GPII 1993 Insegnamenti - Ai togolesi - Cotonou (Africa)

Ai togolesi - Cotonou (Africa)

Titolo: Violenza e disprezzo delle aspirazioni legittime dei cittadini sono espressione di un comportamento irresponsabile

Al termine di questa celebrazione, vorrei rivolgere un saluto molto amichevole ai togolesi presenti fra noi, così come alle delegazioni venute dal Ghana, dalla Nigeria o da altri Paesi vicini, per unirsi alla Chiesa del Benin.Desidero esprimere tutta la mia simpatia e il mio affetto ai Vescovi, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti e agli altri fedeli del Togo, e, attraverso coloro che si trovano qui, a tutti i togolesi. Già a Roma, pensavo spesso al vostro Paese. In questo momento affrontate grandi difficoltà, l'instabilità politica ed economica, l'insicurezza e la violenza. E questo porta migliaia di togolesi ad allontanarsi dal loro Paese. In questo momento di prova, continuo a pregare perché Dio doni la pace al vostro popolo. La violenza e il disprezzo delle aspirazioni legittime dei cittadini non hanno mai portato al progresso civile e sociale. Si può persino dire che essi sono espressione di un comportamento irresponsabile. Solo i valori che rafforzano l'ordine democratico e il consolidamento dello Stato di diritto permettono di preparare un futuro migliore. Figli e Figlie della Chiesa in Togo, in quest'anno del centenario dell'Evangelizzazione della vostra terra, prego perché voi restiate saldi nella fede, perché siate il lievito della pasta e perché con voi e grazie a voi, tutti i togolesi possano imparare a conoscere la libertà nella solidarietà. Queste sono le intenzioni che affido a Dio con l'intercessione materna di Nostra Signora. Dio benedica voi e tutti i popoli dell'Africa!

Data: 1993-02-03 Data estesa: Mercoledi 3 Febbraio 1993

Discorso all'incontro con i Vescovi della Conferenza Episcopale riuniti nell'Arcivescovado - Cotonou (Africa)

Titolo: Il vostro popolo ha bisogno di essere liberato dalle antiche paure e di sentirsi dire che è amato da Dio

Cari fratelli nell'episcopato,


1. Al termine della mia prima giornata sul suolo del Benin, mi è particolarmente gradito avere questo incontro fraterno con voi, pastori delle comunità diocesane del paese, e ringrazio cordialmente Monsignor Lucien Monsi-Agboka, Vescovo d'Abomey e Presidente della Conferenza Episcopale, per quanto mi ha amabilmente espresso a vostro nome. "La nuova evangelizzazione": questo è il tema generale che avete scelto per la visita del Papa in Benin. E' dunque a questo argomento di attualità che si riferiscono le mie proposte, che si iscrivono nella linea dell'enciclica Redemptoris missio: "Come il Signore risorto conferi al collegio apostolico con a capo Pietro il mandato della missione universale, così questa responsabilità incombe innanzitutto sul collegio dei vescovi" (RMi 63).


2. Sulla funzione dei vescovi, sia in quanto collegio che come pastori che conducono personalmente le differenti diocesi, il Concilio Vaticano II si esprime così: "Tra i principali doveri dei vescovi, eccelle la predicazione del Vangelo" (LG 25). Oggi più che mai, il mondo ha bisogno della predicazione della Buona Novella. Essa vuole portare il Vangelo non soltanto nelle aree geografiche dove non è ancora giunto ma anche e soprattutto in tutti gli ambienti della famiglia umana, che esso è destinato a vivificare dall'interno. Lo scopo dell'evangelizzazione è dunque, con l'accoglienza della fede, il cambiamento interiore, la conversione della coscienza personale e collettiva degli uomini.


3. Dopo le iniziative dei primi missionari e dei loro successori, la Chiesa in Benin è cresciuta con l'aiuto dei suoi stessi abitanti. Essa ha ormai i suoi sacerdoti, i suoi vescovi e anche un Cardinale, a cui è stata affidata a Roma la responsabilità di un dicastero di grande importanza e del quale apprezzo la collaborazione.

Le vocazioni sacerdotali che maturano sono una testimonianza della vitalità delle comunità cristiane. Il grande seminario Saint-Gall, di cui la Chiesa in Benin può essere fiera, ha dato a numerose diocesi dell'Africa dell'Ovest generazioni di sacerdoti con una profonda vita spirituale e animati da un grande zelo missionario. Lasciatemi esprimere, a nome della Chiesa, la mia gratitudine per il lavoro compiuto a Ouidah, in questo centro di preparazione alla vita sacerdotale. Auspico che, grazie ad una collaborazione sempre più fruttuosa tra i vescovi e il corpo insegnante, sia fornita una formazione di qualità ai seminaristi e che si continui a dare prova di prudenza per la chiamata agli Ordini: certamente, la Chiesa si augura di avere sacerdoti in gran numero, ma non a qualunque prezzo, perché soltanto sacerdoti secondo il cuore di Cristo possono rispondere alle immense necessità della messe. In Benin, come in altri paesi africani, i laici impegnati e i valorosi catechisti sono al fianco dei pastori per dare alle comunità cristiane fondamenti sempre più solidi. Continuate, cari fratelli, a fare prendere più viva coscienza ai fedeli laici del loro posto e della loro missione nella Chiesa; sviluppate in essi il senso della corresponsabilità nell'opera mai finita dell'evangelizzazione.


4. Nel corso degli anni difficili che il vostro paese ha conosciuto, non avete rinunciato a portare la luce del Vangelo al vostro Popolo. Nel 1989, lo avete invitato alla conversione con un documento che, a detta di molti, ha profondamente segnato la vita nazionale; l'avete incoraggiato a partecipare alla ricostruzione del paese; e, un anno fa, l'avete aiutato a riflettere sulle esigenze della democrazia. Spero che continuiate pazientemente e instancabilmente la vostra opera di buoni samaritani; in effetti, il lungo periodo di un regime fortunatamente oggi scomparso ha fortemente provato i vostri connazionali e indebolito la loro capacità di reazione: l'uomo ferito deve ritrovare tutte le risorse della sua umanità. Gli abitanti del Benin hanno bisogno della vostra presenza comprensiva e della vostra sollecitudine pastorale. Aiutateli a riprendersi e a raccogliere le loro energie per il bene comune!


5. Sono felice del grande servizio che la gerarchia di questo paese, nella persona di Monsignor Isidoro de Souza, ha reso alla nazione in un momento importante e mi congratulo con voi. In generale, formulo l'augurio che colui che ha creduto di dover accettare eccezionalmente, per spirito evangelico, una missione temporanea di ordine politico ritorni senza indugi alla missione che gli è propria, la responsabilità delle anime, per la quale ha ricevuto l'ordinazione. In effetti, in questo campo, conviene che il testimone sia passato ai fedeli laici appena possibile, secondo quanto dichiara il Catechismo della Chiesa cattolica: "Non spetta ai pastori della Chiesa intervenire direttamente nell'azione politica e nell'organizzazione della vita sociale. Questo compito fa parte della vocazione dei fedeli laici, i quali operano di propria iniziativa con i loro concittadini" (CEC 2442). Possano i cattolici in Benin penetrare nella dottrina sociale della Chiesa per essere veramente luce, sale e lievito, ed essere in grado di animare con uno zelo cristiano tutte le realtà temporali!


6. L'evangelizzazione, che è al centro del ministero episcopale, passa attraverso l'inculturazione della fede. E' un tema che vi è caro ed è oggetto delle vostre riflessioni, anche in prospettiva dell'Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi per l'Africa. Il messaggio evangelico gioca un ruolo profetico e critico. Esso vuole rigenerare, passare al vaglio ciò che sarebbe ambiguo o appannato, tanto nei costumi ancestrali che nelle pratiche recentemente importate dall'estero. così potrà essere assunto tutto ciò che è buono, nobile e vero, affinché il mistero cristiano sia espresso secondo il genio africano. Quest'opera d'inculturazione richiede molto tempo, lucidità teologica, discernimento spirituale. E' stato necessario del tempo per l'Europa, la prima fuori dal Medio-Oriente a beneficiare dell'annuncio della Buona Novella attraverso gli Apostoli, perché il Vangelo vi facesse nascere una cultura cristiana. Sarà necessario del tempo all'Africa per fare lo stesso. Il Concilio Vaticano II ha offerto un triplice criterio di discernimento per l'assunzione dei valori culturali dei popoli, e cioè: la loro attitudine a contribuire alla gloria di Dio Creatore; la loro attitudine a mettere in luce la grazia del Salvatore; e infine la loro attitudine a ben ordinare la vita cristiana (AGD 22). Fondata sulla tradizione apostolica ed ecclesiastica, l'inculturazione appare come la grande sfida della Chiesa cattolica in Africa, alle soglie del terzo millennio. A partire dalla linfa cristiana, si tratta di produrre frutti autenticamente africani, in unione con le altre Chiese particolari del continente e con la Chiesa universale. Per voi, pastori in Benin, si tratta di vedere come un abitante del Benin può essere cristiano in tutto il suo essere.


7. C'è un altro aspetto della vocazione episcopale che conviene meditare: i vescovi sono, nelle loro diocesi e all'estero, artefici dell'unità cattolica. Essi fanno loro, in modo tutto particolare, la preghiera suprema di Gesù per i suoi: "Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Jn 17,11). Nel momento della consacrazione episcopale, ciascuno di noi ha ricevuto, attraverso l'imposizione delle mani, lo Spirito che ci conferisce la pienezza del sacerdozio e fa di noi i pastori del Popolo santo. E il Signore mi ha dato, in mezzo a voi, l'incarico di confermarvi in questa missione, affinché insieme assicuriamo l'unità della Chiesa, la sua fedeltà e la sua crescita: questa funzione personale del Successore di Pietro, ho la gioia di adempierla con questa visita pastorale in Benin e, una volta ancora, vi ringrazio di darmene l'occasione. "Siate i pastori del gregge di Dio che vi è affidato" (1P 5,2). Il pastore ha il compito di radunare e di guidare: è ciò che fa il vescovo.

Egli lo fa quando presiede l'Eucaristia, sacramento che edifica la Chiesa. Egli lo fa quando invia i battezzati nel mondo per essere testimoni del Vangelo. So che esiste un clima di unità e di collaborazione fraterna tra voi, e ne ringrazio Dio.

A questo riguardo, vorrei rendere omaggio al predecessore di Monsignor Lucien Monsi-Agboka nell'incarico di presidente della Conferenza episcopale: Monsignor Christophe Adimou, arcivescovo emerito di Cotonou, la cui saggezza, la serenità, il senso pastorale e la chiaroveggenza in ore difficili hanno contato molto nella buona intesa che regna oggi tra voi.


8. Cari fratelli, condividete con le vostre comunità diocesane questo tesoro di unità e questa coesione, "perché il mondo creda" (Jn 17,21). In questo modo, potrete meglio fare fronte all'assalto delle sette, che si sono moltiplicate e che danno un'idea deformata del cristianesimo. Continuate ugualmente a testimoniare la vostra unità aiutandovi l'un l'altro: le diocesi del Nord hanno bisogno delle diocesi del Sud. In alcune regioni, il Benin è ancora allo stadio della pre-evangelizzazione e voi risentite della mancanza di operatori pastorali. So che alcuni sacerdoti del Sud si dedicano al Nord: mi rallegro con voi per queste iniziative generose e disinteressate. Inoltre, come alcuni tra voi ne hanno fatto esperienza, il lavoro pastorale si arricchisce e porta più frutti quando apre risolutamente all'universale la porzione di Chiesa di cui si è ricevuta la responsabilità.


9. Nella vostra missione, avete la gioia di essere assistiti da religiosi e religiose, attivi e contemplativi. Le loro vite di persone consacrate li dispongono a essere ugualmente, nella vostra scia, artefici di unità, che lottano per spezzare le barriere tra gli uomini. Auguro che in Benin, come altrove in Africa, si sviluppino tra le persone consacrate e i pastori una comprensione cordiale e una stima reciproca. A questo fine, sarebbe utile presentare ai seminaristi un'informazione seria sulla vita religiosa. Spero ugualmente che le strutture di collegamento già esistenti tra vescovi e superiori religiosi siano rivitalizzate per una comprensione sempre più grande e una collaborazione più attiva nella pastorale d'insieme. Abbiate a cuore di considerare come vostro compito pastorale una promozione illuminata della vita religiosa: la sua presenza è al tempo stesso un segno che l'evangelizzazione attecchisce nella Chiesa particolare e una garanzia di approfondimento della fede per i membri della comunità diocesana. In pratica, piuttosto che moltiplicare le fondazioni, contribuite al consolidamento di quelle che già esistono. Aiutate le persone consacrate a rimanere fedeli al carisma del loro fondatore e ai loro voti, affinché esse diano l'esempio del dono totale al Signore. Le giovani generazioni hanno bisogno di avere sotto gli occhi, per plasmare la loro vita, modelli di impegno definitivo, come risposta al Dio d'amore che ha stabilito con gli uomini un'alleanza nuova ed eterna.


10. Attenta a un evidente "segno dei tempi", la Chiesa considera che il dialogo entra naturalmente nel suo programma d'azione. "Il dialogo interreligioso fa parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. Inteso come metodo e come mezzo per una conoscenza ed un arricchimento reciproci, non è in contrapposizione con la missione ad gentes, anzi ha speciali legami con essa e ne è un'espressione" (RMi 55). Nella convinzione che la carità di Cristo può superare tutti gli ostacoli (Rm 12,21), continuate a sviluppare con i credenti di altre religioni un'atmosfera che permetta di preservare per tutti le condizioni di un'adesione alla fede data in piena libertà. Incoraggiate la conoscenza e il rispetto reciproci, in una ricerca comune della crescita della persona umana, che non può essere raggiunta senza determinazione per evitare ogni violenza psicologica, morale o fisica. Su questo punto, che vi riguarda in modo particolare in Benin, permettetemi di invitarvi a meditare ciò che è stato detto nel corso del mio incontro del 19 agosto 1985 con la gioventù musulmana a Casablanca, come pure il documento "Dialogo e annuncio" pubblicato nel maggio 1991 dal Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso e la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.


11. Sull'esempio del Salvatore, pieno di misericordia e di compassione per i suoi fratelli, abbiate per tutti, e soprattutto per i giovani, una parola di speranza.

Il vostro popolo, lo riconoscete, ha bisogno di essere liberato dalle antiche paure: paura degli antenati ai quali si sarebbe stati infedeli, paura degli stregoni, paura dei "gris-gris", egli ha bisogno di sentirsi dire che è amato da Dio, che è liberato da Cristo dai mali che affliggono l'umanità e che ha talenti particolari da sviluppare, a vantaggio dell'Africa e del resto del mondo. "La virtù della speranza risponde all'aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al Regno dei cieli: salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono: dilata il cuore nell'attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità" (CEC 1818). Ridate speranza al vostro popolo e ravvivate la sua fede nell'avvenire. Come scrivete nella vostra lettera pastorale del febbraio 1992, consolidate ciò che è stato "seminato nella fatica e nelle lacrime, con il sostegno di Dio". Il vostro paese conta un gran numero di donne e uomini coraggiosi, dediti al bene comune, che vivono di fede, "che lavorano come se tutto dipendesse da loro e che pregano come se tutto dipendesse da Dio". Con tutto il cuore, rinnovo loro la mia Benedizione apostolica; e voi stessi, pastori di questo caro Popolo di Dio, affido alla sollecitudine materna di Notre-Dame e vi benedico ugualmente con grande affetto fraterno.

Data: 1993-02-03 Data estesa: Mercoledi 3 Febbraio 1993

Discorso con i rappresentanti della comunità musulmana nel Centro per l'Alfabetizzazione - Parakou (Africa)

Titolo: Il rispetto della libertà di coscienza e di culto condizione essenziale per la vita comune della Nazione

Signori Dignitari, Rappresentanti delle Comunità musulmane del Benin,


1. Sono felice di incontrarvi nel corso della mia seconda visita in Benin. Rendo grazie a Dio che spesso mi ha dato l'opportunità, durante i miei viaggi apostolici, di incontrare i capi religiosi musulmani e i credenti dell'Islam.

Nessuno si sorprenderà se dei fratelli, che credono in un unico Dio, desiderano conoscersi meglio e scambiarsi le loro esperienze. Vi ringrazio per le nobili parole che mi avete ora rivolto. Diversi punti in comune tra musulmani e cristiani sono legati alla pietà verso Dio, come il ruolo importante attribuito alla preghiera, la considerazione per la morale, il senso della dignità della persona umana aperta alla trascendenza. Noi riconosciamo in questo alcune delle fonti dei diritti umani essenziali. Capite quindi perché il Papa, in quanto Capo e Pastore della Chiesa, nel visitare la comunità cattolica del Benin, non poteva fare a meno di incontrare i rappresentanti delle comunità musulmane.


2. In Benin, Cristiani e Musulmani vivono da lungo tempo fianco a fianco. Non posso fare altro che incoraggiare gli sforzi che gli uni e gli altri fanno per progredire nella conoscenza e nel rispetto reciproco. Il vostro paese ha conosciuto dei periodi di gloria e dei momenti di gravi difficoltà. E' giunto il momento in cui tutti gli abitanti del Bènin, senza distinzione di tribù o di religione, sono chiamati ad unire i loro sforzi per ricostruirlo. Lo sviluppo del Benin, al quale devono partecipare Musulmani, Cristiani e membri della Religione tradizionale, dovrebbe andare a beneficio di tutti gli strati della popolazione, al riparo da tutte le forme di violenza morale, fisica o psicologica.


3. Questa ricostruzione del Benin deve partire dalla base, dalla famiglia. Sono sicuro che siete consapevoli dell'importanza dei valori familiari, oggi spesso minacciati, e che desiderate collaborare con i cristiani per salvaguardare e rinforzare questi valori. In quest'ottica, l'educazione della gioventù rimarrà sempre una priorità.

Nel corso del mio incontro con i giovani musulmani a Casablanca, nell'agosto 1985, dicevo che "solo lavorando insieme si può essere efficaci. Il lavoro inteso nel modo giusto è un servizio verso gli altri.

Esso crea dei vincoli di solidarietà" (19 agosto 1985, n. 6). Bisogna che gli adulti diano fiducia ai giovani e li aiutino ad assumersi pienamente le loro responsabilità ma, al tempo stesso, bisogna che i giovani siano pronti a collaborare con gli adulti. Infatti, non si può scolpire una nuova maschera senza rifarsi all'antico. Preparate dunque i giovani a capire la loro epoca, a dialogare con i loro anziani e con gli altri giovani per il bene di questo paese e per la sua unità. Nel compito fondamentale della formazione della coscienza, la famiglia svolge un ruolo di primo piano. I genitori hanno l'importante dovere di aiutare i loro figli, sin dalla più tenera età, a cercare la verità e a vivere secondo la verità, a desiderare il bene e a promuoverlo. Li prepareranno così a praticare il rispetto della libertà di coscienza e di culto, condizione essenziale per la vita comune della nazione.


4. Permettetemi di evocare a mia volta un altro campo nel quale Cristiani e Musulmani possono lavorare mano nella mano: si tratta della ricerca della pace. In quanto "La via di coloro che credono in Dio e desiderano servirLo non è quella della dominazione. E' la via della pace: la pace dell'unione col nostro Creatore, che trova la sua espressione nel compimento della Sua volontà; la pace all'interno dell'universo creato, utilizzando le sue ricchezze saggiamente e a beneficio di tutti; la pace in seno alla famiglia umana, operando insieme per creare forti legami di giustizia, di fraternità e di armonia nelle nostre società; la pace nel cuore degli individui" (Messaggio per il Ramadan 17 aprile 1991, n. 5). Quanti paesi, in Europa come in Africa e in molte altre regioni del mondo, hanno sete e fame di questa pace, senza la quale lo sviluppo di un popolo diviene impossibile! Ho sottolineato, l'anno scorso, la necessità della preghiera dei credenti per l'avvento della pace. Infatti, una preghiera intensa e umile, fiduciosa e perseverante è necessaria se si vuole che il mondo diventi finalmente una dimora di pace. La preghiera "mentre apre all'incontro con l'Altissimo, dispone anche all'incontro col nostro prossimo, aiutando a stabilire con tutti, senza alcuna discriminazione, rapporti di rispetto, di comprensione, di stima e di amore" (Messaggio per la Giornata mondiale della Pace, 1 gennaio 1992, n. 4).


5. Desidero inoltre insistere su quest'altra condizione della Pace: l'eliminazione della povertà, come è stata trattata quest'anno nel mio messaggio per la Giornata della Pace. Soprattutto quando diviene miseria, la povertà costituisce una minaccia contro la pace. Il Concilio Vaticano II, che ci ispira e ci guida oggi, affermava: "Tale pace non si può ottenere sulla terra se non è tutelato il bene delle persone... La ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli e la loro dignità, e l'assidua pratica della fratellanza umana sono assolutamente necessarie per la costruzione della pace" (GS 78).

Lo sappiamo bene, questo rispetto per gli altri e questa fratellanza attiva cominciano dall'eliminazione della povertà: gli sforzi che Musulmani e Cristiani compiono a tale scopo nel vostro paese sono molto apprezzabili. Vi invito dunque a pregare perché il beneficio della pace sia concesso al vostro paese, al continente africano e al mondo intero.

Concludendo, vorrei assicurarvi la mia preghiera, per voi, per le vostre famiglie e per il vostro paese. Che Dio vi conceda in abbondanza la sua benedizione!

Data: 1993-02-04 Data estesa: Giovedi 4 Febbraio 1993

Omelia nella celebrazione della Santa Messa nello stadio comunale - Parakou (Africa)

Titolo: Il primo passo verso l'unità è l'accoglienza del Messaggio e la conversione del cuore




1. "Perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,23). Con queste parole, Cristo ha pregato il Padre, in un'ora dolorosa della sua vita terrena, prima di essere offerto in sacrificio per il genere umano. Nella sua preghiera sacerdotale, egli ha ferventemente chiesto che l'unità dei suoi discepoli con lui e con il Padre porti gli uomini a credere, e a comprendere che sono amati da Dio. Cari fratelli e sorelle, sono felicissimo, nel secondo giorno della mia visita nel Benin, di essere arrivato da voi. Vi esprimo tutta la mia gioia di incontrarvi sulla vostra stessa terra e di celebrare con voi la messa dell'unità in questa città di Parakou, nel Benin settentrionale.

Saluto con tutto il mio cuore il vostro Vescovo, Monsignor Nestor Assogba, e lo ringrazio vivamente per le parole di benvenuto che mi ha rivolto.

Saluto il mio più vicino collaboratore del Benin a Roma, il Cardinal Bernardin Gantin, come anche i Cardinali e i Vescovi qui presenti. Rivolgo i miei saluti amichevoli ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai catechisti e a tutti i fedeli delle diocesi di Parakou e di Natitingou. Ed esprimo tutta la mia affettuosa simpatia ai fedeli del Togo, venuti da Sokodé, con l'Amministratore diocesano, e da Dapango. Alle Autorità che hanno voluto partecipare a questa cerimonia liturgica, presento i miei deferenti saluti e li ringrazio della loro presenza. Saluto anche cordialmente le persone che appartengono ad altre famiglie spirituali e che, in segno di amicizia, prendono parte a questa festa dei cattolici della regione. Fratelli e sorelle, la magnifica assemblea che voi costituite in questo momento intorno all'altare è un'immagine dell'unità che Nostro Signore Gesù Cristo desidera stabilire con gli uomini. Il Vangelo non ci dice forse che egli ha versato il suo sangue sulla Croce "per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi"? (Jn 11,52) Apriamo dunque i nostri cuori al messaggio che Dio ci manda nel corso di questa celebrazione eucaristica, al fine di costruire insieme nel modo migliore una famiglia unita sotto lo sguardo di Dio! Esistono dei progetti la cui realizzazione non sembra alla portata dell'uomo: l'unità è uno di questi, ma il profeta Ezechiele ci fornisce la straordinaria certezza che nelle mani onnipotenti di Dio, ciò che è separato può essere unito: "diventeranno una cosa sola in mano mia" (Ez 37,19).


2. Abbiamo udito San Paolo parlare dei gruppi che ostacolavano l'unità dei cristiani di Corinto. Secondo l'Apostolo, i membri della comunità sono divisi, poiché non hanno compreso la vera sapienza di Cristo, che è stata data loro: "perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza" (1Co 1,5). Infatti, il primo passo verso l'unità è l'accoglienza del messaggio di Cristo con la necessaria conversione del cuore che essa comporta. Ecco perché mi rallegro che le popolazioni del Benin settentrionale conoscano sempre di più il Signore Gesù, "la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6) e che esse aprano il loro cuore alla Buona Novella.

Cari fratelli e sorelle, vi esorto a proseguire in questa direzione, a sviluppare tutte le energie del vostro battesimo, sotto la guida dei vostri Pastori. Nel prolungamento della festa della Presentazione del Signore, che abbiamo celebrato l'altro ieri, vi auguro di accogliere sempre più Cristo come la vera luce delle nazioni, come il messaggero che ci rivela l'Alleanza eterna d'amore stabilita tra Dio e il suo popolo. Sull'esempio di Simeone e di Anna, continuate ad andare anche voi incontro al Signore, per poi diffondere intorno a voi la luce di Dio. Nella suprema preghiera che Gesù rivolge al Padre per i suoi, dichiara: "Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3), e, più avanti, aggiunge: "Io ho dato a loro la tua parola" (Jn 17,14). Spetta a noi, adesso, accogliere questa parola, sorgente di vita e fonte di gioia: "dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia" (Jn 17,13).


3. Ai giovani che mi ascoltano e che vogliono dare un senso alla loro vita, io dico: ascoltate le parole di Gesù. Troverete nel Vangelo delle regole di vita per realizzare la vostra personalità appoggiandovi a convinzioni solide e illuminanti: la convinzione che Gesù fissa il suo sguardo su di voi e vi ama; la convinzione che avete ricevuto da Dio dei talenti da far fruttare e che avete un vostro ruolo da svolgere nell'edificazione della Chiesa nel Benin e nello sviluppo della società di questo Paese. Meditando sui gesti e sulle parole di Cristo, voi imparerete a crescere nella fede, ovvero a illuminare il vostro pensiero attraverso il pensiero di Cristo; imparerete a crescere nella speranza, ovvero ad accordare la vostra volontà con la volontà di Cristo e a cercare ciò che egli ha preparato per voi; imparerete a crescere nella carità, ovvero ad amare come Cristo ama, di un amore che sgorga dall'amore sparso nei vostri cuori nel battesimo tramite lo Spirito Santo, di un amore interiorizzato. Cari giovani, mi auguro che mettendovi all'ascolto di Cristo voi impariate a diventare degli uomini e delle donne responsabili. Infatti, non si potrebbe forse affermare che l'ambiente sociale africano tenda talvolta a dissolvere le responsabilità individuali in una mentalità di gruppo? Per un maggiore progresso, è necessario che si sviluppi un'autentica coscienza personale. Affinché nasca il senso del dovere, bisogna che ognuno, a livello individuale, sia in grado di rispondere delle sue azioni e sappia chiaramente quello che bisogna o non bisogna fare. Sull'esempio di Cristo, che ha voluto essere riconosciuto come il figlio del falegname, amate lo sforzo e il lavoro. Lottate contro il parassitismo di cui la società africana è spesso vittima oggi. Assumetevi le vostre responsabilità con fiducia e coraggio.

Infine, non abbiate paura. Sappiate che, grazie alla vostra fede cristiana, appartenete ad un popolo vittorioso: "E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?" (1Jn 5,5). La paura è un sentimento che paralizza, che riduce la capacità d'iniziativa e che impedisce di diventare responsabili. Per dominare questa paura, bisogna che si instauri un clima di libertà in cui ognuno possa realizzarsi ed esprimere tutta la sua creatività.

Ebbene, per l'appunto, Cristo è venuto per liberarci. Ancora una volta, aprite i vostri cuori al suo messaggio al fine di diventare degli uomini liberi!


4. Dio vuole la salvezza di tutti gli uomini. In modo misterioso ma reale, egli è presente in tutti. L'umanità forma una sola famiglia, poiché tutti gli esseri umani sono stati creati da Dio a sua immagine. Tutti hanno un destino comune, dal momento che sono chiamati a trovare in Dio la pienezza della vita. Vi è dunque tra gli uomini, nonostante le differenze di credo, un mistero di unità, di cui i cristiani sono ben consapevoli.

Affinché si realizzi pienamente il mistero di unità e affinché veda la luce la "perfetta armonia di pensiero e di sentimenti" di cui parla San Paolo, i cristiani devono entrare con tutti nel dialogo di salvezza che Dio offre al mondo nel corso dei secoli e che la Chiesa persegue, fedele all'iniziativa divina.

Per voi che mi ascoltate, il dialogo che dovete cercare è quello della vita quotidiana, in cui ognuno si sforza di coltivare uno spirito di buon vicinato condividendo le gioie e i dolori, i problemi e le preoccupazioni comuni. Questo dialogo è fondamentale: esso richiede un atteggiamento equilibrato, delle convinzioni religiose profonde ed un'apertura alla verità.


5. In questo stesso spirito di ricerca di unità e di dialogo, vorrei salutare in modo particolare i monaci e le monache della diocesi di Parakou. Attraverso la loro vita comune, portata avanti ogni giorno con perseveranza tra le mura del monastero e in compagnia di fratelli o di sorelle venuti da orizzonti diversi, essi offrono un esempio di unità e di dialogo. La vita monastica costituisce una grande forza spirituale per una Chiesa particolare. A quanti cercano di sviluppare pienamente i doni del loro battesimo, essa offre i mezzi per promuovere un'autentica vita spirituale e per diffondere il Vangelo testimoniando l'assoluto, la grandezza e l'attrazione di Dio. Conosco la vitalità delle comunità monastiche di questa diocesi di cui una si è già estesa oltre il Benin e le esorto a diventare sempre più delle scuole in cui si apprenda il servizio del Signore. In vista dell'Assemblea speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa, esorto le comunità monastiche a dare il loro contributo, in particolare nel campo dell'inculturazione. Infatti, i monasteri possono essere dei centri di inculturazione nel senso che la vita comune tra persone con patrimoni culturali diversi obbliga a dare la priorità ai valori essenziali e autentici, per approfondire l'unità di tutti.


6. Cristo, per esprimere l'unità dei cristiani con lui e per farla crescere, ha lasciato alla sua Chiesa il sacramento dell'Eucaristia:"il nostro salvatore nell'ultima cena, la notte in cui veniva tradito, istitui il sacrificio eucaristico del suo corpo e del suo sangue, col quale perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e per affidare così alla diletta sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l'anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura". Vi ho appena citato alcune importanti parole del Concilio Vaticano II (SC 47). L'Eucaristia fa la Chiesa. Essa unisce i fedeli a Cristo e Cristo unisce tutti i fedeli nel suo Corpo. Nel battesimo, siamo stati chiamati a non costituire che un solo corpo. Nell'Eucaristia, l'incorporazione in Cristo si rinnova e si approfondisce: "Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane" (1Co 10,16-17). Fratelli e sorelle, sono particolarmente lieto di celebrare con voi questo grande mistero dell'Eucaristia, come amo fare in ognuna delle mie visite pastorali. Al momento della consacrazione, con i concelebranti pronuncero di nuovo le parole di Cristo circa il pane: "Questo è il mio corpo". Che noi possiamo partecipare a questa messa, come a ogni messa, in una comunione con Cristo e con i nostri fratelli tale che il Signore possa guardare la nostra assemblea ecclesiale e dire: "Questo è il mio corpo", poiché la Chiesa è il corpo mistico di Cristo!


7. Chiediamo insieme a Cristo di benedire le iniziative di Evangelizzazione nella diocesi di Parakou e in tutto il Benin del nord. Chiediamogli di assistere sacerdoti, religiosi, religiose, catechisti e fedeli laici affinché siano degli evangelizzatori dinamici ed efficaci. Chiediamogli di mandare il suo Spirito d'unità su tutte le comunità ecclesiali "perché il mondo creda" (Jn 17,21).

Chiedamogli infine, con l'intercessione della Vergine Maria, di far risplendere nel cuore di tutti gli abitanti del Benin, la "luce che si rivela alle nazioni" affinché, conoscendo Cristo in maniera sempre più approfondita, essi sappiano che tutti loro sono amati da Dio: "Perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me" (Jn 17,23).

La Provvidenza sia con voi! Ringraziamo Dio! Ringraziamo Maria!

Data: 1993-02-04 Data estesa: Giovedi 4 Febbraio 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Ai togolesi - Cotonou (Africa)