GPII 1992 Insegnamenti - Agli studenti delle università di Roma durante la celebrazione eucaristica in preparazione del Natale - Città del Vaticano (Roma)

Agli studenti delle università di Roma durante la celebrazione eucaristica in preparazione del Natale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dai Balcani alla Somalia le sofferenza del mondo chiamano i giovani ad un nuovo Avvento di speranza




1. Ancora una volta, in questa sera di Avvento, ci troviamo riuniti, come ormai da diversi anni, per partecipare alla liturgia della Parola e dell'Eucaristia. E' una bella consuetudine, che risale all'inizio del mio servizio nella sede di Roma, e ad essa sono particolarmente affezionato. Saluto tutti cordialmente. Ringrazio di cuore coloro che qui rappresentano i vari ambienti accademici di Roma e, in modo indiretto, il mondo universitario dell'intera Nazione. Saluto e ringrazio i Rettori, i Professori, gli Studenti. Quest'oggi la Chiesa ci invita ad essere presenti, vigili ed oranti insieme ai Profeti ed al popolo dell'Antica Alleanza, per aspettare il compimento della promessa messianica, le cui origini risalgono ai primi capitoli della Genesi. La notte di Natale porterà con sé l'attuazione della promessa fatta all'intera umanità nell'Antica Alleanza. Noi, gli uomini della Nuova Alleanza, abbiamo ogni giorno dinanzi la promessa già realizzata. Allo stesso tempo, pero, stiamo vivendo un vero avvento: Colui che "è" rimane sempre Colui "che deve venire" (cfr. Ap 1,8).


2. "Figlio, va' oggi a lavorare nella vigna" (Mt 21,28). così dice, nella parabola evangelica, il padre di famiglia ai suoi due figli. così dice Dio: queste parole contengono una dimensione tipica dell'Avvento. Avvento di Dio è l'intero universo, che nella sua vastità sfugge al controllo dell'uomo. Avvento è anche, ed in modo più pieno, questo mondo che l'uomo può controllare e che sin dall'inizio gli è stato affidato dal Signore con un preciso compito: "Riempite la terra e soggiogatela" (cfr. Gn 1,28). Questo mondo costituisce, allora, la vigna evangelica dei disegni del Creatore. L'uomo deve conoscerlo e, in modo creativo, coltivarlo, mai distruggerlo. Questo mondo è la sua eredità, il suo ambiente naturale. Se lo distrugge, condanna se stesso ad una morte inevitabile. Penso in questo momento a tutti gli ambienti di lavoro che sono le vostre Università: le Facoltà, le Scuole di Specializzazione, gli Istituti. Ecco "la vigna del divino Logos", dell'eterna Sapienza, iscritta per sempre nel creato ed in tutte le sue dimensioni, dalle macroscopiche alle microscopiche. Voi tutti, che costituite l'ambiente umano di tali Centri di studio e di ricerca, in certo modo state portando a compimento la chiamata del padre di famiglia: "Va' a lavorare nella vigna". La compite forse come il primo dei due fratelli di cui ci parla il Vangelo; o forse come il secondo. L'uno disse: "Si, Signore; ma non ando"; l'altro: "Non ne ho voglia, ma poi, pentitosi, ci ando" (Mt 21,29 Mt 21,30).


3. "La vigna" è fuori dell'uomo - ma, in maniera più piena, si trova dentro di lui. Questo dato viene dato dal di dentro, dal cuore. Possiamo, quindi, dire che la persona umana rappresenta lo spazio specifico dell'avvento di Dio. L'uomo può entrare in comunione di vita con Dio, come "io", con l'ineffabile mistero che è per lui il Divino "Tu": il Dio creatore diventa per l'uomo il Dio dell'Alleanza.

All'essere umano è stata offerta la promessa messianica nell'Antica Alleanza ed il suo pieno compimento nella Nuova Alleanza. Questa realtà messianica è Cristo, Dio-Uomo-Figlio, che rivela fino in fondo all'uomo chi egli è e quale è il suo definitivo destino, come pure quale è il senso della sua esistenza nel mondo visibile. Carissimi Professori, carissimi giovani! Vi ringrazio per la vostra presenza. Vi ringrazio per l'opportunità che mi offrite di rileggere insieme la verità evangelica di questa vigna che è ciascuno di noi nella sua umanità, nella sua unica ed irripetibile personalità. Alla luce di tale rilettura le parole del padre di famiglia: "va' a lavorare nella vigna" si rivestono di particolare eloquenza. L'"io", ciascuno di noi, è la vigna che il Padre desidera coltivare nel suo Unigenito Figlio, in Cristo che è la vite. Cristo è la vite, noi siamo i tralci. Ecco, in un certo modo, il senso più profondo della realtà messianica. Dio si offre - lo Spirito santificante ci rende partecipi della natura divina e l'uomo può rispondere come il secondo dei figli: "Non ne ho voglia"; oppure come il primo: "Vado". L'Avvento di Dio si ferma, per così dire, sulla soglia della volontà umana.


4. Il tempo liturgico che stiamo vivendo ci è dato affinché diventiamo sempre più consapevoli della presenza di Colui che continuamente viene, che sta alla porta e bussa (cfr. Ap 3,20). Quanto meraviglioso è Dio - questo Dio, la cui venuta nel Cristo appartiene contemporaneamente alla storia dell'intera umanità ed a quella di ciascun uomo, di ognuno di noi. L'Avvento, pertanto, ci è dato perché ci chiediamo, nell'intimo della nostra coscienza, quale è la nostra risposta: sono come il primo figlio che dice "vado" e poi non mantiene la parola; oppure come il secondo, che prima nega e poi va: "pentitosi, vi ando" (Mt 21,30)?


5. Se l'Avvento è un tempo liturgico della Chiesa, esso è ancor più una dimensione costante della sua esistenza e della sua missione. "La Chiesa, infatti, - insegna il Concilio - è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio" (LG 1). Questa Chiesa è il Popolo della Nuova Alleanza, è la comunità degli uomini chiamati a vivere nel compimento della promessa messianica ed invitati, al tempo stesso, a costituire l'incarnazione della realtà messianica della salvezza e della trasfigurazione, la partecipazione della natura divina all'uomo e al mondo. La Chiesa è la vigna in cui si realizza questa vocazione in Gesù Cristo, che è diventata ormai eredità della famiglia umana. Essa è il sacramento fondamentale in cui, mediante i sacramenti della fede, si va compiendo il processo di rigenerazione e di santificazione nello Spirito Santo di tutti i credenti.

Carissimi! Questo Avvento diventi per noi il tempo della rigenerazione e santificazione sacramentale! La penitenza sacramentale, a cui ci invita la liturgia, prepari la venuta eucaristica di Cristo nella nostra vita. Colui che bussa alla porta della dimora interiore di ciascuno di noi possa ricevere l'invito ad entrare. Rendiamoci bene conto che la realtà messianica non è solo la comunione di vita con il Dio dell'Alleanza, ma l'abitare di Dio stesso nell'intimo dell'uomo: "Noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui" (Jn 14,23).

Vorrei ancora rispondere alle vostre parole rivoltemi attraverso i due rappresentanti della vostra comunità universitaria all'inizio della Messa.

Soprattutto vorrei ringraziare il Signore per tutti questi incontri. Già sono passati quattordici anni del mio servizio nella Sede di Pietro e una delle prime intuizioni, dei primi desideri è stato appunto quello di incontrarci con i giovani, di incontrarci con gli studenti, con l'ambiente universitario di Roma.

E questo ha cominciato ad andare avanti, specialmente durante l'Avvento.

Ma questo ha portato anche ad un grande allargamento degli incontri, dopo parecchi anni: specialmente dall'"Anno della Gioventù", si è trovata l'iniziativa della Giornata Mondiale. Ora quello che era il primo incontro con i giovani di Roma è diventato l'incontro con i giovani del mondo. Noi viviamo un po' fra un incontro e l'altro: adesso fra Czestochowa-Jasna Gora e Denver. E potrei dire che tutto questo lo devo ai primi incontri, alla prima Messa universitaria in San Pietro celebrata non potrei dire con voi, ma con i vostri "predecessori", con i vostri colleghi un po' più anziani, ma ancora sempre giovani. Voglio ringraziarvi per questa vostra grande sensibilità umana e cristiana. Sempre in questi incontri si sono toccati problemi dolenti: le sofferenze di Roma, del vostro Paese, dell'Italia, le sofferenze del mondo. Anche questa sera ho avvertito questa vostra sensibilità per le sofferenze dei Paesi Balcanici, così vicini a noi, della Somalia, in Africa, e di tanti altri ambienti del mondo. Le sofferenze sono di ordine fisico ma soprattutto spirituale.

La compassione, la solidarietà, tutto questo viene direttamente dal Vangelo, tutto questo ci dice sempre che il Signore è vicino, che il Signore si fa conoscere attraverso quelli che soffrono. Questa è una verità centrale su di Lui.

Certamente la verità continua, è verità escatologica. "Ho avuto fame, ho avuto sete, ero in prigione": tutto questo è la realtà di ogni anno, di tutta l'umanità, di tanti popoli formati da nostri fratelli e sorelle. Noi cerchiamo di aprirci a tutti loro, almeno con i nostri cuori, con i nostri aiuti, con il nostro volontariato, per andare incontro a tutte queste sofferenze. Voglio anche ringraziarvi perché i nostri incontri di San Pietro sono diventati sempre più maturi e anche sempre più belli liturgicamente: lo si vede, è frutto di una sempre migliore organizzazione, preparazione, ma anche frutto di una maturazione spirituale.

Questo volevo dirvi prima di concludere la mia omelia. Ma ancora vorrei farvi un augurio che corrisponde alle feste natalizie così vicine all'inizio del nuovo anno. Questo augurio è l'augurio della speranza. Voi giovani siete la speranza! Questo ho detto quasi il primo giorno del mio servizio a Roma: siete la speranza! Lo siete perché siete giovani, perché l'avvenire è davanti a voi: non solamente il vostro avvenire personale, ma l'avvenire di tutto il mondo, delle diverse comunità, di questa vostra Patria italiana, di questa vostra Chiesa di Roma o Chiesa universale, delle diverse Chiese particolari. La speranza, possiamo dire, è lo spirito dell'Avvento. L'Avvento è un periodo "forte", come si dice nel linguaggio liturgico. Ma è forte soprattutto come tempo di speranza. Si guarda verso il futuro, verso quel giorno quando il canto "Marana-Tha" potrà ricevere una attuazione liturgica, ma anche una sempre più nuova attuazione del Mistero divino-umano, attuazione di questo Mistero del Natale, del Dio-uomo elevato, di questo Dio fattosi uomo.

Vorrei allora esprimere a tutti voi, a tutte le Università romane, a tutte le comunità accademiche e, insieme a voi, ai vostri professori e Rettori, questo augurio di speranza: speranza evangelica, speranza di cui ci parla ogni anno l'"Adventus Dominum", l'Avvento del Signore.


6. La Chiesa è comunità: per questa ragione gli uomini che cercano la via del compimento della promessa messianica di Dio si incontrano in essa. Vorrei riferirmi, dicendo questo, al Sinodo della nostra Diocesi di Roma. Esso si sta svolgendo già da alcuni anni ed è entrato adesso nella fase finale dei suoi lavori. All'Assemblea Sinodale prendono parte solo i rappresentanti della comunità romana, che conta vari milioni di membri, ma essa è idealmente aperta a tutti.

Il Sinodo appare simile all'Avvento. L'Avvento, infatti, non è solo attesa, ma anche preparazione: "Preparate le strade del Signore, raddrizzate i suoi sentieri" (Mc 1,3 cfr. Is 40,3).

"Synodos" è l'incontro, la comunione delle vie. Preghiamo perché nell'esperienza sinodale della Chiesa, che è in Roma, ciascuno di noi ritrovi la propria via sulla quale non cammina da solo. E' la via su cui egli procede insieme agli altri. Soprattutto, pero, è la via su cui lo invita Cristo per camminare insieme.

"Rabbi... dove abiti?".

"Venite e vedrete".

"Andarono, dunque, e... si fermarono presso di lui" (Jn 1,38-39).

Data: 1992-12-15 Data estesa: Martedi 15 Dicembre 1992





Ai Vescovi del Galles in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il Catechismo della Chiesa Cattolica è uno dei fondamenti del rinnovamento ecclesiale iniziato dal Concilio Vaticano II

Cari fratelli Vescovi, Sono lieto di porgere il benvenuto a voi, Pastori della Chiesa del Principato del Galles, in occasione della vostra visita ad Limina. Attraverso di voi posso raggiungere gli amati sacerdoti, religiosi e laici dell'Arcidiocesi di Cardiff e le Diocesi di Menevia e Wrexham al fine di assicurare la mia vicinanza spirituale e il mio affetto: "E il Dio della perseveranza e della consolazione vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo" (Rm 15,5-6). Mi è di grande conforto sapere che, sebbene le vostre comunità Cattoliche siano in molti casi piccole e molto lontane fra loro, voi nutrite un forte sentimento di unità e di comunione con la Chiesa universale e con la Sede di Pietro.

Di recente ho avuto la gioia di presentare il Catechismo della Chiesa Cattolica, un ulteriore importante risultato del Concilio Vaticano II e un dono di immenso valore dal "Padre della luce, nel quale non c'è variazione né ombra di cambiamento" (Jc 1,17).

Insieme alla Riforma della Liturgia e al Nuovo Codice di Diritto Canonico, il nuovo Catechismo costituisce il solido fondamento del rinnovamento ecclesiale intrapreso dal Concilio. I Vescovi hanno la particolare responsabilità di garantire che il bene della dottrina e della disciplina contenuto in queste fonti raggiunga i fedeli in maniera completa ed efficace affinché i disegni di Dio per la Chiesa, all'alba del nuovo Millennio Cristiano, vengano compiuti nella più grande fedeltà alla sua parola rivelata e attraverso varie ed efficaci opere di fede e di amore.

Il catechismo offre all'intera Chiesa una dichiarazione e una spiegazione della fede secondo la verità biblica e l'autentica Tradizione Cattolica, in un linguaggio che soddisfa meglio le esigenze del mondo di oggi.

Come ho affermato quando ho presentato il catechismo: "La consapevole adesione alla genuina e completa dottrina rivelata, che il Catechismo sinteticamente presenta, non mancherà di favorire il progressivo compiersi del disegno di Dio, il quale vuole che "tutti gli uomini siano salvi e giungano alla cognizione della verità" (1Tm 2,4)... Tracciando le linee della identità dottrinale cattolica, il catechismo può costituire un amoroso appello anche per quanti non fanno parte della comunità cattolica" (Presentazione del "Catechismo della Chiesa Cattolica", 7 dicembre 1992, nn. 7-8).

In esso sono racchiusi i due orientamenti del vostro ministero pastorale: insegnare la fede e rafforzare la vita cristiana dei membri della Chiesa, e allo stesso tempo, creare una comprensione sempre più profonda e una collaborazione sempre più stretta con gli altri Cristiani. Vi incoraggio a proseguire nello svolgimento di questi compiti in armonia l'uno con l'altro e in stretto contatto con tutta la comunità cattolica attraverso la Conferenza Episcopale dell'Inghilterra e del Galles.

Un aspetto specifico della vita della Chiesa nelle vostre Diocesi è la crescente attenzione che viene dedicata all'uso della lingua Gallese nella Liturgia. Non è soltanto una questione di interesse storico, ma anche un importante elemento dell'intera questione dell'inculturazione della fede nella vita della vostra gente. Stabilito che "Siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili" (1P 3,8), dovreste gioire del fatto che la lode a Dio viene proclamata e cantata nella lingua originale del Galles. In quanto Pastori, saprete come bilanciare l'aspetto dell'esperienza delle vostre comunità con l'apertura completa a membri del gregge, che sono arrivati di recente, molti dei quali sono immigrati da diverse parti d'Europa e del mondo. Possa Cristo essere servito in tutte le cose attraverso l'amore evangelico per il prossimo.

Un'altra preoccupazione che affido in particolar modo alla vostra preghiera e alla vostra azione pastorale è costituita dalla vocazione e dal ministero dei vostri sacerdoti. Essi sono i vostri principali collaboratori, vostri fratelli e amici poiché condividono il vostro stesso sacerdozio (Cfr. PO 7). Nel costruire la Chiesa, dovrete dedicare i vostri maggiori sforzi a servire i vostri sacerdoti e a sostenerli nelle loro necessità. Spero che voi li andrete a trovare spesso nelle loro case e che essi vi troveranno pronti a riceverli quando busseranno alla vostra porta. Possa il presbiterato in ognuna delle vostre diocesi produrre opere di santificazione, di evangelizzazione e di servizio.

Cari fratelli Vescovi, vi assicuro le mie costanti preghiere per voi e per le chiese di cui vi occupate. Ho un vivo ricordo della mia visita in Galles che risale a più di dieci anni fa e in particolar modo del coinvolgente incontro con i giovani presso il Ninian Park. Sono lieto di sapere che il 28 Giugno di quest'anno avete commemorato quell'evento con una processione Eucaristica che ha regoistrato una forte partecipazione, a Cardiff. Prego affinché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo continuino a benedire i vostri sforzi con crescente vita cristiana e santità. Possano Maria, Madre del Redentore, e San David, vostro patrono, intercedere per coloro, tra di voi, che sono poveri e deboli, in particolar modo per i malati, i disoccupati, gli anziani e per tutti coloro che possono sentirsi soli e abbandonati. Agli amati Cattolici del Galles imparto la mia Benedizione Apostolica come voto di forza e di pace in nostro Signore Gesù Cristo.

Data: 1992-12-17 Data estesa: Giovedi 17 Dicembre 1992

Udienza: alle Piccole Suore della Sacra Famiglia nel centenario della fondazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Vivere con fervore la spinta missionaria e caritativa per trasmettere fedelmente nell'apostolato il carisma del Fondatore

Carissime Piccole Sorelle della Sacra Famiglia!


1. Il 6 novembre di quest'anno il vostro Istituto ha compiuto cent'anni e voi, in rappresentanza delle 1300 vostre Consorelle sparse nel mondo, come pure di coloro che usufruiscono della vostra generosa opera, avete desiderato venire a far visita al Successore di Pietro per esprimere la vostra fede e la devozione al Vicario di Cristo, saldamente tramandatevi dal vostro beato Fondatore. Sono lieto di accogliervi; vi sono grato per così delicato gesto di ossequio e di affetto e tutte di cuore vi saluto. Saluto in particolare la Madre Generale, le Suore del Consiglio Generale, le Superiore Regionali e, attraverso di voi, ogni Piccola Suora della Sacra Famiglia. A tutte manifesto la viva riconoscenza della Chiesa per il grande lavoro compiuto dal vostro Istituto in questi cent'anni di vita.


2. E' trascorso un secolo da quando ebbe inizio la vostra Congregazione religiosa, da quando cioè Don Giuseppe Nascimbeni - che ho avuto la gioia di dichiarare "beato" durante la mia visita pastorale a Verona nell'aprile 1988 - la fondo nella sua Parrocchia di Castelletto di Brenzone. L'unica sua intenzione era di avere delle collaboratrici che l'"aiutassero a salvare anime", e si ponessero, in particolare, a servizio delle famiglie ispirandosi al modello offerto dalla Sacra Famiglia. Questa provvidenziale iniziativa nasceva in piena sintonia con l'ansia apostolica di Papa Leone XIII, il quale proprio in quell'anno aveva emanato la Lettera Apostolica "Neminem fugit" per porre la famiglia cristiana, già allora insidiata da tentazioni e pericoli, sotto la speciale protezione di Gesù, Maria e Giuseppe, "le tre grandi stelle" di ogni focolare cristiano.

Madre Maria Domenica Mantovani, confondatrice e prima vostra Superiora Generale, come pure le numerose Sorelle che in questi cento anni si sono susseguite, hanno sempre cercato di vivere e di trasmettere fedelmente nel loro apostolato il carisma del Fondatore. Generazioni di bambini e di giovani, di ammalati e di anziani, di nuclei familiari in difficoltà e di sacerdoti bisognosi di aiuto, hanno potuto così sperimentare la vostra dedizione apostolica in Italia ed in diverse Nazioni del mondo. La ricorrenza, che oggi commemoriamo, costituisce un significativo stimolo a ringraziare il Signore per l'aiuto concesso nel corso di questo secolo alla vostra Congregazione, che, pur tra le difficoltà della quotidiana esistenza, ha potuto crescere e dilatarsi, diffondendo il messaggio fecondo della carità e testimoniando con coraggio piena adesione al Vangelo.

Continuate, care Sorelle, su questa strada; vivete con fervore la "spinta missionaria e caritativa" sempre presenti nelle ansie e nel desiderio di Monsignor Nascimbeni, aderendo con sincera docilità alle indicazioni pastorali della Chiesa ed abbracciando con animo generoso l'intera umanità, con i suoi gravi e profondi bisogni spirituali e materiali.

Meritano apprezzamento, in questa linea, sia la progettata apertura di una missione in Angola sia il servizio di alcune vostre religiose in una casa di accoglienza e di assistenza per malati di AIDS. Siano sempre ben presenti al vostro animo le finalità proprie del vostro Istituto, sorto - come sottolineava il Fondatore - per promuovere il benessere materiale e morale del popolo, collaborando con i sacerdoti per aiutarli a popolare il Paradiso di santi.


3. Profonda, convinta, generosa fu la fede del vostro Fondatore.

Essa si espresse prima di tutto e soprattutto con la Preghiera: una preghiera intensa, continua, autentica, tanto che i parrocchiani lo definirono "una preghiera vivente", giacché sempre ed in ogni luogo l'orazione era il suo respiro. Egli aveva pienamente compreso che il Sacerdote è l'uomo della preghiera e particolarmente della preghiera eucaristica. Di qui egli traeva la forza per quel suo dinamismo apostolico, che lo portava ad affermare: "Sono disposto a dare il sangue, la vita, per la salute eterna anche di un'anima sola", e soggiungeva: "Crocifisso e orologio sono i miei padroni!".

Amava teneramente Dio, don Nascimbeni, e in unione con Dio, si chinava con pari tenerezza sulle persone a lui affidate: la parrocchia fu il suo cuore; il popolo l'unico suo amore, fino alla morte.

Care Sorelle, questa è la preziosa eredità spirituale che il Beato Nascimbeni vi ha lasciato. Conservatela inalterata ed accrescetela con il dono della vostra esistenza. Il Fondatore desiderava che ogni Piccola Suora della Sacra Famiglia fosse "al Presepio esinanita, sul Calvario crocifissa, al Tabernacolo ardente". Si tratta certamente di un programma eroico, ma meraviglioso e consolante, perché rende preziosa e sublime l'intera vita. Vi aiuti il Beato Fondatore, all'inizio del secondo centenario della vostra Istituzione, a vivere sempre con intenso fervore questa vostra missione nella Chiesa, coltivando, come dice la Regola, "uno spirito di famiglia, fatto di semplicità, umiltà, carità e letizia, vivendo un'esistenza nascosta, totalmente donata al Signore".

Gesù, Maria e Giuseppe siano le tre stelle luminose che vi guidano nel quotidiano lavoro. E vi accompagni anche la mia Benedizione, che ora di gran cuore imparto a voi ed estendo a tutte le Consorelle e ad ogni vostra opera.

Data: 1992-12-18 Data estesa: Venerdi 18 Dicembre 1992

Al Capitolo Generale dei Legionari di Cristo - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeltà al proprio carisma

Amatissimi fratelli.

Prima di concludere il vostro secondo Capitolo generale ordinario avete voluto avere questo incontro con il Papa per riaffermare un punto chiave dello spirito dei Legionari di Cristo: l'adesione a questa Sede Apostolica come segno del vostro amore per la Chiesa. Da parte mia, vi ricevo con immenso piacere e rendo grazie a Dio per il carisma che anima la vostra consacrazione e il vostro apostolato. Prima di tutto, saluto cordialmente padre Marcial Maciel, fondatore e superiore generale, i membri del Consiglio e gli altri padri capitolari, così come tutti i membri del vostro Istituto.

Avete celebrato da poco il cinquantesimo anniversario della fondazione.

Dagli umili inizi a Città del Messico, attraverso diverse iniziative e opere apostoliche, avete esteso il vostro lavoro in molti altri paesi, sempre con il desiderio di far conoscere e amare Cristo, e di diffondere il suo regno nel cuore degli uomini, vostri fratelli e sorelle. Dio Padre vi ha benedetto con abbondanza di vocazioni, a cui cercate di dare una formazione umana, dottrinale e spirituale di fronte alle sfide che si presentano alla Chiesa in quest'epoca. Con la vitalità e la gioia che vi caratterizza, avete la possibilità di contribuire - anche attraverso il Movimento "Regnum Christi", che diffonde la vostra spiritualità tra i laici, i giovani e gli adulti - al rinnovamento cristiano della società, secondo le esigenze del Vangelo, soprattutto con la nuova evangelizzazione, così urgente in America Latina, nella cui cultura siete nati, e di contribuire anche partecipando alla grande missione "ad gentes", che aspetta validi rinforzi in tanta parte del mondo. Non potete dubitare dell'amorosa provvidenza di Dio sulla vostra vita e sull'opera che rappresentate. perciò siete chiamati a una generosità sempre crescente, profondamente motivata dall'amore per Cristo e per gli uomini, amore che vi impegna a ripetere sempre il vostro lemma: "Adveniat regnum tuum!".

Estendere il regno di Cristo è certamente il grande ideale che ha ispirato gli sforzi della fondazione del vostro Istituto, e che adesso deve animare i progetti che il Capitolo ha studiato e approvato per il futuro. Per voi, militanti di questo regno, la fedeltà al suo carisma significa impregnare tutta la vostra vita dei valori evangelici. Significa far regnare nei vostri cuori la carità e la giustizia, il rispetto della persona umana, l'apertura universale, la solidarietà verso i più bisognosi, attraverso iniziative di servizio e di promozione umana. Ciascuno ha qualcosa da apportare all'opera comune, mediante il proprio inserimento nelle diverse Comunità ecclesiali, nelle quali si sviluppa un lavoro apostolico, in stretta armonia con i pastori e in una collaborazione cordiale e abnegata con tutte le forze vive che lo Spirito continua a ispirare per l'edificazione della sua Chiesa.

Il Capitolo ha cercato l'applicazione del vostro carisma specifico, approvato dalla Chiesa. Questa fedeltà al proprio carisma non può essere statica, ancorata al passato, ma deve essere dinamica e capace di adattarsi successivamente ai diversi ambiti culturali e sociali in cui il Signore vi chiama a lavorare, come operai alle loro messi (cfr. Lc 10,2). perciò, il vostro lavoro nella Chiesa si deve realizzare attraverso la "militanza", come missione apostolica, dinamica e ardente con cui è nato il vostro Istituto.

Voglio incoraggiarvi a continuare a dare impulso alla nuova evangelizzazione attraverso le opere che promuovete con tanto frutto, principalmente l'educazione cristiana dei bambini e dei giovani, la formazione e l'organizzazione della gioventù missionaria, la promozione umana e cristiana dei gruppi più abbandonati mediante l'azione caritatevole ed evangelizzatrice dei dirigenti e leader della società, la promozione e la difesa della famiglia, la catechesi e i mezzi di comunicazione sociale. In particolare, avete dato origine a una promettente iniziativa come è il Collegio Internazionale "Maria Mater Ecclesiae", per aiutare i vescovi, preparando futuri sacerdoti che possano a loro volta essere insegnanti nei loro seminari diocesani. In questo modo avete risposto a una delle necessità più pressanti della Chiesa, così come lo evidenzio l'ultimo Sinodo dei vescovi sulla formazione dei sacerdoti nelle attuali circostanze.

Per tutto ciò la Chiesa guarda a voi con grande speranza. Infatti, mentre lei si arricchisce con l'ardore della vostra generosa dedizione, vi esorta affinché in questa fase del vostro sviluppo stiate attenti alla voce dello Spirito, che guida tutta la Chiesa verso gli albori di un nuovo millennio cristiano, in circostanze così difficili per l'umanità. Ciò è urgente, soprattutto quando sono implicate la purezza della fede, il vigore della speranza e l'autenticità dell'amore cristiano, col fine di testimoniare la presenza e la vicinanza di Dio nella vita degli uomini.

Infine, in prossimità delle feste natalizie e come dimostrazione del mio affetto per i membri del vostro Istituto, vi raccomando tutti alla santissima Vergine, Madre del Verbo fatto uomo. Che lei, umile servitrice e fedele discepola, vi conforti e vi ispiri nei grandi compiti che vi proponete per estendere il regno del suo Figlio. A lei, caro padre Maciel, e a tutti i Legionari di Cristo imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

(Traduzione dallo spagnolo)

Data: 1992-12-18 Data estesa: Venerdi 18 Dicembre 1992

Ai membri del Pontificio Collegio Americano del Nord - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un amore senza divisioni per Cristo

Cari fratelli e sorelle in Cristo, Sono lieto di salutare gli studenti del Pontificio Collegio Americano del Nord che presto saranno ordinati diaconi, insieme al rettore del Collegio e ai membri del corpo docente responsabili della vostra formazione, accompagnati dal card. Hickey che ringrazio per i suoi infaticabili sforzi nell'interesse del Collegio.

Estendo anche un cordiale benvenuto ai familiari e amici che hanno voluto accompagnarvi in questo momento della vostra vita con la loro preghiera e la loro presenza. Essi sono testimoni di come Dio vi ha guidati verso la meta della vostra consacrazione come "servi dei misteri di Cristo e della Chiesa" (LG 41).

Nella vostra ordinazione al diaconato, voi riceverete di fatto un carattere sacramentale che vi configura in modo nuovo e particolare a Cristo, che è divenuto il servo di tutti (cfr. Mc 10,45). Come partecipi della grazia e della missione di Cristo, voi assisterete nella celebrazione dei Sacramenti, proclamerete il Vangelo e dimostrerete l'impegno della Chiesa per i poveri e i bisognosi. La fecondità del vostro ministero dipenderà dal grado in cui renderete manifesti la mente e il cuore di Cristo tramite i vostri pensieri, parole e azioni.

Mentre vi sforzate di vivere secondo la vostra chiamata come diaconi, ed eventualmente come sacerdoti, vi esorto ad affidarvi alla grazia del Signore, fiduciosi che egli "che vi chiama è fedele e farà tutto questo!" (1Th 5,24). La vostra unione con Cristo crescerà e sarà rafforzata attraverso l'esercizio generoso del vostro ministero, soprattutto predicando il messaggio evangelico in tutta la sua integrità, e attraverso la celebrazione della Liturgia delle Ore in unione con tutta la Chiesa. La vostra vita di celibato per amore del regno di Dio sarà un segno potente del vostro impegno in "un amore più grande e senza divisioni per Cristo e per la sua Chiesa" (PDV 50). Esso dimostrerà, la vostra gioiosa sollecitudine a servire i fratelli e le sorelle.

Mentre si avvicina la festa del Natale e la celebrazione della venuta del nostro Salvatore, invoco la gioia e la pace di Dio su voi e le vostre famiglie. Con la mia benedizione apostolica.

(Traduzione dall'inglese)

Data: 1992-12-18 Data estesa: Venerdi 18 Dicembre 1992

Ai Vescovi della Germania in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Unità e collaborazione

Cari fratelli nell'episcopato!


1. Con grande gioia saluto voi pastori e vescovi ausiliari dell'area sud-occidentale e della diocesi di Fulda e Limburgo. Il mio pensiero va a tutte le diocesi per le quali il Signore ha ordinato che divenissero "veri e autentici maestri della fede" (CD 2).

Attraverso di voi saluto anche i vostri sacerdoti, i religiosi e i laici che contribuiscono nella vostra amata terra con dedizione e non senza sacrificio alla costruzione del regno di Dio. Voi avete portato a Roma, alla Sede del successore di Pietro, le vostre preoccupazioni e i vostri timori, i vostri desideri e le vostre speranze, per confermare tutti nella fede e dare con ciò nuova forza all'ardore di evangelizzazione, di cui siete colmi, attraverso l'esempio e l'intercessione degli apostoli Pietro e Paolo. Gli incontri personali con ciascuno di voi, che ora culminano in questo incontro collettivo, hanno contribuito a rafforzare i vincoli di unione e di fratellanza con il vescovo di Roma, che "presiede nell'amore" questa riunione.


2. Ringrazio l'arcivescovo di Friburgo per le affettuose parole di saluto e di presentazione del vostro gruppo. Desidero anche esprimere la mia gratitudine per la vostra sollecitudine per conseguire e rafforzare l'unità e la comunione in seno alla Chiesa e nella vostra Conferenza episcopale. Conoscete personalmente l'importanza della testimonianza di unità e aiuto reciproco nello spirito di amore fraterno e di solidarietà apostolica, secondo le parole del Concilio Vaticano II: "Specialmente ai nostri tempi, i vescovi spesso difficilmente sono in grado di svolgere in modo adeguato e con frutto il loro mandato, senza una cooperazione sempre più stretta e concorde con gli altri vescovi" (CD 37).

Unità e collaborazione sono sempre la chiave di volta dell'opera della cura delle anime. Dobbiamo seguire sempre di più questi principi ecclesiologici secondo l'esortazione della Lettera agli Efesini, "per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,12). Dal momento che voi richiedete inoltre, come in passato, il consenso collegiale, che caratterizza i rapporti nella vostra Conferenza e con i vostri fratelli nell'episcopato in tutto il mondo, sarete in grado anche in futuro di adempiere ai nuovi compiti che si presenteranno. La preghiera del Signore "perché tutti siano una cosa sola" (Jn 17,21) deve essere resa viva attraverso il vostro esempio nei vostri sacerdoti, negli ordini religiosi, nelle parrocchie e nelle famiglie. Se sarete una cosa sola, potrete risvegliare la vostra speranza vitale e il vostro dinamismo e non dovrete abbandonarvi all'autocommiserazione, che oggi purtroppo caratterizza una parte del la Chiesa in Germania.


3. Come maestri della fede avete spesso trattato temi che sono attuali nella vita della vostra società. Le indicazioni che voi, per esempio, avete dato per la difesa della vita meritano un alto riconoscimento. E' impossibile menzionare tutte le iniziative proposte, che esistono e che hanno trovato sostegno nella guida intrapresa dal presidente della vostra Conferenza. In particolar modo, mi riferisco alle numerose iniziative per la vita, con le quali i cattolici, i cristiani appartenenti ad altre confessioni e gli uomini di buona volontà, che non si riconoscono in nessuna comunità religiosa, hanno manifestato la loro convinzione che il valore della vita umana è inviolabile dal momento del concepimento al momento della morte naturale. Questo è stato reso possibile anche dalla consapevolezza che la ragione del valore della vita umana risiede nella sua stessa essenza e nella sua naturale dignità e qui non viene perseguita nessuna speciale istanza ecclesiastica, ma un'esigenza dell'umanità e dei diritti dell'uomo.

Fondamentalmente non si può disporre della vita umana; e poiché il nascituro è un uomo dal momento del concepimento, e non solo più tardi, non si può stabilire un termine fisso per disporre della sua vita. I termini temporali mettono in discussione il fatto che il diritto deve promuovere la difesa della vita.

La vostra Costituzione inizia con il riconoscimento fondamentale e con la dichiarazione: "La dignità dell'uomo è inviolabile". Tuttavia esistono situazioni in cui questo riconoscimento non sembra più essere evidente. Non dovete farvi scoraggiare negli accesi dibattiti per la difesa della vita e dovete essere consapevoli del fatto che in questa questione non esistono argomenti moderni o antichi, ma soltanto considerazioni giuste o sbagliate. Il criterio di tali considerazioni deve essere sempre il diritto alla vita dell'uomo, anche di quello non ancora visibile, piccolo e senza possibilità di esprimersi. Il diritto alla vita nella sua totalità e nella sua ricchezza donata da Dio, non può mai essere negato ai più deboli perché un altro possa godere di questo diritto.

L'affermazione escatologica di Gesù Cristo, che è venuto, "perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10), vale senza dubbio per ogni forma di vita.

Con profonda soddisfazione ho appreso dei vostri sforzi, per assistere nelle sofferenze le donne, anche se esse forse hanno preso una decisione contro la vita allo stadio iniziale. La Chiesa agisce a favore delle donne, quando tenta di impedire le interruzioni di gravidanza. E la Chiesa si schiera a favore delle donne quando si impegna a creare nella società condizioni favorevoli ai bambini.


4. A questo punto vorrei affrontare un'altra sfida, che si presenterà nei prossimi anni a noi cristiani in Europa, e che tocca profondamente la dignità dell'uomo.

Noi sperimentiamo che un numero sempre maggiore di persone non sanno affrontare la morte, la loro vita è impostata in modo tale da allontanarla. Le nostre società moderne e secolarizzate corrono il rischio di eliminare, come norma, il soffrire, il deperire o il morire della vita personale. Poiché nella vita nulla è più sicuro della morte (cfr. Si 8 Si 14,12 Rm 5,12) osserviamo, come conseguenza di questo processo di allontanamento, molta impreparazione e molta confusione riguardo alla morte. Lo spinoso argomento dell'eutanasia acquista in questo contesto, un significato completamente nuovo. In Europa, sembra che ci siano sempre più sostenitori dell'idea che possa essere permesso di porre fine consapevolmente alla propria vita o alla vita di un altro essere umano. Il concetto dell'eutanasia ha perso da tempo, per molte persone, quella connotazione di orrore, che gli atroci avvenimenti del più oscuro e triste capitolo della storia del vostro Paese gli avevano conferito. La gravità del suicidio e dell'omicidio viene oggi nuovamente attenuata attraverso nomi come morte libera ed eutanasia.

Pochi cattolici nel vostro Paese hanno riconosciuto che qui per i cristiani esiste l'importante e prezioso compito, cioè un sostegno nella morte, che garantisca all'uomo la propria dignità anche nell'ultima fase della vita. Una vita senza Dio e di conseguenza senza riferimento all'eternità deve capitolare di fronte alla morte. D'altra parte, come cristiani sappiamo che la morte ha un senso e non è nemmeno la fine, poiché "riceveremo un'abitazione da Dio, una dimora eterna non costruita da mani d'uomo, nei cieli" (2Co 5,2 cfr. 1Co 15,21 Ph 1,20).

Il mio ringraziamento e il nostro incoraggiamento vale per tutti i cristiani, che ravvivano l'antico e tuttavia sempre attuale impegno per i centri di assistenza. Più importante della costruzione e dell'acquisizione di un nuovo ospedale, da parte di un ente cattolico, in cui bravi medici possano operare con le più moderne attrezzature, e più importante del rinnovamento di un centro congressi, sarà in futuro la promozione delle istituzioni, che promuovano l'assistenza dei cattolici ai morenti. Qui si esige che i cristiani siano portatori di speranza. Ciò sarà per noi, in quanto Chiesa, una prova ulteriore, poiché si tratta dell'inviolabilità della dignità umana. Qui, più che in altri ambiti, possiamo illustrare ciò che è veramente importante: imparare la vita per la morte e imparare la morte per la vita. Se vi riuscirà di istituire in Germania tempestivamente altri centri di assistenza come isole di umanità, impedirete che si facciano valere coloro che affermano soltanto di aiutare i morenti, ma che in verità capitolano di fronte a questa sfida, poiché facendo ricorso a pillole della morte scambiano l'aiuto nella morte con l'aiuto a morire. L'uomo che sta per morire non vuole farmaci, per essere poi lasciato solo, ma desidera speranza autentica, vicinanza umana e una mano tesa. Incoraggiate i vostri fedeli ad adempiere a questo compito veramente cristiano, poiché la dignità dell'uomo è inviolabile.


5. Sintomo allarmante sarebbe il fatto che in una società andasse perduta la sensibilità per cui l'appello alla coscienza non deve essere una licenza per l'uccisione di un altro uomo, sia che si tratti di un uomo che cresce nel grembo materno, sia di un uomo anziano o gravemente malato, la cui esistenza limita quella del prossimo, orientata alla soddisfazione dei propri interessi. Soltanto un popolo di egoisti potrebbe ignorare che la coscienza, degna di questo nome, esorta sempre a impedire l'uccisione.

L'appello alla coscienza avviene oggi spesso senza un minimo di riflessione sulla sua funzione. Il Concilio Vaticano II sottolinea: "Tuttavia succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo essa perda la sua dignità. Ma ciò non si può dire quando l'uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all'abitudine del peccato" (GS 16). Il tema della dignità della coscienza non deve essere usato contro il significato della verità morale, come se non avessero attinenza l'uno con l'altro. Ciò non sarebbe altro che un'interpretazione farisaica della libertà di coscienza. Quando la coscienza non si orienta più verso valori universalmente validi e al trascendente, risulta difficile risvegliare in essa il senso del peccato e della colpa (cfr. 1Jn 1,8 RP 18).

La mancanza di consapevolezza dei peccati va di pari passo con il diminuire della pratica sacramentale della penitenza. Il rinnovamento e la conversione nell'aspetto sacramentale della confessione individuale devono rimanere un tema centrale della pastorale (cfr. RP 31). Per questa ragione vi prego fortemente di aiutare i vostri sacerdoti ad attribuire sempre più importanza e valore al loro sevizio di confessori. Allo stesso tempo vi ringrazio per tutto ciò che fate per illustrare il significato e l'importanza della disciplina ecclesiastica in un ambiente strettamente collegato all'opera della riconciliazione. Cercate di convincere i vostri fedeli dei grandi benefici che derivano dalla confessione individuale. La confessione è di più ed è meglio di qualsiasi incoraggiamento umano, di qualsiasi tecnica psicologica o di qualsiasi soluzione dialettica o sociologica.


6. L'aumento di mobilità degli uomini nella società moderna richiede anche alla Chiesa nuove possibili forme o modelli di organizzazione. Il compito di una pastorale speciale viene messo sempre più in primo piano. I fedeli cercano e trovano la loro casa in piccoli gruppi ristretti, in cui possono parlare con altri della loro fede e della loro vita.

Ciononostante non si può rinunciare alla comunità parrocchiale territoriale. In essa ci si occupa della diffusione della fede a diversi livelli.

Essa è, in quanto esempio visibile dell'apostolato comunitario, la cellula dell'intera diocesi che contemporaneamente fonde "insieme tutte le differenze umane che vi si trovano nell'universalità della Chiesa" (AA 10). Fate attenzione affinché la comunità parrocchiale resti viva e affinché abbia un interlocutore stabile per i fedeli. Nonostante i problemi che nascono dalla mancanza di sacerdoti, le strutture organiche non dovrebbero essere smembrate e le strutture più piccole non dovrebbero essere inaridite spiritualmente attraverso una centralizzazione.

Visti i tanti spunti positivi che i nuovi movimenti e le nuove comunità introducono nella vita ecclesiale, vi prego di fare attenzione affinché questi spunti si ritrovino nella celebrazione domenicale dell'Eucaristia con il popolo di Dio (cfr. SC 42). La messa domenicale in quanto festa del popolo di Dio è fondamentale per la Chiesa e deve riunire i diversi gruppi che formano il popolo di Dio. Inoltre, vista la crescente carenza di personale sarebbe incomprensibile che gruppi o raggruppamenti di qualsiasi genere chiedessero una particolare celebrazione domenicale dell'Eucaristia.


7. In vista di questa situazione, ai laici e alla loro corresponsabilità nella comunità parrocchiale e nella vita ecclesiale viene attribuita una maggiore importanza. Il Concilio Vaticano II ha descritto la partecipazione dei laici alla missione della Chiesa: "Ma i laici, resi partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo nella missione di tutto il popolo di Dio assolvono compiti propri nella Chiesa e nel mondo" (AA 2).

Incoraggiate quindi i fedeli a farsi guidare nelle loro opere da questa consapevolezza. Non c'è motivo di scoraggiarsi e di scusarsi costantemente con coloro che seguono un'altra fede e con i non credenti cercando un'autogiustificazione. L'apostolato dei laici deve essere caratterizzato dall'autoconsapevolezza dal momento che il Concilio dice a loro riguardo: "In realtà esercitano l'apostolato con la loro azione per l'evangelizzazione e la santificazione degli uomini, e animando e perfezionando con lo spirito evangelico l'ordine delle realtà temporali, in modo che la loro attività in questo ordine costituisca una chiara testimonianza a Cristo e serva alla salvezza degli uomini" (AA 2).

Nella comunità della Chiesa ogni credente deve occupare il suo posto e deve vedere la sua missione nel proprio ambito di evangelizzazione. A ogni cristiano sono stati donati dei carismi (cfr. 1Co 12,11); noi dobbiamo solo riconoscerli e accettarli con gratitudine; pero i carismi devono sempre ricollegarsi alla gerarchia.


8. Nei vostri servizi per trasmettere agli uomini i contenuti della fede, è necessario rivolgere una particolare attenzione ai mezzi di comunicazione sociale.

Essi permettono che il messaggio di Cristo raggiunga contemporaneamente milioni di persone.

L'uso appropriato di questi mezzi rappresenta per la Chiesa un impegno costante, poiché attraverso di essi il messaggio del Vangelo può raggiungere tutti gli uomini, "ma con la capacità di penetrare nella coscienza come se questi fosse l'unico con tutto ciò che egli ha di più singolare e personale, e di ottenere a proprio favore un'adesione, un impegno del tutto personale" (EN 45).

Come ho già osservato nell'enciclica "Redemptoris Missio" (RMi 37), "i mezzi di comunicazione sociale hanno raggiunto una tale importanza da essere per molti il principale strumento informativo e formativo di guida e di ispirazione per i comportamenti individuali, familiari e sociali". E' necessario che gli operatori della pastorale imparino a conoscere i mezzi di comunicazione sociale e quindi li utilizzino cosicché i valori cristiani e il messaggio cristiano non vengano messi in risalto soltanto durante le fasce orarie riservate ai temi religiosi, ma anche nelle trasmissioni dedicate all'informazione, alla scienza e all'arte così come all'intrattenimento. I responsabili dei mass-media devono fare attenzione a evitare ogni forma di manipolazione della verità e dei valori etici; troppi interessi personali o discutibili forme d'espressione culturale o artistica cambiano la scala di questi valori e feriscono i più intimi sentimenti della persona. I cittadini invece hanno il diritto di vedere rispettati dai mezzi di comunicazione le loro convinzioni morali e religiose poiché questi mezzi sono al servizio del bene comune. Il ruolo sempre più importante svolto dai mezzi di comunicazione sociale nella vita quotidiana estende la sua influenza anche alla mentalità e alle strutture della comunità così come alle Chiese e alle comunità religiose. L'istruzione pastorale del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali "Aetatis Novae" si dedica in maniera approfondita a questo tema: dobbiamo occuparci attivamente dei mezzi di comunicazione nel mondo e appoggiare coloro che lavorano nell'ambito dei mass-media.


9. Vorrei rivolgere un particolare ringraziamento ai vostri fedeli: già da decenni essi sostengono in modo esemplare le attività relative alla missione, all'aiuto allo sviluppo e ai bisognosi del vostro Paese così come nei vicini Paesi dell'Est e del Sud-Est. I vostri cattolici hanno trasmesso a molti aiuto e fiducia nella vita. Perseguitati, emigrati e poveri provenienti da tutto il mondo sono stati da voi accolti. I cattolici tedeschi hanno dato una dimostrazione esemplare di solidarietà e anche in futuro saranno disposti ad amare concretamente il prossimo e ad occuparsi dei loro fratelli e delle loro sorelle nella fede in difficoltà.

Oltre all'eccellente lavoro svolto dalla Caritas tedesca vorrei menzionare soprattutto le opere di assistenza "Missio" ad Aquisgrana e a Monaco così come - oltre le molte iniziative singole - "Misereor" e "Adveniat", la cui opera anche in futuro avrà bisogno della vostra attenzione e della vostra guida.

Ogni opera d'assistenza ha la sua propria sfera operativa all'interno della quale non si viene invitati soltanto a fare beneficenza, ma si agisce nella Chiesa e nell'intera società per formare le coscienze. Nonostante la loro divisione formale le tre opere presentano numerosi punti in comune nel contenuto e nell'organizzazione poiché l'opera pastorale e quella socio-economica si possono o si devono integrare nella lotta contro la povertà spirituale e materiale.

Nonostante i necessari aiuti socio-economici offerti ai Paesi poveri, non si può rinunciare all'impegno missionario della Chiesa. In entrambi gli ambiti i credenti sono invitati a testimoniare: il lavoro volto allo sviluppo è una testimonianza, così come lo è, nell'opera volta allo sviluppo, la solidarietà della Chiesa.

Affido alla particolare cura della Caritas, ma anche alla vostra generale cura pastorale, il grande numero di persone dedite agli stupefacenti e all'alcol, che, come in molti Paesi europei, negli ultimi anni è andato aumentando. Soprattutto i giovani sono sempre più esposti a questi pericoli. Impegnatevi a rafforzare il lavoro con i giovani, per farli sentire a casa nel gruppo e per offrire loro un'"occupazione" nel tempo libero; la sensazione di vuoto interiore e la mancanza di significato non possono essere lasciati allo stordimento artificiale, ma richiedono un lavoro sociale e giovanile che formi la persona, le offra dei contenuti e la reinserisca nella realtà, così come una sollecitudine e un impegno pastorale nei confronti di coloro che si sentono emarginati e incompresi.


10. Saluto con gratitudine anche il concreto programma della Conferenza episcopale tedesca per un'azione di solidarietà a favore degli uomini e delle Chiesa dell'Europa Centrale e dell'Est. Questa iniziativa assume la sua forma nella coordinazione e nella cooperazione con le Istituzioni già esistenti nel vostro Paese e in Europa. Le persone delle Nazioni liberate dal comunismo hanno bisogni di aiuti finanziari, ma hanno un bisogno anche maggiore di incontrarsi e di scambiarsi le esperienze vissute nei quattro decenni di divisione forzata del continente.

Voi considerate quest'opera come una concretizzazione della necessaria rievangelizzazione dell'Europa. Infatti la rievangelizzazione che secondo la lettera apostolica "Evangelii Nuntiandi" si riferisce alla trasformazione in Gesù Cristo, è rivolta a tutto l'uomo, in tutti i suoi aspetti sociali, culturali e intellettuali. Essa riguarderà anche le strutture. E' per questa ragione che una tale opera può aiutare la Chiesa e i cristiani in maniera determinante a trovare io loro ruolo nella nuova Europa che si sta delineando.

Sono consapevole del fatto che la Germania può realizzare l'unificazione interna solo gradualmente. Per questa ragione accolgo con grande favore la vostra iniziativa, volta ad affrontare l'importante sfida del processo di unificazione europea insieme ai cattolici di tutti i Paesi d'Europa. Sono certo che, come avete fatto fino ad ora, non perderete di vista gli impegni del processo di unificazione ancora più ampio sulla via verso un unico mondo. Lasciare un segno affinché i diversi organismi per l'unificazione del mondo attuale non vengano mai messi l'uno contro l'altro, poiché la solidarietà umana è indivisibile, non sarà certo il compito minore di una tale opera di solidarietà dei cattolici. Tutto ciò rappresenta una sfida che noi naturalmente dobbiamo affrontare insieme a tutte le Chiese e a tutte le comunità cristiane e insieme a tutti gli uomini di buona volontà.


11. Negli ultimi anni vi siete occupati in maniera esemplare dei rifugiati e della protezione dei perseguitati politici. Viste le spaventose aggressioni nei confronti dei profughi e degli stranieri ultimamente si è molto discusso sul diritto di asilo. Nonostante la denuncia di una crescente xenofobia in Germania, bisogna osservare che la gentilezza nei confronti degli stranieri e la disponibilità ad aiutarsi è oggi come ieri grande tra la gente del vostro Paese.

Ai molti che in maniera esemplare hanno offerto il loro aiuto agli stranieri rivolgo il mio sentito ringraziamento.

In questi giorni e in queste settimane voi, cari confratelli, state vivendo un momento particolarmente forte. Si tratta della tensione tra l'atteggiamento fondamentale cristiano e le attuali sfide politiche. Da un lato vi viene chiesto di continuare a far presente che l'amore per il prossimo è e rimane vincolante, dall'altro pero le vostre parole non possono trascurare la necessità di una rapida soluzione del problema dei profughi. Anche voi insieme al Consiglio della Chiesa Evangelica in Germania lo avete constatato.

La Germania in questi anni ha accolto più stranieri di qualsiasi altro Paese europeo. Gli aiuti concessi ai poveri e agli oppressi sono esemplari.

Tuttavia la Chiesa deve essere consapevole del fatto che un numero sempre maggiore di persone ritiene che l'afflusso ai profughi esiga troppo da loro e che di conseguenza la disponibilità ad aiutare potrebbe trasformarsi in un rifiuto.

Rendete consapevoli i vostri fedeli del fatto che l'emarginazione e il rifiuto, interiori ed esteriori, non possono rappresentare una soluzione e che invece portano all'incertezza e possono addirittura trasformarsi in aggressioni e proteste. L'inalienabile dignità dell'uomo, di ogni singola persona, deve essere garantita con la collaborazione di tutti gli uomini di buona volontà, che hanno delle responsabilità nell'ambito politico e sociale, fra ciò che è eticamente proposto e ciò che è realizzabile.

Tutto ciò esige da voi molto coraggio e impegno. Esiste il pericolo che la norma della nostra fede cristiana di accogliere gli stranieri (cfr. Mt 25,35) e di concedere ospitalità (cfr. Rm 12,13) non possa più essere osservata, di fronte a un'ipotesi eccessivamente estesa di asilo, La Chiesa deve piuttosto esigere in ogni parte del mondo la giustizia e la pace, presupposti che aiutano a risolvere il problema dell'asilo. Tra l'altro sarebbe resa giustizia ancora più grande alla dignità dell'uomo se voi e il vostro Paese continuaste come avete fatto finora a mettere a disposizione generosamente aiuti ai Paesi in difficoltà (cfr. GS 84), affinché almeno le persone che non devono fuggire da territori in guerra possano restare nella loro patria e non siano costrette ad abbandonare tutto.

Contribuite in maniera costruttiva a creare dei presupposti affinché il bene prezioso del diritto di asilo in Germania possa essere conservato attraverso una soluzione e una definizione attuabile, e fate si che si evitino principi etici che in quanto teoria non hanno un vero rapporto con la vita reale. Con ciò voi offrite un servizio, perché contribuite a impedire insane deviazioni nei giovani che fanno loro disprezzare la vita umana. Nella Chiesa nessuno è straniero; voi dovete pero d'altra parte contribuire a far si che il popolo tedesco dopo anni di separazione forzata e dopo l'unificazione pacifica svoltasi non senza difficoltà trovi la sua piena identità.


12. Vorrei concludere questo nostro incontro, cari fratelli, rinnovando il mio ringraziamento e il mio apprezzamento. Quando ritornerete alle vostre diocesi vi prego di salutare di cuore i vostri sacerdoti, i diaconi, i religiosi e i fedeli.

Ci troviamo alla fine del periodo di Avvento, poco prima della festa di Natale.

Dio viene, perché vuole che "tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). Egli viene, perché ha creato il mondo e l'uomo per amore, e con loro ha stabilito l'ordine di grazia.

Non meravigliamoci se il Signore nella santa notte non ha trovato posto nelle case di Betlemme ed è nato in una stalla, in una grotta che serviva da riparo per gli animali. E' quindi ancor più importante il fatto che Egli sia venuto.

A voi e a tutti coloro che sono affidati alla vostra cura pastorale così come a tutti i cittadini del vostro stimato Paese esprimo i miei migliori auguri per il Natale e per l'anno nuovo e vi imparto di cuore, così come a tutti i credenti, la mia benedizione apostolica.

(Traduzione dal tedesco)

Data: 1992-12-19 Data estesa: Sabato 19 Dicembre 1992


GPII 1992 Insegnamenti - Agli studenti delle università di Roma durante la celebrazione eucaristica in preparazione del Natale - Città del Vaticano (Roma)