GPII 1993 Insegnamenti - Lettera a Padre Marcello van de Ven

Lettera a Padre Marcello van de Ven

Titolo: Unità degli animi nella ricerca dell'unico necessario

Al Reverendissimo Padre Marcello van de Ven Abate Generale dell'Ordine dei Canonici Regolari Premostratensi Nel lungo succedersi dei Religiosi che hanno evangelizzato l'Europa e costituito il suo patrimonio culturale, l'Ordine dei Canonici Regolari Premostratensi si colloca in un posto di rilievo. Nella notte del Santo natale 1121, nella solitudine di Prémontré, San Norberto diede alla luce una nuova comunità in seno all'antico Ordine canonicale, i cui rami si estesero rapidamente fino all'Europa Centrale. Sulla scia del mio predecessore, Papa San Gregorio VII, San Norberto ha comunicato ai suoi figli uno slancio apostolico di cui la Chiesa raccoglie oggi i frutti sui cinque continenti.

In quest'anno 1993, il Vostro Ordine celebra l'850 anniversario dell'installazione ufficiale dei Premostratensi in Boemia e l'inizio della loro opera evangelizzatrice nel cuore dell'Europa. Questo Giubileo verrà celebrato dall'Ordine intero, ma specialmente nelle cinque abbazie di Strahov, Tepla, Zeliv, Nova Rise e Jasov, le cui comunità si sono appena ricostituite. Saluto con rispetto e ammirazione i religiosi che non esitarono a testimoniare la loro fede in Cristo e la loro fedeltà verso questa Sede Apostolica, e spesso a rischio della vita, per più di quarantacinque anni di dispersione e di persecuzione. Il loro sacrificio non è stato vano, è germe di nuove vocazioni.

Alla vigilia del III Millennio, l'intuizione di San Norberto è sempre attuale. La ricostituzione delle Vostre comunità in Europa Centrale va di pari passo con la nuova evangelizzazione del continente e del mondo. Il nuovo slancio che vi anima fa di voi gli araldi del Vangelo di Cristo risorto, questa Buona Novella che reca vita feconda e autentica libertà. Come il vostro Santo Fondatore, aprite vie nuove perché il Messaggio evangelico penetri i cuori, le mentalità, i costumi, le culture, e i popoli liberati dall'oppressione accolgano Cristo Salvatore. Animati da questo spirito, fornirete alla società gli elementi indispensabili al suo rinnovamento, risveglierete la memoria e la coscienza dell'Europa, e contribuirete alla costruzione della civiltà dell'Amore.

Mi auguro che questo Giubileo sia per tutto l'Ordine Premostratense un tempo di rinnovamento e punto di partenza di una rinnovata fecondità apostolica.

Per attuare tutto questo, attingete al tesoro del vostro patrimonio spirituale, vivete il carisma di San Norberto, rinnovate la vostra fedeltà alla vostra professione. Restaurando le vostre antiche e venerabili abbazie, preoccupatevi anzitutto di restaurare le vostre comunità di preghiera e di apostolato, che furono per più di otto secoli dei focolari fecondi e di grande rilievo.

San Norberto e i suoi primi compagni hanno espresso il loro ideale nella formula di Professione Canonicale che è tuttora la vostra. Hanno voluto mettere in pratica la Evangelica Institutio, e predicare il Vangelo nella rinuncia ai beni di questo mondo, così come il Signore aveva comandato agli Apostoli. Lo scopo del vostro Ordine è più che mai attuale. Dedicategli tutte le vostre forze, con il coraggio intrepido che solo Cristo può comunicarvi. Gli uomini del nostro tempo hanno perduto spesso il loro punto di riferimento, la crisi dei valori li lascia disarmati di fronte alle nuove sfide che la rapida evoluzione della società pone loro di fronte. Con la vostra parola, con la testimonianza della vostra vita personale e comunitaria, trasmettete loro l'amore di Cristo e della Chiesa.

Fedeli all'Apostolica Institutio, i vostri predecessori hanno voluto fare di ogni comunità premostratense un'immagine della comunità primitiva di Gerusalemme, radunata attorno agli Apostoli e alla Vergine Maria. Con la Professione dei Consigli evangelici e il voto di stabilità, vi dedicate al servizio della vostra chiesa abbaziale, per celebrarvi solennemente la sacra Liturgia, far salire verso Dio la lode di tutta la Chiesa, e radunare il popolo cristiano attorno al suo Signore. Possano le vostre abbazie, i vostri Priorati, le vostre parrocchie e i vostri monasteri di suore continuare ad adempiere questa missione, perché in tutti i cuori sia magnificato il Nome di Dio, e perché i nostri contemporanei trovino presso di voi accoglienza, disponibilità, zelo apostolico. Le vostre abbazie siano case di preghiere e scuole di fede, aperte a tutti gli uomini di buona volontà.

Fondando la comunità Premostratense, San Norberto scelse la Regola di Sant'Agostino. Le prime raccomandazioni di questa regola di vita sottolineano la caratteristica essenziale delle vostre comunità: "Poiché siete riuniti in questo monastero, vivete unanimi nella vostra casa, avendo un'anima sola e un cuor solo alla ricerca di Dio" (I,2). La comunità agostiniana si fonda sull'amore di Dio e sul desiderio di conoscerlo sempre meglio per poterlo amare sempre meglio. Essa richiede la semplicità del cuore, l'amore mutuo e l'unità degli animi nella ricerca dell'unico necessario.

L'Eucaristia è la fonte di questa carità e lo scopo di ogni apostolato.

perciò, San Norberto volle che nel cuore di ogni comunità premostratense, la celebrazione dell'Eucaristia fosse l'apice di tutta la vita conventuale. L'abate premostratense Filippo di Buona Speranza ce lo rammenta: "Perché la Chiesa non deperisca nelle fatiche del viaggio, possiede un prezioso soccorso in quanto conserva nel suo tesoro il sacramento salutare del Corpo di Cristo: sembra che sia lei a conservarlo, tuttavia è piuttosto esso che la custodisce" (P.L.. t. 203, 669).

Con San Norberto, figlio devotissimo della Vergine Maria, affidate il rinnovamento delle vostre comunità, le vocazioni del vostro Ordine, tutto il vostro apostolato e la Chiesa intera alla Madre del Redentore. Maria accolse, per prima, la Parola per offrirla al mondo: Ella faccia delle vostre comunità dei focolari ardenti della nuova evangelizzazione.

Associandomi in modo del tutto speciale ai Premostratensi d'Europa Centrale in occasione del loro Giubileo, rinnovo a tutto l'Ordine Premostratense e ad ognuno di voi la fiducia del Successore di Pietro, e vi concedo di gran cuore la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 7 maggio 1993, festa della Traslazione di San Norberto nell'abbazia di Strahov.

Data: 1993-05-07 Data estesa: Venerdi 7 Maggio 1993

Lettera all'Abate Generale dei Canonici Regolari Premostranensi per l'850° dell'insediamento in Boemia

Titolo: "Le vostre abbazie siano case di preghiera e scuole di fede, aperte a tutti gli uomini di buona volontà"

Al Reverendissimo Padre Marcello van de Ven Abate Generale dell'Ordine dei Canonici Regolari Premostratensi Nel lungo succedersi dei Religiosi che hanno evangelizzato l'Europa e costituito il suo patrimonio culturale, l'Ordine dei Canonici Regolari Premostratensi si colloca in un posto di rilievo. Nella notte del Santo natale 1121, nella solitudine di Prémontré, San Norberto diede alla luce una nuova comunità in seno all'antico Ordine canonicale, i cui rami si estesero rapidamente fino all'Europa Centrale. Sulla scia del mio predecessore, Papa San Gregorio VII, San Norberto ha comunicato ai suoi figli uno slancio apostolico di cui la Chiesa raccoglie oggi i frutti sui cinque continenti.

In quest'anno 1993, il Vostro Ordine celebra l'850° anniversario dell'installazione ufficiale dei Premostratensi in Boemia e l'inizio della loro opera evangelizzatrice nel cuore dell'Europa. Questo Giubileo verrà celebrato dall'Ordine intero, ma specialmente nelle cinque abbazie di Strahov, Tepla, Zeliv, Nova Rise e Jasov, le cui comunità si sono appena ricostituite. Saluto con rispetto e ammirazione i religiosi che non esitarono a testimoniare la loro fede in Cristo e la loro fedeltà verso questa Sede Apostolica, e spesso a rischio della vita, per più di quarantacinque anni di dispersione e di persecuzione. Il loro sacrificio non è stato vano, è germe di nuove vocazioni.

Alla vigilia del III Millennio, l'intuizione di San Norberto è sempre attuale. La ricostituzione delle Vostre comunità in Europa Centrale va di pari passo con la nuova evangelizzazione del continente e del mondo. Il nuovo slancio che vi anima fa di voi gli araldi del Vangelo di Cristo risorto questa Buona Novella che reca vita feconda e autentica libertà. Come il vostro Santo Fondatore, aprite vie nuove perché il Messaggio evangelico penetri i cuori, le mentalità, i costumi, le culture, e i popoli liberati dall'oppressione accolgano Cristo Salvatore. Animati da questo spirito, fornirete alla società gli elementi indispensabili al suo rinnovamento, risveglierete la memoria e la coscienza dell'Europa, e contribuirete alla costruzione della civiltà dell' Amore.

Mi auguro che questo Giubileo sia per tutto l'Ordine Premostratense un tempo di rinnovamento e punto di partenza di una rinnovata fecondità apostolica.

Per attuare tutto questo, attingete al tesoro del vostro patrimonio spirituale vivete il carisma di San Norberto, rinnovate la vostra fedeltà alla vostra professione. Restaurando le vostre antiche e venerabili abbazie, preoccupatevi anzitutto di restaurare le vostre comunità di preghiera e di apostolato, che furono per più di otto secoli dei focolari fecondi e di grande rilievo.

San Norberto e i suoi primi compagni hanno espresso il loro ideale nella formula di Professione Canonicale che è tuttora la vostra. Hanno voluto mettere in pratica la Evangelica Institutio, e predicare il Vangelo nella rinuncia ai beni di questo mondo, così come il Signore aveva comandato agli Apostoli. Lo scopo del vostro Ordine è più che mai attuale. Dedicategli tutte le vostre forze, con il coraggio intrepido che solo Cristo può comunicarvi. Gli uomini del nostro tempo hanno perduto spesso il loro punto di riferimento, la crisi dei valori li lascia disarmati di fronte alle nuove sfide che la rapida evoluzione della società pone loro di fronte. Con la vostra parola, con la testimonianza della vostra vita personale e comunitaria, trasmettete loro l'amore di Cristo e della Chiesa.

Fedeli all'Apostolica Institutio, i vostri predecessori hanno voluto fare di ogni comunità premostratense un'immagine della comunità primitiva di Gerusalemme, radunata attorno agli Apostoli e alla Vergine Maria. Con la Professione dei Consigli evangelici e il voto di stabilità, vi dedicate al servizio della vostra chiesa abbaziale, per celebrarvi solennemente la sacra Liturgia far salire verso Dio la lode di tutta la Chiesa, e radunare il popolo cristiano attorno al suo Signore. Possano le vostre abbazie, i vostri Priorati, le vostre parrocchie e i vostri monasteri di suore continuare ad adempiere questa missione, perché in tutti i cuori sia rnagnificato il Nome di Dio,e perché i nostri contemporanei trovino presso di voi accoglienza, disponibilità, zelo apostolico. Le vostre abbazie siano case di preghiere e scuole di fede, aperte a tutti gli uomini di buona volontà.

Fondando la comunità Premostratense, San Norberto scelse la Regola di Sant'Agostino. Le prime raccomandazioni di questa regola di vita sottolineano la caratteristica essenziale delle vostre comunità: "Poiché siete riuniti in questo monastero, vivete unanimi nella vostra casa, avendo un'anirna sola e un cuor solo alla ricerca di Dio" (I, 2). La comunità agostiniana si fonda sull'amore di Dio e sul desiderio di conoscerlo sempre meglio per poterlo amare sempre meglio. Essa richiede la semplicità del cuore, l'amore mutuo e l'unità degli animi nella ricerca dell'unico necessario.

L'Eucaristia è la fonte di questa carità e lo scopo di ogni apostolato.

perciò, San Norberto volle che nel cuore di ogni comunità premostratense, la celebrazione dell'Eucaristia fosse l'apice di tutta la vita conventuale. L'abate premostratense Filippo di Buona Speranza ce lo rammenta: "Perché la Chiesa non deperisca nelle fatiche del viaggio, possiede un prezioso soccorso in quanto conserva nel suo tesoro il sacramento salutare del Corpo di Cristo: sembra che sia lei a conservarlo, tuttavia è piuttosto esso che la custodisce" (P.L.. t. 203, 669).

Con San Norberto, figlio devotissimo della Vergine Maria, affidate il rinnovamento delle vostre comunità, le vocazioni del vostro Ordine, tutto il vostro apostolato e la Chiesa intera alla Madre del Redentore. Maria accolse, per prima, la Parola per offrirla al mondo: Ella faccia delle vostre comunità dei focolari ardenti della nuova evangelizzazione.

Associandomi in modo del tutto speciale ai Premostratensi d'Europa Centrale in occasione del loro Giubileo, rinnovo a tutto l'Ordine Premostratense e ad ognuno di voi la fiducia del Successore di Pietro, e vi concedo di gran cuore la mia Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 7 maggio 1993, festa della Traslazione di San Norberto nell'abbazia di Strahov.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1993-05-07 Data estesa: Venerdi 7 Maggio 1993

Pellegrinaggio in Sicilia: discorso ai sacerdoti e religiosi nella Cattedrale - Trapani

Titolo: "La carità soprannaturale spezza catene ataviche di odio e di vendetta"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Quest'incontro con voi è per me motivo di viva letizia. Vi saluto tutti, insieme col vostro Vescovo, il carissimo Mons. Domenico Amoroso, e vi esprimo dal profondo del cuore la consolazione che mi arreca il vedervi qui raccolti accanto a me. Voglio anche salutare il Cardinale di Palermo che ci accompagna, tutti i Vescovi della Sicilia qui presenti. Voglio anche salutare la gente, fedeli e cittadini di Trapani che si vedono attraverso la porta aperta. Voi, Sacerdoti della Chiesa di Trapani, voi, Religiosi e Religiose, e voi, Laici consacrati all'apostolato, siete i responsabili della nuova evangelizzazione in questa terra, posta al centro del Mediterraneo. A voi l'impegno di far riflettere il popolo, affidato alla vostra sollecitudine missionaria, sul significato e sul valore del messaggio evangelico e sulle singolari possibilità in esso racchiuse anche per la promozione dell'autentico progresso umano in una regione come la vostra, segnata da numerose problematiche, ma ricca pure di grandi risorse ideali e civili. Vengo a voi come annunciatore della speranza che nasce dalla parola di Cristo: "Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo" (Jn 16,33). Ecco, dunque, la nostra speranza. Essa non s'appoggia sul denaro, sul favore dei potenti, sul sostegno di amici e conoscenti. La nostra speranza s'appoggia su Cristo che ha vinto il mondo. Non semplicemente "vincerà", ma "ha già vinto", perché in quanto Dio è il Signore della storia e in quanto uomo, vero Dio e vero uomo, cammina in questa storia, sempre con noi, fino all'ultimo giorno". La nostra vittoria sul mondo è possibile in ogni circostanza, perché Cristo è sempre con noi.


2. Abbiate perciò speranza, e siate seminatori di speranza, carissimi! Testimoniate che i gravi problemi della Sicilia di oggi possono essere risolti, se noi riusciamo a rendere presente Gesù Cristo tra la gente. Dinanzi a tante aberrazioni che povertà e consumismo, disoccupazione ed opulenza hanno indotto nella società moderna, non è con la rassegnazione che dobbiamo operare, ma con la dedizione fiduciosa e tenace, con il servizio attento e premuroso nella prospettiva del vero bene della popolazione. Cari Fratelli e Sorelle, aiutate i fedeli a formarsi una coscienza corrispondente al messaggio evangelico; fate in modo che ci sia una vera conoscenza della parola di Cristo. Solo la sua parola, la sua verità dona libertà e consente di superare con coraggio i numerosi condizionamenti e le forme di disagio sociale a voi ben note. Essa apre gli occhi e sollecita ogni uomo di buona volontà a venire incontro alle giuste e legittime attese del popolo.


3. Insegnate la legge dell'amore cristiano! La carità soprannaturale spezza catene ataviche di odio o di vendetta. Siate voi per primi a proporvi come esempi fulgidi di quella solidarietà e di quel servizio, che Cristo ha lasciato come testamento ai suoi discepoli. Diverrete voi stessi "forma" di vita per il vostro gregge, se vi preoccuperete non solo di proclamare a parole la vostra fede, ma di tenere quella condotta buona che ispira e convince la gente: predicate la parola con la vita. Vi conforti la Vergine Annunziata, venerata in questa vostra Città con singolare devozione. Vi sorregga nella fatica quotidiana la Madre del Redentore e vi doni la gioia di servire il Signore con tutte le forze: questa gioia pasquale che nessuno può toglierci come ha detto Cristo. Da parte mia, vi esprimo il mio apprezzamento e la mia fiducia e vi assicuro un costante ricordo nella preghiera.

Vi accompagni la mia Benedizione, con cui intendo raggiungere tutte le Comunità ecclesiali della diocesi di Trapani, per incoraggiarle a perseverare nell'annuncio del Vangelo, unica sorgente di autentica pace per l'uomo di oggi e di sempre.

Data: 1993-05-08 Data estesa: Sabato 8 Maggio 1993

Saluto alla cittadinanza radunata in Piazza Vittorio Emanuele per la celebrazione della Parola - Trapani

Titolo: "Il vostro impegno di fede deve rispondere con umile fortezza alle sfide violente e mafiose"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Un saluto cordiale a tutti ed a ciascuno in particolare. Sono lieto di essere tra voi, in questa vostra terra, ricca di tante bellezze artistiche e naturali, ma segnata anche da rilevanti problemi e difficoltà. Intensa è la partecipazione e grande l'affetto con cui vi abbraccio, cittadini di Trapani e di quest'estremo lembo del suolo italiano. La mia presenza tra voi vuole essere il segno della solidarietà della Chiesa universale col cammino di fede che state percorrendo sotto la guida illuminata del vostro Pastore, il carissimo Mons. Domenico Amoroso, che saluto con affetto e ringrazio per le parole rivoltemi. Un fraterno saluto rivolgo al Cardinale Salvatore Pappalardo, Arcivescovo di Palermo, e a tutti gli altri Presuli presenti. Con stima e gratitudine mi dirigo poi al Signor Sindaco ed al Presidente della Regione che hanno voluto parlarmi di voi, dei vostri progetti di sviluppo e della ferma volontà che vi anima nel ricercare il bene comune.


2. Questo nostro appuntamento ha luogo nel contesto di una celebrazione liturgica, che ci invita a guardare a Maria come "inizio ed immagine della Chiesa perfetta".

I testi biblici poc'anzi proclamati, le preghiere ed i canti che insieme eleveremo verso il cielo, il clima di profonda religiosità che ci anima fanno si che il nostro stare insieme si trasformi in un "cammino" interiore verso Cristo e in un incontro vivo con il suo messaggio salvifico, esemplarmente risplendente sul volto della Vergine di Nazareth. "Beata colei che ha creduto all'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1,45), esclama Elisabetta esaltando la fede di Maria.

"Colei che ha creduto" diviene il modello di quanti, accogliendo la parola del Signore, si impegnano a diffonderla, così da assicurarne il cammino verso gli uomini di tutte le generazioni. Come credente, Maria anticipa l'immagine della Chiesa evangelizzatrice, ne diviene modello ed esempio. In cammino verso la casa di Elisabetta, Maria prefigura la missione di coloro che, percorrendo le strade del mondo, porteranno il Cristo agli uomini mediante la testimonianza della fede.

In questo itinerario spirituale la Vergine precede la comunità cristiana tesa ad annunciare il mistero della salvezza e a tradurlo nei comportamenti quotidiani.


3. "Raggiunse in fretta una città di Giuda" (Lc 1,39). E' necessario camminare in fretta, perché il messaggio del Vangelo non può attendere: il suo annuncio è un'urgenza per la Chiesa, una necessità impellente, un compito che non consente soste, specialmente in quest'epoca di enormi trasformazioni sociali. La Chiesa sa bene che la grazia della fede è un dono da non lasciare inerte. La presenza di Cristo non può rimanere rinchiusa nell'intimo di quanti lo hanno conosciuto. E' Gesù stesso che, chiamando i suoi, si dona loro perché divengano, fino ai confini della terra, testimoni della speranza data loro gratuitamente. E' necessario che mediante il loro servizio la parola del Maestro corra e sia glorificata. Per questo si diranno "beati i piedi di coloro che annunziano", beati coloro che spezzano con i fratelli il pane della fede e delle verità rivelate.


4. Carissimi fratelli e sorelle, beati siete voi se come Maria aprite lo spirito all'azione divina e senza indugi ponete la vostra esistenza al servizio del Vangelo. Siate sempre ben consapevoli delle condizioni sociali e culturali che oggi attentano, talora in modo subdolo, all'integrità e purezza della vita cristiana. "Il serpente mi ha ingannato" (Gn 3,13), lamenta Eva nella pagina biblica. Come all'origine, anche ai nostri tempi il demonio insidia l'umanità, quell'umanità che Dio non si stanca di ricercare, che anzi chiama con insistenza: "Dio chiamo l'uomo e gli disse: Dove sei?". All'uomo moderno, ad ogni persona, il Signore continua a chiedere: "Dove sei?". Dove ti ha condotto la subdola insinuazione dell'ingannatore? Quale conseguenza sociale oltre che personale, quale sofferenza e disagio ha creato l'ascolto del tentatore? Troppo spesso l'esperienza ci mostra come l'uomo, irretito dal maligno, si lasci indurre ad incamminarsi sulla strada della ingiustizia, della sopraffazione, dell'egoismo che spegne in sé e negli altri la gioia di esistere. Dal peccato, che allontana da Dio, scaturisce una logica coercitiva severa ed intransigente. Dalla violazione del precetto divino "derivano inclinazioni perverse, che ottenebrano la coscienza ed alterano la concreta valutazione del bene e del male" (CEC 1865). Quando questa tremenda progressione dell'inganno si estende sino a diventare espressione di vita collettiva, si realizza quel "peccato sociale" che, impossessandosi degli organismi e delle strutture, scatena terribili potenze oppressive ed occulte. Si hanno, allora, quelle forme di criminalità organizzata che mortificano e spezzano le coscienze, togliendo a tutti la serenità ed umiliando la speranza. E' a tali sfide violente e mafiose che deve rispondere con umile fortezza il vostro impegno di fede. I credenti sono chiamati a "visitare", seguendo Maria, la società e tutti i suoi ambiti con la fermezza e l'audacia della profezia evangelica, per ricondurre a Dio l'ordine temporale nel quale ogni essere creato vive, il suo ambiente umano e sociale.


5. Fratelli e sorelle di Trapani! A gran voce e con fede abbiamo cantato: "Esulto di gioia alla tua presenza, Signore" (Rit. al Salmo resp.). "Alla presenza del Signore"! E' lui la nostra forza, è lui il sostegno incrollabile della nostra fiducia. "Esulto di gioia", perché il nostro Dio è il Dio della gioia, colui che libera i credenti dalla schiavitù dell'egoismo e redime da ogni peccato nella sua misericordia senza fine. "Alla presenza del Signore", perché egli, facendosi uomo nel grembo di Maria, è divenuto fratello dell'uomo e di ciascun uomo. Dalla Madre sua egli è stato consegnato a noi come l'Emmanuele, il Dio con noi, affinché in lui potessimo divenire non solo creature sante di Dio, ma figli del Padre nel Figlio incarnato. "Esulto di gioia", perché anche alla Chiesa, ed a quanti in essa sono chiamati ad essere discepoli di Cristo, Dio ha assegnato il compito immenso ed esaltante di recare il messaggio salvifico agli uomini di ogni razza e cultura.


6. Maria, Madre del Redentore e dell'umanità, Ancella obbediente alla Parola divina, ottienici dal Cristo tuo Figlio il dono di essere portatori solleciti della gioia e della riconciliazione nell'amore a quanti incontriamo sul nostro cammino. Vergine dell'Annunciazione, ridona speranza alla nostra società. Riempi del tuo gaudio spirituale quanti qui a Trapani, in questa terra ricca di fermenti di rinnovamento, dedicano la loro esistenza ai fratelli. Vergine della Visitazione, immagine viva della Chiesa, sii tu il loro modello di servizio e di evangelizzazione. Trapani quest'oggi ti ripete il suo filiale affidamento.

Sii stella e guida sicura fra le insidie che minacciano la pace e la concordia sociale. Sii Madre per chi a te ricorre e fiducioso t'invoca.

Benedetta sii tu, Maria! Amen!

Data: 1993-05-08 Data estesa: Sabato 8 Maggio 1993

Discorso agli scienziati durante l'incontro svoltosi presso il Centro "Ettore Maiorana" - Erice

Titolo: Scienza e fede sono entrambe dono di Dio e in Lui trovano il loro principio di unità

Gentili Signore e Signori,


1. Con gioia sono venuto qui ad Erice per incontrarmi con voi, uomini e donne provenienti da diverse parti del mondo, accomunati da un identico, grande amore per la scienza e dal desiderio di esplorarne gli sconfinati orizzonti a vantaggio dell'intera umanità. Ringrazio il prof. Antonino Zichichi, illustre promotore di questo Centro, e i Signori S.C.C. Ting, Thung Dao Lee e Kai Siegbahn, per le profonde considerazioni da essi svolte. Mi rallegro vivamente per lo spirito che sostiene questa vostra comunità scientifica, da decenni animatrice di un fecondo interscambio in molteplici discipline, ai più alti livelli della ricerca scientifica su problemi di frontiera, dalla cui soluzione in gran parte dipende il futuro stesso dell'uomo e del pianeta. Grazie per l'invito che mi avete rivolto.

L'ho accolto con gioia, anche perché trovo particolarmente significativo che il vostro Centro non si limiti ad interessi specialistici e settoriali, ma ami anzi spaziare in ambiti e questioni di carattere globale, nei quali particolarmente urge un rapporto costruttivo tra le prospettive della scienza e le istanze qualificanti dell'esperienza religiosa. Peraltro, la stessa collocazione logistica di questo vostro Centro in antiche e suggestive strutture appartenenti ai figli del Poverello di Assisi, che conservano tuttora la loro "francescana" semplicità, offre il clima più favorevole per questo incontro cordiale della scienza con la fede, e quasi invita all'inno di lode con cui Francesco, inebriato dalla bellezza del cosmo, e come facendosi voce di tutte le creature, amava elevare il cuore all'"Altissimo, onnipotente e bon Signore".


2. Fin dagli inizi del mio Pontificato mi sono preoccupato di sottolineare che il dialogo tra scienza e fede non solo è possibile, ma essenziale, e mi sono impegnato a rimuovere gli ostacoli che ancora potessero contrastarne la costante crescita. A tal fine mi è sembrato importante il totale superamento di alcuni nodi antichi, che hanno purtroppo pregiudicato la serena intesa tra la Chiesa e la Comunità scientifica. Mi riferisco in particolare agli incresciosi avvenimenti passati alla storia come "caso Galileo". Fin dal 19 novembre 1979, in un discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, in occasione della commemorazione del centenario della nascita di Albert Einstein, invitai a una serena rivisitazione della controversia copernicano-tolemaica del diciassettesimo secolo. Dissi in tale

"Je donne tout mon appui à cette tâche qui pourra honorer la vérité de la foi et de la science et ouvrir la porte à de futures collaborations" (, Vol. II, 2, 1979 p. 1111). Alla stessa Accademia, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua rifondazione, parlai della necessità di promuovere tale dialogo, e la stessa urgenza volli ribadire in un messaggio per il trecentesimo anniversario della pubblicazione di Isaac Newton: "Philosophiae Naturalis Principia Mathematica", ricordando che scienza e religione sono a servizio della comunità umana, e auspicando una ricerca comune basata su di una critica franchezza e su di uno scambio che possa non solo continuare ma anche accrescersi nella sua qualità e nel suo scopo (Cfr. Lettera al Rev.do G. Coyne, S.J., Direttore dell'Osservatorio Astronomico Vaticano, 1 giugno 1988). Nella stessa prospettiva sono stato felice di fare mie le conclusioni della Pontificia Commissione che avevo incaricato di esaminare la menzionata controversia. In effetti, "il caso Galileo - osservavo - ha costituito una sorta di mito, nel quale l'immagine degli avvenimenti che ci si era costruita era abbastanza lontana dalla realtà (...). Una tragica reciproca incomprensione è stata interpretata come il riflesso di una opposizione costitutiva tra la scienza e la fede. Le chiarificazioni apportate dai recenti studi storici ci permettono di affermare che tale doloroso malinteso appartiene ormai al passato" (Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, 31 ottobre 1992, n. 10).


3. Ma verso quale direzione può orientarsi in futuro il dialogo tra scienza e fede? La mia riflessione prende spunto volentieri da una delle iscrizioni in bronzo inaugurate qui oggi: "Scienza e fede sono entrambe doni di Dio". In questa sintetica affermazione non soltanto si esclude che scienza e fede si debbano guardare con reciproco sospetto, ma si indica il motivo più profondo che le chiama a stabilire un rapporto costruttivo e cordiale: Dio, comune fondamento di entrambe; Dio, ragione ultima della logica del creato che la scienza esplora, e fonte della Rivelazione con la quale Egli liberamente si dona all'uomo, chiamandolo alla fede, per renderlo, da creatura figlio, ed aprirgli le porte della sua intimità. La luce della ragione, che rende possibile la scienza, e la luce della Rivelazione, che rende possibile la fede, provengono da un'unica sorgente. Sono due traiettorie distinte ed autonome, ma che per loro natura non possono entrare mai in rotta di collisione. Quando si dovesse registrare una qualche frizione, essa sarebbe il sintomo di una incresciosa patologia. Per questo il Concilio Vaticano II ha affermato la legittima autonomia e il valore immenso della conoscenza scientifica (Cfr. GS 59). La Chiesa anzi non esita a riconoscere che ogni autentico progresso scientifico - ed analogamente ogni avanzamento tecnologico che veramente serva al benessere integrale dell'uomo - va considerato come un inestimabile dono di Dio.


4. In che senso la scienza è "dono" di Dio? Una simile affermazione potrebbe risultare ambigua, addirittura provocatoria per il non credente, se la si intendesse come attenuazione della capacità naturale della mente, attraverso rigorosi procedimenti logico-conoscitivi, di cogliere la realtà. Ma un tale senso è così lontano dal pensiero della Chiesa, che finanche nel dominio della fede essa respinge un "fideismo" cieco (Cfr. DS 3009). A maggior ragione è da riconoscere la naturale capacità della mente umana di attingere la verità negli ambiti propri dell'esperienza e della conoscenza del mondo. Riconoscere ciò, lungi dall'escludere il "dono" di Dio, piuttosto lo suppone. Basti infatti considerare che l'uomo, e il mondo nel suo complesso, in quanto creature, sono costitutivamente un "dono", sgorgato dal libero disegno dell'amore divino. "Che mai possiedi - ricordava l'apostolo Paolo ai cristiani di Corinto - che tu non abbia ricevuto?" (1Co 4,7). Ma al di là di questo dono fontale e costitutivo, tutto il cammino dell'essere umano attraverso i molteplici sentieri dell'esistenza, compreso quello esaltante della conoscenza scientifica, è accompagnato dalla Provvidenza divina, che senza nulla togliere al ruolo dell'intelligenza, la segue, la illumina e la orienta, in un misterioso dialogo con l'umana libertà. In Dio, dunque, pur nella diversità dei loro cammini, scienza e fede trovano il loro principio di unità. Lo stesso Dio che si è manifestato nella Rivelazione, è anche Colui che ha lasciato la sua orma nel grande libro della natura, e si rende misteriosamente presente nella storia con la sua Provvidenza. "In lui - disse Paolo agli Ateniesi - viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Ac 17,28). Si può talvolta non riconoscere la sua mano, e c'è purtroppo anche tra gli scienziati chi apertamente la nega. Ma è proprio la storia della scienza, con la sua innegabile quanto inesauribile perfettibilità, ad escludere un fatuo orgoglio scientista e a suggerire alla scienza, insieme col coraggio e la fiducia della ricerca, la saggezza dell'umiltà, almeno nel lasciare aperto l'interrogativo metafisico sul principio ultimo e trascendente dell'esistenza. Del resto, nessuno più dello scienziato, quotidianamente alle prese con il mistero della natura, costretto a raccoglierne spesso solo delle briciole e a confessarne l'incatturabile immensità, è in grado di sentire i progressi della sua conoscenza come un "dono", un dono non di rado insospettato, che riempie di meraviglia, e fa fiorire sulle labbra e nel cuore il sentimento della "riconoscenza". Questo grato e sempre nuovo stupore dell'intelligenza è il naturale terreno dell'incontro tra la scienza e la fede. Albert Einstein significativamente affermo: "Quello che è eternamente incomprensibile nel mondo è proprio il fatto che esso è comprensibile" (Cfr. Journal of the Franklin institute, 1986, vol. 221, n. 38). Si tratta di un incoercibile senso di stupore che il credente traduce in slancio di preghiera, quando coglie nel mistero del mondo l'eco di un Mistero più grande, ed esclama col salmista: "O Signore nostro Dio, quanto è grande il tuo nome su tutta la terra!" (Ps 8,2).


5. Il dialogo tra scienza e fede, nel rispetto dei reciproci ambiti, è doppiamente necessario sul terreno della conoscenza scientifica applicata. Qui infatti alla dimensione, per così dire, contemplativa, che comporta già di per sé un risvolto morale, si aggiunge un'istanza di carattere operativo implicante decisamente in campo pratico il discernimento etico. Giustamente si distingue in proposito tra scienza e tecnologia. E' sul piano della scienza applicata che l'umanità sperimenta, nel bene e nel male, la potenza della conoscenza scientifica. Se la vita dell'uomo corre oggi enormi pericoli, non è a causa della verità scoperta mediante la ricerca scientifica, ma per le applicazioni di morte che ne sono state fatte sul piano tecnologico. In un'altra iscrizione riprodotta qui nel vostro Centro si legge: "Come al tempo delle lance e delle spade, così anche oggi nell'era dei missili, ad uccidere, prima delle armi è il cuore dell'uomo". E' giusto pero notare che tale distinzione, facile in teoria, è più difficile in pratica, giacché, nel concreto della vita, tra ricerca scientifica e tecnologia esiste una naturale connessione. Ambedue, pertanto, devono farsi carico di una precisa responsabilità etica in rapporto alle loro connessioni ed applicazioni. La posta in gioco è troppo grande, perché la si possa considerare con leggerezza. La situazione attuale del mondo, purtroppo, non sembra molto cambiata rispetto a come la descrivevo alcuni anni fa nel citato messaggio: 'So much of our world seems to be in fragments, in disjointed pieces. So much of human life is passed in isolation or in hostility. The division between rich nations and poor nations continues to grow; the contrast between northern and southern regions of our planet becomes ever more marked and intolerable. The antagonism between races and religions splits countries into warring camps; historical animosities show no signs of abating. Even within the academic community, the separation between truth and values persists, and the isolation of their several cultures - scientific, humanistic and religious - makes common discourse difficult if not at times impossible' (Lettera al Rev.do George V. Coyne, S.I., cit.).


6. Siamo stati testimoni in questi ultimi anni di rapidi e sorprendenti mutamenti sociali. Tra questi come non menzionare il superamento della rigida divisione del mondo in blocchi ideologici, e politici e militari contrapposti? E' grazie a questo evento che è stato allontanato, almeno in gran parte, il pericolo dell'"olocausto nucleare". In questo stesso arco di tempo, tuttavia, hanno raggiunto livelli di estrema pericolosità altre emergenze di carattere planetario, che lasciano intravedere il rischio di una sorta di "olocausto ambientale", dovuto alla improvvida distruzione di vitali risorse ecologiche e al moltiplicarsi di attentati sempre più insidiosi alla difesa e al rispetto della vita umana. La sfrenata corsa all'accaparramento e allo sfruttamento dei beni della terra da parte di pochi privilegiati pone le premesse di un'altra forma di guerra fredda, questa volta tra Nord e Sud del pianeta, tra Paesi altamente industrializzati e Nazioni povere, che non può non impensierire quanti hanno a cuore le sorti del mondo. Sull'orizzonte dell'umanità incombono nuovamente nubi minacciose.


7. Illustri membri e collaboratori di questa Comunità scientifica, nel rinnovarvi l'espressione del mio sincero apprezzamento per aver saputo con lungimirante tempestività porre al centro della vostra ricerca le attese e le sfide del mondo d'oggi, sento il dovere di esortarvi a farvi generosamente carico delle vostre responsabilità. Per affrontare e risolvere la minaccia di un olocausto ambientale c'è bisogno di scienziati che, come voi, sappiano offrire il loro apporto in maniera competente, coordinata, perseverante. Vi sono grato per quanto già state facendo in questo senso. Vi ringrazio anche per avermi offerto, come omaggio graditissimo, i risultati della vostra attività, preludio ad ulteriori conquiste per il bene dell'umanità. Apprezzo in particolare l'impegno profuso a favore di giovani studiosi provenienti da Paesi in via di sviluppo, affidati alla guida sollecita di eminenti uomini di scienza, che offrono volontariamente la loro opera. Siatene certi: il volontariato scientifico è una delle forme più nobili di amore per il prossimo.


8. Un'altra frase incisa nell'opera bronzea del Maestro Umberto Mastroianni ricorda: "L'uomo può perire per effetto della tecnica che egli stesso sviluppa, non della verità che egli scopre mediante la ricerca scientifica". Quando l'attività scientifica incide positivamente sul rispetto e la tutela della dignità dell'uomo, contribuisce in maniera significativa alla costruzione della pace. E' pertanto necessario promuovere instancabilmente una cultura scientifica, capace di guardare sempre a "tutto l'uomo" e a "tutti gli uomini", al servizio del bene e della solidarietà universale. Riveste, in proposito, grande rilevanza il progresso del dialogo tra scienza e fede. Dobbiamo impegnarci insieme a ristabilire il nesso tra verità e valori, tra scienza e impegno etico. Dobbiamo essere tutti veramente convinti che il progresso è tale se è al servizio del genuino e integrale benessere degli individui e di tutta la famiglia umana. Mi preme dunque ribadire ancora una volta quello che ho più volte sottolineato, e cioè che, se compito principale della scienza è ricercare la verità nella piena e legittima libertà che le appartiene, non è permesso tuttavia agli scienziati astrarre dalle implicazioni etiche concernenti i mezzi della loro ricerca e l'uso stesso delle verità scoperte (Cfr. Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, 31 ottobre 1992, n. 13).

La bontà etica non è che un altro nome della verità, quando essa è cercata dall'intelletto pratico. Non si può oscurare ed offendere la dimensione pratica della verità, senza che alla lunga ne derivi un pregiudizio alla percezione anche dei suoi aspetti "teorici", almeno in quei settori che comportano più immediati risvolti di carattere operativo. Il vostro Centro è sensibile alla prospettiva di una scienza veramente "globale", e sono lieto di constatare che avete dedicato gran parte del tempo e dell'impegno proprio a curare il dialogo riguardante le implicazioni etiche di varie scoperte nell'ambito delle scienze fisiche e biologiche. Consentitemi, per questo, di ripetervi la mia "ammirazione", esprimendovi nel contempo il più vivo incoraggiamento. La mia fondata speranza è che la Chiesa e la Comunità scientifica condividano, in un fecondo dialogo sempre più intenso e cordiale, le loro ricchezze di conoscenza e di esperienza, perché tutte le creature possano partecipare alla realizzazione del progetto amoroso di Dio.

Sperimenteranno così l'abbondanza della benedizione divina: "Siate benedetti dal Signore che ha fatto cielo e terra!" (Ps 115,15), benedizione che volentieri imploro oggi su questo vostro Centro "Ettore Maiorana" e sull'intera Comunità scientifica di Erice. La pace è sempre frutto dell'amore. Voi scienziati che coltivate soprattutto l'intelletto siete anche cultori dell'amore.

Data: 1993-05-08 Data estesa: Sabato 8 Maggio 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Lettera a Padre Marcello van de Ven