GPII 1993 Insegnamenti - Visita "ad limina" dei Vescovi statunitensi della Pennsylvania e del New Jersey - Città del Vaticano (Roma)

Visita "ad limina" dei Vescovi statunitensi della Pennsylvania e del New Jersey - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: E' dovere dei cattolici cercare di riformare le legislazioni che non riflettano la verità circa la dignità della persona

Eminenza, Cari fratelli Vescovi,


1. Con affetto fraterno vi do il benvenuto - Vescovi del New Jersey e della Pennsylvania - e prego perché questo nostro incontro rafforzi la nostra unità di cuore e di anima (Cfr. Ac 4,32), e la nostra comunione nella fede, nella speranza e nella carità. "Misericordia a voi e pace e carità in abbondanza" (Jud 1,2). Uniti in Cristo e tra noi, condividiamo il privilegio sublime del ministero episcopale, come portatori del messaggio evangelico di salvezza al mondo, a ogni individuo e a tutti i popoli. Lo svolgimento di questo compito, incluso il mandato missionario che esso implica, può apparire difficile e impegnativo oggi come lo fu quando gli Apostoli per primi partirono per predicare la verità del Vangelo a tutto il Creato (Cfr. Mc 16,15). Dobbiamo costantemente riaffermare la nostra fiducia nelle parole del Signore: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). Con questa certezza, la vostra visita ad Limina costituisce per noi l'occasione per sostenerci e incoraggiarci nello svolgimento del nostro ministero, ricordando le parole di San Paolo, secondo le quali "quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele" (1Co 4,2).


2. Parlare di missione significa ricordare il dovere fondamentale e personale di ogni Vescovo di evangelizzare: annunciare il Vangelo di Gesù Cristo e trasmettere la vita divina attraverso i sacramenti. Ciò significa uscire in cerca degli uomini e delle donne del nostro tempo, con un cuore sensibile e pieno d'amore, diffondendo la grazia e l'amore che vengono dallo Spirito. Significa aiutarli a scoprire il senso della trascendenza di Dio, il Padre di tutti, che deve essere adorato "in spirito e verità" (Jn 4,23). Significa testimoniare la potenza della Croce di Cristo (Cfr. 1Co 1,17) in un contesto sociale e culturale complesso e spesso confuso.

Svolgendo questi compiti, il discepolo di Cristo deve costantemente affrontare un "ateismo pratico" dilagante - un'indifferenza nei confronti del disegno d'amore di Dio che oscura il senso religioso e morale del cuore umano.

Molti, o pensano e agiscono come se Dio non esistesse, oppure tendono a "privatizzare" il credo e la pratica religiosa, cosicché esiste una tendenza all'indifferenza e all'eliminazione di ogni riferimento reale a verità unitarie e valori morali. Quando i principi fondamentali che ispirano e orientano il comportamento umano sono frammentari e persino, a volte, contraddittori, la società lotta sempre più per mantenere l'armonia e il senso del proprio destino.

Nella volontà di trovare un qualche terreno comune su cui fondare i propri programmi e la propria politica, essa tende a limitare il contributo di coloro la cui coscienza morale è costituita dalla loro fede religiosa.


3. Per affrontare questa situazione e con fiducia nella Parola del suo Salvatore, la Chiesa invita i fedeli a far risplendere la loro luce davanti agli uomini (Cfr. Mt 5,16) e a trasmettere alla società i principi religiosi e etici che conferiscono pieno significato alla vita umana. In tal modo la Chiesa cerca di promuovere un urgente e necessario dialogo con la cultura contemporanea, in particolare riguardo ai principi morali. I principi morali fondamentali, infatti, sono un ingrediente essenziale della formazione della condotta pubblica, come è stato chiaramente compreso e inteso dai Padri Fondatori della vostra nazione. Come ho avuto occasione di affermare durante la mia recente visita a Denver: "Soltanto infondendo un'alta visione morale, una società può garantire che ai suoi giovani venga offerta la possibilità di maturare come esseri umani liberi e intelligenti, dotati di un forte senso di responsabilità per il bene comune, capace di lavorare con gli altri per creare una comunità e una nazione con una forte tempra morale.

L'America è stata costruita su questa visione, e il popolo americano possiede l'intelligenza e la volontà per affrontare la sfida di dedicarsi di nuovo, con rinnovato vigore, alla promozione delle verità sulle quali questo Paese è stato fondato e per le quali è cresciuto" (Discorso di arrivo, 12 agosto 1993, n. 3).

Forse ora più che mai nella storia del vostro Paese, i cattolici che sono consapevoli della vera eredità intellettuale della Chiesa possono offrire un contributo chiarificatore e indispensabile al dibattito sulla direzione verso cui la società deve andare per essere veramente giusta e libera. Tale dialogo viene promosso "mettendo in luce il carattere razionale - quindi universalmente comprensibile e comunicabile - delle norme morali appartenenti all'ambito della legge morale naturale" (VS 36).

E' una benedizione che la Chiesa negli Stati Uniti abbia avuto successo nell'educare e nel motivare molti laici a partecipare attivamente al dibattito pubblico su importanti questioni e a impegnarsi personalmente nel settore pubblico. Questo è il loro diritto e il loro dovere, derivanti dalla vocazione di "cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio" (LG 31). I Pastori devono esortare i cattolici degli Stati Uniti a comprendere sempre più chiaramente che la società ha bisogno della testimonianza della loro vita e delle loro buone opere cristiane come anche della loro capacità di spiegare e difendere certe verità fondamentali e certi valori essenziali per il benessere della società, specialmente in riferimento all'inalienabile dignità e al valore della vita umana, e alla sua trasmissione in un ambiente familiare stabile.


4. In uno spirito di fraterna solidarietà, incoraggio i vostri sforzi per affermare l'insegnamento della Chiesa sull'assoluta inviolabilità della vita umana dal momento del concepimento a quello della morte naturale (Cfr. CA 47). Il movimento per la vita, totalmente dipendente dall'opera dei laici che lo hanno diretto e che gli hanno offerto un sostegno incondizionato, merita il vostro costante appoggio e la vostra guida. Difendere il diritto alla vita dei nascituri è una delle questioni dei diritti umani più importanti del nostro tempo.

Questa è l'unica "scelta" aperta alla coscienza, che - come ho scritto nella Veritatis splendor - "si esprime con atti di "giudizio" che riflettono la verità sul bene, e non come "decisioni" arbitrarie. E la maturità e la responsabilità di questi giudizi - e, in definitiva, dell'uomo, che ne è il soggetto - si misurano non con la liberazione della coscienza dalla verità oggettiva, in favore di una presunta autonomia delle proprie decisioni, ma, al contrario con una pressante ricerca della verità e con il farsi guidare da essa nell'agire" (VS 61).

Poichè non si dovrebbe mai fare il male per raggiungere il bene (Cfr. Rm 3,8 Cfr. VS 79-83), i cattolici hanno il dovere di promuovere la legislazione che corrisponde alla legge morale e di cercare di riformare la legislazione che non riflette la verità della dignità umana e del destino trascendente, sempre mediante mezzi legali e il dibattito razionale. Come Conferenza episcopale, avete giustamente asserito che il rispetto che tutela la santità e la dignità della vita umana è il criterio primario e decisivo a cui ricorrere per la valutazione della condotta pubblica (Cfr. NCCB, Risoluzione sulla Riforma Sanitaria, 18 giugno 1993). Prego affinchè la società accolga la vostra sfida a "anteporre i bambini e le famiglie" e affinchè appoggi i vostri sforzi "per promuovere alternative di vita all'aborto" incoraggiando la scelta d'amore dell'adozione e i programmi di sostegno per le donne incinte, in particolare tra i poveri (Cfr. NCCB, Anteporre i bambini e le famiglie: una sfida per la nostra Chiesa, per la nostra nazione e il mondo, 14 novembre 1991, VI.A.1).


5. I cattolici dovrebbero anche esprimere la loro profonda preoccupazione per le gravi minacce alla dignità umana rappresentate dall'eutanasia, dal suicidio assistito e da altre azioni che mettono a rischio gli anziani, i malati e gli emarginati. Malgrado le intenzioni e le circostanze, l'eutanasia diretta è un atto che è sempre e per sé intrinsecamente cattivo (Cfr. VS 80 Il CEC 2277) - una violazione della legge divina, un'offesa alla dignità della persona umana. I fedeli guardano a voi come a insegnanti spirituali e morali per rendere ancora più noto, con chiarezza e con compassione, l'insegnamento della Chiesa sulle domande circa la fine della vita affrontate sempre più da così tante famiglie e dal personale sanitario.

Naturalmente, questo insegnamento dovrebbe essere inserito nel più ampio contesto dell'intero approccio cristiano alla sofferenza, mediante il quale "il valore salvifico di ogni sofferenza, accettata e offerta a Dio con amore, scaturisce dal sacrificio di Cristo stesso, che chiama i membri del suo mistico corpo ad associarsi ai suoi patimenti, a completarli nella propria carne (Cfr. Col 1,24)" (RMi 78). Infatti, in una società che giudica le persone più per ciò che "fanno" o "hanno" che non per ciò che "sono", la Chiesa deve continuare ad attuare la parabola evangelica del Buon Samaritano. La sua attività pastorale "per" e "con" gli infermi dovrebbe essere saldamente fondata sull'affermazione che, poichè siamo tutti creati a immagine e somiglianza di Dio (Cfr. Gn 1,27), possediamo una dignità personale indistruttibile che non viene sminuita dal dolore o da gravi malattie (Cfr. CL 37). La testimonianza di una convincente solidarietà con i sofferenti e i morenti dovrebbe essere la caratteristica normale di una società naturalmente dalla parte della vita.


6. Cari fratelli: parte integrante della nostra missione profetica come araldi della "verità del Vangelo" (Ga 2,14) è la sfida a proclamare l'intero insegnamento della Chiesa sulla trasmissione responsabile della vita umana all'interno del matrimonio. Noto con soddisfazione la relazione della vostra Conferenza intitolata Sessualità umana nella prospettiva di Dio, che segna il venticinquesimo anniversario dell'Enciclica Humanae vitae. Questo è un momento opportuno per incrementare i vostri sforzi per ripristinare il rispetto per il saggio e amorevole disegno di Dio sulla sessualità umana. Con ammirevole chiarezza, il mio predecessore, Papa Paolo VI, riaffermo la costante tradizione della Chiesa di "connessione inscindibile, che Dio ha voluto e che l'uomo non può rompere di sua iniziativa, tra i due significati dell'atto coniugale: il significato unitivo e il significato procreativo" (HV 12). Un'etica di vita del tutto coerente richiede uno sforzo congiunto da parte di Vescovi, teologi morali e pastori di anime per aiutare i fedeli a capire più chiaramente che l'adempimento coniugale è vincolato al rispetto per il significato e lo scopo intrinseci della sessualità umana.

Un'enorme sfida vi attende nell'annunciare - in modo convincente e incoraggante - la bellezza e lo splendore del vero amore coniugale. Come Pastori dovete vegliare affinche la parola di Dio nella sua pienezza sia fedelmente insegnata. All'occorrenza, dovete prendere le "misure opportune perchè i fedeli siano custoditi da ogni dottrina e teoria ad esso contraria" (VS 116). I vostri sacerdoti dovrebbero essere aiutati a dare il loro fermo consenso a questo insegnamento e a impegnarsi a formare le coscienze di coloro che sono stati affidati alla loro cura pastorale, secondo la piena verità del Vangelo.


7. Riconoscendo che noi siamo "uomini che" dovremo "rendere conto" della nostra amministrazione pastorale al Padre (Cfr. He 13,17), possiamo trovare conforto nel fatto che Cristo ci ha chiamato "amici" (Cfr. Jn 15,14). Mettiamo il nostro ministero pastorale nelle mani di Maria, Madre di Misericordia, e affidiamo alla sua cura materna tutti i sacerdoti, i religiosi e i laici delle vostre diocesi.

Prego affinche lo Spirito, che rinnova la faccia della terra (Cfr. Ps 104,30), illumini con lo splendore della verità divina la mente e il cuore dell'America! Con la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1993-11-11 Data estesa: Giovedi 11 Novembre 1993

Il discorso rivolto alla XXVII Conferenza Generale della FAO - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solidarietà tra Paesi, condizione della vera pace, richiede una rilettura degli obiettivi di tutte le istituzioni delle Nazioni Unite

Signor Presidente, Signor Direttore Generale, Signore e Signori,


1. Sono molto lieto di salutare gli eminenti responsabili internazionali del settore del cibo e dell'agricoltura che partecipano alla XXVII Conferenza della FAO. Il nostro incontro, che è divenuto una tradizione, è un segno della cooperazione esistente fra la Santa Sede e la FAO. Nonostante le loro differenti missioni e i loro differenti scopi, esse sono entrambe impegnate a servire la causa dell'uomo e a promuovere la dignità umana. La dignità umana esige che in nessuna circostanza e per nessun motivo le persone possano venire private del diritto fondamentale alla nutrizione. Come hanno ricordato la Conferenza Internazionale sulla Nutrizione svoltasi, lo scorso anno, sotto l'egida della FAO e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, il diritto alla nutrizione è espressione diretta del diritto alla vita.

Infatti, la nutrizione non riguarda soltanto la soddisfazione di necessità fisiche. Essa deve anche permettere a ogni persona di usufruire di cibo sano e in quantità sufficiente e di partecipare alla sua produzione e distribuzione (Cfr. Discorso in occasione della Conferenza Internazionale sulla nutrizione, 5 dicembre 1992). Avere diritto alla nutrizione, quindi, significa essere in grado di condividere pienamente l'armonia della creazione.


2. Il nostro incontro oggi ha un significato particolare in quanto si svolge quarantacinque anni dopo l'istaurazione di rapporti ufficiali fra la Sede Apostolica e la FAO. Il 23 novembre 1948, la Conferenza, giunta alla sua quarta edizione, decise di ammettere la Santa Sede a partecipare all'attività dell'Organizzazione in qualità di "Osservatore Permanente". Nell'accordare alla Santa Sede questo status, unico anche riguardo alle altre istituzioni del Sistema delle Nazioni Unite, la Conferenza ha riconosciuto la natura specifica della Santa Sede come organo centrale e supremo di governo della Chiesa cattolica, che nel mondo svolge una missione di servizio verso l'umanità operando per la giustizia, la pace, l'armonia sociale e lo sviluppo. Come è ben noto, l'attività internazionale della Santa Sede è parte della sua missione di annunciare la "Buona Novella" a tutti i popoli, senza distinzioni, al solo scopo di servire l'uomo nella sua dignità come persona e quindi di contribuire al bene comune dell'intera famiglia umana.

Il particolare status della Santa Sede continua a riflettere la natura specifica del suo contributo agli scopi e all'attività della FAO. Senza entrare in questioni tecniche o specialistiche, la Santa Sede desidera fornire quegli orientamenti etici che ispirano i valori che hanno guadagnato terreno nella vita della comunità internazionale e che devono guidare tutte le sue attività, incluse, come nel caso della FAO, quelle che sono più tecniche per loro stessa natura.

Questa è la base necessaria per una determinazione delle condizioni e dei mezzi necessari alla coesistenza ordinata dell'umanità.

In quarantacinque anni la Santa Sede non ha mai mancato di fornire questa particolare cooperazione, che essa desidera continuare in questo periodo di cambiamento nella direzione dell'Organizzazione. Colgo questa occasione per esprimere la mia gratitudine al Direttore Generale, Signor Edouard Saouma, che nei suoi molti anni di guida ha condotto la FAO ad affrontare le sfide lanciate dalle mutevoli realtà globali. La sua notevole professionalità e la sua grande esperienza porteranno ora beneficio al suo nativo Libano, che oggi desidera riscoprire nell'unità delle sue genti la solida base per la ricostruzione nazionale, per la coesistenza pacifica e per la ripresa della sua tradizione.

Al Direttore Generale eletto, Signor Jacques Diouf, faccio i miei più sinceri auguri per il successo della sua opera futura nell'interesse della FAO e della comunità internazionale.

La sua conoscenza della situazione nei Paesi in via di sviluppo, la sua esperienza nel campo della diplomazia multilaterale e il suo impegno per lo sviluppo internazionale promettono un'attività feconda in favore di tutto il mondo rurale, e in particolare di coloro che finora hanno beneficiato meno dei miglioramenti agricoli, come ad esempio i piccoli agricoltori dei Paesi più poveri.


3. Proprio come a Hot Springs, cinquanta anni fa, quando la Conferenza delle Nazioni Unite sul Cibo e l'Agricoltura fondo la FAO, l'attuale sessione della Conferenza si sta svolgendo in un periodo in cui la comunità internazionale, oltre ad aver già vissuto mutamenti profondi, sta ancora sperimentando nuovi sviluppi quasi ogni giorno. Ora come allora, esistono nuovi attori sulla scena mondiale, sono necessari nuovi rapporti internazionali, bisogna affrontare nuovi problemi e fornire risposte adeguate. Tali risposte vengono richieste dal bene comune universale che consiste nel rendere possibili tutte le condizioni necessarie allo sviluppo degli individui, dei popoli e dell'intera famiglia umana. Le decisioni importanti che siete chiamati a prendere possono contribuire al miglioramento della situazione di milioni di persone che attendono interventi concreti che possano cambiare la loro condizione di sottosviluppo, di povertà e di fame.

Alla Conferenza di Hot Springs si era già a conoscenza del fatto che "la prima causa di fame e malnutrizione è la povertà" (Conferenza delle Nazioni unite sul Cibo e sull'Agricoltura, Risoluzione XXIV). Oggi la medesima consapevolezza deve ispirare tutta la vostra opera. C'è urgente necessità di chiedere perché, dopo così tanti anni, la povertà continua a essere la causa della fame e della malnutrizione. Forse è stato troppo spesso dimenticato che "il povero - individuo o nazione - ha bisogno che gli siano offerte condizioni realisticamente accessibili" (CA 52).

Questa Conferenza, la ventisettesima, sottolinea l'universalità della FAO per il numero dei suoi Stati membri, tramite l'ammissione di un cospicuo numero di nuovi. Ma, come sapete, questa universalità non dovrebbe essere interpretata solo in termini di quantità, o come rappresentazione di una sorta di eguaglianza. Piuttosto dovrebbe essere paragonata alle varie situazioni all'interno dei Paesi e fra di loro: il benessere di alcuni, l'estrema povertà di altri. Nell'universalità della FAO, quindi, si riflette la realtà di un mondo diviso, in cui spesso l'egoismo di alcuni non permette ai più deboli di godere pienamente delle risorse e di altri beni, del commercio, delle scoperte scientifiche, dei benefici della nuova tecnologia; tutto ciò può far si che possa venir negato l'eguale diritto di ogni popolo "ad assidersi alla mensa del banchetto comune" (SRS 33).

Non è anche a causa di questo egoismo, di questa mancanza di condivisione e di comunione fra i Paesi che una larga parte dell'umanità soffre per la fame e la malnutrizione al punto di vedere compromesse le speranze di vita stessa?


4. Il vostro impegno quotidiano e le varie attività della FAO testimoniano che la fame e la malnutrizione non sono semplicemente il risultato di disastri naturali ma che rappresentano anche le conseguenze di atteggiamenti individuali e collettivi, sia attivi sia di omissione, che dipendono dalla volontà e dall'operato dell'uomo.

Esiste un insieme di fattori che non consente ad ogni individuo di avere cibo a sufficienza, nonostante i dati esaminati in questa Conferenza mostrino, ancora una volta, che la produzione mondiale è sufficiente a soddisfare la domanda della popolazione mondiale considerata come un insieme. Un accurato studio della FAO di fatto offre una più ampia visione, che consiste in un rapporto più equilibrato nel mondo tra la produzione agricolo-alimentare e la crescita demografica, che in questo momento appare stazionaria o tendente ad un rallentamento (Cfr. Conferenza FAO, L'agricoltura verso il 2010, Doc. C 93/94). Di conseguenza la soluzione di limitare il numero dei partecipanti al "banchetto comune" piuttosto che di moltiplicare il pane da dividere appare sempre meno da condividere! Il persistente squilibrio tra le diverse parti del mondo - e perciò le crisi e la carenza di cibo - non possono essere spiegate ricorrendo semplicemente al diverso livello di crescita che divide i Paesi sviluppati da quelli in via di sviluppo. Sono piuttosto da attribuire all'azione di politica economica e in particolare di quella agricola dei singoli Paesi o gruppi di Paesi il cui effetto in termini mondiali assume importanza in rapporto ai livelli di produzione, vendita e distribuzione, influenzando così la disponibilità di prodotti agricoli e alimentari.

E' pertanto necessario modificare la lista delle priorità nella lotta contro la fame e la malnutrizione a livello sia nazionale sia internazionale.

Infatti, mentre l'autosufficienza alimentare rimane un obiettivo valido nello sviluppo di un dato paese, l'adeguata distribuzione dei beni assume un'importanza sempre più grande, cosicché essi siano resi realmente disponibili, in particolare per i molto poveri. L'adozione dei criteri di solidarietà e di distribuzione implica una disponibilità proporzionalmente più forte e disinteressata da parte dei Paesi più ricchi e dei principali produttori. Questa disponibilità è più che mai necessaria in un momento in cui i criteri dettati dalle tendenze economiche mondiali più recenti richiedono alle economie più deboli adattamenti strutturali che nel breve periodo possono compromettere i diritti fondamentali dei popoli e in alcuni casi persino la effettiva disponibilità di prodotti alimentari.

Inoltre, la lotta contro la fame e la malnutrizione richiede a tutti i Paesi di unirsi e adottare regolamenti nuovi e vincolanti che rispondano alle mutate domande del commercio e degli scambi internazionali e non agli interessi di un ridotto numero di Paesi. In tal modo sarà possibile evitare chiari sintomi di protezionismo nelle sue varie forme, che costituiscono il principale ostacolo al commercio e che creano le attuali barriere al mercato per i Paesi in via di sviluppo. Pertanto il movimento verso un nuovo ordine commerciale mondiale che non penalizzi il progresso agricolo dei Paesi in via di sviluppo dovrebbe essere messo in atto il più rapidamente possibile, favorendo così l'integrazione del loro potenziale nelle economie dei Paesi ricchi.

Per perseguire l'obiettivo di uno sviluppo sostenibile è quindi necessario trovare un giusto equilibrio tra la domanda della produzione dettata dalla lotta contro la fame e la necessità di salvaguardare l'ambiente e di preservare la grande varietà di risorse della creazione. Mediante tale criterio la FAO può svolgere con sempre maggior precisione il compito di mettere in pratica una parte delle conclusioni della Conferenza di Rio, offrendo così un reale servizio anche alle generazioni future.

Signore e Signori,


5. E' chiaro che le scelte che conducono alla solidarietà tra i Paesi devono concretizzarsi nell'indispensabile opera di rendere i beni e le risorse disponibili per l'uso immediato e futuro dei più bisognosi. La stabilità della coesistenza internazionale lo richiede, le condizioni per una pace reale lo esigono.

Questo compito richiede anche un'attenta rilettura dei fini e degli obiettivi di tutte le istituzioni del Sistema delle Nazioni Unite, per dare un'effettiva applicazione alle direttive della Carta delle Nazioni Unite, dove si afferma che per realizzare "condizioni di stabilità e di benessere che sono necessarie per i rapporti pacifici e amichevoli tra le nazioni... le Nazioni Unite devono promuovere condizioni di progresso e di sviluppo economico e sociale" (art.


55). E nonostante il fatto che i metodi e i mezzi debbano essere più precisi, non bisogna dimenticare che anche recentemente la necessità di garantire cibo a sufficienza, negato da situazioni di conflitto, è stata il motivo centrale dell'azione umanitaria internazionale.

All'interno della comunità internazionale sta quindi maturando l'idea che l'azione umanitaria, lontano dall'essere un diritto dei più forti, debba essere ispirata dalla convinzione che l'intervento, o persino l'ingerenza quando le situazioni obiettive lo richiedono, è una risposta all'obbligo morale di soccorrere individui, popoli o gruppi etnici il cui fondamentale diritto alla nutrizione è stato negato al punto di minacciare la loro esistenza.


6. Il vostro lavoro, pertanto, presenta precise responsabilità, e le vostre decisioni comporteranno non solo conseguenze tecniche ma anche conseguenze cariche di implicazioni umane. Lottate per assicurarvi che tutti i popoli, e in particolare quelli che vivono e lavorano nel mondo rurale, possano continuare ad avere fiducia nell'operato della FAO.

Possa l'Onnipotente Creatore dell'Universo rafforzare la vostra perseveranza ed illuminare il vostro lavoro.

Data: 1993-11-11 Data estesa: Giovedi 11 Novembre 1993



Angelus con i fedeli riuniti in Piazza San Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Maria ci aiuti a fare sempre della nostra vita un dono gioioso e riconoscente al Padre Celeste"

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Giovedi scorso, come ben sapete, sono stato costretto ad una breve sosta in ospedale, essendo caduto mentre scendevo i gradini del podio per avvicinarmi ai presenti al termine di un'Udienza.

Esprimo di cuore la mia gratitudine a quanti con premurosa disponibilità mi hanno immediatamente prodigate le necessarie cure sanitarie. Ringrazio inoltre le numerose persone che mi sono state vicine con il calore della loro simpatia e soprattutto con il prezioso conforto della preghiera.

Si tratta per me di un'ulteriore occasione per unirmi più intimamente al mistero della croce di Cristo, in comunione con tanti fratelli e sorelle sofferenti. Accolgo anche questa prova dalle mani di Dio, che tutto dispone nei suoi disegni provvidenziali, e la offro per il bene della Chiesa e per la pace fra gli uomini.


2. Oggi si celebra in tutta Italia la Giornata del Ringraziamento. "Essa costituisce di fatto - come ricordano i Vescovi d'Italia nel messaggio diffuso per l'occasione - una pubblica professione di fede, e ripropone la visione cristiana dell'impegno umano nelle attività terrene, ordinato alla promozione del bene delle persone, delle famiglie e dell'intera comunità".

Promossa dalla Confederazione Nazionale dei Coltivatori Diretti, la Giornata del Ringraziamento esprime quel naturale senso di lode al Signore che da sempre contraddistingue la gente dei campi, abituata a contemplare da vicino il miracolo della natura e della vita e a curarla con amore, a beneficio dell'intera comunità umana. Purtroppo la società oggi non sempre si mostra attenta al ruolo fondamentale dell'agricoltura; eppure essa è indispensabile per assicurare all'umanità il necessario sostentamento. L'attuale crisi che l'agricoltura attraversa, i contraccolpi del riassetto economico mondiale, le carenze alimentari di cui soffrono vaste aree del mondo, sono li a ricordarci l'importanza di una razionale coltivazione della terra. Era anche il problema che si è trattato insieme in questa ultima udienza offerta ai Ministri dell'Agricoltura di centocinquanta Paesi del mondo presso la FAO.

Guardiamo dunque con particolare simpatia ai lavoratori dei campi, ringraziando con loro il Signore ed implorando la benedizione divina sulle loro fatiche.


3. Maria, speranza e fiducia nostra, ci aiuti a fare sempre della nostra vita un dono gioioso e riconoscente al Padre celeste. Affido oggi a Lei, in particolare, tutti gli ammalati, specialmente i più soli e senza speranza. Voglia Ella consolarli con la sua tenerezza materna, ispirando a quanti sono loro accanto sentimenti di affettuosa ed operosa carità.

[Al termine della preghiera, il Papa ha rivolto parole di saluto ai diversi gruppi di pellegrini presenti in Piazza San Pietro:] Rivolgo un saluto cordiale ai membri delle Comunità neocatecumenali della Diocesi di Melfi-Rapolla-Venosa e della Parrocchia della Madre della Divina Misericordia in Bari, ed invito ciascuno a rinnovare ogni giorno gli impegni assunti con il Battesimo, per essere, come Maria, liberi servi della divina volontà.

Un particolare saluto voglio pure rivolgere al numeroso gruppo di famiglie della parrocchia di Santa Maria di Borgorivo in Terni, venute a Roma per confermare presso le Tombe degli Apostoli gli impegni di amore, di fedeltà e di generoso servizio alla vita, assunti nel giorno del matrimonio. Valga ad incoraggiarli in tali propositi la benedizione che a tutti imparto di cuore.

Data: 1993-11-14 Data estesa: Domenica 14 Novembre 1993



Visita "ad limina" dei Vescovi canadesi dell'Ontario - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un grave rischio per le moderne democrazie è il sorgere del relativismo etico a livello di principio regolatore

Cari fratelli Vescovi,


1. Vi do cordialmente il benvenuto, Vescovi dell'Ontario, e mi rallegro "ricordandomi di" voi "nelle mie preghiere, perché sento parlare della" vostra "carità per gli altri e della fede che" avete (Ph 4-5). La vostra visita ad Limina ci offre l'opportunità di meditare insieme sulle "gioie e le speranze, le tristezze e le angosce" (Cfr. GS 1) dei fedeli per i quali voi siete vicari del Pastore Supremo (Cfr. 1P 5,4).

Quando il Signore ci sfida con la domanda che un giorno rivolse a Pietro: "Mi ami?" (Cfr. Jn 21,15-17), ci fa una richiesta molto impegnativa. Ci chiama a un'inesprimibile unione d'amore con Lui. Avendoci amato per primo, chiede a noi, suoi "assistenti" e "amici", un cuore saldo, ardente ed eroico dalla profondità del quale possiamo rispondere: "Certo, Signore, tu lo sai che ti amo" (Jn 21,15-17). La nostra fedeltà al "pastore e guardiano" delle nostre anime (1P 2,25) si manifesterà dunque con un amore profondo e generoso per la Chiesa, per la quale Cristo "ha dato se stesso... per renderla santa" (Ep 5,25-26). Questo amore evangelico, che lo Spirito Santo riversa nei nostri cuori (Cfr. Rm 5,5), deve essere la forza che anima tutta la nostra attività pastorale in nome del Popolo di Dio. Prego affinché la vostra visita alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo vi rafforzi e incoraggi nel vostro ministero, e possiate tornare alle vostre Diocesi rinnovati nella carità pastorale.


2. Dopo aver parlato con i gruppi di Vescovi canadesi che vi hanno preceduto della fedeltà alla sicura parola della verità (Cfr. Tt 1,9) e del nutrimento del Popolo di Dio con la vita della grazia divina attraverso i sacramenti, rivolgiamo oggi il nostro pensiero al dovere di insegnare "ai fedeli ciò che li conduce sulla via di Dio, così come fece il Signore Gesù" (VS 114). In un momento in cui le radici etiche di gravi problemi sociali non sono sempre evidenti, è più importante che mai che noi, Pastori della Chiesa, sosteniamo e guidiamo con zelo gli sforzi dei laici per svolgere un ruolo attivo nello sviluppo armonioso e integrale di una società giusta e sollecita. Quando la Costituzione Pastorale sulla Chiesa nel Mondo Moderno parla dei doveri dei fedeli nei confronti della società, intende esortare i Cristiani a offrire un esempio concreto di servizio per il progresso del bene comune: "Agiscano con integrità e saggezza contro l'ingiustizia e l'oppressione... e l'intolleranza. Si prodighino con sincerità ed equità al servizio di tutti, anzi con l'amore e la fortezza richiesti dalla vita politica" (GS 75).

La diffusione della dottrina sociale della Chiesa è quindi "parte della missione evangelizzatrice della Chiesa" che dovrebbe suscitare in tutti i suoi membri un profondo "impegno per la giustizia" (Cfr. SRS 41). I Vescovi non hanno soltanto il dovere di schierarsi contro l'ingiustizia, ma anche, e soprattutto, quello di promuovere i principi dell'insegnamento sociale della Chiesa sui problemi che il loro popolo deve affrontare, rivolgendo un'attenzione particolare ai poveri e alle vittime degli squilibri della società.

Questo è ciò che in effetti avete fatto recentemente nel documento Disoccupazione dilagante: un appello alla mobilitazione (14 aprile 1993), in cui ricordate ai vostri cittadini che la disoccupazione, dal momento che mina la dignità e la stabilità umane, esige una soluzione. In questo caso la giustizia implica l'umanizzazione e la ricostruzione dell'economia in modo tale che si possa superare il disordine sociale e morale della disoccupazione (Cfr. SRS 20).


3. Ispirati e motivati dalla fede viva, i laici dovrebbero assumersi la responsabilità di far proprio l'insegnamento sociale della Chiesa e di applicarlo alla vita quotidiana. In un recente Messaggio Pastorale avete chiesto al vostro popolo di discernere in quale modo concreto Dio lo chiama a mostrare solidarietà verso tutti i membri della famiglia umana che risiedono in Canada, così come verso coloro di altri Paesi dove individui o gruppi non sono in grado di soddisfare i loro bisogni più elementari (Cfr. Una Missione Profetica per la Chiesa, 16 marzo 1993, n. 2). Vivendo in una nazione abbondantemente benedetta con risorse umane e naturali, i Canadesi in genere si sono assunti le proprie responsabilità verso i meno fortunati, in particolare i poveri, i senza tetto, gli immigrati e i rifugiati. Questa tradizione di solidarietà, generosità e ospitalità cristiane ha bisogno, ora, di essere coscienziosamente alimentata, tramandata e diffusa, cosicché il Canada possa continuare a essere una voce per la giustizia e la solidarietà nella comunità internazionale, e i Cattolici canadesi ad essere profondamente solleciti verso le esigenze dei più bisognosi. La vostra Conferenza merita un riconoscimento per i modi in cui essa alimenta la comunione e la solidarietà ecclesiali: attraverso la generosità dell'Organizzazione Cattolica Canadese per lo Sviluppo e la Pace, che ha recentemente celebrato il suo venticinquesimo anniversario, attraverso il vostro impegno per la Chiesa nell'Europa centrale e dell'Est e attraverso il vostro costante insegnamento, in particolare quello contenuto nella vostra recente Lettera Pastorale Verso una Nuova Evangelizzazione, che afferma che la creazione di una società veramente giusta nel vostro Paese richiede maggiori sforzi per trasformare la situazione economica, politica e sociale dei Popoli Nativi (CCCB, 23 settembre 1992, n. 19).


4. La Chiesa è consapevole del fatto che l'auspicato rinnovamento della vita sociale e politica ha il suo fondamento nell'ordine morale rivelato attraverso il creato (Cfr. Rm 2,15) ed è illuminato dal mistero di Cristo, in cui "tutte" le cose "sussistono" (Col 1,17). La decristianizzazione della società non implica solo una crescente indifferenza verso la religione e una perdita di fede, ma anche un oscuramento del senso morale. In quanto Pastori, abbiamo il dovere, un compito inerente alla Nuova Evangelizzazione, di riaccendere la consapevolezza delle fondamentali verità morali come il fondamento etico necessario a una società degna dell'uomo. Riaffermando l'universalità e l'immutabilità di quelle verità, rendete un servizio vitale alla comunità, poiché ovunque vi sia confusione circa ciò che è bene e ciò che è male è impossibile tutelare ed edificare un ordine morale (Col 93).

Il vostro è un Paese che per più di centoventicinque anni ha onorato il suo essere nazione e ha rispettato la feconda diversità delle sue tradizioni culturali, etniche e linguistiche. La continua ricerca di ciò che è vero, buono e giusto per tutte le persone e per tutti i gruppi implica sempre un dialogo onesto e rispettoso, e un interesse preponderante per il bene comune. Poiché la Chiesa rispetta la legittima autonomia della comunità politica (Cfr. GS 76), essa non si identifica con nessuna teoria o soluzione politica particolare: "Il contributo, che essa offre, è proprio quella visione della dignità della persona, la quale si manifesta in tutta la sua pienezza nel mistero del verbo incarnato" (CA 47).

I Pastori contribuiscono alla vita sociale e nazionale aiutando i fedeli a comprendere che i loro dibattiti e le loro decisioni dovrebbero essere illuminate dalla "parola di verità del vangelo" (Col 1,5). Un grave rischio per le democrazie moderne è il sorgere del relativismo etico a livello di principio regolatore. Sia la ragione che l'esperienza dimostrano che l'idea di un "consenso sociale", che ignora la fondamentale verità obiettiva circa l'uomo e il suo destino trascendente, è insufficiente come base di un ordine sociale onesto e giusto. "così in ogni campo della vita personale, familiare, sociale e politica, la morale - che si fonda sulla verità e che nella verità si apre all'autentica libertà - rende un servizio originale, insostituibile e di enorme valore non solo per la singola persona e per la sua crescita nel bene, ma anche per la società e per il suo sviluppo" (VS 101). L'insegnamento degli imperativi morali obiettivi, vincolanti e concreti dovrebbe costituire una parte centrale di tutta l'educazione, della catechesi e della predicazione nelle vostre diocesi.

Allo stesso modo, i principi morali che guidano l'attività dei laici nella vita pubblica dovrebbero armonizzarsi totalmente con quelli che governano la loro vita privata. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato la necessità di coerenza fra la morale pubblica e quella privata: "il laico, che è ad un tempo fedele cittadino, deve continuamente farsi guidare dalla sola coscienza cristiana" (AA 5). Nella vita pubblica i cattolici dovrebbero essere sostenuti a realizzare la relazione fra la loro fede e il loro impegno politico. Vi incoraggio a offrire una guida appropriata in questo importante settore.


5. Tra i segni di reale squilibrio che si manifestano nella società, e che la comunità ecclesiale dovrebbe impegnarsi a modificare, si registra l'incapacità di apprezzare la vita umana come "uno splendido dono del Dio della bontà" (FC 30). Di fronte ad alcuni recenti avvenimenti in Canada, avete coraggiosamente denunciato i tentativi di convincere le persone che, nel caso di malati in fase terminale che lo richiedano, l'aiuto al suicidio o all'eutanasia sono moralmente accettabili. In quanto Vescovi, avete il dovere di insegnare che un'atteggiamento responsabile nei confronti della vita esclude che quasiasi persona possa mai avere l'intenzione esplicita di provocare la propria morte o la morte di un'altra persona innocente, mediante azione o omissione (Cfr. CEC 2276-2279). L'annullamento della distinzione tra guarire, facendo ricorso a tutti i mezzi ordinari disponibili, e uccidere, rappresenta una grave minaccia per la salute morale e spirituale di una nazione e espone i più deboli e i più vulnerabili a rischi inammissibili. E' necessario ricordare a coloro che chiedono la legalizzazione del cosiddetto "diritto a morire con dignità" che nessuna autorità può legittimamente consigliare o permettere una tale offesa alla dignità della persona umana (Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione sull'eutanasia, 5 maggio 1980, II). Una legislazione che contraddice alcune verità morali fondamentali riguardo al dono supremo della vita, apre la via a quelle forme moderne di totalitarismo che, mediante la negazione della verità trascendente, distruggono l'autentica dignità umana (Cfr. CA 44).


6. La Chiesa del Canada è giustamente orgogliosa dei suoi numerosissimi istituti ospedalieri. Fondati in maggior parte da comunità religiose, essi rendono una testimonianza esemplare mediante la difesa del rispetto della vita, dal concepimento fino alla morte naturale, e mediante il sostegno offerto nella fede alle persone che sperimentano ogni sorta di prova (Cfr. Mt 25,40). Nel vostro Paese, avete conosciuto una cooperazione lunga e feconda tra la Chiesa e il governo nell'organizzazione dei servizi sanitari. Questa cooperazione presuppone che la Chiesa conservi il diritto, esercitato abitualmente dagli istituti religiosi, di amministrare liberamente gli ospedali in armonia con il suo insegnamento morale. E' importante che voi proseguiate instancabilmente nei vostri sforzi per conservare l'identità cattolica di tutte le istituzioni ecclesiali, affinché sia garantita la loro fedeltà a Cristo e agli insegnamenti del Magistero.


7. Mentre questo millennio si avvia alla fine, la Chiesa avanza nel suo pellegrinaggio; essa veglia e attende il suo Signore, l'Alfa e l'Omega, Colui che fa nuove tutte le cose (Cfr. Ap 21,5). Concludendo i nostri incontri in occasione delle visite ad Limina, vorrei invitare tutta la Chiesa del Canada a chiedere al "Padre misericordioso" (2Co 1,3) la grazia dello Spirito, affinché non si conformi alla volontà di questo secolo (Cfr. Rm 12,2), ma sia sempre più conforme all'immagine del Figlio suo (Cfr. Rm 8,29). Che la croce di Gesù Cristo, piantata in terra canadese da Jacques Cartier più di quattrocentocinquanta anni fa, manifesti con una luce sempre più viva il suo potere di salvezza nei sacerdoti, nei religiosi, nelle religiose e nei laici del vostro Paese! Affindando ognuna delle diocesi canadesi all'intercessione del vostro patrono San Giuseppe e all'amorevole benevolenza di Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, vi imparto di cuore la mia Benedizione Apostolica.

Data: 1993-11-19 Data estesa: Venerdi 19 Novembre 1993





GPII 1993 Insegnamenti - Visita "ad limina" dei Vescovi statunitensi della Pennsylvania e del New Jersey - Città del Vaticano (Roma)