GPII 1992 Insegnamenti - Angelus: ai fedeli raccolti in Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)


1. Il tempo liturgico dell'Avvento, che stiamo vivendo, ci aiuta a prendere coscienza rinnovata della dimensione escatologica della vita cristiana. La Chiesa è, quaggiù, un popolo "peregrinante" (cfr. LG 48). La mèta a cui essa tende è il ritorno glorioso di Cristo. Egli, che è già venuto nell'umiltà dell'Incarnazione, tornerà alla fine dei tempi come Signore e giudice della storia. Ecco perché nella preghiera dei credenti vibra sempre l'anelito dell'Avvento: "Vieni, Signore Gesù" (Ap 22,20). In questa attesa, fiduciosa e vigile, la Chiesa non si stanca di additare al mondo il motivo della sua speranza, Cristo Redentore dell'uomo.


2. A far meglio conoscere Cristo e a farne accogliere generosamente il messaggio, vuol contribuire anche il nuovo Catechismo della Chiesa Cattolica, che sarà reso pubblico ufficialmente nei prossimi giorni: domani, 7 dicembre, nel corso di un "momento celebrativo"; martedi, solennità dell'Immacolata Concezione, con una Celebrazione eucaristica nella Basilica di Santa Maria Maggiore; e mercoledi, 9 dicembre, mediante uno speciale incontro con i giornalisti e gli operatori delle comunicazioni sociali. Questo nuovo testo costituisce uno strumento privilegiato e un invito pressante per una adeguata formazione evangelica, così da intraprendere con saldezza di convincimenti e lungimiranza apostolica la strada della nuova evangelizzazione. Di qui l'urgenza della catechesi, chiamata a spezzare il pane della Parola di Dio, favorendone la comprensione sempre più profonda, in rapporto alle sfide del nostro tempo. Essa non si esaurisce certamente in una semplice trasmissione di nozioni. Il suo compito è "promuovere in pienezza e nutrire quotidianamente la vita cristiana dei fedeli di tutte le età", affinché il credente sia "impregnato" del mistero di Cristo, ed impari così sempre meglio "a pensare come lui, a giudicare come lui, ad agire in conformità con i suoi comandamenti, a sperare secondo il suo invito" (Catechesi tradendae, CTR 20). Il nuovo "Catechismo", punto di riferimento per la catechesi delle comunità cristiane sparse nel mondo, offrirà in tal senso una traccia sicura.


3. Preghiamo la Vergine Santa, perché susciti in tutta la Chiesa un nuovo slancio nell'impegno di diffusione del lieto messaggio della salvezza. Maria, che il Vangelo ci presenta come la donna dell'ascolto, Colei che "serba nel suo cuore" e medita tutti gli eventi e le parole con cui Dio si manifesta (cfr. Lc 2,19 Lc 2,51), ci ottenga, soprattutto in questo tempo di Avvento, un ascolto docile e volenteroso della Parola del Signore, perché possiamo vivere con cuore nuovo il mistero della nascita del Redentore.

Data: 1992-12-07 Data estesa: Lunedi 7 Dicembre 1992

Per la celebrazione della Solennità mariana - Roma

Titolo: Nel giorno dell'Immacolata, la Chiesa si presenta agli uomini del nostro tempo con il Catechismo postconciliare




1. "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (Ep 1,3). Oggi la Chiesa rende grazie a Dio per "ogni benedizione spirituale" con cui Egli ha benedetto in Cristo tutto il genere umano. La Chiesa ringrazia, in maniera particolare, per la benedizione dell'Immacolata Concezione di Maria di Nazaret: Maria è "piena di grazia" sin dal primo istante del suo concepimento, non essendo stata toccata in alcun modo dal peccato originale. Rendiamo grazie alla Santissima Trinità, perché, nel disegno dell'eterna salvezza, Maria è diventata la "nuova Eva", la Madre dei viventi, cioè la Madre di tutti coloro che, in Cristo Gesù, diventano santi ed immacolati al cospetto di Dio. Maria è la prima fra tutti i viventi. Scelta per essere la Madre del Redentore del mondo, la Vergine di Nazaret ha ricevuto i frutti della redenzione in anticipo, fin dal seno materno.


2. Oggi la Chiesa si sofferma ancora una volta sull'evento dell'Annunciazione, narrato dall'evangelista Luca. In esso viene rivelato il mistero del Verbo Incarnato, consustanziale al Padre. Per opera dello Spirito Santo, l'eterno Figlio del Padre diventa Figlio dell'uomo, concepito e nato da una Vergine di nome Maria.

La liturgia ci fa leggere spesso questo testo di Luca, così che lo conosciamo ormai quasi a memoria. Ma, nonostante ciò, esso svela in modi sempre nuovi la profondità del suo contenuto rivelato. Maria è la Vergine che ascolta: ascolta con tutta la profondità della sua natura umana. Lei, che è "piena di grazia", è anche capace di comprendere profondamente e di accogliere docilmente la parola del messaggio divino. Maria è la Vergine che domanda: domanda per poter comprendere ed accogliere la parola di Dio in tutta la sua pienezza. Domanda, per far di ciò che ascolta la verità della sua vocazione, perché diventi sua scelta nel presente e per il resto della vita. Maria domanda perché è umile: si è trovata improvvisamente di fronte all'infinita Maestà dell'Altissimo, il tre volte Santo, e perciò domanda per conoscere fino in fondo la volontà di Dio, desiderando così di capire se stessa nella parola che le viene rivolta dal divino inviato. Maria è ubbidiente: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). "Beata colei che ha creduto" (Lc 1,45). Mediante l'ubbidienza della fede, una nascosta e sconosciuta Vergine di Nazaret accetta totalmente il piano salvifico e comincia in tal modo a precedere quanti, ponendosi sullo stesso cammino di fede, diventano in Cristo figli adottivi del Padre.


3. "Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo". Insieme con la Madre di Dio, la Chiesa ringrazia oggi per il dono del Concilio, che fu inaugurato l'11 ottobre di trent'anni fa, precisamente nella Festa della Maternità di Maria. La Comunità dei credenti ringrazia quest'oggi per il catechismo postconciliare, che costituisce un compendio della verità annunciata dalla Chiesa in tutto il mondo.

Questo compendio della fede cattolica, desiderato dai Vescovi riuniti nell'Assemblea straordinaria del Sinodo del 1985, costituisce il frutto più maturo e completo dell'insegnamento conciliare, che in esso viene presentato nella ricca cornice di tutta la Tradizione ecclesiale. Come nella Solennità dell'Immacolata Concezione del 1965, quando si chiudeva solennemente l'Assemblea Conciliare, la Chiesa si presenta anche oggi al cospetto della Santissima Trinità, affidando allo Spirito di Verità il Magistero conciliare. Nello stesso giorno e nella stessa solennità, la Chiesa si presenta, dunque, agli uomini del nostro tempo con il catechismo postconciliare, compendio dell'unica e perenne fede apostolica, custodita ed insegnata dalla Chiesa lungo i secoli e i millenni.


4. "Benedetto sia Dio...". O Maria, tu che, nell'eterno disegno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, sei stata prescelta per diventare la Madre del Verbo - Tu che, nel giorno della Pentecoste eri presente quale Madre della Chiesa (Cfr. Ac 1,14) - accogli questo frutto del lavoro della Chiesa tutta intera. Coloro che hanno portato avanti questa impresa altamente meritoria sotto la diligente ed instancabile presidenza del Cardinale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede - sono qui, ai tuoi piedi. Tutti insieme deponiamo il nuovo "Catechismo della Chiesa Cattolica" - che è, al tempo stesso, il dono del Verbo rivelato all'umanità e il frutto del lavoro dei Vescovi e dei Teologi - nelle mani di Colei che, come Madre del Verbo, ha accolto nelle sue braccia il primogenito di tutte le creature. O Maria, Gesù, il Verbo fatto carne mediante la tua obbedienza della fede è diventato primogenito tra molti fratelli (Rm 8,29). Vergine Santa, in questo mondo in cui è presente ancora l'eredità del peccato del primo Adamo - che spinge l'uomo a nascondersi davanti al Volto di Dio e a rifiutare persino di guardarlo - noi preghiamo perché si aprano le vie al Verbo Incarnato, al Vangelo del Figlio dell'uomo, tuo dilettissimo Figlio. Per gli uomini di questo nostro tempo, così progredito e così travagliato, per gli uomini di ogni civiltà e lingua, di ogni cultura e razza, ti chiediamo, o Maria, la grazia di una sincera apertura di spirito e di un attento ascolto della Parola di Dio. Ti chiediamo, o Madre degli uomini, la grazia per ogni essere umano di saper accogliere con riconoscenza il dono della figliolanza che il Padre offre gratuitamente a tutti nel suo e tuo Figlio diletto. Ti chiediamo, o Madre della speranza, la grazia dell'ubbidienza della fede, unica vera ancora di salvezza. Ti preghiamo, Vergine fedele, perché tu, che precedi i credenti nell'itinerario della fede qui in terra, protegga il cammino di quanti si sforzano di accogliere e seguire Cristo, Colui che è, che era e che viene (cfr. Ap 1,8), Colui che è la via, la verità e la vita (cfr. Jn 14,6).

Aiutaci, o clemente, o pia e dolce Madre di Dio, o Maria!

Data: 1992-12-08 Data estesa: Martedi 8 Dicembre 1992

Dopo la recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il saluto alla Pontificia Accademia dell'Immacolata

Rivolgo un cordiale saluto ai membri della Pontificia Accademia dell'Immacolata, provenienti da diverse città italiane, i quali, insieme con la comunità giovanile romana "Casa di Maria", hanno animato il nostro omaggio alla Vergine Santa.

Carissimi giovani, vi ringrazio per l'impegno con cui avete contribuito a rendere più solenne e festoso questo incontro di preghiera e vi auguro di essere sempre veri testimoni dei valori spirituali, nelle grandi occasioni e nella vita di ogni giorno.

Data: 1992-12-08 Data estesa: Martedi 8 Dicembre 1992

Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1993 - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Se cerchi la pace, va' incontro ai poveri"

"Se cerchi la pace..."


1. Quale persona di buona volontà non aspira alla pace? Essa è oggi universalmente riconosciuta come uno dei valori più alti da ricercare e difendere. Eppure, mentre si dilegua lo spettro di una guerra micidiale tra blocchi ideologici contrapposti, gravi conflitti locali continuano ad infiammare varie regioni della terra. In particolare, è sotto gli occhi di tutti la situazione drammatica in cui versa la Bosnia Erzegovina, dove gli eventi bellici continuano a mietere ogni giorno nuove vittime, specialmente tra l'inerme popolazione civile, e a causare danni ingenti alle cose e al territorio. Nulla sembra potersi opporre alla violenza dissennata delle armi: né gli sforzi congiunti a favore di una tregua effettiva, né l'azione umanitaria delle Organizzazioni Internazionali, né l'implorazione di pace che si eleva coralmente dalle terre insanguinate dai combattimenti. La logica aberrante della guerra prevale, purtroppo, sui ripetuti ed autorevoli inviti alla pace.

S'afferma, inoltre, e diventa sempre più grave nel mondo un'altra seria minaccia per la pace: molte persone, anzi, intere popolazioni vivono oggi in condizioni di estrema povertà. La disparità tra ricchi e poveri s'è fatta più evidente, anche nelle nazioni economicamente più sviluppate. Si tratta di un problema che s'impone alla coscienza dell'umanità, giacché le condizioni in cui versa un gran numero di persone sono tali da offenderne la nativa dignità e da compromettere, conseguentemente, l'autentico ed armonico progresso della comunità mondiale. Questa realtà emerge in tutta la sua gravità in numerosi Paesi del mondo: nell'Europa come in Africa, Asia ed America. In varie regioni non poche sono le sfide sociali ed economiche con cui devono misurarsi credenti e uomini di buona volontà. Povertà e miseria, differenze sociali ed ingiustizie talora legalizzate, conflitti fratricidi e regimi oppressivi interpellano la coscienza di intere popolazioni in ogni parte del mondo.

La recente Conferenza dell'Episcopato latinoamericano, svoltasi a Santo Domingo nello scorso mese di ottobre, ha guardato con attenzione alla situazione esistente in America Latina e, riproponendo con grande urgenza ai cristiani il compito della nuova evangelizzazione, con toni accorati ha invitato fedeli e quanti amano la giustizia e il bene a servire la causa dell'uomo senza trascurare alcuna delle sue più intime esigenze. I Vescovi hanno ricordato la grande missione che deve accomunare gli sforzi di tutti: difendere la dignità della persona, impegnarsi per un'equa distribuzione dei beni, promuovere in modo armonico e solidale una società dove ognuno si senta accolto ed amato. Sono questi, come ben si vede, i presupposti imprescindibili per costruire la vera pace. Dire "pace", infatti, è dire molto di più della semplice assenza di guerre; è postulare una condizione di autentico rispetto della dignità e dei diritti di ogni essere umano così da consentirgli di realizzarsi in pienezza. Lo sfruttamento dei deboli, le preoccupanti sacche di miseria, le sperequazioni sociali costituiscono altrettanti ostacoli e remore alla realizzazione delle stabili condizioni di un'autentica pace. Povertà e pace: all'inizio del nuovo anno, vorrei invitare tutti ad una comune riflessione sui molteplici collegamenti esistenti tra queste due realtà.

In particolare, vorrei richiamare l'attenzione sulla minaccia alla pace derivante dalla povertà, soprattutto quando questa diventa miseria. Sono milioni i bambini, le donne e gli uomini che soffrono quotidianamente per la fame, per l'insicurezza, per l'emarginazione. Tali situazioni costituiscono un grave affronto alla dignità umana e contribuiscono all'instabilità sociale.

La scelta disumana della guerra


2. Al presente, esiste un'altra situazione, che è fonte di povertà e di miseria: quella derivante dalla guerra tra Nazioni e da conflitti all'interno del medesimo Paese. Di fronte ai tragici fatti che hanno insanguinato, e tuttora insanguinano, soprattutto per motivi etnici, varie regioni del mondo, è doveroso ricordare quanto già dissi nel messaggio per la Giornata della Pace del 1981, che aveva come tema: "Per servire la pace, rispetta la libertà". Sottolineavo allora che il presupposto indispensabile per l'edificazione di una pace vera è il rispetto per le libertà ed i diritti degli altri individui e collettività. La pace si ottiene promovendo popoli liberi in un mondo di libertà. Conserva, pertanto, tutta la sua attualità l'appello che allora lanciavo: "Il rispetto della libertà dei popoli e delle nazioni è una parte integrante della pace. Le guerre non hanno cessato di scoppiare e la distruzione ha colpito popoli e culture intere, perché non era stata rispettata la sovranità di un popolo o di una nazione. Tutti i Continenti sono stati testimoni ed insieme vittime di guerre e di lotte fratricide, causate dal tentativo di una nazione di limitare l'autonomia di un'altra" (n. 8).

Ed aggiungevo ancora: "Senza la volontà di rispettare la libertà di ogni popolo, di ogni nazione o cultura, e senza un consenso globale a questo riguardo, sarà difficile creare le condizioni della pace... Ciò suppone, da parte di ciascuna nazione e dei suoi governanti, un impegno cosciente e pubblico a rinunziare alle rivendicazioni ed ai disegni che siano pregiudizievoli per altre nazioni; in altre parole, ciò comporta il rifiuto di sottoscrivere qualunque dottrina di predominio nazionale o culturale" (Jn 9). Sono facilmente immaginabili le conseguenze che derivano anche per i rapporti economici tra gli Stati da un simile impegno. Rifiutare ogni tentazione di predominio economico sulle altre nazioni significa rinunciare ad una politica ispirata al criterio prevalente del tornaconto, per impostarne una guidata invece da quello della solidarietà verso tutti e specialmente verso i più poveri.

Povertà come fonte di conflitto


3. Il numero delle persone che oggi vivono in condizioni di povertà estrema è vastissimo. Penso, tra l'altro, alle situazioni drammatiche esistenti in alcuni Paesi africani, asiatici e latino-americani. Sono vasti gruppi, spesso intere fasce di popolazione che, nei loro stessi Paesi, si trovano ai margini del vivere civile: fra loro c'è un numero crescente di bambini che per sopravvivere non possono far conto su altri che su se stessi. Una simile situazione non costituisce soltanto un affronto alla dignità umana, ma rappresenta anche una indubbia minaccia per la pace. Uno Stato, qualunque sia la sua organizzazione politica e il suo sistema economico, resta in se stesso fragile ed instabile, se non dimostra continua attenzione per i suoi membri più deboli e non fa tutto il possibile per assicurare il soddisfacimento almeno delle loro esigenze primarie. Il diritto allo sviluppo dei Paesi più poveri pone ai Paesi sviluppati un preciso dovere di intervento in loro soccorso.

Il Concilio Vaticano II così, al riguardo, si esprime: "A tutti gli uomini spetta il diritto di avere una parte di beni sufficienti a sé e alle proprie famiglie... Gli uomini hanno l'obbligo di aiutare i poveri, e non soltanto con il loro superfluo" (Cost. past. GS 69). E' chiaro il monito della Chiesa, eco fedele della voce di Cristo: i beni della terra sono destinati all'intera famiglia umana e non possono essere riservati ad esclusivo beneficio di pochi (cfr. Enc. CA 31 CA 37). Nell'interesse della persona, e quindi della pace, è urgente pertanto apportare ai meccanismi economici quei necessari correttivi che consentano loro di garantire una distribuzione dei beni più giusta e più equa. Per far questo, non basta il solo funzionamento del mercato; occorre che la società si assuma le sue responsabilità (cfr. CA 48), moltiplicando gli sforzi, spesso già considerevoli, per eliminare le cause della povertà con le loro tragiche conseguenze.

Nessun Paese può riuscire, da solo, in una simile impresa. Proprio per questo è necessario lavorare insieme, con la solidarietà richiesta da un mondo diventato sempre più interdipendente. Consentendo che perdurino situazioni di estrema povertà si pongono le premesse di convivenze sociali sempre più esposte alla minaccia di violenze e conflitti. Ogni individuo ed ogni gruppo sociale ha il diritto d'essere posto in condizione di sopperire ai bisogni personali e familiari e di partecipare alla vita e al progresso della propria comunità d'appartenenza.

Quando tale diritto non è riconosciuto, accade facilmente che gli interessati, sentendosi vittime di una struttura che non li accoglie, reagiscano duramente. Ciò vale in particolare per i giovani che, privi di una adeguata istruzione e dell'accesso al lavoro, sono maggiormente esposti al rischio dell'emarginazione e dello sfruttamento.

E' ben noto a tutti il problema della disoccupazione, specialmente dei giovani, nel mondo intero, con il conseguente impoverimento di un numero sempre più grande di singoli individui e di intere famiglie. La disoccupazione, peraltro, è spesso il tragico risultato della distruzione delle infrastrutture economiche in un Paese travagliato dalla guerra o da conflitti interni. Vorrei qui evocare brevemente alcuni problemi particolarmente inquietanti, che affliggono i poveri e, di conseguenza, minacciano la pace. Innanzitutto, il problema del debito estero, che per alcuni Paesi, e in essi per le fasce sociali meno abbienti, continua ad essere un fardello insopportabile, malgrado gli sforzi compiuti dalla comunità internazionale, dai governi e dalle istituzioni finanziarie per alleggerirlo. Non sono forse i settori più poveri di detti Paesi a dover sostenere non di rado l'onere maggiore del rimborso? Una tale situazione di ingiustizia può aprire la strada a risentimento crescente, a sensi di frustrazione e persino di disperazione. In molti casi gli stessi governi condividono il diffuso disagio del loro popolo e ciò si ripercuote sui rapporti con gli altri Stati.

Forse è giunto il momento di riesaminare nuovamente, dandogli la dovuta priorità, il problema del debito estero. Le condizioni di rimborso totale o parziale vanno riviste, cercando soluzioni definitive in grado di assorbire pienamente le pesanti conseguenze sociali dei programmi di aggiustamento.

Occorrerà, inoltre, agire sulle cause di indebitamento, legando la concessione degli aiuti all'assunzione da parte dei Governi del concreto impegno di ridurre spese eccessive o inutili - il pensiero va in particolare alle spese per gli armamenti - e di garantire che le sovvenzioni giungano effettivamente alle popolazioni bisognose. Un secondo problema scottante è quello della droga: il suo rapporto con la violenza ed il crimine è tristemente e tragicamente noto a tutti.

Come noto è pure che, in alcune regioni del mondo, sotto la pressione dei trafficanti di droghe, sono proprio le popolazioni più povere a coltivare piante per la produzione di stupefacenti. I lauti guadagni promessi - che per altro rappresentano solo una minima parte dei profitti derivanti da tali colture - costituiscono una tentazione a cui difficilmente riescono a resistere quanti dalle coltivazioni tradizionali traggono un reddito decisamente insufficiente.

La prima cosa da fare per aiutare i coltivatori a superare tale situazione è, perciò, di offrire loro mezzi adeguati per uscire dalla loro povertà. Un ulteriore problema nasce dalle situazioni di grave difficoltà economica esistenti in alcuni Paesi. Esse favoriscono massicce spinte migratorie verso Paesi più fortunati, nei quali, per contrapposto, insorgono poi tensioni che sconvolgono il tessuto sociale. Per fronteggiare simili reazioni di violenza xenofoba non giova tanto ricorrere a provvisorie misure di emergenza, quanto piuttosto incidere sulle cause, promuovendo, mediante nuove forme di solidarietà tra le Nazioni, il progresso e lo sviluppo nei Paesi d'origine dei flussi migratori. Minaccia subdola ma reale per la pace è quindi la miseria: essa, corrodendo la dignità dell'uomo, costituisce un serio attentato al valore della vita e colpisce al cuore lo sviluppo pacifico della società.

Povertà come risultato del conflitto


4. Negli anni recenti abbiamo assistito in quasi tutti i Continenti a guerre locali e a conflitti interni di feroce intensità. La violenza etnica, tribale e razziale ha distrutto vite umane, ha diviso comunità che in passato convivevano serenamente, ha seminato lutti e sentimenti di odio. Il ricorso alla violenza, infatti, esaspera le tensioni esistenti e ne crea di nuove. Nulla si risolve con la guerra; tutto è, anzi, dalla guerra seriamente compromesso. Frutti di questo flagello sono la sofferenza e la morte di innumerevoli persone, lo sgretolamento dei rapporti umani e la irreparabile perdita di ingenti patrimoni artistici e ambientali. La guerra peggiora le sofferenze dei poveri; anzi crea nuovi poveri, distruggendo mezzi di sostentamento, case, proprietà, e intaccando il tessuto stesso dell'ambiente di vita. I giovani vedono infrangersi le loro speranze per il futuro e troppo spesso, da vittime, si trasformano in protagonisti irresponsabili di conflitti. Le donne, i bambini, gli anziani, gli ammalati, i feriti sono costretti a fuggire e si ritrovano nella condizione di rifugiati che null'altro possiedono se non quanto portano con sé. Inermi, indifesi, cercano riparo in altri Paesi o regioni, spesso poveri e turbolenti come i loro.

Pur riconoscendo che le organizzazioni internazionali ed umanitarie stanno facendo molto per venire incontro al tragico destino delle vittime della violenza, sento il dovere di esortare tutte le persone di buona volontà ad intensificare gli sforzi. In alcuni casi, infatti, la sorte dei rifugiati dipende unicamente dalla generosità delle popolazioni che li accolgono, popolazioni altrettanto povere, se non persino più povere di loro. E' solo mediante l'interessamento e la collaborazione della comunità internazionale che potranno essere trovate soluzioni soddisfacenti. Dopo le tante ed inutili stragi, è comunque di fondamentale importanza riconoscere, una volta per tutte, che la guerra mai serve al bene della comunità umana, che la violenza distrugge e mai costruisce, che le ferite da essa provocate restano a lungo sanguinanti, che, infine, con i confitti peggiorano le già tristi condizioni dei poveri e si alimentano nuove forme di povertà.

E' dinanzi agli occhi dell'opinione pubblica mondiale lo spettacolo desolante delle miserie causate dalle guerre. Le sconvolgenti immagini, diffuse anche di recente dai mezzi di comunicazione sociale, siano almeno di efficace ammonimento a tutti - individui, società, stati - e ricordino a ciascuno che il denaro non va utilizzato per la guerra, né impiegato per distruggere ed uccidere, ma per difendere la dignità dell'uomo, per migliorarne la vita e per costruire una società autenticamente aperta, libera e solidale.

Spirito di povertà come fonte di pace


5. Nei Paesi industrializzati la gente è oggi dominata dalla corsa frenetica verso il possesso di beni materiali. La società dei consumi fa risaltare ancor più il divario che separa i ricchi dai poveri, e la spasmodica ricerca del benessere rischia di rendere ciechi di fronte agli altrui bisogni. Per promuovere il benessere sociale, culturale, spirituale ed anche economico di ogni membro della società, è dunque indispensabile arginare l'immoderato consumo di beni terreni e contenere la spinta dei bisogni artificiali. La moderazione e la semplicità devono diventare i criteri del nostro vivere quotidiano. La quantità di beni, consumati da una modestissima frazione della popolazione mondiale, produce una domanda eccessiva rispetto alle risorse disponibili. La riduzione della domanda costituisce un primo passo per alleviare la povertà, se ad essa si accompagnano efficaci sforzi per assicurare una giusta distribuzione della ricchezza mondiale.

Il Vangelo invita, in proposito, i credenti a non ammassare beni di questo mondo perituro: "Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignuola e ruggine consumano e dove i ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo" (Mt 6,19-20). E', questo, un dovere insito nella vocazione cristiana non diversamente da quello di lavorare per sconfiggere la povertà; ed è anche un mezzo molto efficace per riuscire in tale impresa. La povertà evangelica è ben diversa da quella economica e sociale. Mentre questa ha caratteristiche impietose e spesso drammatiche, essendo subita come una violenza, la povertà evangelica è liberamente scelta dalla persona che intende così corrispondere al monito di Cristo: "Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo" (Lc 14,33). Tale povertà evangelica si pone come fonte di pace, perché grazie ad essa la persona può instaurare un giusto rapporto con Dio, con gli altri e con il creato. La vita di chi si pone in quest'ottica diventa, così, testimonianza dell'assoluta dipendenza dell'umanità da Dio che ama tutte le creature, ed i beni materiali vengono riconosciuti per quello che sono: un dono di Dio per il bene di tutti.

La povertà evangelica è una realtà che trasforma coloro che l'accolgono.

Essi non possono restare indifferenti di fronte alla sofferenza dei miseri; si sentono, anzi, spinti a condividere attivamente con Dio l'amore preferenziale per loro (cfr. Enc. SRS 42). Tali poveri secondo il Vangelo sono pronti a sacrificare i loro beni e se stessi perché altri possano vivere.

Unico loro desiderio è di vivere in pace con tutti, offrendo agli altri il dono della pace di Gesù (cfr. Jn 14,27). Il Maestro divino ci ha insegnato con la sua vita e le sue parole le esigenti caratteristiche di questa povertà che dispone alla libertà vera. Egli "pur essendo di natura divina, non considero un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio; ma spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo" (Ph 2,6-7). Nacque nella povertà; da bambino fu costretto ad andare in esilio con la sua famiglia per sfuggire alla ferocia di Erode; visse come uno che "non ha dove posare il capo" (Mt 8,20). Fu denigrato quale "mangione e beone, amico dei pubblicani e dei peccatori" (Mt 11,19) e subi la morte riservata ai criminali. Chiamo beati i poveri ed assicuro che è per loro il Regno di Dio (Cfr. Lc 6,20).

Ricordo ai ricchi che l'inganno della ricchezza soffoca la Parola (Cfr. Mt 13,22), e che per loro è difficile entrare nel Regno di Dio (cfr. Mc 10,25).

L'esempio di Cristo, non meno della sua parola, è norma per i cristiani. Noi sappiamo che tutti, senza distinzioni, nel giorno del giudizio universale, saremo giudicati sul nostro amore concreto verso i fratelli. Sarà anzi nell'amore concretamente esercitato che molti, in quel giorno, scopriranno di aver di fatto incontrato Cristo, pur non avendolo prima conosciuto in modo esplicito (cfr. Mt 25,35-37). "Se cerchi la pace, va' incontro ai poveri!". Possano i ricchi e i poveri riconoscersi fratelli e sorelle, condividendo tra loro quanto posseggono, come figli di un solo Dio che ama tutti, che vuole il bene di tutti, che offre a tutti il dono della pace!

Data: 1992-12-08 Data estesa: Martedi 8 Dicembre 1992



Ai Vescovi della Regione apostolica "Provence-Méditerranée" della Francia in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Catechismo della Chiesa Cattolica punto di riferimento nel compimento della missione episcopale

Signor Cardinale, Cari fratelli nell'Episcopato


1. Con la vostra regione apostolica Provence-Mediterranée si conclude il ciclo delle visite ad Limina dei Vescovi della Francia. Sono felice di accogliervi, mentre svolgete questo pellegrinaggio presso le tombe degli Apostoli fondatori della Chiesa a Roma e venite a riflettere sull'adempimento del vostro compito pastorale presso il successore di Pietro e i suoi collaboratori. Per quanto mi riguarda, gli incontri di quest'anno mi hanno permesso di condividere meglio le vostre preoccupazioni. Ho apprezzato la maniera lucida e fiduciosa con la quale i Vescovi della Francia mi hanno espresso le loro preocupazioni e mi hanno presentato le opere che costituiscono dei segni di speranza per l'avvenire della Chiesa nel vostro Paese. La regione apostolica Provence-Mediterranée è una terra magnifica, viva, accogliente. Fin dai tempi più antichi, la Chiesa vi è stata radicata. Gli evangelizzatori, approdati alle vostre coste, si sono inoltrati all'interno del Paese; in seguito generazioni di missionari sono partite dalla vostra regione per diffondere la luce della Buona Novella, soprattutto in Africa.

Attualmente, le vostre città e campagne conoscono un'evoluzione piena di vitalità.

Ma, lo sottolineate nei vostri resoconti, umanamente, vi sono ancora delle zone meno favorite; la povertà di alcuni si aggrava e contrasta dolorosamente con la ricchezza vistosa di altri. Dal punto di vista ecclesiale, voi conoscete anche altre forme di povertà.


2. Pastori, voi siete i primi portatori del messaggio evangelico che annuncia all'uomo la felicità e il vero senso della vita. La strada che prende la Chiesa è quella dell'uomo, al tempo stesso fragile e forte, con la sua apertura naturale alla presenza di Dio. Voi siete i testimoni della grazia del Figlio venuto a portare la rivelazione del disegno del Padre, ad offrirsi egli stesso nel sacrificio della Croce per sconfiggere il peccato e la morte e per aprire le vie della riconciliazione. In nome di Cristo, la Chiesa chiama coloro che sono membri del suo Corpo attraverso il battesimo a vivere più intensamente nella comunione dalla quale scaturiscono abbondanti frutti spirituali. E' vero che molti battezzati non partecipano pienamente alla vita ecclesiale; separandosi dal Corpo, essi si distaccano dalla sorgente della Vita nuova. Essi avrebbero bisogno di riscoprire che la Chiesa che trasmette il messaggio della Rivelazione di cui è depositaria, è il luogo della presenza viva di Dio tra gli uomini e il luogo dove si manifesta la redenzione. La Chiesa, come afferma il Concilio Vaticano II, è, "in Cristo, come sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità del genere umano". Bisogna ritornare a questa affermazione essenziale della costituzione Lumen gentium (LG 1) per conferire tutto il suo valore alla nostra missione. Il volto e la funzione della Chiesa non possono essere compresi se non si va fino in fondo alla sua natura: conferendoci il battesimo ella è Madre, ci da la vita nel Cristo, ci santifica e ci trasmette il dono dello Spirito Santo. Nell'Eucaristia, offerta dell'atto di grazia al Padre e vincolo di comunione tra noi, ci è dato di partecipare al sacrificio redentore di Cristo. Al di fuori di questa dimensione sacramentale, non possiamo che avere una visione superficiale della Chiesa, addirittura snaturata. Mi sembra che oggi occorra rianimare nei cattolici l'amore per la Chiesa che essi costituiscono e che non devono guardare dal di fuori. La Chiesa non è una semplice associazione, ma un'autentica comunione. Per illustrare questo concetto, desidero citare Sant'Ireneo che fu Vescovo di Lione: "Al di sopra di tutto, vi è il Padre, ed egli è il capo di Cristo; attraverso ogni cosa, vi è il Verbo, ed esso è il capo della Chiesa; in tutto vi è lo Spirito, ed è esso l'Acqua viva donata dal Signore a coloro che credono in lui con rettitudine, che lo amano e che sanno che vi è un solo Dio Padre" (Adv. haer., V, 18, 2). Consapevoli della loro dignità di figli responsabili in seno alla famiglia cristiana, i battezzati potranno meglio accogliere i messaggi profetici trasmessi dalla Chiesa, il dono della fede così come le regole morali che ne conseguono. Peraltro, bisogna ripetere con forza che i fedeli non potrebbero adempiere alla loro missione di annunciare il Vangelo al mondo se non amassero questo mondo dove il Figlio di Dio si è incarnato. Senza simpatia per il proprio fratello, come possiamo accoglierlo e dividere con lui ciò che abbiamo di più prezioso? In una solidarietà amichevole con il mondo, non vi è ragione pertanto di diminuire la verità e il vigore del messaggio, ma bisogna capire le aspettative degli uomini per far loro scoprire, con un linguaggio adeguato, la risposta di Cristo che, sola, li può colmare.


3. Non stanchiamoci di aiutare i nostri fratelli e le nostre sorelle a cogliere meglio la dimensione del mistero della Chiesa che conduce al mistero della salvezza. Essa è un corpo vivo che si raccoglie intorno al Cristo Salvatore grazie ai successori degli Apostoli. Essa rimane, attraverso le generazioni, solidale con i suoi predecessori che sono presenti presso il Padre, nella comunione dei santi: la loro memoria viva alimenta la Tradizione che noi siamo incaricati di mantenere viva oggi. La Chiesa è comunione nella preghiera e nella vita liturgica in cui celebra e proclama la sua fede, la fede comune, ricevuta dagli Apostoli. Lo Spirito, come Cristo ha promesso, fa conoscere la verità intera. Lo Spirito Santo è comunicato ad ognuno attraverso il sacramento della confermazione di cui sottolineate l'importanza quando parlate ai giovani affinché lo ricevano con una seria preparazione. Egli ravviva in noi la sete di studiare la Scrittura e di approfondire il disegno di Dio svelato dal Figlio alla pienezza dei tempi. La Chiesa, nella diversità dei suoi membri, è chiamata a rendere una testimonianza unanime al Cristo, che è morto e risorto per permettere ai suoi fratelli di entrare nel Regno di Dio. Provando in noi gli stessi sentimenti che furono di Gesù, dobbiamo essere i servitori attenti dei poveri, degli emarginati, degli stranieri che sono numerosi nella vostra regione, di tutti coloro che cercano affannosamente in che modo rispondere alle loro necessità materiali, al loro bisogno di convivialità calorosa e anche alla loro ricerca della speranza e della felicità.


4. Cari fratelli nell'episcopato, se ho voluto qui ricordare qualche aspetto del mistero della Chiesa e della sua missione, è perché il Vescovo, in nome del Signore e in comunione con la Sede Apostolica, è il garante dell'unità del corpo ecclesiale nella carità e nella fedeltà al Vangelo. Attraverso il vostro ministero pastorale, voi avete l'incarico di vegliare affinché la Chiesa adempia alla sua missione per tutta la popolazione della vostra regione. Voi avete per primi la responsabilità della presenza della Chiesa nella società non soltanto in nome delle tradizioni e della cultura cristiana che voi desiderate giustamente mantenere vive e autentiche nel vostro Paese, ma per la preocupazione del servizio di tutti. I vostri resoconti riguardano coloro che beneficiano dello sviluppo economico, culturale e tecnico della vostra regione e coloro che sono lasciati ai margini nei settori che si spopolano o le sacche di povertà; coloro che conoscono, nei confronti della fede, delle difficoltà derivanti dalla loro formazione e dalla loro attività scientifica, e coloro che si lasciano assorbire da un certo materialismo pratico chiuso alla dimensione spirituale dell'esistenza. Queste indicazioni, racchiuse in quanto mi avete affidato, sottolineano l'importanza di una presenza attiva della Chiesa nel cuore della vita della città. Naturalmente, i diversi membri della comunità diocesana sono impegnati con voi. I sinodi diocesani in cui i procedimenti analoghi compiuti in questi ultimi anni hanno, credo, ravvivato in molti fedeli, laici e religiosi, la consapevolezza della loro missione comune e il desiderio di una vitalità più feconda delle vostre Chiese particolari.


5. Nei miei incontri con i vescovi delle altre regioni della Francia, ho già ricordato alcuni aspetti della vita ecclesiale. Non mi soffermero che sommariamente oggi su certi punti. In primo luogo vi preoccupano, l'esiguo numero e l'età avanzata dei sacerdoti diocesani, come anche dei religiosi e delle religiose. La difficoltà è grande, ma non è sufficiente ricercare delle soluzioni provvisorie sostitutive. Bisogna che le comunità cristiane vivano il mistero della Chiesa in tutta la sua grandezza, come ha illustrato ammirevolmente il Concilio Vaticano II, bisogna che esse siano abbastanza consapevoli della necessità vitale dell'Eucaristia e del sacerdozio ministeriale, così come del senso profetico dei voti religiosi, per comunicare francamente ai giovani l'appello all'impegno e alla consacrazione dell'essere nel sacerdozio o nella vita religiosa. La pastorale delle vocazioni si deve radicare a questo livello e non essere lasciata all'incarico dei soli agenti designati a tal fine. Essa sarà un'autentica opera diocesana solo se sarà organicamente legata alla pastorale familiare, alla pastorale dei giovani, ai movimenti ecclesiali, vecchi e nuovi.


6. Vorrei incoraggiare qui lo sviluppo alla collaborazione e alla concertazione fiduciose di tutti i membri della comunità diocesana: il vescovo con il clero e i religiosi, i laici con i sacerdoti. Vale a dire l'importanza dei consigli presbiteriali e dei consigli pastorali che hanno ormai un'esistenza istituzionale, come luoghi di scambio, di iniziative e di animazione. Per quanto riguarda più particolarmente i laici conviene allo stesso tempo sostenerli e dare loro fiducia nella loro missione di essere abitualmente coloro che garantiscono la presenza dello spirito evangelico nella società civile; penso agli ambienti professionali, ai settori la cui evoluzione presenta della difficoltà specifiche. Vorrei ricordare in modo particolare alcune difficoltà della diocesi di Ajaccio, apprezzando il fatto che i cristiani le abbiano affrontate con lucidità e coraggio nel corso di vaste consultazioni coordinate dai loro Pastori. Parlate spesso degli sforzi compiuti per la formazione dei laici. Vi incoraggio a svilupparli, in quanto è importantissimo mettere i cristiani in contatto profondo con la Parola di Dio e con le richezze dottrinali raccolte intorno alla Chiesa durante la sua viva tradizione sin dai tempi apostolici. Ciò non mancherà di produrre frutti per la vita spirituale delle comunità e per il loro slancio missionario. Disponete ormai di strumenti di riferimento: il Catechismo della Chiesa Cattolica è stato appena pubblicato, quello dei Vescovi della Francia è già stato elaborato dai vostri connazionali. Che l'uno e l'altro servano a far si che i cristiani imparino a rendere conto della loro fede, di ciò che li fa vivere, dei motivi delle loro scelte nella vita secondo i comandamenti di Dio, che Paolo riassume con la legge dell'amore! Organizzando le diverse istanze di formazione, pensate costantemente che la cultura cristiana delle persone attinge una piena dimensione quando si apre ad un'assunzione più attiva e più sentita della missione ecclesiale comune a tutti. Aggiungerei ancora un invito a progredire nella comunione delle vostre diocesi fra loro, con le altre regioni del vostro paese, con la Chiesa in Europa e nel resto del mondo, come suggeriscono i rapporti di fiducia che alcuni intrattengono particolarmente con l'Africa. La vostra posizione sulle coste del Mediterraneo, lo sottolineate voi stessi, ha la sua impostanza: la vostra regione occupa un posto privilegiato nei rapporti dell'Europa con i Paesi del Sud, il che non potrà non avere importanza negli anni a venire. In questa apertura, possano le vostre Chiese diocesane essere presenti con generosità e dinamismo.


7. Davanti alle considerevoli esigenze del vostro servizio ecclesiale, mantenete la speranza: voi sapete che la grazia divina non vi abbandonerà. Il Signore ci ha promesso di essere con noi fino alla fine del mondo. Con i fedeli, avanzate nel pellegrinaggio della fede, al seguito di Maria, Madre della Chiesa, onorata nei vostri numerosi santuari. Che i pellegrinaggi amati dai vostri diocesani siano per loro l'occasione per seguire l'insegnamento di colei che ha dato tutto per dare al mondo il Salvatore! Al termine di questo incontro con voi che venite dalla regione Provence-Mediterranée, il mio pensiero va anche all'insieme dei vescovi della Francia e alle comunità di cui sono Pastori. A tutti, vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, responsabili laici e fedeli, auguro la gioia di servire insieme il Signore nella Chiesa. Riprendero ciò che scriveva Ignazio di Antiochia agli Efesini: "Che diveniate un coro, affinché, nell'armonia del vostro accordo, prendendo il tono di Dio nell'unità, voi cantiate ad una voce sola con Cristo un inno al Padre, affinché vi ascolti e vi riconosca, mediante le vostre opere buone, come membra di suo Figlio!" (IV, 2). In questa unità, dono di Dio, diventa naturale amare la Chiesa: che tutti siano fortificati nel loro desiderio di prendere parte alla vita e alla sua azione con generosità! Con l'avvicinarsi delle feste della Natività, mi unisco alla vostra preghiera per la Chiesa che è nel vostro Paese, e per tutti i vostri connazionali.

Vi imparto la mia Benedizione apostolica in nome del Signore che viene tra noi per la salvezza del mondo.

Data: 1992-12-11 Data estesa: Venerdi 11 Dicembre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Angelus: ai fedeli raccolti in Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)