GPII 1993 Insegnamenti - Il Papa presiede la celebrazione eucaristica in suffragio dei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo I - Città del Vaticano (Roma)

Il Papa presiede la celebrazione eucaristica in suffragio dei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo I - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Due insigni Pastori della Chiesa testimoni di risurrezione per il nostro tempo

"Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla" (Ps 22,1).


1. Sotto lo sguardo del Buon pastore, che veglia sulla sua Chiesa e la guida con mano sicura attraverso la storia, vogliamo oggi far memoria di due Pontefici, Paolo VI e Giovanni Paolo I, chiamati quindici anni or sono, a distanza di un mese l'uno dall'altro, alla gioia del premio eterno.

Del Papa Paolo VI rimane vivo il ricordo, non solo per il segno profondo da lui lasciato nella Chiesa, che servi nei difficili anni del rinnovamento conciliare, ma anche per la testimonianza di vita santa che ancora rifulge nel comune sentire, e che è stata riproposta all'attenzione universale con l'introduzione della sua Causa di Beatificazione.


2. Non meno vivo è il ricordo di Papa Luciani, che proprio in questa data fu chiamato al definitivo incontro con Dio. Non ebbe il tempo di esprimere compiutamente le sue rare doti di intelligenza e di cuore, ma la semplicità, l'efficacia, il calore, che caratterizzarono l'unico mese nel quale svolse il ministero petrino, restano ben impressi nella nostra memoria.

Mi piace ricordarlo nella veste a lui tanto cara di "catechista", pensando al modo accattivante con cui seppe spiegare ai fedeli convenuti per le Udienze generali le virtù teologali. Egli aveva il dono di rendere le verità più elevate con parole semplici, che toccavano il cuore. Il tema che tratto il giorno Prima della sua morte fu quello dell'amore. Che cosa significa "amare"? - egli chiedeva. E la semplice, quanto penetrante, risposta fu: "Amare significa viaggiare, correre con il cuore verso l'oggetto amato. (...) Amare Dio è dunque un viaggiare col cuore verso Dio. Viaggio bellissimo" (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, 1979, p. 95). Aggiungeva poi che questo viaggio è misterioso, perché tutto avvolto dall'iniziativa di Dio: non si può nemmeno partire, "se Dio non prende prima l'iniziativa" (ibid. p. 96).


3. Questa meditazione sul "viaggio", o meglio sulla vita come "viaggio di amore", era la più bella preparazione alla sua morte imminente. Non sappiamo quanto egli ne abbia "presentito" l'arrivo, ma, da uomo di fede qual era vi era sicuramente ben disposto, credendo fino in fondo a quanto abbiamo or ora ascoltato nel Vangelo: "Chi vede il Figlio e crede in Lui ha la vita eterna" (Jn 6,40). Credeva dunque quello che di li a poche ore avrebbe sperimentato, e che la Liturgia dei defunti così efficacemente ci inculca: "Ai tuoi fedeli, Signore, la vita non è tolta, ma trasformata" (Prefazio).

Lo ricordiamo oggi, insieme con il suo grande predecessore. Facciamo memoria di entrambi, ripensandoli non solo come insigni Pastori della Chiesa, ma anche come "testimoni" di risurrezione per questo nostro tempo, che, ad onta delle sue grandi conquiste sperimenta proprio sul senso della vita le sue più inquietanti contraddizioni.

Mentre li affidiamo con animo riconoscente all'amore misericordioso del Signore, ci facciamo volentieri eredi della loro testimonianza e imploriamo per l'intera umanità la grazia di incontrare in Cristo la via della vita.

Data: 1993-09-28 Data estesa: Martedi 28 Settembre 1993

Il congedo di Giovanni Paolo II dalla comunità religiosa e civile di Castel Gandolfo

[Agli Ufficiali e agli agenti delle Forze dell'Ordine] Illustrissimi Dirigenti ed Ufficiali Cari Agenti della Pubblica Sicurezza, della Polizia Stradale e dell'Arma dei Carabinieri! Prima di far ritorno in Vaticano, al termine del periodo trascorso in questa residenza estiva, desidero porgervi, come di consueto, un cordiale saluto e manifestare la mia riconoscenza per il servizio d'ordine svolto durante la mia permanenza a Castel Gandolfo.

Vi ringrazio per la premurosa attenzione dimostrata nei confronti della mia persona e del mio ministero pastorale. La vostra dedizione, unita a riconosciuta professionalità, ha contribuito efficacemente a che si svolgessero in modo sereno e proficuo gli incontri con i visitatori ed i pellegrini, qui venuti a farmi visita. In certo modo, quindi, voi siete miei preziosi collaboratori, oltre che vigili e discreti custodi.

So bene che talora il lavoro vi domanda supplementari sacrifici, vi obbliga a restare lontani dalla famiglia, vi chiede pazienza e pronta disponibilità.

Grazie di cuore per tutto, specialmente per lo spirito con cui voi servite il Successore di Pietro, facilitandogli il compito di annunciare il Vangelo e di confermare i fratelli nella fede (Cfr. Lc 22,31).

Chiedo al Signore, per intercessione di Maria "Vergine Fedele", di proteggervi e di accompagnarvi ogni giorno, nel compiere generosamente il vostro servizio a favore dell'intera comunità civile.

A conferma di questi sentimenti, e in segno di stima, volentieri imparto a voi, alle vostre famiglie, ed a quanti vi sono cari, una speciale Benedizione Apostolica.

[Alla Giunta e al Consiglio Comunale] Signor Sindaco, Illustri Membri della Giunta e del Consiglio comunale, Signori Dipendenti dell'Amministrazione civica! Al termine del mio soggiorno a Castel Gandolfo, sono lieto di accogliervi per l'incontro di commiato, divenuto ormai un appuntamento tradizionale. Ringrazio il Signor Sindaco per le gentili espressioni che mi ha rivolto a nome di tutti. Ringrazio ognuno di voi per la vostra presenza.

In questa occasione sento il bisogno di manifestarvi i miei sentimenti di viva gratitudine per la cordiale ospitalità che ancora una volta ho potuto sperimentare ed apprezzare durante i mesi estivi appena trascorsi. La mia permanenza è stata, infatti, caratterizzata da un rinfrancante silenzio, che ha favorito il raccoglimento dello spirito, contribuendo a temprare le energie fisiche ed interiori. Torno a Roma, alle consuete attività, con un gradito ricordo della vostra accoglienza e della vostra amabile disponibilità. Grazie di cuore a tutti voi! Nel momento di congedarmi rivolgo al Signore una speciale preghiera per la città di Castel Gandolfo e per tutti i suoi abitanti: voglia il Datore di ogni bene accompagnare la vostra Comunità cittadina nei diversi impegni di ogni giorno con la sua divina Provvidenza e ricambiare con i suoi doni la premura a me costantemente riservata.

Benedica Iddio, in particolare, le famiglie ed i ragazzi, i quali riprendono, con il nuovo anno scolastico, l'itinerario impegnativo della loro formazione. Il Signore illumini il vostro servizio al bene comune, quanto mai importante soprattutto in questo momento di indubbie difficoltà per l'intera società. Sia sempre vostra preoccupazione promuovere con costanza e coerenza di vita quei valori umani e cristiani senza i quali non è possibile realizzare l'auspicato rinnovamento morale e spirituale delle nostre città.

Vi protegga sempre e vi accompagni Maria, Madre e Speranza nostra.

Di cuore tutti vi benedico.

[Alla comunità religiosa e al personale medico] Nell'imminenza del mio ritorno in Vaticano, sono lieto di salutarla, carissimo Mons. Dante Bernini, pastore della comunità diocesana di Albano. Come ogni anno, Ella è venuto a questa gradito appuntamento insieme ad una significativa rappresentanza di Religiosi e Religiose operanti in diocesi. A ciascuno ed a ciascuna esprimo il mio vivo ringraziamento per questo gesto di cortesia, che ben manifesta l'attaccamento di tutti voi al Successore di Pietro.

Un particolare pensiero rivolgo, con animo riconoscente, anche al personale medico sempre presente e vigile.

Il Signore ricompensi ampiamente il servizio che tutti voi diligentemente avete reso durante il mio soggiorno al Castello. Sono consapevole dei sacrifici che ciò ha richiesto e della fatica supplementare che vi ha talora domandato. Di tutto vi renda merito Iddio.

Quanto a me, rinnovando ad ognuno e ad ognuna di voi il mio grazie più cordiale, vi assicuro un costante ricordo nella preghiera, perché il Signore sempre vi protegga e vi sostenga nel cammino di vita cristiana che intendete proseguire sotto la guida del vostro Vescovo.

Accompagno volentieri questi miei grati sentimenti con una particolare Benedizione Apostolica, che di cuore estendo alle vostre famiglie, alle vostre Comunità religiose e all'intera diocesi di Albano, a me singolarmente cara.

[Al personale delle Ville Pontificie] Carissimi! E' giunto anche quest'anno il momento di salutarci. Mi preparo infatti a tornare in Vaticano, presso la S. Basilica costruita sulla tomba dell'apostolo Pietro. Prima di lasciare Castel Gandolfo sono contento di poter soffermarmi qualche momento con voi, che fate parte della "famiglia estiva" del Papa. Dico grazie a tutti per le varie mansioni svolte, e specialmente per lo spirito che anima il vostro quotidiano servizio. Ringrazio cordialmente il Direttore per le parole, sempre molto gentili, che mi ha rivolto a nome di tutti.

So che mi avete accompagnato con la preghiera sia a Denver che nei Paesi Baltici. Anche in questi ultimi viaggi pastorali ho incontrato moltitudini di cristiani per i quali le visite pastorali costituiscono occasioni straordinariamente significative per sperimentare l'unità e l'universalità della Chiesa cattolica. Penso ai giovani, talora così presi dalle lusinghe del consumismo; penso alle popolazioni lituane, lettoni, estoni, uscite da decenni di persecuzione.

Tutto ciò fa pensare, fa riflettere e invita a non abituarsi al grande dono che il Signore ci ha fatto: il dono di vivere presso le sorgenti del Cristianesimo. Cresce, pertanto, la responsabilità in quanti sono da tale punto di vista più fortunati. Lo Spirito Santo, carissimi, aiuti ciascuno di voi a far fruttificare questo prezioso patrimonio religioso, coltivando lo spirito cattolico e testimoniando il Vangelo con coraggio nella vita d'ogni giorno.

Ogni anno di più mi rendo conto che voi già svolgete le vostre mansioni qui nelle Ville con questi sentimenti e, pertanto, vi auguro di continuare su questa strada, portando con semplicità la testimonianza della fede in ogni luogo ove la vita vi chiama: e prima di tutto, ovviamente, nelle vostre case, tra i vostri cari.

E' là dove il Signore ci ha posto che siamo invitati ad offrire il nostro contributo per costruire l'auspicata civiltà dell'amore.

A volte ci sentiamo impotenti di fronte alle ingiustizie che travagliano il mondo vicino o lontano da noi. E ci domandiamo: che cosa possiamo fare, per esempio, di fronte alle guerre. Guerre magari vicine a noi... Ci sentiamo impotenti? Certo, il primo dovere è sempre pregare.

Ma c'è un'altra cosa che tutti possiamo e dobbiamo fare ed è vivere in pace tra di noi; amarci gli uni gli altri; cercare gli uni il bene degIi altri, più che il proprio tornaconto personale.

Ecco, carissimi, un impegno per ogni giorno, per tutti i giorni.

Augurandovi di vivere così vi saluto e, mentre vi affido alla Madonna, di vero cuore vi benedico.

Data: 1993-09-28 Data estesa: Martedi 28 Settembre 1993






L'appello per la pace nella Bosnia ed Erzegovina prima della recita del Rosario - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Mai potrà esistere un futuro costruito sulla violenza. Le mani di tutti debbono intrecciarsi per un vivere più umano"

Raccolti in quest'Aula della Benedizione per la recita del Santo Rosario, vi invito ad unirvi spiritualmente a tutti coloro che si trovano a Sarajevo per l'incontro di preghiera per la pace, voluto dal benemerito Arcivescovo Monsignor Vinko Pulijc e dai responsabili delle tre Comunità religiose di quella città, la musulmana, l'ortodossa l'ebraica.

Rivolgo loro, e a quanti mi ascoltano per radio in quelle travagliate terre, il mio più cordiale saluto, assicurandoli della mia orante solidarietà e di quella di tutta Ia Chiesa cattolica sparsa nel mondo.

Oggi, ancora una volta, vogliamo ripetere loro che non sono soli e che non rimarranno soli. Conosciamo il loro lungo soffrire ed è nostra fervente aspirazione di aiutarli.

Mai potrà esistere un futuro costruito sulla violenza e sulla sulla sopraffazione dei più deboli ed indifesi. Le mani di tutti debbono intrecciarsi per edificare insieme un vivere più umano, riconoscendo che il rispetto, la giustizia, la solidarietà e la fraternità ne costituiscono le insostituibili fondamenta.

Vergine Maria, Regina della pace, in tanta tristezza il Tuo dolce e rasserenante sorriso illumini il nostro cammino! Questa sera, così come faremo durante il mese di ottobre dedicato alla devozione del Santo Rosario, affidiamo a Te le nostre intenzioni.

Tu puoi ottenere dal Tuo divin Figlio il grande dono della pace per le popolazioni della Bosnia-Erzegovina e dei Balcani. Ti preghiamo, o Madre, proteggile con il tuo materno amore!

Data: 1993-10-02 Data estesa: Sabato 2 Ottobre 1993

Il discorso ai Vescovi statunitensi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La partecipazione dei laici alla vita della Chiesa non va giudicata in base a criteri secolari di democrazia

Cari fratelli Vescovi


1. "E' lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio Padre nostro... conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene" (Th 2,16). Con questa preghiera vi do il benvenuto Vescovi dell'Alaska, dell'Arkansas, dell'ldaho del Montana, dell'Oklahoma, dell'Oregon, del Texas e di Washington, in occasione della vostra visita ad limina. Attraverso di voi saluto cordialmente tutti i membri delle Chiese di cui lo Spirito Santo vi ha reso responsabili (Cfr. Ac 20,28). In particolare ringrazio Dio per la profonda solidarietà, sacramentale e fraterna che ci unisce nel ministero episcopale nel selvizio verso l'amato popolo di Dio.

Il Concilio Vaticano II ha ricordato ai Vescovi che è loro dovere "promuovere e difendere l'unità della fede e la disciplina comune a tutta la chiesa" (LG 23). Come gli Apostoli, che erano missionari e avevano una missione che andava molto al di là della comunità locale, noi siamo "ambasciatori per Cristo" (2Co 5,20), chiamati a servire l'unità e la comunione cattolica della Chiesa, attraverso una sollecitudine pastorale che abbraccia l'intero Corpo di Cristo. Attraverso la vostra unione con il corpo dei Vescovi, le vostre Chiese particolari restano aperte alla koinonia universale; esse accolgono e ricevono la pienezza della fede apostolica e arricchiscono la Chiesa contribuendo con l'abbondanza dei loro doni. Tutti voi siete strumenti vivi di unità e cattolicità e alimentate la fedeltà a Cristo della vostra Chiesa particolare promuovendo i vincoli di comunione ecclesiale con il Successore di Pietro e con gli altri membri del Collegio Episcopale.


2. Uno dei temi ricorrenti di questa serie di riflessioni ad Limina con i Vescovi degli Stati Uniti è stato l'urgente bisogno di un autentico rinnovamento spirituale e morale nella Chiesa e nella società. Nel tempo che rimane prima dell'avvento del nuovo millennio e della grande celebrazione del Giubileo che ricorda il mistero dell'Incarnazione Redentrice del Figlio, lo Spirito Santo chiama la Chiesa alla purificazione, al pentimento e a un rinnovato fervore spirituale. L'intera Chiesa deve rispondere generosamente a questa chiamata, affinché la grazia del millennio non venga offerta invano (Cfr. 2Co 6,1). Per le vostre comunità diocesane si tratta di una questione di sempre maggiore impegno ad essere il sale della terra e la luce del mondo in una società che è sempre più frammentata dalla perdita di una visione e di una finalità spirituali. Per molti la verità dell'amorevole provvidenza di Dio nei confronti del creato e della grazia della salvezza in nostro Signore Gesù Cristo costituisce sempre meno una parte fondamentale della vita. La radicale sfida pastorale che la Chiesa e i suoi membri stanno affrontando alla fine del XX secolo deve mostrare l'importanza del messaggio del Vangelo per il destino trascendente dell'individuo così come per un autentico sviluppo umano.

In accordo con il disegno di Dio, il Concilio Vaticano II ha rappresentato una fonte di luce e di assistenza divine, permettendo alla Chiesa di affrontare con maggiore fiducia e sicurezza le sfide del presente. Il nostro ministero episcopale deve essere orientato con determinatezza al rinnovamento e al rafforzamento della Chiesa invocati dal Concilio, cosicché attraverso la sua attività, con le parole della Gaudium et spes, il mondo possa essere "destinato, secondo il proposito divino, a trasformarsi e a giungere al suo compimento" (GS 2). Il sentiero della riforma ecclesiale passa attraverso l'ecclesiologia di comunione, che è l'idea fondamentale e centrale dei documenti del Concilio (Cfr. Sinodo Straordinario del 1985, Relatio finalis, C 1). Scaturendo dalla sorgente viva della tradizione sacra l'ecclesiologia della koinonia può offrire alla Chiesa quella necessaria e autentica riforma, quella autentica metanoia che "non deve essere stabilita primariamente in termini di strutture esterne, ma in termini di una realizzazione più profonda e più efficace della visione fondamentale della sua missione e della sua natura autentiche" (Discorso a un gruppo di Vescovi degli Stati Uniti in visita ad Limina, 16 settembre 1987, n. 1).


3. La comunione ecclesiale è infatti una realtà profonda che tocca il cuore del Mistero Trinitario, laddove la distinzione reale in Persone non indebolisce in alcun modo l'unità della divinità. La dimensione verticale della comunione, l'amore di Dio riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo (Cfr. Rm 5,5), che ci eleva a una nuova vita in Gesù Cristo, è l'esperienza fondamentale e centrale della nostra vita cristiana. Questa grazia, che si compie completamente soltanto nella Chiesa celeste dove "Dio sia tutto in tutti" (1Co 15,28), è il fine per cui ogni essere umano è creato a Sua immagine e somiglianza (Cfr. CEC 1720-1722). E' il mistero sublime dell'amore salvifico di Dio che la Chiesa deve sempre proclamare nel suo insegnamento, celebrare nei suoi sacramenti e promuovere in tutta la sua vita e in tutta la sua attività. Ogni aspetto del rinnovamento della Chiesa, nella Liturgia, nella catechesi o nella pratica e nella disciplina pastorali e canoniche, deve essere finalizzato alla rivitalizzazione e alla crescita della grazia nei nostri cuori, all'approfondimento della comunione con il Dio Trino.

Grazie alla sua sublimità, la comunione di cui stiamo parlando non è una realtà distante e astratta, essa costituisce il vero fondamento dell'organizzazione e dell'attività della Chiesa ad ogni livello. Ne consegue che i ministeri, gli organismi e i rapporti che promuovono la comunione ecclesiale nella sua dimensione orizzontale devono costituire uno scopo prioritario: essi devono servire a condurre le persone a Cristo, devono portare i battezzati a crescere nella fede, nella speranza e nell'amore e devono edificare il Corpo di Cristo nell'unità della fede e della disciplina.


4. Dal Concilio e come formulato nel Codice di Diritto Canonico, la teologia della comunione all'interno della Chiesa ha portato al diffondersi di strutture consultive a diversi livelli. L'effettiva partecipazione dei fedeli alla missione della Chiesa, attraverso consigli parrocchiali, consigli finanziari, comitati per attività specifiche sia a livello parrocchiale che diocesano, costituisce uno sviluppo importante nella vita delle vostre diocesi. Voi siete pienamente consapevoli dei successi di questo processo, ma anche delle difficoltà che devono ancora essere superate riguardo alla base educativa e formativa dei collaboratori laici, e alla formazione di vincoli più espliciti con le diocesi e con le parrocchie in cui essi operano. Attraverso il suo Comitato per i Laici, la vostra Conferenza ha emanato utili direttive per coloro che operano nell'ambito di consigli parrocchiali al fine di avvicinarli agli insegnamenti del Concilio Vaticano II sul ruolo dei laici e all'applicazione dell'insegnamento contenuto nell'Esortazione Apostolica post-Sinodale Christifideles Laici.

I laici, "nella misura della scienza, della competenza e del prestigio di cui godono, hanno il diritto, anzi anche il dovere di far conoscere il loro parere su ciò che riguarda il bene della Chiesa" (LG 37). Essi possono fare questo individualmente o attraverso gli organismi preposti (Cfr. Congregazione per il Clero, Omnes Christifideles, 25 gennaio 1973). E' quindi fondamentale che i Pastori della Chiesa siano attenti ai suggerimenti e alle proposte dei laici mentre esercitano la libertà e l'autorità che derivano loro dal diritto divino di govemare quella parte del popolo di Dio loro affidata.

Sarebbe un errore giudicare le strutture ecclesiali di partecipazione e cooperazione secondo modelli democratici secolari, o considerarli come forme di "condivisione del potere" o come mezzi per imporre idee o interessi di parte. Esse dovrebbero essere considerate come forme di solidarietà spirituale proprie della Chiesa in quanto comunione di uomini che "pur essendo molti" sono "un solo corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte" sono "membra gli uni degli altri" (Rm 12,5). Tali strutture sono feconde fin quando manifestano la vera natura della Chiesa come comunione gerarchica, animata e guidata dallo Spirito Santo. Quando esse operano secondo lo spirito di Cristo, costituiscono validi segni di come i battezzati portano l'uno il fardello dell'altro (Cfr. Ga 6,2) con modalità adeguate ad una comunità arricchita da diversi doni gerarchici e carismatici (Cfr. LG 4).


5. Molte altre forme di partecipazione laica alla missione della Chiesa richiamano la nostra attenzione e la nostra responsabilità pastorale. Una dimostrazione significativa della vitalità della comunità cattolica negli Stati Uniti è il crescente numero di laici che prestano servizio come missionari o volontari, sia per un periodo limitato nel tempo sia in modo permanente. Un altro esempio è la vasta rete di organizzazioni e movimenti laici attivi nel vostro Paese. Il Forum Nazionale Laico, sotto l'egida del Comitato per i Laici della Conferenza Episcopale, è un'iniziativa meritevole che può suscitare serie riflessioni sull'apostolato dei laici e può costituire un incentivo per le organizzazioni e per i movimenti a collaborare più esplicitamente gli uni con gli altri e con i Vescovi. Prego per il buon esito del prossimo Forum che si svolgerà nel 1994 e che sarà dedicato all'effetto della fede sulla cultura nella societa americana contemporanea.

Allo stesso modo, la crescita di piccole comunità cristiane, in particolare all'interno delle parrocchie, è sia un mezzo di formazione per i laici sia un incentivo alla missione nel mondo. Nella maggior parte dei casi queste comunità servono a ravvivare la vita parrocchiale essendo strumenti attivi di evangelizzazione e di missione. In alcuni casi è necessaria una sollecita guida pastorale per garantire che esse rimangano in piena comunione e armonia con la Chiesa locale. La Christifideles laici contiene criteri e orientamenti appropriati per l'integrazione di piccole comunità nel più ampio corpo ecclesiale (Cfr. CL 30).


6. Alcune delle vostre diocesi hanno una considerevole popolazione cattolica ispanica il che significa soprattutto che il vostro ministero deve tener conto della ricchezza di espressioni religiose e di diversità culturali che caratterizza la comunità ispanica e che richiede iniziative e programmi pastorali adeguati. Fra i principali compiti pastorali che riguardano la comunità ispanica c'è quello dell'evangelizzazione e della catechesi, in particolare riguardo al proselitismo estremamente attivo da parte di altri gruppi religiosi. I responsabili della comunità cattolica ispanica spesso sottolineano la necessità di sostenere la famiglia nell'ambito di una comunità di fede e di solidarietà, in particolare attraverso piccole comunità ecclesiali che sono intimamente rilevanti per la vita quotidiana dei loro membri. Il ministero per i giovani ispanici non dovrebbe trascurare l'importanza di trasmettere una spiritualità autentica e esigente incentrata sulla conoscenza e sull'amore di Cristo il Redentore e volta a incarnare lo spirito delle Beatitudini nella vita quotidiana. Infine il buon esito degli sforzi della Chiesa dipenderà in gran parte dalla promozione delle vocazioni fra gli ispanici e dall'adeguata formazione di seminaristi e religiosi a livelli non inferiori a quelli di altri candidati.

Le Missioni del Sud Ovest testimoniano il fatto che i primi evangelizzatori di molte delle vostre diocesi che parlavano spagnolo, hanno lasciato un segno chiaro e indelebile nelle tradizioni religiose e culturali della regione. In queste tradizioni vi sono molti valori che possono venire oggi utilizzati come validi canali per una evangelizzazione più efficace e profonda. Vi chiedo di portare i miei più cordiali auguri e il mio incoraggiamento colmo di preghiera a tutti coloro che si dedicano alla cura pastorale dei cattolici ispanici negli Stati Uniti.


7. I Pastori della Chiesa devono preoccuparsi costantemente del fatto che i laici cattolici ricevano una formazione spirituale e teologica permanente, che includa la formazione sulla dottrina sociale della Chiesa, a un livello tale da permettere loro di svolgere il proprio ruolo nella Chiesa e nella società. Questa formazione dovrebbe essere strutturata in modo da poter permettere di affrontare difficoltà pratiche a livello parrocchiale dove molti interessi secolari richiamano l'attenzione delle persone.

Un problema particolare che tocca il cuore della comunione della Chiesa nella fede è rappresentato dalla confusione così come dallo scandalo causati dai cattolici che rivestono cariche pubbliche, che operano nei mezzi di comunicazione sociale e che prendono posizioni contrarie all'insegnamento della Chiesa. Questo è un problema che richiede un'attenta guida da parte vostra. Vi incoraggio nei vostri sforzi per difendere con chiarezza l'autentica dottrina cattolica e per promuovere una comprensione migliore dell'"ossequio religioso" della mente e del cuore richiesto a tutti i membri della Chiesa (Cfr. LG 25).


8. Cari fratelli Vescovi, la vostra presenza ricorda queste e altre grandi responsabilità che dovete affrontare nel governare quella parte del popolo di Dio che vi è affidata. Possa la materna intercessione dell'Immacolata Madre di Dio, Patrona del vostro Paese, ottenere per voi, e per tutti i sacerdoti, i religiosi, le donne e gli uomini laici delle vostre diocesi, una fede sempre più profonda una speranza sempre più viva e una carità sempre più ardente! Con la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1993-10-02 Data estesa: Sabato 2 Ottobre 1993

Durante l'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'annuncio della nuova enciclica "Veritatis Splendor"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Martedi prossimo, come già sapete, sarà ufficialmente presentata la nuova Enciclica "Veritatis Splendor", riguardante "alcune questioni fondamentali dell'insegnamento morale della Chiesa".

Questo documento, tanto atteso e lungamente elaborato, viene pubblicato solo ora, perché è apparso conveniente farlo precedere dal Catechismo della Chiesa Cattolica, che contiene un'esposizione completa e sistematica della morale cristiana. L'attuale documento ne approfondisce i presupposti ed i fondamenti, operando un discernimento su alcuni problemi controversi della recente Teologia morale. In particolare, esso riafferma la dignità e la grandezza della persona umana, creata ad immagine di Dio, e ripropone il genuino concetto della libertà umana, mostrandone l'essenziale e costitutivo rapporto con la verità, secondo la parola di Cristo: "La verità vi farà liberi!" (Jn 8,32).


2. L'annuncio della imminente pubblicazione dell'Enciclica ha suscitato nell'opinione pubblica un comprensibile interesse. Auspico che, letto nella sua integralità; il testo sia fatto oggetto di considerazione serena, e possa così contribuire alla miglior comprensione del messaggio esigente e liberante del Vangelo.

La Chiesa, quando parla, lo fa perché si sente "debitrice" da una parte, verso l'uomo, spesso disorientato tra tante voci discordi e, dall'altra, verso la verità, della quale è essa stessa destinataria, prima di esserne annunciatrice.

Posta al servizio della Parola di Dio, non le sarebbe in alcun modo lecito tacerla o manipolarla per assecondare mode passeggere. Una Chiesa che indulgesse a questa logica non sarebbe più la "sposa fedele" del Cristo! La Chiesa parla alle coscienze e fa appello alla libertà responsabile dei credenti. Confido che questo doveroso servizio ecclesiale sia accolto dai fedeli di tutto il mondo con pronta e cordiale adesione, in atteggiamento di comunione col Magistero ecclesiale e di fiducia nell'assistenza dello Spirito Santo, che guida il popolo cristiano ad una sempre più profonda intelligenza della verità salvaguardandolo dai rischi di confusione e di disorientamento.


3. Affido quest'Enciclica alla Vergine Santa, che in questo mese di ottobre intendiamo particolarmente onorare con la recita del Santo Rosario. A Maria affido inoltre, ancora una volta, la causa della pace, sempre così compromessa in tante regioni del mondo, e in particolare nella martoriata Bosnia-Erzegovina. Com'è noto, termina oggi a Sarajevo un incontro di riflessione e di preghiera che, sulla scia dell'esperienza vissuta nel gennaio scorso ad Assisi, ha visto raccolti i rappresentanti delle quattro Comunità religiose di quella città: la musulmana, la cattolica, l'ortodossa e l'ebraica. Esso si è svolto al centro di quella regione dove purtroppo continua a scorrere il sangue di molte vittime innocenti a causa dell'aspro conflitto, che registra crimini innominabili in spregio di ogni norma etica e di tutte le convenzioni umanitarie.

Invito tutta la Chiesa ad unirsi spiritualmente a tale assemblea per una corale implorazione al Dio della pace. Preghiamo insieme perché si giunga finalmente ad una composizione giusta ed onorevole tra le parti in conflitto e si ristabilisca nell'intera regione un clima di civile ed operosa concordia.

Maria, Regina della pace, prega per noi!

Data: 1993-10-03 Data estesa: Domenica 3 Ottobre 1993

Visita pastorale: l'omelia durante la Messa a S. Maria in Trastevere - Roma

Titolo: Una storia d'impegno per la pace e per i poveri

"Cantero per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna" (Is 5,1).


1. L'intera Liturgia di questa ventisettesima domenica del tempo ordinario proclama l'amore di Dio per il suo popolo. La pagina del Libro di Isaia presenta con accenti di alta poesia la storia d'amore di Jahwè per "la casa di Israele": è un amore appassionato ed esigente, che non si rassegna di fronte all'infedeltà e al tradimento.

Ugualmente intenso ed ostinato è l'amore descritto nella parabola evangelica: il padrone della vigna non s'arrende di fronte all'ingratitudine ed all'inaccoglienza degli uomini, dei vignaioli ai quali ha affidato la terra.

"Quando venne il tempo dei frutti, mando i suoi servi..." (Mt 21,34).

Emerge con evidenza la sollecitudine di Dio per la "vigna" del suo cuore: Egli invia i suoi servi per ben due volte e, nonostante essi vengano duramente colpiti, alla fine, manda lo stesso suo Figlio: "Avranno rispetto di mio Figlio!" (Mt 21,37).

Si manifesta così la grande attesa che Dio nutre nei confronti dell'umanità. Egli aspetta frutti buoni e gustosi dalla vigna da lui stesso piantata. Ed invece è l'opposto che si verifica. Fa riflettere il lamento contenuto nella prima Lettura: "Perché, mentre attendevo che producesse uva, essa ha fatto uva selvatica?" (Is 5,4).

Quanti frutti amari ci sono sulla terra! Lo vediamo ogni giorno: guerra, odio, ingiustizia, ogni sorta di male. Frutti amari che avvelenano i cuori ed intere comunità umane.

Ma da dove essi vengono se non dalla filautia, l'amore di sé che mira al possesso egoista della terra? Da dove vengono, se non dal rifiuto di accogliere gli inviati del Signore e soprattutto il Figlio suo, il Redentore dell'uomo? Solo aprendo il cuore all'amore di Dio, è possibile produrre frutti di conversione e di pace.


2. Carissimi fratelli e sorelle, celebriamo oggi la misericordia del Signore, facendo memoria della vostra storia che conta ormai venticinque anni. Storia di apertura all'amore di Dio, di impegno per la pace e di gioiosa adesione alla chiamata di Dio che invita a lavorare nella sua vigna. Sin dai primi passi della vostra Comunità, prendendo sul serio l'invito evangelico, non avete chiuso il cuore al dolore dei poveri ed avete cominciato a concepire la vostra esistenza come debito d'amore e impegno permanente a dare frutti. Mi ritornano alla mente le parole che, visitandovi nell'aprile del 1980, ebbi a dirvi: "La fede deve essere realistica, perché niente che è realtà è fuori di Dio, è fuori dalla fede" (L'Osservatore Romano, 28-29.VI.1980, p.6).

Ed è proprio in continuità con quella mia prima visita che si colloca l'odierno incontro, particolarmente festoso e familiare. Esso avviene attorno all'altare per la celebrazione eucaristica, centro e culmine della vita ecclesiale, in questa antica basilica di Santa Maria in Trastevere, attigua alla chiesa di Sant'Egidio, sede della vostra Comunità.

Celebrare l'Eucaristia è il modo più significativo di ricordare il venticinquesimo della vostra esistenza. Sono lieto di poterlo fare insieme a tutti voi. Saluto i Signori Cardinali intervenuti, in particolare il Cardinale Camillo Ruini, mio Vicario generale per la diocesi di Roma, saluto il Metropolita Siro-ortodosso di Aleppo, Mar Cregorios Ibrahim, saluto i Vescovi, i Prelati e ciascuno di voi qui presenti. Un singolare pensiero rivolgo a Mons. Vincenzo Paglia, vostro Assistente ecclesiastico generale ed al Prof. Andrea Riccardi, vostro Presidente.


3. Carissimi fratelli e sorelle! Il confronto appassionato con la realtà, specie quella della povertà, la vicinanza con gli anziani e i sofferenti nella solidarietà quotidiana, hanno caratterizzato il vostro viaggio lungo questi anni, prima nella diocesi di Roma e poi in altre città d'Europa e del mondo. "La vostra piccola Comunità dell'inizio - ebbi a dirvi per i vostri vent'anni - non si è posta alcun confine se non quello della carità" (Insegnarnenti, XI, 1, 1988, p.


366).

Ma qual è la vostra costante risorsa spirituale in tale cammino apostolico? Voi cantate spesso, parafrasando le parole dell'apostoto Pietro: "Noi non abbiamo molte ricchezze, solo la Parola del Signore". Eccola la vostra forza: è la fiducia nelle arrni deboli della fede, che sono la preghiera, l'amore, l'amicizia. Nel Vangelo odierno è scritto: "La pietra che i costruttori hanno scartato è diventata testata d'angolo" (Mt 21,42). La nostra società mette facilmente da parte nella sua costruzione la debole forza della fede, ma voi volete continuare ad essere fedeli a tale "debolezza". L'esempio di costante preghiera nella chiesa, ormai piccola, di Sant'Egidio viene seguito anche dalle altre vostre Comunità. Siete divenuti come un albero frondoso, che estende i suoi rami nel cielo, ma che non dimentica mai il segreto della sua crescita dovuta appunto alla fedeltà a quel piccolo seme.

Qui, e nella vita di ciascuno di voi, la preghiera si accompagni sempre al servizio della carità. Siate carissimi fratelli e sorelle, una famiglia che, nel cuore di questa Roma incamminata verso l'Anno Santo del secondo Millennio, vuole tessere una rete di fede e di preghiera, di amore e di accoglienza.


4. La comunità di Sant'Egidio, tuttavia, non è solo a Roma. Quando siete venuti a visitarmi a Castel Gandolfo nel 1986, vi dissi: "Dove ci sono le altre Comunità di Sant'Egidio - anche non a Roma -, sono sempre "di Roma". Questo è bello e mi tocca il cuore, come Vescovo di Roma, che sempre deve pensare non a Roma solamente, ma a tutto il mondo" (Insegnamenti, IX, 2, 1986, p. 650). Le vostre Comunità portano il segno di questa maternità della Chiesa di Roma, che presiede nella carità ed è aperta al mondo intero.


5. Con il passare degli anni, avete sentito la sfida di questo amore universale e vi siete incamminati per le vie del mondo. La fraternità tra le Chiese particolari e la passione per l'ecumenismo vi hanno spinto a percorrere la via semplice ed ardua del cuore, per favorire l'amicizia tra i credenti. Attorno a voi si sono intessute significative relazioni di comunione ecclesiale e siete riusciti ad acquistare la simpatia di autorevoli pastori di altre confessioni religiose.

L'amore continua ad animare costantemente il dialogo che la vostra Comunità conduce con le grandi religioni non cristiane, in particolare con il mondo dell'Ebraismo e dell'Islam. Proseguite su tale strada! Grazie alla forza del rispetto e dell'amicizia potrete contribuire a superare difficoltà ataviche e ad abbattere muri d'incomprensione e di reciproca freddezza. Non è forse questo spirito di riconciliazione e di pace che voi vi sforzate di propagare mediante gli incontri internazionali da voi promossi? Ebbi a scrivervi qualche settimana fa, in occasione del recente Meeting internazionale a Milano, che sono lieto di vedere come il cammino avviato ad Assisi "prosegue ed attrae in maniera crescente uomini e donne di religioni e culture diverse, tutti uniti nell'unico anelito per il grande dono della pace" (L'Osservatore Romano, 24.1X 1993, p. 5).


6. "Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto" (canto al Vangelo). La preghiera e la fedeltà all'amore divino procurano frutti abbondanti di gioia e di pace.

Costruire la vera pace, sgorgante dal profondo dell'esistenza cristiana come energia che si comunica, è la vocazione dei credenti. Ecco perché, negli ultimi anni, anche voi vi siete fatti solerti operai della pace, specie in alcune regioni del mondo travagliate da conflitti e da violente contrapposizioni.

Vi ha animato la consapevolezza che cercare quanto unisce gli uomini - come osservava il mio venerato predecessore, il servo di Dio Papa Giovanni XXIII - mettendo da parte quel che divide, favorisce il dialogo e la riconciliazione, aiuta a scongiurare la giustificazione dei contrasti in nome della religione ed anzi consente alle tradizioni religiose di promuovere la pacificazione tra le genti in lotta. Come non ricordare che proprio un anno fa, il 4 ottobre 1992, festa di san Francesco d'Assisi sono stati firmati a Roma gli accordi di pace tra le parti in guerra in Mozambico, dopo due anni e mezzo di trattative svoltesi proprio a Sant'Egidio? Domani, in quel caro Paese dell'Africa, a cui rivolgo un cordiale pensiero, su iniziativa della Conferenza Episcopale e della Comunità di Sant'Egidio, si terrà un incontro interrefigioso di preghiera, per invocare la protezione divina sulla pace felicemente conquistata dopo sedici anni di guerra.


7. "Il Dio della pace sarà con voi! (Ph 4,9).

Carissimi fratelli e sorelle! Quest'assicurazione dell'Apostolo, che l'odierna liturgia ci ripropone, animi sempre ogni vostro sforzo ed impegno apostolico.

In questo nostro tempo si intrecciano fermenti di pace e tristi eventi di guerra. Anche se talora sembrano dominare le forze distruttive del male "non angustiatevi per nulla", ripete san Paolo, "la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" (Ph 4,6-7).

Continuate pertanto a camminare sulla via della santità e del servizio all'uomo.

La pace di Dio guiderà il vostro cammino; custodirà il cuore e la mente di ciascuno di voi.

Sia per tutti modello di mitezza e di fedeltà, Maria, venerata in questa Basilica nell'Icona della Madonna della Clemenza e della Pace.


17/01/19102 Pag. 19719 Chi rimane in Dio "porta molto frutto". Amen!

Data: 1993-10-03 Data estesa: Domenica 3 Ottobre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Il Papa presiede la celebrazione eucaristica in suffragio dei venerati Predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo I - Città del Vaticano (Roma)