato di farvi sapere quanto vi sono vicino, mentre il vostro Paese continua a passare da un periodo di dolore ad un altro, lasciandovi nell'inquietudine e nell'angoscia. Come il Buon Samaritano del Vangelo, fermandomi per strada, vorrei esprimervi ancora una volta la mia profonda solidarietà e portarvi conforto, a voi che dovete sopportare prove crudeli che, da parte mia, insieme con i miei collaboratori, cerco di alleviare. Porto davanti a Dio le sofferenze degli uni e degli altri: prego per coloro che sono spinti a fuggire verso altre terre, per coloro che si sentono perseguitati, per quanti si trovano nella disperazione, senza lavoro e senza sicurezza, e per tutte le persone i cui diritti vengono calpestati. Chiedo al Signore di sostenere l'azione di tutti coloro che, restando sul posto, si sforzano, con i mezzi che hanno a disposizione, di rinunciare alla logica della violenza e di stabilire un clima di tolleranza e di pace, per una maggiore giustizia. Mi auguro che, lungi dal sentirvi abbandonati, siate certi della sollecitudine del Papa il quale desidera tanto che non perdiate il gusto di vivere, ma che perseveriate nel vostro impegno per difendere la vostra terra, per procurare ai vostri figli l'educazione scolastica indispensabile che li aiuterà ad affrontare la vita e a diventare essi stessi gli artefici del loro sviluppo.


2. In questo 1992, che segna i cinquecento anni dall'arrivo sulla vostra terra della buona Novella di Cristo, siete invitati con i vostri fratelli e sorelle dell'America Latina, a rivolgere uno sguardo nuovo alla persona del nostro Redentore, Salvatore degli uomini e Sorgente di vita. Come suggerisce il tema della Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, che ho avuto la gioia di inaugurare ieri, "Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8). Vi ama e dirige le vostre vite nel suo misterioso disegno. Sotto la guida dei vostri Pastori, siete incoraggiati a dar prova di nuovo slancio per accogliere e conoscere meglio la parola di Dio, affinché sia la vostra regola di vita. così, consoliderete l'opera di evangelizzazione iniziata cinque secoli fa dai primi missionari. Siete chiamati a orientare i vostri passi sulle orme di Cristo per diffondere la luce della fede nelle vostre diocesi di Haiti e per farla irradiare altrove.


3. Lo sapete: è Cristo che libera l'uomo e gli fa raggiungere la sua piena dimensione e maturità. Spero che ad Haiti, come in altri paesi latinoamericani, si sviluppi un grande impulso apostolico e una vasta creatività di catechesi affinché i battezzati possano conoscere meglio la fede cristiana e producano autentici frutti di santità. Mi auguro inoltre che cresca la preoccupazione profonda per l'uomo, che si cerchi di far incarnare il Vangelo nella cultura popolare, e soprattutto che ci si aiuti reciprocamente a stabilire e a mantenere dei rapporti veramente umani. Dio vuole che i suoi figli vivano nella pace e che ottengano ciò di cui hanno bisogno per vivere nel rispetto e nella dignità. Vuole che modifichiamo il nostro sguardo verso gli altri, che riconosciamo nei nostri fratelli e sorelle delle persone create a immagine di Dio, chiamate a vivere con il Padre. Si tratta, in definitiva, di far si che i figli e le figlie di questa terra haitiana testimonino attivamente il Vangelo e sappiano rendere conto della speranza che è in loro (cfr. 1P 3,15).


4. Voi cristiani avete il desiderio di lavorare insieme, nel dialogo. Perché non porre fine alle divisioni sterili? Perché non riunire gli sforzi per portare avanti l'edificazione di una Chiesa che, grazie alla sua coesione, diffonda la speranza attorno a lei? Vivendo la comunione ecclesiale contribuirete, di conseguenza, alla costruzione di una società di solidarietà, di verità, di giustizia, di fratellanza e di amore, di cui Haiti ha bisogno. Sulla scia degli evangelizzatori del passato, sarete voi stessi i messaggeri della Buona Novella per il mondo odierno. In modo pressante, vi esorto a rimanere uniti attorno ai vostri Vescovi: condivido con essi la preoccupazione per la vostra Chiesa e hanno tutta la mia fiducia. Affido alla vostra meditazione queste forti raccomandazioni di Sant'Ignazio di Antiochia: "Come il Signore non ha fatto niente da solo, né con i suoi Apostoli, senza il Padre, con il quale forma una persona sola, così anche voi non fate niente senza il Vescovo e i Presbiteri. Non cercate di dare un'apparenza ragionevole alle vostre attività private, ma fate tutto in comune: una sola preghiera, una sola supplica, un solo spirito, una sola speranza nella carità, nella gioia irreprensibile; questo è Gesù Cristo, che è al di sopra di tutto" (Lettera agli abitanti di Magnesia, VII, 1).


5. Il 1992 segna per voi anche il cinquantenario della consacrazione del vostro amato Paese a Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Possiate rinnovare a Maria la vostra offerta in quanto popolo, con la sua storia, la sua cultura, i suoi talenti, insieme al suo duro lavoro e alle sue speranze! Che Maria continui ad essere presente nella vostra vita e vi aiuti a proseguire nella fede verso Gesù suo Figlio! Nel concludere, auspico che la Chiesa di Haiti sia più che mai una forza spirituale dall'influenza crescente, e questo grazie alla sua unità incrollabile.

Per incoraggiarvi in questo importante progetto, imparto di cuore a tutti voi, e ai vostri fratelli e sorelle in tutto il Paese, e soprattutto a quanti soffrono nella carne e nello spirito, la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1992-10-13 Data estesa: Martedi 13 Ottobre 1992

A tutto il popolo al momento del commiato - Santo Domingo

Titolo: "Cristo ieri, oggi e sempre" si faccia vita nelle persone, nelle famiglie e nella società dominicana

Signor Presidente, Amati fratelli nell'Episcopato, Autorità, Cari figli e figlie della Repubblica Dominicana,


1. Volge al termine la mia visita pastorale che, nel nome del Signore, ho avuto la gioia di compiere, realizzando così il mio fervido desiderio di unirmi, da questa porta delle Americhe, alle celebrazioni del Centenario dell'Evangelizzazione del Nuovo Mondo. Al momento di salutarci il mio pensiero fattosi preghiera si rivolge a Dio, ricco di misericordia, che mi ha concesso la grazia di condividere queste giornate di intensa comunione e speranza, durante le quali ho avuto occasione di sentire la presenza e la vicinanza dei popoli dell'America Latina, che ringraziano profondamente il Signore della storia per il dono della fede e per esser stati scelti a formare parte della sua Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica.

Ringrazio il Signor Presidente della Repubblica e tutte le Autorità, che tanto hanno fatto per il buon esito della mia visita pastorale, dimostrandomi in ogni momento la loro squisita cortesia. Esprimo la mia viva gratitudine ai miei fratelli Vescovi di questa Nazione, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, così come a tanti laici che, con non pochi sforzi e sacrifici, hanno contribuito con efficacia ed entusiasmo alla preparazione e alla realizzazione delle diverse celebrazioni. Ringrazio anche i numerosi volontari e volontarie che, con tanta generosità, hanno contribuito al buono svolgimento della visita. Ugualmente, una saluto di gratitudine ai mezzi di comunicazione sociale per il loro impegno e per i loro buoni servizi. Per cause ben note e aliene alla mia volontà, non è stato possibile in questa occasione realizzare gli incontri che, in un primo momento, erano stati programmati a La Vega e Azua. Ma il mio spirito è stato sempre molto vicino a tutti e a ciascuno dei dominicani: famiglie, ragazzi e bambini, contadini e operai intellettuali e dirigenti, minoranze etniche, poveri e infermi. Porto tutti nel mio cuore e conservero di tutti un indelebile ricordo.


2. E' stato motivo di profonda soddisfazione incontrare una Chiesa viva, i cui pastori si dedicano tanto generosamente al compito della nuova evangelizzazione, condividendo la gioia e le tristezze della gente contribuendo alla promozione della giustizia e della fratellanza fra tutti. Animati dalla grande speranza che deriva da una fede decisa e operante, continuate ad annunciare Gesù Cristo, che è lo stesso ieri, oggi e sempre (cfr. He 13,8). Che il motto della IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano si faccia vita nelle persone, nelle famiglie, nella società dominicana. Esorto i miei fratelli Vescovi e gli altri partecipanti della Conferenza di Santo Domingo a proseguire nel loro lavoro e li accompagno con la mia preghiera intensa, assidua, colma di speranza. Voglia Dio che il frutto delle loro riflessioni infonda un rinnovato dinamismo apostolico in tutte le diocesi, le parrocchie, le comunità, le associazioni e movimenti della Chiesa Latinoamericana.


3. L'America Latina - continente della speranza - deve entrare valorosamente e fermamente nel terzo millennio cristiano irradiando nel mondo la luce della fede che ha ricevuto cinque secoli fa. Il futuro si presenta, senza dubbio, come una grande sfida per la capacità creativa e la volontà di comprensione dei popoli che formano la grande famiglia latinoamericana. Per questo, è ancor più necessario che, uniti nelle radici cristiane che hanno dato forma al loro essere storico, diano nuova vitalità ai valori morali come fattore di coesione sociale, solidarietà e progresso. Chiedo a Dio che questo V Centenario costituisca una tappa nel processo di formazione latinoamericana, che porti le Nazioni del Continente a occupare il posto che spetta loro nello scenario mondiale.

Avanti America Latina! Che la tua fede cristiana ti accompagni sempre nel difficile cammino che dovrai percorrere. Coraggio, Continente della speranza! Non temere! Spalanca le porte a Cristo! Che Dio benedica la Repubblica Dominicana! Che Dio Benedica tutti i figli e le figlie dell'America! Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1992-10-14 Data estesa: Mercoledi 14 Ottobre 1992

Angelus: riflessione nella ricorrenza della Giornata Missionaria Mondiale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una risposta generosa all'universale chiamata di ogni fedele alla santità e alla missione

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Ho ancora vivo nel cuore il ricordo del recente incontro con la Chiesa latino-americana a Santo Domingo dov'è in corso la IV Conferenza Generale dell'Episcopato per commemorare il V Centenario dell'evangelizzazione di quel Continente. Grati al Signore per il dono della fede ricevuta, i credenti di quelle terre intendono impegnarsi a testimoniare e a comunicare il messaggio evangelico con rinnovato slancio missionario in questo nostro singolare momento storico. La straordinaria esperienza ecclesiale che ho potuto vivere nei giorni scorsi, a diretto contatto con una Chiesa che s'interroga sulle presenti urgenze dell'evangelizzazione, mi sollecita - in questa domenica in cui celebriamo la Giornata Missionaria Mondiale - a rinnovare il caldo invito che espressi nell'Enciclica "Redemptoris missio": "Nessun credente in Cristo, nessuna istituzione della Chiesa può sottrarsi a questo dovere supremo: annunciare Cristo a tutti i popoli" (RMi 3). La Giornata Missionaria, animata dalla Pontificia Opera della Propagazione della Fede, costituisce certamente la più importante occasione per stimolare una intensa cooperazione da parte di tutti all'annuncio di Cristo.

Ogni battezzato è chiamato a partecipare efficacemente all'attività missionaria con l'offerta preziosa dell'orazione e della sofferenza, e con quegli aiuti materiali che si rivelano necessari per l'organizzazione delle nuove comunità ecclesiali, nate dal primo incontro col Vangelo. L'odierna ricorrenza, pertanto, unisce ed impegna i pastori e i fedeli nella riflessione, nella preghiera e nella solidarietà della carità, a favore della missione universale che Cristo ha affidato alla sua Chiesa.


2. La Giornata Missionaria, pero non può ridursi soltanto ad un affettuoso e quasi corale incontro delle comunità cristiane con i Missionari, uomini e donne, impegnati in prima linea nell'opera evangelizzatrice. Essa deve servire piuttosto a sviluppare in ciascun battezzato una sempre più amorosa e operosa partecipazione all'evangelizzazione del nostro mondo, giunto ormai alla soglia del terzo Millennio dalla venuta di Cristo. "Se non tutti sono chiamati con una vocazione specifica alla missione "ad gentes" - ho scritto nel Messaggio per l'odierna circostanza - tutti, pero, devono accrescere lo spirito e l'impegno missionario in se stessi e nelle loro comunità ecclesiali".


3. Penso in questo momento con grande affetto ai Missionari sparsi nei vari Continenti, e li incoraggio a perseverare fiduciosamente nel loro servizio all'annuncio del Vangelo alle Genti. Esorto, poi, l'intero popolo cristiano a rispondere con generosità, ciascuno secondo la propria specifica vocazione, all'universale chiamata alla santità e alla missione, vivendo con gioia la propria fede e testimoniandola con coerenza nelle molteplici situazioni della vita. Sarà loro premura, inoltre, contribuire anche materialmente all'opera delle missioni e, in particolare, si sentiranno personalmente impegnati a promuovere e sostenere le vocazioni missionarie.

Maria, Regina delle Missioni e Stella dell'Evangelizzazione, alla quale adesso ci rivolgiamo con la preghiera dell'Angelus, accompagni e conforti i Missionari come pure quanti generosamente cooperano all'attuazione dell'universale mandato missionario della Chiesa nel mondo di oggi.

(Giovanni Paolo II ha concluso l'incontro domenicale con i fedeli raccolti in Piazza San Pietro ricordando così il quindicesimo anniversario dell'inizio del suo Pontificato:) Ancora ringrazio tutti per le preghiere con cui mi hanno aiutato e sostenuto durante questi passati quattordici anni del mio Ministero Petrino a Roma.

E all'inizio di questo quindicesimo anno dello stesso Ministero mi raccomando alla vostra preghiera.

Data: 1992-10-18 Data estesa: Domenica 18 Ottobre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Messaggio agli Afroamericani - Santo Domingo