GPII 1994 Insegnamenti - Udienza ai partecipanti alla riunione sui problemi pastorali della Chiesa Cattolica di rito bizantino in Romania - Città del Vaticano (Roma)

Udienza ai partecipanti alla riunione sui problemi pastorali della Chiesa Cattolica di rito bizantino in Romania - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella ritrovata libertà realizzate il progetto di una vita cristiana fondata sulla corroborante vitalità del Concilio

Venerati fratelli nell'Episcopato, Amatissimi sacerdoti e seminaristi,


1. "Gli Apostoli si radunarono intorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano insegnato" (Mc 6,30).

Anche noi, sull'esempio dei primi testimoni di Cristo, siamo di nuovo insieme, dopo tre anni dalla nostra prima visita "ad Limina" nella Città eterna, a pregare e riflettere sui passi che abbiamo nel frattempo compiuti nel nome del Signore.

Quel primo incontro fu un evento storico e provvidenziale: la vostra Chiesa, uscita dopo quarant'anni dal carcere di sofferenze inenarrabili e di pesanti umiliazioni, ricominciava a progettare una vita cristiana nella ritrovata libertà. Davvero noi sentivamo presenti, in quel momento, tutti i vostri martiri e confessori della fede, potenti intercessori presso il Trono dell'Agnello per il loro popolo finalmente uscito dalla cattività.

Per tanti anni "una preghiera saliva incessante a Dio dalla Chiesa" (Ac 12,5) per voi. Poi, d'improvviso, l'angelo del Signore vi apparve e vi disse "Alzati in fretta!". Ed anche a voi, come all'apostolo Pietro, le catene caddero dalle mani. A ciascuno di voi l'angelo si rivolse: "Mettiti la cintura e legati i sandali... Avvolgiti il mantello e seguimi!" (cfr. Ac 12,7-8).

"Pietro usci e prese a seguirlo" (Ac 12,9). In questi anni avete veramente seguito l'angelo della libertà, scoprendo i frutti abbondanti di quelle prove. Come potrebbe spiegarsi altrimenti che numerosi giovani bussino alle porte dei seminari e dei conventi? Come spiegare lo zelo con il quale i laici si sforzano di assumere il ruolo che è loro proprio nella comunità ecclesiale, sostenendovi con piena disponibilità nelle vostre iniziative?


2. In questi giorni, accogliendo l'invito della Santa Sede, siete venuti a Roma per cercare di maturare, in comunione di intenti con i miei collaboratori nella Curia Romana e con esperti qualificati, le scelte ispirate dallo Spirito. E' lo Spirito infatti che "illumina tutti alla conoscenza di Dio, entusiasma i profeti, rende saggi i legislatori, consacra i sacerdoti, consolida i re, perfeziona i giusti, fa degni di onore i temperanti, elargisce il dono della santificazione" (Basilio, Omelia sulla fede, 3).

Un isolamento non voluto, ed anzi subito con grande sofferenza, vi ha impedito di partecipare pienamente a quella primavera della Chiesa che fu il Concilio Vaticano II, nel quale fu possibile attingere dalla Scrittura, dai Padri e dalla Liturgia la linfa vitale per rispondere con solidità e freschezza alle domande ed alle attese dell'uomo contemporaneo.

In questi giorni avete avuto modo di lasciar permeare la vostra esperienza cristiana, dalla corroborante vitalità del Concilio, perché il suo messaggio fecondi in modo originale anche la vostra specifica identità, facendola risplendere di nuova forza e vigore.


3. Avete anzitutto riconosciuto come la vitalità della Chiesa e la credibilità del messaggio evangelico molto dipendono da una accurata formazione del clero. Una crescita armonica della personalità, una vita interiore di profonda, affettuosa comunione con il Signore, nutrita soprattutto dalla liturgia e dalla preghiera personale, una piena e calda consapevolezza dei misteri della salvezza acquisita attraverso lo studio esigente, aggiornato, interdisciplinare sono alcuni degli aspetti che devono fondare il vostro impegno educativo.

Le angustie del passato non vi impediranno di rinvigorire la giovinezza della vostra Chiesa, se darete spazio primario alla formazione dei nuovi sacerdoti, che sono chiamati ad essere gli animatori di tale speranza, anzi di una vera risurrezione.

Per ottenere questo risultato, saranno vostra cura prioritaria la scelta e la preparazione dei formatori del clero: incaricate persone sagge e di vita esemplare, adorne di virtù anche umane. Assicurate loro una vera competenza nelle discipline che saranno chiamati ad insegnare, in modo che possano essere guide qualificate nella preparazione di quanti lavoreranno nella vigna del Signore. La Chiesa, in particolare mediante la Congregazione per le Chiese Orientali, è pronta a sostenere in ogni modo questo vostro sforzo.

Non dimenticate inoltre la formazione permanente del clero, soprattutto dopo che per tanti anni la possibilità di studio è stata precaria, quando non del tutto impossibile.

Perché questo programma educativo sia pienamente realizzato è necessaria una stretta, fiduciosa ed assidua collaborazione fra le Istituzioni educative della vostra Chiesa: concentrate i vostri sforzi, in modo da privilegiare la qualità.


4. Un altro impegno di grande importanza è costituito dalla cura per la Liturgia Santa, luogo nel quale la fede si fa proclamazione ed adorazione, e si manifesta la comunione e la fraternità fra i credenti: essa è la vera formatrice della vita cristiana e la sintesi più completa dei suoi vari aspetti.

Le circostanze del passato vi hanno privato di celebrazioni liturgiche vissute in tutta la loro solennità, come la tradizione bizantina particolarmente richiede. Si tratta ora di ritrovare senza indugio una sempre più profonda conoscenza e l'uso esemplare di essa, per recuperare piena aderenza alle vostre avite tradizioni (cfr. OE 6).

Il lavoro dovrà essere prudente, ma sintetico e coraggioso, fondato su uno studio attento delle fonti e sulla opportuna catechesi. In particolare si curi che senza ritardi i libri liturgici siano messi a disposizione di clero e fedeli.

Questo approfondimento nella coscienza dell'identità liturgica e l'impegno a tradurre le esigenze nella concretezza della vita, saranno il fondamento di un'autentica rinascita ecclesiale e gioveranno anche a rinsaldare il rapporto con la Chiesa Ortodossa, nella consapevolezza e nell'esercizio di questo comune patrimonio.


5. Sappiamo che alcuni impedimenti creano ancora difficoltà nel cammino della piena e visibile fraternità fra Cristiani, pur così necessaria alla testimonianza del Vangelo. A questo riguardo già ho avuto modo di ribadire: "deve essere convinzione di tutti che, anche in questi casi di vertenze piuttosto contingenti e pratiche, è ancora il dialogo lo strumento più adatto per affrontare uno scambio fraterno volto a risolvere il contenzioso in spirito di giustizia, di carità e di perdono" (Lettera ai Vescovi del continente europeo circa i rapporti tra Cattolici e Ortodossi nella nuova situazione dell'Europa Centrale e Orientale).

La Chiesa greco-cattolica in Romania non abbonda di averi e di strutture materiali, anche se queste cominciano a risorgere: la sua vera ricchezza è la vitalità di quella stessa fede che ha pagato senza esitazione un alto prezzo di fedeltà a Dio, alla Chiesa, ai diritti della coscienza umana.


6. Non possiamo dimenticare che molti sono ancora coloro che occorre raggiungere con l'annuncio evangelico; tanti giovani aspettano dalla Chiesa una speranza e un significato per la loro vita; tanti nuovi poveri attendono un buon Samaritano che si prenda cura di loro. Una più stretta collaborazione ed un più efficace coordinamento, sia a livello eparchiale, sia nell'intera Metropolia, saranno indispensabili per il diffondersi di una catechesi fruttuosa e sistematica, per il rinforzarsi delle associazioni e dei movimenti laicali, nella formazione, nel vigore e nella fedeltà, in piena coerenza con un progetto pastorale organico; infine per l'incremento di opere e iniziative di carità e aiuto sociale.


7. Carissimi fratelli nell'episcopato, si avvicina ormai l'anniversario dei trecento anni della vostra unione con la Sede di Pietro, che ricorrerà il 7 ottobre 1998; questa meta sia a tutti di forte stimolo ad un'opera ancor più intensa ed efficace, in spirito di fraternità e di apertura.

Portate a tutti il saluto del Papa, specialmente al venerato Signor Cardinale Alexandru Todea, il quale quotidianamente offre a Dio la sua preghiera e le sue sofferenze per il bene della vostra Chiesa, per la quale ha veramente dato la vita. Un ricordo anche per il Vescovo Lucian Muresan che, anch'egli per ragioni di salute, non ha potuto essere oggi con noi. A tutta la nobile nazione romena assicurate il mio affetto e il mio ricordo costante nella preghiera. Seguo personalmente, con intensa partecipazione, il cammino della vostra Chiesa.

Con questi sentimenti di profonda comunione vi imparto la mia Benedizione, con la quale intendo abbracciare anche tutti i fedeli affidati alle vostre cure pastorali.

Data: 1994-01-21 Data estesa: Venerdi 21 Gennaio 1994





Udienza: ai pellegrini dell'Arcidiocesi di Sorrento-Castellammare di Stabia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La vocazione della famiglia cristiana: essere protagonista dell'azione apostolica e missionaria

Carissimi fratelli e sorelle di Sorrento e Castellammare di Stabia!


1. Benvenuti, allora, nella casa di Pietro! Un saluto cordiale a ciascuno di voi, in particolare al vostro Arcivescovo, il caro Mons. Felice Cece, che ringrazio per le calde parole che ha voluto rivolgermi.

Questo vostro incontro era previsto per il 13 novembre scorso.

Purtroppo, a causa del piccolo incidente che in quei giorni mi capito, è slittato fino ad oggi. So con quanta partecipazione di sentimenti e di preghiera mi avete seguito anche in quella circostanza. Desidero pertanto dirvi subito il mio grazie più cordiale.

Ho sempre ben vivo nella memoria il ricordo dell'intensa giornata vissuta in mezzo a voi, quando, due anni or sono, ho avuto la gioia di visitare la vostra terra. Ho negli occhi l'incanto del paesaggio della vostra costa, giustamente così rinomato. Soprattutto mi è rimasta nel cuore la testimonianza del vostro affetto accogliente, di cui l'odierna visita mi riporta l'eco.


2. So che il mio passaggio a Sorrento e Castellammare di Stabia ha costituito, in questo arco di tempo, oggetto di riflessione e motivo di orientamento del vostro impegno spirituale ed apostolico. Ne sono grato al Signore.

Quando venni tra voi, nella solennità liturgica di san Giuseppe del 1992, le mie parole ebbero come sfondo costante la fede del Custode di Gesù, l'uomo giusto, chiamato a vivere in operosa contemplazione al fianco del Figlio di Dio. Consentitemi di prendere le mosse pure quest'oggi da tale tema fondamentale, chiedendovi a che punto è il cammino della vostra fede. E' questo il "principio" da cui occorre sempre ricominciare, come ama ricordarvi il vostro Pastore. Sono certo che il vostro sforzo in questa direzione non è mancato; ripeto tuttavia volentieri quanto ebbi a dire nella Cattedrale di Sorrento: "Stare con Gesù: sia questo il vostro più grande desiderio... ParlarGli in modo familiare, ascoltarLo e seguirLo docilmente: questa non è soltanto una esigenza comprensibile per chi vuole seguire il Signore; è anche condizione indispensabile di ogni autentica e credibile evangelizzazione" (cfr. L'Osservatore Romano, 20-21 marzo 1992, p. 5).


3. Il cammino di fede ha per sua natura una dimensione ecclesiale. A mano a mano che l'esperienza personale di Cristo si consolida, s'accresce la consapevolezza di essere parte viva, responsabile ed operosa del suo Corpo Mistico, ciascuno secondo la propria vocazione. Ed è in questa chiave ecclesiale che vorrei oggi sottolineare la specifica vocazione della famiglia cristiana.

I valori legati alla famiglia sono ancora ben radicati nella vostra cultura e ciò costituisce una ricchezza inestimabile. Bisogna pero che questi siano oggetto di sapiente ed efficace pedagogia ecclesiale, non solo per difenderli dalle insidie cui vanno incontro nell'odierno relativismo etico, ma anche per consentire ai nuclei familiari di sviluppare le loro potenzialità nella stessa vita pastorale. Vi esprimo pertanto il mio più vivo apprezzamento per il Convegno che avete recentemente celebrato sul tema "Famiglia e Catechesi", e che ben si inquadra nell'orizzonte dell'Anno della Famiglia da poco inaugurato.

Continuate, carissimi, fiduciosamente su questa strada. Salvate la famiglia, e avrete salvato la società. Mettetela al centro delle vostre attenzioni, anzi rendetela "protagonista" della vostra azione apostolica e missionaria: avrete così dato un contributo fondamentale al futuro della Chiesa.


4. Vorrei ora rivolgere un particolare pensiero ai giovani, sul cui futuro, nel vostro ambiente, grava l'incubo di una preoccupante crisi economica e sociale.

Cari amici, non perdetevi di coraggio! Rimboccate piuttosto le maniche, impegnando tutte le risorse della vostra intelligenza, del vostro entusiasmo, della vostra creatività. Gli adulti, e specialmente gli operatori pastorali vi stiano accanto, investendo per voi il meglio della loro disponibilità e del loro impegno. Lavorate insieme. Voi, giovani, quando vi sentite accolti e ricevete fiducia, rivelate spesso doti insospettate, che vanno opportunamente valorizzate.

Siate pronti a dare la vita per grandi ideali. Sono convinto che molti di voi, carissimi, riconosceranno in sé più facilmente la stessa chiamata al sacerdozio o alla vita religiosa, se la Comunità cristiana non avrà timori infondati di proporla e presentarla qual è, cioè come una delle strade più esigenti, ma pure più belle e gioiose per realizzare in pienezza la propria esistenza.


5. Carissimi fratelli e sorelle! Il campo di lavoro che sta davanti all'intera vostra Diocesi è irto di difficoltà. La Chiesa non può rimanere inerte nella faticosa costruzione della città dell'uomo, pur evitando di invadere spazi che non le competono. Spetta soprattutto ai laici assumere con coraggio le proprie responsabilità nella vita sociale e nelle pubbliche istituzioni. E' importante pero che tale impegno, per quanto attento alla complessità della realtà sociopolitica, poggi sulla profonda convinzione che solo il Vangelo getta una luce piena sulla liberazione, la promozione e la salvezza integrale dell'uomo. Andate avanti, dunque, guardando ogni giorno con fiducia al Signore.

Voi, Sacerdoti, rendete generosamente il vostro servizio di Pastori, educatori, annunciatori della Parola di Dio. E' Cristo la risposta alle attese più intime dell'uomo: nutrite, pertanto, la più grande speranza nella fecondità dei mezzi soprannaturali, rispettando il primato dell'evangelizzazione e della santificazione personale, senza la quale si possono conseguire effimeri successi, ma non frutti di vita eterna.


6. Non posso oggi dimenticare che la vostra visita cade tra la giornata di digiuno di ieri e quella di preghiera che faremo domani per implorare dal Signore la pace nella martoriata regione della Bosnia-Erzegovina. Il cuore del cristiano deve essere sempre aperto al mondo, e le sofferenze dei fratelli anche lontani non possono non coinvolgerlo profondamente. Non dubito perciò che anche voi stiate già dando e continuerete a dare la vostra adesione a questo grande impegno, nella consapevolezza che "la preghiera unita al sacrificio costituisce la forza più potente della storia umana" (Catechesi all'Udienza generale del 12 gennaio 1994, Osservatore Romano 13 gennaio 1994, p. 1). Analoga preghiera insistente e fiduciosa vogliamo elevare al Signore per la piena comunione tra tutti i discepoli di Cristo, in questa settimana appunto dedicata all'unità dei cristiani.


7. Carissimi, vi rinnovo il mio ringraziamento per l'odierna visita ed affido all'intercessione di Maria i vostri desideri di bene. Con tali sentimenti imparto di cuore a ciascuno di voi qui presenti l'Apostolica Benedizione, estendendola volentieri all'intera Famiglia diocesana, specialmente agli ammalati, agli anziani, ai bambini ed a quanti in questo momento sono spiritualmente uniti a noi.

Data: 1994-01-22 Data estesa: Sabato 22 Gennaio 1994





Udienza: all'Associazione Nazionale Comuni d'Italia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Di fronte al perdurare della guerra nelle Regioni della ex Jugoslavia l'impegno degli uomini di buona volontà non deve affievolirsi

Signor Presidente! Illustri rappresentanti dell'Associazione Nazionale Comuni Italiani!


1. Sono lieto di porgervi un cordiale benvenuto in occasione dell'odierna Udienza speciale, che ha luogo proprio alla vigilia della Giornata di preghiera per la pace nella tormentata regione dei Balcani. Ringrazio, in particolare, il vostro Presidente, l'Avvocato Pietro Padula, per le gentili parole rivoltemi e per la testimonianza qui portata circa l'impegno dei Comuni italiani a favore della pace.

L'Italia possiede una ricca eredità culturale di pace e, anche per la sua collocazione al centro del Mediterraneo, può vantare una molteplice esperienza di mediazione fra popoli e culture diverse. Avvalendosi di questa secolare tradizione, numerose Istituzioni e Istanze ecclesiali e civili stanno già da tempo impegnando energie e mezzi per fronteggiare le conseguenze dell'immane tragedia, che si sta consumando a poca distanza dal territorio italiano.

Come è stato poc'anzi ricordato, la collaborazione fra le Amministrazioni locali e le diverse Associazioni di volontariato ha già portato copiosi frutti, in un solidale slancio di generosità verso fratelli meno fortunati.

Alla raccolta e all'invio di aiuti umanitari nelle regioni colpite dalla violenza bellica, voi giustamente congiungete lo sforzo per promuovere un'autentica cultura della pace, che faccia appello specialmente alle nuove generazioni. La vostra Associazione può autorevolmente svolgere un fondamentale servizio in tale campo, proprio perché ha la possibilità di coinvolgere capillarmente le diverse componenti della società italiana.


2. Di fronte al perdurare della guerra nelle regioni della ex Jugoslavia, malgrado i ripetuti ed infruttuosi tentativi di porvi fine, l'impegno degli uomini di buona volontà non deve affievolirsi. Anzi, deve ancora più rafforzarsi. Lo richiede la folla di oppressi che bussa alla porta del nostro cuore; lo esige il grande numero di bambini innocenti feriti o uccisi, di donne maltrattate e violate nella loro dignità, di credenti impediti nel libero esercizio del loro credo religioso.

Quest'anelito per la pace sia soprattutto sostenuto dalla incrollabile speranza di un mondo più giusto e fraterno. Speranza che Dio stesso propone all'uomo mediante le parole del profeta, preannunciatrici di un'era in cui gli uomini "forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra" (Is 2,4).

Nel manifestarvi, gentili Signori e Signore, il mio apprezzamento per le molteplici iniziative benefiche già poste in atto dalle Amministrazioni che rappresentate, auguro di cuore a ciascuno di voi un sereno e proficuo lavoro a servizio del bene comune. Iddio vi benedica; benedica particolarmente il vostro fattivo contributo alla realizzazione della pace nei Balcani ed al progresso della comprensione e della fratellanza fra i popoli.

Data: 1994-01-22 Data estesa: Sabato 22 Gennaio 1994





La celebrazione in San Pietro per la Giornata mondiale di preghiera per la pace nei Balcani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Non siete abbandonati, siamo con voi, sempre più saremo con voi!




1. "Cristo infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia" (Ep 2,14).

Le parole della Lettera agli Efesini circa il muro che separava l'umanità, richiamano alla memoria il muro di Berlino, che per molti anni ha diviso in due blocchi, tra loro contrapposti, il continente europeo. Dopo la sua caduta, avvenuta nel 1989, sembrano pero essere sorti nuovi muri a dividere l'Europa, in modo diverso e per altri motivi. Queste moderne barriere, che separano prima di tutto le nazioni, sono, a ben vedere, i nazionalismi. Siamo oggi testimoni dell'ergersi incontrastato di tali divisioni, come avviene nella regione dei Balcani. L'ostilità che divide popoli prima capaci di convivere pacificamente, è divenuta per l'Europa e per il mondo fonte di nuova inquietudine e di manifesto pericolo.

Di fronte a tali minacce l'Apostolo ci invita a rivolgere il pensiero a Cristo. "Egli è la nostra pace" (Ep 2,14), avendo abbattuto la barriera che separava l'umanità. Paolo ci illumina spiegando che tale barriera era quella esistente tra giudei e pagani: Cristo l'ha abbattuta mediante il sangue versato sulla croce. Per mezzo della Croce Egli ha redento tutti ed ha abbracciato con lo stesso amore ogni nazione e ogni popolo della terra. Ha attirato a sé l'essere umano, l'uomo e la donna, il Giudeo e il Greco, il libero e lo schiavo (cfr. Col 3,11). A Lui dunque ci rivolgiamo quest'oggi, riuniti in questa Basilica di san Pietro, nella Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani, per implorare la pace nei Balcani, perché cessi definitivamente la guerra, che viene combattuta soprattutto in Bosnia e in Erzegovina.

E' una giornata di preghiera che riunisce la Chiesa tutt'intera. Per prepararla si è svolto, ai primi di questo mese, un incontro di studio in Vaticano, dedicato al tema della pace nei Balcani, nello spirito della Giornata Mondiale della Pace. Coloro che vi hanno preso parte si sono sforzati di comprendere i meccanismi della guerra che purtroppo continua, e contemporaneamente hanno cercato una risposta all'interrogativo se, in quale modo e a quali condizioni la pace sia possibile nella ex Jugoslavia. Il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha pubblicato un "appello", contenente le riflessioni maturate nel corso della riunione ed alle quali vogliamo far riferimento nell'odierna giornata di preghiera.


2. Quella di oggi deve essere, soprattutto, una grande implorazione, che va fatta precedere da un sentito rendimento di grazie. Non dobbiamo forse ringraziare Dio per il fatto che in questo nostro tempo la pace in Europa e nel mondo sia stata sostanzialmente salvaguardata? Se volgendo indietro lo sguardo, consideriamo la dominante preoccupazione degli anni ottanta, non possiamo dimenticare il pericolo allora paventato di una guerra nucleare. Tale conflitto sembrava essere l'inevitabile risultato del confronto di quei due mondi, che il muro di Berlino separava artificialmente nel continente europeo. Come scordarsi la frenetica corsa agli armamenti e la tragica gara nel perfezionamento dei mezzi tecnici di distruzione? Eravamo ben coscienti di come tutto ciò gravasse sulla coscienza non soltanto dell'Europa, ma dell'intera umanità. Nell'Enciclica "Sollicitudo rei socialis", pubblicata nel 1988, rilevavo come quei preparativi di guerra, richiedendo enormi risorse da ambo le parti, frenassero in modo determinante il cammino dell'auspicato e giusto progresso, specialmente nei Paesi in via di sviluppo (cfr. SRS 10).

Iddio nella sua provvidenza sempre vigile e misericordiosa ci ha permesso di evitare il peggio. Ed oggi per questo Gli rendiamo grazie dal profondo del cuore. Nonostante ciò, soffriamo perché nuovi muri sono stati eretti a separare ormai non tanto i sistemi, quanto le singole nazioni, in particolare quelle della ex Jugoslavia. La constatazione delle reciproche ostilità, continuamente fomentate, ci addolora e ci sgomenta. Soffriamo alla vista di tante crudeltà, delle molteplici e gravissime violazioni dei diritti dell'uomo, della distruzione di inestimabili monumenti della civiltà. Ci toccano profondamente gli atti di violenza compiuti nei riguardi delle donne, dei bambini, delle persone anziane e indifese. Per questo, il momento centrale della nostra preghiera è l'implorazione, l'implorazione per la pace.


3. Siamo radunati, carissimi Fratelli e Sorelle, per elevare quest'insistente supplica di pace nell'ambito della Settimana di preghiera per l'Unità dei Cristiani, unendoci ai nostri fratelli nella fede. così avviene in ogni angolo della terra; così avviene anche in questa nostra Città. Il Vescovo di Roma ringrazia, pertanto, tutti i rappresentanti delle Chiese e delle Comunità cristiane per la loro partecipazione a questa solidale preghiera. Il tradizionale incontro, che di solito si svolge nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura, quest'anno avviene nella Basilica di San Pietro. Siamo dunque spiritualmente uniti al grande Apostolo delle genti. Egli, proclamando Cristo, annunziava pace ai lontani e ai vicini (cfr. Is 57,19). Per mezzo di Cristo gli uni e gli altri hanno infatti accesso al Padre nell'unico Spirito (cfr. Ep 2,18).

E' Cristo la nostra pace (cfr. Ep 2,14): è Lui che ci ha riconciliati con il Padre; è Lui che, rappacificando l'uomo di tutti i tempi con Dio, ha riconciliato l'umanità, gravata dall'eredità del peccato originale. Assumendo la colpa del primo Adamo, per mezzo della sua morte in croce, Gesù ha cancellato l'antico peccato, e così "laddove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia" (Rm 5,20). Il suo sacrificio è il prezzo di questa Pace. Ecco perché il Cristo Risorto, mostrando agli Apostoli le ferite della crocifissione, dice: "Pace a voi" (Jn 20,21). Aggiunge poi: "Ricevete lo Spirito Santo" (Jn 20,22), quello Spirito d'Amore che Egli può donare a seguito della nostra riconciliazione con il Padre, operata mediante la sua Croce.

In questa dimensione, Cristo è veramente la nostra pace, pace universale. Il cristianesimo è la religione della pace universale. La sua missione è di unire in Cristo gli uomini, rendendoli consapevoli di essere tra loro fratelli e sorelle, perché in Lui sono figli adottivi dell'unico Padre che è nei cieli. Questa verità giudica ogni forma di odio, di ostilità, di crudeltà esistente tra uomini e nazioni. Questa verità costituisce un incessante appello alla pace sulla terra.

Pace agli uomini di buona volontà! Quest'annuncio risuono nella notte di Betlemme. La pace è il vero bene dell'umanità, l'espressione del compiacimento che Dio trova nell'uomo sin dall'inizio, da quando lo creo maschio e femmina, affidandogli l'intero mondo visibile. Ma tale pace è condizionata anche dalla buona volontà degli uomini. L'oggetto della nostra implorazione di oggi è proprio questa buona volontà. La imploriamo per tutti: per i politici e per i generali che stanno a capo degli eserciti, per i governanti e per i rappresentanti delle istanze internazionali, per i ministri e i responsabili delle organizzazioni umanitarie che si prendono tanta cura dei prigionieri e dei profughi; per quanti recano aiuto medico e sostegno caritativo.


4. Carissimi, oggi preghiamo anche per l'unità dei cristiani ancora divisi fra di loro. Gli eventi bellici nei Balcani non soltanto hanno intaccato la stabile intesa delle nazioni, ma hanno anche leso la serena convivenza delle religioni. Il conflitto nel territorio della ex Jugoslavia, e specialmente nella Bosnia-Erzegovina, non è certo una guerra di religione, come non lo sono gli eventi nell'Irlanda del Nord. Ciò va sottolineato con franchezza, aggiungendo, tuttavia, che le popolazioni coinvolte appartengono a Chiese e religioni differenti. Lo scontro essenzialmente politico tra gruppi e nazioni può allora essere facilmente interpretato come una battaglia fra credenze diverse. In presenza di un orientamento nazionalistico, l'appartenenza religiosa o confessionale rischia di costituire un'ulteriore motivazione di ostilità e di odio.

Tutto questo è certamente contrario a Cristo, che mediante la Croce ha invece riconciliato e redento tutti. Gesù, la vigilia della sua morte, ha elevato una supplica accorata per l'unità di coloro che avrebbero creduto in Lui: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola" (Jn 17,21).

Le parole della preghiera sacerdotale del Redentore ci uniscono quest'oggi in modo speciale. Esse costituiscono per noi la sfida incessante che da qualche tempo i cristiani avvertono in modo più vivo e drammatico. Sperimentiamo tutti con emozione accresciuta l'eloquenza di queste parole nella prospettiva dell'anno 2000. Il secondo millennio è stato un periodo di divisioni tra i cristiani dell'Oriente e dell'Occidente. Non siamo noi tenuti a fare ogni sforzo, prima della fine del secolo, affinché venga diminuito e limitato ciò che ci divide, e consolidato ed esteso quanto ci unisce?


5. Il 1993 è stato contrassegnato da non pochi ed incoraggianti progressi nel difficile cammino dell'unità dei cristiani. Consapevoli delle divisioni che ancora purtroppo perdurano, i discepoli di Cristo cercano di aprirsi gli uni agli altri e di convergere in iniziative conformi alla volontà del divin Redentore.

La scorsa estate si è tenuta a San Giacomo di Compostella l'assemblea della Commissione "Fede e Costituzione", che è il dipartimento per le ricerche teologiche del Concilio Ecumenico delle Chiese. I teologi, che vi hanno preso parte, hanno sviluppato una riflessione approfondita sul tema della comunione ecclesiale.

Nello scorso mese di giugno s'è pure riunita la Commissione internazionale di dialogo tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa. Il confronto è stato utile e, nonostante le difficoltà che permangono, ha alimentato in tutti la speranza di poter giungere alla piena comunione.

In settembre, nel mio viaggio nei Paesi Baltici, ho avuto modo di incontrare personalmente le varie comunità cristiane che abitano quelle terre e di esortarle non soltanto a rispettare le minoranze, ma anche a suscitare tra loro relazioni fraterne e disinteressate.

II viaggio, che prevedo di compiere nei mesi a venire in Libano per il Sinodo dei Vescovi cattolici, mi permetterà anche di ritrovare i Patriarchi ortodossi di questa regione, che, negli scorsi anni, mi hanno tutti fatto visita a Roma.

Recentemente poi ho appreso con grande gioia l'annuncio che il Patriarca ecumenico intende visitare Roma ed il suo Vescovo l'anno prossimo.

Rendiamo grazie al Signore per lo spirito di carità nel quale si svolgono gli incontri tra i vescovi cattolici e i vescovi anglicani su problemi come sappiamo delicati. Ringraziamo anche per le chiarificazioni significative raggiunte nel dialogo tra cattolici e luterani sulla dottrina della giustificazione. Ciò permette di coltivare fondate speranze di favorevoli sviluppi nell'avvenire.


6. "Pace ai lontani e ai vicini!" (Is 57,19).

Carissimi, la profezia messianica di Isaia ha trovato eco nella Lettera agli Efesini. "Pace ai lontani e ai vicini, dice il Signore, io li guariro"...

"Sono con gli oppressi e gli umiliati, per ravvivare lo spirito degli umili e rianimare il cuore degli oppressi" (Is 57,19 Is 57,15).

Su questo sfondo, risuonano in un modo attualissimo le parole del profeta. "Spianate, spianate, preparate la via, rimuovete gli ostacoli sulla via del mio popolo" (Is 57,14). Sono parole che implicano l'Avvento, un Avvento che continua incessantemente, e durante il quale gli uomini e le nazioni devono intraprendere senza sosta ogni sforzo ordinato alla pace e alla giustizia sulla terra.

Nel discorso della montagna, Cristo proclamo beati gli operatori di pace (cfr. Mt 5,9). Possa la nostra odierna preghiera farsi ispiratrice di opere di pace. Sia Cristo, nostra vera pace, a suggerirci quelle opere che veramente la servono. Ce lo impetri sua Madre, la Regina della pace. Ci accompagni l'intercessione di S. Francesco, patrono dell'incontro di preghiera per la pace, svoltosi ad Assisi lo scorso anno. Ci sostengano con la loro intercessione i Patroni d'Europa san Benedetto e i santi Cirillo e Metodio, come pure santa Brigida di Svezia, sant'Elisabetta d'Ungheria, sant'Edwige della Slesia ed i santi e le sante che ebbero particolari meriti nel favorire la pace tra gli uomini e le nazioni.

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace! Carissimi fratelli e sorelle, Questa preghiera di oggi è nello stesso tempo un pellegrinaggio. Si, siamo la Chiesa pellegrinante e siamo in pellegrinaggio. Si può dire che pellegriniamo sulle ginocchia come ho visto tante volte nei Santuari, non solamente nella mia terra ma anche nelle Filippine, in Messico e altrove.

Pellegrinaggio, pellegrinaggio per la pace, pellegrinaggio di preghiera, di implorazione.

Con questo pellegrinaggio noi andiamo, entriamo in queste martoriate terre dei Balcani, da questi nostri fratelli e sorelle che soffrono. Che non si sentano soli e abbandonati: non siete abbandonati, siamo con voi e saremo con voi e sempre più saremo con voi! Deve vincere la pace in questa terra, nei Balcani, in questa nostra Europa, in tutti i Continenti del mondo. Deve vincere con l'aiuto di Dio! Forse le forze umane si mostrano deboli e insufficienti, ma c'è una forza maggiore, questa di oggi. Questa forza maggiore si deve sempre adoperare di più, perché sia possibile ciò che sembra umanamente impossibile.

Allora il pellegrinaggio, questo pellegrinaggio va in tutto il mondo, va per arrivare ai nostri fratelli e sorelle, cristiani e anche non cristiani in tutto il mondo, a quanti si sono riuniti ad Assisi nel 1986. Questa preghiera va soprattutto verso i nostri fratelli Patriarchi e Vescovi dell'Oriente, verso i nostri fratelli Responsabili delle Chiese e delle Comunità della Riforma in Occidente. Andiamo dappertutto, dappertutto e con tutti imploriamo la pace. Con tutti. A tutti diciamo: fratelli e sorelle, non siamo noi responsabili anche di quelle divisioni! Se manca a noi l'unità come può il mondo credere? Gesù ha pregato "Ut unum sint..." affinché il mondo creda. E questo diventa un esame di coscienza, per il Papa per primo, alla soglia del terzo millennio.

Così si svolge la nostra preghiera per l'unità dei cristiani, oggi, in San Pietro. Di solito si svolgeva in San Paolo un incontro tanto significativo a cui ho sempre attribuito la massima importanza. San Pietro, così diventa ancora più universale.

Vi ringrazio per la vostra preparazione. Questo ringraziamento vorrei estendere a tutto il mondo, a tutte le Chiese che oggi fanno lo stesso. Prega la Chiesa in tutto il mondo, in tutta l'Europa. Ci vuole questo clamore, questo clamore grande che è sempre clamore di Lui. Prega Lui con clamore grande, prega Lui vedendoci così umiliati, così deboli. Prega Lui, Lui è la nostra forza, Lui è la nostra pace. Pregano con Lui e per noi la sua Madre, i nostri Santi, San Pietro e Paolo.

Siamo uniti, siamo in comunione, comunione dei Santi. Non deve diventare questa comunione dei Santi il paradigma della nosta comunione nella fede e nella Chiesa? Preghiamo noi, Lui prega con noi, che siamo una cosa sola: "come Tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola!".

Amen.

Data: 1994-01-23 Data estesa: Domenica 23 Gennaio 1994






GPII 1994 Insegnamenti - Udienza ai partecipanti alla riunione sui problemi pastorali della Chiesa Cattolica di rito bizantino in Romania - Città del Vaticano (Roma)