GPII 1993 Insegnamenti - Il saluto ai giovani a conclusione dell'incontro - Kaunas

Il saluto ai giovani a conclusione dell'incontro - Kaunas

Titolo: "Non c'è piena libertà senza responsabilità"

Voglio rivolgervi ancora una parola in italiano e in lituano. In italiano parlero io e, in lituano, Monsignor Backis, Arcivescovo di Vilnius.

Avete preparato uno splendido programma, con il quale avete espresso tutta la vostra anima, il vostro spirito lituano. Avete espresso anche le vostre ansie, le vostre sofferenze. Tutto quello che il vostro popolo ha sofferto durante gli ultimi decenni per riacquistare la sua libertà e la sua indipendenza. così avete offerto un grande dono al Papa e a tutti i Vescovi qui presenti. Questo dono deve ora ritornare a voi, perché ogni dono fa più ricco anche il donatore.

Avete anche presentato le vostre domande. Io penso che ciò che abbiamo detto nel nostro discorso contiene una risposta alle vostre domande. Ma vorrei concludere e sintetizzare, perché le vostre sono state veramente domande chiave.

Esse sono domande su problemi essenziali di ciascuno di noi, di ogni uomo, giovane, o anziano, di ogni uomo e di ogni donna, di ogni ragazzo e di ogni ragazza. E i giovani sentono queste domande esistenziali in modo speciale.

Per trovare risposta basta pensare al libro della Genesi della Sacra Scrittura, là dove è detto che l'uomo è stato creato ad immagine di Dio. Questa risposta è stata confermata profondamente da Gesù Cristo. Se Dio ha creato l'uomo e la donna a sua immagine, lo ha confermato dandoci suo Figlio come uno di noi.

In Cristo si trova la più piena risposta alla domanda della scelta tra libertà e responsabilità. La responsabilità è ciò che dà pienezza alla nostra libertà. Senza di essa la nostra umana libertà potrebbe anche essere un grande pericolo e una grande minaccia per ciascuno di noi e per gli altri.

Non c'è piena libertà senza responsabilità, non c'è amore senza responsabilità. Vi dico ciò riprendendo il titolo del libro che ho scritto molti anni fa. Se l'uomo è creato ad immagine e somiglianza di Dio, se questa immagine e somiglianza di Dio è confermata con l'incarnazione di Gesù Cristo, anche negli aspetti più dolorosi della sofferenza umana, che abbiamo vissuto insieme con questa ragazza e con tutti gli altri giovani ed anziani sofferenti, si trova la risposta definitiva: se questo Figlio di Dio ha accettato la Croce, anche nelle nostri croci umane, lituane, giovanili, degli anziani, si trova un mistero salvifico, un mistero il cui significato e il cui senso ci è stato rivelato dallo stesso Gesù Cristo.

Questa è l'eredità vivificante della vostra fede, di questi secoli di fede cristiana dei lituani. Voglio augurare alle generazioni anziane e agli adulti di poter trasmettere questa fede ai giovani. Ma vorrei anche augurare ai giovani di poter ritrovare questa fede nuova e offrirla agli anziani. così, questo salvifico scambio della fede tra le generazioni costituirà la vita della vostra Patria, della Lituania cristiana.

Questo è ciò che devono simboleggiare le candele accese stasera nelle mani dei giovani lituani di tutte le diocesi.

Ci avviciniamo alla conclusione.

Alla fine devo anche io farvi una domanda. Voi avete preparato e programmato un bellissimo incontro con il Papa e con i vostri Vescovi, ma io non so se voi avete previsto anche la pioggia nel programma di questo incontro. Io penso di si, perché siete tutti venuti con gli ombrelli, non solo i signori Vescovi, che sono sempre più prudenti, ma anche voi giovani avete programmato la pioggia, perché avete portato gli ombrelli.

Vi ringrazio ancora una volta e vi auguro la Benedizione del Signore. Vi auguro un futuro sempre migliore, sempre più maturo, più fruttuoso, per voi stessi, per le vostre famiglie, per la vostra Patria. Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1993-09-06 Data estesa: Lunedi 6 Settembre 1993

L'omelia della Santa Messa celebrata presso il "Monte delle Coci" - Sialuiai

Titolo: Qui l'amore sopravanza l'odio micidiale propagato con violenza anche nel nostro continente europeo




1. Il mistero dell'Esaltazione della Croce: mistero centrale nella storia della salvezza! In questa località, dove siamo giunti pellegrinando attraverso la terra lituana, siamo invitati a riflettere sul mistero della Croce. E' il luogo stesso che ci invita a fare ciò: si chiama il Monte delle Croci.

Nell'odierna liturgia le letture che abbiamo ascoltato ci parlano degli Apostoli Giovanni e Paolo. Entrambi ci introducono nel mistero della Croce, così come l'ha rivelato Cristo stesso: "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo" (Jn 3,14).

Si: il Figlio dell'uomo è stato innalzato sulla Croce del Golgota - e questo è stato un segno d'infamia. L'hanno infamato gli uomini, condannandolo alla morte di croce. Come uomo, Egli "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8). E' stato obbediente agli uomini: a quanti hanno emesso la sua condanna e a coloro che l'hanno eseguita.


2. Carissimi fratelli e sorelle, sono lieto di trovarmi oggi fra voi. Saluto con stima ed affetto il Cardinale Vincentas Sladkevicius, Pastore di questa diocesi, e con lui gli altri Presuli presenti. Rivolgo il mio cordiale pensiero ai Sacerdoti, ai Religiosi e alle Religiose, ai giovani, alle famiglie ed a tutte le persone che si dedicano con generosità all'apostolato.

Ricordo con particolare simpatia i rappresentanti delle Associazioni di invalidi, i ragazzi portatori di handicap, e vorrei dire a loro ed a quanti sono associati alla Croce di Cristo in modo più misterioso e visibile, di fare della sofferenza un'offerta a Dio per la Chiesa, per questa amata Nazione e per il mondo.

Con deferenza saluto le Autorità intervenute al nostro incontro liturgico e coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questa mia visita pastorale.

Veniamo qui - sul Monte delle Croci - per ricordare tutti i figli e le figlie della vostra terra, anch'essi sottoposti a condanne anch'essi mandati in prigione, nei campi di concentramento, deportati in Siberia oppure a Koluma e condannati a morte.

Tra questi vorrei ricordare in maniera particolare, tre Presuli: Mons.

Vincentas Borisevicius, Vescovo di Telsia, ucciso nel 1946 dopo lunghi interrogatori e dure torture; Mons. Teofilius Matulionis Arcivescovo di Kaisiadorys, la cui esistenza fu un faticoso calvario di restrizioni e di sofferenze sino alla morte sopraggiunta nel 1962; Mons. Mecislovas Reinys, Arcivescovo di Vilnius, arrestato nel 1947 e morto in carcere a Vladimir nel 1953.

Si condannavano degli innocenti. Nella vostra Patria allora infuriava un terribile sistema improntato a violenza totalitaria. Un sistema che calpestava ed umiliava l'uomo.

I superstiti, coloro che furono risparmiati da tali orrori di violenza e di morte, sapevano che davanti ai loro occhi, tra i loro stessi compatrioti e nelle loro famiglie, si stava rinnovando e completando ciò che già si era compiuto sul Golgota, dove il Figlio di Dio "assumendo la condizione di servo", in quanto uomo "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte" (Ph 2,7-8).


3. così, il dramma della Croce è stato vissuto da molti vostri compatrioti. Per essi Cristo crocifisso ha rappresentato una inestimabile sorgente di fortezza d'animo nel momento della deportazione e della condanna a morte.

La croce è stata per tutta la Nazione e per la Chiesa una provvidenziale fonte di benedizione, un segno di riconciliazione fra gli uomini. Essa ha dato senso e valore alle sofferenze, alla malattia, al dolore. Ed oggi, come in passato, la Croce continua a seguire la vita dell'uomo.

Ma la Croce è, al tempo stesso, anche una "esaltazione". Annunciando la sua morte sul Golgota, la morte cioè di Croce, Cristo ha detto: "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo" (Jn 3,14).

Si, certo, è stato innalzato. Questa elevazione sulla Croce ha aperto davanti a lui un singolare orizzonte. L'orizzonte del sacrificio della Croce abbracciava non solo Gerusalemme, ma il mondo intero: "Io, quando saro elevato da terra, attirero tutti a me" (Jn 12,32).

E ciò che per gli uomini costituisce un annientamento mortale, nell'orizzonte del sacrificio di Cristo diventa rivelazione della potenza divina: della potenza della Redenzione, della sua forza salvifica. "Bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna" (Jn 3,14-15).


4. Cristo stesso ci assicura che nella sua Croce, sul Golgota, si apre l'orizzonte della vita eterna per il mondo, per l'uomo che vivendo su questa terra è sottoposto alla legge ineludibile del morire.

Ce l'assicura Gesù quando afferma: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

I figli e le figlie della vostra terra portavano su questo Monte croci che erano simili a quella del Golgota su cui mori il Redentore. Proclamavano in tal modo la certezza della loro fede che cioè quanti tra i loro fratelli e sorelle erano morti - o piuttosto: erano stati uccisi in modi diversi - "avevano la vita eterna".

L'amore sopravanza l'odio micidiale - che si è propagato con violenza anche nel nostro continente europeo. E' l'amore con cui Dio ha amato il mondo, in Cristo crocefisso e risorto.

Di questo Amore la Croce è segno.

La Croce è segno della Vita eterna in Dio.


5. "Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca" (Ps 78/77,1).

Ascoltando il richiamo del Salmista, eccomi pellegrino sul Monte delle Croci.

Ho atteso a lungo questo giorno.

Ho aspettato questo giorno, cari fratelli e sorelle. Ed ora ringrazio Dio per essere qui con voi a meditare sul mistero della Croce di Cristo e sul tesoro di verità e di luce che essa racchiude.

L'insegnamento della Croce è "potenza di Dio e sapienza di Dio" (1Co 1,24). Costituisce l'apice della Buona Novella; conduce alla pienezza della verità su Dio e sull'uomo.

Bisognava che il Figlio dell'uomo fosse innalzato.

E Dio l'ha innalzato dandogli il nome che è al di sopra di ogni nome.

Gesù Cristo è il Signore a gloria di Dio Padre.

Il mondo è stato salvato da Lui.

In lui è stato innalzato l'uomo, anche il più umiliato e calpestato.

In Lui sono innalzati i figli e le figlie della Lituania martire, la cui memoria è viva e oggetto di venerazione su questo Monte delle Croci.

Sia benedetta la Croce di Cristo.

Ave Crux! Ringraziamo Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo, per questa preghiera, per questa Eucaristia celebrata qui accanto al Monte delle Croci.

Ringraziamo voi, lituani, per questo Monte delle Croci, per questa grande testimonianza data a Dio e all'uomo, testimonianza data attraverso il mistero di Cristo crocifisso e risorto, testimonianza data alla vostra storia e a tutti i popoli dell'Europa e della terra.

Da questa Croce, da questo Monte delle Croci, voglio salutare tutte le generazioni del vostro popolo, le passate e le presenti e anche le future; tutti gli abitanti della terra lituana, lituani, cittadini di origini e di nazionalità polacca, bielorussa, russa ed altre, e voglio salutare anche tutti i popoli della nostra Europa cristiana.

Che questo Monte rimanga una testimonianza alla fine del secondo millennio dopo Cristo e come annuncio del nuovo millennio, il terzo millennio, della redenzione e della salvezza che non si trova altrove solamente nella Croce e nella Risurrezione del nostro Redentore.

Voglio dire a tutti: l'uomo è debole quando è vittima e forse è ancora più debole quando è oppressore. L'uomo è debole, ma questo uomo debole può essere forte nella Croce di Cristo, nella sua morte e nella sua Risurrezione. Questo è il messaggio che lascio a tutti da questo luogo mistico della storia lituana. Lo lascio a tutti. Vi auguro che sia sempre contemplato e vissuto.

Voglio ancora ringraziare perché avete portato qui anche la croce del Papa, specialmente dopo l'attentato del 1981. Per questo ringrazio tutti i miei fratelli lituani ed anche i miei fratelli polacchi che vivono in Lituania. Tutti.

Dio vi ricompensi tutti. Questa croce rimanga qui e con essa rimanga anche la vostra preghiera per il Papa che oggi ha avuto la grande gioia di visitare il vostro santuario.

Data: 1993-09-07 Data estesa: Martedi 7 Settembre 1993

L'omelia durante la Celebrazione della Parola nel Santuario mariano - Siluva

Titolo: "Maria, vengo a ringraziare a nome dei credenti di questo popolo: è per tua intercessione che è scoccata l'ora della resurrezione e della speranza anche in questa terra a te consacrata"




1. "La pace di Cristo regni nei vostri cuori!" (Col 3,15).

Carissimi fratelli e sorelle, questo augurio di Paolo ai cristiani di Colossi noi vogliamo oggi raccogliere dalle labbra di Maria, nella suggestiva cornice di questo Santuario a Lei dedicato e caro a tutti i Lituani.

La pace di Cristo: si può facilmente comprendere quanto sia grande il desiderio di una pace vera in un popolo che ha sofferto lunghi anni di umiliante oppressione, defraudato della sua identità nazionale e costretto entro le rigide maglie di una disumana ideologia.

Alla pace esteriore di un soffocante regime segue finalmente la pace di una libera e ordinata convivenza, rispettosa di tutte le persone e dei loro diritti.

Ma ciò che la parola di Dio oggi ci addita va ben oltre la semplice tranquillità dell'ordine sociale. E' qualcosa, anzi, da cui anche la pace sociale dipende ed attinge linfa vitale: la pace di Cristo! "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Jn 14,27). Ecco il grande dono del Risorto ai suoi discepoli e all'umanità.

La pace che Cristo ci dona si identifica con Lui, con la sua persona, col suo mistero. Egli, infatti, "è la nostra pace" (Ep 2,14). In Lui è dissolta l'inimicizia generata dal peccato. Nella sua incarnazione, Dio e l'uomo si incontrano per una definitiva alleanza di pace. Dalla sua morte redentrice sgorga il dono dello Spirito, che viene a radunare i figli di Dio dispersi, facendone nella Chiesa una nuova famiglia, e generando così tra gli uomini una comunione profonda e duratura.


2. La pace di Cristo regni nei vostri cuori! Carissimi fratelli e sorelle, è questa la pace a cui l'uomo anela. Di essa ha speciale bisogno la nuova Lituania.

So bene quanto voi avete sofferto e sperato negli interminabili decenni del ferreo regime, solo da poco prodigiosamente scalzato. Sono venuto qui, a Siluva, per rendere grazie a Dio, che vi ha concesso di superare la terribile prova.

Saluto ognuno di voi, in primo luogo il vostro Pastore, il carissimo Card. Vincentas Sladkevicius, con i Presuli presenti. Saluto i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i Laici e quanti si consacrano al servizio del Vangelo.

Insieme a voi, vorrei rendere omaggio anche ai tanti cristiani che hanno testimoniato la fede, affrontando i rischi di un'aspra persecuzione. Essi hanno ricalcato le orme di Maria, seguendola fino ai piedi della Croce. Resistendo all'ideologia materialistica, il loro sguardo è rimasto fisso al Trascendente; essi hanno riconosciuto in Gesù di Nazareth il Messia inviato dal Padre, il Verbo eterno fatto carne, il Salvatore e Redentore dell'uomo.

Siano ringraziati per la loro fedeltà. La Lituania libera di oggi deve molto a loro, alla loro perseveranza al loro coraggio.


3. La pace di Cristo regni nei vostri cuori! Ma qual è la pace che voi intendete assicurare al vostro Paese? Ci si può forse accontentare di una pace superficiale, che si limiti a garantire la libertà e la partecipazione democratica - beni senza dubbio preziosi - ma che non si misuri con il grande problema dei valori, dell'etica, del senso della vita? L'esperienza delle società democratiche di antica tradizione ci ammonisce circa i pericoli di una pace ambigua, costruita all'insegna del minimalismo o del relativismo etico.

Qui si apre un esaltante capitolo di responsabilità per i cattolici.

Essi devono "rendere ragione della speranza che è in loro" (Cfr. 1P 3,15), mostrando con la vita, prima che con le parole, che la pace è salda nella misura in cui è ancorata in alto, al sicuro sostegno della norma morale e dell'apertura al Trascendente. Essa, invece, vacilla irrimediabilmente, se affonda nella palude dell'indifferenza religiosa e del pragmatismo.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato in questa liturgia ce lo ricorda con chiarezza: "Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia" (Mt 7,24).

Si, Cristo sia la roccia della vostra vita, della vostra democrazia, del vostro futuro.


4. Carissimi fratelli e sorelle! Maria, Regina della Pace che ha vegliato su di voi nei lunghi anni della prova, non mancherà di esservi a fianco nel cammino che vi attende.

Possa la devozione, che a Lei vi lega e che in questo Santuario registra una delle più calde e corali espressioni, spingervi all'imitazione della sua fede e della sua vita.

"Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli" (Mt 7,21).

A tale ammonizione del Signore Maria ha risposto con assoluta disponibilità. Maria è la donna del "fiat", la donna della fede senza tentennamenti: "Beata perché ha creduto" (Lc 1,45), beata perché ha "ascoltato la parola di Dio e l'ha messa in pratica" (Cfr. Lc 11,28).

Seguiamola dunque, pellegrina di fede, nella sua vita interamente centrata su Cristo. Ella lo attende negli anni della sua giovinezza, vera "figlia di Sion", facendo sua la fede messianica del suo popolo. Lo accoglie in grembo con ineffabile amore nell'Annunciazione. Lo ascolta "conservando nel cuore le sue parole" (Cfr. Lc 2,51) nella vita nascosta di Nazareth, e lo segue poi con materna premura, pur da lontano negli anni del suo ministero. Si offre infine con Lui, in uno straziante atto di fede, sul Calvario.

A Maria guarda la Chiesa, riconoscendola Madre e Modello. A Maria può guardare fiduciosa la Lituania, in questa decisiva ora della sua storia. La Vergine conosce i bisogni veri e profondi di questa Nazione rinata a nuova vita.

Come un giorno alle nozze di Cana, la sua consegna è ancora una volta il Cristo: "Fate quello che Egli vi dirà" (Jn 2,5).


5. Santa Maria di Siluva, "Sanitas aegrotorum", a Te oggi rivolgo con trepidazione di Pastore universale la mia supplica. Negli anni di dure sofferenze e di perduranti prove mai hai cessato di guardare alla Lituania, terra delle Croci.

Vengo ora a ringraziarti a nome dei credenti di questo popolo: è per tua intercessione che è scoccata l'ora della risurrezione e della speranza anche in questa terra a Te consacrata. Tu che a Cana ottenesti dal tuo Figlio la conversione dell'acqua in vino, aiuta il popolo lituano a convertire la dolorosa esperienza passata in un avvenire radioso: là dove ci fu persecuzione e discriminazione dei credenti, regni ora la pace religiosa e civile; dove fu coltivato l'odio, regni ora iI perdono: dove imperverso l'intolleranza, regni ora il dialogo e la reciproca comprensione.

La Chiesa, sparsa nei cinque Continenti, Ti benedice e con me oggi rende lode al provvidenziale e misericordioso disegno di Dio.

Continua, o Madre, a guardare e benedire questo popolo.

Consolida nei Lituani l'attaccamento alla parola del Figlio tuo Gesù, parola di vita seminata in queste Regioni da tempi lontani.

Regina della Pace, venerata in questo Santuario di Siluva aiuta questi tuoi figli, che a Te fiduciosi ricorrono, a fondare il loro avvenire sulla roccia del Vangelo, e non sulla sabbia delle ideologie; a fare scelte sociali e politiche ispirate agli ideali di amore e di solidarietà, e non agli egoismi personali e collettivi.

Tu che in questo Santuario, immerso nel verde dei campi, ascolti le confidenze e raccogli le speranze dei Lituani, dà loro entusiasmo e coraggio per superare le difficoltà materiali e morali; rendi fecondo il lavoro delle loro mani e delle loro menti, assicura gioia ai loro focolari, solidarietà alla vita sociale, operosa speranza nella costruzione del futuro.

Ti affido in particolare i giovani: possano trovare in Cristo il senso della loro vita e conservare desta la loro speranza.

Ti affido i Vescovi, i Sacerdoti, le persone consacrate, e tutti i cristiani: ottieni a ciascuno la grazia di servire con perseverante generosità la causa del Regno di Dio, si da diventare tra i fratelli lievito e fermento della nuova evangelizzazione.

Maria, Madre di ogni Lituano, "stella" di questa nazione che ti invoca e ti ama, prega per noi!

Data: 1993-09-07 Data estesa: Martedi 7 Settembre 1993

Le parole rivolte ai fedeli della Nunziatura Apostolica - Vilnius

Si è creato durante questi giorni un legame speciale, una "communio", in diversi posti della Lituania, soprattutto a Vilnius, poi a Kaunas, poi oggi in questi due posti sacri vicino a Siauliai, il Monte delle Croci, e poi Siluva. Si sono creati questi legami e si è creato anche un legame, una "communio" qui, intorno alla Nunziatura. Possiano dire "communio": legame della Nunziatura.

Desidero che questo legame rimanga; dobbiamo continuare; pero continuare in comunione, nella preghiera davanti a Dio e davanti alla Chiesa, per la sua missione qui in Lituania e nel mondo.

Ancora una volta vi ringrazio e ringrazio l'Arcivescovo di Vilnius che ha voluto fare l'interprete in altri posti e anche qui, davanti alla Nunziatura. E vorrei offrirvi alla fine una Benedizione, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1993-09-07 Data estesa: Martedi 7 Settembre 1993

Il congedo dal Paese all'aereoporto internazionale della capitale - Vilnius

Titolo: "Affido a Maria il futuro della Lituania e il suo progresso morale e materiale"

Signor Presidente della Repubblica, Signor Cardinale e confratelli nell'Episcopato, Autorità civili e religiose, Lituani carissimi,


1. Tra qualche istante, lascero questa vostra terra, a me tanto cara, per proseguire il mio viaggio in Lettonia ed Estonia. Parto con l'animo pieno di ricordi; essi spesso, ne sono certo, diventeranno preghiera. Conservo scolpita nella mente la cortesia della vostra accoglienza ed il calore dell'amicizia dimostratomi durante questi giorni.

Ringrazio le Autorità civili, che mi hanno aperto con generosità le porte della Lituania, perché potessi rendermi conto da vicino della complessa realtà che il vostro Paese sta oggi vivendo. Ringrazio in modo particolare il Signor Presidente della Repubblica, rappresentante dell'intero popolo lituano, per essersi fatto interprete nei riguardi del Successore di Pietro dei sentimenti di tutti.


2. Nel momento di congedarmi da voi, mi sia permesso salutare con singolare affetto il venerato Cardinale di Kaunas, l'Arcivescovo di Vilnius ed i Pastori delle Comunità ecclesiali operanti nel vostro Paese. Essi mi hanno aiutato a comprendere, durante questi giorni, la situazione spirituale del popolo della Lituania e le sue attese di ordine umano e religioso. Sono loro grato per avermi fatto meglio percepire quali siano i problemi a cui la Chiesa deve consacrarsi con più urgenza. Dalla catechesi ai giovani ed agli adulti, privati per lungo tempo dell'insegnamento o dell'approfondimento della fede, alla formazione dei sacerdoti e degli operatori della pastorale, bisognosi di costante aggiornamento, soprattutto per assimilare in maniera adeguata gli insegnamenti e gli orientamenti del Concilio Vaticano II.

La dottrina sociale della Chiesa, sempre meglio conosciuta specialmente nelle proposte che riguardano i diritti umani, lo sviluppo, la promozione della solidarietà, costituirà un prezioso strumento di rinnovamento ed un opportuno contributo per la costruzione di una società realmente libera e solidale.


3. Carissimi fratelli e sorelle, al termine del mio soggiorno in Lituania, oltre a ringraziare tutti, sento il bisogno di formulare un sincero augurio, che depongo nelle mani di Maria, Madre della Chiesa, venerata nei Santuari di Siluva e della Porta dell'Aurora. Affidando a Lei il futuro della Lituania, auspico che i figli di questa Nazione generosa possano trovare nella Parola di Dio luce e sostegno per un avvenire di progresso morale e materiale, rispettoso della dignità di ogni uomo, in un clima di pace sociale e di serenità spirituale.

Cinquant'anni di ateismo e di forzato silenzio nella predicazione del Vangelo hanno lasciato in tante persone e nell'intera società tracce che soltanto la riscoperta, a livello personale e sociale, di Dio e della sua Parola potrà cancellare.

Un primo ed importante passo non è stato forse compiuto, nel 1989, con il ripristino di un regime sociale di libertà religiosa per merito anche dei responsabili politici, capaci di ascoltare la viva attesa dei credenti? Ma un secondo passo dovrà ora essere attuato grazie al sostegno della Chiesa che, con lungimiranza pastorale, dovrà adoperarsi per far meglio conoscere il ricco messaggio Conciliare e diffondere il Vangelo della carità. La Comunità dei credenti non farà mancare il suo apporto nella formulazione degli indirizzi programmatici, in stretta collaborazione con gli altri cristiani e gli uomini di buona volontà. Il suo patrimonio evangelico - sia ben chiaro a tutti - mai può rimanere ristretto in ghetti ideologici, sociali o culturali.

La Lituania conosce che cosa significhi pianificare l'esistenza dell'uomo, escludendo Dio. La triste esperienza del passato è presente nella memoria di tutti. Occorre, carissimi fratelli e sorelle, dischiudere ben altri orizzonti. Il servizio che la Chiesa intende offrire è presentare il Vangelo: luce che illumina la strada di un progresso sociale degno dell'uomo, nel quale ogni persona umana sia riconosciuta come immagine vivente di Dio. Grazie a tale luce i Lituani saranno capaci di operare il bene, vivendo nella concordia e nella pace.

Con tale auspicio e con vivo affetto imparto a tutti la mia Benedizione.

Data: 1993-09-08 Data estesa: Mercoledi 8 Settembre 1993

Il discorso alla cerimonia di benvenuto in Lettonia - Riga

Titolo: "Il Vescovo di Roma, successore di Pietro, viene a voi seguendo le orme di Meinardo"

Signor Presidente della Repubblica, Venerati confratelli nell'episcopato, Autorità civili e religiose, Fratelli e sorelle!


1. Il mio primo sentimento, arrivando nella vostra Patria, è di gratitudine a Dio per il dono che mi ha concesso: poter baciare la terra lettone ed incontrare il nobile popolo che l'abita. Da tempo avevo implorato la grazia di visitare i Paesi Baltici, ed oggi posso rendere omaggio al vostro Paese che si colloca nel cuore di tale Regione d'Europa, per portare a tutti i suoi abitanti un saluto di pace.

Le parole di accoglienza, che mi sono state poc'anzi rivolte, rendono ancora più sentita la mia riconoscenza.

So di trovarmi in una terra che, dopo lunghe prove, cerca ora ansiosamente la pace, quella pace a cui la sua stessa posizione geografica la invita. Come tutti i Paesi costieri, la Lettonia deve molto al mare: essa è infatti terra di incontro e di transito e numerose pagine della sua storia parlano dell'andare e venire di navi che, oltre a merci da scambiare, recavano uomini e, con loro, idee ed esperienze diverse, capaci di stimolare al dialogo, alla tolleranza e all'amicizia.


2. Profondo e indelebile è il segno che il Cristianesimo ha impresso in questa Nazione, purificando ed elevando la cultura delle popolazioni locali. Il pensiero va immediatamente al monaco Meinardo, che nel secolo XII evangelizzo questa terra, seminandovi un fermento di vita nuova che ancora rimane. Malgrado le mancanze e le divisioni dei cristiani, la novità portata dal primo apostolo della Lettonia resta sempre intatta ed attuale. Il suo fu un messaggio di amore - amore di Dio agli uomini, amore degli uomini a Dio e tra loro - la cui forza mai potrà tramontare.

Su invito della Chiesa locale e delle Autorità della Repubblica, il Vescovo di Roma, successore di Pietro viene a voi seguendo le orme di Meinardo, nel medesimo spirito di pace e di fratellanza. Si, vorrei che il mio passaggio tra voi avvenisse all'insegna di quet valori che crescono e maturano laddove l'umana società accoglie il Vangelo e si sforza di metterlo in pratica.

E forse mai come in quest'ora è apparso evidente che il Vangelo è necessario alla Lettonia. Usciti da una dolorosa prova umana, politica e sociale, che si è protratta per oltre mezzo secolo, gli abitanti di questo coraggioso Paese si trovano ad affrontare una realtà complessa e drammatica. Esperienze storiche come quella vissuta nel corso di questo secolo lasciano in eredità sfide gravi ed urgenti. Ogni individuo e l'intera società sono chiamati ad impegnarsi nella ricerca di risposte adeguate.


3. Pellegrino di pace, vengo a confermare tutti voi, e in particolare i cristiani, nella fede e nella speranza, ribadendo che il Vangelo è indispensabile proprio in questi frangenti della storia. Il Verbo di Dio fattosi uomo è in grado di offrire luce ed orientamento per portare gradualmente a soluzione situazioni problematiche dagli esiti incerti e rischiosi, quali la convivenza sullo stesso suolo di culture diverse, i cambiamenti demografici profondi, il passaggio da un sistema politico ed economico ad un altro; come pure l'apertura ad altri popoli, quando il contatto con loro è stato reso a lungo difficile, e l'impegno di trasformare in amichevoli rapporti caratterizzati dalla diffidenza e perfino dal rancore verso chi nel passato ha preteso di determinare il destino altrui.

Sono con voi per incoraggiare lo sforzo di tutti in questi campi dell'umana convivenza. In particolare mi uniro all'invocazione e alla riflessione delle Comunità cristiane che qui vivono e faticano per il Vangelo. Negli incontri con i fedeli cattolici, luterani ed ortodossi, ci raduneremo insieme intorno all'unico Signore. Come cristiani crediamo che Egli solo ha parole di vita eterna (Cfr. Jn 6,68), e sappiamo - come intuiscono anche molti uomini e donne di buona volontà - che Egli è "la Via, la Verità e la Vita" (Jn 14,6). Il Papa viene, dunque, per proclamare a tutti, insieme con i fratelli di fede che in Cristo si trova la via per dare soluzione ai loro problemi, la verità che fornisce luce nei momenti di dubbio, la vita per rinascere dopo le grandi prove.


4. So che in questo Paese è vivo il desiderio della piena unità tra le Chiese: il Signore non mancherà di benedire tale aspirazione, a beneficio di una crescente concordia e di un avvenire di progresso e di pace per l'intera Nazione.

Signor Presidente della Repubblica, nel ringraziarla nuovamente per i sentimenti or ora manifestati, saluto nella sua persona tutti i cittadini di questa Nazione. Saluto in particolare gli abitanti di Riga, città fondata all'alba del XIII secolo proprio da un uomo di Chiesa, il Vescovo Alberto, secondo successore di Meinardo. In essi vedo l'espressione dell'intera Lettonia, il Paese delle "dainas", il "Paese che canta". Mi accingo con gioia a visitare questo popolo, che sa trasformare in canto la gioia e il dolore, la fede e la speranza, e che di ogni canto sa fare una preghiera.

Dio benedica la Lettonia!

Data: 1993-09-08 Data estesa: Mercoledi 8 Settembre 1993

L'incontro di preghiera con le altre comunità cristiane nella cattedrale luterana - Riga

Titolo: Alla soglia del Terzo Millennio ringraziamo Dio per la nuova primavera ecumenica che ci interpella tutti

Perché tutti siano una sola cosa (Jn 17,21).


1. così prega Gesù per i suoi discepoli, e quindi anche per noi. La sua è una preghiera solenne, che diventa impegnativa per tutti i cristiani. Sono parole che sgorgano dalle labbra dell'Uomo-Dio, nell'imminenza della Passione, in cui sarà schernito, condannato a morte e crocifisso. Sono parole che da una parte rivelano il piano di Dio che è un piano di unità, e, d'altra, sono un appello alla responsabilità dell'uomo: Dio vuole l'unità, ma la libertà dell'uomo comporta il rischio della divisione: Dio vuole l'amore ma il peccato dell'uomo provoca diffidenze ed antagonismi.

L'evangelista Giovanni ascolto con cuore giovane queste parole di Gesù e le fisso nel suo Vangelo, secondo la tradizione, al tramonto di una lunga vita, generosamente dedicata alla diffusione del messaggio ricevuto dal Maestro e al servizio dei fratelli. Egli fu, insieme a Pietro e agli altri Apostoli, testimone di questa preghiera, pronunciata dal Maestro nella sera in cui fu istituita l'Eucaristia. Gesù era ormai arrivato al culmine del mandato ricevuto dal Padre: aveva istituito il Sacramento dell'unità e dell'amore e si avviava a bere il calice amaro del tradimento. Tutto stava per essere compiuto.


2. Il Vescovo di Roma, testimone della fede di Pietro, è lieto di poter meditare nell'odierna suggestiva Celebrazione queste parole evangeliche insieme a tutti i fratelli in Cristo che lo hanno cordialmente accolto a Riga, e di condividere la gioia di riformati, ortodossi, battisti, cattolici che convivono in pace in questa cara regione.

Cari fratelli, dopo aver insieme vissuto in pieno secolo XX, l'esperienza delle catacombe, ora volete continuare a pregare insieme. La comune esperienza della croce ha contribuito in modo determinante a rafforzare la comune ricerca dei valori e tra questi, in primo luogo, il grande valore dell'unità dei cristiani.

Accanto a non poche contraddizioni, l'epoca attuale registra numerosi aspetti positivi. Tra questi, emerge lo spirito ecumenico, che si eleva su antiche divisioni dovute spesso ad una religiosità legata più a preoccupazioni temporali che religiose. Invocata da Cristo nel Cenacolo, e tante volte rotta dai suoi discepoli nel corso della storia, l'unità diviene ogni giorno di più la comune aspirazione e l'impegno fraternamente condiviso da tanti cristiani.

Nella vostra calda accoglienza vedo di ciò un segno carico di speranza.

Esso invita ad una più intensa preghiera.


3. E' significativo che l'odierno incontro di preghiera segua immediatamente la breve visita che ho poc'anzi compiuto alla cattedrale cattolica, dove sono stato accolto dal caro Arcivescovo di Riga, Mons. Janis Pujats, il quale mi ha poi accompagnato in questa cattedrale luterana che custodisce la tomba di Meinardo, primo apostolo del Paese. Il comune passato impegna i credenti a collaborare fraternamente per un futuro che sia ugualmente comune.

In un luogo tanto significativo per i cristiani di Lettonia la nostra preghiera fiorisce spontaneamente con sfumature diverse, ma convergenti. Come in una sinfonia, immagine spesso adoperata dai Padri della Chiesa, la nostra sarà infatti preghiera di ringraziamento, di lode e, infine, d'implorazione.


4. Ringraziamo insieme Iddio, in primo luogo, per averci convocati a questo incontro fraterno. Se siamo oggi qui, è perché il suo Spirito ci ha guidato, perché l'appello di Gesù all'unità sta diventando più forte rispetto alla tentazione della separazione e della divisione, sorte in altri contesti storici, quando gli interessi temporali avevano spesso il sopravvento, purtroppo, sulla missione evangelizzatrice. Ma la Parola di Dio è più forte delle parole degli uomini e la speranza che ci accomuna è più radicata delle eredità che ci separano.

Ringraziamo insieme il Signore del tempo e della storia di averci dato la grazia di vivere in un tempo che cerca la pace e la comunione ecclesiali e di averci chiamati a ricostruire un cammino di fratellanza che sappia vincere gli antagonismi fraterni. Ringraziamolo di aver suscitato nei cristiani la nostalgia dell'originaria unità del Cenacolo. Lo stesso amore alla propria terra, la Lettonia di oggi, la Livonia di ieri, chiamata "Terra di Maria", spinge i credenti all'impegno per l'unità.

Maria, che seppe fare della propria vita una continua preghiera di ringraziamento a Dio, insegni anche a noi a ringraziare, come facciamo in quest'ora di fraternità e di condivisione di fede e di speranza.


5. Sull'esempio della Serva e Madre del Signore, la nostra preghiera di ringraziamento diventa adorazione e lode. L'adorazione e la lode costituiscono il primo obbligo comune dei cristiani, le necessarie premesse dell'ecumenismo che vogliamo promuovere. Ponendosi umilmente alla presenza di Dio, i seguaci di Cristo potranno meglio approfondire le esigenze dell'unità che, in ultima analisi, derivano dal mistero dell'unità trinitaria.

Senza l'adorazione della divina Maestà, mancherebbe all'unità ecclesiale la necessaria stabilità e al servizio fraterno quella motivazione trascendente che, scoprendo in ogni uomo l'immagine vivente di Dio, dà al credente la forza di "sperare contro ogni speranza" (Rm 4,18).

Nell'adorazione scopriamo che la volontà di Dio resta la norma suprema dei nostri rapporti fraterni: chiamati ad essere umili ed efficaci strumenti di Dio per la realizzazione del suo piano di salvezza, noi tutti dobbiamo adoperarci affinché Cristo cresca in noi ogni giorno di più. Nella misura in cui tale crescita si realizza, diminuiranno i condizionamenti provenienti dalle ragioni storiche delle divisioni. Più gli elementi permanenti della fede s'affermano sugli elementi storici contingenti, più questa diventerà luminosa ed attraente anche per l'uomo d'oggi.


6. La nostra comune preghiera si spinge fino all'implorazione. L'ecumenismo è una grazia che va domandata al Signore, offrendogli insieme la totale disponibilità a purificare le mani, gli sguardi e, soprattutto, i cuori.

Per lungo tempo, secolo dopo secolo, gruppi di cristiani hanno rifiutato di stringere la mano ad altri gruppi di cristiani, rivolgendo i loro sguardi in direzioni differenti e spesso divergenti, rifiutando di amarsi come Cristo ci ha amati e ci ama.

Alla soglia del terzo Millennio dell'era cristiana, ringraziamo Dio per la nuova primavera ecumenica che ci interpella tutti. In un tempo di crescente interdipendenza mondiale, i cristiani sono chiamati a stringersi fraternamente la mano, a volgere lo sguardo sugli stessi obiettivi, ad approfondire il legame di carità che li unisce tutti a Cristo.

Essi comprendono così in modo nuovo e approfondito ciò che Cristo disse al momento di prendere congedo terreno dai suoi discepoli: "Senza di me non potete far nulla" (Jn 15,5). Il mondo è oggi sempre più sensibile ai valori dell'unità e dell'interdipendenza, della solidarietà e della pace. Alle ambigue ed artificiali convergenze create da idoli mondani che cercano di assoggettare l'uomo, come il denaro, il piacere, la forza e il potere, le Chiese sono chiamate ad offrire al mondo ormai alle soglie del terzo Millennio la sola unità che veramente salva: quella che deriva dall'ascolto e dall'accoglienza della Parola di Cristo. Essa sola, infatti, è in grado di svelare il significato trascendente delle relazioni umane, del progresso, della creatività, della vita e della morte.

Salga perciò dai nostri cuori l'implorazione della grazia divina, affinché possa svilupparsi in tutti i cristiani un'autentica vocazione ecumenica.

E' questo lo scopo ultimo della nostra odierna preghiera.


7. Come cristiani pienamente inseriti nel nostro tempo, che è tempo di convergenze sempre più numerose, imploriamo con umiltà e fiducia la grazia di saper essere oggi docili strumenti dell'unità della Chiesa. Se la fedeltà alle esigenze storiche di altri tempi, interpretate secondo criteri divergenti, figura tra le cause delle divisioni intervenute tra i cristiani e se le distanze e i contrasti culturali rendevano in passato arduo il dialogo e difficili gli scambi, oggi i tempi sono profondamente mutati. Ora, il Papa può venire a Riga e i fratelli di Riga sono cordialmente accolti a Roma. Ora è meno difficoltoso parlare uno stesso linguaggio, poiché sappiamo di aver ricevuto uno stesso mandato dal Signore ed un'unica vocazione, quella di adorarlo e di servirlo nei fratelli, che ancora attendono la sua Parola di speranza e di salvezza.

Che lo Spirito conduca tutti noi su cammini di pace! Dopo averci guidati come singoli e come comunità ad una più profonda esperienza di Cristo ci faccia incontrare tra noi nella gioia condivisa di una nuova Pentecoste.

Data: 1993-09-08 Data estesa: Mercoledi 8 Settembre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Il saluto ai giovani a conclusione dell'incontro - Kaunas