GPII 1993 Insegnamenti - Discorso al Corpo Diplomatico - Kampala (Africa)

Discorso al Corpo Diplomatico - Kampala (Africa)

Titolo: I doveri della famiglia delle Nazioni per la seconda nascita della libertà in Africa

Eccellenze, Signore e Signori,


1. Sono molto lieto di incontrare gli Ambasciatori e il personale delle missioni diplomatiche e delle organizzazioni internazionali in Uganda. Incontri di questo tipo sono divenuti una consuetudine nei miei viaggi nelle numerose nazioni che ho visitato durante gli anni del mio Pontificato, sono lieto che mi siano state offerte queste opportunità di condividere alcune sollecitudini della Santa Sede con uomini e donne impegnati, quali siete, nel promuovere la comprensione e la collaborazione fra i popoli del mondo. Sono grato al vostro Decano, Ambasciatore del Ruanda Kanyarushoke, per le sue gentili osservazioni, e gli assicuro i miei più fervidi auguri per una pace stabile nel suo Paese. I miei viaggi, come Successore di San Pietro e Capo della Chiesa Cattolica, hanno principalmente uno scopo pastorale. Questo incontro con voi oggi non si allontana da tale proposito.

Vengo da voi come un amico, un amico che desidera incoraggiarvi nei vostri difficili compiti. Vengo come un amico dell'Africa, in solidarietà con gli uomini e le donne di questo continente in quest'epoca di cambiamenti, quando stanno emergendo nuove possibilità per lo sviluppo umano, ma anche quando nuove minacce per la pace si profilano all'orizzonte. Essi, come tutti i popoli, desiderano la pace e una vita degna per se stessi e per i loro figli. Ma l'Africa oggi presenta gravi sfide a tutti coloro che in qualche modo dirigono il corso degli eventi mondiali. Bisogna affrontare queste sfide se la comunità internazionale desidera progredire realmente nella creazione di un mondo più giusto e umano, basato sul saldo fondamento del rispetto per la dignità umana e per i diritti dell'uomo. Mi riferisco in particolare alla necessità di porre fine ai conflitti armati, di fornire cibo alle vittime della carestia, e di prendersi cura della moltitudine di rifugiati.


2. Ognuno di questi problemi è fonte di profonda preoccupazione. Ma essi possono essere giustamente considerati insieme, poiché ognuno di essi è al tempo stesso causa ed effetto degli altri. In Africa, la fame è raramente soltanto il risultato di condizioni climatiche naturali. Essa è spesso il risultato della disgregazione sociale causata dal conflitto. E tra le vittime della guerra e della carestia vi sono coloro che sono costretti ad abbandonare le proprie case e a cercare rifugio altrove. Il risultato globale è stato il dislocamento di massa di uomini, donne e bambini in tutta l'Africa durante questi ultimi anni del XX secolo: le statistiche comunemente citate parlano di cifre di sei milioni di rifugiati e di altri sedici milioni di persone dislocate all'interno delle loro nazioni. Le sofferenze di questi milioni di persone portano più guerre, più carestie, più rifugiati, più sofferenze e morte. Si potrebbero citare vari esempi. In particolare il mio pensiero si rivolge alla prossima tappa del mio pellegrinaggio, che mi porterà in Sudan. Le condizioni non permettono una Visita Pastorale completa alla comunità cattolica di quel Paese. Ciononostante nel visitare la Capitale desidero levare la mia voce a favore della pace e della giustizia per tutto il popolo sudanese, e portare conforto ai miei fratelli e alle mie sorelle nella fede, molti dei quali sono colpiti dalla guerra in atto nel Sud. Questo conflitto è in ampia misura il risultato del desiderio di identità nazionale in un Paese in cui vi sono grandi differenze tra il Nord e il Sud - differenze razziali, culturali, linguistiche e religiose che non possono essere ignorate e che devono essere prese in considerazione. Solo un dialogo sincero, aperto alle leggittime esigenze di tutte le parti in causa, può creare un contesto di autentica giustizia in cui tutti possano lavorare insieme per il bene reale del loro Paese e del suo popolo. Prego perché la mia visita in qualche modo possa contribuire a questo dialogo.


3. Coloro che sono impegnati per il benessere dell'Africa, sia in qualità di responsabili nazionali che di direttori degli Affari Internazionali, non dovrebbero risparmiare alcuno sforzo per garantire un immediato sollievo alle vittime della guerra, della carestia, e del trasferimento forzato. Tutti devono operare per evitare che questi mali si diffondano e per porvi fine. In linea di principio quasi tutti concordano sul fatto che la violenza deve cedere il passo al dialogo, il cibo non deve mai venire usato come un'arma, e la non ostacolata distribuzione dell'aiuto umanitario deve essere riconosciuta come un diritto di tutti coloro che soffrono. Ma il passaggio dalle dichiarazioni di principio e di buona volontà ai fatti concreti è spesso arduo. E' qui che mi rivolgo a voi, stimati amici, perché facciate tutto ciò che potete per rendere ancor più efficace la solidarietà. Dinnanzi ai gravi travagli che affliggono questo Continente, coloro che amano l'Africa, siano essi stessi africani o autentici amici dell'Africa, meritano tutto il nostro incoraggiamento e tutta la nostra gratitudine. Al tempo stesso dovremmo apprezzare tutto ciò che è stato fatto per offrire assistenza a così tante popolazioni bisognose. Un particolare apprezzamento va alle famiglie e ai villaggi, alle comunità di credenti, alle regioni e alle nazioni in Africa che hanno tanto generosamente offerto ospitalità a coloro che sono stati spogliati di tutto, pagando essi stessi un alto prezzo. In particolare rendo un devoto omaggio ai missionari e al personale delle Organizzazioni di Soccorso Internazionali, che lavorano eroicamente al servizio delle loro sorelle e dei loro fratelli meno fortunati. E chi può misurare i meriti di così tanti uomini e donne generosi impegnati nell'assistenza sanitaria? Le ferite inferte ai corpi e alle menti degli africani dalla violenza, dalla fame e dal trasferimento forzato, necessiteranno di molto tempo per guarire. Tuttavia, in molti luoghi i servizi medici sono ai minimi livelli e l'allarmante diffusione dell'AIDS potrebbe facilmente far precipitare la situazione. A questo punto, bisogna fare appello ai paesi industrializzati e alle organizzazioni volontarie per venire in aiuto dei malati in Africa!


4. Ad un altro livello non mancano confortanti segni di speranza. Le iniziative che promuovono un governo più democratico, sono particolarmente gratificanti perché la maggior parte delle volte riflettono una crescita del rispetto per la dignità umana e per i diritti e i doveri che ne derivano (Cfr. CA 46). I popoli dell'Africa stanno lottando per riconquistare i positivi valori tradizionali e le strutture sociali di sostegno che sono state corrose negli ultimi anni. Essi stanno cercando nuovi modi per adattare il loro retaggio alla vita del prossimo secolo. Stiamo assistendo al ritorno di quell'ottimismo volto a costruire società sane che ha accompagnato il passaggio dal colonialismo all'indipendenza? L'Africa sta vivendo una seconda nascita della libertà? Questa è certamente la mia profonda speranza. E in questa impresa i popoli di questo Continente meritano il sostegno fraterno di tutti gli uomini e di tutte le donne di buona volontà. Quale deve essere il fondamento e il principio guida di questa vasta impresa? In primo luogo, il valore trascendente di ogni persona umana. Nella nuova Africa che sta nascendo ciò significa che non c'è posto per lo sfruttamento o per la discriminazione basati su differenze etniche o tribali. Nell'Africa del futuro non dovrebbe esserci spazio per progetti che cerchino di costruire l'unità nazionale costringendo le minoranze ad assimilare la cultura o la religione della maggioranza. Una simile "comunità" sarebbe un controsenso, non sarebbe degna di questo nome. E io, in quanto figlio del Vecchio Continente, l'Europa, devo testimoniare una convinzione confermata dall'esperienza: la falsa unità conduce soltanto alla tragedia. A questo proposito, la libertà religiosa deve essere rispettata ovunque, poiché il diritto di praticare liberamente la propria religione è di fatto la pietra angolare di tutti i diritti umani (Cfr. Messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace del 1988, Introduzione).

Nell'Africa che auspichiamo vedere, le nazioni e i gruppi etnici costruiranno ponti di rispetto reciproco, non muri di sospetto e paura; la dignità di nessun bambino verrà negata perché lui o lei appartengono a un determinato gruppo etnico, poiché tutti i bambini verranno rispettati in quanto membri della famiglia umana. Questa è l'Africa per cui preghiamo, un'Africa di africani che lavorano insieme, solidali l'uno con l'altro, per costruire un futuro migliore.


5. Ma chi deve risolvere i problemi dell'Africa? Non c'è dubbio che i popoli stessi dell'Africa debbano assumersi la responsabilità di costruire il proprio futuro. Vi è la crescente convinzione che i problemi africani debbano avere soluzioni africane. Come potrebbe essere altrimenti? Potrebbero accettare di nuovo di assoggettarsi a subdole forme di colonialismo economico e politico che, sebbene non de iure, sarebbero tuttavia reali? No, l'Africa non potrebbe mai accettare un nuovo colonialismo. Le sue nazioni sono indipendenti, e devono rimanere tali. Ciò non significa che l'aiuto di altri membri della famiglia delle nazioni non è necessario e auspicabile. Al contrario, l'aiuto è necessario ora più che mai. Ma per essere veramente efficace, non deve riflettere un rapporto di soggezione, ma di interdipendenza. In questo contesto, il problema irrisolto del debito estero dei paesi più poveri dell'Africa e di tutto il mondo in via di sviluppo merita una particolare attenzione. Come ho scritto altrove: "Non si può pretendere che i debiti contratti siano pagati con insopportabili sacrifici" (CA 35). Ugualmente importante è l'assistenza a lungo termine. Tale aiuto deve mirare ad aiutare i popoli dell'Africa ad affrontare, da soli, le cause più profonde del loro sottosviluppo. Questa è la vera solidarietà: quando un popolo condivide con un altro la conoscenza che permette al secondo di divenire socio alla pari nel compito di produrre le risorse materiali e culturali che permettono adeguati livelli di vita. E a questo proposito, l'alto tasso di analfabetismo costituisce una preoccupazione particolare, poiché i dati evidenziano chiaramente una carenza di preparazione che è assolutamente fondamentale per vivere un'esistenza pienamente umana. L'aspirazione di milioni di esseri umani è stata ben descritta dal Concilio Vaticano II: "I singoli e i gruppi organizzati anelano a una vita interamente libera, degna dell'uomo, che metta al proprio servizio tutto quanto il mondo oggi può offrire loro così abbondantemente" (GS 9).


6. Signore e Signori: nella nostra epoca, lo sviluppo dei mezzi di comunicazione sociale e il progresso verso un'economia mondiale hanno portato a un notevole livello la reciproca dipendenza fra le nazioni. Oggi quindi il servizio offerto dai diplomatici e dagli uomini di Stato deve guardare oltre i confini dei propri interessi nazionali. Un prioritario scopo della diplomazia è quello di operare per il raggiungimento di un ordine sociale che sia giusto e che porti pace e prosperità a tutti i popoli della terra.

E' chiaro più che mai che il bene di ogni società individuale esiste come parte del bene comune dell'intera comunità internazionale (Cfr. PT 130). Voi, quindi, siete realmente servitori della causa della giustizia, della pace e dello sviluppo universali. Questo nobile obiettivo è la ragione della costante partecipazione della Santa Sede alla diplomazia internazionale e dell'aiuto che essa offre a tutti gli sforzi che promuovono la causa della pace. Uomini e donne di buona volontà hanno i diritti di non aspettarsi di meno da coloro che affermano che il loro Signore è il Principe della Pace. E' mia fervida speranza che Dio Onnipotente, la cui Provvidenza guida il destino delle nazioni, vi sostenga nella vostra opera di artefici di pace. Prego in particolar modo perché rafforzi voi e tutti coloro che esercitano il potere negli affari pubblici affinché lavoriate instancabilmente per il bene di tutti i popoli di questo Continente.

Che il Dio della pace vegli su di voi e sulle vostre famiglie e benedica abbondantemente le nazioni che rappresentate. Che Egli protegga i popoli dell'Africa, specialmente i cittadini dell'Uganda, nostri gentili ospiti e cari amici.

Data: 1993-02-08 Data estesa: Lunedi 8 Febbraio 1993

Omelia durante la celebrazione eucaristica negli Sports Grounds - Soroti (Africa)

Titolo: Evangelizzare significa anche ascoltare le grida di chi vuole essere liberato dalle nuove schiavitù

Che cosa dobbiamo fare?" (Lc 3,10) Ikaitotoi angakaitotoi alotooma Kristo (Cari fratelli e sorelle in Cristo,)


1. Le folle andarono da Giovanni il Battista sulle rive del fiume Giordano. Lo ascoltarono predicare. Presero a cuore le sue parole. Risposero quindi chiedendo: "Che cosa dobbiamo fare?" (Lc 3,10). Il Battista venne inviato da Dio nella pienezza del tempo, quando "ogni uomo vedrà la salvezza di Dio" (Lc 3,6). Egli era il messaggero di Dio, un Profeta. L'ultimo e il più grande dei Profeti. Era la voce che gridava nel deserto: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri;... fate dunque opere degne della conversione" (Lc 3,4-8). Il suo messaggio è stato il sempre valido e sempre urgente messaggio di conversione che Dio ha rivolto alla famiglia umana fin dall'inizio, dal primo momento di ribellione, attraverso tutte le pagine della storia della salvezza. Dio ripetutamente ha chiamato l'uomo peccatore ad opere di conversione e penitenza, proprio come ha fatto attraverso Isaia, che ci parla nella liturgia di oggi: "Sciogliete le catene inique...dividete il pane con l'affamato e introducete in casa i miseri senza tetto;... vestite chi è nudo, senza distogliere gli occhi dalla vostra gente" (Is 58,6-7). In ogni età questo dialogo tra Dio e l'umanità bisognosa continua. così, dai Profeti fino a Giovanni il Battista, l'appello è sempre lo stesso: una chiamata alla penitenza e alla conversione. Qui oggi, nell'Uganda orientale, tutto il popolo di Dio è sfidato ad accogliere la chiamata di Dio a cambiare, ad aspirare ad una vita cristiana migliore e più alta: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!" (Lc 3,4).


2. Cari fratelli e sorelle, rendo grazie di tutto cuore a Dio che mi ha concesso di visitarvi e di compiere il ministero del Successore di Pietro in questa parte del vostro Paese. Saluto il Vescovo di Soroti Erasmus Wandera e gli altri Vescovi delle Diocesi orientali: il Vescovo di Kotido Denis Kiwanuka, il Vescovo di Moroto Henry Ssentongo e il Vescovo di Tororo James Odongo. Esprimo il mio affetto per i sacerdoti: quelli che sono figli di questa terra, e i Padri di Mill Hill, i Padri Bianchi, i Padri di Verona e tutti coloro che sono venuti qui per il ministero al popolo di Dio, manifestando che la Chiesa è una comunione universale in cui siamo tutti responsabili l'uno nei confronti dell'altro. Religiosi e religiose, sia che veniate dall'estero o che siate figli e figlie delle Chiese locali di questa regione, la vostra stessa consacrazione vi pone al cuore della missione evangelizzatrice della Chiesa. Vi esprimo la gratitudine del Papa, e desidero incoraggiarvi a rendere gioiosa testimonianza nelle vostre vite e nel vostro lavoro delle eterne verità e valori del Regno di Cristo. Catechisti e membri del laicato, è con profonda gioia che celebro questa Eucaristia qui a Soroti e prego con voi per le vostre necessità e per il bene di tutto il popolo ugandese. Saluto i membri delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali cristiane che sono insieme a noi in questo evento solenne, e porgo il benvenuto ai seguaci delle altre tradizioni religiose che sono qui presenti.


3. "Che cosa dobbiamo fare?" (Lc 3,10). Questo stesso interrogativo sorge nei nostri cuori. così come nel Vecchio Testamento i Profeti hanno risposto, Giovanni il Battista ha risposto, e nel Nuovo Testamento Gesù ha risposto, così la Chiesa deve rispondere ai "vecchi" e ai "nuovi" interrogativi che l'uomo le pone. Essa deve cercare una risposta alle questioni che riguardano le differenti comunità e società a cui i popoli appartengono. Ma quando gli uomini e le donne dei nostri giorni chiedono cosa debbono fare, la Chiesa non può fare a meno di dare la risposta data da Cristo stesso: "Convertitevi e credete al Vangelo" (Mc 1,15).

Convertirsi significa non peccare più (Cfr. Jn 8,11). Significa amare il Signore nostro Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, e amare il prossimo come noi stessi (Cfr. Mt 22,38-39). Significa essere perfetti come è perfetto il nostro Padre Celeste (Cfr. Mt 5,48). Credere alla Buona Novella significa ascoltare le parole di Giovanni il Battista: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo" (Jn 1,29), e di conseguenza riporre tutta la nostra fiducia in Cristo, il Redentore che solo ha parole di vita eterna (Cfr. Jn 6,68). E' attraverso le vite rette e sante dei suoi membri, e attraverso la sua incrollabile fedeltà a Cristo, che la Chiesa cresce in mezzo a ogni popolo e in ogni parte del mondo. Un chiaro esempio è il significato dei Martiri dell'Uganda per la vita della comunità cristiana di questo Paese. Oltre cent'anni fa, il nobile Mulumba Matthias Kalemba riconobbe dinanzi a Padre Livinhac dei Padri Bianchi che egli aveva continuato a cercare una risposta all'interrogativo su cosa dovesse fare. Quando stava per morire, il suo padre adottivo, Magatto, del clan Musu, disse a Matthias che un giorno sarebbero venuti degli uomini a "insegnare la retta via". Da suo padre aveva imparato ad aver fame della luce della verità, e quando, per la Provvidenza di Dio, questa arrivo, Matthias si impadroni del prezioso dono della Buona Novella della Salvezza per non lasciarlo mai più, anche se gli sarebbe costato la vita. L'attuale generazione dei cattolici ugandesi non deve permettere che si oscuri la luce che i Martiri hanno fatto risplendere su questo Paese!


4. Quando i Vescovi dell'Uganda vennero a Roma per la loro visita ad Limina lo scorso mese di maggio, abbiamo discusso alcune importanti questioni che la Chiesa di questa parte dell'Africa sta affrontando. Quindi, in preparazione di questa visita, hanno pubblicato una Lettera Pastorale in cui hanno parlato del programma dell'azione della Chiesa per gli anni che ci conducono al nuovo Millennio, e hanno proposto che questa visita del Papa serva come riflessione sul tema: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16). Ad ogni stadio di questa breve ma intensa visita ho fatto riferimento a qualche aspetto particolare di ciò che la Chiesa in Uganda è chiamata a fare al fine di preparare un futuro più luminoso per il popolo di Dio e al fine di costruire una società più giusta e unita, più umana e pacifica (Cfr. Lettera Pastorale Fa' risplendere la tua Luce, 2). Tra le "aree di priorità" della comunità cattolica dell'Uganda, il compito fondamentale dell'evangelizzazione occupa il primo posto. L'evangelizzazione infatti è la realizzazione di ciò che Giovanni il Battista chiede nel Vangelo di oggi: "Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri... i passi tortuosi siano diritti; i luoghi impervi spianati. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio" (Lc 3,4-6) Il fatto che un numero così grande di persone non abbia ancora udito la Buona Novella, e che alcuni siano tiepidi nella loro fede, significa che tutta la comunità cristiana deve raccogliere la sfida di prendere sul serio la missione di essere apostoli per gli altri, la missione che ciascuno ha ricevuto nel Battesimo e nella Confermazione, e che viene costantemente nutrita nell'Eucaristia (Cfr. Fa' risplendere la tua Luce, n. 30).


5. La missione di evangelizzare implica che i cristiani ugandesi debbano ascoltare le grida di quanti in questo Paese e attraverso tutta l'Africa implorano di essere liberati da tante forme di schiavitù: dall'ignoranza e dall'oppressione che gravano così pesantemente sui poveri, i vecchi e quanti sono soli, gli ammalati, i rifugiati, i giovani indifesi e in particolare gli orfani di guerra e gli orfani che ha provocato l'epidemia dell'AIDS. Tutti loro hanno bisogno del vostro amore preferenziale e pratico. Tutto ciò che farete per loro lo farete a Cristo stesso (Cfr. Mt 25,34-36). I vostri Vescovi hanno anche esortato la Chiesa in Uganda a difendere coraggiosamente la vita umana e la dignità umana. I cristiani devono fare una chiara e attiva opzione per la giustizia: "Dove c'è la giustizia, la pace scorre come un fiume" (Fa' risplendere la tua Luce, n. 35). Solo superando la rivalità e l'odio, solo mettendo da parte il desiderio di vendetta, solo perdonando e riconciliandosi, i cristiani dell'Uganda renderanno testimonianza alla Luce. Migliorare i rapporti ecumenici, pregare per l'unità dei cristiani, promuovere una maggiore comprensione e cooperazione con i seguaci dell'Islam nello sviluppo umano e costruire una nuova Uganda fondata sulla giustizia e sul rispetto dei diritti umani: tutto ciò fa parte del compito che sta di fronte alla comunità cattolica alla soglia di un nuovo Millennio cristiano. Riporto questi punti della Lettera Pastorale dei vostri Vescovi al fine di confermare loro, i Pastori, nella loro scelta di priorità per il ministero pastorale degli anni a venire. Ma anche per incoraggiare tutti i cattolici ugandesi a meditare profondamente sulla domanda della lettura del Vangelo: "Che cosa dobbiamo fare?" (Lc 3,10). I vostri Vescovi hanno indicato la via da seguire. Possa tutta la comunità cattolica rispondere: come una lampada sopra il lucerniere che faccia luce a tutti quelli che sono nella casa (Cfr. Mt 5,15).


6. L'immediato futuro della vita della Chiesa su questo continente sarà profondamente influenzato dall'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa. Questo importante evento intende aiutare le Chiese particolari in Africa a trasmettere la luce del Vangelo in tutta la sua pienezza agli uomini e alle donne della prossima generazione. Lo Spirito Santo sta chiamando la Chiesa cattolica in Africa a una nuova Pentecoste, una nuova realizzazione del potere dell'amore di Dio di santificare il popolo di Dio e, attraverso la vostra opera e la vostra testimonianza, di trasformare società e cultura. In tutta l'Africa i popoli sono già impegnati attivamente e fruttuosamente nella discussione dei temi dell'Assemblea. Oggi a Kampala la preparazione del Sinodo entra in una nuova fase.

Vi chiedo di continuare a pregare per questo importante evento, così che l'Africa si immerga nella luce di Dio, la luce che ha brillato nel beato martirio di San Matthias, di San Charles, di San Musaka, di San Kizto e di tutti i loro gloriosi compagni.


7. "Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio" (Lc 3,6). La luce che Dio ha mandato quando ha dato al mondo suo Figlio (Cfr. Jn 3,16) vale per tutti i popoli. Il Battista sul Giordano ha reso testimonianza alla natura universale della redenzione. Vedendo Gesù che veniva verso di lui, Giovanni fu spinto dallo Spirito di Dio a proclamare: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo" (Jn 1,29). Le parole di Giovanni sono rimaste proprio al centro della Messa: l'offerta del pane e del vino che, su questo altare, diventeranno l'offerta di Cristo stesso al Padre per la nostra salvezza. Si, per la salvezza del mondo! Oggi, a Soroti, rendo grazie a Dio per aver potuto offrire questa Messa per la santificazione del popolo di Dio nella regione orientale dell'Uganda. Quale Successore di San Pietro sono venuto da voi per esortarvi a far splendere la vostra luce davanti a tutti, affinché vedendo le vostre buone opere tutta l'Africa renda lode al nostro Padre che è nei cieli (Cfr. Mt 5,16).

Iterereng lo asuban Africa! Iterereng lo asuban Uganda! Iterereng lo asuban iyes dadang kere! Amen.(Dio benedica l'Africa! Dio benedica l'Uganda! Dio benedica ciascuno di voi! Amen.)

Data: 1993-02-09 Data estesa: Martedi 9 Febbraio 1993

Alla III riunione in Africa del consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi - Kampala (Africa)

Titolo: "Sono lieto di annunciare che l'Assemblea Speciale si inizierà il 10 aprile 1994"

Vespri con il Sinodo Africano Cari fratelli Vescovi, Cari fratelli e sorelle in Cristo,


1. E' con "la gioia dello Spirito Santo" (1Th 1,6) che ci riuniamo in questa Cattedrale dell'Arcidiocesi di Kampala per la sessione inaugurale del Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi per l'Assemblea Speciale per l'Africa. Questo è il settimo incontro del Consiglio e il terzo che ha luogo in questo Continente. Porgo saluti cordiali a tutti i suoi membri e agli altri Vescovi che si sono uniti a noi. Questa occasione ha un profondo significato non soltanto per le Chiese locali in Africa, ma anche per il popolo di Dio sparso in tutto il mondo. Con la mia presenza qui desidero sostenere ciò che è già stato fatto e ciò che verrà compiuto nei giorni a venire. Recitando insieme i Vespri noi diamo espressione visibile dei vincoli di comunione che legano la Sede di Pietro e le Chiese particolari di questo Continente, e la realtà di questa collegialitas effectiva et affectiva intensifica la nostra preghiera per i Vescovi africani mentre preparano le loro greggi alla Speciale Assemblea Sinodale. Con profondo affetto in nostro Signore Gesù Cristo, desidero salutare i rappresentanti dei sacerdoti, dei religiosi e delle religiose, e dei seminaristi delle Diocesi dell'Uganda che sono insieme a noi questa sera. Attraverso di voi, cari Fratelli e Sorelle in Cristo, noi possiamo rendere omaggio a quanti si impegnano per portare il Vangelo a coloro per cui il Buon Pastore ha dato la sua vita. E' veramente opportuno che voi siate qui insieme ai vescovi venuti da tutta l'Africa, poiché ci ricordate le speranze e le aspettative che tanti nutrono nei confronti di questa Assemblea Speciale.


2. Voi siete gli operai che il Signore manda nel raccolto per approntare la "grande primavera cristiana" (RMi 86) che lui sta preparando per la sua Chiesa! L'abbondanza delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata in Uganda manifesta la vitalità e il fervore della Chiesa - un dono per cui dobbiamo rendere grazie e lode a Dio! Questo vigoroso impegno evangelizzatore sarebbe impossibile senza uomini e donne coraggiosi che, spinti dall'amore di Cristo (Cfr. 2Co 5,14) sono venuti in questo paese da oltre un secolo per la missione ad gentes. Faccio mio l'omaggio del mio amato predecessore, Papa Paolo VI, che ha scritto: "L'azione dei missionari fu sempre disinteressata e vivificata dalla carità evangelica, essendosi essi prodigati generosamente per aiutare gli africani a risolvere i complessi problemi umani e sociali del loro paese" (Africae Terrarum, n. 24). Stimati Fratelli e Sorelle, voi siete gli eredi di una grande tradizione - un retaggio plasmato dalla grazia così potentemente all'opera nei Padri Bianchi, nei Padri di Mill Hill, nei figli e nelle figlie del Vescovo Comboni, e in tutti i membri delle Congregazioni Missionarie. Convinti che il Vangelo sia "la potenza di Dio per la salvezza" (Rm 1,16), questi uomini e queste donne sono giunti qui spinti dall'amore per il popolo dell'Uganda, un amore che è stato eroicamente confermato negli ultimi anni quando siete rimasti fedelmente vicini al vostro popolo nei momenti di prova. In voi vediamo che la missione evangelizzatrice della Chiesa non è prerogativa di passate stagioni, ma è sempre valida (Cfr. RMi 66). Non curatevi di quanto costa essere servitori di Cristo e del suo Vangelo (Cfr. 1Co 4,1). Non stancatevi mai di allargare i confini del Regno di Dio. Come sarete fortunati nel vedere, come ha fatto Père Lourdel, il mistero della Morte e della Risurrezione di Cristo vissuto in coloro che voi portate al Signore.


3. Cari fratelli sacerdoti: rivolgo a voi una parola di sentito affetto. Voi siete i principali collaboratori dei vostri Vescovi nel compiere il ministero apostolico conferito nel Sacramento dei Sacri Ordini (Cfr. PO 2). Con la vostra consacrazione sacramentale siete stati configurati "a Gesù in quanto Capo e Pastore della Chiesa" (PDV 21). Voi continuate la missione propria del nostro Salvatore di amore sacrificale per la sua Sposa, la Chiesa, per cui egli ha dato la sua vita (Cfr. Ep 5,25). Questa carità pastorale esige che voi facciate un dono totale di voi stessi alla Chiesa - un dono che rinnovate quotidianamente offrendo il Sacrificio Eucaristico (Cfr. Ep 23).

E come ben sapete, la vostra efficacia di ministri dell'amore riconciliatore di Cristo e di predicatori del Vangelo di conversione verrà aumentata dal frequente accostamento al Sacramento della Penitenza. Vi esorto, come San Paolo ha fatto con Timoteo, suo amato figlio e fratello nella fede, "a ravvivare il dono di Dio che è in voi" (Cfr. 2Tm 1,6). Il dinamismo della carità pastorale ha bisogno di essere costantemente rinnovato e nutrito da quel Dio che fa nuove tutte le cose (Cfr. Ap 21,5). La partecipazione a programmi di formazione permanente rappresenta un mezzo tramite il quale lo Spirito vi conduce a "conoscere sempre più profondamente il mistero di Cristo... e il mistero del sacerdozio cristiano" (PDV 70). Con questa esperienza otterrete la forza di perseverare nel vostro servizio al gregge. A questo proposito il Centro di Rinnovamento del Clero Diocesano Nazionale qui a Kampala renderà certamente un gran servizio a tutta la Chiesa dell'Africa orientale.


4. Cari seminaristi: a voi che aspirate a prendere il vostro posto accanto ai sacerdoti quali operai della vigna del Signore, estendo l'abbraccio di un padre amorevole. Preparatevi bene per il dono inestimabile che riceverete da Dio attraverso l'"imposizione delle mani". Al fine di crescere nella "piena maturità di Cristo" (Ep 4,13), dovete dedicarvi completamente al programma di formazione spirituale, accademica e pastorale messo a punto da quanti hanno il compito della vostra istruzione. Non sprecate un momento. Nel periodo che va da adesso al giorno della vostra ordinazione, dovete studiare con diligenza la fede che ci è stata trasmessa dagli Apostoli, e lasciarvi plasmare dallo Spirito Santo in vasi idonei a contenere questo tesoro (Cfr. 2Co 4,7). Attraverso la preghiera "abituatevi a vivere intimamente uniti a Cristo, come amici" (Cfr. OT 8), affinché la grazia di Dio possa portare in voi frutti abbondanti (Cfr. Jn 15,8).


5. Cari religiosi e religiose: è motivo di grande gioia il fatto che questo paese, reso fertile dal sangue dei Martiri, abbia favorito la crescita della Vita Religiosa. Oltre alle Congregazioni più vecchie, che hanno trovato qui una casa, la fondazione di fiorenti nuovi Istituti rappresenta un chiaro sintomo della crescente maturità della Chiesa in Uganda. In effetti tutti voi siete, in un certo senso, "figli e figlie" di San Charles Lwanga e dei suoi Compagni. Con i voti di castità, povertà e obbedienza, voi Religiosi, come i Martiri, rendete testimonianza alla verità che "il popolo di Dio non ha qui città permanenti, ma va in cerca della futura" (LG 44). Chiamati ad essere segni del nuovo mondo della Risurrezione futura (Cfr. FC 16), voi evangelizzate soprattutto offrendo le vostre vite a Cristo come un "dono" (Cfr. PC 1), e rendendo manifesta a tutti la nuova vita che ci è stata guadagnata con la Croce. La testimonianza del dono di sé è resa non soltanto dai membri degli Istituti di vita attiva, ma anche da coloro le cui vite di silenzioso amore contemplativo ardono al cuore della Chiesa - le Carmelitane, le Clarisse, le Cistercensi, le Benedettine e le Suore dell'Adorazione Perpetua. A tutti voi, religiosi e religiose, ripeto l'invito che ho fatto nella mia Esortazione Apostolica Redemptionis Donum: ravvivate "la vostra consacrazione religiosa secondo il modello della consacrazione della stessa Genitrice di Dio" (n. 17). Come Maria ponete tutto ciò che siete e tutto ciò che avete nelle mani del Padre (Cfr. Lc 1,38). Poiché la vita religiosa è un potente strumento per diffondere la luce della verità evangelica, desidero ancora una volta richiamare l'attenzione sull'importanza dell'esempio dato dalle Religiose, soprattutto per le Chiese missionarie. Nella vita delle Suore, "la verginità per il Regno si traduce in molteplici frutti di maternità secondo lo Spirito" (RMi 70).

Esse manifestano che la vocazione di ogni donna - non solo di quelle di vita consacrata, ma anche di quelle sposate - è quella di fare un sincero "dono di sé" agli altri. Questa verità sull'"essere donna" - il fatto che sia una persona creata per donarsi a un'altra persona - è alla base del rispetto che le viene giustamente accordato e del ruolo che deve svolgere nella famiglia e nella società civile (Cfr. MD 7 MD 21). A nome dei Vescovi qui riuniti, desidero ringraziare tutti i sacerdoti, i Religiosi, le Religiose e i seminaristi dell'Uganda per il loro generoso impegno nel portare la verità liberatrice del Vangelo al popolo che servono. Siete strumenti scelti di evangelizzazione. Con l'aiuto del Signore e le preghiere di Maria, le vostre fatiche porteranno un ricco raccolto per il Regno di Dio!


6. Desidero ora richiamare la vostra attenzione sul Sinodo africano. Quando il mio predecessore Papa Paolo VI giunse a Kampala per la dedicazione del Santuario dei Martiri, che egli stesso canonizzo, parlo proprio in questa Cattedrale a un'assemblea molto simile a quella qui raccolta oggi. Egli parlo della Chiesa come comunione. Incoraggio i suoi ascoltatori a rendere testimonianza a questo mistero con il loro esempio e pose un accento particolare sul ruolo del Vescovo quale "segno e strumento di unità". C'è forse da meravigliarsi che la figura del Vescovo gli venne alla mente mentre era qui, accanto alla tomba del Vescovo Joseph Kiwanuka, primo Vescovo africano dei tempi moderni? Ugandese d'origine, il Vescovo Kiwanuka è stato veramente un segno di speranza mentre la Chiesa stava cominciando a diventare di nuovo autenticamente africana. Papa Paolo VI vide grandi prospettive per la Chiesa e per il popolo africano nascere dalla fedeltà della Chiesa alla propria vocazione di partecipare al dono della vita Trinitaria di Dio.

In quell'occasione ha incoraggiato tutti i presenti con queste parole: "Sforzatevi veramente a vivere quella comunione ecclesiale che ci rende tutti una cosa sola in Cristo (Cfr. Jn 17,21-23), tutti un solo Corpo Mistico (Cfr. ), perché noi siamo la chiesa, tutti una cosa sola con Cristo e tra di noi" (Discorso nella Cattedrale di Kampala, 2 agosto 1969). E' dunque molto naturale che in questa occasione i nostri pensieri si rivolgano al Sinodo dei Vescovi, quale strumento di comunione ecclesiale particolarmente vantaggioso. Istituito da Papa Paolo VI verso la fine del Concilio Vaticano II, il Sinodo si sforza di esprimere e promuovere la comunione dei Vescovi di tutto il mondo tra di loro, sotto la guida del Successore di Pietro. Il principio che sottende all'istituzione del Sinodo dei Vescovi è semplice: più viene accresciuta la comunione dei Vescovi nell'episcopato mondiale, più si arricchisce la comunione della Chiesa nel suo insieme. In questi giorni la Chiesa in Africa sta toccando con mano la verità di queste parole, mentre sperimenta l'entusiasmo e i vantaggi pratici che stanno accompagnando la preparazione dell'Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi.


7. La parola "Sinodo" significa letteralmente camminare insieme: "syn-odos". Esso fornisce una potente immagine che può applicarsi non soltanto all'attuale Assemblea Sinodale, bensi anche a tutte le fasi di preparazione che precedono tale riunione. Tutti i membri della Chiesa in Africa - sacerdoti, religiosi e laici - stanno facendo un viaggio comune, stanno "camminando insieme", mettendo i loro doni al servizio della Chiesa in Africa per il bene della prossima Assemblea Speciale. In questo momento il viaggio è giunto a un punto significativo con la pubblicazione del documento di lavoro, l'Instrumentum Laboris. La prima preparazione dell'Assemblea Speciale si è conclusa. E' iniziata la fase della preparazione immediata. Sono particolarmente lieto del fatto che questo documento è stato pubblicato proprio in Africa nella sessione inaugurale di questo incontro del Consiglio della Segreteria Generale del Sinodo. A suo modo, la pubblicazione dell'Instrumentum Laboris è un'espressione del mistero della comunione ecclesiale che unisce i Pastori e il popolo dell'Africa nel loro servizio al Regno di Dio. E' una risposta agli scambi iniziati con la presentazione del primo documento, i Lineamenta, alla Chiesa in Africa. Anche quel documento era stato presentato in Africa, a un incontro di Vescovi il 25 luglio 1990 a Lomé, in Togo, in occasione della Nona Sessione Plenaria del Simposio delle Conferenze Episcopali dell'Africa e del Madagascar (S.E.C.A.M.). Un ulteriore segno della comunione di vita condivisa dalle Chiese locali in Africa nelle diverse fasi della loro storia è il fatto che questo documento sinodale sia stato pubblicato proprio nel luogo in cui, circa venticinque anni fa, il S.E.C.A.M. concludeva solennemente la sua prima sessione plenaria, tenuta in occasione dello storico pellegrinaggio di Papa Paolo VI in Uganda.


8. E' sempre utile valutare il passato alla luce del presente. Oggi, guardando al lavoro svolto negli ultimi due anni per preparare l'Assemblea Speciale, possiamo ringraziare Dio per ciò che ha compiuto nel Continente africano. Perfino in questo breve lasso di tempo, sia la Chiesa che la società in Africa sono state arricchite dal mistero ecclesiale di comunione, così come si è manifestato nello scambio di doni che è avvenuto nella preparazione del Sinodo. Vi sono molti segni positivi che ci infondono incoraggiamento e ispirazione mentre il viaggio raggiunge la sua fase finale. Questi due anni di intensa preghiera e riflessione comune sull'evangelizzazione hanno portato un rinnovamento spirituale, un più profondo senso della Chiesa e del suo insegnamento e una maggior consapevolezza della responsabilità di tutto il popolo di Dio di rispondere nella fede a situazioni che sono soltanto africane. La comprensione che si è raggiunta attraverso il dialogo ha fatto si che i sacerdoti, i religiosi e i laici cooperassero più efficacemente nella condivisione della fede e nel venire incontro alle necessità dei nostri tempi. Essi hanno messo a fuoco problemi veramente importanti e stanno lavorando insieme per trovare risposte adeguate. L'energia scaturita dalla preparazione del Sinodo si è tradotta anche in una maggiore apertura al dialogo ecumenico e interreligioso. Allo stesso modo essa ha portato frutto nel rinnovamento della reciproca cooperazione in programmi volti a favorire la dignità della persona, a migliorare lo sviluppo umano e a promuovere la giustizia e la pace.


9. Appare provvidenziale il fatto che l'annuncio dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa - la prima "Assemblea Speciale" annunciata secondo il Codice di Diritto Canonico recentemente riveduto - sia stato fatto il 6 gennaio 1989, Festa dell'Epifania. Questa Festa, mentre richiama gli eventi biblici che condussero alla visita della Sacra Famiglia nel Continente africano, mette in luce la missione universale di Cristo e in tal modo suggerisce il tema dell'Assemblea Speciale: "La Chiesa in Africa e la Sua Missione Evangelizzatrice verso l'Anno 2000: 'Mi sarete testimoni' (Ac 1,8)". In ultima istanza, la comunione ecclesiale è sia una vocazione che una missione di rendere testimonianza a Cristo, la "Luce per illuminare le genti" (Cfr. Lc 2,32). Sulla base di questo tema, la Commissione ante-preparatoria, e successivamente il Consiglio allargato della Segreteria Generale, si sono impegnati nello studio e nella discussione che hanno portato al documento preparatorio o Lineamenta. Questo documento in due parti inizia con una trattazione generale del tema dell'evangelizzazione seguita da cinque capitoli, ciascuno dedicato a diversi aspetti del tema: la proclamazione della Buona Novella della salvezza; l'inculturazione; il dialogo; la giustizia e la pace; e i mezzi di comunicazione sociale. Il lavoro instancabile del Consiglio ha portato frutto nella reazione entusiastica a questo documento nel Continente africano, sia all'interno che fuori dalla Chiesa. Una chiara espressione di tale entusiasmo è stata la risposta praticamente unanime delle Conferenze Episcopali dell'Africa, il più alto numero di risposte mai raggiunto in nessuna Assemblea Sinodale. Ciascuna di queste risposte rappresenta a suo modo l'energia vitale e i risultati pratici della comunione esistente nella Chiesa in Africa. Ogni risposta rivela un generoso dialogo avviato dalle Conferenze Episcopali con ciascun Vescovo e portato avanti da comunità e singoli individui: un dialogo che, dalle comunità locali, si è allargato a livello diocesano, nazionale, internazionale e continentale. Dal volume di informazioni raccolte in questo processo, le Conferenze Episcopali a loro volta hanno formulato le risposte ufficiali inviate alla Segreteria Generale.

Queste, a loro volta, sono state integrate con risposte e osservazioni da altri corpi ecclesiali interessati.


10. Con la presentazione dell'Instrumentum Laboris o "documento di lavoro" dell'Assemblea Speciale, la Chiesa in Africa è giunta a una fase particolarmente importante nella preparazione dell'Assemblea Speciale. I rapporti dei Lineamenta, che esprimevano la comunione vissuta a vari livelli di vita ecclesiale in Africa, sono stati attentamente studiati dal Consiglio della Segreteria Generale. Con l'aiuto di teologi africani, sono stati quindi sintetizzati e ulteriormente perfezionati al fine di presentare un quadro composito dello stato attuale delle questioni e dei punti di vista generali della comunità cristiana in Africa riguardo al tema dell'evangelizzazione. Questo documento, che segue la medesima struttura in due parti e la suddivisione in cinque capitoli dei Lineamenta, ha quindi un'importanza particolare. Da una parte esso rappresenta in un certo senso il "primo frutto" della preghiera, dello studio e della riflessione comuni sul tema dell'Assemblea Sinodale. Dall'altra, esso serve quale ampia agenda che verrà usata nella riunione stessa, nell'ambito del dialogo e della comunione. Anche se lo scopo principale del documento è quello di preparare quanti parteciperanno all'Assemblea Speciale, la sua pubblicazione rappresenta un modo per tutta la Chiesa africana per trarre vantaggio ulteriore dal processo di preparazione del Sinodo. Allo stesso tempo, il documento può servire come incoraggiamento generale allo studio e come mezzo per suscitare entusiasmo per questa Assemblea Speciale che, avendo luogo in questo momento della storia della Chiesa in Africa, ha un ruolo cruciale da svolgere nel suo cammino verso il Terzo Millennio Cristiano.

Attraverso il dinamismo di comunione e attraverso la discussione e la preghiera sul tema dell'evangelizzazione, la Speciale Assemblea Sinodale cercherà di formulare un piano pastorale di azione per la Chiesa, mentre si sforza di essere fedele alla sua vocazione di comunione e alla sua missione di predicare Cristo a tutte le nazioni.


11. La natura particolare di questa Assemblea inoltre ha richiesto alcuni adattamenti dell'Ordo Synodi, le regole che governano il Sinodo. Questi adattamenti, che trattano per la maggior parte dei criteri per la rappresentazione e la partecipazione delle Conferenze Episcopali all'Assemblea Generale, hanno ricevuto la mia approvazione e sono stati pubblicati adesso. Le copie sono state inviate alle Conferenze Episcopali cosicché il processo di determinare gli effettivi partecipanti all'Assemblea Sinodale possa avere inizio. Considerando l'importanza della pubblicazione dell'Instrumentum Laboris e la nuova fase di preparazione immediata del Sinodo che esso sancisce, sono lieto di annunciare, dopo ampia consultazione, che l'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa inizierà nella domenica in Albis, il 10 aprile 1994. Poiché l'Assemblea Speciale è di grande interesse non soltanto per la Chiesa in Africa, ma per tutta la Chiesa nel suo insieme, sono stati fatti i seguenti preparativi riguardo alla sua celebrazione. La sessione di lavoro dell'Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l'Africa avrà luogo in Vaticano, dove si sono tenute tutte le assemblee del Sinodo dei Vescovi, manifestando in tal modo la comunione dei Vescovi con il Successore di Pietro. Inoltre, riconoscendo l'intensità della partecipazione, attraverso la preghiera e lo studio, di persone e istituzioni della Chiesa di tutto il Continente nel preparare l'Assemblea Sinodale, e desiderando che la loro vicinanza continui con lo svolgimento del Sinodo, ho intenzione di venire in Africa per una fase celebrativa al fine di promulgare solennemente i frutti dell'Assemblea Speciale. Tale fase rappresenterà un'occasione per incoraggiare i cattolici dell'Africa a mettere in atto le proposte del Sinodo e a esprimere la solidarietà della Chiesa universale con le chiese particolari dell'Africa nei compiti pastorali che dovranno essere affrontati nell'evangelizzazione di questo Continente alle soglie del Terzo Millennio.


12. Nel mistero della comunione ecclesiale, l'Assemblea Speciale per l'Africa è importante per la Chiesa universale, non soltanto a motivo del grande interesse che questo avvenimento ha suscitato, ma soprattutto per l'autentica natura della comunione ecclesiale, che trascende tutti i confini temporali e spaziali. Essa ha ispirato molte preghiere e opere buone con cui membri e comunità della Chiesa di altri continenti stanno accompagnando il processo sinodale. In effetti possiamo essere fiduciosi che, nel mistero di comunione, il Sinodo verrà sostenuto dalle preghiere dei Santi in cielo. A questo proposito, ricordo con gioia la testimonianza al Vangelo di Cristo resa in questo Paese e fatta resa preziosa dal sangue dei martiri, una testimonianza che ha portato molto frutto per la Chiesa in Uganda. Facendo mie le parole dell'inno cantato dai Martiri mentre rendevano la testimonianza suprema a Cristo con la loro morte, affido alla loro potente intercessione i lavori della riunione del Consiglio che sta per iniziare, come pure la stessa Assemblea Speciale: "Fa' che i nostri occhi siano aperti, per vedere il Re Nostro Salvatore, e i nostri cuori siano sempre pronti, ad ascoltare Lui, a cantare la sua lode". Dall'Uganda, dal cuore dell'Africa, possa quest'inno espandersi e il coro estendersi in ogni parte del Continente in queste fasi finali di preparazione dell'Assemblea Speciale, piena di tante promesse e speranze per la Chiesa alle soglie del Terzo Millennio.

Maria, Regina Martyrum, Ora Pro Nobis!

Data: 1993-02-09 Data estesa: Martedi 9 Febbraio 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Discorso al Corpo Diplomatico - Kampala (Africa)