GPII 1993 Insegnamenti - Lettera inviata a Monsignor Giuseppe Chiaretti, Vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto


17/01/19102 Pag. 19425 Dal Vaticano, 2 Agosto 1993, quindicesimo di Pontificato.

Data: 1993-08-02 Data estesa: Lunedi 2 Agosto 1993



Messa per il XV anniversario della morte di Paolo VI - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Ho conservato la fede"

Carissimi fratelli e sorelle! Ci raccogliamo in preghiera quest'oggi, Festa della Trasfigurazione del Signore, facendo memoria del mio venerato Predecessore, il Papa Paolo VI, nell'anniversario della sua pia morte.

Sono trascorsi quindici anni da quel 6 agosto 1978, giorno del suo umano tramonto. Quindici anni è anche il tempo del suo pontificato, che prese avvio il 21 giugno del 1963: trenta anni or sono. Ricorrenze, queste, che vengono a sottolineare il significato spirituale dell'odierna commemorazione.

C'è, tuttavia, un'ulteriore ragione che rende ancor più familiare e sentita la nostra Celebrazione eucaristica. L' 11 maggio scorso è stato ufficialmente avviato qui a Roma il suo processo di beatificazione. L'auspicio di tutti è che possa presto concludersi felicemente.

L'affetto nei confronti di questo Pontefice, profeta della "civiltà dell'amore", si accompagna alla riconoscenza verso Dio per averci dato in lui un Pastore fedele e generoso, costantemente dedito ad indicare con bontà e fermezza l 'esigente sequela del Vangelo.

Una grande fede sorresse ogni momento del suo non facile servizio ecclesiale. Vengono allo spirito, in proposito, le parole da lui pronunciate il 29 giugno 1978, a poco più di un mese dalla morte, e che costituiscono come una sorta di pubblico testamento: "anche noi, come Paolo - egli diceva - sentiamo di poter dire: ho combattuto la buon battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede".

"Ho conservato la fede". Preghiamo perché non venga mai meno la fedeltà al Vangelo nella vita di tutti i credenti. Preghiamo affinché il Signore ci conceda di vedere quanto prima questo suo Servo elevato agli onori degli altari.

Affidiamo tali voti a Maria, che Paolo VI ha insegnato ed esortato ad invocare come Madre della Chiesa.

Con questi spirituali sentimenti accostiamoci all'altare del Signore per prender parte al Sacrificio della nostra redenzione.

Data: 1993-08-06 Data estesa: Venerdi 6 Agosto 1993

Messaggio del Papa in occasione della prossima celebrazione della Giornata Mondiale per i Migranti nell'Anno 1993-1994

Titolo: Lo Stato difenda le famiglie degli immigrati dal razzismo e dall'emarginazione promuovendo un'operosa solidarietà

Carissimi fratelli e sorelle


1. Il fenomeno migratorio interessa tanta parte di umanità costretta, per varie ragioni, a lasciare i propri affetti, luoghi e tradizioni alla ricerca di un futuro migliore. Ai nostri giorni, esso ha assunto un carattere complesso ed inedito, che pone problemi nuovi acuendo ancor più le difficoltà tipiche di quanti sono coinvolti.

I migranti hanno bisogno di una specifica attenzione pastorale da parte della Comunità ecclesiale, sensibile non solo alle loro sofferenze personali bensi anche alle negative ripercussioni che le loro difficili condizioni di vita possono avere specialmente sulle rispettive famiglie. Il fenomeno migratorio tocca, infatti, in modo rilevante i nuclei familiari.

In occasione della prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, e nel contesto dell'Anno Internazionale della Famiglia, desidero invitare quanti a diverso titolo si preoccupano di promuovere l'autentico bene della famiglia a considerare attentamente le problematiche della famiglia emigrata, proprio in considerazione delle peculiari difflcoltà che essa oggi si trova ad affrontare, talora in maniera drammatica.

E' un dato certamente positivo il fatto che nella maggioranza dei Paesi si riconosca il diritto del migrante a convivere con la propria famiglia, e che molte Istituzioni internazionali lo abbiano ribadito, sottolineandone l'attualità e il valore. Si deve tuttavia costatare che il riconoscimento di tale diritto contrasta spesso con ostacoli di vario genere, che ne impediscono talora l'effettivo godimento.

Compito dello Stato è di non far mancare alle famiglie degli immigrati tenendo conto delle loro esigenze péculiari, quanto ordinariamente esso assicura a quelle dei propri cittadini. In particolare è compito dello Stato difenderle da ogni tentativo di emarginazione e razzismo, promovendo una cultura di convinta e operosa solidarietà. Predisporrà a tal fine ogni più idonea e concreta misura di accoglienza, insieme a quei servizi sociali atti a favorire, anche per loro, una esistenza serena ed uno sviluppo rispettoso della dignità umana.


2. I credenti, sono chiamati, ad un titolo particolare a collaborare a tale opera di alto valore civile e spirituale. Impegno particolarmente esigente e delicato che, prima ancora di lungimiranti provvedimenti sociali ed economici, suppone la creazione di un clima alimentato da spirito di solidarietà e di servizio. I migranti non hanno bisogno solo di "cose": essi cercano soprattutto comprensione fraterna e fattiva. Essere a loro servizio esige che ci si sintonizzi con la loro naturale e legittima ansia di riscatto, sostenendone l'aspirazione a nuove e migliori opportunità di vita.

Come insegna il Concilio Vaticano II, "per quanto riguarda i lavoratori che, provenendo da altre nazioni o regioni, concorrono con il loro lavoro allo sviluppo economico di un popolo o di una zona diversa dalla originaria, è da eliminare accuratamente ogni discriminazione nelle condizioni di rimunerazione o di lavoro. Inoltre tutti, ed in primo luogo i poteri pubblici, devono accoglierli come persone, e non semplicemente come puri strumenti di produzione, e devono aiutarli perché possano accogliere presso di sé le loro famiglie" (GS 66).

In questa prospettiva vanno affrontati i problemi connessi in vario modo al fenomeno migratorio, in particolare quelli della casa, del lavoro, della sicurezza, oltre che della diversità di lingua, di cultura e di educazione.


3. Le Comunità ecclesiali, poi, debbono trovare nella comune professione di fede una ragione in più per accogliere le famiglie cristiane dei migranti sentendosi responsabili della loro assistenza spirituale. Ricordino, pero, "che non è possibile svolgere in maniera efficace questa cura pastorale, se non si tengono in debito conto il patrimonio spirituale e la cultura propria dei migranti" (Paolo VI, Motu proprio Pastoralis Migratorum Cura).

Tale cura pastorale va quindi considerata alla luce dei principi di valorizzazione e discernimento che reggono il rapporto tra l'unica fede e le diverse culture. "Le famiglie dei migranti... devono poter trovare dappertutto, nella Chiesa, la loro patria. E' questo un compito connaturale alla Chiesa, essendo segno di unità nella diversità" (FC 77).

Ciò avverrà più facilmente se la pastorale dei migranti saprà valorizzare l'apporto delle varie comunità etniche evitando il rischio di dar vita ad una pastorale "emarginata" per degli "emarginati".

I Vescovi hanno a cuore, per questo, di formare comunità etniche o linguistiche, istituendo parrocchie personali o missioni con cura d'anime laddove, a loro giudizio, sussistono condizioni di utilità ed opportunità pastorale (Cfr. Pastoralis Migratorum Cura, 33,1-2).

Integrarsi nelle comunità di accoglienza è certo per i migranti un processo naturale, e senza dubbio anche auspicabile; prudenza vuole, tuttavia, che non se ne forzino i tempi. Una specifica azione pastorale ad essi riservata, tutelando il rispetto dovuto alla loro diversa identità culturale e al peculiare loro patrimonio spirituale, serve a garantire il legittimo collegamento con il territorio d'origine nella fase del graduale inserimento sociale.


4. Preoccuparsi perché ciò avvenga in modo armonico è operare per il bene della famiglia, che deve essere aiutata a stimare i valori su cui essa si regge, soprattutto salvaguardandone l'unità e favorendo la comunione al suo interno. A tal fine occorre adoperarsi per creare fra i suoi membri un clima di dedizione e di serietà, di moralità e di preghiera, di ascolto costante della Parola del Signore e di esercizio quotidiano delle virtù, di partecipazione assidua ai sacramenti e di fiduciosa adesione al volere di Dio.

Anche l'educazione dei figli rimane, nel contesto dell'emigrazione, un punto di fondamentale importanza per una sana impostazione della vita familiare.

La pastorale aiuterà i migranti a non farsi assorbire dalle attività lavorative a discapito di quei valori, dai quali dipendono la vera pace e felicità della famiglia e il suo progresso spirituale alla luce degli insegnamenti ecclesiali.

Va prestata, inoltre, la debita attenzione ai matrimoni misti e a quelli con dispensa da disparità di culto, favoriti e facilitati dall'odierno fenomeno migratorio come pure dal moderno clima di facile scambio culturale tra i popoli.

Non sottovalutino i giovani il ruolo che la fede è chiamata a svolgere nel processo di integrazione spirituale e affettiva, a cui ogni matrimonio per sua natura tende.

La celebrazione consapevole e prudente di un matrimonio misto richiede la conoscenza degli elementi di fondo che definiscono la fisionomia dell'una e dell'altra Chiesa o Comunità ecclesiale, di quel che le unisce e di quanto le differenzia. Superati eventuali pregiudizi, ognuno porterà nel matrimonio la propria sensibilità umana ed ecclesiale, nell'intento di arricchire la vita comune, e la stessa educazione dei figli, che sempre deve ispirarsi alla fede. Il coniuge cattolico si impegna a coltivare tali doveri nella linea della propria appartenenza ecclesiale (Cfr. Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, Direttorio per l'applicazione dei principi e delle norme sull'ecumenismo, nn. 150-151).


5. Si registra oggi un considerevole aumento di matrimoni tra cattolici e persone appartenenti a religioni non cristiane. Il rispetto che si deve a tali esperienze religiose, sulla base dei principi indicati dalla dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Ecumenico Vaticano II, mai deve far dimenticare che "per questi matrimoni è necessario che le conferenze Episcopali e i singoli Vescovi prendano misure pastorali adeguate, dirette a garantire la difesa della fede del coniuge cattolico e la tutela del libero esercizio di essa, soprattutto per quanto concerne il dovere di fare quanto è in suo potere perchè i figli siano battezzati ed educati cattolicamente. Il coniuge deve essere altresi sostenuto in ogni modo nel suo impegno di offrire all'intemo della famiglia una genuina testimonianza di fede e di vita cattolica" (FC 78). Richiamo tanto più urgente quanto più forte è l'eventualità che la parte cattolica debba seguire quella non cristiana in un Paese dove la religione dominante fa sentire il proprio influsso sull'intero tessuto sociale, restringendo, di fatto, ogni spazio di libertà ad altre professioni di fede.


6. Carissimi fratelli e sorelle migranti! E' a voi, soprattutto, che si rivolge ora con affetto il mio pensiero. A voi che vivete lontani dalla famiglia, costretti a restare a lungo soli, sradicati dal contesto familiare e sociale. Il Signore vi è vicino! Possa la comunità cristiana, grazie allo spirito di accoglienza che deve animarla, farvi sentire concretamente che "nessuno è senza famiglia in questo mondo; la Chiesa è casa e famiglia per tutti, specialmente per quanti sono "affaticati ed oppressi"" (FC 85).

Rifulga dinanzi alle vostre famiglie il modello della Casa di Nazareth, provata anch'essa dalla povertà, dalla persecuzione e dall'esilio. Costretta dalla minaccia, che incombeva sulla vita del Redentore, la Santa Famiglia sperimento la fuga improvvisa, in un clima drammatico, denso di ansie ed angosce a voi ben note per diretta esperienza.

La Famiglia di Nazareth vi assista. Vi sostenga Gesù, nello sforzo di fedeltà alla vocazione cristiana e di serena adesione alla volontà divina. San Giuseppe, "uomo giusto" e lavoratore instancabile, vi illumini e vi guidi. Maria, Madre della Chiesa, sia madre premurosa anche di quelle "chiese domestiche", che sono le vostre famiglie: vegli su di voi, sulle vostre fatiche e speranze; vi aiuti a percorrere il cammino cristiano con coraggio, dignità e fede.

Con tali sentimenti ed auspici, rinnovo a tutti l'espressione della mia cordiale solidarietà, avvalorata da una particolare Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 6 agosto dell'anno 1993, festa della Trasfigurazione del Signore, quindicesimo di pontificato.

Data: 1993-08-06 Data estesa: Venerdi 6 Agosto 1993




Recita dell'Angelus a Castel Gandolfo - Roma

Titolo: L'incontro con Cristo "trasfigura" l'umana esistenza

Carissimi fratelli e sorelle!


1. "Sono venuto perché abbiano la vita, e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).

Questa parola di Cristo guiderà la riflessione del raduno mondiale dei giovani a Denver, ormai imminente.

Essa fiorisce sullle, labbra del Buon Pastore, e tratteggia il suo rapporto con noi in termini di tenerezza e di intimità, mettendoci in guardia da quelli che egli chiama i "mercenari", assetati di profitto più che del bene del gregge. Egli, invece, sacrifica la vita per coloro che ama e fa loro dono della vita, anzi di una vita "in abbondanza".

Qual è il senso della vita? Domanda cruciale, che rimane oggi, molto spesso, senza risposta. Quanti giovani non trovano ragioni valide per vivere appieno la loro esistenza e finiscono non di rado per adagiarsi in un paralizzante scetticismo! A questo interrogativo, che costituisce una grande sfida del nostro tempo, Cristo non risponde con l'astrattezza di un'ideologia, ma proponendo la sua persona. "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28). Egli è il Dio che per amore si è fatto uno di noi. E' "la via, la verità e la vita" dell'uomo (Cfr. Jn 14,6).


2. L'incontro con Cristo "trasfigura" l'umana esistenza. "Per me vivere è Cristo" (Ph 1,21), esclama l'apostolo Paolo.

Tutto è diverso, tutto è più bello dopo averlo incontrato. Il cristianesimo crede profondamente nella vita, perché in essa coglie l'impronta del Verbo incarnato. La natura, la corporeità, i valori umani, la socialità, la scienza, la tecnica: tutto è dono! Purtroppo il peccato tutto inquina e sconvolge, ponendo il mondo al di fuori del disegno di Dio: di qui gli egoismi e le violenze, le guerre e la distruzione della natura, le ingiustizie e l'umiliazione dell'umana dignità.

Ma la potenza redentrice dell'amore divino è più forte del peccato. Ecco il dono della "vita sovrabbondante": dono di figliolanza che raccoglie l'umanità dalla voragine della colpa e la introduce nell'intimità della vita trinitaria.


3. La prossima settimana ci ritroveremo a Denver per testimoniare la bellezza di questo inestimabile dono. Vi andremo con l' umiltà di chi è cosciente d'essere piccolo e fragile, ma anche con la gioia di chi si sente amato e perdonato. Vi andremo in un momento in cui in più angoli della terra la pace è turbata da sanguinosi conflitti, e il prolungato fallimento degli sforzi di pacificazione potrebbe indurre allo scoraggiamento e alla disperazione. A Denver grideremo, con la voce generosa dei giovani, l'impegno della Chiesa per la vita e per la pace.

Annunceremo soprattutto che c'è speranza e salvezza per tutti, perché, al di sopra di ogni umana sconfitta, trionfa l'amore vittorioso di Dio.

Carissimi fratelli e sorelle, rivolgiamoci fiduciosi a Maria in questi ultimi giorni che ci separano dall'appuntamento di Denver, affidiamo a Lei ogni nostra aspirazione e domandiamoLe di rendere il prossimo raduno giovanile ricco di frutti spirituali.

Maria, Madre della divina Misericordia, prega per noi! [A gruupi di pellegrini presenti a Castel Gandolfo:] Saluto cordialmente tutti i fedeli di lingua francese che ci hanno raggiunto per questa preghiera mariana. Alla vigilia della mia partenza per Denver, chiedo loro di pregare ardentemente per i giovani che interverranno a questo raduno internazionale, affinché Cristo parli al loro cuore e divengano gli apostoli dei loro fratelli. Accolgo con gioia il gruppo di pellegrini libanesi della diocesi di San Marone di Sidney (Australia), venuti a ravvivare la loro fede recandosi sulla tomba dei martiri Pietro e Paolo. Con loro, affidiamo a Cristo e alla Vergine Maria tutti i nostri fratelli cristiani del Libano.

[Ai pellegrini di lingua inglese:] I miei cordiali saluti a tutti i visitatori e pellegrini di lingua inglese. Poiché domani partiro per una visita pastorale in Giamaica e a Mérida nello Yucatan, nel mio cammino verso la Giornata Mondiale della Gioventù a Denver, vi chiedo di pregare per il buon esito di questo viaggio. In modo speciale invochiamo la benedizione di Dio sui giovani che prendono parte all'incontro di Denver affinché possano affidare se stessi con fede e generosità sempre più grandi a Cristo, sorgente di vita abbondante.

[Ai pellegrini di lingua tedesca:] Con il mio cordiale saluto di benvenuto a voi, cari pellegrini e visitatori di lingua tedesca, assicuro la mia preghiera per voi, per i vostri cari congiunti e amici del vostro paese.

[Ai pellegrini di lingua italiana:] Rivolgo ora un saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo della Parrocchia di Torbiato (Brescia) ed a quello delle Suore Apostole del Sacro Cuore.

Carissimi, vi invito a pregare per il nuovo Viaggio pastorale che iniziero domani, e specialmente per l'incontro con i giovani a Denver. Auspice Maria Santissima, della quale celebreremo solennemente la liturgia dell'Assunzione al cielo, la Giornata Mondiale della Gioventù possa essere una privilegiata occasione per testimoniare che solo Cristo, Via, Verità e Vita, è venuto in mezzo agli uomini "perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10).

A tutti imparto volentieri la Benedizione Apostolica.

Data: 1993-08-08 Data estesa: Domenica 8 Agosto 1993

Arrivo all'aeroporto di Kingston - Giamaica

Titolo: L'inizio della presenza della Chiesa in questa parte del mondo

Eccellenza, Signor Primo Ministro, Miei Confratelli nell'Episcopato, Cari amici Giamaicani,


1. Offro una fervida preghiera di ringraziamento a Dio che mi concede la gioia di visitare la bellissima "Isola nel Sole", dopo aver dovuto posticipare la visita programmata per l'anno scorso. A tutti voi che siete venuti qui per darmi il benvenuto con la calorosa ospitalità caratteristica dei Caraibi, io sono veramente grato. Ringrazio Vostra Eccellenza il Governatore Generale, Sir Howard Cooke, per le gentili parole; sia Voi che il Primo Ministro Patterson siete stati squisiti nel rinnovarmi il vostro invito a venire in Giamaica. Chiedo a Dio di ricompensare tutti coloro che hanno lavorato per preparare questo incontro tra il Successore di Pietro e l'amato popolo giamaicano.

Con affetto fraterno saluto l'Arcivescovo Samuel Carter e tutta l'Arcidiocesi di Kingston, il Vescovo Clarke e i fedeli di Montego Bay, così come il Vescovo Boyle e i fedeli del Vicariato Apostolico di Mandeville. Sono ansioso di incontrare i membri della comunità cattolica e di celebrare con loro l'Eucaristia.

Tendo la mano in segno di amicizia ai rappresentanti delle altre Chiese Cristiane e delle altre Comunità Ecclesiali. La vostra presenza qui e il nostro incontro di domani presso la chiesa della Santa Croce sono il segno degli eccellenti rapporti ecumenici intercorsi in Giamaica per molti anni.


2. Come sapete il mio viaggio mi porterà alla Giornata Mondiale della Gioventù, che quest'anno si celebrerà a Denver, negli Stati Uniti. Tuttavia la mia visita in Giamaica, e più tardi quella a Mérida, nella Penisola dello Yucatan, hanno un significato tutto loro. Esse si collocano nell'ampia prospettiva dell'anno che segna il Cinquecentesimo anniversario del viaggio di Colombo nel Nuovo Mondo. Lo scorso anno mi sono recato a Santo Domingo per unirmi ai rappresentanti dell'Episcopato dell'America Latina, nonché ad altri Vescovi di questo Continente, nella commemorazione del quinto centenario dell' evangelizzazione. La Chiesa non poteva perdere questo appuntamento. Essa è obbligata a rendere infinite grazie a Dio, che veglia sul corso della storia, per la meravigliosa impresa della prima evangelizzazione delle Americhe.

Quello è stato l'inizio della presenza della Chiesa in questa parte del mondo, una presenza fatta della santità di vita e della testimonianza di carità cristiana da parte di molti, ma anche degli errori e dei peccati di altri. Infatti l'anno scorso la Divina Provvidenza mi ha anche dato la possibilità di visitare Gorée in Senegal, dove si trova un toccante monumento alla tragica schiavitù di milioni di uomini, donne e bambini africani, sradicati dalle loro case e separati dai loro cari per essere venduti come merce. L'immensità delle loro sofferenze corrisponde all'enormità del crimine commesso contro di loro: la negazione della loro dignità umana. Gorée era il luogo appropriato per implorare il perdono divino a nome dell'umanità, e per pregare affinché gli esseri umani imparino a guardarsi e a rispettarsi come immagini di Dio, al fine di amarsi come figli e figlie del loro Padre comune dei Cieli.

Ora, qui in Giamaica, desidero ricordare il popolo originario Arawak e i vostri antenati che furono portati qui dall' Africa. Preghiamo affinché le ferite delle passate esperienze siano alfine curate cosicché ognuno lavori, nel pieno rispetto della dignità di ogni persona, per un futuro in cui la giustizia, la pace e la solidarietà non lascino posto all'odio o alla discriminazione.


3. L'immediato futuro della Giamaica è strettamente legato agli sforzi fatti in tutti i Caraibi per incrementare l'unità regionale. Prego affinché una maggiore integrazione aiuti i popoli di queste Nazioni Insulari ad affrontare le numerose sfide che hanno di fronte. La Chiesa, da parte sua, guarda favorevolmente a tutto ciò che aumenta la comprensione e la cooperazione tra i paesi. Essa è particolarmente vicina ai popoli del mondo in via di sviluppo. Nell'adempiere alla sua missione religiosa essa ispira ed educa i cittadini che hanno a cuore il bene dell'intera società. Mediante la sua dottrina sociale essa "cerca così di guidare gli uomini a rispondere... alla loro vocazione di costruttori responsabili della società terrena" (SRS 1). Attraverso le sue istituzioni educative e sanitarie, nonché attraverso le sue opere sociali, la Chiesa contribuisce al benessere di tutta la comunità nazionale. So che qui in Giamaica esiste una effettiva cooperazione tra lo Stato e la Chiesa riguardo tali questioni. Ringrazio il Governo per questo ed incoraggio i membri della Chiesa nel loro servizio del bene comune.

Alla bellezza di queste Isole, dove gli esuberanti colori della natura evocano così fortemente la gloria di Dio, corrisponde la gentilezza e la bontà dei loro abitanti. Vorrei poter incontrare ogni giamaicano, in uno spirito di comprensione e di amicizia. Vi assicuro delle mie preghiere e della mia stima.

Possa Dio Onnipotente concedere abbondanti benedizioni al popolo giamaicano e a tutte le genti dei Caraibi. La pace di Dio sia con tutti voi!

Data: 1993-08-09 Data estesa: Lunedi 9 Agosto 1993

Recita delle Lodi nella Cattedrale di Kingston - Giamaica

Titolo: Strumenti della Divina Provvidenza

Cari fratelli e sorelle in Cristo,


1. Da tempo avevo anticipato con gioia che sarei stato qui con tutti voi: i Vescovi, i sacerdoti, i diaconi e i seminaristi di Kingston, di Montego Bay e di Mandeville; i religiosi e le religiose, che servono queste Chiese locali; i responsabili laici delle comunità cattoliche in questa nazione. Estendo il mio saluto fraterno anche agli altri Vescovi e ai fedeli che sono giunti in Giamaica per partecipare a questo raduno nella Cattedrale della Santissima Trinità. La mia gioia oggi è particolarmente grande poiché la mia visita si svolge dopo il rinvio che ha impedito la mia venuta lo scorso anno, come era stato previsto. Nel frattempo non siete mai stati lontani dai miei pensieri, e - per dirlo con le parole di San Paolo - "Ringrazio Dio, ogni volta ch'io mi ricordo di voi, e ogni volta che prego per voi, prego con gioia a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del Vangelo" (Cfr. Ph 1,3-4).


2. Testimoniare il Vangelo è quell'"opera di servizio" che, come dice l'Apostolo, edifica il Corpo di Cristo (Cfr. Ep 4,12). Essere un testimone significa essere un erede della grande tradizione missionaria della Chiesa, una tradizione che risale alla mattina della prima Pentecoste a Gerusalemme e che, su quest'isola, è tanto antica quanto l'arrivo di Colombo stesso. A questo proposito, desidero ringraziare di cuore tutti coloro che hanno lasciato le proprie terre per divenire araldi della Buona Novella qui in Giamaica. Si, questa è la gloria dei missionari: essere gli strumenti della Divina Provvidenza nel condurre le persone a Colui che ha "parole di vita eterna" (Jn 6,68). Per questo i fedeli delle Chiese locali sono per sempre loro debitori e dovrebbero ricordarli con orgoglio.

Voi siete il coronamento delle fatiche di quegli uomini e di quelle donne che hanno seminato e coltivato la fede su questa bella isola. Dall'arrivo, nel 1512, del primo gruppo di dieci frati francescani fino ai nostri giorni, la Divina Provvidenza ha operato attraverso le incertezze e i mutamenti della storia della Giamaica per fornire operai per la sua messe in questa terra: gli abati e il clero inviati dalla corona spagnola, il venerando Padre Thomas Churchill inviato secondo gli ordini di un Re Stuart, i sacerdoti che fuggivano dalle persecuzioni nel Vecchio e nel Nuovo Mondo, i Gesuiti inglesi e americani, le Suore francescane della Scozia e le Suore della Misericordia dell' Inghilterra - per nominarne solo alcuni.

Per tutti voi che oggi siete chiamati a servire la nuova evangelizzazione e a edificare una società giusta, compassionevole e armoniosa, la Chiesa prega con continuo fervore. Essa ha fiducia nel fatto che Dio vi aiuterà a perseverare generosamente in questi compiti e che aumenterà il vostro numero, affinché nessuno dei chiamati in Cristo si perda per non averlo udito e perché non sia trascurata alcuna parte del bene comune.


3. Nell'intento di diffondere la parola di Dio, i Padri del Concilio Vaticano II attribuiscono un ruolo particolare ai sacerdoti: "nella loro qualità di cooperatori dei Vescovi, hanno anzitutto il dovere di annunciare a tutti il Vangelo di Dio" (PO 4). A voi, miei cari Fratelli Sacerdoti, è stato assegnato questo sacro compito, una condivisione nell'ufficio data dal nostro Salvatore ai Dodici e ai loro successori.

Come ho indicato nell'Esortazione Apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis, i sacerdoti, per adempiere alle proprie responsabilità, dovrebbero avere un cuore formato e plasmato secondo il modello del cuore del Buon Pastore (Cfr. PDV 1 PDV 21-23). Questa è la parola che il Vescovo di Roma è venuto in Giamaica a dirvi: Spalancate i vostri cuori a Cristo nostro Pastore e Sommo Sacerdote! Rimuovete ogni ostacolo! Lasciate che il fuoco del suo amore per il gregge divampi in voi.

Imitandolo, non trattenete nulla per voi stessi - né possessi, né comodità, né privilegi, nemmeno la vostra volontà o la vita stessa. Dedicate alla vostra missione tutto ciò che avete e tutto ciò che siete.

Un segno evidente di questa vostra consacrazione totale è il celibato, che è "dono prezioso dato da Dio alla sua Chiesa e segno del Regno che non è di questo mondo nonché dell' amore indiviso del sacerdote verso Dio e il popolo di Dio" (Ibidem, PDV 29). Una fedeltà gioiosa a questo grande dono dello Spirito richiede preghiere ardenti e costanti; essa deve essere sostenuta dalla Messa quotidiana, dalla confessione frequente e da una vita di ascesi. Per l'uomo sarebbe impossibile, ma affidandoci a Uno infinitamente più grande di noi, affermiamo con fiducia: "Nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37).

La crescita spirituale nella vita di celibato sacerdotale va di pari passo con "un generale e integrale processo di continua maturazione, mediante l'approfondimento di ciascuna delle dimensioni della formazione- umana, spirituale, intellettuale e pastorale" (Pastores dabo vobis, PDV 71). Mentre il Vescovo e l'intero presbiterio hanno una responsabilità fondamentale nel promuovere questa crescita, "il singolo sacerdote... è il primo responsabile" (Ibidem, PDV 79). Nella sacra intimità della coscienza Dio rende chiaro al sacerdote le mancanze per le quali egli deve fare penitenza, le carenze a cui deve porre rimedio e i sentieri che egli è invitato a seguire per esser ancor più utile al suo popolo. Cari fratelli, per l' amore dei fedeli affidati al vostro ministero non soffocate mai la voce dello Spirito come esorta: "Ravvivare il dono di Dio che è in te" (2Tm 1,6).


4. Cari seminaristi, rispondete sempre gioiosamente e incondizionatamente alle richieste che vi vengono fatte per il bene del vostro avanzamento nelle virtù morali e intellettuali. Desidero sottolineare in particolare due qualità da coltivare nel vostro periodo di formazione. In primo luogo, divenite uomini di preghiera. Una più profonda comunione di cuore e di intelletto con Cristo è essenziale se volete veramente essere immagini del Buon Pastore, e non semplicemente mercenari (Cfr. Jn 10,12). In secondo luogo, studiate con diligenza.

Approfondite bene la dottrina della Chiesa in tutta la sua ricchezza; divenite del tutto assidui alle Scritture e a tutte le altre fonti dell'insegnamento cattolico; acquisendo una profonda conoscenza del mistero di Cristo e della sua Chiesa, sarete in grado di portare la sua luce per illuminare la vita del popolo di Dio.

Cari diaconi, siete stati "consacrati mediante l'imposizione delle mani che ci viene dagli Apostoli" ("Omelia" Rito per l'Ordinazione di un Diacono) - "per il servizio" (LG 29). A voi possono essere riferite in modo speciale le parole che Gesù utilizzo per se stesso, che egli era venuto "non per essere servito, ma per servire" (Mt 20,28). In voi, i fedeli della Giamaica dovrebbero poter vedere ancor più chiaramente una testimonianza del servizio offerto da Cristo. Per quanti fra voi sono sposati, prego affinché il vostro ministero sia sempre una fonte di benedizione per le vostre famiglie, e affinché i vostri famigliari, in particolare le vostre mogli, vi sostengano nel vostro servizio alle Chiese locali, per le quali siete stati ordinati.


5. Nel rivolgere i miei saluti particolarmente affettuosi a voi, Religiosi di Kingston, Montego Bay e Mandeville, desidero iniziare ricordando il prezioso ruolo che uomini e donne consacrati a Dio attraverso i consigli evangelici hanno rivestito nella storia della Chiesa su quest'isola. Menzionare Frà Juan Jacinto Rodriguez de Araujo e Padre James Dupeyron o Suor Paula Charlet, Madre Winifred Aloysius Furlong e Suor Mary Humiliana non significa ridurre la lista dei nostri ringraziamenti, ma ci permette di ricordare tutti coloro che - e molti di loro sono conosciuti soltanto dal Signore - con la loro testimonianza resa ai consigli evangelici hanno arricchito qui la vita del popolo di Dio.

Spero che il ricordo delle loro realizzazioni vi dia rinnovata fiducia nel valore della vostra consacrazione religiosa, poiché essa rappresenta il vostro impegno totale verso il nostro Salvatore attraverso i vostri voti che garantiscono l'efficacia del vostro servizio verso il prossimo. La vostra fondamentale opera apostolica nella Chiesa consiste sempre nell'essere chi siete. Proprio perché "la vostra vita, è ormai nascosta con Cristo in Dio" (Col 3,3), voi siete una luce accesa per mostrare agli altri la via del Regno (Cfr. Redemptoris Donum, n. 15).

Vi esorto a operare in stretta cooperazione con i Vescovi delle vostre Chiese particolari cosicché i doni e i carismi offerti a voi arricchiscano il più efficacemente possibile i membri delle comunità ecclesiali più grandi a cui appartenete.


6. Esprimo a voi, Responsabili Laici della comunità cattolica giamaicana un particolare ringraziamento per i molteplici modi in cui contribuite alla crescita della Chiesa. Le vostre preghiere per il suo benessere e le vostre buone azioni fatte per i suoi membri rappresentano il fiorire delle grazie riversate nei vostri cuori con il battesimo. Nel mio discorso al gruppo che mi aspetta ora alla Saint George's School, avro l'opportunità di parlare della vocazione specifica dei fedeli laici. In questo momento desidero incoraggiarvi nella vostra vita cristiana e in tutto ciò che fate per rafforzare la comunità ecclesiale in vista delle urgenti necessità del gregge di Cristo.

In particolare, desidero sottolineare quanto sia importante per i laici dedicarsi sempre di più alla catechesi e all'educazione religiosa. Come in molte parti del mondo, la Chiesa in Giamaica si scontra con forme di superstizione e di fondamentalismo settario, forze contrarie alla fede e alla devozione dei cattolici. Di fronte a una tale sfida la vostra testimonianza di paziente sopportazione e di incrollabile carità spingerà molti alla vera fede nel Signore.

I fedeli cristiani hanno bisogno di una solida formazione nella dottrina cristiana cosicché non cadano facilmente preda della confusione e dei falsi insegnamenti, o vengano allontanati dalla Chiesa. Vi esorto a prestare particolare attenzione a questo settore della vita cattolica.


7. Fra alcuni giorni la Chiesa celebrerà la solennità della Patrona celeste della Giamaica, Nostra Signora dell' Assunzione. Mi unisco a voi e a tutti i cattolici giamaicani nel chiederle di ottenere per voi il dono di una rinnovata forza per testimoniare il suo Figlio Divino e per plasmare la vita della vostra società secondo il suo messaggio salvifico.

Possa Maria, piena di grazia, guidare e proteggere la Chiesa Cattolica in Giamaica e in tutti i Caraibi.

Data: 1993-08-10 Data estesa: Martedi 10 Agosto 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Lettera inviata a Monsignor Giuseppe Chiaretti, Vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto