GPII 1992 Insegnamenti - Santa Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti - Città del Vaticano (Roma)

Santa Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ripensiamo con affetto e gratitudine a quanti hanno attivamente lavorato per il Regno di Dio

"Tenetevi pronti!" Ascolteremo risonare tra poco, nella pagina evangelica, questa esortazione, che ci ricorda quale deve essere la costante disposizione del nostro spirito nell'attesa dell'incontro con Cristo, giusto Giudice e misericordioso Redentore.

Nel corso del mese dedicato alla preghiera per i cari defunti, ci ritroviamo oggi intorno all'altare del Signore per fare memoria dei venerati fratelli nell'episcopato scomparsi nel corso dell'anno.

E' questo un momento di profonda comunione ecclesiale che, mentre ci offre l'occasione di suffragare le anime di tanti generosi servitori della Chiesa, ci permette pure di sostare in orante meditazione sul mistero della morte, sugli interrogativi che esso pone e sulle risposte chiarificatrici e pacificanti che, al riguardo, ci vengono dalla parola di Dio.

L'evento pasquale, che riviviamo ogni volta nel divin Sacrificio della Messa, illumina gli umani destini e li apre alla speranza dell'immortalità.

In questa luce soprannaturale noi ripensiamo con affetto e gratitudine a quanti ci hanno preceduto nel segno della fede, ricordando quanto attivamente, durante la loro vita terrena, essi abbiano lavorato per il Regno di Dio. Il pensiero va in particolare ai compianti fratelli Cardinali Paul Emile Léger, Sergio Guerri, Giovanni Colombo, Giuseppe Paupini, Frantisek Tomasek, Jacques Marie Martin. Per essi, come anche per Sua Beatitudine Giacomo Giuseppe Beltritti e tutti gli altri Arcivescovi e Vescovi defunti, imploriamo la divina clemenza. La loro memoria sia per ciascuno di noi efficace stimolo a camminare "in una vita nuova", secondo l'esortazione di Paolo e a fare della nostra esistenza, sull'esempio da lui lasciatoci, un "olocausto" gradito a Dio.

Maria, Madre della Chiesa, conforti questi nostri propositi e ci accompagni nel quotidiano adempimento del ministero che la Provvidenza divina ci ha affidato.

Data: 1992-11-10 Data estesa: Martedi 10 Novembre 1992

In occasione del V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America Latina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Lettera ai Vescovi diocesani dell'America Latina

In occasione del V Centenario dell'Evangelizzazione dell'America, avevo convocato la IV Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, al fine di studiare, alla luce di Cristo "lo stesso ieri, oggi e sempre" (He 13,8), i grandi temi della Nuova Evangelizzazione, della Promozione umana e della Cultura cristiana.

La Divina Provvidenza mi ha concesso la gioia di poter inaugurare personalmente detta Assemblea a Santo Domingo, il 12 ottobre scorso. Il 28 dello stesso mese si sono conclusi i lavori della Conferenza e i Presidenti della stessa mi hanno inviato le conclusioni, che erano state elaborate dai Vescovi presenti.

Con sommo piacere ho potuto riscontrare la profonda sollecitudine pastorale con cui i miei fratelli nell'Episcopato hanno esaminato gli argomenti che avevo proposto loro, per contribuire allo sviluppo della vita della Chiesa in America Latina, guardando al presente e al futuro.

I testi conclusivi di tale Conferenza di cui ho autorizzato la diffusione, potranno orientare ora l'azione pastorale di ogni Vescovo diocesano dell'America Latina. Ogni Pastore diocesano insieme ai presbiteri "suoi cooperatori" (LG 28), e con gli altri membri della Chiesa particolare che gli è stata affidata, compirà la necessaria cernita per vedere ciò che è più utile e urgente nella situazione particolare della sua diocesi.

Un largo consenso dei Vescovi delle Chiese particolari esistenti in uno stesso Paese potrà anche portare formule o piani pastorali comuni, sempre rispettando l'identità di ogni diocesi e l'autorità pastorale propria del Vescovo, che è il centro visibile dell'unità e, allo stesso tempo, il suo vincolo gerarchico con il Successore di Pietro e con la Chiesa Universale (cfr. LG 23).

Come è evidente, le conclusioni della Conferenza di Santo Domingo dovranno essere esaminate alla luce del Magistero della Chiesa Universale e dovranno essere compiute in fedeltà al diritto canonico vigente.

Da parte mia confido nel fatto che la sollecitudine pastorale dei Vescovi dell'America Latina porti tutte le Chiese particolari del Continente a un rinnovato impegno per la Nuova Evangelizzazione, la Promozione umana e la Cultura cristiana.

Che Gesù Cristo, Nostro Signore, Evangelizzatore e Salvatore, sia oggi, come ieri e come sempre, il centro della vita della Chiesa.

Che la Beatissima Vergine, che è stata sempre vicina al Suo Figlio Divino, accompagni i Pastori e i fedeli nel loro pellegrinaggio verso il Signore.

Vaticano, 10 novembre 1992, memoria di San Leone Magno, Papa e Dottore della Chiesa.

Data: 1992-11-10 Data estesa: Martedi 10 Novembre 1992




Udienza: agli Assistenti Ecclesiastici dell'Azione Cattolica Italiana - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Una vita sacerdotale continuamente protesa verso la santità è il primo e più grande dono dell'Assistente all'Azione Cattolica




1. Con grande gioia vi accolgo quest'oggi, carissimi Assistenti centrali, regionali e diocesani dell'Azione Cattolica Italiana, riuniti a Roma per il vostro Convegno annuale. Vi saluto tutti cordialmente. Saluto in particolare Mons.

Salvatore De Giorgi, Assistente Ecclesiastico Generale della vostra Associazione, il quale ha così efficacemente interpretato i comuni sentimenti e sintetizzato i lavori svolti in questi giorni. Egli ha anche accennato alle preghiere fatte per la mia salute, in occasione della recente malattia. Ve ne sono sinceramente grato.


2. Il tema, sul quale state riflettendo, è importante ed urgente: si tratta infatti della formazione, intesa nella sua integralità e continuità. Molto opportunamente voi vi siete proposti di considerare con un medesimo sguardo la formazione dei sacerdoti e dei laici, alla luce della recente Esortazione Apostolica post sinodale Pastores dabo vobis. Ciò è segno, da una parte, dell'attenzione con cui seguite l'insegnamento della Chiesa e, dall'altra, della convinzione che vi anima circa la stretta interdipendenza esistente tra la formazione dei presbiteri e quella dei laici: "Più si sviluppa", infatti, "l'apostolato dei laici e più fortemente viene percepito il bisogno di avere dei sacerdoti che siano ben formati" (PDV 3). La formazione permanente e integrale dei propri aderenti e soprattutto dei responsabili è sempre stata la preoccupazione principale della vostra Associazione. Nella prospettiva della nuova evangelizzazione, l'ultima Assemblea nazionale l'ha posta come impegno primario del triennio '92-'95, ancorandola a solidissime basi: la vita spirituale, centrata sul rapporto con Cristo nello Spirito Santo; la preghiera liturgica e l'ascolto della parola di Dio; l'approfondimento teologico e la catechesi; la conoscenza del Magistero e in particolare della Dottrina sociale della Chiesa. Ciò non mancherà di favorire la personale crescita dei soci nei valori umani e cristiani, portandoli ad essere così veramente "lievito nella massa", persone capaci di rendere una testimonianza critica all'interno della cultura e delle dinamiche sociali del nostro tempo.


3. Il sacerdote assistente di Azione Cattolica - come ben ricorda lo Statuto - partecipa alla vita dell'Associazione, contribuendo ad alimentare l'impegno spirituale e il senso apostolico dei soci e promuovendone, in particolare, l'unità. Questo egli ottiene, anzitutto, con l'esempio e con l'impegno di una formazione presbiterale permanente e completa, nella dimensione umana, spirituale, dottrinale e pastorale; una formazione colta nella sua "verità intera" ed "originalità inconfondibile", per "ravvivare" il "dono divino" ricevuto con l'ordinazione, così da "viverlo nella sua intramontabile freschezza e bellezza originaria" (PDV 70). Una vita sacerdotale protesa continuamente verso la santità, alla quale il sacerdote è in special modo chiamato con una specifica vocazione (cfr. ivi, PDV 19), è il primo e più grande dono dell'assistente all'Associazione. Egli, pertanto, considererà l'impegno per la propria formazione non solo come un atto di amore a Cristo, che lo ha configurato a sé quale Capo e Pastore, né solo come gesto di coerenza e di fedeltà alla propria vocazione e missione, ma anche come atto di amore verso i laici a lui affidati. Il suo servizio sarà tanto più fecondo quanto più sarà animato da generosa e sapiente carità pastorale, "anima e forma della formazione permanente del sacerdote" (PDV 70).


4. L'Assistente ecclesiastico è nell'Azione Cattolica il ministro di Cristo, ossia il servitore della sua presenza nella parola, nei sacramenti e nel mistero stesso della Chiesa: in questo modo egli, camminando a fianco di quanti sono associati in quella singolare forma di ministerialità laicale che è l'Azione Cattolica, li aiuta a vivere la loro consacrazione battesimale e cresimale e a rispondere con piena consapevolezza alla chiamata alla santità secondo la loro peculiare indole secolare. Egli inoltre è il servitore della comunione, il garante dell'unità associativa sul fondamento della più salda comunione col Papa e con i Pastori, che caratterizza il carisma dell'Azione Cattolica, e nell'apertura cordiale e fraterna a tutte le altre aggregazioni laicali nella Chiesa. Il sacerdote assistente è, infine, il servitore della missione. Come tale, egli dev'essere l'animatore dello slancio apostolico dei soci, perché essi, in tutti gli ambiti della nuova evangelizzazione, servano la persona e la società annunziando e testimoniando il vangelo della carità (cfr. CL 36).


5. Molto importante, come vedete, è il vostro compito, carissimi Assistenti di Azione Cattolica: voi siete chiamati a sostenere i laici nell'impegno di una vera maturità cristiana, che li renda apostoli nella vita personale, coniugale e familiare, nell'attività professionale, nell'animazione cristiana della cultura, dell'economia, della politica, mediante lo studio attento e la fattiva diffusione dell'insegnamento della Chiesa anche in campo sociale.

Vi esorto a vivere questo apostolato così prezioso nella pienezza della gioia pasquale, per la crescita della Comunità cristiana, della quale l'Associazione è al servizio come singolare ministero associativo, secondo gli orientamenti del Concilio Vaticano II e dei miei venerati predecessori.

Siate animatori e guide di risposte generose alle vocazioni sacerdotali e di speciale consacrazione, delle quali l'Azione Cattolica è stata ed è ancora palestra e fucina feconda.

Proseguite con slancio rinnovato nel vostro servizio alla vita dell'Associazione. Un'Azione Cattolica solida e ben formata recherà un contributo efficacissimo a quella nuova evangelizzazione di cui anche in Italia s'avverte l'urgente bisogno.

Il Signore benedica il vostro ministero e lo renda fecondo con la potenza del Suo Spirito. Vi accompagni la Vergine Madre di Dio e vi proteggano i Santi Patroni dell'Azione Cattolica. Vi sia di conforto pure il mio incoraggiamento e la Benedizione Apostolica, che imparto di cuore a voi, estendendola, con sentimento grato, a tutti gli Assistenti parrocchiali dell'Azione Cattolica Italiana.

Data: 1992-11-12 Data estesa: Giovedi 12 Novembre 1992

Udienza: ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio "Iustitia et Pax" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le nuove sfide della dottrina sociale della Chiesa dopo i grandi cambiamenti nel Nord e nel Sud del mondo

Cari Cardinali, Cari fratelli nell'Episcopato, Cari amici,


1. L'Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace" mi offre la gradita occasione di incontrare voi che dedicate queste giornate allo studio del tema: "La dottrina sociale della Chiesa al servizio della "nuova Evangelizzazione"". Porgo i miei ringraziamenti al Cardinale per la presentazione che ha fatto dei vostri lavori, e saluto con piacere i membri del Consiglio, venuti da tutte le parti del mondo, così come il Monsignore Vice-Presidente e il personale permanente del Dicastero. La vostra presenza ravviva nella mia memoria le celebrazioni che, l'anno scorso, hanno segnato il Centenario della pubblicazione dell'enciclica Rerum novarum. E vorrei ringraziarvi per il vostro contributo alla celebrazione di quest'Anno della Dottrina sociale, sia sul piano internazionale che nei vostri rispettivi paesi. Numerose iniziative hanno aiutato a far valere la ricchezza inesauribile e le esigenze sempre attuali del primo documento dell'insegnamento sociale della Chiesa nell'epoca moderna.


2. L'anno centenario ha sollecitato un nuovo esame della presenza e dell'influenza di questa dottrina nelle Chiese particolari, e anche nuovi impegni per diffonderla in maniera più ampia e più approfondita nei più diversi ambienti. L'insegnamento sociale della Chiesa deve essere diffuso ovunque: si tratta del bene di ogni singolo popolo e della comunità internazionale; si tratta di rendere la società più conforme all'eterno disegno di Dio creatore e agli appelli esigenti del Vangelo, a cominciare dalla giustizia e dalla carità che sono le condizioni essenziali affinché la pace possa essere instaurata in tutto il mondo. La missione di riflessione e d'animazione del vostro Consiglio vi porta a ricordare ai cristiani le responsabilità che la dottrina sociale mette in rilievo, e, affinché la sua applicazione entri a far parte della vita quotidiana, questa dottrina deve avere la sua giusta collocazione nella catechesi, nella predicazione, nella formazione scolastica, nei seminari e nelle università, nella formazione permanente dei pastori e dei laici.


3. Esaminando il programma della vostra sessione, sono lieto di constatare che non vi limitate a un semplice bilancio, all'indomani del centenario dell'enciclica Rerum novarum, ma cercate di collocare in maniera adeguata la dottrina sociale nella missione dell'evangelizzazione, fondamentale per la Chiesa: essa è considerata in ogni luogo come uno "strumento di evangelizzazione", così come auspicavo nell'enciclica del centenario (CA 54)? Essa è compresa e accettata negli ambienti culturali e pastorali così diversi presenti all'interno della Chiesa? E se si è convinti che questa dottrina è destinata, per la sua stessa natura, a dare sostegno all'edificazione di una società giusta, sul piano nazionale come sul piano internazionale, non bisognerebbe interrogarsi su cosa si fa affinché essa arrivi agli uomini e alle donne da cui dipende la sorte di queste società, all'interno e all'esterno della Chiesa? Essa costituisce uno degli strumenti privilegiati che lo Spirito Santo ha donato alla Chiesa affinché quest'ultima possa essere presente in maniera adeguata nel mondo e affinché possa servirlo efficacemente. Pur mantenendo sempre l'identità evangelica innata della dottrina sociale e la sua coerenza, i cristiani devono adattare la sua applicazione secondo i diversi ambienti e tenendo conto delle loro evoluzioni nel tempo. I bisogni non sono sempre gli stessi, né, perciò, le maniere per soddisfarli.


4. Dal 1989, come affermavo nella Enciclica Centesimus annus (cfr. in particolare il capitolo III CA 22-29), abbiamo affrontato nuove sfide. Visto che il cosiddetto "socialismo reale" è stato superato e abbandonato e che la visione dell'uomo e del mondo a cui esso si ispirava è diventata sempre meno credibile, ci si dirigerà verso nuove idolatrie? Se non si tratterà più dell'idolatria della classe e del prestigio equivoco e ambiguo dell'ideologia marxista, significherà cedere il loro posto al culto del successo economico individuale e al culto della libertà senza norme né limiti? Non si rischierà così di sostituire un asservimento con un altro? I grandi cambiamenti a cui abbiamo assistito lanciano quindi alla dottrina sociale della Chiesa nuove sfide. E, come ben sapete, tali sfide si presentano in maniera diversa a seconda che esse vengano considerate nelle ricche società del Nord, che ciò nonostante nascondono una grande miseria, o nel Sud, che non riesce a riemergere dall'abisso del sottosviluppo con la sua povertà in continua crescita, o ancora nell'Est e nel Centro Europa, e persino altrove, nelle società affrancate dai regimi marxisti, in cui non è chiara la via da seguire. E' proprio in queste situazioni diverse e preoccupanti che il vostro ruolo di pastori e di laici incaricati in maniera particolare della diffusione della dottrina sociale della Chiesa deve essere esercitato, per farne uno "strumento d'evangelizzazione" capace di aiutare a ritrovare il cammino che conduce alla felicità temporale, degna immagine della felicità eterna alla quale Dio ci invita. E' un vero e proprio servizio che la Chiesa vi affida e che esige da noi, come da tutti coloro che si adoperano nello stesso senso, quello di perseverare nello studio e nell'applicazione dell'insegnamento sociale tradizionale, quello di praticare un discernimento cosciente e di adattarlo, senza tradirne il vero senso né la coerenza interna, alle diverse culture e alle nuove situazioni. Il Concilio Vaticano II non ha insegnato, nella sua Costituzione pastorale che "tale adattamento della predicazione della parola rivelata deve rimanere legge di ogni evangelizzazione" (GS 44)? Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace esiste per animare e accompagnare questo compito esaltante, che non esito a chiamare missione.

Tengo a ringraziare qui i suoi responsabili e i suoi consulenti, tutti i suoi collaboratori che, con il loro discreto servizio quotidiano, rendono possibile il compimento di questa missione al servizio della Santa Sede, ma anche al servizio di tutta la Chiesa e, infine, del mondo nel quale noi viviamo e in cui noi tutti abbiamo la nostra parte di responsabilità.

Per sostenervi nei vostri lavori e nei vostri impegni per la dottrina sociale, invoco su voi tutti la Benedizione del Signore.

Data: 1992-11-12 Data estesa: Giovedi 12 Novembre 1992

Udienza: a un gruppo di militari dell'Ungheria - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Siate i difensori del bene della libertà e i custodi della sicurezza della società




1. Saluto i dirigenti e rappresentanti di tutte le forze armate di Ungheria, venuti a Roma per vedere la città eterna, che conserva le tombe benedette degli apostoli Pietro e Paolo e di numerosissimi martiri, eroi della fede cristiana, e per incontrare il Successore di Pietro. Nel ringraziare il Generale Urban Janos per le nobili parole pronunciate, rivolgo un particolare saluto al Signor Cardinale Laszlo Paskai, Arcivescovo di Esztergom, a Mons. Szilard Keresztes, Vescovo di Hajdudorog, al Signor Ambasciatore presso la Santa Sede, Sandor Keresztes. Sono molto lieto di potervi ringraziare di nuovo, come ho fatto nell'udienza generale di mercoledi scorso, per i preziosi servizi resi durante la mia visita nel vostro bellissimo Paese. Sono ancora vivi in me i ricordi di quel soggiorno in Ungheria, terra che sta molto vicina al mio cuore.


2. Parlando del significato del servizio militare, il Concilio Vaticano II insegna: "Coloro che, dediti al servizio della patria, esercitano la loro professione nelle file dell'esercito, si considerino anch'essi come ministri della sicurezza e della libertà dei loro popoli e, se rettamente adempiono il loro dovere, concorrono anch'essi veramente alla stabilità del paese" (GS 79). Nella nostra epoca, tragicamente segnata da guerre, oppressioni, genocidi ad opera di sistemi militari totalitari, si è sperimentato quanto l'uomo possa abusare del potere politico e militare. Anche la vostra Patria ha dovuto subire l'umiliazione delle armi straniere e la minaccia da esse recata non soltanto alla libertà, ma anche allo spirito del popolo ungherese. Ora l'Ungheria ha riconquistato la libertà. Sentitevi i difensori di questo fondamentale bene e i custodi dell'ordine e della sicurezza della società. Le tradizionali virtù militari ungheresi vi aiutino a compiere il vostro servizio con animo devoto alla Patria, per contribuire alla sua crescita nella concordia e nella libertà, così che il vostro Paese torni ad essere, in linea con la sua storia, parte integrante di una nuova Europa.


3. Il servizio militare è una forma di vivere speciale che cade negli anni decisivi dell'età giovanile; perciò "l'assistenza spirituale ai soldati, per le particolari condizioni della loro vita, richiede un premuroso interessamento" dei ministri della Chiesa (CD 43). Nei vostri istituti militari, durante gli ultimi decenni, a causa del monopolio forzato dell'ideologia ateistica, era vietata qualsiasi attività religiosa. Adesso state facendo i primi passi per provvedere di assistenza spirituale adeguata i vari istituti delle forze armate. Auguro che questi sforzi, con l'aiuto di Dio e nel rispetto della libertà di coscienza di ciascuna persona, possano promuovere nuove ed efficaci forme di quella pastorale militare che è tanto necessaria in questo servizio.


4. Invocando l'intercessione di San Giovanni da Capestrano, che in Ungheria lascio insigni esempi di virtù, vi raccomando alla protezione della Magna Domina Hungarorum, e di cuore imparto a voi, ai dirigenti ed a tutto il personale delle forze armate, come pure a tutto il popolo ungherese, la Benedizione Apostolica.

Data: 1992-11-13 Data estesa: Venerdi 13 Novembre 1992

Udienza: alla Plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' necessario un comune impegno per eliminare le intolleranze

Eminenza, Cari fratelli Vescovi, Cari fratelli in Cristo,


1. Sono felice di incontrare i membri del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nel corso della vostra Assemblea Plenaria. Nel salutarvi estendo un particolare benvenuto ai nuovi membri che sono tra voi. Uno di voi, il Vescovo Franjo Komarica di Banja Luka nella Bosnia ed Erzegovina, non è potuto venire a causa del tragico conflitto che colpisce la sua diocesi. Sono sicuro che vi unirete a me nell'assicurargli le vostre preghiere per tutta la gente in quell'area di immense sofferenze umane.


2. Il dialogo interreligioso, al suo livello più profondo, è sempre un dialogo di salvezza, perché cerca di scoprire, chiarificare e meglio comprendere i segni dell'eterno dialogo che Dio mantiene con l'umanità. Dal punto di vista cristiano esso presuppone il desiderio di rendere Gesù Cristo meglio conosciuto, compreso ed amato, ma esso richiede anche che questa proclamazione venga realizzata nello spirito evangelico di comprensione e di pace. Queste idee sono ampiamente discusse nel documento Dialogo e Proclamazione, pubblicato dal vostro Consiglio in collaborazione con la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli (cfr. nn. 38 e 77). Approfitto dell'occasione della vostra Assemblea Plenaria per raccomandare questo documento a tutti i Pastori della Chiesa. Esso sottolinea una questione che ha implicazioni pratiche per la comunità cattolica in ogni parte del mondo, vale a dire la relazione tra la missione della Chiesa di predicare la salvezza in Gesù Cristo Figlio di Dio, e la sua missione di entrare in dialogo con tutti gli uomini e donne di buona volontà, con profondo rispetto per le loro vedute e le loro esperienze. Entrambi gli aspetti dell'unica missione sono legittimi e necessari.

Essi sono intimamente correlati ma non intercambiabili (cfr. n. 77). Dialogo e Proclamazione indica come vada evitata un'enfasi unilaterale affinché il messaggio cristiano non venga distorto.


3. Dalla vostra ultima Assemblea Plenaria è stato diffuso un altro documento che tocca la materia del dialogo interreligioso. Mi riferisco alla Lettera Enciclica Redemptoris missio, sulla permanente validità del mandato missionario della Chiesa. Affermando nell'Enciclica che proclamare il vangelo è la priorità permanente della missione (cfr. RMi 44) affermo anche che "il dialogo interreligioso è parte della missione evangelizzatrice della Chiesa" (RMi 55) e che "ognuno dei fedeli e tutte le comunità cristiane sono chiamate a praticare il dialogo, anche se non sempre con la stessa intensità e allo stesso livello" (RMi 57). Dovrebbe essere evidente a tutti che il dialogo interreligioso ha assunto una nuova ed immediata urgenza nelle attuali circostanza storiche. Possiamo solo essere profondamente disturbati e rattristati dalla comparsa o dal rigurgito di pregiudizi e di atteggiamenti aggressivi che sono talvolta propagandati in nome di Dio ma che non hanno basi nel credo nell'onnipotente e misericordioso Creatore. I credenti, rimanendo fedeli alle loro convinzioni religiose e senza cadere in falsi irenismi, possono e devono impegnarsi in un sincero, umile e franco dialogo con i seguaci di altre tradizioni religiose, in maniera da eliminare l'intolleranza e l'incomprensione (cfr. n. 56). Il genuino dialogo conduce alla purificazione e alla conversione interiori (cfr. ), ed è solo questo rinnovamento spirituale che salverà il mondo da altre diffuse sofferenze. Sono felice di apprendere che avete esaminato le reazioni a questi documenti sia all'interno della Chiesa e tra i seguaci di altre religioni. Nel riaffermare la validità di questi insegnamenti del Magistero, vi incoraggio a diffondere il messaggio in essi contenuto, un messaggio di amore e di rispetto per i nostri fratelli e per le nostre sorelle di altre tradizioni.


4. Nel mio viaggio apostolico di quest'anno nell'Africa Occidentale sono stato in grado di osservare un esempio particolare dei benefici del dialogo interreligioso.

Sto pensando al Senegal, alla Gambia e alla Guinea, dove i musulmani, i cristiani e i seguaci delle religioni tradizionali vivono insieme in armonia. Lo spirito che sostiene tale armonia è di rispetto reciproco e di cooperazione nella vita sociale e civile. Fino a quando differenti tradizioni religiose alimenteranno questo spirito, l'attenzione può essere offerta a ciò che la gente ha in comune e a ciò che promuove la fratellanza tra di essa (cfr. NAE 1).


5. I contatti con le religioni dell'Asia, specialmente l'induismo e il buddismo, che sono note per il loro spirito contemplativo, per i loro metodi di meditazione e per il loro ascetismo, possono grandemente contribuire all'inculturazione del Vangelo in quel Continente. Un saggio scambio tra cattolici e i seguaci di altre tradizioni possono aiutare a discernere i punti di contatto nella vita spirituale e nell'espressione delle credenze religiose, senza ignorare le differenze. Tale discernimento è tanto più urgente laddove la gente ha perso le radici della sua tradizione e cerca altre fonti di sostegno e arricchimento spirituale. La crescita dei cosiddetti nuovi o alternativi movimenti religiosi è un segno di quanto sia diffusa questa tendenza. E' questa una sfida per le comunità cristiane dell'Asia.

Sono felice che i Pontifici Consigli per il Dialogo Interreligioso, per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, per il Dialogo con i non-Credenti e per la Cultura continuano a studiare insieme questo fenomeno per garantire una guida pastorale.


6. Ciò ci conduce ad un altro punto: l'importanza della riflessione teologica sui fondamenti dottrinali degli sforzi della Chiesa nella promozione del dialogo interreligioso. Le università e le facoltà cattoliche, i seminari e la case di formazione, dovrebbero essere in grado di preparare dei responsabili nel campo della collaborazione con gli altri credenti. Sono stato quindi felice di apprendere che il vostro Consiglio si appresta a tenere un colloquio teologico, il prossimo agosto, su "Gesù Cristo, Signore e Salvatore, e l'incontro con le religioni". Vi incoraggio nella vostra preparazione a quest'incontro e prego che affinché esso dia nuovo impulso agli sforzi per migliorare le relazioni tra i credenti.


7. La vostra Assemblea Plenaria sta analizzando i vari settori dell'attività del Pontificio Consiglio sin dalla sua fondazione. Tale analisi mostrerà dove sono stati fatti progressi e dove c'è spazio per ulteriori sforzi. Essa aiuterà a specificare più esattamente i modi in cui il Consiglio può essere di aiuto alle Chiese particolari che cercano di promuovere relazioni più amichevoli con gli altri credenti nelle circostanze proprie ad ogni luogo, ogni popolo e ogni cultura. La vostra analisi giunge in un momento in cui la geografia politica del mondo è cambiata e sta ancora cambiando. Ciò ha portato un nuovo respiro di libertà, inclusa quella religiosa, ma anche dato vita a conflitti tragici e distruttivi. In questa situazione i credenti hanno l'urgente responsabilità di pregare e di lavorare insieme per la pace. Nel mio Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, ho sottolineato che i credenti non devono dimenticare l'efficacia della preghiera, che è "per eccellenza il potere richiesto per implorare ed ottenere la pace" (loc. cit., n. 4). Il vostro Consiglio può svolgere una parte attiva nell'incoraggiare i cattolici ad unirsi con gli altri nella sincera preghiera per la pace, mentre, allo stesso tempo, può offrire una valida guida affinché questa preghiera comune non conduca all'indifferentismo religioso o alla distorsione della verità rivelata. La verità è che: "i contatti interreligiosi, insieme con il dialogo ecumenico, sembra oggi un cammino obbligato per assicurare che le molte dolorose ferite inflitte nel corso dei secoli non siano ripetute e che quelle ferite che ancora permangono siano sanate al più presto" (Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 1992, n. 6).


8. Infine esprimo la mia gratitudine a tutti voi per la generosa condivisione del mio servizio apostolico nel mondo da parte del vostro Consiglio. La vostra opera contribuisce all'adempimento di ciò che ho sempre considerato una parte molto importante del mio ministero: la promozione di relazioni più amichevoli con i seguaci di altre tradizioni religiose. Che il Signore, attraverso il dono dello Spirito Santo e l'intercessione di Maria, vi ricompensi con la luce, la forza e la gioia.

Data: 1992-11-13 Data estesa: Venerdi 13 Novembre 1992

Udienza: ai rappresentanti delle Misericordie ricevuti a conclusione del convegno internazionale svoltosi a Firenze - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Le Misericordie testimoni della cultura della carità

Signor Cardinale, amati Sacerdoti, Assistenti spirituali, carissimi fratelli e sorelle, rappresentanti delle "Misericordie" nel mondo!


1. Al termine del vostro Convegno Internazionale, tenutosi a Firenze nei giorni scorsi sul tema: "Essere oggi promotori e fautori della civiltà dell'amore" e che ha dato il via alla "Unione Europea delle Misericordie", voi avete voluto venire a far visita al Papa. Vi ringrazio per questo gesto di apprezzata cortesia. Vi sono particolarmente grato perché so che l'odierno incontro, scaturito dal desiderio espresso dai Responsabili delle Misericordie del Portogallo, del Brasile e dell'Italia, riuniti di recente a Fatima, vuole essere occasione di fraterna condivisione e momento di comune lode a Dio, sorgente e sostegno di ogni nostro impegno a servizio dell'uomo. Mentre, pertanto, porgo il mio saluto più affettuoso, desidero esprimervi subito il mio apprezzamento per l'Assemblea che si è da poco conclusa, e soprattutto la mia grande stima per il lavoro da voi compiuto con generosa assiduità nei vari ambiti dell'umana solidarietà. Sono lieto che il coraggioso invito rivolto dalla Confederazione Nazionale delle Misericordie d'Italia sia stato accolto dai gruppi di molte Nazioni. Oltre allo scambio di esperienze e all'approfondimento di temi specifici, ciò ha consentito la formulazione di concrete proposte in vista di un costruttivo rapporto con le Autorità civili, specialmente nei settori della sanità, della protezione civile, del volontariato, dell'assistenza. Indubbiamente i problemi da affrontare sono sempre nuovi, ma i vostri lungimiranti programmi di intervento aiuteranno a risolverli in uno spirito di autentica fraternità e di fattiva accoglienza. E questo in continuità con la secolare tradizione delle vostre Associazioni.


2. In effetti, a partire da San Pietro Martire, che nel 1244 fondo la prima delle Misericordie, quella di Firenze, il vostro impegno caritativo e assistenziale ha conosciuto una progressiva espansione degna di ammirazione. Ed ora, nella presente situazione sociale, vanno intensificandosi tra voi rapporti che oltrepassano i confini degli Stati coinvolgendo anche rappresentanti di confessioni religiose diverse. così, accanto alle Misericordie italiane, organizzate a livello nazionale nella "Confederazione Nazionale delle Misericordie d'Italia" sin dal 1899, con complessivamente circa 600 mila Confratelli ed oltre duemila automezzi, analoghe esperienze sono registrate in tanti altri Paesi, molti dei quali sono qui oggi significativamente rappresentati. Vorrei ricordare, tra gli altri, il Portogallo, il Brasile, la Francia. Una menzione particolare è, poi, giusto tributare alle Misericordie dell'Ucraina, della Russia, della Georgia, della Bielorussia, della Moldavia, dell'Armenia e della Lituania. Né si possono dimenticare i gruppi di volontariato e le Associazioni caritative provenienti dalla Svizzera, dall'Olanda, dalla Norvegia, dalla Danimarca, dalla Slovacchia, dalla Romania, dall'Ecuador, dal Burkina Faso, dal Rwanda. Si può ben dire che in tutti i Continenti le "Misericordie" costituiscono un pacifico esercito di promotori e fautori della "Civiltà dell'Amore", testimoni infaticabili della cultura della carità mediante la gestione di ambulatori e di case di riposo; la cura degli anziani, dei carcerati, dei tossicodipendenti, dei portatori di handicap; la presenza nei consultori familiari, nell'assistenza domiciliare e in tante altre attività caritative. Mi piace pur sottolineare l'accresciuta collaborazione con altre Associazioni di volontariato, sia quelle operanti in campo socio-sanitario che quelle di carattere più generale. Vorrei con voi, questa mattina, lodare il Signore a motivo di tale azione capillare e fervorosa, svolta a livello europeo e mondiale, tenendo presenti in modo speciale le "Sante Case di Misericordia" portoghesi e brasiliane, e ringraziarlo per i doni di generosità, di intraprendenza e di perseveranza che vi ha elargito in questi 750 anni di attività e chiedergli l'aiuto necessario perché possiate continuare ad emulare gli esempi di chi vi ha preceduto.


3. Il vostro, infatti, è un cammino nel quale si sono avvicendate, nei secoli passati, generazioni di anime caritatevoli e che costituisce tuttora un forte stimolo per vaste schiere di persone generose. Perché più spedito ancora sia tale vostro itinerario di solidarietà e di rinnovamento, vorrei, carissimi Responsabili e Membri delle "Misericordie", suggerirvi alcuni punti di riferimento atti, io spero, a rendere sempre più illuminato e fervido il vostro impegno. Tenete presente prima di tutto che la Verità non cambia. La Verità è Gesù Cristo, il Verbo incarnato. Dio infatti, per natura sua, è Verità assoluta e infinita e volendosi manifestare agli uomini, non poteva rivelarsi che come "Verità". Gesù lo dichiaro apertamente e ripetutamente: "Io sono la Verità" (Jn 14,6). Egli ha così rivelato Dio come luce che illumina il nostro singolo destino e il senso dell'intera vicenda umana. Ha rivelato Dio come Amore, sempre presente nei rivolgimenti della storia e nelle vicende di ogni persona, così che ciascuno può invocarlo come "Padre" e confidare nella sua provvidenza onnipotente e onnisciente. A voi il compito di testimoniare la presenza provvidente di Dio nel mondo. Sia vostro impegno quello di dare un'anima spirituale al volontariato. Le "Misericordie", scaturite da forti esperienze apostoliche, devono mantenere il loro carattere prettamente cristiano ed ecclesiale, mai disgiungendo nella loro azione la Verità dalla Carità, e nello stesso tempo vivendo la Carità nella Verità.


4. Tenete presente che anche la natura umana non cambia. Per quanto, di epoca in epoca, l'umanità evolva e progredisca, l'essere umano rimane identico nelle sue esigenze e nei suoi problemi di fondo. Sempre ansioso di raggiungere la felicità, egli spesso s'imbatte nel mistero della sofferenza e del dolore. Sempre insidiato dagli istinti e dalle passioni, ha bisogno di sperimentare la carità divina nella gratuita accoglienza dei fratelli. Ecco allora che la vostra opera si inserisce in un progetto di rinnovamento e di speranza, al servizio della persona ed in vista di quella "Civiltà dell'Amore" in cui ciascuno sappia capire e amare il prossimo, chiunque esso sia, senza distinzione di razza, nazione e fede.


5. E' pertanto necessario tenere presente soprattutto che non cambia il comando e l'impegno della carità: "Vi do un comandamento nuovo - dice Gesù agli Apostoli e ripete oggi anche a noi - che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Jn 13,34). E san Paolo, scrivendo ai Romani, specificava: "Amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno; gareggiate nello stimarvi a vicenda. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto" (Rm 12,10-15). La carità deve essere universale, concreta, coraggiosa e fiduciosa. Talvolta si è come oppressi da quello che viene definito il "silenzio di Dio" per via dei tanti pesanti mali che opprimono l'umanità. La risposta divina sta proprio nell'Amore del Verbo, incarnato e crocifisso, che attende di tradursi attraverso la nostra carità. Ricordate, carissimi Confratelli delle Misericordie, che chiunque soffre deve poter dire: "Dio mi ama - e io lo so perché tu mi ami!". Questa è infatti la vostra missione: creare una corrente di profonda solidarietà nella storia e nella vita che conduca alla pace, all'amore autentico e all'incontro con Dio.

Possano le persone che ricorrono a voi trovare risposta alle proprie aspettative, lenimento alle loro sofferenze, incoraggiate dalla vostra tradizionale espressione di saluto e di fede: "Dio te ne renda merito"! E si apra il vostro spirito all'azione di grazie verso il Signore che vi concede l'opportunità di fare del bene, manifestando così che è l'amore di Dio a vivificare ogni umano impegno di solidarietà e di progresso.

Maria Santissima, che invochiamo come "Madre di Misericordia", vi assista e vi illumini affinché la vostra attività sia sempre profondamente fedele al Vangelo e si svolga in piena unità d'intenti con la comunità ecclesiale.

Benedica, la Vergine Santa, anche gli sforzi da voi condotti per far si che attraverso interventi programmati in accordo con Organismi e Misericordie di altre Confessioni religiose cresca la reciproca stima tra credenti, così che tra gli uomini di buona volontà si affretti l'avvento dell'autentica civiltà dell'Amore.

Vi accompagni anche la mia preghiera e la Benedizione che ora vi imparto, estendendola con vivo affetto a tutti i Confratelli sparsi nel mondo!

Data: 1992-11-14 Data estesa: Sabato 14 Novembre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Santa Messa in suffragio dei Cardinali e dei Vescovi defunti - Città del Vaticano (Roma)