GPII 1994 Insegnamenti - Messaggio di Giovanni Paolo II ai Polacchi riuniti per le celebrazioni del 50° della battaglia - Città del Vaticano


1. Montecassino... Che cosa dice questa parola a tutti voi, presenti oggi in questo cimitero? Dice moltissimo: parla della vittoria li riportata, parla anche del prezzo con cui la pagarono i Polacchi, combattendo come alleati di altre nazioni. Tale alleanza fu la conseguenza degli eventi iniziati il 1 settembre 1939. La Repubblica polacca cercava allora alleati in Occidente, consapevole che da sola non avrebbe potuto far fronte alla invasione della Germania hitleriana. Ma forse non soltanto per questo. I Polacchi si rendevano conto del fatto che la lotta, che erano costretti ad affrontare, non costituiva soltanto un imperativo patriottico per difendere l'indipendenza dello stato da poco riacquistata, ma rivestiva anche un significato più ampio per tutta l'Europa. L'Europa doveva difendersi dalla stessa minaccia, dalla quale si difendeva la Polonia. Il sistema nazional-socialista era contrario - se così si può dire - allo "spirito europeo".

E circa questo problema non si potevano intraprendere senza fine tentativi di soluzioni apparenti. Tali tentativi ebbero come conseguenza ulteriori vittime con l'invasione della Cecoslovacchia. Ed era chiaro che si sarebbero verificate ancora altre conseguenze simili, se l'Europa non si fosse decisa a compiere un passo fermo anche in senso militare. La decisione presa dalla Repubblica polacca nel 1939 era dunque giusta. Apparve infatti chiaramente che non era possibile difendere l'Europa senza decidersi per una guerra difensiva, il cui primo anello fu proprio la Polonia nel 1939.


2. La vittoria di Montecassino ebbe luogo quasi cinque anni dopo, il 18 maggio 1944. Si era ormai verso la fine della terribile guerra mondiale, che non soltanto aveva attraversato quasi interamente l'Europa, ma aveva anche coinvolto nel suo vortice stati extraeuropei, ed anzitutto gli Stati Uniti, nello schieramento degli alleati, ed il Giappone in quello del cosiddetto Asse. Per comprendere quel che avvenne a Montecassino, bisogna ancora introdurre nella nostra riflessione un'altra data del passato: il 17 settembre 1939, quando la Polonia, che si difendeva disperatamente dall'invasione dall'Ovest, venne attaccata dall'Est. E questo pregiudico il corso degli eventi di quel settembre polacco, dando inizio ad una duplice occupazione, con campi di concentramento hitleriani ad Occidente, sovietici ad Oriente. All'Est si consumo il dramma di Katyn, che fino ad oggi costituisce una singolare testimonianza della lotta allora intrapresa.

Per comprendere i fatti verificatisi a Montecassino bisogna avere davanti agli occhi anche questo capitolo orientale della nostra storia, perché l'esercito comandato dal Gen. WLadysLaw Anders, che svolse un ruolo così grande nella battaglia di Montecassino, era formato in gran parte da Polacchi deportati nell'Unione Sovietica. Oltre ad essi vi erano soldati ed ufficiali, che dalla Polonia occupata erano passati clandestinamente in Occidente, attraverso l'Ungheria, con l'intento di continuare li la lotta per l'indipendenza della loro Patria. Di questa lotta Montecassino fu una tappa importante. I soldati impegnati in quella battaglia erano persuasi che, partecipando alla soluzione dei problemi riguardanti tutta l'Europa, stavano percorrendo la strada che li conduceva alla Polonia indipendente.


3. Voi, che qui avete combattuto, portate nel cuore il ricordo di tutti i vostri compagni d'armi. Siete qui venuti per visitare il cimitero militare polacco a Montecassino, dove riposa anche il Gen. WLadysLaw Anders e l'Arcivescovo Jozef Gawlina, fedele pastore dell'esercito polacco sui campi di combattimento. Qui riposano molti vostri compagni: soldati e ufficiali dai nomi non soltanto polacchi, ma anche ucraini, bielorussi o ebrei. Tutti presero parte alla lotta per la stessa grande causa, come testimoniano i cimiteri: sia quello di Montecassino, che quello di Loreto, di Bologna e di Casamassima. Il nostro pensiero e la nostra preghiera si rivolgono a quei caduti che, lasciando la vita, pensavano ai loro cari in Polonia. La loro morte fu testimonianza della prontezza che allora caratterizzava l'intera società: dare la vita per la santa causa della Patria.

Non possiamo dimenticare che nello stesso anno 1944, alcuni mesi più tardi, scoppio l'Insurrezione di Varsavia, un episodio corrispondente a quello della battaglia di Montecassino. I Polacchi in Patria ritennero di dover intraprendere quella battaglia, per mettere in rilievo il fatto che la Polonia si batteva, dal primo fino all'ultimo giorno, non solo per difendere la propria libertà, ma per il futuro dell'Europa e del mondo. Erano persuasi che l'esercito sovietico, ormai vicino a Varsavia, insieme alle formazioni polacche sorte nel territorio dell'Unione Sovietica, avrebbero contribuito in modo determinante alla riuscita dell'Insurrezione di Varsavia. Ma purtroppo così non avvenne. Sappiamo che la Polonia per l'Insurrezione di Varsavia pago un prezzo altissimo: non solo la morte di tante migliaia di Polacchi e di Polacche della generazione dei miei coetanei, ma anche la quasi totale distruzione della Capitale.


4. Mentre abbiamo davanti agli occhi quell'immagine di cinquant'anni fa, dobbiamo ancora una volta ripetere la parola: Montecassino, nome che riveste un significato molto più antico di quello attribuitogli dall'anno 1944. Bisogna tornare indietro di quindici secoli, ai tempi di san Benedetto. Proprio a Montecassino sorse una di quelle abbazie benedettine che diedero inizio alla formazione dell'Europa. Gli storici dimostrano come in base al principio benedettino: "ora et labora", dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e dopo le migrazioni dei popoli, comincio ad emergere quest'Europa le cui basi civili e culturali si sono conservate fino ad oggi. Questa è l'Europa cristiana. Fu san Benedetto in Occidente, come i santi Cirillo e Metodio in Oriente, a contribuire alla cristianizzazione dell'Europa nel primo millennio. Più ancora: ad essi le nazioni europee sono debitrici degli inizi stessi della propria cultura e di questa civiltà occidentale che è andata sviluppandosi lungo i secoli, e si è estesa anche ad altri continenti.

Che cosa rappresenta, da questo punto di vista, la battaglia di Montecassino? Essa è stata lo scontro di due "progetti": uno tendente, sia in Oriente che in Occidente, allo sradicamento dell'Europa dal suo passato cristiano, legato ai suoi Patroni, e in particolare a san Benedetto, l'altro teso a difendere la tradizione cristiana dell'Europa e "lo spirito europeo". Il fatto che l'abbazia di Montecassino sia stata abbattuta riveste il valore di un simbolo. Cristo dice: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo: se invece muore, produce molto frutto" (Jn 12,24). Si vede che l'antica abbazia di Montecassino doveva essere distrutta, affinché, sulle sue rovine, potesse iniziare una vita nuova per tutta l'Europa. E in un certo senso così è avvenuto. Sulle rovine della seconda guerra mondiale ha avuto inizio la costruzione dell'edificio dell'Europa unita, e coloro che ne sono stati i primi costruttori si ricollegavano decisamente alle radici cristiane della cultura europea.


5. Noi Polacchi non abbiamo potuto prendere parte direttamente alla ricostruzione cristiana dell'Europa, intrapresa in Occidente. Siamo rimasti con le rovine della nostra Capitale. Ci siamo trovati, pur alleati della coalizione vincente, nella situazione degli sconfitti, ai quali è stato imposto per oltre quarant'anni il dominio dall'Est nell'ambito del blocco sovietico. E così per noi la lotta non ha avuto termine nel 1945; è stato necessario riprenderla daccapo. Lo stesso del resto è avvenuto per i nostri vicini. Al ricordo della vittoria di Montecassino bisogna dunque aggiungere oggi la verità su tutti i Polacchi e le Polacche, che in uno stato apparentemente indipendente, divennero vittime di un sistema totalitario. Essi, nella loro patria, diedero la vita per la stessa causa, per la quale morirono i Polacchi nel 1939, poi durante tutta l'occupazione, ed infine a Montecassino e nella Insurrezione di Varsavia. Bisogna ricordare quanti furono uccisi per mano anche delle istituzioni polacche e dei servizi di sicurezza, rimasti al servizio del sistema imposto dall'Est. Bisogna almeno ricordarli davanti a Dio e alla storia, per non offuscare la verità sul nostro passato in questo momento decisivo della storia. La Chiesa ricorda i suoi martiri nei martirologi. Non si può permettere che in Polonia, specialmente nella Polonia contemporanea, non venga ricostruito il martirologio della Nazione polacca.


6. Tale è il prezzo che abbiamo pagato per l'attuale nostra indipendenza. Se dopo la prima guerra mondiale è stato necessario combattere per far ricomparire la Polonia sulla carta d'Europa, dopo la seconda guerra mondiale nessuno poteva nutrire dubbi in proposito. La Nazione polacca aveva pagato un prezzo così alto, con sforzi e sofferenze tanto grandi aveva riscattato il suo diritto ad esistere come Stato, che perfino i nostri nemici, - diciamolo, i dubbi "amici" dell'Est e dell'Ovest - non poterono mettere in questione tale diritto. Anche questo bisogna dire oggi, in occasione del grande anniversario della battaglia di Montecassino, poiché esso riveste un fondamentale significato per il nostro presente polacco ed europeo. E se non si può staccare l'"oggi" dal passato, da tutta la storia e specialmente dai cinquant'anni appena trascorsi, non si può dimenticare che ogni "oggi" umano è l'introduzione ad un futuro umano. Come sarà il domani della Polonia e dell'Europa? Molti elementi promettono bene per questo domani. Sembra che l'Europa si sia distaccata dai pericolosi sistemi che l'hanno dominata nel XX secolo e che sia abbastanza comune la volontà di una pacifica coesistenza tra le nazioni. E' questa anche la volontà di costruire il proprio futuro nello spirito di Montecassino? Montecassino rappresenta un simbolo vagliato dall'esperienza della storia. Ma non c'è forse da temere che da tale esperienza non siamo in grado di trarre le giuste conclusioni, lasciandoci ingannare da altri "spiriti", che hanno poco in comune con quello di Montecassino, o sono addirittura opposti ad esso, fino ad essere forse responsabili della sua sistematica distruzione? Non si può pertanto concludere questa nostra meditazione in occasione del 50 della vittoria di Montecassino, che introducendo un simile ammonimento per il futuro, ed insieme pregando Dio di restare con noi e noi con Lui. Occorre pregare perché sappiamo fare buon uso della libertà riscattata ad un prezzo così alto; perché torniamo all'eredità di san Benedetto e dei santi Cirillo e Metodio, compatroni dell'Europa all'Ovest e all'Est.

A loro, come a tutti i Patroni della nostra Nazione, specialmente a colui che costituisce il simbolo del nostro secolo, il santo martire di Auschwitz - Massimiliano Maria Kolbe, come pure alla Madre di Jasna Gora, Regina della Polonia, raccomando tutti i presenti e l'intera nostra Patria, al termine del secondo Millennio e alla vigilia dell'inizio del terzo.

Vi benedica Dio Onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo.

Dal Vaticano, 18 maggio 1994.

Data: 1994-05-18 Data estesa: Mercoledi 18 Maggio 1994





La grande preghiera per l'Italia e con l'Italia - Policlinico Gemelli, Roma


Titolo: La Meditazione del Santo Padre con l'Episcopato italiano nella Basilica di S. Maria Maggiore

(La prima parte della Meditazione è stata letta dal Presidente della C.E.I., Card. Camillo Ruini:)

Cari e venerati Vescovi italiani! Entro anch'io spiritualmente nella Basilica di Santa Maria Maggiore

1. Entro anch'io spiritualmente nella Basilica di Santa Maria Maggiore ove siete raccolti per la recita del Rosario. Ci troviamo oggi, come gli Apostoli, nel cenacolo. Dopo il ritorno di Cristo al Padre, essi erano rimasti in preghiera insieme con Maria, la Madre di Gesù. La preghiera doveva prepararli alla Pentecoste, giorno nel quale Cristo mediante lo Spirito Santo avrebbe fatto di loro dei testimoni. "Mi sarete testimoni a Gerusalemme (...) e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,8). così fu, infatti: aperte le porte del cenacolo, gli Apostoli uscirono per annunciare Cristo in Gerusalemme, e gli Israeliti della Città Santa, come pure quanti erano giunti da paesi lontani, li udirono parlare in varie lingue. Comincio allora a risuonare la lingua propria della Chiesa, che a partire da quel primo giorno si sarebbe udita in tutte le lingue dell'umanità.

La lingua della Chiesa doveva cominciare a risuonare proprio il giorno di Pentecoste, quando gli Apostoli manifestarono la potenza dello Spirito Santo, rendendo testimonianza a Cristo crocifisso e risorto. Essi cominciarono allora ad annunziare, con la forza dello Spirito, la remissione dei peccati nel nome di Cristo. Parlando dei colpevoli della sua morte essi ripeterono con il loro Maestro: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,34).

Confermarono così che quanti L'avevano condannato a morte non sapevano quello che facevano.

Sin dal primo giorno questa è la Chiesa Apostolica, Chiesa edificata su Pietro


2. Il giorno della Pentecoste trovarono attuazione le parole del profeta Gioele: "Dopo questo, io effondero il mio spirito sopra ogni uomo" (Jl 3,1). così, da coloro che ricevettero in quella circostanza il battesimo comincio a svilupparsi la Chiesa.

Sin dal primo giorno questa è Chiesa Apostolica, Chiesa edificata su Pietro, al quale, insieme ai fratelli nel ministero apostolico, è affidato il potere di legare e di sciogliere (cfr. Mt 16,19). Ecco: in vista del grande momento della discesa dello Spirito Santo, gli Apostoli si prepararono rimanendo in preghiera insieme a Maria. Noi oggi facciamo lo stesso: anche a noi è dato il potere di legare e di sciogliere nei riguardi dei nostri contemporanei. E' dato anche a noi, che siamo profondamente compresi del senso della nostra personale debolezza, ma che siamo pure ben consapevoli della potenza donataci da Cristo per mezzo dello Spirito Santo.

La Madre di Cristo, che è anche Madre della Chiesa, è qui con noi in modo tutto speciale.

Santa Maria Maggiore è il primo Santuario mariano dell'Occidente...

...Qui venimmo durante il Concilio Vaticano II...


3. Santa Maria Maggiore è il primo Santuario mariano dell'Occidente. Poco dopo il Concilio di Efeso, Roma sperimento nel luogo dove sorge la Basilica di Santa Maria Maggiore la stessa gioia dei partecipanti al Concilio: la gioia per la "Theotokos", per la maternità della Madre di Dio; la gioia del popolo cristiano, al quale è stato rivelato in Lei l'ineffabile mistero dell'Incarnazione del Verbo eterno.

E la gioia della fede non viene meno col passare delle generazioni. La Basilica di Santa Maria Maggiore è rimasta fino ad oggi il luogo dove il pellegrinare della Chiesa incontra in modo particolare la Madre del Signore.

Qui venimmo durante il Concilio Vaticano II, quando Paolo VI riconobbe solennemente alla Madre di Dio il titolo di Madre della Chiesa. Era lo stesso giorno in cui veniva approvata la Costituzione dogmatica "Lumen Gentium" sulla Chiesa, il cui ultimo capitolo è intitolato: "La Beata Maria Vergine Madre di Dio nel mistero di Cristo e della Chiesa". Sarebbe opportuno rileggere quanto il Concilio affermo in tale capitolo sul ruolo della Madre di Dio in relazione all'economia della salvezza, sul suo particolare legame con la Chiesa, sul culto che nella Chiesa ha ricevuto sin dall'inizio, per contemplare infine Maria quale segno di speranza certa e di consolazione per il Popolo di Dio in cammino.

Maria è colei che avanza nel pellegrinaggio della fede


4. Chi è per noi Maria? E' colei che incessantemente avanza nel pellegrinaggio della fede, come faceva durante la sua vita terrena, mantenendosi fedelmente unita con il suo Figlio fino alla Croce, presso la quale venne a trovarsi per divino volere. Soffri profondamente insieme al suo Unigenito, associata con spirito materno alla croce del Figlio, amorevolmente consenziente all'immolazione della vittima da lei generata. Infine, dal Cristo sulla croce fu consegnata a Giovanni con le parole: "Donna, ecco tuo figlio" (cfr. LG 58).

Grazie al dono della divina maternità, la Beata Vergine è diventata, come insegnano Sant'Ambrogio ed altri Padri, figura della Chiesa nell'ordine della fede, dell'amore e della perfetta unione con Cristo. Proprio per questo la Chiesa stessa viene chiamata madre ed insieme vergine (cfr. LG 63). Contemplando la singolare santità di Maria ed imitandone la carità, compiendo fedelmente la volontà del Padre, anche la Chiesa diventa madre, quando predicando il Vangelo ed amministrando il Battesimo genera a una vita nuova figli e figlie concepiti per opera dello Spirito Santo e da Dio generati. La Chiesa è insieme vergine, perché custodisce la fedeltà promessa allo Sposo, ed imitando Maria, con la forza dello Spirito Santo, conserva integra la fede, solida la speranza e ardente l'amore (cfr. LG 64).

Siamo chiamati a servire...

Il mondo attende il nostro servizio


5. Vi scrivo queste parole oggi, 13 maggio, dal Policlinico Agostino Gemelli.

Permettete, cari Fratelli, che rivada con la memoria a ciò che avvenne tredici anni fa, in Piazza San Pietro. Ricordiamo tutti quell'ora pomeridiana, quando furono sparati alcuni colpi di pistola contro il Papa, nell'intento di privarlo della vita. La pallottola, che gli trapasso l'addome, si trova ora nel santuario di Fatima; la fascia, invece, forata dal proiettile, sta nel Santuario di Jasna Gora. Fu una mano materna a guidare la traiettoria della pallottola e il Papa agonizzante, trasportato al Policlinico Gemelli, si fermo sulla soglia della morte.

Nel settembre dello scorso anno, quando mi fu dato di contemplare il volto della Madre di Dio nel Santuario della Porta dell'Aurora a Vilnius, a Lei mi rivolsi con le parole del grande vate polacco, Adam Mickiewicz: "O Vergine Santissima, che ad Ostra Brama splendi e a Czestochowa il fulgido Santuario difendi (...) Come mi hai (...) dalla morte salvato!...". così dissi alla conclusione del Rosario recitato nel Santuario della Porta dell'Aurora. E la mia voce si ruppe. Sapevo che quel Santuario attendeva questa testimonianza del Papa.

Con la Porta dell'Aurora, attendevano anche altri singolari Santuari: prima il Colosseo di Roma, poi la Collina delle Croci, in Lituania, e inoltre tanti altri "Colossei del nostro secolo" sull'uno e sull'altro versante di quel percorso dell'evangelizzazione che, partendo da Roma e da Costantinopoli, ha portato verso il nord il nome di Cristo Signore.

Al termine della Via Crucis, lo scorso Venerdi Santo, nel ringraziare il Patriarca di Costantinopoli per il suo bellissimo testo, dicevo: "Cari fratelli, dobbiamo incontrarci nei luoghi consacrati dal martirio a cominciare dai primi secoli fino ai nostri giorni. Non possiamo non essere uniti! Non possiamo non dire la stessa verità sulla Croce! La storia dell'umanità attende la nostra piena unità". così dicevo e so di essere stato ascoltato e compreso.

Tutto ciò fu come l'eco di quello sparo in Piazza San Pietro, che avrebbe dovuto privare il Papa della vita tredici anni fa. Invece il proiettile mortale si fermo e il Papa vive - vive per servire! Questa è la confessione che intendo rinnovare oggi davanti a voi, cari Fratelli nell'episcopato. Serviamo infatti insieme! Mai dimentichero le parole del Primate Wyszynski, il quale in occasione delle celebrazioni per il Millennio del Battesimo della Polonia, in un periodo di grandi tensioni con le autorità comuniste, diceva a Lublino: "Io qui servo! Io non comando, ma servo!".

Noi, cari Vescovi italiani, siamo chiamati a servire! Vogliamo servire anche i nostri Fratelli nel sacerdozio, le Religiose ed i Religiosi. Tutti desideriamo servire. così avviene in ogni angolo della terra: così è per i nostri Fratelli del Continente Africano, i quali, durante l'Assemblea speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi, hanno dimostrato una grande maturità nel servizio dei loro popoli. così è per i nostri Fratelli del Medio Oriente, del Libano, della Terra Santa, delle due Americhe, del Lontano Oriente, delle isole dell'Oceania.

Se il Signore mi darà l'opportunità di incontrarmi nelle Filippine con i giovani di tutto il mondo, sarà proprio in questo spirito di servizio che io saro là. Il mondo attende il nostro servizio! Lo attendono in particolare i giovani, i quali sono pronti a seguirci - meglio, a seguire Gesù Cristo - se quanto facciamo, predichiamo e soffriamo, è un autentico servizio.

La Chiesa che è in terra italiana è la Chiesa del grande cammino


6. Cari Fratelli, nel corso di questa Assemblea voi state riflettendo insieme come servire nel modo migliore la Chiesa in Italia nell'attuale tappa della sua storia.

Come dobbiamo "legare e sciogliere" le intricate questioni dell'uomo contemporaneo? Come convincere quest'uomo della potenza e dello splendore della verità, l'unica che libera (cfr. Veritatis splendor)? Come iniziarlo all'amore che è più forte della morte (cfr. Ct 8,6), e che costituisce il fondamento della famiglia umana? Come valorizzare la grazia di quest'anno, nel quale la famiglia paradossalmente è divenuta oggetto non soltanto di particolare interesse, ma anche di pericolosa minaccia? Come rafforzare, nella prospettiva del terzo millennio, il fondamento su cui è edificata la Chiesa del Popolo di Dio? Ecco, cari Fratelli, alcuni degli interrogativi, che vi siete posti durante i lavori della vostra Assemblea e che, nel pellegrinaggio della fede, recate ora ai piedi di Maria. Sono molto numerosi questi interrogativi. Ognuno di noi li affronta tutti i giorni. Ma qui portiamo anche l'ardore della fede del Popolo di Dio, la testimonianza delle Chiese affidate alle nostre cure pastorali.

Portiamo le speranze e le attese della gente che ha posto in noi la sua fiducia.

Veniamo qui carichi di tutto ciò.

La Chiesa, che è in terra italiana, come in tutto il mondo, è la Chiesa del grande cammino. Camminiamo insieme a Maria, pellegrini nei tanti Santuari mariani che si trovano sul suolo italiano, in particolare con i giovani.

Al termine di quest'anno, l'anno della grande preghiera per l'Italia, ci troveremo a Loreto. Li incontreremo la Madre di Dio peregrinante e da Lei attingeremo forza per l'ulteriore percorso che ci attende nei restanti anni di questo millennio, che ormai volge al suo termine.

La Chiesa peregrinante con Maria è diventata nei nostri tempi soprattutto la Chiesa dei giovani. In loro è riposta la nostra speranza. Vogliamo essere testimoni e portavoce di questa speranza nei confronti dell'Italia e del mondo intero. Desideriamo servire nel migliore dei modi le attese dell'umanità, come ha fatto e tuttora fa Lei - la Madre di Dio.

Ripetiamo pertanto insieme la più antica preghiera mariana: "Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, e liberaci sempre da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta. Nostra Signora, nostra Avvocata, nostra Mediatrice, nostra Consolatrice. Riconciliaci con il tuo Figlio, raccomandaci al tuo Figlio, ripresentaci al tuo Figlio".

Domando nella preghiera alla Madre di inserire questa mia attuale prova nella grande preghiera della Chiesa in Italia e per l'Italia (L'ultima parte della Meditazione è stata pronunciata dal Papa le cui parole sono state diffuse nella Basilica:)


7. Cari Fratelli! Non potendo essere presente di persona fra voi, voglio almeno farvi giungere la mia voce al termine del messaggio che vi invio per iscritto. Con stima ed affetto, tutti vi saluto, voi e le vostre Comunità diocesane, ripetendo le parole di Cristo risorto: "Pace a voi!" (Jn 20,19).

Insieme a voi mi inginocchio spiritualmente dinanzi alla sacra icona della Madonna, "Salus Populi Romani", che proprio cinquant'anni or sono il mio venerato predecessore Pio XII invoco quale speciale protettrice della Città, minacciata dagli orrori della guerra (cfr. Discorsi e radiomessaggi di Sua Santità Pio XII, vol. VI, 1944, p. 29).

Questo tempio, il primo Santuario mariano dell'Occidente, ha accolto, sin dall'inizio, folle di pellegrini osannanti alla "Theotokos", folle di fedeli pieni di gioia per la maternità della Madre di Dio. La gioia della fede non è mai venuta meno nel corso dei secoli e delle generazioni. La Basilica di Santa Maria Maggiore è rimasta fino ad oggi il luogo dove il pellegrinare della Chiesa incontra in modo particolare la Madre del Signore.

Cari Fratelli, mi è difficile concludere questa comune meditazione nella Basilica di Santa Maria Maggiore, senza esprimere a voi tutti profonda gratitudine e commozione. Sono commosso per tutto ciò che, nelle ultime settimane, mi è stato dato di sperimentare da parte della Chiesa di Roma e dell'intera Italia; da parte vostra, cari Fratelli, come pure da parte di numerose persone e comunità: tanta benevolenza, premura e segni di spirituale solidarietà. Non mi rimane che domandare nella preghiera, alla Madre Santissima di inserire questa mia attuale prova nella grande preghiera della Chiesa in Italia e per l'Italia, come mio modesto contributo alla causa che serviamo insieme.

Di cuore tutti vi benedico nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Amen.

Dal Policlinico Gemelli.

Data: 1994-05-19 Data estesa: Giovedi 19 Maggio 1994





Messaggio del Papa agli oltre 10.000 bambini presenti nell'Aula Paolo VI in occasione dei 150 anni dell'Infanzia Missionaria - Policlinico Gemelli, Roma

Titolo: "Colorate il mondo" con il vostro amore per Gesù

Carissimi ragazzi e ragazze! Mi unisco molto volentieri a questa vostra iniziativa di festeggiare i 150 anni dell'Infanzia Missionaria. Non potendo essere presente di persona, vi invio il mio saluto cordiale per mezzo del caro Cardinale Bernardin Gantin. La grande famiglia della Chiesa, sparsa in tutto il mondo, ringrazia il Signore per i tantissimi piccoli missionari presenti nei cinque Continenti. E voi fate parte di questa schiera.

La fede che avete in Gesù e il vostro amore per Lui, uniti all'entusiasmo e alla fantasia tipici dei ragazzi, vi rendono capaci di "colorare il mondo", per farlo più bello e più giusto, vincendo la povertà, le malattie, gli odii, che purtroppo provocano tante sofferenze anche tra i piccoli.

So che ogni anno mettete in comune ciò che avete e vi prendete cura materiale e spirituale dei bambini del mondo. La Chiesa è molto contenta di questo: che bambini e ragazzi si aiutino tra loro. E' bellissimo che in una famiglia i fratelli si vogliano bene fin da piccoli. Vi lodo per questo e vi incoraggio: siate missionari sempre e in ogni luogo! Gesù chiama ciascuno ad essere suo testimone: alcuni nella loro patria, altri anche in Paesi lontani, ma tutti devono sentirsi missionari! Vi abbraccio con affetto, ragazzi e animatori. Ringrazio i responsabili delle Pontificie Opere Missionarie e li esorto a continuare il lavoro di animazione e formazione, perché la Chiesa sia sempre più missionaria e il Vangelo raggiunga ogni popolo ed ogni persona della terra.

A tutti la mia affettuosa Benedizione.

Dal Policlinico Gemelli, 20 maggio 1994.

Data: 1994-05-20 Data estesa: Venerdi 20 Maggio 1994





Regina Coeli: la meditazione del Santo Padre prima della preghiera mariana nella solennità di Pentecoste - Città del Vaticano

Titolo: Vieni Santo Spirito! Mostrati "padre dei poveri" e "consolatore perfetto" specialmente per i martoriati popoli del Rwanda e della Bosnia"

Carissimi Fratelli e Sorelle,


1. E' Pentecoste: festa grande per la Chiesa ed anche per il mondo. A Gerusalemme, cinquanta giorni dopo la risurrezione di Cristo, sulla prima comunità dei suoi seguaci discese lo Spirito Santo manifestandosi col vigore del vento e del fuoco e diventando l'anima della Chiesa nascente, la sua forza, il segreto del suo cammino nei secoli.

Potrebbe essa esistere senza lo Spirito Santo, datore della vita, di ogni vita? La Bibbia ce lo presenta librato sulle acque della prima creazione (cfr. Gn 1,2), principio di esistenza per tutte le creature. Dalla sua speciale effusione nel giorno di Pentecoste prende vita anche la nuova creazione, la comunità dei salvati, redenti dal sangue di Cristo.

Vieni, Santo Spirito! Noi ti invochiamo per tutta la Chiesa: accresci la nostra fedeltà, consolida la nostra unità, infondi slancio alla nostra evangelizzazione.

Vieni, vieni Santo Spirito! Noi ti supplichiamo per il mondo. Mostrati "padre dei poveri" e "consolatore perfetto" specialmente per i martoriati popoli del Rwanda e della Bosnia, per tutte le Nazioni che sono in guerra. Tocca i cuori, illumina le menti, suscita desideri e propositi di pace.


2. Una "speciale Pentecoste" si è verificata questa mattina per la Diocesi di Roma, nella Basilica di San Pietro, con l'ordinazione di 39 Presbiteri, formati nel Seminario Romano Maggiore, nell'Almo Collegio Capranica, nel Collegio diocesano "Redemptoris Mater", nella "Scuola di formazione apostolica degli Oblati del Divino Amore". Avrei desiderato imporre loro io stesso le mani, ma, mentre lo faceva il Cardinale Vicario, non ho mancato anch'io di farlo spiritualmente, offrendo per loro il mio sacrificio. Li saluto tutti con grande intensità di affetto e con intima gioia. Quale grande ministero è il sacerdozio! Lo Spirito riempie di sé quelli che Cristo liberamente sceglie e li configura a Lui quale Capo, Pastore e Sposo della Chiesa. Segnati irreversibilmente da questo dono, essi non si appartengono più: la loro vita è tutta a servizio di Dio e dei fratelli. Sono ormai "uomini di Dio", icona e trasparenza del volto di Cristo.

Lo Spirito vuol servirsi della loro voce per arrivare al cuore degli uomini. Si ripete così in loro il miracolo delle lingue, che caratterizzo la prima Pentecoste. Essi gridano le meraviglie della salvezza, instancabili araldi di un messaggio di comunione, di fraternità, di pace.


3. Guardiamo alla Vergine Santa, che nel giorno di Pentecoste era nel Cenacolo, insieme con gli Apostoli. In Lei la forza dello Spirito Santo ha compiuto davvero cose grandi (Lc 1,49). Ella, Madre del Redentore, Madre della Chiesa, Madre dei sacerdoti, ottenga con la sua intercessione una rinnovata effusione dello Spirito di Dio sulla Chiesa e sul mondo.

Adesso ci apprestiamo a recitare il Regina Caeli, per l'ultima volta quest'anno, perché oggi si conclude il periodo pasquale, con questa grande solennità di Pentecoste. Era mio grande desiderio di recitarlo dalla finestra in Vaticano, come si fa ogni domenica. Ma bisogna aspettare ancora alcuni giorni.

(Dopo la preghiera mariana, il Santo Padre affacciandosi ad una finestra del "Gemelli" si è rivolto ai fedeli presenti:) Visto che hanno chiuso la finestra di San Pietro, allora ci voleva quest'altra... Buona cosa che ci sia questa finestra di riserva al "Gemelli"... un altro Vaticano. E' bene che da questa finestra possa salutare tutti i presenti, romani e pellegrini, tra loro anche alcuni polacchi. Posso salutare appunto il giorno di Pentecoste, quando abbiamo cantato l'ultima volta il "Regina Caeli".

Vi ringrazio e vi auguro di non venire più qui, ma in Piazza San Pietro, a quell'altra finestra. E i nostri professori e anche le nostre suore di Maria Bambina ci hanno promesso che si trasferiscono in Vaticano. Grazie ancora una volta. Mi raccomando alla vostra preghiera.

Io non so se voi pensate che il Papa sia contento o scontento: dovete giudicare! Anche io auguro ogni bene a tutti voi, specialmente ai vostri bambini, che siano buoni e sani. Qui ci sono anche bambini malati, ci sono tanti malati in questo Policlinico: diverse malattie, diverse specializzazioni della medicina, diversi specialisti. Mi fanno curare, mi fanno esaminare, sono stato esaminato come mai nella vita, esaminato fino in fondo del mio organismo; non sapevo neanche che esistono tali organi e tali possibilità, ma siano rese grazie a Dio.

Dio ha creato l'uomo a sua immagine, ha creato maschio e femmina e li ha creati per partecipare alla sua vita divina, per questo ci ha dato il suo Figlio unigenito e per questo dopo la sua Ascensione ci ha offerto lo Spirito Santo.

Questo ricordiamo nella giornata di Pentecoste, questa grande discesa continua.

Cristo è venuto una volta, una volta ha sofferto, una volta è morto, una volta è risorto e adesso sta nei Cieli alla destra del Padre e lo Spirito Santo è sempre inviato, sempre discende e noi siamo forti della sua forza. Questo vi auguro a tutti.

Sia lodato Gesù Cristo!

Data: 1994-05-22 Data estesa: Domenica 22 Maggio 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Messaggio di Giovanni Paolo II ai Polacchi riuniti per le celebrazioni del 50° della battaglia - Città del Vaticano