GPII 1993 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Cassidy per l'incontro internazionale di preghiera promosso dalla Comunità di S. Egidio

Lettera al Cardinale Cassidy per l'incontro internazionale di preghiera promosso dalla Comunità di S. Egidio

Titolo: Il cammino intrapreso ad Assisi attrae in maniera crescente persone di religioni e culture diverse unite nell'anelito per la pace

Al Venerato Fratello Edward I. Cardinale Cassidy Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani Mi è particolarmente gradito far pervenire il mio saluto e l'espressione del mio cordiale apprezzamento agli illustri Rappresentanti delle Chiese e Comunità cristiane e delle grandi Religioni mondiali, riuniti a Milano per l'incontro internazionale di preghiera per la pace promosso dalla Comunità di S.

Egidio. Il pellegrinaggio di pace, che è nato dallo storico evento di Assisi dell'ottobre 1986, ha già percorso diverse città dell'Europa e del Mediterraneo, coinvolgendo rappresentanti di diverse confessioni religiose, e vive ora un'ulteriore significativa tappa. Ad Assisi, al termine di una memorabile giornata, sgorgo naturale l'invito a proseguire sulla via della ricerca della pace, "sentiero sul quale dobbiamo camminare insieme" (Insegnamenti, IX, 2, 1986, p. 1270). Sono lieto di vedere che il cammino allora avviato prosegue ed attrae in maniera crescente uomini e donne di religioni e culture diverse tutti uniti nell'unico anelito per ii grande dono della pace. Nello "spirito di Assisi", che ha animato in questi anni tali opportune manifestazioni saluto Lei, Signor Cardinale, domandandoLe di far pervenire agli organizzatori dell'incontro, ai responsabili ed ai membri della Comunità di S. Egidio come pure ai fedeli dell'arcidiocesi ambrosiana che, con il loro Arcivescovo, il Cardinale Carlo Maria Martini, vi hanno accolto, l'espressione dei miei grati sentimenti.

Certo, sono cambiati i tempi e le condizioni storiche rispetto al primo incontro di Assisi: è terminato quel triste periodo che aveva visto l'umanità dividersi in due blocchi. Non sono pero scomparse le radici amare dell'inimicizia e non si è spento il disumano fragore della guerra. Vediamo anzi esplodere ai nostri giorni, e con sconvolgente facilità, conflitti regionali che seminano terrore e morte. A poche centinaia di chilometri dalla piazza del Duomo di Milano, ove si svolge l'incontro di preghiera, si continua a combattere, nei territori della ex Jugoslavia, una guerra funesta dinanzi alla quale il mondo sembra restare impotente.

Nulla, tuttavia, deve scoraggiare la ricerca della pace. Occorre riaffermare con vigore che essa non e impossibile: la pace è dono di Dio, posto nelle mani degli uomini.

Accanto ad ombre e preoccupazioni si registrano nel mondo anche promettenti spiragli di pace. Penso all'accordo firmato proprio un anno fa nel Mozambico. Penso alla più recente intesa tra israeliani e palestinesi. Dobbiamo davvero "ringraziare il Signore - dicevo all'Angelus dello scorso 12 settembre - per aver ispirato il cuore di coraggiosi responsabili a superare diffidenze, paure e gravi difflcoltà obiettive e a iniziare, finalmente, un concreto e costruttivo cammino per il bene dei loro popoli e della loro regione".

L'umanità è alla ricerca di nuovi equilibri sociali. E' pertanto necessario ed urgente ritrovare il gusto e la volontà di camminare insieme per costruire un mondo più solidale, superando interessi particolari di gruppo, di etnia, di nazione. Quale importante compito, in proposito, le religioni possono svolgere! Povere di mezzi umani, esse sono ricche di quell'aspirazione universale che trova radice nel rapporto sincero con Dio. Tutte ricordano agli uomini e alle donne di questo mondo che esiste un destino comune, quello di formare l'unica famiglia di Dio. Tema di codesto incontro è: "Terra degli uomini, invocazione a Dio". Si tratta di una riflessione quanto mai opportuna. C'è infatti bisogno di riaffermare un senso comune e solidale tra le terre degli uomini, ma questo è possibile solo riferendosi a Colui che è al di sopra di tutti.

Affido a Lei, Signor Cardinale, l'incarico di porgere a ciascuno dei presenti ed a quanti prenderanno parte all'incontro l'espressione del mio affettuoso ricordo, avvalorato da una fervida invocazione al Padre celeste, perché gli uomini e le donne del nostro tempo sappiano finalmente incamminarsi per le vie della pace.

Dal Vaticano, 16 Settembre 1993.

Data: 1993-09-16 17/01/19102Data estesa: Giovedi 16 Settembre 1993 Pag. 19664

L'omelia pronunciata durante la concelebrazione eucaristica presieduta nel Santuario - La Verna

Titolo: Il mondo crocifisso in Cristo è il mondo amato. Solo l'amore può salvare l'umanità del fallimento




1. Ecco l'uomo che "nella sua vita riparo il tempio, e nei suoi giorni fortifico il santuario" (Si 50,1).

Si chiama Francesco quest'uomo: "uomo nuovo, donato dal cielo al mondo" (S. Bonaventura, Legenda maior, XII,8).

Ci troviamo qui sulle sue orme. Qui è passato il Poverello d'Assisi. Qui ha rivelato il grande amore che gli ardeva nel cuore. Quell'amore lo ha reso simile all'Amato, al Crocifisso: "Io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo" (Ga 6,17). Le parole di Paolo si sono in lui mirabilmente adempiute e l'Umbria ne è stata testimone. Ne è stato testimone questo luogo montagnoso, che oggi mi è dato di visitare: La Verna!.


2. Carissimi fratelli e sorelle! Era mia intenzione venire a farvi visita lo scorso anno, ma, come voi sapete, non mi fu allora possibile. E' pertanto con viva gioia che mi trovo quest'oggi tra voi. Vi saluto tutti con affetto. Saluto, innanzitutto, il Cardinale Silvano Piovanelli, Arcivescovo di Firenze, il Vescovo di questa Diocesi, Monsignor Giovanni D'Ascenzi, gli altri Presuli presenti, i Sacerdoti, i Religiosi e le Religiose, i rappresentanti delle varie associazioni e movimenti di impegno apostolico. Saluto il Signor Sindaco di Firenze, città legata da secoli per tanti motivi a La Verna, come pure i Rappresentanti della Civica Amministrazione del vetusto borgo montano, al quale conferisce singolare prestigio la denominazione di Chiusi della Verna.

Una particolare attestazione di compiacimento intendo tributare all'Ordine dei Frati Minori nelle persone del Ministro Generale e del Ministro Provinciale della Toscana.

Saluto e ringrazio per l'accoglienza il Rev. P. Eugenio Barelli, Guardiano di questo sacro Convento, come pure gli altri religiosi, tutti ugualmente "premurosi nell'ospitalità" (Rm 12,13). Carissimi Frati della Verna, spetta a voi il compito di mantener viva in questo luogo la presenza di san Francesco, affinché chi sale quassù possa ritrovare nella sua autenticità quel mistero della configurazione a Cristo crocifisso che nel settembre 1224 proprio qui si compi, mediante il dono delle stigmate.

3. Le stigmate, le cicatrici della passione di Cristo sul corpo di Francesco erano il segno singolare mediante il quale si rivelava la croce che egli ogni giorno, nel senso più letterale del termine, prendeva su di sé. Non ha forse detto Gesù: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua... Chi perderà la propria vita per me, la salverà" (Lc 9,23-24).

Francesco abbraccio tutta la verità di tale paradosso. Il Vangelo fu per Lui pane quotidiano. Non si limitava a leggerne le parole ma attraverso le espressioni del testo rivelato andava alla scoperta di Colui che è il Vangelo stesso. In Cristo, infatti, si svela fino in fondo la divina economia: "perdere" e "guadagnare" nel senso definitivo ed assoluto. Con la sua esistenza Francesco annuncio e continua ad annunziare anche oggi la parola salvatrice del Vangelo.

E' difficile trovare un Santo il cui messaggio perduri così profondamente "oltre la prova del tempo".

Francesco è il santo in un certo senso universale, attraverso di lui Cristo ha voluto proclamare il Vangelo non solo alla sua epoca ma anche alle altre, alla nostra, a culture e civiltà fra loro molto diverse.

Ecco: colui che "ha perso la vita" per Cristo "l'ha salvata". L'ha salvata in modo meraviglioso.


4. Le stigmate che Francesco ricevette in questo luogo, La Verna, costituiscono un segno particolare. Sono l'intima testimonianza della verità del Poverello.

Esso si presenta a noi come colui che in modo autentico e profondo "si vantava della croce di Cristo". Non di "qualcos'altro", solamente "della croce del Signore nostro Gesù Cristo" (Cfr. Ga 6,14).

Un segno di somiglianza in virtù dell'amore. Lo dice l'apostolo Paolo e lo ripete Francesco di Assisi: per mezzo della croce di Cristo e grazie alla forza dell'amore, "il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo" (Ga 6,14).

Il mondo non vuole essere crocifisso: fugge dalla croce. L'uomo rifugge dall'essere "crocifisso per il mondo". così era al tempo di Francesco, così è anche oggi. La lotta tra il "mondo" e la croce va avanti da sempre: è lotta con la croce della salvezza! Potrebbe sembrare, quindi, che Francesco sia diventato quasi un testimone non attuale, inutile. Chi dice a Cristo: "Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene" (Ps 15/16,2), pare imitare la mentalità contemporanea.

L'uomo, infatti, spesso non riconosce sopra di sé il Signore: vuole essere lui il signore di se stesso e del mondo. Ecco perché il messaggio di Francesco diventa maggiormente segno di contraddizione. Un messaggio del genere dovrebbe essere respinto, ed invece è sempre più ricercato.


5. Si tratta di un messaggio che costituisce un pressante richiamo a tornare a Cristo, per ritrovare nella sua croce "la via e la fiaccola della verità" (S.

Bonaventura, De triplici via III, 5): la verità che ci fa liberi, perché ci fa discepoli del Maestro divino.

L 'itinerario spirituale di san Francesco fu contrassegnato da questa fedele sequela dell'Uomo-Dio, di cui egli si sforzo di imitare senza riserve iI rinnegamento di sè e lo spogliamento totale (Cfr. Ph 2,7). Ciò fece di lui come dice S. Bonaventura "il povero cristianissimo" per eccellenza (Cfr. Legenda maior VIII,5). Tale itinerario-sequela raggiunse il culmine alla Verna con l'impressione delle stigmate. Fu, quel momento, pur nello strazio della carne, il suo proclama di vittoria, analogo a quello di san Paolo riferito nella seconda lettura che poc'anzi abbiamo ascoltato: "Io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo" (Ga 6,17).

La stigmatizzazione della Verna rappresenta così quella visibile conformità all'immagine di Cristo che fa di Francesco l'esempio a cui ogni cristiano può ispirarsi nel suo cammino di progressivo avvicinamento a Dio creatore e redentore. Sono significative, al riguardo, le parole pronunciate dal Poverello al termine della vita: "Io ho fatto la mia parte; Cristo vi insegni la vostra" (S. Bonaventura, Legenda maior, XIV,3).


6. Parole che non rappresentano un soddisfatto ripiegamento su se stesso, ma l'umile rendimento di grazie per quanto il Signore aveva compiuto in lui. Il loro senso non è altro che questo: Cristo insegni a voi, come fo ha insegnato a me, ad essere discepoli suoi.

Due, in particolare, sono gli insegnamenti del Maestro divino che Francesco segui con totale fedeltà: obbedire al Papa, Vicario di Cristo sulla terra, venerare ed imitare la Sua Santissirna Madre Maria.

La legittimazione del suo operare nella Chiesa, anche con l'istituzione di un nuovo Ordine religioso, dipende tutta dalle parole del primo capitolo della regola: "Frate Francesco promette obbedienza e riverenza al Signor Papa". In questa prospettiva, poco prima di morire, raccomandava ai suoi discepoli "la fedeltà alla santa Chiesa romana" (S. Bonaventura, Legenda maior, XIV,5).

San Francesco, poi, "circondava di ineffabile amore la Madre del Signore Gesù" per aver reso "il Signore della Maestà fratello nostro", e "in Lei principalmente, dopo Cristo, riponeva la sua fiducia" (S. Bonaventura, Legenda maior, IX,3).

lmito Maria nel suo silenzio meditativo, soprattutto dopo essere stato insignito da Cristo, su questo Monte, dei segni della Sua passione, ad indicare che quanto più grandi sono i privilegi concessi da Dio, tanto più è doveroso il nascondimento di chi li ha ricevuti. "L'uomo evangelico Francesco", riferisce S.

Bonaventura "discese dal monte, portando in sè l'effige del Crocifisso... disegnata nella sua carne dal dito del Dio vivente"; e "consapevole del regale segreto, nascondeva il più possibile quei sacri segni" (Legenda maior, XIII,5).


7. "Premuroso di impedire la caduta del suo popolo, fortifico la città contro un assedio" (Si 50,4).

Carissimi fratelli e sorelle! Questo passaggio del libro del Siracide, che abbiamo ascoltato all'inizio della Messa, si riferisce a Cristo stesso: in ogni circostanza "premuroso del suo popolo". La croce l'ha radicato nella storia dell'uomo; l'ha radicato nei cuori umani.

"Il mondo crocifisso" in Cristo si rivela, sempre di nuovo, come "il mondo amato": "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). A quest'amore sconfinato Francesco ha reso testimonianza e continua a rendere testimonianza anche ai nostri giorni.

Solo l'amore può salvare dal fallimento l'umanità e il mondo; quel mondo da cui l'uomo è "assediato" e minacciato in vari modi.


8. Ecco, veniamo a te, o Francesco, in questo luogo che ti fu caro.

Veniamo a te per confermarci, ancora una volta, nella convinzione che l'Amore è più grande di ogni forza negativa.

Ti salutiamo alla fine del secondo millennio cristiano! Ti saluta la Chiesa e l'intera famiglia umana.

E ti preghiamo, Poverello di Assisi: "Fortifica il Santuario" anche ai nostri giorni! Fortifica la Chiesa! Amen.17/01/19102 Pag. 19667

Data: 1993-09-17 Data estesa: Venerdi 17 Settembre 1993

La meditazione proposta ai giovani durante la recita della preghiera mariana dell'Angelus Domini - La Verna

Titolo: In un tempo ondeggiante tra conquiste e sconfitte Cristo è la scelta di chi cerca la via di una nuova autenticità

Carissimi giovani! Carissimi fratelli e sorelle!


1. Che cosa vi ha attirato in questo luogo che, otto secoli fa, fu spettatore della mistica identificazione tra il Cristo crocifisso e il suo straordinario imitatore, Francesco di Assisi? Ad attirarvi è stata la figura carismatica del Poverello. Passano i secoli, e il Santo di Assisi ci parla come se vivesse oggi. Il movimento spirituale da lui scaturito è come una primavera di giovinezza che puntualmente fiorisce ad ogni generazione.

Eppure, nello stile di vita di quest'uomo del Duecento c'è qualche tratto così originale, che potrebbe farcelo apparire inimitabile e lontano.

Nonostante questo, o forse anche per questo, egli continua ad avere un incredibile fascino.

La realtà è che il nostro tempo, ondeggiante tra conquiste e sconfitte, combattuto tra speranza e disperazione, cerca la via di una nuova autenticità. San Francesco offre con tutta evidenza, l'immagine di un uomo autentico, di un uomo riuscito, che ha saputo raggiungere la pace con Dio, con se stesso, con gli altri, con il cosmo.


2. Ma qual è la radice profonda di questa personalità, il vero segreto del suo fascino? Non v'è dubbio: è la scelta di Cristo. Dal colloquio del giovane Francesco col Crocifisso di S. Damiano fino all'identificazione col Cristo crocifisso, plasticamente espressa nelle Stimmate che riceve qui a La Verna, c'è tutto il suo cammino di conversione. Egli stesso, nel suo Testamento, rievoca il momento di "svolta" della sua vita.

Vale la pena di riascoltare la prosa semplice e toccante della sua narrazione: "Il Signore concesse a me, frate Francesco, d'incominciare così a fare penitenza, poiché, essendo io nei peccati, mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi; e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da essi, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di anima e di corpo" (Testamento, FF 110).

Ecco: il Cristo, ascoltato a S. Damiano, abbracciato nel fratello lebbroso, è la nuova luce di Francesco.

E' forse una rinuncia alla vita? Al contrario, egli diventa ora più capace di gustarla e di cantarla. Il suo "cantico delle creature", sgorgato in un'ora di atroci sofferenze, sarà non soltanto una meravigliosa preghiera, ma anche un inno alla vita, alla gioia, al mondo visto nella luce di Dio.

Carissimi giovani, amate la vita! Amatela con la profondità e la passione di Francesco di Assisi. Amatela nella bellezza della natura, nella gioia dell'amicizia, nelle conquiste della scienza, nella lotta generosa per la costruzione di un mondo migliore.

Non sciupatela in gioie effimere, in avventure senza ritorno, in un conformismo vuoto. Guardate in alto! Puntate all'eterno!


3. Sulla via della gioia vera, a cui il vostro cuore anela, vi guidi Maria, Madre di Gesù, Madre di Francesco e di tutti i Santi. Maria, costantemente invocata dalle popolazioni di questa regione ricca di santuari e cappelle a Lei dedicati.

Mi piace ricordare, in particolare, l'antico e suggestivo Santuario di Santa Maria del Sasso, che si trova a pochi chilometri da qui e che rappresenta un importante punto di riferimento per la devozione mariana dell'intero Casentino.

Ai Padri Domenicani, custodi di quel sacro tempio, alle Religiose Claustrali dello stesso Ordine, che costituiscono all'ombra del Santuario una silenziosa ed orante presenza come pure a tutti i devoti della Vergine là venerata sotto il titolo di "Madonna del Sasso" e di "Madonna del Buio", giunga il mio cordiale saluto ed una speciale benedizione.

Maria, "in tenebris Lux", illumini le menti e le coscienze degli uomini con la luce della verità e dell'amore. Illumini specialmente voi, cari giovani, che come Francesco invocate fiduciosi la Vergine, Madre della Chiesa e modello della sua perenne giovinezza.

Data: 1993-09-17 Data estesa: Venerdi 17 Settembre 1993


Il discorso pronunciato durante l'incontro con le comunità religiose francescane raccolte nel Santuario - La Verna

Titolo: Riscoprire l'essenzialità della contemplazione per essere centri irradianti di viva spiritualità

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Quest'incontro con voi Figli e Figlie di san Francesco, in un luogo tanto suggestivo e significativo per la storia e la spiritualità francescana, suscita nel mio animo una intima e profonda gioia. Ringrazio il Padre Hermann Schaluck, Ministro Generale dei Frati Minori per le gentili parole che, anche a nome dei Superiori Generali degli altri Ordini - che saluto cordialmente - e di tutti i presenti, mi ha poc'anzi rivolto.

Numerose fonti storiche descrivono il desiderio di contemplazione che accompagno l'intera esistenza di Francesco. Si legge nella Leggenda Maggiore di San Bonaventura che egli "lasciava la folla col suo chiasso e cercava la solitudine, col suo segreto e la sua pace: là, dedicandosi più liberamente a Dio, detergeva dall'anima ogni più piccolo grano di polvere" (FF 1222).

Le prolungate soste del Poverello su questo monte sono eloquente testimonianza del suo bisogno di solitudine. E' significativo, al riguardo, il fatto che Francesco, pur così fermo nella radicale scelta di povertà non abbia rifiutato il dono de La Verna, offertagli, com'è noto, dal Conte Orlando di Chiusi, affinché potesse trascorrervi lunghe quaresime in totale dedizione alla preghiera ed alla penitenza. La caratteristica conformazione naturale e le forti asperità del luogo facevano si che esso, come affermano i Fioretti, fosse "troppo bene atto a chi volesse fare penitenza, in luogo rimosso dalla gente, o a chi desiderasse vita solitaria" (FF, 1897).

L'eremo de La Verna divenne così uno dei rifugi più amati da Francesco e particolarmente caro alla tradizione minoritica. Qui il Poverello di Assisi ricevette le stimmate quasi a suggello della sua costante e appassionata ricerca di Dio.


2. L'austero e magnifico Santuario, nel quale ci troviamo, rimane ancora oggi uno dei segni quasi tangibili dell'anima contemplativa di Francesco e della "lezione" che egli ha lasciato, al riguardo, a tutto il Francescanesimo. Esso ricorda ai numerosi pellegrini e visitatori anche dei nostri tempi, secondo la felice espressione della Leggenda Minore, come "il verace amore di Cristo" trasformo "l'amante nell'immagine perfetta dell'Amato" (FF 1377).

La considerazione di Cristo crocifisso fu per Francesco così intensa ed intrisa di amore da portarlo gradualmente alla identificazione con Lui. Nella povertà, nell'umiltà e nelle sofferenze del Crocifisso, egli scopri la sapienza divina, rivelata agli uomini nel Vangelo, una sapienza che sorpassa e vince ogni mondano sapere.

Dalla fecondità di questa intuizione francescana sono scaturiti molteplici frutti di santità nella Chiesa. San Francesco continua nei secoli ad esercitare un singolare fascino su innumerevoli persone che, nei diversi stati di vita, si sentono attratte ad intraprendere lo stesso itinerario spirituale e religioso.


3. Nella società attuale, tra tanti fenomeni di segno diverso, emerge in modo sempre più chiaro un bisogno reale di verità, di essenzialità e di autentica esperienza di Dio. A voi, carissimi Figli e Figlie di Francesco, a motivo della speciale vocazione che riassume ed armonizza nascondimento nell'eremo e impegno apostolico, spetta il compito di additare anche ai nostri contemporanei, in atteggiamento di fraternità universale, la risposta appagante a tali attese. Essa consiste nell'abbandono fiducioso all'amore salvifico, anche se crocifiggente, del Signore Gesù.

Possano le vostre Comunità, carissimi fratelli e sorelle, diventare sempre più, nel solco di una tradizione ormai secolare, centri irradianti di tale viva spiritualità; siano richiamo costante ai valori cristiani e proposta coraggiosa di guella scelta totale di Dio da cui sgorgano il servizio sincero per ogni uomo e l'impegno fattivo per la costruzione della pace.


4. Accanto a Francesco la Provvidenza celeste ha posto Chiara, la giovane assisiate che meglio d'ogni altro seppe capirne ed assimilarne lo spirito. Di questa vergine mite e forte celebriamo quest'anno l'ottavo centenario della nascita. Come ho avuto modo di ricordare nella Lettera indirizzata alle Claustrali in occasione dell'apertura di tale giubileo, "l'itinerario contemplativo di Chiara, che si concluderà con la visione del "Re della gloria" (Proc. IV,19: FF 3017) inizia proprio dal suo consegnarsi totalmente allo Spirito del Signore, alla maniera di Maria nell'Annunciazione" (n. 2).

La figura di Chiara, "prima pianticella" di Francesco (Leggenda maggiore, IV, 6, FF 1074) sia modello di ogni vita minoritica, dedita interamente ad "osservare il santo Vangelo del nostro Signore Gesù Cristo" (Regola Bollata, I, FF 75). Auspico di cuore che le celebrazioni centenarie risveglino nelle Clarisse la freschezza dell'entusiasmo originario e portino quanti camminano sulle orme del Poverello a riscoprire l'essenzialità della contemplazione nella loro più genuina tradizione.

Con tali sentimenti, mentre affido al Signore l'intera Famiglia francescana, rinnovo a ciascuno e a ciascuna di voi l'incoraggiamento a proseguire nella fedele sequela del vostro Serafico Padre. Vi accompagni l'augurio di "pace e bene", a lui tanto caro, e la mia Benedizione, che di cuore vi imparto, estendendola volentieri ad ognuna delle vostre Fraternità disseminate nel mondo intero.

Ringraziamo il Signore perché ci ha dato La Verna. Ringraziamolo per avercela lasciata attraverso i secoli fino a questo XX secolo, e speriamo che, con la grazia del Signore, La Verna passerà al Terzo Millennio.

Ancora una volta, affidiamo ai vostri Santi Fondatori Francesco e Chiara, questo millennio passato con tutto quello che ha portato alla Chiesa di autenticamente evangelico, di missionario, di apostolico; ma anche con quello che lasciamo dietro di noi, che costituisce rimorso di coscienza, che pesa sul passato della cristianità e della Chiesa.

Sempre speriamo che con l'aiuto del Signore, con l'intercessione di sua Madre e di tutti i Santi, tra i quali Francesco e Chiara, così ecumenici, si potranno superare queste divisioni del passato che pesano sulla storia della cristianità, per andare verso il Signore più uniti, più disposti a fare la sua volontà, più aperti a portare la parola della salvezza a tutto il mondo.

Sia lodato Gesù Cristo.

Data: 1993-09-17 Data estesa: Venerdi 17 Settembre 1993

Il discorso pronunciato durante l'icontro con i monaci camaldolesi nell'eremo fondato da San Romualdo - Camandoli

Titolo: La conversione procede molto più dalla Parola di Dio fatta preghiera che da tante parole umane




1. Sono grato al Signore che mi ha offerto questa mattina la possibilità di visitare il Santuario francescano de La Verna e di incontrare ora voi, Monaci di Camaldoli, in questo vostro splendido Eremo, fondato da San Romualdo agli albori del secondo Millennio. Tra La Verna e Camaldoli corre un profondo legame storico e spirituale. Tra le vostre celle, infatti, ve n'è una, in cui dimoro per un certo tempo Francesco d 'Assisi.

Carissimi fratelli e sorelle! Vi saluto tutti con affetto. Ringrazio il Priore Generale Don Emanuele Bargellini per l'invito a suo tempo rivoltomi e sono grato a tutti voi per avermi accolto con l'ospitalità che da sempre distingue questa Famiglia religiosa. Saluto le Monache camaldolesi, come pure gli Oblati benedettini, qui presenti a testimonianza anche visibile dei vincoli profondi che uniscono fra loro quanti s'ispirano alla Regola benedettina.


2. Fra meno di tre settimane si aprirà il Capitolo Generale della vostra Congregazione, con un tema di fondo suggestivo ed impegnativo: "Scegliere la speranza, scegliere il futuro".

Scegliere la speranza ed il futuro significa, in ultima analisi, scegliere Dio, futuro della storia e dell'universo, presenti alla sua eternità e guidati dalla sua Provvidenza. Significa scegliere Cristo, speranza di ogni uomo.

Come non pensare, in questo momento di spirituale colloquio, alla struttura portante della vostra vita vale a dire alla preghiera liturgica comunitaria, di cui Benedetto dice nella Regola: "Nihil operi Dei praeponatur?": (cap. XX). E' attestato da molti che a Camaldoli si realizza il non facile equilibrio tra la varietà dei testi sacri e delle melodie e la sobria essenzialità del rito liturgico.

Proseguite, carissimi fratelli e sorelle, in tale servizio di lode, certi che esso è anche la prima carità che rendete a quanti la Provvidenza, per i suoi sentieri misteriosi, conduce a pregare con voi. La conversione - lo sapete per esperienza - procede molto più dalla parola di Dio fatta preghiera che da tante umane parole.

Scegliere Dio significa inoltre contemplare e meditare quotidianamente la sua Parola, ciò che voi fate, secondo l'inestimabile tradizione monastica, coltivando la lectio divina che oggi, per un dono della divina Sapienza, viene partecipata in abbondanza all'intero Popolo di Dio. I Pastori sanno bene di quanto in ciò la Comunità ecclesiale è debitrice verso voi monaci! Scegliere Dio vuol dire anche colttvare umilmente e pazientemente - accettando, appunto, i tempi di Dio - il dialogo ecumenico e il dialogo interreligioso. Le Comunità del vostro Ordine, specialmente quelle sorte in California e in India, sono impegnate da anni in questa ricerca spirituale, intessuta di preghiera e di rispettoso dialogo con monaci buddisti e hindu. Nel vostro Monastero, poi, si svolgono di frequente e con frutto incontri ebraico-cristiani, sulla base dell'amicizia e della vicendevole stima, della conoscenza progressiva e della mutua cordiale accoglienza.


3. "Nihil amori Christi praeponere", leggiamo ancora nella Regola di Benedetto (cap. IV). Ecco, carissimi, un altro aspetto costitutivo della vostra missione nella Chiesa: quello del cenobio e dell'ospitalità, aperta a Cristo che si manifesta in ogni fratello, specialmente nel più piccolo, nel più debole e provato.

Al riguardo, mi piace qui sottolineare la singolare dimensione ecclesiale della vita del monaco, dimensione che non viene meno neppure quando egli, per speciale vocazione divina dimora nella solitudine più grande la cosiddetta "reclusione".

La dottrina dei Santi Padri è ben espressa in un passo dell'opuscolo "Dominus vobiscum" di San Pier Damiani, indirizzato all'eremita Leone di Fonte Avellana, che viveva "amore supernae libertatis inclusus". Scriveva il santo Dottore: "Se tutti siamo una cosa sola in Cristo ciascuno di noi possiede in esso tutto ciò che gli è proprio, e perciò, quando per la solitudine corporale sembriamo lontani dalla Chiesa siamo sempre presentissimi in essa per il mistero inviolabile dell'unità" (cap. 10, PL 145,239 B).


4. Carissimi fratelli e sorelle, scegliere la speranza ed il futuro significa scegliere lo Spirito di Dio in Cristo. Ciò avviene, in particolare, in quella forma di vita che Dio stesso ha suscitato nella Chiesa ispirando San Romualdo a fondare la Famiglia benedettina di Camaldoli, con la tipica caratteristica complementarietà di Eremo e Monastero, vita solitaria e vita cenobitica tra loro coordinate.

Valorizzate dunque il prossimo Capitolo Generale come momento di importante approfondimento di tale carisma originario, a voi consegnato attraverso una millenaria e pluriforme tradizione, che ha cercato di conservare nell'unità i diversi aspetti dell'eccezionale intuizione del vostro Fondatore. Potrete così rendere ancor più trasparente e significativa la vita monastica camaldolese nel contesto attuale della Chiesa e della recente dimensione internazionale della Congragazione.

E voi, care Monache Figlie di San Romualdo, che saluto e ringrazio per il prezioso servizio reso alla tesa, continuate ad offrire alla Congregazione il vostro peculiare contributo di impegno ascetico, di riflessione e di esperienza umana e spirituale.


5. La presenza, poi, al nostro breve ma intenso incontro degli Oblati benedettini sta a testimoniare come l'esperienza monastica vada ispirando il cammino di fede di non pochi laici, inseriti nella vita della Chiesa in mezzo al mondo. Mentre saluto cordialmente i numerosi partecipanti al Convegno, li esorto ad essere, da laici, testimoni di quel primato di Dio e di Cristo, che i monaci cercano di rendere visibile con la loro vita nell'Eremo e nel Monastero.

Con tali sentimenti imparto di cuore a ciascuno di voi ed all'intera Congregazione la Benedizione Apostolica, affidandovi a Maria, Madre di Cristo e della Chiesa, che custodiva fedelmente e silenziosamente nel suo cuore la Parola di Dio.

Proseguite con slancio rinnovato nel vostro cammino!

Data: 1993-09-17 Data estesa: Venerdi 17 Settembre 1993

Angelus: con i fedeli il Papa ha ripercorso il recente pellegrinaggio in Lituania, Lettonia ed Estonia - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Madre dei Santuari del Baltico, prega con noi per l'unità dei cristiani: perchè il mondo creda

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Anche oggi desidero ritornare sul mio recente pellegrinaggio attraverso i Paesi baltici: in Lituania in Lettonia ed in Estonia. Prima della preghiera dell'Angelus, pare opportuno ricordare quel singolare "sentiero mariano" che conduce dalla Porta dell'Aurora in Vilnius, attraverso il Santuario di Siluva, fino a quello di Aglona in Lettonia. Oggi desideriamo ripercorrere in preghiera quel sentiero, che è entrato profondamente nella storia del Popolo di Dio. La Madre del Signore, conducendo quel Popolo nel pellegrinaggio della fede, rimane testimone particolare delle prove da esso subite lungo la storia.


2. Non dimentichiamo che, in ambedue le parti di quel sentiero mariano, nella storia del Popolo di Dio si iscrive una grande esperienza di sofferenza: di sacrificio e di martirio. Di questo parla la "Collina delle Croci" in Lituania. Ma l'ambito in cui s'è consumato il martirio è stato molto più vasto. Esso si estendeva verso l'Est, e non solo fino agli Urali, ma anche oltre. Quanti uomini e donne innocenti sono stati vittime di crudeli persecuzioni! Quanti martiri! La Chiesa ortodossa, nello spazio sconfinato dell'Est europeo, può anch'essa ben dire, alla fine di questo secolo, quanto avevano proclamato agli inizi della diffusione del Vangelo i Padri della Chiesa: "Sanguis martyrum - semen christianorum". Lungo il sentiero mariano, nei Paesi baltici, incontriamo Colei che stava ai piedi della Croce, la Regina dei Martiri. Tutti quei martiri, in varie maniere, hanno completato ciò che manca ai patimenti di Cristo (Cfr. Col 1,24). La passione redentrice di Cristo tutto abbraccia e tutto supera, ma nonostante ciò attende di essere costantemente completata.


3. Madre dei Martiri - Madre della Chiesa. Da ambo le parti di quel sentiero mariano si trova il Popolo di Dio, vive la Chiesa. Da una parte, nei nostri fratelli e sorelle ortodossi del Patriarcato di Mosca e di tutta la Russia; dall'altra, nei figli e nelle figlie delle Confessioni cristiane nate dalla Riforma. Non è forse eloquente il fatto che durante il pellegrinaggio attraverso i Paesi baltici siamo stati spesso insieme? Abbiamo pregato insieme. Abbiamo guardato insieme il nostro passato alla luce della preghiera di Cristo per l'unità. Questa preghiera ci indica la strada per l'avvenire e non possiamo non seguirla.


4. A chi la preghiera di Cristo per l'unità è stata più vicina se non a Te, Madre di Dio: Theotokos? Questa è la preghiera per il Corpo del tuo Figlio! La Chiesa è Corpo di Cristo. In quanto Corpo deve costituire unità.

Madre dei Santuari del Baltico! Madre dei Santuari in terra russa, in terra rutena! Madre dei Santuari oltre gli Urali! Prega con noi ai piedi della Croce di Cristo, prega con noi, memori del sangue dei Martiri! Prega con noi per l'unità! Da questa unità Cristo ha fatto dipendere la fede del mondo intero: "Siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu (Padre) mi hai mandato" (Jn 17,21).

Madre di tutti i Santuari sparsi nel mondo, prega con noi per l'unità: perché il mondo creda! Saluto tutti i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli della Comunità di San Giovanni Bosco in Modena, che festeggiano il venticinquesimo della Parrocchia, ed auguro che questo pellegrinaggio valga a rafforzare in tutti la fede e l'impegno apostolico.

Sono lieto, inoltre, di accogliere il gruppo dell'Associazione Mutilati e Invalidi del Lavoro della Valle Camonica, in Diocesi di Brescia e li ringrazio per la loro presenza esortandoli a pregare perché i problemi del mondo del lavoro siano sempre affrontati con responsabilità e lungimiranza.

Il mio pensiero va, infine, ai giovani che concludono oggi il loro "Raduno internazionale" a Collevalenza, in occasione del centenario della nascita di Madre Speranza, fondatrice della Famiglia Religiosa dell'Amore Misericordioso.

Ad essi ricordo che non esiste prospettiva di futuro, né per i singoli né per la società, senza misericordia. Solo l'amore misericordioso può rinnovare i cuori degli uomini e così aprire le vie della vera libertà e della giustizia. Esorto pertanto ciascuno dei convegnisti a far tesoro di questo spirituale ammaestramento: occorre essere misericordiosi, per diventare semi di speranza e di pace.


17/01/19102 Pag. 19674

Data: 1993-09-19 Data estesa: Domenica 19 Settembre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Lettera al Cardinale Cassidy per l'incontro internazionale di preghiera promosso dalla Comunità di S. Egidio