GPII 1993 Insegnamenti - Ai bambini della parrocchia dei Santi Ottavio e Compagni Martiri a Casal del Marmo - Roma

Ai bambini della parrocchia dei Santi Ottavio e Compagni Martiri a Casal del Marmo - Roma

Titolo: La domenica, giorno del Signore

Striscioni bianchi e gialli e bandierine di tutti i colori erano distesi dovunque, domenica 24 ottobre, tra i palazzoni adiacenti la chiesa parrocchiale dei Santi Ottavio e Compagni Martiri a Casal del Marmo, per rendere meno tetro lo scenario che ha ospitato l'attesissimo incontro tra il Santo Padre e la comunità parrocchiale della borgata romana di Ottavia, in una delle zone più infelici della città quanto a collegamento con il centro e a servizi sociali. E' tuttavia, pur tra mille difficoltà, proprio in questa zona depressa della città la piccola comunità parrocchiale affidata ai Padri della Congregazione della Sacra Famiglia di Nazareth, sta riuscendo a permeare con il messaggio evangelico il tessuto sociale, facendo leva soprattutto sulla dimensione caritativa ed assistenziale.

Un'attenzione non marginale viene dedicata all'istruzione religiosa attraverso il catechismo. Una testimonianza precisa in questo senso l'hanno offerta al Papa proprio gli abitanti più giovani del quartiere, i bambini, ai quali, come di consueto è stato riservato il compito di dare il benvenuto al Santo Padre.

Giunto poco prima delle 9 nel piazzale antistante la chiesa parrocchiale, il Papa - che è stato accolto dal Cardinale Vicario Camillo Ruini, dal Vescovo del Settore mons. Cesare Nosiglia e dal Parroco Padre Mario Farinella - si è a lungo intrattenuto con i giovanissimi. Con loro ha voluto imbastire un "dialogo che è stato un po' un esame", ha detto egli stesso alla fine dell'incontro. Infatti dopo brevi espressioni di affetto rivoltegli da una bimbetta a nome dei suoi coetanei Giovanni Paolo II ha assunto le vesti del catechista della parrocchia ed ha cominciato a tenere la sua "lezione - esame di catechismo". E' stato tutto un susseguirsi di domande e di risposte sul senso dell'impegno che i cristiani sono tenuti a profondere durante tutti i giorni della settimana.

Il Papa si è richiamato all'esempio che danno i genitori "che tutte le mattine si recano al lavoro oppure lavorano duramente in casa" del resto imitati "da voi stessi - ha detto il Papa ai bambini - che vi recate a scuola". "Ma oggi è domenica. La domenica è il primo o il settimo giorno della settimana? E' il settimo giorno. Il Libro della Genesi infatti ci dice che il settimo giorno, dopo aver creato il mondo, Dio si riposo. Allora la domenica è il giorno del riposo e non si deve andare a scuola e neppure lavorare. E' vero che nessuno lavora la domenica?". I bambini in coro hanno risposto "Siii". Ed il Papa li ha incalzati "Ma siete proprio sicuri? E le vostre mamme forse che non devono lavorare in casa anche la domenica?". Nuovo coro di "Si" dei bambini e il Papa li ha nuovamente incalzati dicendo: "Dunque vuol dire che non c'è giustizia".

Il dialogo è poi ripreso sui temi più classici del catechismo: "Ma perché - ha chiesto il Santo Padre - noi dobbiamo celebrare la Domenica?".

Puntuale la risposta del coro dei bambini: "Perché è il giorno del Signore". Ed il Papa di rimando: "E perché la domenica è il giorno del Signore?". Ed ancora il coro dei bambini: "Perché è il giorno della risurrezione di Gesù". "Bravi - ha sottolineato il Papa - è proprio il giorno della risurrezione di Gesù. Il giorno in cui Gesù ha manifestato di essere Dio, mostrando di avere il dono della vita anche dopo la morte e dopo la sepoltura. Il Signore ha manifestato la sua signoria, la sua potenza, ma anche il suo amore. Ma celebriamo la domenica anche come primo giorno della settimana proprio perché è il giorno in cui il Signore si è manifestato nella risurrezione e dunque tutto ricomincia di nuovo, ricomincia tutta la storia dell'umanità, di tutta l'umanità, di tutti noi, ricomincia anche la storia della Chiesa. Ma c'è un altro motivo per celebrare la domenica, la festa della risurrezione. Cosa, infatti, è accaduto cinquanta giorni dopo la risurrezione?". Straordinariamente pronta è stata la risposta dei bambini: "La Pentecoste". Il Papa è stato favorevolmente irnpressionato da questa prontezza.

"Bravissimi, proprio la Pentecoste. E sapete cosa è successo?". E i bambini: "E' disceso lo Spirito Santo sugli Apostoli". "Si ed hanno inaugurato il loro cammino apostolico, il cammino apostolico della Chiesa. E così che la domenica si ricorda anche l'inizio del cammino della Chiesa, attraverso il cammino degli Apostoli, ai quali lo Spirito Santo ha infuso il coraggio della testimonianza. Allora la domenica è anche il giorno del coraggio. La domenica dobbiamo dunque attingere nuovo coraggio? e dove lo attingiamo questo coraggio? a scuola? No; in chiesa: si, avete gridato in chiesa ed avete risposto bene. In chiesa partecipiamo all'Eucaristia e dall'Eucaristia ci viene la forza. Gesù nell'Eucaristia ci ha lasciato il suo corpo ed il suo sangue e da questi attingiamo la nostra forza.

Così noi la domenica andiamo tutti in chiesa per partecipare all'Eucaristia e riprendere così le forze. Ci riposiamo in casa, per riprendere le forze del fisico ed anche psichiche con il riposo. In chiesa invece, accostandoci all'Eucaristia riprendiamo le forze dello spirito. Bene, alla fine devo dire che questo nostro incontro è stato un po un colloquio, ma anche un po' un esame. Ma devo dire che se il colloquio è stato qualche volta un esame è andato molto bene. Dio benedica voi, le vostre famiglie e la vostra parrocchia".

Data: 1993-10-24 Data estesa: Domenica 24 Ottobre 1993




Udienza: incontro con la Conferenza dei Vescovi latini nelle regioni arabe - Città del Vaticano (Roma)


"Io vi incoraggio e incoraggio i cristiani delle vostre diocesi a porre in atto gesti profetici affinché mai più la guerra sia utilizzata come mezzo di pressione sugli uomini"

Beatitudine, Cari fratelli nell'Episcopato, Cari amici,


1. Dopo il vostro incontro dell'anno scorso al Cairo, vi siete augurati di ritrovarvi a Roma per la quarantatreesima Assemblea generale della Conferenza di Vescovi latini nelle Regioni arabe. Sono lieto di accogliervi durante i vostri lavori in cui affrontate numerosi temi collegati fra loro per dare nuovo slancio alle vostre comunità, tenendo conto delle situazioni specifiche dei vostri diversi Paesi. Queste giornate vi offrono l'occasione di pregare insieme, di invocare il sostegno dello Spirito Santo per le vostre comunità e di condividere le vostre preoccupazioni e le vostre gioie pastorali. Vi curate di unire i vostri sforzi per armonizzare le vostre azioni e per servire sempre meglio il popolo di Dio. In tal modo si esprimono e si rafforzano i vostri vincoli fraterni. Possano gli Apostoli Pietro e Paolo, pilastri della Chiesa, guidarvi in tutte le vostre opere!


2. Dopo aver riflettuto su un aspetto particolare dell'annuncio del Vangelo, la catechesi, vi predisponete ora a preparare nuove vie per sostenere e per ravvivare la vita di fede dei Cattolici nel Medio Oriente, all'alba del ventunesimo secolo.

Le questioni che dovete affrontare sono importanti. Infatti, molti Paesi di questa regione sono sconvolti da molto tempo da guerre fratricide, che impoveriscono e riducono alla fame popolazioni intere. Il messaggio di Cristo che siete incaricati di trasmettere, costituisce un invito alla pace profonda che solamente il Signore può donare, e un appello alla condivisione in seno alle comunità cristiane per superare le situazioni di miseria che sfigurano l'essere umano e offuscano la sua dignità. Vi incoraggio e incoraggio i Cristiani delle vostre diocesi a porre in atto dei gesti profetici affinché mai più la guerra sia utilizzata come metodo di pressione sugli uomini a scapito del dialogo che permette a ognuno e a ciascun popolo di essere riconosciuto.


3. Anche se i fedeli delle vostre diocesi sono poco numerosi, la loro vocazione battesimale li chiama a essere instancabilmente, presso i loro popoli, gli iniziatori di un mondo nuovo in cui regni l'amore fra i fratelli, primizie del Regno a venire. Ciò presuppone di amare con tenerezza la propria terra, di impegnarsi come cittadini nella vita pubblica per partecipare alle attività della città e alla vita sociale, nel rispetto delle sensibilità e delle convinzioni religiose, poiché "il posto che Dio ha assegnato loro è talmente bello che non è permsso loro di disertarlo" (Epistola a Diogneto). E' per i fedeli un nobile modo di annunciare il Vangelo sia il portare il proprio contributo al bene comune, con la sollecitudine primaria di essere artefici di pace, dono che Cristo ha lasciato ai suoi discepoli nella sera della sua vita (Cfr. Jn 14,27), sia il servire i loro fratelli dell'umanità nella carità.


4. Vi esorto a intensificare le collaborazioni sul piano sociale e sul piano ecclesiale, con i Pastori e i fedeli di diversi riti cattolici presenti nelle regioni arabe, riti che sono una ricchezza per la vostra terra. Inoltre, nello spirito del Concilio Vaticano II, invito anche le vostre comunità a impegnarsi con umiltà e con pazienza nel "movimento ecumenico" (UR 4), affinché si intensifichino le opere e le iniziative a favore dell'unità dei Cristiani. In tutte le iniziative prese, ciascuno risponda all'esortazione degli Apostoli: "camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato" (Ep 5,2)! così saremo riconosciuti come suoi discepoli e ciò sarà per tutti gli uomini una testimonianza.


5. Il vostro ministero è a volte reso difficile soprattutto nei Paesi in cui, di fatto, la libertà di religione e di culto non è ancora totale. Prego affinché i Cristiani offrano costantemente l'esempio della tolleranza, del dialogo con le altre religioni anche se non si verificano ancora i risultati tangibili sperati, e della cooperazione attiva con i loro membri. Nel segreto dei cuori, lo Spirito Santo lavora per far portare frutti alle opere umane, attraverso le vie che Dio vuole, perché è Lui che fa crescere la semenza portata sulla terra dai testimoni del Vangelo (Cfr. 1Co 3,6). Mi auguro ardentemente che le comunità cristiane abbiano sempre anche la possibilità di riunirsi per la celebrazione dei sacramenti, necessaria al consolidamento della fede dei loro membri, e che esse possano liberamente rendere testimonianza a Cristo redentore dell'uomo.

Al termine del nostro incontro vi esorto a proseguire con zelo il vostro ministero. Nessuna difficoltà vi scoraggi! Vi chiedo di portare gli incoraggiamenti affettuosi del Papa ai sacerdoti delle vostre diocesi, che sono per voi, secondo la formula di Sant'Ignazio di Antiochia "una preziosa corona spirituale" (ai Magnesiani, 13,1), ai religiosi e alle religiose così come a tutti i vostri fedeli. Di tutto cuore imparto a voi così come a tutti i membri delle vostre comunità la mia Benedizione apostolica.

Data: 1993-10-28 Data estesa: Giovedi 28 Ottobre 1993



Credenziali: a nove Ambasciatori ricevuti nella Sala Clementina - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Siete chiamati ad essere gli artigiani di una pace durevole e necessaria al bene di tutti i popoli"

Signore e Signori Ambasciatori,


1. E' con reale soddisfazione che ho appena ricevuto dalle mani delle Vostre Eccellenze le Lettere che le accreditano presso la Sede Apostolica come Ambasciatori delle loro rispettive nazioni.

A tutti voi porgo molto cordialmente il benvenuto a Roma e posso garantirvi che i miei collaboratori sono disposti ad assistervi nella vostra missione al fine di rendere più stretti e fecondi i rapporti fra i vostri Paesi e la Santa Sede.

Vorrei rivolgere un saluto particolare agli Ambasciatori della Mongolia e dello Swaziland che sono i primi capi missione dei loro Paesi accreditati qui; mi rallegro nel vedere entrare così nella loro fase attiva i rapporti recentemente stabiliti. Inoltre, è per me una gioia particolare salutare il Rappresentante della Lettonia, nazione in cui ho avuto la gioia di recarmi in visita pastorale qualche settimana fa; oggi i nostri rapporti ritrovano il loro pieno esercizio dopo un lungo periodo di latenza.


2. Le circostanze riuniscono qui gli Ambasciatori di nazioni situate nei tre continenti, l'Europa con la Lettonia, l'Asia con la Mongolia e Singapore, l'Africa con il Burkina-Faso, il Congo, la Repubblica di Guinea, il Sudan, lo Swaziland e lo Zambia: in ciò vediamo un chiaro segno del desiderio della Santa Sede di intrattenere rapporti fraterni con tutti i popoli dell'umanità, sia piccola o grande la proporzione dei fedeli della Chiesa cattolica presso di loro.


3. Come non ricordare alla vostra presenza, ancora una volta, i cambiamenti profondi che sono avvenuti e che continuano a verificarsi nel mondo, nella speranza che portino a un miglioramento notevole della situazione di una grande parte dell'umanità? Fra voi, il gran numero di Ambasciatori venuti dall'Africa mi esorta in particolare a ribadire che la Chiesa segue con molta simpatia i processi che portano diversi popoli alla democrazia. Conosco gli ostacoli spesso incontrati e formulo fervidi auguri affinché possano essere superati. I nuovi gravi conflitti che lacerano troppi popoli del continente africano ci allarmano. Quindi, in presenza di diplomatici, che sono per vocazione artefici di pace e di cooperazione fra le nazioni, voglio rivolgere un appello agli uomini e alle donne di buona volontà affinché facciano tutto il possibile per costruire una pace duratura, necessaria per il bene di tutti.


4. Sapete che, fra i vostri concittadini, i cattolici desiderano fare generosamente la loro parte al servizio della società in particolare per quanto concerne lo sviluppo. Le loro attività di educazione, di formazione professionale, di organizzazione del settore sanitario, di soccorso caritativo e di iniziative di ordine economico hanno lo scopo, nello spirito stesso dell'amore fraterno che anima ogni cristiano, di favorire la crescita delle persone, delle famiglie e dei gruppi sociali. Questi sforzi dei membri della Chiesa non ambiscono ad altro che a unirsi a quelli di tutti i loro connazionali, così come a quelli della comunità internazionale.


5. Fra i temi dei nostri colloqui con i rappresentanti delle nazioni, vorrei ricordare inoltre che teniamo sempre presente nello spirito la preoccupazione di veder riconosciuto e garantito il libero esercizio di culto e delle attività proprie di ciascuna comunità religiosa nel reciproco rispetto delle convinzioni e delle tradizioni spirituali degli uni e degli altri. Difendere il diritto di tutti alla libertà di coscienza e di religione rimane una delle preoccupazioni primarie della Santa Sede poiché lo sviluppo della vita spirituale è un tratto essenziale della vocazione di ogni uomo e di ogni donna nel mondo.


6. Signore e Signori Ambasciatori, al termine di questa cerimonia solenne, il mio pensiero si rivolge ai popoli che rappresentate. Desidero incaricarvi di esprimere la mia profonda simpatia e i sentimenti fraterni che provo verso di loro, nello spirito dei discepoli di Cristo il cui amore si estende a tutta l'umanità. Mi è stato dato di incontrare molti di essi nella loro terra: dite loro che il ricordo rimane ben vivo in me.

Nella preghiera, formulo per tutti i vostri connazionali voti ferventi di prosperità nella concordia e nella pace.

Signore e Signori, per voi, per i vostri cari, per i vostri collaboratori così come per le nazioni che rappresentate invoco l'abbondanza dei doni divini.


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Data: 1993-10-28 Data estesa: Giovedi 28 Ottobre 1993

Messaggio del Papa all'Arcivescovo di Vrhbosna, Sarajevo in occasione del triduo di preghiera cui partecipano anche i responsabili delle comunità musulmana, ortodossa ed ebraica

Titolo: E' tempo di una grande preghiera comune perchè le voragini scavate dall'odio siano colmate dall'amore e dal coraggio della pace

Al Venerato Fratello Vinko Puljic Arcivescovo di Vrhbosna, Sarajevo Conservo sempre vivo nella memoria il ricordo dello speciale Incontro di preghiera che, otto mesi or sono, nei glorni 9-10 gennaio ci vide raccolti ad Assisi ad implorare da Dio, per l'Europa e particolarmente per i Balcani, il grande dono della pace. Le suppliche allora innalzate, e quelle di quanti nell'intero Continente, accogliendo l'invito ad essi rivolto si unirono con partecipazione corale a tale iniziativa, non sono certo cadute inascoltate. Esse tuttavia non hanno finora ottenuto che le resistenze opposte dall'egoismo, presente in troppi cuori, vengano definitivamente superate. Bisogna che le voragini scavate dall'odio siano colmate dall'amore. Per questo occorre perseverare nella preghiera, chiedendo con rinnovata insistenza a Colui che ha Progetti di pace e non di sventura" di voler finalmente concedere a quanti confidano in Lui "un futuro pieno di speranza" (Jr 29,11).

Opportunamente pertanto è stato indetto per i primi giorni del prossimo mese d'ottobre un nuovo incontro di preghiera che avrà luogo in codesta Città di Sarajevo, tanto duramente sevnata dalle presenti vicende belliche. Auspico che l'incontro renda davanti al mondo una nobile testimonianza di fede e di coraggiosa speranza. Voglia venerato fratello, assicurare i partecipanti della mia spirituale vicinanza nella preghiera per il ritorno della pace in tutta la regione.

Da più d'un anno, purtroppo, siamo testimoni di una terrificante progressione, che aggiunge orrore ad orrore: migliaia di morti sui campi di battaglia, vittime ancor più numerose tra i civili donne violentate bambini straziati crimini innominabili in spregio di ogni norma etica e di tutte le convenzioni umanitarie. E a ciò s'aggiungono devastazioni d'ogni genere: chiese e moschee profanate monumenti artistici e centri di cultura rasi al suolo, ospedali, cliniche, abitazioni miseramente distrutte.

Questa tragedia ci colpisce tutti e tutti ci amareggia profondamente: non solo quanti vi sono coinvolti direttamente per la perdita dei propri cari, le ferite riportate, i danni subiti; ma anche tutti noi che attraverso i mezzi di comunicazione sociale siamo testimoni delle terribili conseguenze di un odio che pare non conoscere limiti. La comunità internazionale, le Chiese, non possono tacere davanti a simili aberrazioni che interpellano la coscienza umana: "Che cosa hai fatto del tuo fratello?" (Cfr. Gn 4,10).

Il Vescovo di Roma, per parte sua, non ha mancato, sin dall'inizio del conflitto, di far eco ad un simile interrogativo, invitando tutte le parti ad avere il coraggio della pace e sostenendo gli sforzi della comunità internazionale nell'assecondare il processo di pace e nel venire in aiuto alle vittime del conflitto. In particolare, Egli ha cercato in ogni modo di riprendere su questo tema il dialogo con i fratelli nella fede, esortando ciascuno a porre ogni impegno nella ricerca di vie idonee per la riconquista di un così grande bene. Non può, infatti, mancare uno sforzo comune in tal senso da parte di coloro a cui Cristo ha affidato "la sua pace" sulla terra.

Di fronte alla parola del Maestro divino non è possibile non domandarsi: facciamo abbastanza per questa pace? preghiamo abbastanza insieme? Di questo infatti c'è soprattutto bisogno: di una grande preghiera comune, affinché "laddove ha abbondato il peccato sovrabbondi la grazia" (Cfr. Rm 5,20). La pace è grazia, è dono di Dio: con essa bisogna collaborare senza stancarsi.

La sofferenza per la guerra che da tanti mesi dilania una larga zona dei Balcani fa elevare più insistente la nostra preghiera a Colui che "ci dona la pace" (Jn 14,27) affinché liberi i cuori dall'odio e dalla violenza e li disponga a pensieri di reciproca tolleranza e di condivisione.

Nei territori della ex-Jugoslavia vivono popoli di antica tradizione e cultura: ci sono cristiani sia cattolici che ortodossi, ci sono musulmani, ci sono ebrei. Le differenze esistenti tra loro non devono costituire stimolo all'odio e alla vendetta, ma semmai occasione di reciproco arricchimento. Il passato ha offerto la prova che i rapporti di buon vicinato erano possibili. Tali rapporti erano favoriti dal vivo senso di patriottismo, che portava ciascun cittadino, nonostante la differente confessione religiosa, a riconoscersi parte integrante della medesima nazione. Il patriottismo è infatti il retto e giusto amore della propria identità quale membro di una determinata comunità nazionale. Negazione del patriottismo è il nazionalismo: mentre il patriottismo, amando ciò che è proprio, stima anche ciò che è altrui, il nazionalismo disprezza tutto ciò che non e proprio. Ciò che è altrui, se non riesce a distruggerlo, cerca di appropriarselo.

La nostra preghiera per la pace nei Balcani deve oggi concentrarsi su questa dimensione più profonda del conflitto, che ha la sua sede nel cuore umano.

E' dal cuore che procedono i sentimenti di odio, di vendetta, di sopraffazione che stanno all'origine delle iniziative belliche. Supplichiamo il Signore per la trasformazione dei cuori, per il superamento dell'odio, per il rispetto dei diritti dell'uomo e delle nazioni, che nelle loro diversità manifestano l'inesauribile ricchezza dell'"umano", nella varietà delle sue espressioni culturali, sociali, storiche. La storia ci dice che gli autentici valori umani, se possono essere provvisoriamente calpestati e sopraffatti, alla fine prevalgono: il bene ha in definitiva la meglio sul male, l'amore sull'odio, la saggezza sulla follia dei conflitti.

Tutta la Chiesa - particolarmente quella che testimonia la sua fede in Cristo sul territorio del vecchio Continente - eleva a Dio ferventi preghiere affinché torni presto la Pace tra le popolazioni della Bosnia-Erzegovina, tra la Serbia e la Croazia, tra quanti sono chiamati, nei Balcani, a costruire assieme un futuro di benessere e di prosperità.

Raccomandiamo una così nobile ed urgente causa alla Madre di Cristo, Regina della Pace. A Lei vogliamo rivolgere, nella recita del Santo Rosario durante il prossimo mese di ottobre, la nostra insistente preghiera affinché, tra quelle popolazioni tanto provate, ritorni finalmente la gioia di una rinnovata intesa per un cammino di operosa concordia e di pace.

Invochiamo in nostro aiuto tutti i Santi che hanno recato un Particolare contributo alla storia della salvezza nei Balcani: i santi fratelli Cirillo e Metodio Apostoli dei popoli slavi; san Sava, padre della Chiesa ortodossa serba, san Nikola Tavelic ed il beato Agostino Kazotic, venerati dalla Chiesa di Croazia e, più vicini a noi, i numerosi martiri che, in tutta l'Europa centrale, hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo sotto la persecuzione della recente dittatura ateistica.

Nonostante le gravi difficoltà dell'ora presente, noi non perdiamo la fiducia nell'uomo, perché riponiamo la nostra speranza in Dio, che "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16), Gesù Cristo Nostro Signore, "che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo" (Ep 2,14): Egli è "la nostra pace" (ibid).

Su di Lei, venerato fratello, e su quanti si riuniranno costi in preghiera per impIorare il dono della pace, invoco la benedizione di Dio onnipotente e misericordioso.

Dal Vaticano, 29 Settembre 1993.

Data: 1993-10-29 Data estesa: Venerdi 29 Ottobre 1993

Ai Presuli della Conferenza Episcopale del Pacifico in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Senza santità di vita la testimonianza sarà vana

Eminenza, Fratelli Vescovi, Cari pastori della Chiesa nel Pacifico,


1. "Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ph 1,2).

Vi do un cordiale benvenuto, membri della Conferenza Episcopale del Pacifico, a Roma per la vostra visita ad limina Apostolorum. Ricordo con gioia la mia Visita Pastorale ad alcune delle vostre Chiese particolari, dove il Signore mi ha concesso la grazia di partecipare all'inno di lode e di ringraziamento che, con notevole devozione si eleva fino a Dio nostro Padre da quella bellissima parte del mondo. La vostra visita è segnata dalla tristezza della morte improvvisa del Vescovo Patelisio Final di Tonga che è stato chiamato alla casa del Padre Celeste mentre si stava recando a questo incontro. Possa Dio misericordioso concedergli la ricompensa che attende i servi fedeli del Vangelo.

L'antica pratica di "venire a vedere Pietro" ci ricorda i giorni che Paolo trascorse con Cefa a Gerusalemme (Cfr. Ga 1,18). Nell'abbraccio fraterno di Pietro e Paolo, la comunità originale riconobbe i convertiti di Paolo come veri fratelli e vere sorelle nella fede. Nel racconto di Paolo circa l'abbondante dono della grazia ai Gentili, la comunità ha trovato ancor più ragioni per lodare l'infinita bontà di Dio (Cfr. Ac 15,6ss). Allo stesso modo, attraverso i nostri incontri di questi giorni viene riconfermata l'unione delle vostre Chiese particolari con la Chiesa universale, e di fronte al mondo intero voi siete testimoni del fatto che in Melanesia, in Polinesia e in Micronesia le parole del profeta Isaia si sono completamente concretizzate: "In Oriente, glorificate il Signore, nelle isole del mare, il nome del Signore, Dio d'Israele" (Is 24,15).


2. Nel prossimo futuro, alcune delle vostre Chiese celebreranno il centenario o seicentenario dell'arrivo dei primi missionari cattolici. Queste solennità mostreranno l'abbondante raccolto già ricavato da quella prima plantatio Ecclesiae. Ringraziamo di cuore Colui che fa crescere (Cfr. 2Co 9,10) per gli innumerevoli uomini e le innumerevoli donne che hanno lasciato la propria casa e la propria famiglia per diffondere la Buona Novella della salvezza conquistata per noi da Cristo. Essi erano animati da quello stesso zelo per il Vangelo che porto San Pietro Chanel e il Beato Diego de San Vitores a sigillare la loro consacrazione missionaria con il proprio sangue.

Allo stesso tempo, siamo consapevoli del fatto che nelle vostre terre, così come in altre giovani Chiese nel mondo, il compito dell'evangelizzazione non è stato ancora portato a termine. Come disse il mio predecessore Paolo VI quando visito le Samoa Occidentali: "L'opera missionaria... è sempre necessaria ed urgente", poiché vi sono ancora molte persone "che non hanno trovato la verità" (Omelia a Leulumoega, 30 novembre 1970). Dobbiamo pregare costantemente affinché molti cuori generosi rispondano all'esortazione di dividere con i loro fratelli e con le loro sorelle la grazia della Redenzione che Dio ha così generosamente donato (Cfr. RMi 65-66). Prego con particolare fervore affinché giovani uomini e donne delle famiglie cristiane delle vostre numerose isole si facciano avanti in numero sempre maggiore per riempire le file dei sacerdoti e dei religiosi.

Avete organizzato le commemorazioni della prima evangelizzazione delle vostre comunità in modo tale che esse possano costituire un'occasione di rinnovato impegno per il compito di diffondere la luce del Vangelo. In tal modo state esortando i fedeli a mantenere viva l'orgogliosa eredità missionaria della Chiesa nel Pacifico, proprio mentre essi crescono nella "piena maturità di Cristo" (Ep 4,13 Cfr. RMi 48). Poiché l'evangelizzazione è "concepita non già come un compito ai margini della Chiesa, ma inserito nel cuore della sua vita, quale impegno fondamentale di tutto il Popolo di Dio" (Ep 32) l'impegno per questa impresa è una fonte di crescita in tutti gli altri aspetti della vita di una comunità cristiana; poiché "la missione, infatti, rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l'identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!" (Ep 2).


3. I Padri del Concilio Vaticano II hanno affermato che il Collegio dei Vescovi, presieduto dal Successore di Pietro, ha la responsabilità primaria di eseguire l'ordine del Signore di predicare "il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15 Cfr. AGD 38). Quella "santa unione di energie" (CD 37), che il Concilio ha indicato come il frutto dello scambio di opinioni e risorse all'interno di una Conferenza Episcopale, è di grande aiuto per voi che lottate per adempiere al mandato missionario. Durante questo XXV anniversario della fondazione della vostra conferenza, è un gioia riconoscere la notevole unità di idee e di azione che voi avete raggiunto, in particolare se si considerano le grandi sfide che dovete affrontare. Non solo le vostre comunità sono ampiamente disseminate su grandi distanze, ma esse si differenziano anche per cultura, lingua, storia, vita politica e eredità ecclesiastica. Di fronte a queste circostanze, che potrebbero realmente essere un pretesto per l'estraniazione e la divisione, la vostra comunione è perfetta come testimone del potere dello Spirito di Dio che riunisce nell'unico Corpo di Cristo "ogni tribù, lingua, popolo e nazione" (Ap 5,9). Per i Pastori della Chiesa, uniti nell'amore per il Signore, le differenze non sono barriere che ostacolano quel portare "i pesi gli uni degli altri" che adempie alla "legge di Cristo" (Ga 6,2). Essi sono doni da condividere nella reciproca sollecitudine e nel reciproco servizio, per l'arricchimento e l'edificazione comuni.

Il compito dei Pastori "di promuovere l'attività missionaria, dirigerla, e coordinarla" (AGD 3) esige che prestiate una particolare attenzione alla sana formazione del clero, alla promozione della vita religiosa e alla preparazione completa dei catechisti (Cfr. AGD 16-18). Nel preparare questi messaggeri del Vangelo, non dobbiamo mai perdere di vista il fatto che senza santità di vita le doti e le qualità dedicate ad annunciare il Regno dei Cieli daranno scarsi risultati. A questo proposito il celibato e la verginità dei sacerdoti e dei religiosi e la casta vita coniugale dei diaconi e dei capi laici acquistano un particolare significato. La temperanza e la purezza di vita sono segni potenti del fatto che nel Mistero Pasquale l'uomo vecchio con le sue vecchie azioni è stato eliminato (Cfr. Col 3,9), ed è stato acquisito un nuovo stile di vita (Cfr. Ep 4,24).


4. Certamente, se non si può fare la stessa analisi della situazione per ognuna della società nelle quali i membri delle vostre Chiese particolari vivono la loro condizione di battezzati, è perché le nazioni insulari del Pacifico stanno assistendo a una profonda trasformazione del loro modo di vivere. Durante gli anni trascorsi dopo l'indipendenza, la parte più grande di responsabilità assunta da tutti nell'insieme delle attività politiche ed economiche ha inevitabilmente influito sulle strutture sociali. I popoli del Pacifico, come pure altri popoli nei Paesi in via di sviluppo, si trovano ormai dinanzi alla grande sfida di raggiungere un modello di sviluppo che protegga e rafforzi i migliori valori tradizionali della loro vita in comune.

In questi campi, come in tutti i "diversi campi in cui uomini e donne dispiegano le loro attività, in cerca della felicità, pur sempre relativa, che è possibile in questo mondo", la Chiesa "dà il suo primo contributo alla soluzione dell'urgente problema dello sviluppo, quando proclama la verità su Cristo, su se stessa e sull'uomo, applicandola a una situazione concreta" (SRS 41). A imitazione di Cristo che provava compassione vedendo la folla (Cfr. Mc 6,34), dobbiamo continuare a proclamare in ogni occasione opportuna e non (Cfr. 2Tm 4,2) che tutto il sistema economico e sociale deve essere messo al servizio della persona umana, rafforzando la solidarietà fra i popoli, assicurando una prudente gestione delle risorse naturali e difendendo l'ambiente da ogni forma di inquinamento (Cfr. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 1990, n. 12).

L'autentico progresso dei popoli è di ordine morale: esso "non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensi dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi" (RMi 58). A questo proposito, spero che la recente Enciclica Veritatis Splendor, con la sua riflessione sui principi fondamentali della morale, aiuti voi, come anche tutti coloro che insegnano sotto la vostra autorità, ad apportare un contributo significativo per il rafforzamento del tessuto sociale delle vostre nazioni. La Chiesa offre ai popoli del Pacifico, come a tutti i popoli del mondo, la certezza che esiste una verità eterna in funzione della quale tutti gli atti umani possono essere giudicati. Dal momento che questa verità può essere conosciuta, le persone e le società sono responsabili dei loro atti. L'edificazione di una società veramente degna della persona umana non scaturisce da processi deterministici o da scelte aleatorie, ma dagli atti liberi di uomini e di donne che cercano ciò che è buono, vero e giusto.


5. La priorità che date alla cura pastorale delle famiglie e della gioventù dimostra la vostra sollecitudine per coloro che sono sottoposti a pressioni particolari a causa dei mutamenti culturali che si stanno verificando nel Pacifico. Una catechesi sistematica e completa circa lo scopo dell'esistenza umana, la dignità della vita dal concepimento fino alla morte naturale, la santità della sessualità e dell'amore coniugale e la natura della vera felicità e della vera realizzazione, è una tutela contro gli eccessi di una cultura materialistica e consumistica. Come ho scritto nell'Enciclica Centesimus annus: "Non è male desiderare di vivere bene; ...è sbagliato lo stile di vita (che) vuole avere di più, non per essere di più, ma per consumare l'esistenza in un godimento fine a se stesso. E' necessario, perciò, adoperarsi per costruirsi stili di vita, nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune" (CA 36) determineranno le scelte delle persone. "Lo scudo della fede" in Cristo (1Co 1,24), è una difesa sicura contro le forze che producono quel vuoto spirituale che spinge uomini e donne, in particolare fra i giovani, a un comportamento autodistruttivo e privo di speranza. A questo proposito, il successo delle associazioni e dei movimenti laici che sostengono i propri membri nella lotta per essere fedeli alla via di Cristo è un fattore da tener presente in tutta l'attività pastorale, in particolare alla luce della sempre maggiore proliferazione delle sette nella regione del Pacifico.


6. Amati fratelli, prego affinché il vostro pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo vi dia nuova forza per il ministero apostolico, cosicché non vi stanchiate mai di predicare la parola di Dio, di celebrare i sacramenti, di condurre il gregge che vi è stato affidato e di cercare i peccatori che si sono smarriti. Mi unisco a voi nell'intercedere per la salvezza del vostro popolo, in particolare contro le tempeste tropicali, i terremoti e altri disastri naturali che sopraggiungono con tale frequenza e repentinità. Affido voi e il vostro clero, i religiosi e i laici, all'amorevole protezione di Nostra Signora Ausilio dei Cristiani e imparto la mia Benedizione Apostolica come supplica di grazia e pace in Gesù Cristo.

Data: 1993-10-29 Data estesa: Venerdi 29 Ottobre 1993


GPII 1993 Insegnamenti - Ai bambini della parrocchia dei Santi Ottavio e Compagni Martiri a Casal del Marmo - Roma