GPII 1993 Insegnamenti - Udienza: ad un Centro internazionale di ricerche - Città del Vaticano (Roma)

Udienza: ad un Centro internazionale di ricerche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Consentire al disabile di vivere senza umilianti assistenzialismi e vaghi pietismi

Gentili amici del Centro Internazionale Ricerche per l'Autosufficienza degli Handicappati.


1. A tutti voi il mio cordiale benvenuto. Saluto in particolare il Dr. Enzo Casserà e lo ringrazio per le cortesi parole che a nome vostro mi ha rivolto.

Avete voluto farmi visita per presentarmi gli apprezzabili risultati conseguiti dal vostro Centro nella promozione sociale dei disabili. Vi sono grato di tale segno di affetto, che mi piace raccogliere come espressione della fiducia riposta dal mondo della sofferenza nella Chiesa. La Comunità ecclesiale è spinta dal suo stesso annuncio evangelico a porsi in prima linea, dovunque si tratti di testimoniare ai fratelli sofferenti la concretezza e la tenerezza dell'amore di Dio.

A tale testimonianza essa è spronata non solo da sentimenti di umana pietà, ma anche dal suo stesso amore per Cristo, che non ha esitato a dirsi particolarmente presente in quanti hanno più bisogno di attenzione, di assistenza, di amore (Cfr. Mt 25,40). Per questo, tra le varie attività promosse dalla Chiesa, è di particolare significato la pastorale per gli ammalati. Proprio sul tema a voi caro delle "persone disabili nella società", nello scorso novembre, si è tenuta per iniziativa del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari una conferenza internazionale a cui hanno preso parte numerosi esperti. In essa si è registrata la crescente consapevolezza delle comunità nazionali e di quella internazionale su così delicate problematiche, traendone tutti motivo di nuova sensibilità e di maggiore impegno.


2. "La qualità di una società e di una civiltà si misura dal rispetto che essa manifesta verso i più deboli dei suoi membri" (From the very beginning: Enchiridion Vaticanum 7,1145). Questo fondamentale principio, che oltre dieci anni fa, in occasione dell'Anno Internazionale dell'Handicappato, la Santa Sede enuncio nel contesto di un apposito documento, si potrebbe dire il criterio ispiratore del vostro originale sforzo a favore di quanti, per i più diversi motivi, vivono una condizione di "handicap". Ciò interpella la solidarietà sociale, e a maggior ragione la coscienza cristiana.

In tale prospettiva, l'odierno incontro con voi mi è singolarmente gradito. Esso offre l'occasione per mettere in luce un approccio positivo e valorizzante verso i disabili, per aiutarli ad integrarsi pienamente nella società civile e negli stessi processi economici.

Bisogna purtroppo riconoscere che talora il ritmo incalzante della vita moderna non rende facile l'attenzione verso chi vive in uno stato di menomazione fisica o psichica. Certo, si sono fatti al riguardo progressi notevoli nella sensibilità comune e nelle legislazioni dei diversi Paesi. In non pochi casi, tuttavia, di fronte ai fratelli portatori di "handicap", se non ci si chiude nell'indifferenza, ci si accontenta di sterili forme di commiserazione, che rischiano di rendere più sofferta e intollerabile la loro condizione.


3. Benemerito è, allora, il vostro Centro Internazionale di Ricerche, che adotta nei confronti dei disabili un approccio del tutto alieno da umiliante assistenzialismo e vago pietismo.

Voi partite giustamente dal presupposto che essi possono offrire alla società molto più di ciò che è loro impedito, a condizione che la comunità faccia reale spazio alle loro potenzialità, il più delle volte latenti, quindi da individuare, coltivare e saggiamente orientare. Il vostro obiettivo davvero lodevole resta quello di consentire al disabile di vivere una "vita vera", come dice il motto del premio da voi istituito, una vita in cui egli non solo non si senta di peso, ma possa riconoscersi utile ed anzi protagonista.

Quello che voi state facendo, carissimi amici, è veramente un'espressione di illuminata solidarietà. Animata da sentimenti di gratuità e da profonda dedizione, essa diviene una delle forme più alte di cristiana carità.

Continuate a percorrere con perseveranza questa strada. Vi sono vicino con il mio affetto e la mia preghiera e volentieri imparto a voi, alle persone cui prestate servizio e a quanti vi sono cari, la mia benedizione.

Data: 1993-05-14 Data estesa: Venerdi 14 Maggio 1993

Messaggio di Giovanni Paolo II alle diocesi della Lombardia

Titolo: Una generosa mobilitazione per l'aiuto alla vita e per la formazione di una cultura della vita

A voi, carissimi fratelli e sorelle delle Diocesi della Lombardia, raccolti in solenne celebrazione al termine del Convegno regionale sul tema "nascere e morire oggi", rivolgo il mio saluto, pieno di affetto, con le parole del Risorto: "Pace a voi". La pace di Cristo sia con voi, fratelli Vescovi, e con voi, sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli delle Chiese di Lombardia. Vi porto tutti nel cuore, anche per la conoscenza che di voi ho fatto nelle mie visite pastorali.

In questo tempo dopo la Pasqua la liturgia ci fa meditare le parole del Signore: "Io sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi" (Ap 1,17-18). E' questa presenza che qualifica e dà valore al vostro incontro conclusivo. Avete camminato per più di un anno lungo i sentieri della riflessione sul nascere e sul morire: le due esperienze fondamentali dell'esistenza umana trovano in Gesù Signore il loro significato pieno ed risolutivo; in Lui, "Alfa e Omega", si innerva e si intesse la vita nuova del credente.

Voi desiderate annunciare l'uno all'altro il senso profondo del vivere in Cristo, il senso del nascere e del morire: lasciate che mi unisca anch'io in codesto annuncio al mondo e che esprima con voi il commosso stupore per ogni bimbo che s'affaccia alla vita. Lasciate che sosti in particolare con voi, ammalati, che condivida con voi la sofferenza redenta dal Crocifisso, che vi ringrazi per il coraggio che dimostrate nelle vostre prove, per il fatto che riconoscete nel Signore la sorgente di una vita che va al di là del pur meraviglioso dono della vita fisica. Lasciate che mi unisca a voi, giovani; che legga nei vostri sguardi la passione per una vita carica di prospettive e di progetti, radicati in Cristo e nel suo slancio di amore verso il Padre e verso i fratelli; che vi esorti a non chiudere in attimi sconnessi e sfuggenti la vostra esistenza; a non sciupare tempo ed energie per percorrere labirinti inconcludenti o dannosi. Sono con tutti voi che gremite lo stadio di San Siro a Milano.

Il mio pensiero non può non correre alla storia di carità che, nel corso dei secoli, proprio partendo da un amore profondo alla vita, si è intrecciata con le varie componenti della vita civile e sociale della vostra Terra. E non posso fare a meno di ringraziare il Signore per le caratteristiche di ingegnosa inventiva che hanno contraddistinto nel tempo la carità nella vostra regione.

E' consolante costatare, poi, come anche oggi non manchi nelle vostre Chiese una generosa mobilitazione per l'aiuto alla vita, per la sua accoglienza al momento della nascita, per la formazione di una cultura di vita anche dentro l'angoscia di morte che tragicamente segna la ricchezza quand'essa diventa egoismo. Con decisione, costanza e fermezza vi siete mossi in questa linea, aiutando e sostenendo là dove la vita non trova mezzi e risorse per essere degnamente accolta. così la carità si è fatta solidarietà in favore specialmente di coloro che soffrono a causa delle varie forme di emarginazione presenti nel nostro tempo.

Elevo la mia preghiera allo Spirito di Vita, che è Spirito di carità, affinché rafforzi sempre più nelle vostre Chiese il senso dell'amore che dà alla vita umana valore e dignità.

La Vergine Maria, che ho avuto la gioia di venerare nel santuario di Caravaggio, suggerisca a tutti e a ciascuno l'amore premuroso e misericordioso, che è necessario per l'affermarsi di un'autentica cultura della vita.

Con questi voti nel cuore tutti abbraccio nel Signore risorto e a tutti imparto la mia speciale Benedizione.


IOANNES PAULUS PP. II

Data: 1993-05-15 Data estesa: Sabato 15 Maggio 1993

Udienza: al Sindaco e alla delegazione della città greca di Tessalonica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'opera dei Santi Cirillo e Metodio rinnova in noi il desiderio della piena comunione tra le nostre chiese

Signor Sindaco, Egregi Signori, Sono profondamente lieto di poter salutare la delegazione greca, guidata dal Sindaco di Tessalonica, venuta qui a Roma per commemorare e venerare i due vostri illustri concittadini, i Santi Cirillo e Metodio, divenuti grandi apostoli degli Slavi, la cui memoria liturgica ricorre nel calendario della Chiesa ortodossa-greca l'11 maggio.

La loro opera missionaria e evangelizzatrice si colloca in un periodo in cui la Chiesa, nel pieno rispetto delle diverse tradizioni culturali ed ecclesiali, gioiva della piena unità. I Santi Fratelli eredi e promotori della grande tradizione bizantina, hanno portato il Vangelo del Signore agli Slavi predicandolo nella lingua del luogo. Il loro rispetto per i valori umani non era minore di quello per i valori ecclesiali. L'operato dei Santi Cirillo e Metodio svolto in quell'epoca dell'unità tra Oriente e Occidente, rinnova in ognuno di noi il desiderio della piena comunione tra le nostre Chiese. Questo desiderio si esprime anche nei pellegrinaggi annuali presso la tomba di San Cirillo, nella chiesa di San Clemente. Lo stesso desiderio dell'unità ho voluto esprimere nell'Enciclica Slavorum Apostoli o ho proclamato i Santi Fratelli di Tessalonica copatroni d'Europa. In questa Enciclica "ho voluto ritracciare il carisma e la mirabile opera dei grandi evangelizzatori convinto che tutta la Chiesa e specialmente coloro che contribuiscono all'evangelizzazione oggi possono trarre un grande profitto dall'esempio della loro vita, dal loro senso ecclesiale e dai loro metodi di apostolato" (AAS 1986, LXXVIII, p. 274).

Il profondo desiderio dell'unità caratterizza oggi non solo le nostre Chiese, ma anche tutta la nostra società in Europa. Essa si trova oggi in ricerca dell'unità alla quale tutti noi cristiani d'Occidente e voi, eredi della grande civiltà bizantina, dobbiamo contribuire.

L'esempio dei Santi Cirillo e Metodio, la loro eredità spirituale, che è religiosa e culturale nello stesso tempo, ci siano di ispirazione e di orientamento. Anche per le tensioni che attraversano oggi i popoli dell'Europa, la costruttiva opera di civilizzazione operata dai Santi Cirillo e Metodio può essere fonte di migliore, reciproca comprensione per poter trovare insieme nuove vie di testimonianza comune.

Data: 1993-05-21 Data estesa: Venerdi 21 Maggio 1993

Udienza: alle partecipanti al Capitolo Generale della Congregazione delle Piccole Suore Missionarie della Carità - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Dalla vostra testimonianza di unità nella carità un rinnovato messaggio di speranza"

Carissime sorelle!


1. Vi accolgo con gioia a conclusione dell'VIII Capitolo Generale del vostro Istituto. L'odierno incontro mi offre l'occasione di manifestarvi gratitudine per l'impegno con cui, seguendo l'intuizione carismatica di don Luigi Orione, la vostra Famiglia religiosa contribuisce efficacemente all'opera evangelizzatrice della Chiesa, mediante una preziosa testimonianza di carità fra i poveri e i bisognosi.

Indirizzo a ciascuna di voi, Delegate capitolari, un cordiale benvenuto; saluto in particolare la nuova Superiora Generale, Suor Ortensia Turati, insieme con il rinnovato Consiglio generale. Grazie per le cortesi parole che poc'anzi mi sono state rivolte, grazie per la fedeltà alla Chiesa e al Papa da voi generosamente ribadita.


2. La vostra Congregazione, sgorgata dal genio spirituale del Beato Fondatore, continua a diffondere nel mondo il Vangelo della carità ed i segni della divina misericordia. Per poter sempre meglio adempiere tale missione, voi avete voluto riflettere nell'assemblea Capitolare sul vostro specifico carisma al fine di condurre tutti, attraverso la catechesi e la pratica delle opere evangeliche di misericordia verso i poveri più poveri, alla conoscenza e all'amore di Gesù Cristo, del Papa e della Chiesa.

Questi intensi e laboriosi giorni di preghiera e di fraterno dialogo vi hanno dato modo di realizzare un'autentica "esperienza di unità nella carità".

Avete verificato il cammino spirituale sinora percorso. Avete analizzato il programma apostolico particolarmente espresso nel IV voto di carità, per intensificare la comunione e l'ansia evangelizzatrice all'interno di ogni vostra Comunità ed opera, secondo le varie articolazioni della Congregazione, dalla presenza attiva nel campo della carità alla silenziosa ed orante immolazione delle sorelle dedite alla vita contemplativa.

E' stata poi vostra cura, tenendo conto delle mutate condizioni dei tempi domandarvi quale debba essere il contributo peculiare che il vostro Istituto è chiamato ad offrire alla nuova evangelizzazione, in piena fedeltà allo spirito del Fondatore e, al tempo stesso, in coraggiosa aderenza alle esigenze apostoliche attuali. Voi volete camminare, come amava ripetere don Orione "alla testa dei tempi". Questo comporta un paziente lavoro di verifica e di messa a punto, un'attenta revisione delle opere e dei servizi, una saggia apertura alla collaborazione der laici. Richiede soprattutto uno sforzo di costante conversione personale e comunitaria.

L'esperienza di intensa condivisione, che avete vissuto nel Capitolo Generale, dovete parteciparla ora a tutte le Consorelle si da fare unità nella carità ovunque voi vi troviate ad operare. In tale modo brillerà come eloquente testimonianza evangelica la premura apostolica delle Piccole Suore Missionarie della Carità tra i poveri ed i sofferenti.


3. Care sorelle, siete chiamate alla santità: ecco la vostra vocazione da realizzare con ogni mezzo e vigore, imitando il vostro Padre spirituale e lasciandovi guidare dalle Costituzioni dell'Istituto. Nella Santa Regola si trova già delineato il cammino sicuro da intraprendere per essere fedeli a Dio, per venire incontro alle necessità della Chiesa e per servire i poveri accompagnandoli a Cristo. Approfondite le Costituzioni, vivete le Costituzioni, nutritevi alla mensa della Parola di Dio e dei Sacramenti, seguite docilmente il Magistero della Chiesa. Il Beato Luigi Orione vi raccomandava di camminare "con due piedi: umiltà e carità"; ed aggiungeva: "siate Madri e serve dei poveri... andate a spargere la carità e, poi, fate olocausto della vostra vita".

A questa scuola di santità e di dedizione ai fratelli, formate anche le giovani che il Signore continua a chiamare nella vostra Famiglia religiosa.

Sappiate risvegliare in esse, con l'esempio, il desiderio di dedicarsi al Vangelo in modo radicale e trasmettete loro la passione di don Orione per Cristo crocifisso. "Conformarsi in tutto a nostro Signore Gesù Cristo, - ricorda il Beato Fondatore - vivere Gesù Cristo, vestirsi dentro e fuori di Gesù Cristo, a questa scuola bisogna formare e plasmare le Religiose".

La formazione iniziale e permanente sia pertanto fra le Priorità del vostro Istituto. Una saggia azione formativa che si alimenti di contemplazione e di intensa pratica sacramentale. Un'educazione al dialogo e alla comunione che sappia valorizzare ogni apporto personale e culturale, mantenendo ben salda la tensione verso l'unità mentre si allargano i confini dell'apostolato.

Ricordate quanto ha scritto don Orione: "Sia in tutti una gara a faticare assiduamente per far del bene alle anime alle intelligenze, ai cuori ed anche ai corpi malati dei nostri fratelli per l'amore di Dio" (Lettere I, 282).


4. Carissime sorelle, dopo la sosta del Capitolo Generale, riprendete ora con entusiasmo il vostro cammino. Primo vostro impegno sarà quello di recare a tutte le Comunità un rinnovato messaggio di speranza. Dovete loro comunicare quanto lo Spirito vi ha suggerito e insieme a loro dar vita ad una più impegnata stagione apostolica nella vostra Congregazione e nella Chiesa.

Vi sia di sostegno la materna intercessione di Maria, che il Beato don Orione amava chiamare "Celeste Fondatrice". Vi protegga dal cielo il vostro Fondatore. Vi accompagni anche la speciale Benedizione, che di cuore imparto a ciascuna di voi ed a tutte le vostre consorelle, specialmente alle anziane, ammalate e sofferenti.

Data: 1993-05-25 Data estesa: Martedi 25 Maggio 1993

Veglia di Pentecoste a San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ricevete lo Spirito Santo




1. "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,22).

Tutto prende l'avvio da queste parole. In esse è contenuto e mediante esse si esprime "ogni potere in cielo e in terra" (Cfr. Mt 28,18). Tutto prende l'avvio da queste parole - e da questa sera, la prima dopo il sabato. Gli Apostoli riuniti in cenacolo hanno ancora negli occhi ciò che è avvenuto negli ultimi giorni e sono presi da timore. proprio a questo timore umano vengono incontro le parole: "Ricevete...". Ma è innanzitutto Lui, Gesù, a farsi presente tra di loro, quel Gesù che hanno visto agonizzante sulla croce, e poi deposto nel sepolcro. Ora, è di nuovo presente tra di loro. Lo stesso, anche se diverso. Lo stesso, perché ne sentono la voce. Lo stesso, perché mostra loro le mani e il costato - le cicatrici, segno di crocifissione.

Ma diverso... Diverso: "Primogenito di coloro che risuscitano dai morti (Col 1,18)!


2. "Ricevete lo Spirito Santo".

Tutto prende l'avvio da queste parole: Tutto quello che si realizzerà nei giorni successivi. E finalmente - anche la Pentecoste. L'evento di Pentecoste viene descritto con precisione da coloro che vi hanno preso parte. E' una descrizione assai dettagliata. Descrizione ricca di segni e di significati.

Anzitutto, pero, la Pentecoste è un compimento: compimento di ciò che era avvenuto quella sera di Pasqua, "dopo il sabato", nella potenza delle parole pronunciate allora da Lui: il Risorto.

Egli aveva detto: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Jn 20,21). Detto questo, aveva alitato su di loro ed aveva detto: "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,22)... "Avrete forza dallo Spirito Santo... e mi sarete testimoni" (Ac 1,8).

Proprio questo si compie nel giorno di Pentecoste. Pietro tiene il discorso. Parla come testimone del Signore, crocifisso e risorto. Parla nella potenza dello Spirito di Verità. Gli Apostoli sanno di aver ricevuto tutti la stessa potenza.

E quando gli uditori, dopo aver ascoltato le parole di Pietro, chiedono: "Che cosa dobbiamo fare fratelli?" (Ac 2,37), egli risponde: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati" (Ac 2,38). Cristo, donando loro lo Spirito Santo, portandolo alla Chiesa nelle piaghe della sua Crocifissione, non aveva forse detto: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,23)?


3. "Ricevete lo Spirito Santo".

Nella storia della Chiesa, costruita sul fondamento degli Apostoli, tutto ha preso sempre l'avvio da queste parole. Dalla profondità dello stesso mistero pasquale la Chiesa apostolica che è in Roma, eredità particolare dei Santi Pietro e Paolo, ha iniziato anche il suo Sinodo. Tale inizio è avvenuto il 17 maggio del 1986, un sabato come oggi, durante la veglia della Pentecoste.

Oggi, dopo aver percorso il cammino sinodale, la Chiesa che è in Roma torna in piazza San Pietro, portando il frutto del suo lavoro pluriennale. "Colui che ha iniziato in noi quest'opera buona, la porterà a compimento" (Cfr. Ph 1,6).


4. "Lodate il Signore perché è buono" (Ps 136/135,1).

Lungo è stato il cammino del Sinodo romano, ma sempre sostenuto dalla grazia dello Spirito e dalla preghiera. Lungo doveva essere, per costituire un adeguato tirocinio pratico dell'ecclesiologia di comunione del Concilio Vaticano II e per consentire una riflessione comune di tutto il popolo di Dio che è in Roma sulla missione che attende questa Chiesa alla fine del secondo millennio dell'era cristiana, missione che tutta si riassume nella grande sfida della "nuova evangelizzazione".

Ricordiamone insieme i passaggi salienti, per renderne grazie al Signore mediante l'intercessione della Vergine Maria, "Salus Populi Romani" e Madonna del Divino Amore, degli Apostoli Pietro e Paolo, dei martiri, dei santi e delle sante che costituiscono la ricchezza più grande di questa Chiesa.

Dapprima l'alacre lavoro di preparazione, guidato dal Cardinale Vicario Ugo Poletti e condotto attraverso lo studio e l'impegno di uomini e donne - Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Laici - che hanno messo volentieri a disposizione i propri talenti e la propria competenza per indagare sulla realtà religiosa e sociale di Roma e per discernere criteri e progetti di rinnovamento ecclesiale e di impegno missionario da sottoporre all'esame corale del popolo di Dio.

Poi, quando già le responsabilità del Vicario di Roma erano passate al Cardinale Camillo Ruini, le grandi tappe attraverso le quali questo esame corale si è progressivamente esplicato. In primo luogo le Assemblee Presinodali di prefettura, momento di massima partecipazione popolare al dibattito sinodale.

Quindi, il Confronto con la Città, dove la Chiesa ha ascoltato e si è lasciata interrogare dalle istanze più qualificate e dai problemi più importanti e complessi della Roma di oggi; il dialogo ecumenico, improntato a vera fraternità; il lavoro comune tra i responsabili della Diocesi e le altre presenze ecclesiali in Roma, dedite in gran parte al servizio della Santa Sede.

E finalmente le Assemblee plenarie, che lungo tutto il corso di quest'ultimo anno pastorale si sono dedicate con pazienza e amore all'elaborazione del "Libro del Sinodo", che questa sera mi è stato presentato dal Cardinale Vicario a nome di voi tutti, Fratelli e Sorelle carissime, per essere da me, Vescovo di Roma, approvato e promulgato. Vi ringrazio per questo grande dono della Pentecoste 1993.


5. "Lodate il Signore perché è buono".

Di questo Libro ho già potuto apprezzare la completezza dei contenuti, la solidità teologica nutrita di parola di Dio e di magistero pontificio e conciliare, e specialmente la tensione missionaria e l'afflato pastorale. Esso potrà ben rappresentare quasi un breviario o una regola pastorale per il cammino della Chiesa di Roma sulle strade della nuova evangelizzazione, verso e oltre l'atteso Giubileo dell'anno 2000.

Vorrei sottolineare fin d'ora le proposte che lo qualificano e che dovranno costituire quasi i grandi indicatori del nostro itinerario: anzitutto la consapevolezza della singolare vocazione della Chiesa di Roma, del servizio cioè di fede e di amore a cui essa, sede di Pietro, è chiamata, verso questa Città e verso le Chiese sorelle sparse nel mondo intero. Inoltre, l'adempimento quotidiano e capillare del triplice ufficio di Cristo, che si attualizza nella Chiesa attraverso l'annuncio e la catechesi, la preghiera liturgica e personale, la testimonianza della carità: un adempimento sempre più improntato al dinamismo missionario della nuova evangelizzazione ed efficace soltanto sulla base di una concreta e partecipata spiritualità e vita di comunione nella nostra Diocesi. Ed ancora, un impegno pastorale di speciale intensità su quelle frontiere, come la famiglia, i giovani, le responsabilità sociali e politiche, la cultura, lungo le quali si può e si deve costruire il volto cristiano della Roma del 2000.

Al Cardinale Vicario, al suo Predecessore Cardinale Ugo Poletti, ai Vescovi miei e suoi collaboratori, e a ciascuno di voi, Fratelli e Sorelle della Chiesa di Dio che è in Roma, affido il mandato di realizzare progressivamente questi obiettivi e traguardi pastorali, con un'opera paziente e coraggiosa, corroborata dalla preghiera e sempre sostenuta dalla fiducia in Dio e dalla speranza cristiana. E' questo il mio ringraziamento per il cammino sinodale finora compiuto e anche il mio affidamento per il cammino post-sinodale da compiere.

Tutti voi, carissimi, saluto questa sera con grande affetto. Vi ringrazio di tutto cuore per l'apporto offerto a vario titolo ai lavori sinodali.

Un ricordo particolare è per voi, cari missionari partiti da Roma per annunciare il Vangelo in terre lontane e tornati ora per prendere parte alla conclusione del Sinodo. Mi uniro spiritualmente al pellegrinaggio al Santuario del Divino Amore, che avrà luogo appena terminata la presente celebrazione, per riaccompagnare nella sua Casa l'immagine di Maria Santissima. Seguiro pure con la preghiera il pellegrinaggio diocesano a Lourdes dal 4 al 10 luglio. Voglia la Madre di Dio, Stella dell'evangelizzazione, sostenere l'impegnativo itinerario post-sinodale della Chiesa di Roma. A Lei tutti ci affidiamo con rinnovata speranza. così questo cammino post-sinodale affido, carissimi, a tutti voi, ma soprattutto lo affido, in voi, alla "Salus Populi Romani".


6. "O Spirito, o Consolatore".

Lodiamo dunque e ringraziamo per questa "effusione dello Spirito" sulla Chiesa apostolica che è in Roma, sulla Chiesa di quest'ultimo scorcio del secondo millennio.

Ringraziamo per il Concilio Vaticano II, che è diventato per noi guida nei lavori sinodali.

Ringraziamo per i figli e le figlie del popolo di Dio - che come dice il profeta Gioele - "diverranno profeti" (Jl 3,1): ringraziamo per i figli e le figlie della nostra Chiesa, a cui è stato dato il dono della luce e del consiglio, in quanto partecipi della vocazione profetica al servizio della stessa Verità divina, Vangelo di salvezza per tutte le generazioni.

O Spirito Consolatore, Spirito del padre e del Figlio, scendi per rinnovare la faccia della terra! La tua forza penetri tutti noi, perché si rinnovi il volto di questa Città e di questa Chiesa.


7. "Che non ci disperdiamo...".

Ecco, dalla storia lontana, compare l'immagine di quella città e di quella torre - torre di Babele, da cui scaturisce l'eredità delle divisioni e delle lotte, quando gli uomini hanno iniziato a costruire contro Dio. "Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città" (Gn 11,8). Che non ci disperdiamo.

O Spirito Santo Dio, Spirito della Pentecoste, vieni, prendi dimora tra di noi. Guidaci in quel cammino di comunione, in cui siamo entrati durante gli anni del Sinodo...

"Che non ci disperdiamo"! "Mentes tuorum visita..." "Visita le menti dei tuoi fedeli, riempi della grazia superna i cuori che tu hai creato".

"Veni, veni, Sancte Spiritus! Amen".

[Saluto al Presidente della Repubblica Italiana, ai delegati fraterni che hanno partecipato al Sinodo e a tutti coloro che hanno dato il loro contributo ai lavori dell'Assemblea:] Prima di impartire la benedizione, desidero rivolgere il mio deferente saluto al Presidente della Repubblica italiana, On. Oscar Luigi Scalfaro, che ci ha onorato della sua presenza durante questa solenne veglia di preghiera.

Saluto pure i Delegati fraterni, che hanno preso parte al Sinodo ed in particolare quelli presenti stasera a questa celebrazione: il Vescovo Gennadios Zervos, Ausiliare per l'Italia dell'Arcidiocesi Greco-Ortodossa del Patriarcato ecumenico, ed il Canonico Douglas Brown, Direttore del Centro Anglicano di Roma.

Ad essi ed a quanti hanno contribuito ai lavori dell'Assemblea sinodale il mio cordiale ringraziamento!

Data: 1993-05-29 Data estesa: Sabato 29 Maggio 1993

Lettera Apostolica - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Per il riordinamento delle circoscrizioni ecclesiastiche in Ungheria

Venerabili fratelli nell'Episcopato, Fin dagli albori della nobile Nazione magiara, la Chiesa cattolica, che è stata "inviata da Dio alle genti per essere "sacramento universale di salvezza"" (AGD 1) e al la quale "per mandato divino incombe l'obbligo di andare nel mondo universo a predicare il Vangelo a ogni creatura" (DH 13), in modo memorabile ha compiuto la sua missione di salvezza in mezzo a quel popolo.

Così, su richiesta del Principe Taksony, che aveva inviato un suo delegato a Roma, già nel 962 il Papa Giovanni XII scelse Zaccheo, lo ordino Vescovo e lo fece partire per l'Ungheria.

E' al santo Re Stefano che si deve la successiva organizzazione della Chiesa in Ungheria. Nel 1001 il Concilio di Ravenna, celebrato alla presenza di Papa Silvestro II - il quale aveva mandato la corona al Principe Stefano - riconosceva la sede di Esztergom come "mater et caput". Intanto si costituivano anche le diocesi di Veszprém, Kalocsa, Eger, Györ, Pécs, Casanad, Bihar e Vac.

Il santo Re Stefano, mentre si preoccupava che il suo popolo godesse di adeguate strutture ecclesiastiche, ad esso lasciava come preziosa eredità la fedeltà alla Sede Apostolica.

Viene spontaneo alla mente il ricordo di tale gloriosa storia delle origini, nel momento in cui si procede al riordinamento delle circoscrizioni ecclesiastiche del vostro Paese, per corrispondere in modo adeguato alle esigenze pastorali dei tempi attuali.

La solennità di Pentecoste irradia una luce del tutto particolare su questi provvedimenti; è lo Spirito Santo, infatti, che "con la sua venuta... introduce il mondo degli ultimi tempi, il tempo della Chiesa" (CEC 732) e arricchisce questa medesima Chiesa di "diversi doni gerarchici e carismatici" (LG 4), perché Cristo, che l'ha costituita sulla terra come un organismo visibile, possa diffondere su tutti, attraverso di essa, la verità e la grazia (Cfr. LG 8).

Nelle loro Chiese particolari, risalenti ai tempi stessi della conversione della Nazione, e attorno ai rispettivi Vescovi, che, in comunione con il Romano Pontefice, Successore di Pietro, di esse "sono il principio visibile e il fondamento dell'unità" (LG 23), i cattolici ungheresi "sono chiamati come membri vivi a contribuire con tutte le loro forze, ricevute dalla bontà del Creatore e dalla grazia del Redentore, all'incremento della Chiesa e alla sua continua ascesa nella santità" (LG 33).

La Chiesa in Ungheria, sottoposta a dolorose prove nel recente passato, condivide ora la gioia di tutto il popolo per la libertà felicemente recuperata ed è riconoscente al Signore perché è ormai in grado di portare liberamente alla società la luce di Cristo e del suo Vangelo.

Le nuove condizioni in cui è chiamata a svolgere la sua missione, tuttavia, richiedono un riordinamento delle sue circoscrizioni ecclesiastiche, affinché, secondo l'auspicio del Concilio Vaticano II, i Vescovi possano "il più perfettamente possibile provvedere all'assistenza spirituale del popolo di Dio" (CD 22). Ho, quindi, ritenuto opportuno di creare due nuove diocesi, Kaposvar e Debrecen-Nyiregyhaza, e modificare i confini esistenti nelle altre diocesi, elevando poi a sede metropolitana la diocesi di Veszprém.

In tale riordinamento, trova un posto segnalato quello che tocca la capitale Budapest, per la quale, nell'unità di governo ora ottenuta, auspico convenienti strutture pastorali che rispondano alla sua vasta e complessa realtà sociale.

Ricordando la mia non lontana Visita apostolica, vorrei accompagnare questi provvedimenti con un fervido augurio per tutta la Chiesa in Ungheria.

Siano essi occasione di rinnovato impegno in quella nuova evangelizzazione del Paese, alla quale convocavo tutti, Vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose laici, in vista delle prossime scadenze del primo millennio del battesimo dell'Ungheria e del secondo millennio dell'era cristiana (Cfr. Incontro con la Conferenza Episcopale, Budapest, 20 agosto 1991).

Insieme a tutti voi, diletti fratelli, ne affido la felice realizzazione a Maria "Magna Domina Hungarorum", presente tra gli Apostoli in preghiera nella Pentecoste. Ottenga essa per la Chiesa in codesta nazione l'abbondanza dei doni dello Spirito Santo! Dato a Roma, presso San Pietro, nella solennità di Pentecoste, il 30 maggio 1993.

[Traduzione dal latino] 17/01/19102 Pag. 19261

Data: 1993-05-30 Data estesa: Domenica 30 Maggio 1993

Recita del Regina Coeli - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La tensione missionaria delle origini

Carissimi fratelli e sorelle!


GPII 1993 Insegnamenti - Udienza: ad un Centro internazionale di ricerche - Città del Vaticano (Roma)