GPII 1993 Insegnamenti - Angelus con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Angelus con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Il concepimento del Figlio di Dio nel seno di Maria getta luce sulla dignità di ogni essere umano fin dal momento in cui viene concepito nel grembo materno"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. A pochi giorni dal Natale, la liturgia ci ripropone il noto e suggestivo dialogo dell'Annunciazione, in cui l'angelo Gabriele schiude agli occhi di Maria il mistero dell'Incarnazione: "Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc 1,31).

Nel grembo della Vergine, il Figlio di Dio si fa uomo. Fin dal primo istante del concepimento, l'io eterno del Verbo, da sempre in dialogo col Padre nell'ineffabile comunione trinitaria, fa sua la natura umana che germoglia nel corpo immacolato della Madre. E' questa unità profonda dell'umanità e della divinità nella persona del Verbo, che consente alla Chiesa di attribuire a Maria il titolo di "Theotokos": Madre di Dio. Maria è davvero, come la chiama l'angelo, "piena di grazia".


2. Il concepimento del Figlio di Dio nel suo seno è certamente un evento unico e irripetibile. Ma esso getta, indirettamente, luce anche sulla dignità dell'uomo, di ogni essere umano, fin dal momento in cui viene concepito nel grembo materno.

Mentre ci disponiamo a celebrare l'Anno della Famiglia, che avrà inizio proprio domenica prossima, 26 dicembre, Festa della Sacra Famiglia, mi piace soffermarmi a riflettere sulla grandezza di questo mistero. Nel concepimento dell'essere umano non si è di fronte a un puro fatto biologico, ma al momento sorgivo dell'esistenza di un uomo. La scienza mostra, infatti, che nel frutto del concepimento "si trova fissato il programma di ciò che sarà questo essere vivente: un uomo, quest'uomo individuo con le sue note caratteristiche già ben determinate" (Congr. per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull'aborto procurato, n. 13: AAS 66, 1974, 738). Da tale esistenza embrionale, sino alla piena maturità fisica e spirituale, c'è uno sviluppo continuo ed organico. Questa evidente proiezione dell'embrione verso il suo futuro impedisce di trattarlo come pura materia biologica, giacché, nel disegno divino sull'uomo, la precisa "individualità" biologica, accolta nel grembo materno, è accolta anche dall'amore onnipotente di Dio, che interviene a dotarla di un'anima immortale. Quest'ultima, infatti, quale principio della persona, è creata immediatamente da Dio (Cfr. Pio XII, Humani Generis, Dz-Sch, 3896). Ne viene di conseguenza che all'essere umano, pur estremamente fragile, avvolto insieme dal calore del grembo materno e dall'amore creativo di Dio, si deve tributare il rispetto dovuto ad ogni persona umana.


3. Vergine Santa, tu hai vissuto come nessun'altra donna al mondo il mistero sublime della maternità. Mentre la fede ti rendeva accogliente alla Parola del Signore, il tuo corpo si faceva spazio fecondo per la sua incarnazione.

Accompagnaci, o Madre, verso una percezione sempre più profonda della dignità di ogni essere umano. Fa' che ne abbiano lucida coscienza specialmente gli uomini e le donne chiamati all'eccelsa vocazione della paternità e della maternità, perché siano sempre "santuario della vita" mediante il prodigio della generazione, da Dio affidato all'autenticità del loro amore fedele e alla loro vigile responsabilità.

[Successivamente il Santo Padre ha rivolto un saluto ai fedeli italiani presenti in Piazza San Pietro:] Rivolgo un cordiale pensiero al folto gruppo di persone ammalate di thalassemia, nel grato ricordo dell'incontro avuto con molti di loro a Caltanissetta lo scorso maggio. Carissimi, oggi - prima "Giornata Italiana del Thalassemico" - avete voluto affidare al Signore, per intercessione della Vergine, il vostro impegno per superare questa malattia. Auspico che col contributo di tutti, e in primo luogo degli scienziati, le ricerche in atto giungano a pieno successo e si possa così ottenere la guarigione di milioni di fratelli in tutto il mondo.

Saluto poi con affetto i piccoli studenti meritevoli del Premio "Livio Tempesta". Cari ragazzi e ragazze, nell'esprimervi anche il mio apprezzamento vi esorto a ringraziare sempre il Signore e a chiederGli di poter riflettere in ogni luogo, specialmente nella scuola, un raggio dell'amore, che Egli ha portato nel mondo.

Un saluto infine al gruppo dell'Azione Cattolica parrocchiale di Lénola (Latina), con l'augurio che il loro pellegrinaggio a Roma costituisca una valida preparazione alle ormai imminenti Feste natalizie.

Data: 1993-12-19 Data estesa: Domenica 19 Dicembre 1993

Visita pastorale: il discorso al personale ospedaliero e ai degenti - Roma

Titolo: Il dramma del dolore può divenire epifania di risurrezione quando è vissuto nell'attenzione caritatevole verso gli altri

Signor Rettore, Carissimi fratelli e sorelle dell'Ospedale Policlinico "Umberto I" di Roma!


1. Sono particolarmente contento di potermi incontrare con voi a pochi giorni ormai dalla celebrazione del Mistero natalizio. Vorrei anzitutto porgervi con affetto gli auguri più fervidi per le prossime Feste ed assicurarvi del mio costante ricordo nella preghiera. Preghero per voi soprattutto nella santa Notte, nella quale rivivremo nella fede il mistero della nascita di Gesù.

Ringrazio di cuore il Professor Tecce, Rettore di questa vostra Università, per le cortesi parole di benvenuto e di accoglienza che, a nome dei Dirigenti Amministrativi, Medici, Infermieri, Ausiliari, Collaboratori sanitari, Cappellani e Religiose, e anche a nome della Facoltà di Medicina della grande Università di Roma, mi ha poc'anzi gentilmente rivolto. Lo ringrazio cordialmente.

Nel ricambiare cordialmente i sentimenti da lui manifestati, desidero sottolineare che ho ascoltato con viva attenzione l'illustrazione dei propositi e delle speranze da cui è animata la vita di questo vostro Centro Ospedaliero universitario, che celebra quest'anno il centenario della sua istituzione.

Cent'anni sono molti ed è doveroso concedersi una sosta di riflessione per riandare col pensiero alle illustri personalità, che in questo Centro hanno svolto la loro attività, rendendone il nome famoso non solo in Italia, ma anche oltre i confini della Nazione. La loro testimonianza resta come stimolante punto di riferimento per quanti si assumono oggi il compito di rilevarne la missione a servizio della vita insidiata dalla malattia. Esprimo l'auspicio che, grazie al contributo di tutti, l'opera di questa grande struttura sanitaria, luogo di sofferenza ma anche di enorme esperienza umana e spirituale, possa essere sempre più segnata dalla solidarietà e da una fattiva, concreta attenzione alla persona malata.

A voi, cari degenti, rivolgo un pensiero particolarmente affettuoso. Mi unisco alla vostra attesa di guarigione, condividendo spiritualmente la vostra prova ed augurando che essa possa presto concludersi, così che ciascuno possa quanto prima far ritorno alla propria casa ed alla propria famiglia.


2. La liturgia dell'odierna quarta domenica d'Avvento ci ripropone il racconto evangelico dell'Annunciazione. Maria, la Vergine di Nazareth, accoglie con totale docilità la volontà divina recatale dall'Angelo e si appresta, per grazia incommensurabile, a diventare la Madre del Salvatore: "Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù" (Lc 1,31).

Proprio in forza dell'Incarnazione dell'unigenito Figlio, Dio si manifesta al mondo non come un essere supremo lontano e indifferente, bensi come il Padre che ben comprende il tormento dell'umanità e se ne fa carico, soffrendo con l'uomo e per l'uomo. Il mistero dell'Incarnazione, mistero di salvezza, orientato alla passione, morte e risurrezione di Cristo, rivela pertanto l'amore infinito del Creatore che si fa tutt'uno con la sua creatura. Egli va incontro a quanti penano e sono segnati dalle tribolazioni della vita, si pone al loro fianco, li sostiene e li conforta, offrendo a ciascuno misericordia, compassione e autentica consolazione.

Nella passione di Cristo l'umana sofferenza ha raggiunto il suo culmine.

Contemporaneamente "essa è entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine: è stata legata all'amore" (Salvifici Doloris, 18). Prendendolo su di sé, il Crocefisso ha aperto per tutto il dolore del mondo la prospettiva della vera speranza. La croce resta così trasformata: diventa strumento di salvezza. Qui si rivela l'autentica onnipotenza di Dio: non un'onnipotenza "miracolosa" e folgorante, bensi quella della croce, un'onnipotenza crocifissa, che dalla morte fa scaturire la vita.


3. Carissimi fratelli e sorelle! Sullo sfondo della croce e nell'atmosfera spirituale del Santo Natale, siamo invitati a prendere coscienza che anche la dura esperienza della sofferenza contiene valori di enorme significato per la nostra esistenza.

L'esperienza del dolore può aiutarci, in effetti, a rafforzare e vivificare la speranza. Dinanzi al mistero dell'umana fragilità, la fede suscita il desiderio di un benessere più completo e più alto, che inglobi la salute del corpo e dell'anima, il desiderio di una salvezza più grande e definitiva, preparata da Dio per gli uomini di ogni epoca.

La prova del dolore può accrescere e dilatare l'attenzione caritatevole verso gli altri. La sofferenza evidenzia, infatti, la precarietà della vita e le sue debolezze: scoprire i nostri propri limiti, ci aiuta a comprendere quelli del prossimo e mette in luce la necessità di andare loro incontro con pronta e solidale disponibilità.

Tutto ciò, indubbiamente, non svuota il dramma del dolore umano, ma può alimentare la fiducia che esso diventi epifania di risurrezione ed emergenza della dimensione divina nella fragile condizione umana.

Leviamo, allora, carissimi, lo sguardo verso il Redentore che, come Egli stesso assicura, tergerà ogni lacrima dai nostri occhi e ci accoglierà nel mondo nuovo in cui non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno (Cfr. Ap 21,4).


4. Carissimi fratelli e sorelle! Con questi sentimenti, fissiamo lo sguardo carico di fede sul Bambino di Betlemme.

Possa la celebrazione del prossimo Natale costituire anche per ciascuno di voi occasione di rinnovato coraggio spirituale; la luce, che rifulse su coloro che abitavano in terra tenebrosa (Cfr. Is 9,1), illumini le vostre esistenze riempiendole di consolazione.

E' questo il mio augurio, che rinnovo all'intera famiglia dell'Ospedale "Umberto I", ai responsabili accademici, ai medici, al personale e ai degenti e loro familiari, agli studenti, che qui fanno anche la loro pratica, invocando per ciascuno la protezione di Dio, per l'intercessione di Maria, Madre del Signore e Madre di ogni uomo.

Di cuore tutti vi benedico.

Data: 1993-12-19 Data estesa: Domenica 19 Dicembre 1993

Visita pastorale: l'incontro con i religiosi, le religiose e i volontari che prestano il loro servizio nel Policlinico - Roma

Titolo: All'efficenza tecnica ed organizzativa va unito quel supplemento d'amore gratuito che si alimento della cristiana solidarietà

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Sono lieto di potermi incontrare così familiarmente con voi, che svolgete un prezioso servizio, qui al Policlinico "Umberto I". La vostra azione sollecita e discreta rende presente, in modo immediato, l'infinito amore del Padre celeste per ogni uomo che soffre e costituisce il segno tangibile dell'attenzione della Comunità ecclesiale verso tanti fratelli ammalati.

Ringrazio il Reverendo Padre Ludovico Napoli, Cappuccino, come anche tutti gli altri Cappellani, per le cortesi parole che, a nome di tutti, ha voluto rivolgermi dandomi il benvenuto e porgendomi, da parte vostra, gli auguri per le ormai prossime Festività Natalizie.

Contraccambio di cuore tali voti ed invoco su tutti abbondanti consolazioni celesti e la forza dello Spirito divino, affinché proseguiate con abnegazione e generosità il vostro servizio di "buoni samaritani".


2. Il Natale, che fra qualche giorno celebreremo, ci rivolge, tra l'altro, un significativo appello ad accogliere, a cuore aperto, ogni essere umano, la cui debolezza è assunta dal Verbo ed innalzata a dignità perenne (Cfr. Prefazio di Natale III). L'urgenza di tale vocazione, che è comune a tutti i credenti, diviene ancor più pressante per voi, Religiosi e Religiose, che, operando in strutture sanitarie, vi incontrate quotidianamente con persone particolarmente fragili e provate.

Quando la Chiesa parla di "umanizzazione" delle Case di cura, non si rifà certo a nessuna particolare ideologia o filosofia, ma unicamente all'alleanza esemplare che il suo Signore e Maestro ha definitivamente stipulato con l'uomo, prendendone su di sé il tormento e il dolore. Ce lo ricorda opportunamente la liturgia: Gesù - proclamiamo in un prefazio - "ancora oggi come buon samaritano viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito e versa sulle sue ferite l'olio della consolazione e il vino della speranza" (Prefazio comune VIII).

Se l'uomo che entra in ospedale non venisse accolto, soprattutto da quanti ispirano la propria esistenza al Vangelo, come persona unica nella sua singolarità, ma fosse considerato semplicemente un "numero" o un "caso clinico", la sua dignità umana verrebbe ad essere fortemente umiliata.

Il rischio, infatti, potrebbe essere quello di svolgere con abilità il proprio compito, ma senza una vera capacità di accoglienza nei confronti di chi soffre. Come ci si può occupare della salute di un fratello senza accostarlo nella sua totalità e cogliere nel profondo del suo cuore il desiderio irrinunciabile della felicità? All'efficienza tecnica ed organizzativa va, allora, sempre unito quel supplemento di amore gratuito che si alimenta di autentica e cristiana solidarietà.


3. Carissimi religiosi e religiose, la ricorrenza del Natale, in cui celebreremo la manifestazione della bontà di Dio e del suo amore per gli uomini (Cfr. Tt 3,4), viene a mettere ancor più in luce il significato della vostra "missione" nelle corsie, a contatto con i degenti e con le loro rispettive famiglie. A voi è chiesto di offrire a quanti vivono nel dolore e spesso nella solitudine come pure ai loro familiari ed a quanti operano nei vari reparti dell'ospedale, un'accoglienza fraterna, una disponibilità discreta, un ascolto attento, che siano testimonianza della bontà e dell'amore del Figlio di Dio incarnato.

Se, a volte, anche la scienza medica più aggiornata si deve dichiarare sconfitta dinanzi alla virulenza della malattia, di "umanità" si vive, si spera e si può guarire. E persino la morte, in questo contesto, assume un senso di grande dignità e di pace. L'umanità, rischiarata dalla luce recata nel mondo dalla nascita di Cristo, risulta così una risorsa inesauribile.

Vi aiuti, in così delicato compito, Maria, che in silenzio ha contemplato il mistero del Verbo incarnato. Vi ottenga Lei, Consolatrice degli afflitti, un rinnovato vigore per proseguire nel vostro prezioso ministero al servizio dei malati.

In auspicio di ciò, vi imparto una speciale Benedizione Apostolica, estendendola volentieri alle vostre Comunità religiose ed a tutte le persone che ogni giorno incontrate in questo luogo di dolore e di speranza.

[Al termine del discorso, il Santo Padre ha aggiunto le seguenti parole:] Ho parlato ai religiosi e alle religiose, ma ci sono tante persone che rappresentano il laicato, la professione medica e infermieristica, questi operatori sanitari di cui la Chiesa è tanto sollecita, specialmente la Sede di Roma. Grazie all'iniziativa del Cardinale Angelini abbiamo anche uno speciale Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari, un Dicastero di grandissima importanza per la Santa Sede, per la Chiesa e anche per la società, accolto dappertutto con grande comprensione e entusiasmo. Voi tutti, carissimi fratelli e sorelle, laici, saluto di cuore e incoraggio nel vostro compito difficile, che domanda una grande dedizione di se stessi per andare insieme con questi nostri fratelli e sorelle ammalati, per portare loro non solamente la guarigione fisica ma anche una guarigione spirituale, per quanto è possibile.

Devo dire che prima della visita mi hanno fatto anche una visita il Cardinale Ruini, Monsignor Ragonesi, e poi quattro Cappellani Cappuccini. Ma qui ce ne sono altri... Non mancava il posto per loro, ma dovevano portare con sé anche le infermiere. Il posto certamente non mancava... Tutti e tutte sono benvenuti nella casa del Papa.

Poi devo ricordare ancora una cosa. Questo ospedale non mi è totalmente sconosciuto, perché una volta sono venuto qui per visitare il Presidente Sandro Pertini. Già il Signore lo ha chiamato a sé. Preghiamo per la sua anima: "Requiem aeternam dona ei Domine, et lux perpetua luceat ei, requiescat in pace".

Qui ci troviamo certamente nel centro spirituale di questo Policlinico, dove è presente Gesù Eucaristico. Qui confluiscono tutti i reparti. Per i reparti il mio programma è piuttosto limitato, forse troppo limitato, ma così come hanno previsto cercheremo di realizzarlo. Soprattutto sono previsti i bambini ammalati.

Allora, spiritualmente vado in tutti i reparti, vorrei andare in tutti i reparti, sono a conoscenza dei vostri problemi, di cui hanno parlato anche apertamente in una lettera, aperta a tutto il mondo. Volevano "convertire" un po' anche il Papa, perché si facesse un portavoce di questi problemi. Non è strano per me, non è alieno a me essere portavoce dei diversi bisogni umani, essere anche voce di quelli che non hanno voce. Ma io spero che gli ammalati dell'"Umberto I" avranno voce, in questo società democratica italiana, che oggi certamente vive momenti molto difficili, ma è ricca. Ne abbiamo parlato qui con il Magnifico Rettore de "La Sapienza". Certamente vi sono deficienze in questo Policlinico, ma paragoniamo queste deficienze con le grandissime deficienze e insufficienze di tanti ospedali del mondo che io ho già visitato, in Africa, in America Latina, dappertutto, dove il livello della sanità e anche della cura sanitaria è molto più basso. Allora dobbiamo pensare un po' con questo criterio comparativo, relativo, e vedere, attraverso le nostre mancanze, anche tante altre mancanze del mondo, soprattutto di questo cosidetto Terzo Mondo, dove tante cose mancano.

Carissimi, vi ringrazio. Come vedete ho detto più "fuori carta" che "sulla carta". Ma questo capita molte volte, specialmente quando si è nelle ore mattutine, quando il cervello è più fresco, allora le cose, le riflessioni corrono più spedite.

Data: 1993-12-19 Data estesa: Domenica 19 Dicembre 1993

Udienza al personale del Centro Televisivo Vaticano in occasione dei dieci anni dall'istituzione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Il vostro diuturno e non facile servizio vi rende annunciatori di Cristo, luce e vita dell'uomo"

Carissimi!


1. Sono lieto di porgere il mio cordiale benvenuto a tutti voi - dirigenti, giornalisti, collaboratori, operatori e tecnici - che prestate il vostro servizio presso il Centro Televisivo Vaticano. Ringrazio il signor Presidente, Dr. Emilio Rossi, per le gentili parole di augurio che, a nome di tutti voi, mi ha poc'anzi rivolto.

Nei suoi primi dieci anni di attività da poco conclusi, questa vostra struttura ha fornito informazioni, mediante immagini e parole, a milioni di persone di tutto il mondo, seguendo da vicino l'attività del Successore di Pietro nello svolgimento del suo ministero universale. Come è stato ricordato, il Centro Televisivo Vaticano fu istituito nel 1983 con il compito di contribuire allo sviluppo della presenza della Chiesa e della cultura cristiana nel mondo mediante l'utilizzo di strumenti audiovisivi.


2. Ho già avuto modo di rilevare, in altra occasione, che i mezzi di comunicazione sociale costituiscono "uno specifico dono di Dio, un dono che ha enorme significato per il periodo della storia umana che stiamo vivendo" (Messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, in Oss. Rom del 25.1.1992, p. 5). Essi, infatti, fanno si che il Vangelo possa arrivare ben oltre un ristretto territorio, mediante la forza delle immagini e delle parole diffuse attraverso l'etere. Potrebbe il Papa disinteressarsi di chi, proprio vicino a lui, è impegnato in un campo tanto promettente per l'evangelizzazione? Vi sono quindi grato per il vostro qualificato servizio che consente al Centro di operare im maniera adeguata, inducendo a guardare con fiducia al futuro.

Voi svolgete il vostro lavoro, si può dire, nella casa del Papa, seguendolo anche nel corso delle sue visite apostoliche e del suo pellegrinare per le vie del mondo, sulle orme di Cristo redentore dell'uomo. So bene che il vostro è un organismo di dimensioni ridotte, ma conosco anche la passione con cui esplicate le vostre mansioni, sostenuti da alta ed apprezzata professionalità, oltre che da profonda fede cristiana. Voi siete ben consapevoli che le immagini e le parole da voi raccolte, specialmente quando sono messe a disposizione dei maggiori enti radio e televisivi, raggiungono un vastissimo uditorio in ogni parte del mondo. La civiltà contemporanea ha un sentito bisogno di parole di speranza, di una voce echeggiante i permanenti ideali dell'esistenza, i quali vanno oltre la semplice quotidianità.

In questo senso, il vostro diuturno e non facile servizio, unito al talento e alla generosità che vi contraddistinguono, messi al servizio del Regno di Dio, vi rendono annunciatori ed apostoli di Cristo, luce e vita dell'uomo.

Siatene coscienti, carissimi, e crescete sempre più nella consapevolezza di tale vostra missione.


3. Il vostro Centro vuole e deve svilupparsi mediante una crescita graduale e accorta, al fine di raggiungere il maggior numero di persone in ogni angolo della terra, dai Paesi dell'Oriente europeo all'America Latina, ai Paesi in via di sviluppo e alle loro giovani comunità ecclesiali.

Benedica il Signore questi vostri propositi, vi dia luce e sostegno, così che con il vostro lavoro e la vostra vita possiate essere sempre testimoni generosi della più grande delle notizie, quella di Cristo salvezza del mondo.


4. L'odierno nostro incontro avviene a pochi giorni dal Natale, festa della luce e manifestazione della "grazia di Dio apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11). Di questa luce, della bontà e dell'amore di Dio pure voi siete chiamati ad essere diffusori e testimoni. Siatene sempre consapevoli ed umilmente fieri.

Con tali sentimenti auguro a ciascuno di voi e alle vostre famiglie un Natale di serenità e letizia, ed un nuovo anno ricco di abbondanti doni celesti, mentre cordialmente vi imparto una speciale Benedizione Apostolica.

Data: 1993-12-20 Data estesa: Lunedi 20 Dicembre 1993

Il discorso ai Cardinali, alla Famiglia Pontificia, alla Curia e alla Prelatura Romana per la presentazione degli auguri natalizi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il 1993: "ricchezze", progetti, speranze

La consapevolezza del dono recato come offerta


1. "O admirabile commercium!": "O scambio meraviglioso!".

Questa frase, che in un certo senso segna il culmine del periodo natalizio, la troveremo di fatto nella liturgia del primo giorno dell'Anno Nuovo, benché il suo contenuto sia ben presente sin dall'inizio di questo tempo benedetto. "O admirabile commercium": è anzitutto la notte della Nascita del Signore a proclamarlo. "Dio si è fatto uomo perché l'uomo potesse diventare Dio": è un pensiero, questo, che ricorre sovente negli scritti dei Padri della Chiesa dell'Oriente come dell'Occidente, diventando un punto fermo della fede e dell'insegnamento ecclesiale. La liturgia riprende, quasi come motivo conduttore, questo stesso annuncio. In modo particolare lo fanno le antiche liturgie orientali, le quali nella presentazione dei doni eucaristici pongono in rilievo il fatto che essi vengono offerti utilizzando doni ricevuti da Dio stesso: "Tibi ex tuis". La stessa cosa fa la liturgia romana, specialmente dopo il rinnovamento postconciliare, quando presenta all'offertorio il pane e il vino, allo stesso tempo dono di Dio e frutto del lavoro delle mani dell'uomo. Ancora una volta, dunque, "Tibi ex tuis".

Questa "coscienza offertoriale" ritorna in vari modi anche nella letteratura. Il poeta polacco Jan Kochanowski nel sedicesimo secolo scriveva: "E' tua di fatto qualunque cosa su questa terra l'uomo chiama sua. Dunque, con il cuore grato ti lodiamo Signore, perché non abbiamo niente di meglio da offrire" (traduzione da: Piesni, Ksiegi wtore, Piesn XXV, w. 5-8). Offrendo i doni a Dio, l'uomo, nel corso dei secoli e delle generazioni, mantiene la consapevolezza di presentargli quanto egli ha da lui ricevuto. Proprio per questo lo offre. Il fatto di offrire manifesta la consapevolezza che egli ha del dono, recato come offerta.

Questa consapevolezza era già presente durante la notte di Betlemme. La esprimevano i pastori, che portavano con sé i doni per il Bambino, così come più tardi i Magi dell'Oriente.

Presentare questa collaborazione ai piedi del Dio Uomo nato a Betlemme


2. Perché oggi, in così singolare circostanza, mi soffermo a parlare di tutto ciò? Lo faccio per entrare nel clima delle Feste alle quali ci stiamo ormai avvicinando, ed anche per immettermi nell'atmosfera di questo nostro annuale appuntamento. Mi incontro infatti oggi con i rappresentanti della Curia Romana e del Vicariato della Chiesa che è in Roma; mi incontro pertanto con quanti costituiscono l'ambiente in cui costantemente avviene lo scambio dei doni, anche nel senso in cui ne parla la Costituzione conciliare Lumen Gentium (Cfr. LG 13).

Questo scambio di doni costituisce la Chiesa nei suoi vari ambiti. Al centro si trova Roma, vi trovate voi, Venerati Signori Cardinali, voi, Arcivescovi e Vescovi, presbiteri, persone consacrate e dipendenti laici, qui presenti, e quanti con voi quotidianamente cooperano. E' difficile, specialmente dopo le parole del Cardinale Decano, che ringrazio per i sentimenti espressi, non far riferimento alla liturgia e non ricordare l'espressione: "Tibi ex tuis", oppure quell'altra espressione latina che pone in rilievo l'unione del dono divino con il lavoro delle mani dell'uomo. Una tale unione si opera costantemente al vostro banco di lavoro e di collaborazione con il Vescovo di Roma. Oggi il Papa desidera dirvi grazie per questo. Il miglior modo per ringraziarvi è proprio quello di presentare tutto questo lavoro e questa collaborazione come dono ai piedi del Dio Uomo nato a Betlemme, ponendolo nelle mani della Madre di Dio e di Giuseppe, suo Sposo, come fecero i pastori di Betlemme, ed in seguito i Magi dell'Oriente: "Tibi ex tuis".

Il secondo Sinodo della Chiesa in Roma


3. Il 1993, che si avvia al suo termine durante l'Ottava di Natale, è stato un anno ricco e mi è difficile non far riferimento ad almeno alcune "ricchezze" che esso ci ha donato. Come non menzionare anzitutto il secondo Sinodo della Chiesa in Roma, sinodo postconciliare dopo quello svoltosi durante il pontificato di Giovanni XXIII nel 1960, poco prima del Concilio Vaticano II? Chiaramente postconciliare è stato il carattere della recente Assemblea sinodale, e ciò è stato messo in giusto rilievo pure nel documento finale. Basta scorrere "Il Libro del Sinodo" per rendersene conto. In esso la Chiesa di Roma, che nel Sinodo si è impegnata attivamente dal 1987 al 1993, trova la fedele descrizione della sua situazione, delle sue necessità ed aspirazioni, dei suoi progetti e disegni apostolici. Questi ultimi sono importanti non solo per la Diocesi di Roma, ma per la Chiesa tutta intera, che Roma desidera servire.

Roma e il suo Vescovo sono al servizio delle Comunità ecclesiali del mondo: questo è stato confermato, nell'anno che sta per finire, da numerose visite: in Italia, ricordo in particolare la Sicilia, e fuori d'Italia. Già visitando le parrocchie romane, legate in genere ai vari membri del Collegio Cardinalizio, il Papa, in un certo senso, ha modo di sentire la voce delle Chiese, vicine e lontane, a cui i Cardinali appartengono e che attendono anch'esse il servizio del Successore di Pietro, il "ministerium Petrinum".

La ricchezza dell'Africa nella sua ospitalità e nei suoi Santi


4. Nell'anno che volge al termine, ho potuto visitare le Chiese del Benin, dell'Uganda e del Sudan in Africa, continente che va preparandosi a celebrare la speciale Assemblea del Sinodo dei Vescovi, che si terrà a Roma dal 10 aprile all'8 maggio del prossimo anno. Non era la prima volta che il Papa si recava in terra africana; forse non sarà nemmeno l'ultima. L'Africa è ospitale: è contenta di accogliere il Papa ed è disposta ad affrontare, per questo, ogni sacrificio, anche economico. E' una caratteristica che la distingue nobilmente. E' povera l'Africa, ma allo stesso tempo ricca della stessa ricchezza con cui Cristo ha reso ricchi tutti noi, facendosi povero per noi (Cfr. 2Co 8,9).

Ciò non vuol dire che nell'Africa si possa tacere riguardo ai problemi della giustizia sociale, non solo in ambito interno ma anche a livello di rapporti intercontinentali; al contrario, bisogna parlare. Bisogna parlare anche dei problemi che interessano le nostre relazioni con i seguaci della grande religione dell'Islam, cercando di affrontarli con animo aperto in ordine alle possibili soluzioni. La mia visita di un solo giorno in Sudan si inserisce in tale contesto.

L'ospitalità dei padroni di casa è stata genuina e di questo sono loro grato. Le Autorità hanno formulato apprezzate promesse per quanto concerne la vita della Comunità cattolica in quella Nazione. Esprimo il fervido auspicio che esse trovino pratica attuazione, come segno di un dialogo costruttivo col mondo islamico.

Particolarmente significativo è stato l'incontro con la Chiesa di quella Nazione a cui il Papa ha potuto restituire una degna figlia del Sudan, la beata Giuseppina Bakita, elevata agli onori degli Altari il 17 maggio 1992, in piazza San Pietro.

Il Papa l'ha consegnata alla sua patria terrena, come prima Patrona. così, dunque, accanto ai Martiri Ugandesi, appare questa povera schiava sudanese, guidata da Cristo alla santità lungo sentieri a Lui solo noti. La ricchezza dell'Africa non sta soltanto nella sua ospitalità, bensi anche nei suoi santi, il cui numero va aumentando. Ecco una grande gioia per la Chiesa che è in Roma e per il Sinodo dei Vescovi Africani, che si avvicina ormai alla sua conclusione.

In Spagna un coro di entusiasmo nei confronti della Chiesa e della sua missione


5. Vorrei aggiungere qui una parola sul mio ritorno nella terra di Cristoforo Colombo: mi sono recato dapprima a Siviglia per il Congresso Eucaristico Internazionale, poi a Huelva e nei luoghi dove Colombo si preparo insieme al suo equipaggio per la decisiva spedizione oltre oceano, pur non sapendo dove tale spedizione lo avrebbe condotto. La mia presenza in Spagna ha assunto singolare rilievo nell'ambito delle celebrazioni per il quinto centenario dell'inizio dell'evangelizzazione dell'America. Tale evangelizzazione si sviluppo, a partire dal 1492, grazie alle risorse spirituali portate da Colombo nelle sue diverse spedizioni e, successivamente, grazie a quelle di cui disponeva allora la Chiesa in Spagna. Come dimenticare che quella era l'epoca nella quale emersero Sant'Ignazio di Loyola, Santa Teresa di Gesù e San Giovanni della Croce? Era l'epoca in cui ebbe inizio il grande splendore della scuola di Salamanca, che pose i fondamenti del moderno diritto internazionale. Già prima, tuttavia, l'aveva fatto in un certo senso l'Accademia di Cracovia attraverso i suoi portavoce al Concilio di Costanza.

La presenza del Papa in terra spagnola è stata salutata con entusiasmo, specialmente a Madrid, in occasione della consacrazione della cattedrale dedicata a "Nostra Signora de la Almudena" e per la canonizzazione del Fondatore della Famiglia Teresiana, Enrique de Osso y Cervello. In questa tappa del "Quinto Centenario Colombiano" si sono attenuate le contestazioni e si è levato, specialmente a Madrid, un coro d'entusiasmo nei confronti della Chiesa e della sua missione nel mondo contemporaneo. Gli spagnoli mi hanno colpito per il loro entusiasmo, specialmente i giovani. Siano rese grazie a Dio per tutto ciò. E' stato quasi un pregustare l'esperienza di Denver.

Denver: la grande sorpresa del 1993 Dalla contestazione all'affermazione di Cristo


6. Denver è stata, infatti, la grande sorpresa del 1993. La Giornata Mondiale della Gioventù, che si celebra di volta in volta in varie località della terra - l'ultima era stata a Jasna Gora in Polonia, nel 1991 - ha avuto luogo quest'anno a Denver negli Stati Uniti, ai piedi delle Montagne Rocciose. Nel corso del pellegrinaggio apostolico che mi portava a Denver ho potuto completare le visite riguardanti il quinto centenario dell'evangelizzazione dell'America, soffermandomi presso la comunità afro-americana dell'isola di Giamaica, e poi presso la comunità indo-messicana a Mérida nello Yucatan, sulle orme degli indigeni del Messico. La partecipazione di una grande schiera di loro discendenti ha testimoniato quanto sia stata efficace l'evangelizzazione in quel Paese.

Perché Denver è stata per me la grande sorpresa del 1993? Si prevedeva, almeno secondo alcuni mezzi di informazione, una grande contestazione, ed invece la Giornata mondiale è risultata una grande affermazione. Non un'affermazione del Papa o della Chiesa, ma, prima di tutto un'affermazione di Cristo. E non era la prima volta che i giovani esprimevano con tanto vigore il loro desiderio di portare il Vangelo nel nuovo millennio. Cristo è la via, la verità e la vita (Cfr. Jn 14,6); Cristo è con loro, ed essi, con ardente animo giovanile, ne anelano la presenza. E' per questo che desiderano la Chiesa, nonostante le umane debolezze dei suoi membri e non accettano che sia tolto loro un simile tesoro. Come affermare allora che essi amano slogans del tipo: "Cristo - si, la Chiesa - no!"? Non seguono piuttosto, molti fra di loro, una strada "contro corrente" rispetto alla propaganda anticristiana? Questo ovviamente ha stupito ed anche imbarazzato alcuni mezzi di comunicazione sociale, preparati ad assistere ad una grande contestazione. E' stata una sorpresa persino per l'Episcopato americano, il quale ha constatato di non essere solo nella sua missione evangelizzatrice, ma di essere affiancato anzitutto dai giovani, artefici del domani. I Vescovi americani continuano ancora a parlarne e ripetono: "E' la grande, straordinaria grazia di quest'anno...". Non si poteva, dunque, non parlarne anche qui, tanto più che il 1993 è stato l'anno della visita "ad limina" dei Presuli degli Stati Uniti e del Canada: la grazia dell'incontro di Denver è divenuta così anche la grazia di tale visita.


GPII 1993 Insegnamenti - Angelus con i fedeli convenuti in Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)